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CONCLUSIONI
Tradizione ed eredità del liberalsocialismo
In un’intervista, Ralf Dahrendorf, alla domanda: <<Perché non ama essere
chiamato liberalsocialista?>>, risponde: <<Credo che tutto dipenda dalla
tradizione>>.
Dahrendorf aggiunge: <<Personalmente l’etichetta “liberalsocialismo” non mi
ha mai convinto. Innanzitutto credo che la posizione di ciascuno vada definita
soprattutto attraverso le azioni che compie. Il termine “liberalismo sociale” ha
giocato un ruolo molto importante in Germania anche perché è stato un modo per
definire l’alleanza di governo tra liberali e socialisti. Ma quella era ed è
un’alleanza, non una prospettiva ideologica unitaria>>.
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L’ambiguità deriva evidentemente dal fatto che liberalismo e socialismo sono
storicamente considerati due termini antitetici, un “ossimoro”.
La congiunzione di liberalismo e socialismo nella stessa formula dà
l’impressione di ambiguità. E’ un fatto che tutta la storia del pensiero
politico dell’Ottocento, ed in parte anche del Novecento, potrebbe essere
raccontata come la storia del contrasto tra liberalismo e socialismo.
Non vi è grande dicotomia nell’ambito delle Scienze Sociali, in cui
liberalismo e socialismo non si collochino il primo da una parte, il secondo
dall’altra.
Tuttavia è da considerare che questa serie di antitesi è destinata ad
attenuarsi sino a scomparire del tutto, trasformando l’ossimoro in una sintesi,
via via che ci si allontana dai movimenti socialisti influenzati dal marxismo.
Se andiamo in Inghilterra, infatti, la prospettiva cambia.
La storia del liberalsocialismo si potrebbe far cominciare da John Stuart
Mill. Sono note le sue simpatie, specie negli ultimi anni, per le idee
socialiste.
In una lettera, spesso citata, indirizzata a Rau, Mill scrive: <<A me pare
che il principale fine del miglioramento sociale debba essere preparato
attraverso l’educazione per uno stato della società che combini la più grande
libertà personale con la giusta distribuzione dei frutti del lavoro che le
vigenti leggi sulla proprietà non permettono di raggiungere>>. Per indicare il
superamento, Mill usa il verbo “combinare”, che sta a significare, da un punto
di vista prammatico, l’esigenza di un incontro tra principi liberali e principi
socialisti sul terreno della lotta politica.
Mill sostiene che, pur avendo la proprietà individuale un lungo avvenire
davanti a sé, niente obbliga a credere che non debba subire qualche
modificazione. Una società comunista però avrebbe bisogno, secondo Mill, di una
educazione superiore da cui la società attuale è ancora troppo lontana.
Il saggio di Mill sul socialismo è prima di tutto uno studio su alcune
correnti di pensiero socialista, distinte in scuole gradualistiche, cui va la
sua simpatia, e rivoluzionarie, che vengono radicalmente respinte. Vi si
ammette, però, che i principali difetti del sistema vigente possono ricevere
emendamenti in modo da ottenere i principali vantaggi del comunismo per mezzo di
disposizioni compatibili con la proprietà privata e con la concorrenza
individuale. La parabola di Mill verso il socialismo permette di riflettere sul
fatto che cominciò da allora un corso diverso nella storia delle idee, nei quali
le due dottrine, tradizionalmente alternative, si sarebbero viste confluire
l’una nell’altra.
Il filosofo Charles Renouvier, chiamato il filosofo del radicalismo
politico, nell’opera “La science de la morale”, scrive che la società attuale ha
teoricamente rifiutato sia il comunismo sia l’individualismo nella loro
accezione ordinaria ed astratta. Ma, dal punto di vista pratico, si scopre che
una parte di verità è contenuta in entrambe le idee: la società cerca, infatti,
la sua organizzazione in una sintesi tra le due. Comunismo ed individualismo
sono indispensabili: l’unico problema è quello di definire nella società attuale
ciò che deve essere comune e ciò che deve appartenere all’individuo. Nella
giusta delimitazione delle due forze si trova l’armonia sociale.
Nell’ultima sua opera “La nouvelle monadologie”, distingue quattro posizioni
rispetto alla questione sociale: quella che qui ci interessa ovvero quella che
può essere chiamata dei socialisti liberali, che <<chiedono alla ragione ed alla
libertà dei cittadini, presi nella loro qualità di produttori e di consumatori,
di unirsi, in associazioni limitate>> ed alla classe politica <<l’aiuto per
l’assistenza delle parti meno garantite della popolazione>>.
L’idea che il socialismo non sia l’antitesi del liberalismo ma ne sia in
certo modo la continuazione e l’adempimento, è il punto di vista principale da
cui si pone il socialismo liberale italiano.
Rispetto a tutti i precedenti stranieri il socialismo liberale di Rosselli è
autoctono. Ed è indipendente anche rispetto ai precedenti italiani.
In ogni caso, come abbiamo potuto constatare, il socialismo liberale in
tutte le sue forme, variazioni e diramazioni, si propone sempre come alternativa
al marxismo, di cui critica, filosoficamente,il determinismo ed il materialismo,
ovvero la negligenza delle forze morali che muovono la storia, economicamente,
il collettivismo globale, politicamente, l’inevitabile esito dispotico dello
Stato materialistico e collettivistico.
Il socialismo liberale partì dalla convinzione che i due “ismi” non
costituissero affatto un’antitesi, un ossimoro, e pertanto la loro integrazione
pratica dovesse essere intesa, se mai, come una sintesi, definita hegelianamente
come il terzo momento di un’antitesi, negata e superata. Anzi, il socialismo fu
concepito come un naturale sviluppo storico del liberalismo nel processo di
emancipazione dell’umanità; di quel processo che si iscriveva nella teoria del
progresso e della storia come storia della libertà. All’emancipazione politica,
che era stata l’opera della Rivoluzione francese, sarebbe seguita
l’emancipazione economica. Emancipazione religiosa ed emancipazione politica
attendevano di essere compiute dall’emancipazione economica.
Le prime due forme di emancipazione hanno avuto successo. La terza si è
dimostrata ben più difficile. Marx aveva visto chiaramente il primato del potere
economico sugli altri poteri. Ma il rimedio che aveva proposto ha avuto
l’effetto perverso che abbiamo tutti potuto constatare. E’ stato proprio questo
effetto perverso che ha risuscitato in questi ultimi anni l’ideale del
socialismo liberale. Il quale all’inizio era nato dall’esigenza di porre rimedio
in nome del socialismo agli effetti pratici del liberalismo che, con lo sviluppo
sempre più incontrollabile della società industriale, si era risolto in forme di
oppressione e di schiavitù di massa. Oggi invece si ripropone come rimedio, in
nome della libertà, al socialismo dispotico.
L’incontro tra liberalismo e socialismo, fondamentalmente, è avvenuto
storicamente attraverso due vie diverse: dal libertarismo muovendo verso il
socialismo; inteso come il completamento della democrazia puramente liberale;
dal socialismo verso il liberalismo, inteso come condizione sine qua non di un
socialismo che non sia illiberale. Come integrazione del secondo nel primo, come
recupero del primo rispetto al secondo.
In Italia l’ossimoro ha avuto una sua maggiore ragion d’essere perché il
fascismo si era affermato come la negazione sia del liberalismo in politica, in
quanto dittatura, sia del socialismo in economia, in quanto difesa della società
capitalistica minacciata dalla rivoluzione socialista in corso. Oggi, se mai,
come ha avuto modo di sottolineare Norberto Bobbio, il rinnovato interesse per
il discusso “ircocervo” potrebbe derivare da un’altra incombente doppia
negazione che viene dalla parte dello schieramento cattolico integralista. Si
tratta, però di un né – né completamente diverso: liberalismo e socialismo
sarebbero da negare come prodotti entrambi del processo di secolarizzazione e di
radicale laicizzazione della vita intellettuale e sociale che ha caratterizzato
l’età moderna.
Vi si dovrebbe contrapporre una concezione solidaristica, non
individualistica, della società, ed una forte ripresa di valori comunitari poco
compatibili con la democrazia liberale, che viene respinta come atomistica ed
atomizzante.
Resta da domandarsi perché non vi sia mai stato un partito liberalsocialista.
Bobbio afferma che la risposta debba cercarsi nell’essere, tanto il
socialismo liberale quanto il liberalsocialismo, costruzioni dottrinali ed
artificiali fatte a tavolino, più verbali che reali. Si è trattato di una
composizione il cui significato storico come reazione, per un verso, ad un
liberalismo asociale e, per un altro verso, ad un socialismo illiberale, è
innegabile. Ma il suo valore teorico è tuttavia debole. La loro compatibilità
non dice ancora nulla sulle forme ed i modi della loro possibile congiunzione.
Più liberalismo o più socialismo? Dipende da chi fa la ricetta e dal modo in cui
compone i diversi ingredienti.
Bobbio suggerisce, a riguardo, che si cammini con i piedi un po’ più per
terra se si parla di libertà e di uguaglianza. Di fronte agli enormi problemi
della società globale, che è quella dei nove decimi, parlare di problemi di
libertà e di problemi di uguaglianza è forse più utile.
“Socialismo e libertà”: Ricordando Carlo Rosselli
L’attualità di Rosselli: Dal socialismo liberale una “seconda fase” nella
costruzione del nuovo Partito del Socialismo Europeo in Italia.
Gli elementi di attualità di Carlo Rosselli e del Socialismo Liberale sono
tre. Il primo è quello etico: il socialismo liberale di Rosselli è un socialismo
dei valori. Il secondo è l’importanza del fattore istituzionale ai fini del
pieno dispiegamento delle libertà e dell’effettiva realizzazione della sovranità
popolare. Il terzo è il tema del necessario rapporto pubblico – privato
nell’economia; per Giustizia e Libertà, era l’economia a due settori, oggi è il
ruolo del pubblico in un’economia di mercato.
E’ quest’attualità che rende importante l’iniziativa dei Democratici di
Sinistra.
Ma il convegno dei DS intendeva essere soprattutto un atto politico. Con
questo convegno compirono, nel 1998, una precisa scelta politica. L’On. Valdo
Spini relazionò: <<Noi siamo socialisti democratici e liberali. Siamo qui per
interrogarci su cosa ci possa dire, alle soglie del Duemila, il messaggio
politico ed ideale di Carlo Rosselli, il suo testo teorico>>.
Una prima precisazione si impone. Si parla del socialismo liberale, cioè di
un revisionismo che parte dal socialismo. Il socialismo liberale di Carlo
Rosselli intendeva fare i conti fino in fondo con Marx e con il revisionismo
socialista, fare approdare compiutamente il socialismo all’idea di libertà.
In realtà Rosselli si colloca, primo tra i socialisti italiani, ma in
compagnia di quei laburisti inglesi che egli aveva studiato da giovane
economista, nel solco dei socialisti non marxisti. Nel suo caso, in un
socialismo post – marxista che supera esplicitamente il dibattito revisionista
interno al marxismo stesso; un moderno socialismo liberale. <<Con il socialismo
liberale, asserisce l’On. Valdo Spini, si possono affrontare i problemi tipici
del nostro tempo, quelli di una società complessa e stratificata, immersa in una
competizione globale>>.
Oggi, superati dall’evoluzione del capitalismo i presupposti teorici del
marxismo, caduta col muro di Berlino l’illusione di una lenta ma sicura
trasformazione interna alle società del socialismo reale, si può o meno parlare
di socialismo?
La risposta di Rosselli (e quella dei DS con lui) è che si può parlare di
socialismo se si parla di socialismo liberale, di un “socialismo come attuazione
progressiva dell’idea di libertà e di uguaglianza tra gli uomini”. E’
significativo, in questo senso, leggere oggi quanto scrive Tony Blair sulla sua
Terza Via: <<La Terza Via costituisce un’importante momento di rivalutazione che
trae vitalità dall’unione delle due grandi correnti di pensiero di centro
sinistra – il socialismo democratico ed il liberalismo>>.
Rosselli, dal canto suo, è un socialista per il quale le socializzazioni,
l’intervento pubblico nell’economia costituiscono un mezzo per la realizzazione
delle libertà, per assicurarne l’effettivo godimento a tutti. Il socialismo
democratico e liberale ha vinto la sua battaglia contro il socialismo
autoritario e totalitario.
Questo è crollato mentre la democrazia e la libertà si sono diffuse ben al
di là delle loro tradizionali frontiere. Ma, dopo la caduta del muro di Berlino,
il socialismo democratico e liberale ha di fronte a sé come concorrente il
liberal-liberismo, cioè un liberalismo economico ideologgizzato in termini di
valori e di principi ideali e politici. L’attualità di Rosselli sta soprattutto
nel fatto che il socialismo liberale intende accettare come terreno di confronto
con il liberal-liberismo proprio quello delle libertà. In altri termini, la
sfida di oggi si può sintetizzare così: chi riuscirà ad assicurare più libertà
per tutti, il socialismo liberale o il liberal-liberismo?
Lionel Jospin così definisce quale dovrebbe essere l’Europa governata dai
socialisti, rimanendo ancorata alla sua tradizione storica: <<Per rimanere
fedele a ciò che ne fa la forza e la vocazione l’Europa deve essere umana e
sociale. Questa civiltà si basa su dei valori: la democrazia rappresentativa, la
solidarietà sociale, lo spirito d’impresa, le pari opportunità e la diversità
delle identità culturali>>.
Quello che distingue il socialismo liberale dal liberal-liberismo è
innanzitutto un principio filosofico o etico-politico. Per il socialismo
liberale, il socialismo che deve essere realizzazione progressiva dell’idea di
libertà, l’uomo può trovarsi in una condizione di reale libertà quando è libero
dal bisogno, dalla disoccupazione, da quello che in genere può essere definito
un condizionamento di carattere materiale o educativo rispetto alla possibilità
di esplicare la propria personalità. Come risultato di questa condizione di
libertà le facoltà dell’uomo si esprimono pienamente e le società si assestano
su livelli più elevati sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo.
Per il liberal-liberismo, è dalla spinta all’affermazione personale che
deriva il progresso della società, da una competizione rude e senza troppi
sentimentalismi. Se poi questa spinta è necessitata dallo stesso morso del
bisogno o dalla mancanza di una tutela esaustiva delle condizioni sociali
dell’uomo, il liberal-liberismo non si commuove troppo. Il socialismo liberale,
invece, intende coniugare la spinta all’affermazione individuale, all’iniziativa
economica, con la morale della responsabilità collettiva, col senso di
solidarietà sociale e di responsabilità individuale verso la società stessa.
Tutto ciò potrebbe sembrare generico solidarismo. Ed infatti il socialismo
liberale incontra sul piano dei valori quello cattolico. Ma lo distingue un
elemento culturale, quindi laico. L’accento è posto sulla responsabilità dei
comportamenti individuali. L’alternativa al liberal-liberismo è un’etica
individuale della responsabilità collettiva.
Si diceva degli elementi di attualità del socialismo liberale. Il primo
elemento è quello etico. Il socialismo liberale è laico, ma eticamente
orientato. Quello che viene a perdere in termini di scientificità, il socialismo
liberale lo viene a recuperare sul terreno etico, diremmo noi sul terreno dei
valori. Il socialismo è socialismo dei valori.
Si manifesta qui il tema dei valori della politica. <<Un moderno partito del
socialismo liberale, come sottolinea bene l’On. Valdo Spini, non può essere
confinato all’organizzazione delle elezioni, lasciando ad altri il compito delle
grandi battaglie politiche e sociali>>. Nella società della videocrazia il
partito o è una comunità capace di saldare l’etica politica individuale con
quella collettiva, con i suoi diritti ed i suoi doveri, o non è.
Parlare di Rosselli significa affrontare il problema dell’etica della
politica e con essa il tema del partito, cui egli guardava come organizzazione
aperta e federativa. Un tema ineluttabile.
Il secondo elemento di attualità del filone rosselliano è quello
dell’autonomia e dell’importanza dell’aspetto istituzionale. Il fatto che
l’elemento istituzionale possa condizionare il conseguimento degli ideali di
Giustizia e Libertà, è un’intuizione di grande significato e di assoluta
validità del socialismo liberale.
Il terzo elemento di attualità del socialismo rosselliano sta nell’essersi
posto il tema del rapporto pubblico-privato in un’economia di mercato.
Rosselli ed il suo movimento, Giustizia e Libertà, si pongono il problema di
cosa voglia dire socialismo liberale nell’assetto dell’economia e lo risolvono
col tema dell’economia a due settori, il settore privato ed il settore
socializzato.
Se vi ha da essere un monopolio, nelle parole di Riccardo Lombardi, questo
ha da essere pubblico, proprio per garantire appunto una vera concorrenza e
quindi una vera libertà.
Oggi il problema si pone in termini diversi: il mercato senza regole ed
orientamento non raggiunge i suoi stessi fini.
Si chiede al pubblico di essere strumento regolatore, garanzia di
funzionamento del libero mercato. Ed è giusto.
Quando si parla di buon funzionamento del mercato, però, ci si deve mettere
dalla parte dei consumatori, della correttezza e non dell’avventurismo delle
operazioni finanziarie di controllo aziendale; della formazione consapevole di
una nuova forza lavoro dotata degli strumenti conoscitivi per affrontare
adeguatamente le nuove, più ardue sfide dell’occupazione.
Siamo in una società caratterizzata dalla globalizzazione che non consente
più di trovare nicchie nazionalistiche al riparo dalla competizione globale. Al
tempo stesso però siamo in una società in cui, proprio per lo stesso processo di
mondializzazione, la competizione non è più solo di imprese ma anche di sistemi,
quindi di rapporti politici e sociali, di livelli di civiltà. Ma anche tale
processo globalizzante presuppone nuovi impegni per i socialisti europei, a
cominciare da quello dell’immigrazione e dei suoi diritti.
Dice Felipe Gonzalez: <<Se il socialismo democratico significa ancora
qualcosa, ebbene questo qualcosa deve essere il desiderio di solidarietà con il
vicino, con le zone più emarginate, con l’uomo che si trova oltre quella linea
di divisione di civiltà e di culture che è il Mediterraneo>>.
Nella moderna società dell’informatica, lo sviluppo spontaneo porterebbe a
restringere a pochi il beneficio dell’impressionante sviluppo scientifico e
tecnologico del nostro tempo. Il socialismo liberale questi benefici li vuole
assicurare a tutti. Il neo-socialismo europeo di questi anni Novanta ha fatto
propria l’importanza del fattore umano come elemento significativo e
caratterizzante, la sua educazione, la sua formazione, secondo una logica di
uguaglianza di opportunità.
Prendiamo il caso della fame nel mondo e dello stato di indigenza in cui
versa buona parte della popolazione mondiale. Si tratta di affermare quello che
si chiama una “global governance”, un sistema articolato e flessibile nei
rapporti politici, economici e sociali a livello internazionale.
<<Il socialismo liberale ci deve, suggerisce l’On. Valdo Spini, sollecitare
ad una più moderna ed adeguata teoria del rapporto pubblico – privato>>.
Afferma Oskar Lafontaine: <<In questo periodo di grandi cambiamenti occorre,
infine, modernizzare il concetto di socialdemocrazia. L’unica via in grado di
offrire benessere e sicurezza al cittadino medio in un’economia globalizzata è
la giustizia sociale attraverso la cooperazione internazionale>>.
Le ideologie hanno finora diviso. I valori possono unire. E quelli del
socialismo liberale uniscono. Ha scritto Carlo Rosselli in “Per l’unificazione
politica del proletariato”: <<Nessuna ragione di dissenso antica o recente, può
essere tanto grave da giustificare l’eternarsi della divisione, nessun vantaggio
derivante da una pretesa maggiore chiarezza e compattezza ideologica può
superare l’immenso vantaggio derivante dall’unione delle forze e degli sforzi di
tutti>>.
E da questo convegno è stato gettato un ponte verso questa unità: il
Convegno su Rosselli ha anche avuto questo valore. Di essere stato un’offerta di
convergenza e di unità, con spirito di pluralismo e di apertura a tutti coloro
che in questi valori si riconoscono.
Una sorta di apertura di una seconda fase nella costruzione del nuovo
Partito del Socialismo Europeo in Italia, iniziata nel 1997 a Firenze.
Carlo Rosselli fu un eretico rispetto al socialismo italiano dei suoi tempi.
Ma non lo fu rispetto al partito laburista britannico degli stessi anni, e con
“Socialismo liberale” intese aderire apertamente alla socialdemocrazia europea
<<che si muove – sono parole di Rosselli – verso una forma di rinnovato
liberalismo, che riassorbe in sé i movimenti apparentemente opposti (illuminismo
borghese e socialismo proletario)>>. E’ vero che in questi anni, che hanno visto
la loro quasi generale affermazione come forza di governo, i socialisti europei
si sono mossi verso il centro, hanno sottolineato l’aspetto liberale della loro
impostazione. E questa si è dimostrata la carta vincente. Ma lo hanno fatto
partendo dalla loro tradizione di rappresentanza del mondo del lavoro. <<Il
socialismo – afferma Rosselli – deve essere l’alfiere della classe oppressa>>.
Si tratta pertanto di riscoprire, con i valori di Rosselli, i valori del
socialismo europeo.
Di questi valori dobbiamo essere orgogliosi.
Dunque non ci sono scorciatoie. La strada di una società responsabile,
fondata sulla giustizia e sulla libertà è l’unica praticabile. E’ la sfida del
nostro tempo: conciliare i due grandi valori del socialismo liberale. “Carlo e
Nello Rosselli o Giustizia e Libertà. Per questo morirono, per questo vivono”,
ha scritto Piero Calamandrei sulla lapide della loro tomba nel cimitero di
Trespiano.
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