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IL TEATRO GRECO: DIONISO
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Dioniso, divenuto popolare come dio del vino (Bacco), è anche rappresentato come una
divinità i cui misteri ispirarono un culto estatico e orgiastico: le sue
seguaci, le Menadi, lasciavano le case e vagavano nei boschi celebrando il dio
nell'ubriachezza. Secondo la tradizione, Dioniso moriva ogni inverno per
rinascere in primavera, simboleggiando la rinascita ciclica e la ricomparsa
dei frutti sulla terra. Fu così che i primi riti
in onore della resurrezione di Dioniso assunsero la forma dell'arte drammatica
greca.
Dioniso era il dio della fertilità e della vegetazione, le cui incarnazioni
animali erano il toro e il capro, e i suoi simboli l'edera (per le proprietà
psicotrope) e il fallo.
Con il culto di Dioniso, con le sue feste esaltanti, carnascialesche, e quindi col rapporto
tra umano e divino, si creò l'ambiente adatto nel quale,
a dar vita ad una funzione drammatica, agiscono sensibilità, passioni e
fantasia. Infatti, dal ditirambo lirico, caratterizzato dai coreuti (disposti a
circolo - cori ciclici - con il corifeo al centro) che esponevano in un canto
univoco, con più o meno particolari, un mito o una leggenda concernenti il dio, si
passò al ditirambo dialogato, in cui i coreuti e il corifeo, invece, assumevano
le parti da interlocutori: l'uno che interrogava, l'altro che rispondeva.
Dioniso, facendo appello più alle passioni che all'intelletto, alla gioia e
al terrore piuttosto che alla ragione, poteva essere rappresentato sia nella
tragedia che nella commedia.
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