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L'ACCUMULAZIONE ORIGINARIA(K. Marx, L'accumulazione originaria, Ed. Riuniti, Roma 1991) Premessa Nel cap. XXIV del I libro del Capitale, ad un certo punto Marx teme di aver suscitato nel suo lettore l'impressione d'essere finito in un circolo vizioso, poiché da un lato appare chiaro che il plusvalore non può essere che il risultato di un processo di produzione iniziato in una fase pre-capitalistica, dall'altro non è meno evidente che tale processo è possibile solo perché esiste un plusvalore suscettibile d'essere capitalizzato. Marx cercherà di risolvere l'empasse dimostrando come il modo di produzione capitalistico si sia formato combinando degli elementi strutturali che prima giacevano separati. E per questo motivo ha dovuto svolgere un'analisi di tipo storico, di storia dell'economia. Sin dalle prime pagine del Capitale Marx aveva dato per scontata l'accumulazione originaria, anche perché ne aveva parlato nelle opere precedenti (Formen, Grundrisse, Per la critica dell'economia politica..., pur non avendole tutte pubblicate). Ora però si rende conto che l'impianto fenomenologico su cui si regge tutto il I libro del Capitale può non essere sufficiente per spiegare la genesi storica (il "peccato originale") del capitale. E' per una semplice ragione che, nel I libro del Capitale, Marx esordisce con un'analisi di tipo fenomenologico (relativa alla merce): egli non si considerava come uno “storico” che vuol prendere in esame l'uomo nella sua globalità (cioè anche negli aspetti extra-economici), ma si considerava come uno studioso ideologicamente schierato (uno scienziato che in gioventù aveva svolto un'attività politica rivoluzionaria) che andava a cercare nell'economia politica (ritenuta la scienza oggettiva più vicina alla comprensione del presente) quelle contraddizioni che, a causa del loro carattere antagonistico, il capitalismo non era in grado di risolvere e che, per questo motivo, rendevano necessaria la transizione al socialismo. Lo svolgimento di questa premessa, nel prosieguo del cap. XXIV, porterà a un risultato molto preciso, che Marx avrà cura di dimostrare con ampia documentazione: il capitalismo è il risultato di un processo di separazione del lavoratore dalla proprietà delle proprie condizioni di lavoro (p. 5). A questa conclusione Marx, in realtà, era già arrivato molto tempo prima della stesura del Capitale, praticamente sin dai Manoscritti del 1844. Tuttavia durante il soggiorno londinese egli ebbe modo di dettagliare al massimo questa tesi, condivisa peraltro dal socialismo utopistico e persino da buona parte della storiografia borghese. La cosa singolare di questa tesi -e che ha motivato il presente studio- è che Marx si sforza di dimostrare la verità di un fenomeno chiamandone in causa un altro, che a sua volta però avrebbe necessitato di un'ulteriore spiegazione. Detto altrimenti: la domanda a cui Marx non ha risposto è stata proprio quella da cui era partito: "cosa ha generato il processo di separazione del lavoratore dalla proprietà dei suoi mezzi produttivi?" Per tutto il capitolo Marx fa un'analisi di tipo quantitativo, elencando una mole notevole di dati, e dando per scontato che la spiegazione del processo di separazione vada cercata nel processo stesso, cioè, in definitiva, nelle sue dinamiche economiche. Ma in tal modo la comprensione del fenomeno resta parziale, in quanto non se ne comprendono le radici extra-economiche, quelle culturali (teologiche, filosofiche ecc.). Marx non è riuscito a fare un'analisi storica in cui gli aspetti economici risultassero integrati con quelli culturali, e il motivo di questo va probabilmente ricercato nel fatto ch'egli ha sempre considerato gli aspetti culturali come una mera sovrastruttura di quelli economici e non ha mai sviluppato un'analisi in cui i due aspetti della realtà risultassero interdipendenti. Il motivo di questa difficoltà metodologica si pone a un duplice livello: oggettivo e soggettivo. I nessi organici tra economia e cultura non sono mai espliciti, ma sempre impliciti, indiretti, involontari, spesso addirittura tenuti nascosti (dagli intellettuali) per motivi di sicurezza personale, in quanto le loro teorie si trovavano a confliggere con quelle dominanti. In secondo luogo va detto che per esaminare i testi di teologia (che sul piano storico anticipano quelli della filosofia borghese) occorre essere scevri da pregiudizi ideologici e convinti di non svolgere un lavoro inutile. E' difficile infatti pensare che la disputa accademica degli universali abbia potuto favorire la nascita del capitalismo commerciale, o che le basi teoriche del potere temporale del papato stiano nella disputa sul Filioque, eppure è così. Nonostante questo, il genio di Marx appare così grande ch'egli è in grado di offrire indicazioni per uno sviluppo ulteriore della sua analisi economica in direzione della suddetta integrazione. Il che forse vorrebbe dire riesaminare la metodologia delle ultime opere di Engels sul cristianesimo primitivo e sulla guerra dei contadini tedeschi, nonché i Quaderni di Gramsci. Quanto a Lenin, egli era perfettamente consapevole di aver realizzato una rivoluzione politica senza una parallela rivoluzione culturale fra le masse, ed era altresì convinto che quest'ultima fosse uno dei compiti prioritari che il socialismo si doveva prefiggere. 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 |