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Dopo la liberazione dei compagni, Ulisse avrebbe anche potuto rifiutare
l'ospitalità e la sostanza del racconto sarebbe rimasta inalterata. Egli non aveva un debito di riconoscenza nei confronti di Circe, benché qui
l'accettazione dell'ospitalità, e per così tanti mesi, lasci supporre ch'egli
provasse nei suoi confronti una certa attrazione.
Circe era riuscita a "persuadere il cuore superbo"(406) di Ulisse, a
raddolcire, coi suoi modi gentili, il suo "animo altero", fiero d'aver ottenuto
tutto quanto s'era promesso. Una qualche trasformazione morale era avvenuta
anche in lui.
Ed Euriloco, che qui rappresenta la coscienza intransigente, schematica, lo
mette sull'avviso, ma inutilmente: Ulisse aveva già deciso di restare ospite di
Circe.
Il diverbio tra Euriloco e Ulisse è particolarmente significativo, poiché
forse per la prima volta qualcuno dell'equipaggio ha il coraggio di dire quello
che pensa dell'"impavido Ulisse"(436), il temerario irresponsabile che aveva
portato a morte alcuni compagni nell'antro di Polifemo. Praticamente Euriloco,
qui suo rivale, stava minacciando un ammutinamento.
Tuttavia Omero - ovviamente per non smentire la tesi che il suo eroe è
intoccabile, in quanto al di sopra di ogni critica - dirà che sarà proprio
Euriloco a dare ai suoi compagni il consiglio più funesto di tutta la
spedizione: quello di uccidere le vacche sacre (XII, 340 ss.), che in pratica
vorrà dire violare delle tradizioni religiose consolidate usando lo strumento
della forza. Un consiglio che porterà tutti inesorabilmente a morire.
Qui intanto il permaloso Ulisse, che non tollera osservazioni sul proprio
operato (specie se fatte in pubblico), sarebbe pronto a far fuori il suo stretto
parente se le "dolci parole"(442) dei compagni non lo facessero desistere
e
accettare l'idea che Euriloco resti a guardia della nave.
Ma Euriloco, che ben conosceva lo spirito vendicativo di Ulisse, la sua
"terribile furia"(448), alla fine cede e prende a seguirli.
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