LA GRECIA TRA ORIENTE E OCCIDENTE
Storia ed evoluzione della Grecia classica


STRUTTURA ECONOMICO-SOCIALE DEGLI STATI ELLENISTICI

IL MONDO EGEO E MEDITERRANEO: GRECIA E RODI

Introduzione - Le esigenze degli Stati ellenistici - Sviluppi imprenditoriali e commerciali del mondo greco ed ellenistico - Caratteri dell'ellenismo nelle regioni asiatiche - L'affermazione dell'economia occidentale in Asia, la nascita di un'economia "mista" - Introiti statali ed economia ellenistica - Conclusioni sintetiche - Gli Stati ellenistici occidentali - I nuovi centri di potere del Mediterraneo orientale: Rodi - La decadenza del mondo ellenistico. Roma. Bisanzio - La dominazione romana dell'Oriente - La rinascita dell'Oriente e il declino dell'Impero romano occidentale - Conclusioni sintetiche e bibliografia

E la Grecia?… Quali mutamenti subì il mondo più propriamente greco (cioè quello greco europeo, sia continentale sia insulare) in seguito alla nascita del mondo ellenistico, ovvero di realtà produttive e di mercato a esso concorrenti quali quelle dei vicini Regni ellenistici (Egitto, Macedonia, Siria, ecc.)?

Affronteremo qui avanti la situazione (sia economica, sia - di conseguenza - sociale e politica) che caratterizzò il mondo greco nei periodi successivi al quarto secolo.

La nostra analisi tuttavia, non sarebbe completa se non ci soffermassimo anche sugli sviluppi di realtà a esso vicine ed economicamente emergenti, quali le isole del Mediterraneo sud-orientale, e in particolare l'isola di Rodi (che - come vedremo - si distinse decisamente per il ruolo di netta centralità assolto nei traffici mediterranei orientali).

La Grecia continentale

Già a partire dal quarto secolo, decenni prima cioè delle imprese di Alessandro Magno e della nascita dello stesso mondo ellenistico, erano in atto nel mondo greco dei profondi mutamenti di carattere strutturale, sia culturali che economici e politici.

Tali cambiamenti erano dovuti a fattori (essenzialmente: la diminuita centralità delle regioni greche nell'economia egea; la sempre minore coesione tra le città-stato, e successivamente - conseguenza di ciò - la loro subordinazione a poteri esterni; l'affievolimento della tensione democratica, e più in generale della "vitalità" delle istituzioni cittadine) che nei periodi ellenistico e romano avrebbero conosciuto un ulteriore rafforzamento.

Per ciò che concerne la fine - o comunque il sostanziale declino - degli ideali politici classici, possiamo dire che essa fu in gran parte il prodotto della decadenza del mondo greco sia dal punto di vista economico (con la nascita - prima a livello egeo, e poi mediterraneo - di realtà produttive e di mercato alternative alla Grecia stessa, che ne minarono il predominio industriale e mercantile), sia dal punto di vista politico (con lo sviluppo di forti attriti tra le poleis, causati - o comunque fortemente favoriti - dal sorgere di grandi leghe militari, che ne logorarono le risorse sia umane che materiali).

Per ciò che concerne il declino politico, culminato con la perdita dell'indipendenza e con la sostanziale sottomissione del mondo greco a stati esterni, si può dire che esso fu il risultato della formazione di grandi leghe territoriali e militari (principalmente, quella peloponnesiaca e quella ateniese) il cui continuo stato di guerra reciproca finì per scardinare gli equilibri precedenti, spianando la strada prima alle mire espansive della Persia, e successivamente a quelle della Macedonia.

Per quanto riguarda infine il declino economico, esso fu dovuto in massima parte alla nascita di potenze industriali e commerciali indipendenti e alternative rispetto alla Grecia stessa, in un primo tempo di carattere solo coloniale, ma successivamente integralmente straniere.

Questi tre fattori - dei quali il secondo e il terzo furono molto probabilmente quelli più rilevanti, mentre il primo ne fu in gran parte conseguenza - si ritrovano amplificati anche nel periodo ellenistico. In quest'ultimo difatti, se da una parte si consolidò la perdita dell'indipendenza politica delle città-stato greche sia (e soprattutto) a favore della vicina Macedonia sia a favore dell'Egitto tolemaico, dall'altra la quantità delle merci esportate nelle regioni circostanti - nonché di rincalzo quelle che da queste si riversavano nelle città-stato greche - conobbe un ulteriore e considerevole assottigliamento.

In questo paragrafo ci occuperemo soprattutto degli aspetti economici della decadenza del mondo greco, ma rimane evidente come la perdita dell'indipendenza (più o meno esplicita, ma sempre di sostanza) a livello politico, fu per esso una causa non secondaria di indebolimento anche a livello commerciale e produttivo. Ciò perché, con la loro stessa presenza e in modi più o meno consapevoli, i vicini Regni ellenistici costituirono per la Grecia un notevole impedimento anche sul piano dello sviluppo economico.

Se ci volgiamo alla testimonianza di autori ateniesi del periodo classico quali Tucidide o Senofonte, entrambi peraltro già a cavallo tra quinto e quarto secolo, vediamo come in tali periodi Atene - e più in generale la Grecia, sia continentale che insulare - costituisse, nel quadro del Mediterraneo orientale, il principale centro delle attività di carattere mercantile.

Così, l'autore ignoto della "Costituzione degli ateniesi" (da taluni identificato con Crizia, leader della restaurazione oligarchica del 404) poteva dire: "Soltanto gli ateniesi sono in grado di raccogliere nelle proprie mani la ricchezza dei greci e dei barbari. Se uno stato è ricco di legno atto alla costruzione di vascelli, dove lo venderà se non s'intende col popolo de mare? E se una città è ricca di ferro, di rame, di lino, dove li venderà se non s'intende col padrone del mare? Ora, è proprio con questi profitti che io costruisco i miei vascelli. Da un paese prendo il legno, da un altro il rame, quello mi fornisce il lino, quell'altro la cera."

E Senofonte nei suoi Poroi ("Le entrate") scriveva che Atene "è il paese che offre ai commercianti più piaceri e più profitti. […] in cui essi possono portare via, in cambio di ciò che hanno portato, la maggior parte delle merci di cui gli uomini hanno bisogno."

Da tali testimonianze emerge dunque l'immagine di una Grecia costituente il fulcro stesso dei traffici mediterranei ed egei, e ciò in ragione sia di infrastrutture ottimali (cioè soprattutto dei porti: "i ripari più comodi e sicuri, dove le navi possono attraccare senza timore del brutto tempo" - Senofonte) che di standard produttivi all'avanguardia, conseguenza di tecniche - come si è più volte detto - che per il tempo fanno di tale regione un centro ad alto sviluppo tecnologico.

La Grecia del periodo classico, in altri termini, attrae grandi quantità di materie prime dai paesi circostanti, scambiandole con i propri manufatti e con le proprie produzioni agricole di carattere intensivo (ad esempio e soprattutto, quella delle olive). E proprio in ciò risiede la ragione sostanziale del suo arricchimento: nella grande capacità di attrazione delle merci estere detenuta dalla sua economia, in ragione del suo superiore avanzamento sul piano produttivo.

E tuttavia, una simile stagione era presto destinata a terminare: attraverso i contatti culturali e materiali con i popoli vicini infatti, i Greci instillarono in essi i semi della loro sapienza e del loro sviluppo tecnico, preparando così la fine stessa della loro egemonia commerciale e industriale.

Scrivono molto bene, a tale proposito, Clought e Rapp: "La Grecia, come altre società giunte a posizioni di primato economico e culturale, generò al suo interno forze distruttive. Le sue superiori tecniche agricole e industriali si diffusero, con il commercio e con la colonizzazione, in altre regioni, particolarmente nell'Egeo e nel Mediterraneo orientale, in Sicilia, nell'Italia meridionale (Magna Grecia) e nella zone del Mar Nero. Un bel momento, queste regioni presero a produrre per sé e per i mercati greci all'estero le merci prima fornire dalla Grecia. La Grecia vide diminuire la produzione, si trovò in difficoltà per ottenere sufficienti rifornimenti alimentari da fuori, e insieme alla disoccupazione e alla caduta dei salari reali si svilupparono in essa rigidità di cui la schiavitù fu un esempio eminente."

Proprio in un tale meccanismo di decentramento economico, ovvero in ultima analisi nella fine del predominio tecnologico e produttivo della Grecia continentale rispetto (e non solo…) al circostante mondo egeo, si pongono le ragioni fondamentali dell'impoverimento di essa nel periodo ellenistico-romano, segnato dall'insorgere di nuove e concorrenti realtà capitalistiche - prima cioè gli stati ellenistici, e successivamente la potenza romana.

A tale proposito, scrivono sempre Clought e Rapp: "Nella seconda metà del IV secolo a.C. il primato economico e il centro della civiltà si spostarono dalla Grecia propriamente detta alle città ellenizzate dell'Egeo e del Mediterraneo orientali. Qui si conoscevano bene i trattati greci sull'agricoltura e si imitavano le loro pratiche; e si producevano tali quantità d'olio d'oliva, uno dei principali prodotti di esportazione della Grecia, da conquistare gli stessi mercati greci. […] La conservazione del pesce, prima praticata dai greci, fu adottata da altri, e articoli di lusso prima forniti dalla Grecia cominciarono a venire principalmente dall'oriente ellenistico."

Ciò che accadde a partire dal periodo ellenistico fu, dunque, che paesi come l'Egitto o come alcune regioni dell'Asia minore (le cui superiori potenzialità produttive, una volta adottate le tecniche e gli standard produttivi ellenici, erano un fatto del tutto inevitabile) riuscirono a creare merci in quantità superiore e a prezzi decisamente inferiori rispetto agli stati greci.

La concorrenza commerciale di tali regioni determinò col tempo, per l'industria e il commercio ellenici, un declino ancora superiore rispetto a quello determinato nei decenni precedenti dalla nascita e dallo sviluppo di staterelli ex-coloniali indipendenti. Ora la Grecia si trovava a dover fronteggiare la concorrenza di stati che - sia per le proprie grandi dimensioni, e quindi per l'enorme disponibilità in loco tanto di materie prime quanto di manodopera, sia per la già analizzata struttura verticista e dirigista - portavano in se stessi potenzialità economiche infinitamente superiori rispetto a quelle delle piccole città-stato greche, ancora peraltro vanamente alla ricerca di un'unità politica, che - come in passato - si concretava nella creazione di grandi leghe militari (in età ellenistica, quella etolica e quella achea) attraverso le quali cercavano inoltre di contrastare l'espansionismo straniero.

Conseguenza essenziale di una tale concorrenza, fu ovviamente una sempre minore quantità di merci vendute - e quindi prodotte - dalle regioni greche, e con ciò il declino (per effetto della selezione commerciale) di buona parte delle classi imprenditoriali greche: un fattore questo, al quale si accompagnò inevitabilmente una profonda crisi di quei ceti medi (piccoli artigiani, piccoli imprenditori agricoli, piccole imprese commerciali e industriali…) che nel periodo classico avevano invece costituito il nerbo della società e dell'economia.

Come potevano difatti, i piccoli imprenditori sopravvivere di fronte alla concorrenza di stati in grado di produrre un maggior numero di merci in minor tempo e a costi molto più contenuti? Inevitabilmente, solo le imprese più ricche e grandi riuscivano - e a fatica - a tenere il passo coi tempi, mentre contemporaneamente la piccola proprietà agricola vedeva, se non proprio scomparire, quantomeno diminuire una parte consistente dei suoi profitti: quella dovuta cioè alla vendita delle proprie eccedenze sui mercati.

A rendere ancora più difficile la situazione, vi era poi la crescita costante dei prezzi, dovuta all'impoverimento dell'economia greca, e quindi ad una sempre minore capacità d'attrazione delle merci straniere. E tutto ciò, mentre l'accresciuto costo delle materie prime provenienti dagli stati vicini rendeva sempre più difficile la creazione di merci in quantità industriale, con conseguenze negative sia sui mercati esterni che su quelli interni.

Ma l'impoverimento delle classi medie, sia agrarie sia cittadine, non significò affatto la fine dei traffici e delle attività mercantili. Al contrario, queste ultime continuarono a rivestire una parte di primo piano nei bilanci degli stati greci, seppure - come si è visto - dopo il pesante ridimensionamento quantitativo dovuto alla concorrenza straniera, e quindi a una loro sempre minor accessibilità alla fasce non ricche della popolazione.

In età ellenistica dunque, si fece ulteriormente strada quel processo di affermazione - sia economica, che sociale e politica - di una "grande borghesia" industriale e fondiaria, già iniziato nel quarto secolo. Se da una parte infatti la piccola imprenditoria cittadina tendeva a contrarsi e a scomparire, dall'altra la piccola proprietà agricola (i cui prodotti trovavano sempre minor smercio sui mercati, e cui l'accresciuto costo della vita rendeva sempre più difficoltosa la sopravvivenza) tendeva a indebitarsi e a essere poi inglobata nelle grandi proprietà dei ricchi borghesi e dei rentier.

Nel complesso, possiamo dunque dire che anche in Grecia - seppure per ragioni differenti che nelle altre regioni ellenistiche - si sviluppò a partire dal quarto secolo un divario sempre più profondo tra una ristretta classe ricca o "borghese" (proprietaria cioè dei principali mezzi di produzione) e una plebe affamata e semi-servile, il cui unico sbocco economico autonomo era spesso l'arruolamento nelle milizie mercenarie degli eserciti stranieri. Il tutto però, nel quadro di istituzioni cittadine tipicamente greche - nonché sempre più spesso "democratiche" - molto differenti da quelle stataliste e autocratiche dei grandi Regni orientali.


a cura di Adriano Torricelli

Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Antica
 - Stampa pagina
Aggiornamento: 01/05/2015