IL DIRITTO ALLA CULTURA: FAIR USE NO COPYRIGHT

IL DIRITTO ALLA CULTURA
FAIR USE NO COPYRIGHT


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21-02-2007 A proposito del ruolo della Siae
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Diritto d'autore, didattica e web

E’ in atto una campagna di disinformazione, priva di fondamento, relativa al diritto d’autore all’interno della quale la Siae assumerebbe un ruolo punitivo nei confronti della didattica.

Ciò è assolutamente falso. La legge italiana sul diritto d’autore, più volte rinnovata e comprendente anche i dettati delle direttive europee, prevede libere utilizzazioni in casi di specifico utilizzo accuratamente didattico definito e ben limitato, sulla falsariga di quanto avviene in Europa. Non bisogna dimenticare che la Società Italiana degli Autori e degli Editori opera su preciso mandato dei suoi associati, autori ed editori per tutelare economicamente le loro opere.

E a questo preciso impegno, la Siae non può venir meno. Di Siae e società omologhe gli autori (più o meno famosi) o i loro eredi ci vivono. Anzi sicuramente in molti casi, i diritti derivati dallo sfruttamento delle opere sono appena sufficienti per molti eredi, a tenere “didatticamente” e non solo, in vita la memoria d’un artista. Si pensi alle spese di manutenzione , aggiornamento e uso degli archivi; alla fornitura di materiale per le tesi di laurea; alla necessità di tutelare anche legalmente le opere autentiche dai falsi.

Il diritto d'autore è, in sostanza, un diritto del lavoro, non un balzello. E’ il salario di chi compone una canzone, scrive un romanzo, crea un film… Nessuno si sognerebbe di ridurre gli stipendi dei professori per aiutare, ad esempio la didattica. Perché la rete non dovrebbe rispettare i diritti d’autore, mentre gli editori, anche quelli scolastici, che pubblicano libri con immagini tutelate, corrispondono regolarmente questi stessi diritti agli autori e a chi li rappresenta (in Italia la Siae)?

Questi ultimi possono anche richiedere di verificare l’utilizzo che può dar luogo a manipolazioni o ad accostamenti impropri. Un quadro per esempio può subire trasformazioni che lo alterano, può venire modificato, o ridotto in un puzzle o essere accostato a pubblicità o a pubblicazioni che l’autore rifiuta (per es.un quadro di Guttuso utilizzato come copertina di Mein Kampf di Hitler).

In riferimento alle immagini utilizzate recentemente da un sito, autodefinitosi didattico, la Siae non ha denunciato nessuno, ma ha agito doverosamente secondo il suo mandato per far rispettare il diritto d’autore. Chiunque immette in rete opere tutelate dovrebbe, sapere che vanno corrisposti diritti. Inoltre bisogna specificare la differenza fra un sito didattico e un sito culturale.

Non basta che sia un professore a gestire un sito. Didattico è un servizio limitato alla cerchia degli studenti, delle famiglie e dei professori con un’attività ben precisa e scandita. Per esempio i siti universitari e scolastici che fanno didattica offrono filtri come lo username per utilizzare materiale specifico ecc…

Diverso il caso del servizio culturale invece aperto a tutti che offre riviste, libri, pubblicazioni e siti. E’ chiaro che in questo caso venga corrisposto, sia pure in forma minima, il diritto d’autore. Un sito che si definisce didattico, da tutti usufruibile, può contenere indicazioni del tipo “Gli alberghi della Riviera Romagnola”, “Come perdere 3 chili in 3 giorni” o “Incontriamoci”? Si tratta di pubblicità che è presumibilmente fonte di guadagno e che ha un valore economico.

La Siae verifica se lo scopo di lucro, anche indiretto, nello sfruttamento di opere altrui non esista davvero. Un esempio, in altri campi, è il concerto gratuito, pagato dallo sponsor che paga i tecnici, gli strumentisti, il personale ecc. Il principio fondamentale è che quando si utilizza il lavoro di un altro, qualsiasi sia lo scopo, questo lavoro va onorato e rispettato. Per le riproduzioni a stampa, per l’ utilizzo in radio, televisione, dal vivo e anche su internet.

Come detto, la legge italiana sul diritto d’autore, redatta nel 1941, continuamente aggiornata a seguito di Direttive Comunitarie che hanno armonizzato fra loro le legislazioni europee, prevede eccezioni al pagamento del diritto d'autore, giustamente delimitate con pagamenti ridotti (come nel caso della didattica ben definita e riconoscibile) e, infine, l’utilizzo di parti un’opera; non, logicamente, la sua riproduzione integrale.

Questo genere di utilizzazioni però presuppone una ristretta cerchia di utenti, come appunto i siti intranet delle scuole. Altrimenti, per es. da un sito web “didattico” dedicato alla storia della musica, aperto all’ intero mondo, si potrebbe scaricare l’ intera discografia mondiale e da quello dedicato alla storia del cinema, tutti i film in circolazione. Con buona pace degli autori e di tutti coloro che lavorano nel campo della creazione dei contenuti.


22-02-2007 Adagp in sostegno della Siae
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Francia, siti culturali rispettano i diritti

Christiane Ramonbordes, direttore generale dell’Adagp (la società francese di gestione collettiva dei diritti d’autore nelle arti visive, pittura, scultura, fotografia, multimedia) ha inviato una lettera alla Siae, manifestando disappunto e preoccupazione per gli attacchi apparsi sulla stampa italiana contro la Siae.

La questione riguarda il diritto d’autore richiesto doverosamente dalla stessa Siae per l’utilizzazione di opere di propri associati sui siti culturali on line. “Le tariffe applicate tengono conto della specificità di ogni sito e non possono in alcun caso essere considerate abusive. – Si legge nella nota dell’Adagp - In ogni altro Paese le regole sono rispettate dagli utilizzatori.

In Francia abbiamo recentemente concluso degli accordi con il Ministero dell’Istruzione per la diffusione delle opere nei siti di impostazione scolastica. Queste utilizzazioni spesso si sostituiscono alle pubblicazioni scolastiche e non si capisce perché gli autori o i loro aventi diritto non dovrebbero essere remunerati per le nuove forme di sfruttamento delle loro opere.

La teoria della cultura gratuita è un’illusione,- conclude la lettera della Ramonbordes - i giornali, che pubblicano i loro articoli, li distribuiscono forse gratuitamente? I professori che insegnano, utilizzando le opere dei nostri associati, non sono forse retribuiti, gli editori non vendono le opere? Perché solo gli autori dovrebbero essere i soli a non ricevere un corrispettivo per il loro lavoro? Noi sosteniamo la Siae in questa battaglia”.


LA CULTURA GRATUITA È DAVVERO FINITA?

Qui la Siae si deve decidere: o dimostra che gli artisti e/o gli eredi sono stati danneggiati materialmente dalla presenza di ipertesti culturali sulle loro opere, oppure dica chiaramente che colpisce Homolaicus perché lo ritiene un sito commerciale, avendo esso un circuito banner.

Nel primo caso però chiunque è in grado di rendersi conto che tali ipertesti, forniti gratuitamente e realizzati a un livello medio-alto di criticità, rappresentano in realtà un incremento indiretto dei patrimoni degli artisti e/o dei loro eredi.

Nel secondo caso l’uff. Arti Figurative vada a modificare la dicitura delle proprie tabelle, in quanto in quella n. 7.1 (relativa ai gestori a titolo individuale di siti culturali-amatoriali, intestati a persona fisica) si dà per scontato che i siti non siano commerciali, come non possono esserlo quelli gestiti da musei, scuole, università, biblioteche ecc. della tabella successiva, in cui si fa ricadere l’attività del sito Homolaicus, perché – udite udite – invece di utilizzare 50 immagini protette ne ha usate 74, nella sua “attività di insegnamento”, come viene detto sempre nella tab. 7.2.

In sostanza mentre sul piano legale Homolaicus è intestato a “persona fisica”, detta intestazione, proprio per l’uso di 24 immagini oltre il massimo consentito, lo trasforma, come per un gioco di prestigio, in un qualcosa di “giuridico” e di “professionale”.

Ma quali sono gli aspetti “commerciali” del sito homolaicus.com e per il quale si sarebbero dovute pagare tariffe di ben altre tabelle?

Eccoli: il sito possiede un circuito banner a titolo completamente gratuito; il proprietario del sito non è iscritto al registro delle imprese, non possiede partita iva, non emette fatture agli inserzionisti, non ha contatti diretti con alcun inserzionista che lo paghi solo per il fatto d'essere presente nel suo sito, non ha mai accettato forme di pubblicità incompatibili coi contenuti del proprio sito (che è di tipo generalista), non ha mai posto, nei propri ipertesti, pubblicità offensive o denigratorie della dignità morale di alcun artista, non ha mai vincolato la visione integrale e il download totale dei suoi ipertesti ad alcuna iniziativa commerciale, non ha mai fatto ecommerce né business to business (non esiste alcun carrello né area riservata), e tutto il sito è sottoposto, come ben si vede dalla home page, a una licenza Creative Commons.

Ora se la Siae vuole sostenere che gli ad-sense di Google lo qualificano senza ombra di dubbio come un sito “commerciale”, lo dica esplicitamente, così l’intero web didattico e culturale che utilizza gli stessi banner saprà che se utilizza materiale protetto, rischia di dover chiudere.

Ci dica inoltre la Siae, perché non lo sa nessun docente in rete, quale sia, secondo il suo insindacabile giudizio (e speriamo sia anche quello del nostro Ministero, perché fino ad oggi non ce l’ha mai comunicato ufficialmente) lo “specifico utilizzo accuratamente didattico definito e ben limitato” delle opere degli artisti da essa protetti.

I docenti infatti non possono credere in alcun modo che siano preposti alla “didattica” solo “i siti universitari e scolastici che offrono filtri come lo username per utilizzare materiale specifico ecc.”.

C’è da star male a leggere cose del genere: chi è la Siae che si permette il lusso di dire a un docente come deve fare didattica in rete? Quando mai la didattica si fa soltanto in un’area riservata, per “una ristretta cerchia di utenti”? Chi autorizza la Siae a dire che un sito “culturale” non ha nulla di “didattico”?

Queste affermazioni sono un attacco inaudito alla libertà di insegnamento e di cultura, e il Ministro Fioroni non può non intervenire a tutela del mondo dei docenti.

La Siae la smetta inoltre di continuare ad arrampicarsi sugli specchi appellandosi a una quanto mai aleatoria e improbabile “falsariga di quanto avviene in Europa”. Le raccomandate non le ha spedite appellandosi a leggi europee ma alla legge italiana n. 633/1941 e al D.L.vo n. 68/2003.

Se per giustificare il proprio inedito atteggiamento essa ha piacere di citare quanto stanno facendo in Francia, che ha recentemente concluso degli accordi con il Ministero dell’Istruzione per la diffusione delle opere nei siti di impostazione scolastica, bene, anche noi docenti abbiamo piacere di sapere dal nostro Ministero quando dove e come ha stipulato con la Siae italiana un accordo del genere. Si può consultare da qualche parte questa intesa o dobbiamo anche in questo caso, come quando si deve andare a cercare il file pdf degli autori protetti dalla Siae, fare i salti mortali per poterlo leggere?

Se poi i segnali che ci giungono dall’Europa Unita sono soltanto di questo tipo: “La teoria della cultura gratuita è un’illusione… I professori che insegnano, utilizzando le opere dei nostri associati, non sono forse retribuiti?” – come dice Christiane Ramonbordes, direttore generale della Siae francese (che non spiega “da chi” siano “retribuiti”) - la battaglia da fare qui non è solo contro la Siae nazionale ma anche contro la gestione del diritto d’autore in tutta Europa.

In ogni caso la Siae la smetta di fare affermazioni offensive per la dignità dei docenti. Dire che “Nessuno si sognerebbe di ridurre gli stipendi dei professori per aiutare, ad esempio la didattica”, è particolarmente denigratorio per una categoria che proprio in virtù della propria didattica e della propria cultura, offerte assolutamente a titolo gratuito sin dalla nascita del web, ha dato lustro alla nostra rete nazionale in tutto il mondo. Non è stata certo la Siae a promuovere la cultura digitale in rete.

La smetta di paragonare i docenti a degli editori (il Ministero non ce l’ha mai detto che siamo editori come quelli della carta stampata). È semplicemente vergognoso fare affermazioni del genere: “Perché la rete non dovrebbe rispettare i diritti d’autore, mentre gli editori, anche quelli scolastici, che pubblicano libri con immagini tutelate, corrispondono regolarmente questi stessi diritti agli autori e a chi li rappresenta (in Italia la Siae)?”.

Gli editori scolastici “vendono” libri scolastici; la stragrande maggioranza dei docenti non vende nulla in rete. Al massimo vende corsi di formazione.

E a questo proposito ci si può spiegare, di grazia, il motivo per cui chi “vende” corsi di formazione in un’area riservata, utilizzando immagini protette, non è tenuto a pagare i diritti d’autore, mentre chi mette in chiaro gratuitamente la propria cultura deve pagarli?

La Siae avrebbe fatto meglio a dire chiaramente che l’unico motivo per cui un docente dovrebbe essere colpito è esclusivamente questo fatto: “Un quadro può subire trasformazioni che lo alterano, può venire modificato, o ridotto in un puzzle o essere accostato a pubblicità o a pubblicazioni che l’autore rifiuta”.

E allora quando manda le raccomandate scriva soltanto questo, dimostrando concretamente che c’è stata una violazione “morale” dell’opera e non una lesione dei diritti patrimoniali dell’artista e/o dei suoi eredi.

Questo perché non ha senso l’assunto astratto secondo cui “Chiunque immette in rete opere tutelate dovrebbe sapere che vanno corrisposti diritti”. Se questo è vero, migliaia di docenti dovranno chiudere i loro siti, perché da un decennio si sono comportati diversamente: lo dimostra il fatto che la Siae ha iniziato soltanto adesso a colpirli.

Ma anche nell’ipotetico caso in cui vi fosse stata negli ipertesti di Homolaicus una lesione “morale” dell’opera di qualche artista, io chiedo che non sia la Siae a giudicare di questo, ma una commissione di esperti critici d’arte, in quanto ciò dovrebbe essere considerato riprovevole non solo per gli artisti ch’essa tutela, ma per qualunque artista di ogni tempo e luogo.

Può un paese artistico come il nostro autorizzare la Siae a mettere alla gogna un artista come Dalì che dipinse la Gioconda coi baffi?

La Siae si metta poi d’accordo coi propri avvocati, poiché quando ritiene possibile “l’utilizzo di parti di un’opera, non, logicamente, la sua riproduzione integrale”, viene smentita dai firmatari delle sue stesse raccomandate, che invece prevedono il pagamento dei diritti anche nel caso di “porzioni di immagini”.

Perché anche qui delle due l'una: o si concede a un sito culturale di poter riprodurre gratuitamente parte di un'opera allo scopo di commentarla (per quanto nel caso di un dipinto lo sa giusto la Siae come si possa fare), oppure si dica chiaro e tondo che qualunque uso di un'opera integrale, nella fattispecie un'immagine jpeg, rende commerciale anche un sito che non lo è.

E a proposito del formato jpeg, la Siae dica chiaramente, perché i gestori di siti culturali hanno diritto a saperlo, che un'immagine del genere costituisce "copia fedele di un dipinto", così non avremo dubbi nell'essere considerati dei "falsari".


LA SIAE E I BALZELLI MEDIEVALI

Per giustificare il pagamento di “tributi”, perché in fondo è di questo che si tratta quando in questione non vi è un sito commerciale ma solo culturale, ecco cosa dice la Siae, con la ferrea logica che la contraddistingue: “da un sito web “didattico” dedicato alla storia della musica, aperto all’intero mondo, si potrebbe scaricare l’intera discografia mondiale e da quello dedicato alla storia del cinema, tutti i film in circolazione. Con buona pace degli autori e di tutti coloro che lavorano nel campo della creazione dei contenuti”. (www.siae.it/edicola.asp?click_level=0500.0100.0200&view=4&open_menu=yes&id_news=5245)

È davvero carino sostenere che un docente, sotto il pretesto della didattica, potrebbe mettere a disposizione di chicchessia un patrimonio musicale o filmico protetto dal diritto d’autore. Come se, lavorando alla luce del sole, potesse tranquillamente farlo senza farsi accorgere da nessuno!

Possiamo anche capire che la Siae sia abituata a trattare con dei malfattori, ma perché prendersela con chi lavora gratuitamente per la rete e le dà lustro culturale? Siamo forse in presenza di una guerra preventiva, come in Irak? Si vuole colpire a scanso di equivoci?

Abbiamo già visto comportamenti del genere quando il governo Berlusconi decise di far aumentare il costo dei cd vergini, facendo pagare a chiunque, in via preliminare, il fatto che c’è gente che usa il masterizzatore per fare copie piratate. Invece di abbassare il costo dei cd originali, che in Italia sicuramente è elevato, si è preferito sparare nel mucchio, assicurandosi a tutti i costi posizioni di rendita.

Che senso ha prendersela con chi lavora in chiaro quando di fatto i patrimoni musicali, filmici e digitali sono già largamente fruibili in aree riservate, accessibili con gli strumenti più vari e a costo zero? Se la Siae non riesce a colpire questi abusi, perché far passare per dei “truffatori” gli insegnanti che lavorano pubblicamente a titolo gratuito?

Ma la cosa più incredibile è che la stessa Siae, dicendo ai docenti che possono fare didattica in area privata con materiali protetti, senza pagare royalties, incentiva in un certo senso la pirateria.

Viene infatti inevitabile chiedersi come potrà la Siae accorgersi di chi, facendo didattica solo in privato, voglia approfittare proprio di questo strumento per permettere lo scarico di materiali protetti. Ci vorrebbe giusto una delazione. Cos’è dunque questo invito a lavorare di nascosto: un’esortazione a delinquere per gli uni e a spiare per gli altri?

Lo sanno gli artisti associati alla Siae che in un’area riservata, accessibile solo tramite login e password, i docenti potrebbero distribuire se non addirittura vendere opere protette risparmiandosi di pagare i compensi dovuti?

Non abbiamo capito bene: dicendoci di porre la didattica in area riservata, la Siae sta chiedendo ai docenti di aggirare la legge sul diritto d’autore?

Mi chiedo se qui stiamo ragionando con un’istituzione che, di fronte alla realtà magmatica del web, è costretta sempre più a piegare gli interessi della logica alla logica dell’interesse, o se, al contrario, si abbia a che fare con un centro di potere che, essendo monopolista, non si preoccupa affatto delle proprie incoerenze, potendo in sostanza agire come quei signori feudali che quando vedevano un contadino che andava a macinare il grano al mulino, gli facevano pagare il balzello del ponte che attraversava.


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Diritto
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Aggiornamento: 22/04/2015