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L'ACCUMULAZIONE ORIGINARIA(K. Marx, L'accumulazione originaria, Ed. Riuniti, Roma 1991) Le possibili transizioni al socialismo Se Marx avesse evitato il pregiudizio nei confronti della società contadina, non solo avrebbe creduto possibile l'alleanza operaio-contadina contro il capitalismo, ma avrebbe evitato di considerare come “automatica” la formazione, nella classe operaia, della coscienza rivoluzionaria, in virtù dello stesso sviluppo capitalistico. Marx non riuscì ad intuire -a differenza di Lenin- che proprio lo sfruttamento dei contadini (ivi inclusi quelli delle colonie) avrebbe permesso ai capitalisti d'influenzare in modo borghese la coscienza operaia, impedendole di diventare rivoluzionaria. Paradossalmente proprio il Capitale permette, senza volerlo, al capitalismo di sopravvivere grazie allo sfruttamento dei contadini, prima che le proprie contraddizioni interne giungano a piena maturità. Lenin invece ha dimostrato che non occorre aspettare il parto naturale della negazione del capitale: con la rivoluzione politica di operai e contadini lo si può affrettare. Marx ed Engels non hanno mai creduto nella possibilità che in Europa orientale si potesse sviluppare una rivoluzione socialista prima che nella parte occidentale, ovvero che, anche avvenendo prima in Europa orientale essa potesse sopravvivere senza l'aiuto di una rivoluzione socialista nella parte occidentale (questa tesi verrà ripresa da Trotski). Il loro torto stava:
Fu il populismo russo che obbligò Marx ed Engels a rendersi conto dell'importanza dell'obscina (comune agricola), cioè della gestione collettiva e non individuale della terra. Engels, da allora, iniziò a rivalutare anche la “marca” tedesca, ed entrambi -grazie alle opere di G. von Maurer, che dimostrò l'esistenza della comune rurale tedesca e di L. Morgan, che dimostrò l'esistenza del comunismo primitivo- cominciarono a ripensare le formazioni sociali precapitalistiche. Tuttavia né Marx né Engels arrivarono mai a credere che le masse contadine russe, unite agli operai, avrebbero fatto la rivoluzione socialista prima che in Europa occidentale o senza una contemporanea rivoluzione in occidente. Al massimo Engels arrivò ad accettare l'idea di una “cospirazione blanquista”. Engels, nel migliore dei casi, era convinto che senza l'aiuto della rivoluzione socialista occidentale, l'obscina si sarebbe disintegrata dall'interno, dando il via allo sviluppo capitalistico. Nel peggiore dei casi riteneva l'obscina già dissolta o comunque uno strumento utile solo all'autocrazia zarista. Marx ed Engels non si rendevano conto che se per quanto riguardava l'istanza di liberazione il proletariato occidentale poteva sentirsi più intenzionato a volere la rivoluzione, poiché da tempo sperimentava il peso delle contraddizioni antagonistiche (sebbene tale peso fosse sempre più alleviato dal colonialismo), per quanto invece riguardava la memoria di liberazione che nell'Europa orientale si voleva conservare contro il capitalismo emergente, i contadini e gli ex-contadini divenuti operai si sentivano molto più rivoluzionari del proletariato occidentale. Marx ed Engels non escludevano il passaggio dall'obscina al socialismo: escludevano che tale passaggio potesse avvenire prima della rivoluzione socialista occidentale. Ancora non potevano immaginare che proprio con il colonialismo, il capitalismo avrebbe potuto tenere alti i salari degli operai delle metropoli corrompendo la loro coscienza rivoluzionaria. Abituati a convivere con l'individualismo delle formazioni sociali occidentali, Marx ed Engels si sentivano indotti ad ammettere che il capitalismo dovesse avere anche in Europa orientale il suo corso naturale, inevitabile. Siccome in Europa occidentale non ci fu modo di contrastarlo efficacemente, nel momento in cui nacque (XVI sec.), essi pensavano che la medesima difficoltà avrebbe dovuto esserci anche in Europa orientale, all'interno della quale -dicevano Marx ed Engels- le contraddizioni sarebbero state ancora più pesanti, poiché il capitalismo vi si sarebbe imposto già nella sua fase più matura, quella monopolistica. In altre parole, l'industrializzazione, per Marx ed Engels, non poteva essere che “capitalistica”. Tale loro fatalismo storicistico rispecchiava la cultura tedesca, protestante e idealistica. Sarà il leninismo a dimostrare che le possibilità del socialismo erano migliori non nei Paesi altamente sviluppati dell'occidente, ma in quel Paese dove le contraddizioni create dal capitalismo si scontrassero con una forte coscienza di classe. La differenza tra il marxismo e il leninismo qui è rilevante. Il marxismo riteneva possibile la rivoluzione solo quando il capitalismo avesse esaurito tutte le proprie potenzialità. Il leninismo invece la riteneva possibile nella misura in cui le contraddizioni antagonistiche risultavano insopportabili alla coscienza rivoluzionaria. Il primo a credere nella possibilità di una transizione dall'obscina al socialismo non fu però Lenin ma Chernyshevski. Bisogna qui tuttavia precisare, contro le idee populistiche, che l'obscina non avrebbe mai vinto contro il capitalismo se non ci fosse stata la rivoluzione d'Ottobre. L'obscina infatti non rappresentava l'unica formazione sociale della Russia pre-capitalistica. L'altra era il servaggio, che, per quanto abolito giuridicamente, restava sempre in vigore sul piano sociale. Marx questo l'aveva capito perfettamente. Nella contraddizione tra servaggio e obscina si era insinuato il capitalismo, il quale, senza rivoluzione socialista, avrebbe sicuramente avuto la meglio sull'obscina. Purtroppo però se l'obscina sopravvisse grazie all'Ottobre, venne sistematicamente distrutta dallo stalinismo. * * * Oggi, qualunque partito socialista o comunista o socialdemocratico europeo vada al potere in Europa occidentale, è costretto a fare gli interessi del capitale, quindi la stessa conquista del potere politico è diventata irrilevante, senza una trasformazione radicale dei rapporti produttivi. La domanda che ci si pone è dunque la seguente: com'è possibile compiere una rivoluzione economica ora che tutto il mondo è inglobato nel mercato capitalistico? Si può compiere una vera transizione al socialismo restando all'interno di questo mercato? Cioè si può sviluppare un mercato interno di tipo socialista accettando l'idea di dover convivere con un mercato esterno di tipo capitalista? Se esistesse una società socialista, che cosa si venderebbe sul mercato capitalistico, visto che nel socialismo si dovrebbe anzitutto produrre per soddisfare bisogni e non per accumulare profitti? Ciò che più conta infatti per il socialismo è l'uguaglianza delle condizioni o comunque il diritto per tutti ad avere quanto occorre per essere soddisfatti come persone. Dunque si venderebbe all'estero solo il surplus? esattamente come nel Medioevo e in tutte le società precapitalistiche? Se anche oggi, con una rivoluzione politica (locale, regionale, non nazionale) il proletariato di un determinato territorio riuscisse ad espropriare i capitalisti della proprietà dei mezzi produttivi e fosse così forte da contrastare il peso di una resistenza armata dei suddetti capitalisti, cioè se avesse la forza, la capacità di gestire autonomamente i mezzi e gli strumenti produttivi che in precedenza faceva funzionare in qualità di "operaio salariato" - che possibilità avrebbe questo proletariato di autogestirsi come "lavoratore libero" all'interno di un mercato globale, dominato dalle leggi dell'imperialismo? A quale livello di determinazione geografica è oggi possibile che avvenga un superamento del capitalismo nell'Europa occidentale? In che misura sarebbe possibile una riconversione industriale indirizzata verso il soddisfacimento dei bisogni vitali della popolazione? Non dobbiamo infatti dimenticare che oggi le merci vengono prodotte non per i bisogni (direttamente), ma per il mercato, al fine di ottenere profitti: la soddisfazione dei bisogni è effetto secondario e quasi incidentale, poiché molte delle merci vengono vendute senza soddisfare dei bisogni veri e propri (si pensi p.es. alla moda), o comunque vengono vendute per soddisfare bisogni non vitali ma indotti, prodotti artificiosamente dai mass-media. Siamo abituati a questo trend. Dunque forse la prima cosa da fare sarebbe quella di continuare a vendere le merci tradizionali, pensando però nello stesso tempo a come riconvertire il capitale costante in direzione del soddisfacimento dei bisogni primari, riscontrabili a livello locale o regionale, i cui principali soggetti sono gli stessi lavoratori e le loro famiglie. Occorre che sulla base di tali bisogni la produzione si autonomizzi il più possibile, sottraendosi alla tipica dipendenza dal mercato che si verifica sotto il capitalismo. E' fuor di dubbio che non si arriverà a una soluzione del genere se prima non si saranno sperimentati gli effetti più negativi dello sviluppo capitalistico (già oggi i salari permettono una semplice riproduzione della forza-lavoro: è sufficiente una crisi petrolifera o una spinta inflazionistica per mettere i lavoratori nel panico). Bisogna rieducarsi a valori oggi scomparsi: l'autoconsumo, il risparmio delle risorse, il riciclo delle scorie, la compatibilità ambientale... Le occasioni storiche di una transizione al socialismo sono andate tutte perdute, e questo ha fatto sì che i condizionamenti borghesi si siano spaventosamente accentuati. Oggi nei paesi del capitalismo avanzato è impensabile una transizione spontanea al socialismo, e forse non è neppure ipotizzabile una soluzione geograficamente limitata che non parta dalla consapevolezza critica delle masse popolari. Cioè non ha senso ipotizzare una soluzione in cui il ruolo guida venga svolto da intellettuali di tipo giacobino. Soluzioni di questo genere (o come quelle del socialismo utopistico) potevano andar bene agli albori del capitalismo, quando esisteva ancora la memoria d'un passato precapitalistico da salvaguardare. Tutto ciò oggi non esiste più. La rivoluzione comunista è avvenuta in Russia perché questo paese era l'anello debole del capitalismo mondiale. Oggi esiste un anello debole? Noi viviamo dominati da un mercato imperialistico: possiamo pensare a forme autarchiche di produzione e consumo? Forse sì, ma a condizione di essere assolutamente sicuri di poter produrre quanto effettivamente ci occorre e soprattutto di avere le forze sufficienti per rieducare la popolazione. Oggi l'anello debole del capitalismo e, se si vuole, tutto il Terzo Mondo, che è stato coinvolto di prepotenza nel mercato mondiale. Quest'area deve avere in sé la forza, anche intellettuale, di emanciparsi e di stabilire con l'occidente un rapporto alla pari, dove gli scambi abbiano la possibilità di essere equi. Ma che cos'è più importante per i paesi del Terzo Mondo: la possibilità di iniziare una rivoluzione industriale in piena autonomia (così come fecero i paesi europei 500 anni fa) oppure la possibilità di scegliere autonomamente il proprio sviluppo? Il problema infatti non è tanto quello di sapere come arrivare alle stesse conquiste dei paesi tecnologicamente o industrialmente più avanzati, quanto quello di sapere come poter ottenere un'autonomia economica che funga da base per una scelta non obbligata del proprio futuro. La cosa infatti che non si capisce nei teorici del marximo-leninismo è il motivo per cui si debba necessariamente passare, per giungere al socialismo, attraverso una rivoluzione industriale o comunque tecnico-scientifica più o meno analoga a quella che in occidente ha portato o ha accompagnato la nascita e lo sviluppo del capitalismo. L'unica plausibile ragione di questa "necessità" può essere quella che vede nella debolezza militare di un'esperienza socialista un rischio gravissimo per la sua futura sopravvivenza, in quanto la minaccia di una distruzione da parte del capitalismo sarebbe troppo forte per poterla sottovalutare. Dobbiamo però chiederci se questo sia davvero un prezzo che il socialismo deve pagare. Cioè se sia davvero indispensabile puntare sulla tecnologia per avere un efficiente apparato militare difensivo, oppure se si possa ipotizzare l'idea che una società basata su principi collettivistici in maniera consapevole non ha bisogno di un'elevata tecnologia militare per potersi difendere. In altre parole: i sistemi precapitalistici hanno perso il confronto bellico col capitalismo perché non erano sufficientemente armati o perché non erano sufficientemente coesi? Non dimentichiamo che sulla sua strada il capitalismo ha spesso incontrato civiltà in decadenza (come p.es. quelle precolombiane) e formazioni tribali divise tra loro (come quelle indiane nord-americane, che non a caso riuscirono ad avere la meglio sui coloni e sui loro eserciti solo quando scelsero l'unità). Là dove gli europei o gli statunitensi hanno trovato popolazioni relativamente unite, anche se scarsamente dotate di mezzi tecnici (India, Vietnam...), lì non c'è stato modo di realizzare un'occupazione militare. Se così dunque stanno le cose, per quale ragione non si dovrebbe autorizzare una determinata popolazione a cercare strade autonome verso la realizzazione del socialismo, prescindendo dalle dinamiche occidentali dell'accumulazione originaria e del conseguente sviluppo? In Cina, ma anche in India, lo sviluppo capitalistico è controllato a livello politico. Cioè esiste, sulla base di un certo opportunismo teorico, una parvenza di socialismo sul piano politico e una progressiva industrializzazione analoga a quella capitalistica. Anche se non vi è un pericolo di crollo dovuto a fattori endogeni (p.es. una caduta vertiginosa del saggio di profitto), quando il capitalismo non garantisce il livello minimo di sussistenza per la maggioranza della popolazione, questa, inevitabilmente, tende a non resistere alle forze esterne che minacciano l'esistenza del capitalismo. Questo in sostanza sta a significare che se il capitalismo, in teoria, è in grado di perpetuarsi all'infinito, di fatto esso deve assolutamente garantire un minimo vitale di sussistenza alla grande maggioranza della popolazione, se non vuole che questa assuma un atteggiamento di rassegnazione nei confronti delle nazioni o civiltà che premono ai confini e che si presentano come culturalmente o tecnologicamente meno avanzate (almeno rispetto ai canoni cui si era abituati in occidente). 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 |