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cap. 4 - IL QUARTO STATO
Gli altri versanti
La rivista “Il Quarto Stato” affrontò altri temi oltre a quelli d’interesse
prettamente politico ed attuale; fra questi spicca maggiormente quello dei
rapporti fra socialismo e filosofia, nei quali articoli Rosselli interviene in
maniera sporadica e sintetica.
In uno di questi pochi interventi, steso in una nota finale ad un articolo
di Giuliano Pischel, Rosselli riafferma l’atteggiamento principale del giornale,
che vuole essere il rinnovamento dall’interno del movimento socialista: <<No,
amici, il mondo c’era prima che noi nascessimo, ed il socialismo pure, e se noi
abbiamo il diritto di non accettare senza bilancio l’eredità dei vecchi, abbiamo
pure il dovere di inchinarci sulle cose grandi e degne che hanno fatto>>; e
continua affermando che della revisione idealistica accetta soprattutto il
volontarismo, l’impulso all’azione politica.
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Rivolgendosi a Zibordi il fiorentino scrive: <<Noi crediamo nella volontà
umana come in uno dei fattori essenziali della storia: essa non basta, ma essa è
la condizione per fare, per non impantanarsi in quel determinismo puro che fa il
paio con la divina provvidenza dei cattolici>>.
Per quanto riguarda la politica estera e gli avvenimenti internazionali, è
significativa la posizione assunta da “Il Quarto Stato” in una nota direzionale,
dovuta probabilmente a Rosselli. Nella lotta iniziata da Stalin contro Trockij,
il giornale vede <<la conseguenza inevitabile della dittatura bolscevica,
dittatura del Partito sul popolo; soffocamento quindi d’ogni autonomia
spirituale e politica e, si osserva, il fatto solo che l’opposizione si
manifesti attraverso i più autorevoli capi della rivoluzione, sta ad indicare
che la dittatura è entrata in crisi e non si potrà risolvere che allargando i
quadri della democrazia operaia>>.
Il giudizio sul bolscevismo e sulla Russia sovietica, scaturisce, del resto,
dalla prospettiva politica ed ideologica generale cui guardano i direttori del
settimanale, Rosselli in particolare.
Da questo punto di vista acquista importanza soprattutto lo spazio e
l’attenzione che Rosselli dedica alla socialdemocrazia austriaca, in particolare
ad Otto Bauer.
Quest’interesse prova la ricerca di una terza via tra riformismo e
bolscevismo di cui la socialdemocrazia austriaca sembrava fornire l’esempio
migliore.
Presentando le conclusioni del libro di Bauer sulla rivoluzione austriaca,
Rosselli accetta in pieno la linea politica dei socialisti austriaci nel primo
dopoguerra.
Quando l’Austria-Ungheria si dissolse nell’ottobre 1918 e la
socialdemocrazia assunse il potere, a molti apparve possibile la rivoluzione
socialista, ma – scrive Rosselli – fattori interni ed internazionali impedivano
di andare oltre la rivoluzione nazionale e democratica: <<La socialdemocrazia
non esitò. Essa affrontò inevitabilmente il durissimo compito di combattere con
tutti i mezzi lo scatenarsi della fatale avventura voluta da Mosca>>.
Così, per il fiorentino, la conciliazione tra classe e nazione, tentata dai
socialisti austriaci, risponde ad esigenze storiche e politiche della società
europea.
Dal marzo all’ottobre 1926, Rosselli trascorre a Milano la maggior parte del
suo tempo.
Il peso della rivista ricade in pieno sulle sue spalle. Via Ancona, la sede del
settimanale, è un luogo di riunione quotidiana per i giovani socialisti che
vogliono l’unificazione dei due partiti e la costituzione di una coalizione
antifascista repubblicana.
Il suo piano di lavoro per il futuro più vicino è chiaro: promuovere ad ogni
costo la Concentrazione repubblicano-socialista, sostituire i metodi legalitari
dei vecchi leaders con l’azione clandestina.
Così, accanto al lavoro giornalistico, Carlo s’impegna a fondo nell’attività
politica clandestina.
Nel luglio, due avvenimenti imprimono un ritmo nuovo alla vita di Carlo: a
distanza di pochi giorni, il giovane lascia per sempre l’insegnamento
universitario e sposa Marion Cave. Carlo aspettava da qualche tempo che tutte e
due le cose accadessero.
Da quando aveva deciso di impegnarsi con tutte le energie nella lotta
antifascista, aveva guardato all’insegnamento come ad una perdita di tempo, una
dispersione inutile.
Quanto all’altro avvenimento del luglio 1926 – il matrimonio con l’inglese
Marion Cave – non si trattò di una decisione improvvisa. Fu invece la
conclusione di un rapporto iniziato anni prima a Firenze, nel pieno della lotta
antifascista.
Marion, di tre anni più anziana, era nata vicino Londra da Mary ed Ernest
Cave, un insegnante quacchero che professava idee progressiste; vicine al
liberalismo gladstoniano ed al socialismo cristiano inglese di fine secolo.
Sicuro di aver trovato la compagna che cercava, Carlo avrebbe voluto
sposarla già nel ’25. Ma la madre, Amelia, lo persuase a rinviare di un anno le
nozze.
Finalmente, il 25 luglio 1926, avvenne il matrimonio.
In ogni caso, tornando all’esperienza della rivista, la battaglia che
Rosselli intraprese su “Il Quarto Stato” conseguì un obiettivo non trascurabile:
quello di far concentrare sul tema dell’unità socialista la polemica
precongressuale all’interno del PSI.
Ma il 5 novembre 1926 Mussolini riunisce il Consiglio dei Ministri che
decide tra l’altro lo scioglimento di tutti i partiti, associazioni ed
organizzazioni che esplichino azione contraria al regime. Non solo non possono
più realizzarsi i progetti giornalistici del PSLI: anche l’esperienza de “Il
Quarto Stato” deve concludersi con il numero del 30 ottobre 1926.
Qui, recensendo, non a caso, una scelta di lettere di Mazzini ordinata
dall’amico Zanotti Bianco, Rosselli ne rievoca <<la superba, caparbia
ostinazione nell’esigere che la liberazione dallo straniero abbia da conseguirsi
essenzialmente con le forze italiane ed il dolore di fronte a chi lo incita ad
abbandonare i suoi sogni e dar libero corso al suo estro letterario. Sono i
discorsi – commenta Carlo – che ancor oggi ci sono sussurrati da mille parti>>.
Di Mazzini, il giovane non accetta solo l’insegnamento morale, l’idea di
nazione ben lontana dalla volgare diffamazione nazionalistica: quando tutto
sembra disperato, egli esalta i metodi mazziniani fino a scrivere viva la teoria
del pugnale – se l’Italia è oppressa! . Torna ancora una volta, la fiducia
nell’attentato, nel gesto individuale per scuotere gli italiani e spingerli alla
lotta antifascista.
Carlo Rosselli, facendo un bilancio culturale della sua iniziativa voluta e
diretta durante i mesi agitati del 1926, è convinto di aver agito con larga
condiscendenza, con aperta comprensione, con rispettosa deferenza; <<Quarto
Stato è stata una battaglia politica che ha messo in luce la tragica debolezza
delle opposizioni, le quali nei mesi del 1926 hanno continuato a vivere in
atmosfera di illusione e di romanticismo, oscillando tra la ribellione morale ed
i complotti, senza capire che, senza un’intesa avrebbero dato a Mussolini
partita vinta>>.
In realtà – come ha riconosciuto anche Stefano Merli, per citare una delle
osservazioni più acute a riguardo – “Il Quarto Stato” rappresentò la rinascita
socialista dopo la sconfitta, l’inizio della ripresa attraverso il superamento
della mentalità e dei metodi dell’Aventino. Rosselli non credeva più al
legalitarismo come non ci credeva Nenni: entrambi nel ’26 conducevano già la
lotta al regime sul piano clandestino, entrambi credevano alla necessità di
usare la violenza per scuotere quei ceti medi. Infine, entrambi erano disposti a
collaborare nella cospirazione antifascista con tutte le forze contrarie al
regime.
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