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Circe dispone di quattro ancelle che qui, invece di apparire come "schiave",
vengono definite come "ninfe", in quanto nate da "boschi, fonti, fiumi". Le loro
funzioni sono tipiche della servitù domestica. Non sono a disposizione come frutto di un bottino di guerra,
e Omero, per il quale una qualunque forma di servizio domestico è
necessariamente legata all'istituto della schiavitù, preferisce rendere
misteriosa la provenienza di queste ancelle, piuttosto che ammettere una società
diversa da quella in cui lui era vissuto.
A parte questo, ciò che qui non si riesce a comprendere è se il rito del
bagno purificatore e il pranzo precedano l'atto sessuale o lo seguano,
considerato che al v. 347 Ulisse ricorda d'essere salito "sul bellissimo letto
di Circe" appena questa fece la solenne promessa di non macchinare contro di
lui.
La domanda è legittima, perché nel primo caso Ulisse apparirebbe più vicino
all'uomo comune, con le sue debolezze, mentre nel secondo caso, visto che il
bagno prosegue col rifiuto del pranzo, Ulisse apparirebbe come un uomo
integerrimo, preoccupato anzitutto del dovere di liberare i compagni dalla
schiavitù.
Ha dei risvolti quasi comico-erotici tale questione, in quanto, ad un certo
punto viene detto che il bagno ristoratore tolse all'eroe "la snervante
fatica"(363), che pare sia quella di un amplesso con una donna da troppo tempo
digiuna.
L'erotismo sta nel fatto che non sembrano essere le quattro ancelle a lavare
Ulisse, ma la stessa Circe, almeno stando a quanto si deduce dal v. 361: "mi
fece sedere nella vasca e me la [l'acqua] versò dal gran tripode... m'ebbe
lavato e unto con olio copiosamente, mi gettò un bel manto e una tunica indosso,
mi guidò e fece sedere su un trono..."(361-6).
E' solo a questo punto che Ulisse di nuovo parla esplicitamente di
un'ancella (368) che "gli versa dell'acqua da una brocca... perché mi lavassi" -
come se un uomo appena uscito dalla vasca avesse bisogno di lavarsi le mani per
sedersi a tavola...
Questo rimescolio ambiguo di atti e funzioni, su cui si insiste compiaciuti,
con particolari osé, è strumentale all'ideazione di un'atmosfera magica, per la
quale l'ascoltatore o il lettore di questi versi doveva sicuramente provare
piacere. Un costrutto ammiccante del genere sarebbe stato impensabile in un
testo cristianamente ispirato.
Forse si può presumere che i versetti relativi all'ancella che gli versa
l'acqua invitandolo a lavarsi siano stati aggiunti proprio per attenuare il
livello piccante di una descrizione in cui la protagonista è la stessa Circe.
Questi versi infatti sono contraddittori a quello (364) in cui viene detto
che l'eroe fu "lavato e unto con olio copiosamente", avverbio, quest'ultimo, che
lascia immaginare più di quanto dica.
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