LENIN E LA GUERRA IMPERIALISTICA

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Premessa

Forse il meglio di sé Lenin l'ha dato nell'analisi della prima guerra mondiale. Almeno così appare nell'ottimo volume antologico curato dalla Progress di Mosca nel 1977, avente per titolo Sulla guerra imperialista, che meriterebbe d'essere pubblicato in un'edizione di più larga diffusione in Italia. In esso si comprende molto bene la differenza sostanziale tra il socialismo della II Internazionale1 e il bolscevismo, e quindi i motivi per cui nascerà una nuova Internazionale.

I testi vanno dal 1907 al 1921 e si riferiscono a tutti i Congressi internazionali socialisti cui Lenin era interessato o aveva partecipato (senza escludere le Conferenze internazionali). In quel periodo vi era una consapevolezza dell'importanza del socialismo così grande che oggi pare inverosimile.

La prima cosa che salta agli occhi, leggendo un testo del genere, è di vedere come soltanto i bolscevichi tenessero una condotta rivoluzionaria in occasione della guerra mondiale. Tutti gli altri partiti socialisti europei, chi più chi meno, tradirono le loro idee. Probabilmente Lenin era così radicale perché aveva rifiutato qualunque seggio parlamentare e aveva vissuto all'estero, come profugo, gran parte della propria vita. La polizia zarista lo voleva morto, e il governo Kerenskij, come minimo, lo voleva in galera.

Ciò fa pensare che il tradimento del socialismo europeo fosse già avvenuto molto tempo prima, in quel lasso di tempo politicamente involutivo che va dalla Comune di Parigi allo scoppio della I guerra mondiale. La stessa Comune non ottenne alcun vero appoggio da parte del socialismo europeo, che pur aveva dato prova di esistere nelle rivoluzioni del 1848-49. Il socialismo europeo è fallito proprio nel momento in cui avrebbe dovuto dimostrare, con maggiore evidenza, la propria diversità dal capitalismo.

A volte ci si chiede: poteva un uomo come Lenin, con una consapevolezza così acuta dei problemi del capitalismo mondiale e di quello russo in particolare, limitarsi a proporre un socialismo semplicemente riformistico? Attendere che il proletariato sviluppasse da solo una coscienza rivoluzionaria? Favorire lo sviluppo della borghesia, che indirettamente avrebbe aumentato le file del proletariato, rischiando però di corromperlo, come puntualmente era avvenuto in Europa occidentale?

Probabilmente lui stesso se lo sarà chiesto mille volte. Una risposta affermativa a tali domande gli avrebbe sicuramente permesso di vivere un'esistenza più tranquilla e, forse, anche più lunga. Tuttavia, leggendo i suoi testi, non si nota neanche un momento d'incertezza sull'atteggiamento da tenere nei confronti dell'ideale del socialismo. Dubbi c'erano sui mezzi e metodi da adottare, non sull'obiettivo finale. In nessun testo si riesce a leggere qualcosa che assomigli agli scritti dei socialisti utopisti o riformisti.

Lenin non ha mai avuto svolte così radicali da farlo sembrare due persone diverse. Si è semplicemente limitato a precisare, rettificare, migliorare il suo pensiero, adeguandolo costantemente alla mutevolezza della realtà. Da questo punto di vista sarebbe stato un grande anche se non avesse scritto una parola. Egli infatti aveva piena consapevolezza che è nel presente che bisogna vivere e lottare; e nel presente tutte le parole diventano relative ai problemi che si devono risolvere, per cui mutano di continuo.


1Da notare che l'Internazionale socialista, nel suo momento di massima popolarità, aveva quasi quattro milioni di iscritti in tutto il mondo, oltre sette milioni di iscritti a cooperative e oltre dieci milioni di iscritti a sindacati, con un bacino di circa dodici milioni di elettori. Nessun'altra organizzazione mondiale poteva tenerle testa.


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teorici
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