




















| |
cap. 5 - DAL PROCESSO DI SAVONA AL CONFINO DI LIPARI
Il riformismo liberale
I due volumi di Rodolfo Mondolfo “Sulle orme di Marx” spingono Carlo a
rivedere il contenuto dottrinale del riformismo italiano. Negli appunti raccolti
nel fascicolo IV dell’inserto VIII, Rosselli analizza anche “La filosofia in
Italia nel secolo XIX”, sempre di Mondolfo, pubblicato a Padova nel 1924; legge
il libro di Ivanoe Bonomi, “Le vie nuove del socialismo”, per informarsi sui
rapporti tra liberalismo e socialismo e sul revisionismo di Bernstein in opera
in Italia per virtù di Bissolati e dei suoi amici.
Rivede la “Storia critica del movimento socialista in Italia” di Roberto
Michels, il quale elogiava <<la grande purezza di vita e straordinaria levatura
degli internazionalisti italiani così ingiustamente deprezzati e disprezzati da
Marx>>, ed in particolare Gnocchi Viani; Michels riconosceva che dopo il 1900
<<la libertà divenne per Turati ed i numerosi seguaci un prezioso gioiello che
andava gelosamente custodito; indi continua paura, dalla quale i riformisti si
dimostrano pervasi, che l’impazienza operaia la distruggesse>>. Né Carlo
tralascia la lettura dell’opera in due volumi di Pareto, “Systemes Socialistes”,
che dava del Capitale di Marx questo giudizio: <<E’ il libro santo del
socialismo e possiede in grado eminente caratteri che si riscontrano in tutti i
libri santi, vale a dire il vago e l’oscurità>>.
|
 |
Anche Mondolfo, nell’opera “Sulle orme di Marx”, non è d’accordo con gli
altri marxisti, quando critica il materialismo fatalistico e quando teorizza la
filosofia della prassi. E Rosselli commenta: <<Filosofia della prassi e
liberalismo. Il concetto della “Umwalzende Praxis” (la visione unitaria
dell’umanità come di un’attività che si sviluppa in una continua lotta
interiore) sarebbe proprio degli “Umwalzenden”, i quali raggiungono la vera
interpretazione del mondo in quanto vogliono cangiarlo. Solo la mentalità umw.
sarebbe capace di afferrare e possedere il vero concetto storico>>.
La filosofia della prassi è un argomento centrale nel pensiero di Mondolfo,
e Rosselli riflette sul suo tentativo di avvicinare il rovesciamento della
prassi alla filosofia della libertà: <<Il rovesciamento della prassi: l’attività
precedente nei suoi risultati diventa condizione e limite dell’attività
successiva, che però si afferma come opposizione a ciò che preesiste e tende a
superare dialetticamente. Quindi la conoscenza delle condizioni e dei limiti qui
è parte essenziale dello sviluppo della volontà: il momento pratico non si
disgiunge dal momento critico. Allo Spirito universale, che nell’idealismo è
l’agente storico, Marx sostituisce le classi ed il correre delle medesime sul
terreno pratico. Anche l’idealismo afferma l’infinità del progresso. L’opera
dello Spirito non terminerà mai. Errore di credere che l’idealismo non si fondi
sui fatti. Ora è chiaro a questo punto che “praxis umana” nel linguaggio
marxista, e Spirito universale, nel linguaggio idealistico, quasi sì
equivalgono>>.
Mondolfo, per la filosofia della prassi, si richiamava alle tesi di
Feuerbach del 1845, e Rosselli appunta: <<Le tesi sono del 1845. Il processo di
sviluppo di Feuerbach è quello di un hegelismo verso il materialismo, uno
sviluppo che porta ad un grado determinato una completa rottura col sistema
idealistico del suo predecessore. Hegel non fu semplicemente messo da parte, al
contrario ebbe cura di ricollegare il suo lato rivoluzionario, al metodo
dialettico>>.
<<Mondolfo riesce pienamente a dimostrare come Marx debba i concetti della
sua filosofia a Feuerbach. Il concetto di bisogno è l’equivalente del non essere
hegeliano, in quanto è appreso dalla coscienza, è il sentimento di una mancanza,
di un limite, onde sorge l’aspirazione al suo superamento>>.
Rosselli desidera sempre documentarsi sulla letteratura relativa al pensiero
di Marx ed annota a proposito di Sorel, “Concezione materialista della storia”:
<<Marx si credeva alla vigilia di una rivoluzione, non si preoccupava affatto di
ciò che diverrebbe la società capitalista trent’anni dopo la sua morte; gli
bastavano delle constatazioni empiriche sull’andamento dei fenomeni economici
contemporanei. Le espressioni, di cui Marx si serviva per esprimere l’analogia
dell’economia e della natura fisica, hanno certamente molto contribuito a
sviluppare l’illusione fatalista: soprattutto per l’impiego del termine
necessario. Caratteri utopistici anche nel marxismo che vagheggia la società
perfetta. Se essi non sono partiti dal principio astratto della natura umana,
sono partiti dal principio astratto del proletariato unico>>.
Riassume lo “Studio su Marx” di Arturo Labriola: <<Malgrado Marx avesse dato
l’addio alla filosofia idealistica, ricasca nell’hegelismo. Bernstein ha assai
più ragione quando ha parlato delle trappole che la dialettica hegeliana gli
aveva preparato. Il fatto che l’economia ha seguito una strada tutta diversa da
quella battuta da Marx, è già un argomento contro il suo sistema. Labriola vuol
dimostrare il carattere mitico (inteso il mito come spiegazione di ciò che è
fuori di noi, prodotto di una collettività, agente sotto lo stimolo di un
medesimo bisogno) della sua costruzione economica>>.
Riflette su “La filosofia di Marx” di Giovanni Gentile: <<Nel II saggio
pensa che dalla filosofia storica sia stato ricavato artificiosamente il suo
materialismo metafisico. Nel II saggio anticipa le rivelazioni di Feuerbach di
Mondolfo e sostiene la posizione pratico-critica. Anche Gentile considera il
brano del 1859 come l’espressione netta del pensiero di Marx. Gentile parlerebbe
per Marx di una dialettica necessaria. In conclusione definisce la filosofia
della praxis, dal Marx delineata nei frammenti del 1845, un monismo
materialista, che si distingue da ogni altro sistema simile pel concetto della
praxis applicata alla materia>>.
L’attenzione di Rosselli è rivolta anche al problema della lotta di classe,
e, commentando Mondolfo, osserva: <<La lotta non è solo lotta delle forze di
espansione contro la costruzione delle forme che ad esse contrasta, perché è
lotta con le forze vive di conservazione, nella realtà urto di classi contro
classi: la lotta di classi perciò appare essenza del processo storico, e nel
tempo stesso, forza motrice dello sviluppo. (Ora indubbiamente l’interpretazione
centrale di Marx è quella dettata da Mondolfo. Marx era tutt’altro che un
materialista, tutt’altro che un idealista. Ma da questo a dire che sempre questa
posizione volontarista ha prevalso in Marx, specie nel Marx studioso di economia
dopo la sua andata in Inghilterra ci corre parecchio. (La mia esperienza di
economia mi induce a pensare che veramente Marx abbia subito nel periodo 1850-67
una notevole inconsapevole trasformazione, nel senso di assegnare un’enorme
influenza al meccanismo di produzione ed alla tecnica produttiva. Immerso in uno
studio dettagliato di uno degli elementi, certo decisivi della vita sociale, ha
finito per assegnare ad esso un valore preponderante, assorbente.(La teoria
della lotta di classe non è che il ritmo dialettico hegeliano concretizzato,
fissato, finanche nei suoi elementi determinanti. E’ un errore però quello di
voler guardare solo e sempre alla lotta tra proletariato e borghesia, non
tenendo conto delle infinite altre forme di lotte. Anche in economia i termini
di opposizione non sono costituiti solo dal proletariato e dalla borghesia.
Acquistano rilevanza anche le lotte interne di gruppo delimitati diversamente
dal criterio economico tipico in certe lotte nazionali, religiose, che vano
sarebbe ricondurre al sostrato economico)>>.
Queste osservazioni di Rosselli sono confortate dal giudizio espresso da
Guido De Ruggiero su partito socialista e lotta di classe: <<Fare del partito
socialista il rappresentante in sede politica degli interessi della classe
proletaria, riducendo la lotta politica a pura lotta di classe, rappresenta un
turbamento profondo nell’ordinamento dello Stato liberale>>.
La riflessione di Rosselli sulla relazione tra materialismo storico e
socialismo deve molto allo scritto di Benedetto Croce “Materialismo storico ed
economia marxista”. Ed ecco le conclusioni: <<Sotto il rispetto pratico,
l’impossibilità di dedurre il programma socialista marxista da proposizioni di
pura scienza, dovendosi portare il giudizio dei programmi socialisti nel campo
dell’osservazione empirica e delle pratiche persuasioni. Sotto il rispetto
etico, la negazione dell’intrinseca amoralità o della intrinseca antieticità del
Marx>>.
Questa letteratura critica induce Rosselli a rivedere il “Capitale” di Marx,
ed infatti <<perché anche un profano comprenda la teoria del valore di Marx e le
fatali contraddizioni in cui essa conduce, occorre che abbia chiaro il
significato di tre espressioni usate nel Capitale: lavoro, capitale costante,
capitale variabile. Il capitalista anziché pagare al lavoratore l’intero valore
del prodotto, se ne appropria una parte. Questa parte è il plusvalore>>.
Sette pagine, del fascicolo IV hanno questo titolo.Le tesi marxiste esposte
nella loro logica concatenazione possono così riassumersi: <<La lotta che il
proletariato conduce assume l’aspetto di una lotta condotta nell’interesse
generale della società, in nome della necessità di espansione e di
organizzazione delle forze produttive. I proletari non possono conquistare le
forze produttive della società che abolendone il modo di appropriazione. I
proletari non hanno niente di proprio da assicurare, devono anzi distruggere la
sicurezza e la garanzia privata finora esistite. Il processo di superamento del
capitalismo assume un carattere necessariamente drammatico per il fatto che la
borghesia è sempre meno in grado di assicurare alla classe soggetta, il
proletariato, le più elementari condizioni di vita. Mentre i capitali, in
ragione stessa dell’imperiosità della grande impresa, si accentrano in poche
mani, si verifica un fenomeno di proletarizzazione crescente dei ceti intermedi
e di immiserimento progressivo dei salariati per effetto della legge organica di
sviluppo del sistema capitalistico>>.
<<Alla causa economica si aggiunge così la psicologica, ed entrambe
concorrono a svegliare ed ingigantire la coscienza di classe nei proletari, i
quali si organizzano in partito politico, si valgono delle collisioni in seno
alla vecchia società e, profittando della crisi sempre più insuperabile della
borghesia, conquisteranno violentemente il potere politico ed esproprieranno
nell’interesse dell’intera società, gli espropriatori. L’abolizione violenta dei
vecchi rapporti di produzione borghese e l’accentramento della produzione in
mano degli individui associati sopprimerà per sempre le condizioni degli
antagonismi di classi, quindi le classi, quindi lo Stato, inteso come strumento
di dominio di classe. Si avrà così una società nella quale il libero sviluppo di
ciascuno sarà la condizione per il libero sviluppo di tutti>>.
Il fascicolo IV contiene tre pagine sul “Rapporto fra socialismo e
filosofia”, nelle quali Rosselli conferma il suo convincimento:
<<Soggettivamente è inevitabile lo sforzo di collegare la propria posizione
teoretica con quella pratica. Un filosofo che abbia rispetto della sua
professione di pensare deriverà sempre la propria posizione pratica dalla
teoretica. Croce non si è acquietato sino a che non è giunto a dimostrare la
verità della posizione liberale. Si comprende così perfettamente un socialismo
Kantiano, un socialismo idealista alla Lassalle, un socialismo materialista. Ma
il fatto stesso della coesistenza di così vari indirizzi nel seno del medesimo
movimento, nel mentre ne conferma la vitalità, ammonisce sull’inopportunità di
voler stabilire obiettivamente un rapporto fisso e necessario tra
l’atteggiamento pratico e la premessa teoretica. Sulla inopportunità di porsi il
problema di quello che debba essere la filosofia del socialismo>>. E ripete:
<<Si può riconoscere nel Mondolfo lo sforzo di conciliare i due estremi così
teorici come pratici del materialismo fatalistico e del volontarismo idealistico
antistorico, con la concezione del rovesciamento della praxis. Ma se egli si
tiene fermo solo a questo fondamento, il suo socialismo si dissolve nel
liberalismo che effettivamente abbraccia tutto il moto socialista e qualche cosa
di più ancora perché include tutte le forze, le aspirazioni, i bisogni, che
concorrono alla vita sociale. La filosofia che il Mondolfo ci offre non è per
nulla illuminatrice nell’azione; non fa che dettare dei saggi canoni per
l’interprete storico>>.
Affermare che la vecchia generazione era rimasta <<abbarbicata
sostanzialmente alla posizione materialistica, fatalistica, deterministica,
anche se poi nell’azione fortunatamente si mostrava incoerente>>, non
significava risolvere il problema del socialismo: l’analisi dottrinale di
Rosselli si arenava nel riconoscere al revisionismo di Mondolfo una venatura
liberale; lo stesso ricorso al rovesciamento della praxis non poteva fornire
all’antifascismo spinte ideologiche. Cosa molto grave, perché Rosselli
riconosceva che nei momenti difficili indubbiamente le ideologie e anche le
idealità esercitano un ruolo notevole.
Per Rosselli un fatto dottrinale importante fu la lettura della “Storia
d’Italia dal 1871 al 1915” di Benedetto Croce, uscita all’inizio del 1928;
bisognava sostenere apertamente che l’Italia non poteva governarsi altrimenti
che col metodo liberale e parlamentare, che doveva prevalere l’interesse
generale, che era necessario formulare un programma socialista e rivoluzionario.
Rosselli legge con attenzione soprattutto il capitolo IX sul governo liberale ed
il rigoglio economico, quando <<falliti i reazionari nei loro tentativi così
teorici come pratici di comprimere le forze sociali con la violenza e coi
congegni polizieschi, il problema della direzione del governo era stato, nel
fatto, risoluto con la prevalenza del metodo liberale>>. Secondo Croce <<la
franca conversione voleva dire la dichiarata dissoluzione del socialismo non più
distinguibile dal liberalismo>>. In altre parole se <<il partito socialista si
venne facendo sempre più riformista o liberale, radicalismo, socialismo e
massoneria tutti insieme confluivano in un liberalismo democratico>>.
L’affermazione di Croce, che il socialismo accetta il metodo liberale e si
avvicina al liberalismo facendosi sempre più liberale, porta Rosselli ad
insistere sull’idea di una rivoluzione liberale del socialismo. Con irritazione
legge la recensione alla “Storia d’Italia” di Croce, pubblicata sulla Stampa del
1 marzo 1928, da Adriano Tilgher. E scrive al fratello Nello, storico di
professione: <<Croce appunto dimostra che col ’70, chiuso il travaglio unitario
e profondamente mutato l’orientamento generale dello spirito teorico e pratico
europeo, non c’era più posto per un atteggiamento romantico; la vita di tutti i
giorni usciti da quel gran sogno di quella grand’epopea, non poteva non
rivelarsi povera d’ideali, tutta pervasa com’era da inesorabili, prosaici
compiti pratici. Talché tutte le forze che si ricollegavano alla posizione
intransigente del Risorgimento, dopo aver vanamente tentato di sottrarsi alla
logica della situazione nuova, finirono per adattarsi. Ed è sempre lo stesso
Croce che in più tratti assai bene lumeggia lo scoramento, la sete d’ideali e
d’assoluto onde tutta Italia fu presa in mezzo al grigiore utilitario della vita
italiana. Ed è ancora lo stesso Croce a rivendicare la funzione esercitata dal
moto socialistico, con l’osservare tra l’altro che il marxismo, accolto
trionfalmente dalla parte migliore della giovane generazione, veniva a riempire
il vuoto che vaneggia nel pensiero e negli ideali italiani, vuoto che i giovani
sentivano, bramosi di un fine cui tendere le forze, di un fine che avesse valore
universale ed etico>>.
Una settimana dopo, scrive da Lipari, in data 11 marzo 1928, a Gina Ferrero:
<<Croce mi ha interessato assai e, malgrado alcune forti riserve, mi è piaciuto.
Nel giudicarlo dobbiamo ricordarci che scrive pro domo sua, e che il punto di
vista da cui sì da a giudicare le cose d’Italia non è e non può essere il
nostro. Bellissime le pagine sul Risorgimento, le fatiche della generazione
postunitaria>>.
Queste osservazioni ci suggeriscono di rileggere la lettera inviata da
Lipari, in data 29 febbraio 1928, da Carlo a Benedetto Croce: <<Illustre
Senatore, la consuetudine spirituale che da anni sono venuto stabilendo con
l’opera sua e la recentissima lettura della “Storia d’Italia” mi spingono a
chiedere alla Sua cortesia l’invio in estratti delle tre note ricordate nelle
annotazioni al suo volume>>.
I saggi richiesti da Carlo sono inseriti nel volume “Etica e politica” di
Benedetto Croce, pubblicato all’inizio del 1931. Nello scritto “La concezione
liberale come concezione della vita”, Croce sostiene che <<solo i moti liberali
producono vere e proprie rivoluzioni. E laddove un regime autoritario, quando
viene rovesciato, non può più risorgere quale era innanzi, lo stato liberale,
sembra che esso risorga in perpetuo con rinnovata giovinezza>>.
Nel saggio “Contrasti d’ideali politici dopo il 1870”, Croce si pone
l’interrogativo: <<E’ possibile sostituire al concetto della libertà un concetto
diverso, o per lo meno compierlo e superarlo in un concetto più alto? Senza
dubbio, risponde Croce, scetticismo ed aperte ribellioni sono insorti contro
quell’ideale, ed ideali diversi od opposti sono stati esaltati e predicati, ma
se noi guardiamo agli ideali opposti a quelli della libertà nel corso della
storia recente, nessuno resiste alla critica come l’ideale della libertà, che
rimane il principio direttivo per il pacifico e libero svolgimento della civiltà
mondiale>>.
Nel saggio “Liberismo e liberalismo”, Croce riconosce che <<la formula
economica del liberismo accomuni il carattere e l’origine con quella politica
del liberalismo, ma non si può conferire al liberismo valore di regola o legge
suprema della vita sociale, e convertirlo da legittimo principio economico in
illegittima teoria etica, ossia in una morale utilitaria>>. Spesso, egli
aggiunge, sui provvedimenti ed ordinamenti economici le dispute si aggirano
<<sul campo che sia da lasciare all’attività degli individui e quello in cui si
deve esercitare l’azione dello stato>>, ossia sui due diversi ed opposti sistemi
economici, il liberistico ed il socialistico, ma quale ordinamento liberistico
non è da dire in qualche parte socialistico, ed all’inverso? Poiché la disputa
circa il carattere di un provvedimento diventa se sia moralmente buono o
cattivo, Croce conclude: <<Ben si potrà con la più sincera coscienza liberale,
sostenere provvedimenti ed ordinamenti che i teorici dell’astratta economia
classificano come socialistici, e parlare finanche di un socialismo liberale>>.
Rosselli crede che sia ripresa da Croce l’ipotesi inglese di socialismo
liberale, e, nell’ultima edizione di “Materialismo storico ed economia
marxista”, trova anche la conferma che <<dopo più di vent’anni il Marx ha
perduto in gran parte l’ufficio di maestro; perché, nel frattempo, la filosofia
storica e la dialettica sono risalite alle loro fonti e vi si sono rinfrescate e
rinnovate per trarne vigore a più ardito viaggio; e, quanto alla teoria politica
il concetto di potenza e di lotta sembra ora tornato dalle classi allo Stato>>.
Alla libertà un confinato non può non pensare profondamente e
drammaticamente; e Carlo pensa sempre più ad una lotta rivoluzionaria per la
libertà del socialismo: è questo il secondo momento della sua riflessione.
Allora affronta coraggiosamente “Il problema italiano”, e si prepara a trattare
la questione governativa: in che consista il mutamento dalla monarchia alla
repubblica. Questo programma politico è nel fascicolo II dell’inserto VIII. <<Il
problema italiano (Il problema della libertà: in che consista: repubblica):
Due posizioni, la comunistica o la socialista liberale – Perché si scarta la
prima. Il significato della seconda - . il problema della libertà politica e
spirituale è fondamentale. La lotta per la libertà è una lotta rivoluzionaria.
Il liberalismo scaturito dalla rivoluzione. La lotta per la libertà è
insurrezione contro il fascismo e contro la monarchia. In che senso siamo
repubblicani. Posto dei socialisti nella lotta per la libertà. Insostenibile
posizione marxista. Dopo tante sofferenze sarebbe bello poter promettere il
Paradiso. Ma non lo possiamo. Senso di responsabilità. L’odio antifascista conta
mille volte più di tutte le speranze per l’avvenire. Come si deve condurre la
lotta per la libertà. Metodo rivoluzionario. Unione. Comando unico.
L’organizzazione della libertà.
Problema d’antagonismo e di governo. Ogni generazione deve rifare la sua
esperienza. Decentramento, autonomia.
L’esperienza inglese. Questa libertà va presidiata.
Il problema del governo. Cioè problema dell’educazione:
I problemi della ripresa socialista.
1) Abbandonare la posizione marxista per conquistare la classe lavoratrice
2) Darsi una costituzione federativa
3) Clima liberale all’interno
4) Rivedere la posizione nei confronti dello Stato
5) Problema sindacale
6) Necessità di riunirsi e di dare la prova tangibile che si è imparata la
lezione della disfatta
7) Lotta di classe>>.
Il 25 agosto 1928 scrive da Lipari alla madre: <<Oggi so quel che voglio e
quel che sono; e pur non ignorando i miei limiti conosco le mie capacità. E’ per
questa via, con questo combustibile morale, che la mia macchina fornirà il
rendimento massimo>>.
Le questioni, che lo occupano in questi giorni e mesi, e di cui parla sono
connesse con le sue riflessioni sul problema italiano e sulla libertà con un
governo repubblicano, nell’ambito di una rivoluzione ideologia del socialismo.
Il 24 novembre 1928 scrive a Nello: <<Mi piacerebbe lavorare intorno a due o
tre grossi problemi concreti sempre citati>>.
Ma i problemi concreti fanno parte degli argomenti da trattare a proposito
del socialismo liberale. Dai laburisti ha imparato che non si può preparare un
programma politico d’ampio respiro. Carlo ha in mente un proprio e sistematico
lavoro; infatti nella corrispondenza ripete: <<Leggo sempre abbastanza, ma poco
all’infuori del campo che m’interessa>>. Nel dicembre 1928 ha inizio un terzo
momento quando, volendo fare i conti col marxismo, passa alla stesura del suo
libro sulla rivoluzione liberale del socialismo; infatti la posizione da
difendere è la socialista liberale, ma questa posizione ha bisogno di un
appoggio culturale e di un riferimento politico.
|