|
IL TEATRO GRECO: LE RAPPRESENTAZIONI
1-2-3-4-6-7-8-9-10-11-12

Le rappresentazioni teatrali più significative del mondo greco avevano luogo
durante le feste dionisiache, che duravano meno di una settimana. L'inverno,
quando le campagne militari erano cessate e i lavori agricoli erano minimi, era
la stagione più adatta. Le rappresentazioni teatrali avvenivano durante:
- le Dionisie rurali, che si svolgevano a fine dicembre nei singoli demi,
in maniera autonoma, senza riconoscimenti ufficiali, nel migliore dei casi
ci si limitava a riproporre commedie e tragedie già conosciute;
- le Lenee avevano luogo nel recinto sacro di Dioniso Leneo (da lenòs =
torchio) a fine gennaio, quando la brutta stagione non permetteva un grande
afflusso di persone, e consistevano o in processioni o in gare teatrali (per
lo più commedie, dato il carattere lieto di queste feste). La prima
rappresentazione "ufficiale" di una tragedia in esse è da collocarsi intorno
al 432, di una commedia verso il 445 a.C.;
- le Grandi Dionisie venivano effettuate a marzo-aprile, attiravano un
gran numero di persone da ogni parte della Grecia e comprendevano, dopo la
processione simboleggiante il ritorno di Dioniso ad Atene da Eleusi e le
danze in onore del dio, anche rappresentazioni teatrali cittadine.
Le opere venivano giudicate da una giuria che doveva rappresentare le dieci
tribù in cui era suddivisa la popolazione di Atene. La giuria o commissione di cinque cittadini per la
commedia (probabilmente dieci per la tragedia) veniva estratta a sorte. Essa giudicava le
opere presentate e stabiliva una graduatoria. Dopo ciò, l'arconte redigeva un
resoconto ufficiale ricco di informazioni relative ai drammi portati sulla
scena. Questi testi ci sono pervenuti, insieme agli argomenti
e ai testi manoscritti delle opere stesse, grazie ad Aristotele, che li riportò
nelle sue Didascalie.
Venivano dunque allestite le
opere di tre poeti. Ogni autore presentava una
tetralogia, cioè una
trilogia di tragedie e un dramma satiresco, una sorta di farsa (successivamente
anche comico).
L'autore, che talvolta si calava nei costumi dell'attore o del corego stesso o
ancora di un esperto corodidascalo, curava l'istruzione del coro, dava una
corretta distribuzione delle parti, si preoccupava della loro recitazione e
stabiliva l'allestimento scenico, che si arricchì, col passare del tempo, di
numerosi ed ingegnosi espedienti.
Il premio riservato ai vincitori, all'autore, all'attore e in seguito anche al
corego consisteva in una corona di edera e di alloro e in un tripode di metallo,
spesso dedicato a Dioniso.
All'inizio c'era un unico
attore che recitava le proprie opere, ma poi con Eschilo diventarono due e con Sofocle
tre, a volte con l'aggiunta di un personaggio muto, tutti di sesso maschile,
anche quando si dovevano rappresentare parti femminili.
Verso la metà del V sec. era l'arconte che sceglieva tre attori-divi, pagati
dallo Stato, assegnandoli a sorte ai poeti stessi. Gli attori venivano distinti
in protagonisti, deuteragonisti e trittagonisti,
a seconda dell'importanza che assumevano nella storia. La professione
dell'attore venne consolidata quando, a partire dal 449, fu introdotto un premio
per la recita. Pare non esistesse alcun suggeritore.
Le
azioni cruente, come le battaglie, non erano rappresentate sulla scena, ma
venivano narrate. Tutti i ruoli indossavano maschere e recitavano con
l'accompagnamento di musica. La scena greca, situata in un luogo all'aperto, era
sobria. Le maschere erano espressive per la tragedia e grottesche per la
commedia. Tra i pochi congegni scenici vi erano la macchina del volo e un
praticabile.
La rappresentazione era una sola, non esistevano repliche. Solo dopo la morte
di Eschilo si permise che le sue tragedie venissero replicate.
|