IL TEATRO GRECO: LA VOCE
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Gli attori parlavano
il dialetto attico, che lasciava però spazio, durante lunghi racconti, a degli ionismi e nei contrasti serrati e veementi, a
sticomitie.
La voce, molto più importante del movimento e del gesto, doveva essere in
grado di raggiungere, senza gridare, tutto il teatro, sino alle file più
distanti dell'enorme auditorio. Probabilmente la maschera contribuiva ad
amplificarla.
La dizione doveva essere perfetta, con una particolare finezza di timbro e
con una grande capacità di adeguamento ai diversi stati d'animo dei
protagonisti: peraltro l'attore doveva essere in grado di cambiare voce con la
stessa facilità con cui cambiava la maschera, trasformandosi da giovane in
vecchio, da uomo in donna.
In particolare la voce doveva eccellere nell'interpretare gli elementi della
disputa e della narrazione, le due funzioni vocali principali della
rappresentazione.
Occorreva anche la conoscenza della musica e del canto, poiché spesso si
faceva sentire l'uso del flauto e occorreva alternarsi con il coro, la cui
importanza andò scemando solo verso l'inizio del IV secolo.
Lo strumento preferito nelle rappresentazioni dionisiache era l'aulos,
il conturbante oboe (antitetico alla riposante lira di Apollo).
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