IL DIRITTO ALLA CULTURA: FAIR USE NO COPYRIGHT

IL DIRITTO ALLA CULTURA
FAIR USE NO COPYRIGHT


LA FIGLIA DI SEVERINI 1-2-3-4-5-6-7-8-9

LA FIGLIA DI SEVERINI HA DAVVERO A CUORE GLI INTERESSI PATRIMONIALI DEL PADRE?

Romana Severini, figlia del pittore Gino Severini, ha scritto una lettera alla Siae con la quale intende chiarire cosa rappresenta la divulgazione di opere dei grandi autori anche per gli eredi. “Non si vede perché i gestori di siti web di divulgazione artistico-culturale, magari come quello citato del benemerito professore cesenate Enrico Galavotti, non debbano pagare il tanto vituperato (anche se ridotto) dazio Siae, corrisposto, invece, dagli editori di pubblicazioni indirizzate all’insegnamento della storia dell’arte o della letteratura e destinate anch’esse alla divulgazione”.

Così è scritto nel sito della Siae a questo link www.siae.it/edicola.asp?view=4&open_menu=yes&id_news=5270, ove in basso la dicitura riporta la scritta “Tutti i diritti riservati”, per cui aspettiamoci una denuncia anche per questa “citazione” non richiesta.

Il motivo per cui non ha senso pagare questi diritti è molto semplice: il sottoscritto non è un “editore”, anche se la Siae lo considera tale, cioè homolaicus non fa business, non utilizza le immagini per fare commercio elettronico, lucro, profitto o quant’altro. Chi sostiene il contrario sta prendendo una cantonata solenne.

Tutto quanto appare di “commerciale” in questo sito, dal circuito banner agli ad-sense di Google, o è a titolo gratuito o non costituisce minimamente fonte di lucro, e in ogni caso in nessuna maniera la visione degli ipertesti è vincolata alla fruizione di qualsivoglia forma di pubblicità.

Il proprietario e gestore del sito homolaicus non è iscritto al registro delle imprese, non ha partita iva, non emette fatture, non ha contatti diretti con alcun inserzionista, non ha mai accettato forme di pubblicità incompatibili coi contenuti del proprio sito, che è generalista e non dedicato soltanto all’arte, e tutto il suo sito è sottoposto a una licenza “Creative Commons”.

Se Romana Severini si fosse soltanto degnata di chiedere al sottoscritto in che modo suo padre è stato trattato, si sarebbe accorta che non c’era niente di blasfemo o di falso: una foto ritrae il volto di suo padre in una jpeg in b/n di 5k 113x126 px, l’altra è relativa al dipinto “Danza dell’orso al Moulin Rouge” di 50 k 353x488 px (entrambe prese dalla rete).

Per queste due immagini, che sono del gennaio 2005, la Siae mi ha chiesto 106 euro. Guardando le loro tabelle ufficiali, quelle presenti nel loro sito, avrei dovuto spendere 40 euro, visto che il sito è amatoriale, intestato a persona fisica e senza scopo di lucro. Dunque gli altri 66 a chi sarebbero andati?

“Io sono figlia di un pittore – ribadisce Romana Severini - e parlo in questa veste per ricordare che il nome di un artista, di norma, se diventa grande lo diventa dopo la sua morte e, spesso, legato a un periodo della sua produzione artistica. Produzione che, col tempo, può raggiungere valutazioni anche altissime. Ma il frutto di quelle opere, all’epoca, all’artista serviva appena per vivere e per portare avanti ricerca e lavoro. Non certo, di solito, per conservarle per i propri discendenti. Siamo, quindi, eredi soprattutto morali e quel poco di “materiale” che ci arriva tramite il controllo della Siae serve per proseguire la nostra attività, anch’essa indirizzata alla divulgazione”.

È vero, spesso un artista diventa grande dopo morto, ma è anche vero che non lo diventa certo grazie alla Siae, che se persiste in questo atteggiamento ostruzionistico nei confronti della cultura libera, gratuita e pubblica, finirà col trasformare l’artista in un illustre sconosciuto.

È da sciocchi infatti non rendersi conto che un ipertesto di 50 mega dedicato al futurismo, ora scomparso dal web mondiale, ha danneggiato tutti i futuristi italiani, compreso Severini, e li ha danneggiati non solo come visibilità ma anche dal punto di vista patrimoniale.


A me hanno contestato il mancato pagamento di immagini relative a dipinti di Picasso, Kandinsky, Klee, Matisse, Braque, Severini, Marinetti ecc.

Dieci artisti morti da un pezzo, i cui eredi, non meno della Siae, ambiscono, a quanto pare, a campare di rendita sfruttando determinate royalties per 70 anni. Che poi sia la Siae e non gli eredi a essere maggiormente interessata a far quattrini, è cosa nota. Lo ha detto espressamente, di recente, lo stesso presidente Assumma in un’intervista rilasciata a La Stampa: www.lastampa.it

Se qui diamo per scontato che una qualunque immagine digitale non è assolutamente in grado di riprodurre alcun dipinto, che è unico e irripetibile (altrimenti avrei dovuto essere considerato alla stregua di un falsario o di un plagiatore), chi davvero viene danneggiato da un utilizzo di immagini del genere?

Peraltro, essendo state messe in ipertesti culturali di livello medio-alto, totalmente privi di fini di lucro, proprio l’utilizzo che ne ho fatto ha contribuito in qualche modo a incrementare (diciamo indirettamente) il valore di quei dipinti e quindi i diritti patrimoniali (le rendite dinastiche) dei loro eredi.

Dunque chi può considerarsi in qualche maniera danneggiato? Mi è stato detto che possono esserlo i musei, le gallerie d’arte, le fondazioni, gli editori che producono cataloghi, locandine, poster…

Ma davvero costoro sarebbero stati danneggiati da un formato così povero di contenuto digitale come il jpeg? Quale editore lo utilizzerebbe mai per farci un catalogo o un poster o una locandina a pagamento? Anche se avessi avuto un sito profit, un’accusa del genere, sul piano tecnico, non avrebbe potuto trovare solide fondamenta.

La copia di un dipinto è soltanto un altro dipinto: io ho utilizzato copie di jpeg pescate in rete (al massimo copie di fotografie scansionate da testi scolastici), e quest’ultime non possono certo essere considerate “copie” di dipinti. Se avessi utilizzato la copia di una fotografia artistica, sarebbe stato diverso.

E di quei dipinti ho sempre citato le fonti, non avendo motivo per non farlo, né ho mai modificato alcunché (in taluni casi ho soltanto aggiunto linee cerchi quadrati per meglio interpretarli, in quanto, essendo docente, faccio didattica).

Né ho mai messo alcun dipinto accanto a contenuto indegni (chi mi accusasse di questo ne risponderebbe personalmente). Né mai ho vincolato la loro fruizione integrale ad alcuna azione di tipo commerciale.

Far pagare i diritti a me quando i tribunali assolvono gli imprenditori che usano software piratati dentro le loro aziende (www.zeusnews.it) o gli studenti che scaricano in privato musica e film, mi pare quanto meno un controsenso.


NO PROFIT VS COPYRIGHT
servizio di Carlo Carione

www.rai.it/TGRrubriche/pub/tgrArticolo/1,8268,,00.html?

Migliaia di firme per chiedere di modificare le normative sul diritto d'autore.
A raccoglierle, attraverso un'iniziativa lanciata sul proprio sito Internet, è l'Associazione nazionale insegnanti tutor e-learning.

Il via alle sottoscrizioni è stato dato dopo la multa di 5.000 euro inflitta dalla Siae al titolare di un piccolo sito dedicato all'arte e alla cultura (homolaicus.com) che presentava nelle sue pagine una settantina di fotografie in rappresentanza di altrettante opere di artisti viventi o scomparsi da meno di 70 anni.

Per la Siae (siae.it) tutto questo ha evidentemente violato la legge n. 633 sul diritto d'autore, quella datata 22 aprile 1941 con successivo adeguamento del 22 maggio 2004. Ma per l'Anitel questa legge va rivista al più presto perché non individua nessuna differenza tra l'uso didattico-formativo e quello commerciale delle opere protette.

Non solo. A rischiare sanzioni, secondo i vertici dell'associazione, attualmente sarebbero siti scolastici o blog che utilizzano per puro scopo didattico immagini protette e citazioni d'autore, mentre particolarmente costose o addirittura insostenibili diventerebbero le rappresentazioni teatrali e i saggi di fine anno caratterizzati da sottofondi musicali alla presenza di pubblico o la realizzazione di cd rom didattici e la creazione di ipertesti.

Ecco perché, con la petizione lanciata il 28 gennaio scorso, l'Anitel chiede che tutte le attività non profit condotte a scopo educativo, formativo e didattico siano esentate formalmente dal versamento del diritto d'autore e che gli insegnanti vengano equiparati alla categorie che possono beneficiare gratuitamente di opere artistiche nel contesto professionale, senza fini di lucro.

Analoga richiesta l'Anitel la formula per i produttori di cultura off/on line a livello gratuito e per coloro che operano nello spirito del "cooperative learning", come le associazioni e le community non profit.


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Diritto
 - Stampa pagina
Aggiornamento: 22/04/2015