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IL PORTO DI PALOS
LE CARAVELLE
IL PRIMO VIAGGIO: DAL 3 AGOSTO AL 12 OTTOBRE DEL 1492
GLI INDIANI
RITORNO IN SPAGNA
RICEVIMENTO E FESTEGGIAMENTI A BARCELLONA
L'ANEDDOTO DELL'UOVO
LA FIRMA DI COLOMBO
Colombo sulla tolda della nave ammiraglia (dipinto di K. T. von Piloty)
Cap. VII
Il 12 maggio 1492 Colombo partì dalla città di Santafé con una invocazione alla Santissima Trinità. Il 23 dello stesso mese, nella chiesa di san Giorgio nella cittadina di Palos (1), consegnò al notaio Francesco Fernández l'ordine dei Re di Spagna affinché venissero equipaggiate (2) due caravelle (3) e collocate sotto il suo diretto comando.
Palos era un piccolo porto, che forse aveva poco più di 600 abitanti, per cui non era facile trovare un centinaio di uomini per gli equipaggi delle navi. Tale difficoltà obbligò Colombo a chiedere aiuto ai francescani della Rábida e ai fratelli Pinzón affinché convincessero gli uomini della zona di Palos, Huelva e Moguer. Per gli uomini di Palos non c'era scappatoia possibile, dato che si trattava d'un ordine reale che non si poteva nemmeno discutere. I re avevano tutto il potere e la forza necessaria per obbligarli.
Si sa che fin dal secolo scorso quando occorrevano marinai, anche nelle navi private, si usavano tutti i metodi possibili per ingaggiarli ad ogni costo, si può benissimo immaginare come s'ingaggiavano i marinai nel secolo XV e per ordine reale.
La scarsità di uomini di Palos spiegherebbe anche il perché i Re decisero di condonare la pena a quattro criminali, affinché s'imbarcassero con gli altri.
I fratelli Pinzón furono di grande aiuto, essendo naviganti abili e persone conosciute e stimate lungo le coste andaluse e soprattutto a Palos. Certo nessuno, che si sappia, aveva mai attraversato l'Oceano, e una cosa era la navigazione di cabotaggio, d'uso comune nel Mediterraneo dell'epoca, e un'altra quella oceanica, a tutti sconosciuta.
Juan de la Cosa, padrone di una 'nao' ('nave', nome molto generico che si dava, in Portogallo e Spagna, a navi mercantili più grandi e pesanti delle caravelle), aveva due nomi 'La Gallega' ('La Galiziana') e 'Marigalante', fu il primo ad offrirsi con la sua nave (alcuni scrittori dicono che fu contrattato da Colombo, altri che non accettò nessun pagamento). Colombo la ribattezzò 'Santa Maria' e ne fece la sua nave ammiraglia. Quasi tutti i galiziani e i baschi dell'equipaggio accettarono di essere contrattati per il viaggio.
Questa nave era lunga 23 metri, larga 8 e pesava 120 tonnellate, aveva un equipaggio di 39 marinai. Il suo capitano e comandante della flotta era Colombo, commissario di bordo Juan de la Cosa e nocchiere Peralonso Niño. 'La Pinta' ('La Dipinta'), di proprietà di Gómez Buscón e di Cristoforo Quintero, era una caravella di vela quadra di trinchetto (chiamata in spagnolo 'carabela redonda') era lunga 22 metri circa per 7.5 metri di larghezza, pesava sulle 60 tonnellate ed aveva un equipaggio di 27 marinai. Il suo capitano era Martín Alonso Pinzón, commissario di bordo suo fratello Francisco Pinzón e nocchiere Rafael Sarmiento.
La seconda caravella, con vele latine (triangolari, che però Colombo sostituì con quelle quadrate, durante la navigazione verso le isole Canarie, dato che gli davano una maggior possibilità di navigare col vento in poppa), era 'La Santa Clara' (Santa Chiara), patrona di Moguer, nei cui cantieri era stata costruita, soprannominata 'La Niña' ('La Bambina') (4), dal nome del suo padrone Juan Niño. Era lunga 21 metri e larga 6.5, aveva quattro alberi e pesava 52 tonnellate. Vicente Yáñez Pinzón era il suo capitano. Commissario di bordo Juan Niño e nocchiere era Sánchez Ruíz, ed aveva un equipaggio di 24 uomini.
In totale erano 90 uomini e si conosce il nome di quasi tutti. Erano andalusi, baschi e galiziani, cinque erano stranieri: un portoghese e quattro italiani (Colombo e Giacomo Rimo (5) genovesi, Giovanni Vezzagno, veneziano e Antonio Calabrese, calabrese).
Tra i membri dell'equipaggio c'era un medico, un chirurgo, un farmacista, tre notai, inviati speciali dei Re, Rodrigo Escobedo, Rodrigo Sánchez e Pedro Gutiérrezi, un ispettore e controllore delle spese e guadagni e un interprete, Luis del la Torre, ebreo converso, che parlava ebreo, caldeo ed arabo. Non c'erano soldati, né frati, però avevano a bordo alcune bocche da fuoco, provviste per un anno e sacchi di palline di vetro, specchietti, aghi, campanelli e berretti rossi, tutti oggetti che piacevano tanto ai negri africani e che, si pensò, sarebbero piaciuti anche agli abitanti delle Indie.
Il 2 agosto tutto era pronto. I 90 uomini ascoltarono al messa nella chiesa di san Giorgio, andarono a dormire presto e il venerdì 3 (giorno di san Giorgio, patrono di Genova) salparono da Palos verso le Canarie. La grande avventura era cominciata.
'La Pinta', 'La Niña' e 'La Santa Maria', sulla quale s'inalberava la bandiera dell'ammiraglio, una croce verde scuro su campo bianco, ai cui estremi dei due bracci orizzontali della croce c'erano le lettere F e Y (iniziali di Fernado e Isabella), sormontate da corone, navigavano in fila indiana e presto si distanziarono l'una dall'altra, comunicandosi con fuochi durante la notte e con fumate durante il giorno.
Il 7e l'8 per due volte si ruppe il timone di 'La Pinta' e Colombo decise di proseguire con le altre due navi, decidendo di ritrovarsi tutti nel porto di Las Palmas, nelle isole Canarie.
Poiché il giorno10 'La Pinta' non era ancora arrivata , Colombo pensò di raggiungere la Gomera, l'isola più piccola dell'arcipelago, dato che aveva saputo che vi sarebbe giunta una nave spagnola che pensò di noleggiare, lasciando 'La Pinta' al suo destino. Inoltre a Gomera, nel porto di san Sebastiano, abitava la governatrice dell'isola, donna Beatriz di Peraza y Bobadilla, marchesa di Moya.
Colombo attraccò alla Gomera il giorno 11, ma la nave spagnola non arrivava, né 'La Pinta' faceva sapere sue notizie e, per colmo della sfortuna, Beatriz non era nel suo castello. Rimase tutta una settimana in attesa, inviò alcuni marinai a Las Palmas per sapere che cosa era successo a 'La Pinta', ma nessuno ritornò. Disperato, in giorno 21, salpò per Las Palmas, dove vide arrivare 'La Pinta' il giorno dopo, in una settimana i cantieri locali ne ripararono il timone e cambiarono le vele a 'La Niña', il 2 settembre la flottiglia, finalmente riunita, ritornò a Gomera per rifornirsi.
Beatriz era già tornata al suo castello e Colombo, per forza maggiore, ritardò in suo viaggio verso le Indie per alcuni giorni. Giovedì 6 settembre all'alba le navi salparono e Beatriz rimase a terra, come Didone.
La sera precedente tutti gli equipaggi avevano assistito alla messa e si erano confessati dei loro peccati nella chiesa dell'Assunzione.
Navigando in linea retta, tra i paralleli 26 e 30, un po' più a nord della linea del Tropico del Cancro, le tre navi furono spinte lentamente e dolcemente verso l'ignoto dai venti alisei.
Colombo calcolava di arrivare al Cipango (Giappone) in 25 o 30 giorni, e seguendo la linea del Tropico del Cancro sarebbe arrivato a Formosa, disgraziatamente per lui il continente americano gli avrebbe sbarrato il passo.
Colombo scrisse nel suo diario (7) che toglieva delle miglia già percorse dal calcolo reale per non spaventare i marinai, nel caso in cui il viaggio fosse durato più a lungo. In ogni modo la navigazione fu abbastanza tranquilla, a volte passavano uccelli o si scorgevano legni fluttuanti sulle onde.
Il 16 settembre arrivarono al Mar del Sargassi e tutti credettero che la terra ferma doveva essere già molto vicina.
La declinazione magnetica della bussola causò un certo sgomento tra i marinai, ma Colombo li tranquillizzò interpretando correttamente il fenomeno, spiegando che gli aghi non seguivano più la Stella Polare, ma un altro punto di riferimento. In effetti si trattava di un fenomeno, oggi conosciuto da tutti, e cioè che il nord magnetico non coincide col nord geografico.
I venti cessarono e le navi sembravano di rimanere immobili. Pare che i marinai cominciarono ad
esprimere il desiderio di tornare indietro (8), ma non ci furono mai sintomi di ammutinamenti.
Era già trascorso un mese dalla partenza quando il vento ricominciò a soffiare con forza, mentre gli indizi di terre vicine si moltiplicavano.
Avevano percorso più di duemila miglie, una distanza superiore a quella della lunghezza di tutto il Mediterraneo, da Gibilterra al Libano.
Il giorno 7 si credette di scorger terra, ma si trattava di un'ennesima illusione. Finalmente l'll, alle 10 di sera, Colombo vide (o gli parve di vedere) una luce in lontananza, si consultò con Pedro Gutiérrez, che rispose che anche lui aveva visto qualcosa che brillava, e con Rodrigo Sánchez, il quale rispose che non aveva visto nulla.
Vari biografi scrissero che difficilmente Colombo avrebbe potuto vedere una luce, da una trentina di miglia dalla costa. In ogni modo il fatto di aver creduto di veder terra, prima degli altri, gli permise di aggiudicarsi il premio dei diecimila maravedíes vitalizi che il re Fernando aveva promesso. Premio che Colombo donò a Beatriz Enríquez de Arana (9).
Alle due del mattino del venerdì 12 Juan Rodríguez (che per uno sbaglio è riportato in vari libri come Rodrigo de Triana) gridò: "Terra!, Terra!" e tutti gridarono, piansero, pregarono e cantarono il 'Salve Regina'. Le navi ammainarono le vele, ma, per evitare gli scogli, non s'avvicinarono all'isola prima dell'alba.
Si trattava infatti d'un'isoletta delle attuali Bahamas, che si trova di poco al nord della linea del Tropico del Cancro, che gli indigeni chiamavano Guanahanì e che Colombo battezzò con il nome di San Salvatore e che gli inglesi, posteriormente, ribattezzarono col nome del pirata Watling.
Oggi ci sono dei dubbi se sia stata effettivamente questa la prima terra americana scoperta, alcuni studiosi credono che si trattava dell'attuale Samana Cay (10), un poco più al sud del Tropico del Cancro. Ad ogni modo il 12 ottobre del 1492 (11) del calendario giuliano, che corrisponde al 21 ottobre del nostro calendario gregoriano, segnò una data fondamentale nella storia dell'umanità, particolarmente dell'Europa, e certamente dell'America. Il Medio Evo terminava e cominciava l'Era moderna.
Colombo sbarcò con i Pinzón, gli inviati reali e alcuni marinai, e prese possesso dell'isola a nome dei Re di Spagna. A poco a poco gli indigeni timorosi incominciarono ad apparire tra la vegetazione. Erano completamente nudi e non conoscevano le armi. Si trattava dei 'taínos', della famiglia degli 'araucos'. Colombo e i suoi cominciarono a chiamarli 'indios', credendo che fossero abitanti dell'India.
Se l'incontro tra gli spagnoli e gli indigeni causò la meraviglia dei primi, già abituati alle esplorazioni africane e delle isole oceaniche vicine al vecchio continente, nei secondi dev'esser stato qualcosa di eccezionale e meraviglioso (meraviglioso per poco tempo, dato che poi si convertì in una maledizione mortale, infatti scomparvero nel giro di quarant'anni, vittime...della civiltà occidentale). Gli indios osservarono con stupore le tre enormi case che galleggiavano e i loro abitanti bianchi, barbuti, armati e ricoperti di panni e di metalli. Non sapendo scrivere e possedendo una cultura primitiva non potettero trasmettere le loro impressioni su quegli 'dei' che venivano dal cielo. Le culture realmente sviluppate si trovavano molto distanti, in Messico e in Perù.
Il giorno dopo Colombo volle continuare il viaggio, portò con sé sei indios come interpreti e guide, e si diresse al sud, dove -secondo gli indios -c'era una gran quantità di altre isole anche più grandi. Colombo credette di trovarsi negli arcipelaghi asiatici intorno al Giappone, tra le settemila isole dove, secondo Marco Polo, il Gran Khan mandava a catturare gli abitanti per farne degli schiavi. Perché avrebbe dovuto dubitarne se lo confermava la mappa di Matin Behaim (12), ed anche quella di Toscanelli e tutte le altre che aveva consultato?
Colombo, dopo di aver battezzato la prima isola con il nome del Signore, continuò con le altre isole a dare i nomi di Santa Maria della Concezione (oggi chiamata Rum Cay), dei Re di Spagna: Isabella, Fernando (oggi Long Island) e della principessa Giovanna (che gli indigeni chiamavano Colba o Cuba). In ogni isola chiedeva dell'oro, ma potette racimolarne ben poco; comunque continuava ad affermare: "Dio mi farà vedere dove nasce l'oro".
Ma dov'erano le ricchezze descritte da Marco Polo? Erano già gli ultimi giorni d'ottobre e gli spagnoli avevano trovato solo cose di poca importanza, uccelli che parlavano e cani che non abbaiavano.
"Gli indios -come scrisse più tardi Antonio Pigafetta (13), riferendosi all'America del Sud - sono persone che amano la pace, l'ozio e la tranquillità".
Gli indigeni che Colombo trovò in queste prime isole scoperte non avevano proprietà personali, davano con piacere tutto ciò che si chiedeva loro e, tra i tanti usi strani, portavano spesso alla bocca "...un tizzone di erbe di cui bevevano il fumo, e non riesco a capire che piacere e che gusto ne provano", un'interessante domanda da porre ai fumatori d'oggigiorno.
Un problema serio fu quello delle lingue, che provocò molte confusioni e malintesi, dato che Luis de Torre col suo arabo, ebreo e caldeo non riusciva a farsi capire. Però gli indios capirono benissimo che gli spagnoli andavano matti per una pietruzza gialla, che chiamavano oro, e che per loro non aveva alcun valore. Anche gli dei barbuti avevano le loro manie... diedero loro qual poco che possedevano e che usavano come ornamento personale. In un principio gli spagnoli, per non aver scrupoli di coscienza, lo barattavano volentieri con campanelli, palline di vetro, frammenti di specchi e berretti rossi. Ma presto divennero insaziabili, chiedevano sempre più oro, volevano sapere dov'era 'la sua sorgente'; e gli indios per non subire la loro collera dicevano che si c'era molto oro, ma più in là, sempre più il là, verso oriente, nell'isola di Babeche (forse l'attuale Gran Iguana nelle Bahamas). Colombo vi si diresse ma non ci arrivò mai a causa dei venti contrari, mentre Pinzón con 'La Pinta' sparì durante due mesi cercando l'oro in altre isole.
Colombo, navigando verso oriente arrivò a un'altra gran isola, l'attuale Haiti, che battezzò 'La Spagnola'. V'incontrò un eccellente porto naturale che chiamò san Nicola, dato che era il 6 dicembre, ed anche un po' d'oro, molto poco veramente per poter giustificare il suo viaggio e le spese della spedizione.
Nel suo diario, e nelle lettere che inviò ai Re di Spagna, Colombo decantò la magnificenza di quei luoghi, gli alberi, gli indigeni buoni, ingenui e senza malizia, un eccellente materiale umano per essere cristianizzato e farlo lavorare. Ma in fondo era molto seccato per l'indisciplina di Pinzón ed anche per non aver potuto trovare sufficiente oro e per non saper come trovare un'uscita da quelle isole periferiche e selvagge e poter giungere finalmente alle città del Catai del Gran Khan.
Se l'esistenza d'un continente sconosciuto, che sbarrava il passaggio verso le Indie, era impensabile per qualsiasi persona, per Colombo sarebbe stata una bestemmia, un'assurdità, o uno scherzo diabolico contro tutto ciò che lui aveva calcolato, progettato e promesso.
Doveva per forza trovarsi in Asia! In qualche angolo sperduto, e Dio gli avrebbe dato la possibilità di trovare la terraferma delle Indie. Forse continuò a pensar così durante tutta la sua vita, in una mappa tutta sua, d'altronde simile a tutte quelle che si conoscevano allora in Europa, e no poteva esser diversamente. Una mappa senza l'America, che sarebbe stata una cuccagna per i dirigenti comunisti russi del secolo XX.
Colombo si tormentava e disperava; doveva procurarsi ad ogni costo quell'oro per i Re, per tutti quelli che avevano riposto la loro fiducia in lui e che avevano anticipato le spese del viaggio, per la crociata contro gli arabi e la liberazione del Santo Sepolcro, anche se dovesse obbligare gli indios a cercarlo e dissotterrarlo. I Re di Spagna dovevano continuare ad aver fiducia in lui, dovevano continuare a credergli.
Le due navi ripresero a costeggiare la Spagnola. Colombo battezzò col nome di 'Tortuga' (Tartaruga) un'isoletta (14) e Porto Concezione un'insenatura dove ancorarono. Anche gli indios che incontrarono erano mansueti e offrivano con piacere quel poco d'oro che portavano addosso. Raccontarono agli spagnoli che in altre isole non lontane abitavano altri indios, che chiamavano 'caribes' o 'canibes', i quali, di quando in quando, venivano armati a catturarli e a mangiarseli.
Nella notte di Natale l'equipaggio della 'Santa Maria' era spossato, erano 24 ore che non dormiva. Colombo, dato che il mare era in calma, pregò come al solito e poi s'addormentò, affidando il timone a Juan de la Cosa, in quale, a sua volta, e contro gli ordini ricevuti, lo consegnò ad un giovane mozzo galiziano. Cosicché la nave s'incagliò verso la mezzanotte su una barriera di scogli affilati. Il rumore provocato dall'urto e le grida del mozzo svegliarono tutto l'equipaggio. Colombo arrivato sul ponte dette l'ordine a Juan de la Cosa di calare in mare una scialuppa e con delle funi cercare di liberar la nave. Questi invece fece remare in direzione di 'La Niña', il cui comandante Vicente Yáñez Pinzón non gli permise di salire a bordo, sospettando che avesse tradito l'Ammiraglio. Inoltre non esistevano buone relazioni tra loro due, a causa dell'ostilità usuale tra castigliani e galiziani.
'La Santa Maria' non si potette ricuperare, e, con l'aiuto degli indios, si salvò il salvabile e s'abbandonò il relitto.
Tutto l'equipaggio pianse, ed anche gli indios per il dolore che vedevano riflesso nei viso degli spagnoli.
Tale perdita obbligò Colombo a lasciare a terra 39 uomini dell'equipaggio e a far ritorno in Spagna solamente con 'La Niña', non prima però di aver fatto costruire un forte, con i resti della 'Santa Maria', che fu chiamato 'La Navidad' (Il Natale). Tra gli uomini che restarono nel forte c'erano: Diego de Arana, figlio di Rodrigo e cognato di Beatriz, a cui fu affidato in comando insieme a Pedro Margarit, Pedro Gutiérrez, maggiordomo dei Re di Spagna, il falegname Alonso Morales, e i medici, dato che s'incominciava a notare l'apparizione di malattie sconosciute agli europei.
Tutto ciò dette motivo alle diffusione di nuove leggende su Colombo: alcuni scrittori lo incolparono di aver affondato 'La Santa Maria' perché era un pessimo marinaio..., altri, come Gonzalo Fernández de Oviedo (15), scrissero che Pinzón protestò energicamente contro l'ordine di lasciare i 39 uomini nell'isola, e che Colombo affondò la nave a proposito per poter lasciare a terra qualcuno che difendesse il forte. Invece è molto probabile che la maggioranza degli uomini restò a terra volontariamente, infatti gli indios avevano consegnato più oro del solito e circolavano la voce che nel retroterra ce n'era in gran quantità, che sbocciava dalla terra, e che nessuno si curava di raccogliere.
Ad un certo momento gli stessi indios avvisarono Colombo che avevano scorto un'altra casa che galleggiava, non molto lontano da lì. Si doveva trattare per forza di 'La Pinta' e Colombo, dopo aver mandato inutilmente degli uomini a cercarla, decise di salpare. S'organizzò una gran festa, si raccomandò agli spagnoli del forte di non offendere gli indios e di trattarli come fratelli.
Il 4 gennaio 'La Niña' partì portando con sé sei indios, alcuni animali esotici ed oggetti preziosi per i Re di Spagna.
Dopo poco avvisarono 'La Pinta'; Pinzón non aveva trovato l'oro nell'isola di Babeque. Si scusò dicendo che s'era smarrito e che non aveva avuto l'intenzione di separarsi dagli altri. Colombo finse di credergli e di perdonarlo, sebbene l'incontro tra i due non fu affatto amichevole, né avrebbe potuto esserlo, infatti non era la prima volta che Pinzón disobbediva i suoi ordini o agiva di testa propria.
Dato che le due navi imbarcavano acqua ancorarono in una piccola insenatura per i lavori di calafataggio. Pinzón c'era già stato e aveva battezzato col suo nome un fiume che vi sfociava, ma Colombo lo cambiò con quello di 'Il fiume delle Grazie'.
Improvvisamente apparvero indios con la faccia dipinta e armati di archi e frecce, che s'avvicinavano minacciosamente. Gli spagnoli li affrontarono, respingendoli dopo un breve scontro. Erano indios cigayos e fu il primo scontro sanguinoso tra europei e indigeni. Colombo subito battezzò quel luogo 'Baia della Frecce'.
Tutto era pronto per far ritorno in Spagna. Colombo capì che non poteva ritornare seguendo la stessa rotta della venuta, gli alisei soffiavano da est ad ovest e non viceversa, cosicché diede l'ordine di dirigersi verso nord, verso le Bermude. Effettivamente trovarono una forte corrente che sospinse le navi verso l'Europa, ma, dal 4 al 15 febbraio, già vicino le Azzorre, i venti cessarono e le due navi si trovarono nel bel mezzo d'un urto di masse d'aria calde e fredde. 'La Pinta' fu trascinata lontano e si perse di vista. Ogni equipaggio pensò che l'altro era affogato. A bordo di 'La Niña' si fecero voti di pellegrinaggio alla Madonna di Guadalupe, in Estremadura. Tirarono a sorte e l'onore toccò a Colombo. Fecero un altro voto alla Madonna di Loreto, in Italia, vicino ad Ancona, che toccò al marinaio Pedro de Villa, di Porto Santa Maria, e Colombo si offrì di pagargli il viaggio. Ma la tempesta non cessava e i marinai dovettero fare un altro voto, questa volta a Santa Chiara di Moguer, che toccò ancora a Colombo. Quindi tutti promisero che, al toccar la prima terra, sarebbero andati in processione alla chiesa più vicina, scalzi e con la sola camicia indosso.
Mentre i marinai continuavano a pregare Colombo scrisse la relazione del viaggio in una pergamena, l'avvolse poi in una tela incerata e la collocò in un barile che gettò in mare.
Se tutti morivano la relazione della scoperta sarebbe sopravvissuta. Ma, per ironia della sorte, tutti si salvarono...meno il barile (17).
Il 15 arrivarono nell'isola di Santa Maria, una delle Azzorre. Una metà dell'equipaggio scese a terra per pregare nella chiesa di 'Nossa Senhora dos Anjos' (Nostra Signora degli Angeli), ma fu catturata dai portoghesi, che si disputavano l'Oceano con gli spagnoli. Finalmente gli isolani si convinsero che le credenziali reali che aveva Colombo erano autentiche e il 24 febbraio lasciarono partire la nave con l'equipaggio al completo.
Un'altra spaventosa tempesta li sorprese vicino alle coste iberiche e 'La Niña' fu scaraventata fino all'imboccatura del Tago, ad alcuni chilometri da Lisbona, dove ancorò a Porto Restelo.
Bartolomeo Dias (18), lo stesso che cinque anni prima aveva doppiato il Capo di Buona Speranza, invitò Colombo sulla sua nave affinché s'identificasse. Colombo gli mandò a dire che era l'Ammiraglio del Mare Oceano e che venisse lui a fargli visita e rendergli omaggio. Dias ci andò, esaminò i documenti reali e, dopo un paio di giorni, un messaggero del re Giovanni II comunicò a Colombo che Sua Maestà voleva vederlo e che aveva dato l'ordine di aprirgli un credito illimitato affinché potesse riparare le avarie della sua nave e rifornirsi di tutto ciò che era necessario per il resto del viaggio di ritorno.
Colombo temeva un incontro col Re del Portogallo, ma era anche forte in lui la tentazione di comparire trionfante in sua presenza e dimostragli che aveva sbagliato di grosso di non avergli concesso ciò che gli aveva chiesto. In ogni modo non poteva rifiutare l'ordine del Re, ma volle premunirsi, nel caso in cui gli fosse successo qualcosa, e inviò una lettera a Sant'Angel con la relazione del viaggio.
Giovanni II lo ricevette con tutti gli onori dovuti ad un ammiraglio, permettendogli di comparire in sua presenza col capo coperto; non fece allusione al passato, si rallegrò con lui ma gli fece osservare che tutte le terre dell'Oceano Tenebroso gli appartenevano. Colombo rispose che solamente i Re del Portogallo e della Spagna potevano mettersi d'accordo e decidere una giusta soluzione del problema. Alcuni cortigiani consigliarono al Re di far sopprimere Colombo, ma questi pensò che sarebbe stato un inutile delitto, dato che la Spagna era già stata informata della scoperta.
'La Niña' proseguì il suo viaggio e, il 15 marzo, entrò nel porto di Palos; mentre 'La Pinta' aveva evitato le Azzorre e, spinta dalle correnti, approdò a Bayona, vicino Vigo, in Galizia. Pinzón s'affrettò a mandare un messaggio ai Re di Spagna chiedendo il permesso di essere ricevuto a Corte, ma questi gli risposero che doveva aspettare l'arrivo dell'Ammiraglio. Pinzón, umiliato e scoraggiato, si diresse a Palos, nel cui porto vide, con gran sorpresa, ancorata 'La Niña'. Sbarcò e si rinchiuse in casa, senza voler veder nessuno, e dopo alcuni giorni morì.
Tutta Palos ricevette gli equipaggi delle due navi con grandi feste. Colombo compì i suoi voti, si recò alla Rábida a visitare i suoi amici francescani e finalmente chiamato dai Re di Spagna, partì per Barcellona, passando per Cordova e Siviglia, dove lo vide Bartolomé de las Casas, ancora bambino, e lo videro e lo applaudirono migliaia di persone durante il suo viaggio d'una settimana, per giungere a Barcellona, dove, anche lì, fu ricevuto con grandi feste ed onori.
Alcuni biografi biasimano Colombo che, per vanità e orgoglio, non s'era fatto accompagnare da tutti e due gli equipaggi al completo, ma solo da alcuni ufficiali e dai sei indios. Come se fosse stato lui, e non i Re di Spagna, a decidere chi doveva comparire alla loro presenza.
Colombo fece una relazione del suo viaggio, offrì loro tutto ciò che aveva portato, compresi gli indios, che furono battezzati. Uno di loro restò in Spagna e morì dopo un paio d'anni.
I Re di Spagna (19) lo ricevettero come un Grande di Spagna, solennemente, gli confermarono i privilegi concessi nelle 'Capitulaciones' e tutti assistettero a un Te Deum nella cappella reale. La gloria di Colombo aveva raggiunto il suo apogeo. Il sogno per il quale aveva vissuto e lottato s'era avverato. Da qui in avanti la fortuna cominciò a voltargli inesorabilmente le spalle.
A quei giorni barcellonesi sembra che appartiene l'aneddoto dell'uovo, che ancora si racconta un po' dappertutto, quando si vuol dimostrare che è facile ripetere ciò che hanno già fatto gli altri, ma è difficile farlo per primi. Si racconta infatti che Pedro González de Mendoza offrì un banchetto a Colombo e uno del commensali invidioso (i tonti e gli ignoranti sempre si burlano dei geni e cercano di denigrarli), gli disse che se lui non avesse scoperto quella rotta e quelle isole, un altro lo avrebbe fatto presto o tardi, per cui il suo merito era molto relativo. Colombo rispose prendendo un uovo sodo e invitando i presenti a farlo star diritto sul tavolo. L'uovo fece il giro del tavolo, ma nessuno fu capace di mantenerlo diritto. Allora Colombo lo sbatté con fermezza sul tavolo facendolo restar diritto su una delle sue estremità. Tutti avrebbero potuto farlo, se avessero avuto un pizzico d'immaginazione e di coraggio, ma non lo fecero, mentre Colombo l'aveva fatto ed ora non avrebbe avuto nessun merito colui che avesse cercato d'imitarlo.
Un'altra curiosità che ha dato luogo a molte elucubrazioni strane, è la firma che l'Ammiraglio cominciò ad usare, in modo diverso ed enigmatico, dal suo arrivo a Barcellona:
S.
S.A.S.
XMY
Xpo FERENS
E che potrebbe significare, secondo alcuni, Xristóforo Ammiraglio Maggiore (delle) Yndie - Sotto Scrisse - Xristóforo Portatore (colui che porta (o conduce) per Cristo).
Invece Morison suggerisce: Servus Sum Altissimi Salvatoris - Xristós Mariae Yion (figlio)
NOTE
prof. Giancarlo von Nacher Malvaioli
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