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IL RITRATTO DI COLOMBO
GLI ANNI TRASCORSI IN PORTOGALLO
MATRIMONIO E NASCITA DI SUO FIGLIO DIEGO
I SUOI CALCOLI SULLA DISTANZA DAL PORTOGALLO ALLE INDIE ATTRAVERSO L'OCEANO
TENEBROSO
COLLOQUIO CON GIOVANNI II RE DEL PORTOGALLO
Colombo discute con priore Juan Perez, uno dei suoi maggiori sostenitori
Cap. IV
In America e in Europa esistono diecine di statue e monumenti dedicati a Colombo. In occasione del IV centenario della scoperta dell'America furono riuniti più di 80 dipinti e disegni che lo rappresentavano, ma non ce n'era nemmeno uno eguale o simile all'altro, e in realtà non sappiamo come Colombo era realmente.
I tre ritratti più famosi furono dipinti, dopo la sua morte, rispettivamente dal Ghirlandaio, da Sebastiano del Piombo (discepolo del Giorgione), datato del 1519, che contiene la seguente frase in latino: "Questa è l'ammirevole immagine del ligure Colombo, il primo che in nave penetrò nel regno degli antipodi", e da Lorenzo Lotto, veneziano, discepolo del Giambellino, datato del 1512. Il primo si trova a Firenze, gli altri due a New York. Ognuno rappresenta l'immagine di uomini completamente diversi tra loro (1).
Il figlio di Colombo, Fernando e fra' Bartolomé de las Casas (2) ce lo descrissero come un uomo di statura più alta della media, dai capelli biondi-rossicci che diventarono bianchi quando aveva 30 anni, di carnagione bianca un po' lentigginosa, naso aquilino, viso lungo, occhi azzurri o chiari, d'atteggiamento nobile, di parola convincente, amante della giustizia e dell'ordine, moderato nel bere, mangiare e vestire, e molto osservante in religione.
Colombo, in Portogallo, completò la sua educazione d'autodidatta e fu lì dove maturò, o forse nacque in lui, l'idea d'attraversare l'Oceano in cerca delle Indie. Idea che divenne ossessione, come una missione sacra, un desiderio appassionato.
Disgraziatamente anche di questo periodo della sua vita non ci sono giunti molti dati, e le molteplici lacune non ci permettono di ricostruirla in modo molto coerente.
Qualcuno afferma che al ritorno del suo ultimo viaggio a Genova, del 1479, Colombo portò con sé in Portogallo suo fratello Bartolomeo (3), che era dieci anni più giovane di lui, il quale aprì un negozio di libri e carte nautiche a Lisbona, che egli stesso compilava e vendeva.
In quel viaggio aveva portato a Genova, un carico di zucchero di Madeira, ma dovette lasciare una dichiarazione alla banca dei Centurione, il 25 d'agosto, come lo testimonia il documento d'Assereto (4), in cui diceva che non aveva potuto comprare e consegnare tutto lo zucchero richiesto dato che non aveva ricevuto la quantità di danaro necessaria a tale scopo. In questo documento appare il suo nome, dichiarando di essere 'civis Janue' 'cittadino di Genova', e di avere 27 anni. Continuò ad essere cittadino genovese fino alla sua morte, infatti non volle mai nazionalizzarsi né in Portogallo né in Spagna.
A Lisbona entrambi i fratelli ebbero occasione di conoscere studiosi ed esperti, tra i quali Vizinho, discepolo dell'astronomo ebreo Abramo Zacuto, inoltre si misero in contatto con la numerosa comunità genovese della città, soprattutto coi Centurione ed i di Negro. Infatti Colombo, dopo un anno e mezzo dal suo primo arrivo, ritornò a viaggiare per conto di codesti armatori genovesi, portando merci nelle Fiandre, Inghilterra e Irlanda. Lasciò scritto che era arrivato fino all'Islanda (5) e anche più il là. Poi continuò a viaggiare verso il sud, raggiungendo le Canarie, l'isola di Madeira e le coste africane.
In Portogallo già si faceva chiamare, o lo chiamavano, Christobao Colom e cominciò a frequentare gente importante, tra le quali doña Felipa Moniz Perestrello, che sposò nel 1480 e che aveva conosciuto durante una messa nella chiesa di Tutti i Santi, del convento dell'ordine di san Giacomo. Se non è una 'favola' di Fernando Colombo sembra che i bisnonni di Felipa si chiamavano Filippone Palastrelli, piacentino (poi portoghesizzato in Perestrello) e Caterina Vicente. Il nonno Bartolomeu aveva partecipato nella riscoperta dell'isola di Madeira, per cui il Re del Portogallo l'aveva nobilitato e nominato governatore della piccola isola di Porto Santo, improduttiva e con scarsa acqua potabile. In seconde nozze, o forse senza sposarsi, s'unì a Isabel da Cunha Moniz, da cui nacque Felipa. Sembra che uno dei cognati di Felipa fosse governatore di Porto Santo e gli sposini vi ci trascorsero un paio d'anni, con frequenti viaggi a Funchal, capitale dell'isola di Madeira, nella quale esiste ancora una casa dove, si suppone, abitarono.
A Porto Santo nacque Diego (6), il loro figlio primogenito, e sembra che fu in quei giorni quando la madre di Felipa, Isabel da Cunha Moniz, mise a disposizione di Colombo libri, carte geografiche e appunti del suo defunto marito.
Colombo passava i giorni studiando, leggendo, osservando l'Oceano, il volo degli uccelli, le correnti marine, le direzioni dei venti. Parlava coi marinai (7) e con le persone colte che frequentavano l'isola. I libri che preferiva e annotava ai margini erano: "Historia Rerum Ubicunque Gestarum" di Enea Silvio Piccolomini (poi papa Pio II), "Imago Mundi" del rettore della Sorbona, cardinale Pierre d'Ailly, che non era che un compendio elementare degli antichi testi di Platone, Aristotele, Cicerone, Seneca, Ptolomeo, Virgilio, ed altri, "Il Milione" di Marco Polo, la "Storia Naturale" di Plinio, "l'Almanacco Perpetuo" di Zacuto, opere di Sant'Agostino, la Bibbia e il libro apocrifo del sacerdote e scriba ebreo Esdra (considerato da qualcuno anche profeta).
Colombo continuò a navigare costeggiando l'Africa, arrivò a San Giorgio de Mina, o Elmina, in Ghana (allora chiamata Guinea), dove i portoghesi facevano affari comprando schiavi negri, oro, avorio e pepe (8).
Generalmente i marinai credevano che esistessero isole più in là delle Canarie e delle Azzorre, molti sognavano di poter arrivare in Antilia (o Antilla o Atlantide), alle sette città d'oro massiccio, fondate dai sette vescovi portoghesi che erano fuggiti con i loro fedeli a causa delle invasioni arabe, lì viveva la mitica Cìbola, sirena che si udiva cantare, però che nessuno poteva vedere, ed anche nell'isola mobile dell'irlandese san Baladrano.
Tutte leggende che sfidavano i secoli e restavano impresse nei racconti popolari.
Colombo già si sentiva 'qualcuno', aveva sposato una nobildonna portoghese, non era più un 'povero diavolo' sconosciuto, plebeo e per giunta straniero. I ricordi del passato impallidivano e svanivano a poco a poco, nelle nebbie del tempo. Adesso poteva presentarsi al cospetto del re Giovanni II ed esporgli le idee che l'esperienza e i libri gli avevano ficcato in testa.
Quali erano i calcoli su cui basava il suo progetto da esporre al Re? In realtà l'unica cosa sicura che possedeva era la sua fede, però era necessario molto di più per convincere i portoghesi.
Nel 250 a.C. il greco Eratòstene aveva calcolato esattamente la circonferenza terrestre in 40.000 chilometri. Su usava già di dividere il mondo in 360 gradi, ogni grado corrisponde oggi a 60 miglia nautiche, che è uguale a 110 chilometri: sappiamo così che la distanza tra il Portogallo e la Cina è di 25.500 chilometri, ma a quell'epoca non tutti calcolavano della stessa maniera la lunghezza di un grado.
Aristotele era d'accordo con Eratòstene, però Claudio Ptolomeo stimò che il mondo doveva essere più piccolo, avendo una circonferenza di 33.300 chilometri, quindi meno ampia la larghezza dell'Oceano. Secondo lui un grado era di 50 miglia nautiche (180 gradi di terra e 150 di mare, uguale a 16.650 km ciascuno).
Logicamente a Colombo piacquero di più i calcoli di Ptolomeo, era più facile convincere tutti che in pochi giorni di navigazione si poteva benissimo attraversare l'Oceano.
Inoltre si sbagliò anche nel calcolare la distanza della circonferenza terrestre (che è di 20.400 miglia nautiche), prendendo le miglia arabe, di 1.850 metri ognuna, come se fossero state miglia italiane, che sono di 1.480 metri ciascuna. Cosicché per lui il mondo era di 30.192 chilometri (3.108 chilometri ancora più piccolo di quello di Ptolomeo).
In conclusione per Colombo la distanza tra l'Europa e il Giappone era di 3.000 miglia nautiche, quando in realtà è di 10.600 (così la distanza che lui supponeva tra l'Europa e l'Asia, attraverso l'Oceano, era appena quella che in realtà c'è tra l'Europa e la Florida.
E per dar maggior peso alle sue supposizioni invocava l'autorità degli scritti di Aristotele, Seneca, d'Ailly, Marco Polo e, in particolare, le profezie di Ezechiele, Zaccaria, Isaia, ed Esdra, non dimenticando frasi dei Salmi e della Bibbia. Principalmente Esdra, che aveva affermato che il mondo doveva essere più piccolo, dado che si componeva di sei parti di terra ed una sola di acque.
Colombo si sentiva illuminato dalle rivelazioni bibliche, Dio lo aveva scelto per attraversare l'Oceano e diffondere il cristianesimo tra i pagani. Non si chiamava forse Cristoforo? Cioè Cristo-ferens, colui che porta Cristo. Questa convinzione l'ossessionava, con la forza e la tenacia che solo la fede di un mistico può avere. Inoltre era un ottimo argomento nella Spagna d'allora, in un ambiente così profondamente religioso che giungeva al fanatismo.
Cosicché si scoprì l'America grazie a tutti i suoi errori, che, in buona parte, erano errori della sua epoca, e alle sue visioni profetiche.
A questo punto è necessario parlar del 'caso Toscanelli'.
Paolo dal Pozzo Toscanelli (1397-1482), medico, matematico, umanista, un po' dilettante d'astronomia e astrologia (come era abitudine in quell'epoca faceva gli oroscopi per i potentati, in particolare per Lorenzo de' Medici), aveva conosciuto il sacerdote portoghese Francisco Martins, che posteriormente fu cardinale. Il re Alfonso V del Portogallo gli dette l'incarico di scrivere a Toscanelli affinché gli dicesse qual'era, secondo lui, il cammino più corto per giungere alle Indie.
Toscanelli rispose, nel 1474, che doveva essere quello attraverso l'Oceano, ma il Re, avendo più fiducia nelle sue spedizioni di circonvallazione africana, non seguì il consiglio di Toscanelli, la lettera fu archiviata e si perdette. Essendo Martins amico dei Moniz non è da escludere che sia capitata nelle mani di Colombo, il quale cominciò ad avere una corrispondenza con Toscanelli. Copie di questa corrispondenza furono pubblicate alla metà del secolo XVI, ma non son pochi quelli che le considerano apocrife...
In quelle lettere Toscanelli sottolineava i seguenti punti:
Colombo copiò la lettera in una pagina in bianco del libro di Enea Silvio Piccolomini (che è oggi l'unico documento che esiste su questa discussa faccenda).
Comunque suo figlio Fernando e fra' Bartolomé de las Casas lessero quelle lettere in traduzioni dal latino in spagnolo e ripeterono, nei loro libri, tutto ciò che s'è detto più sopra.
Però le ipotesi dei vari storiografi sono diverse e a volte opposte:
Ora, supponendo che l'ultima ipotesi sia la più probabile, può esser successo che Colombo trascrivesse letteralmente la lettera, ma aggiungendo alcune frasi (soprattutto con relazione alle descrizioni tratte dal libro di Marco Polo), a modo di appunti per convincere più facilmente i Re di Spagna, oppure che trascrivesse la lettera a memoria, aggiungendo frasi sue come pro-memoria, con il fine di non dimenticar nulla di tutto ciò che poteva essergli utile per rafforzare le sue idee. Più tardi dimenticò tutto, o scartò tutta la questione, dato che se era stato un argomento a suo favore, ora, dopo aver scoperto nuove terre, diventava un argomento a lui sfavorevole (soprattutto durante i processi contro la Corona spagnola), infatti il merito della scoperta avrebbe potuto essere aggiudicato a Toscanelli, agli studiosi, ai mercanti che già 'sapevano' che il cammino alle Indie era facile e più corto attraversando l'Oceano, e non a lui.
Nel 1481 morì il re Alfonso V l'Africano ed era salito al trono il suo figlio primogenito Giovanni II, astuto, intelligente e di scarsi scrupoli, il quale aveva dato l'ordine che qualsiasi nave non portoghese, che si fosse avvicinata alle coste della Guinea, doveva esser catturata e tutto l'equipaggio, dal capitano al mozzo, doveva essere gettata in mare e divorata dagli squali. Una maniera come un'altra, a quei tempi, d'evitare la concorrenza.
Nel 1484 Colombo presentò il suo progetto e i suoi calcoli a questo Re, confidando nell'autorità dei...profeti. Ma il Re non era un sognatore, era molto realista e pratico, certamente gli interessava molto di più continuare a circumnavigare l'Africa e ad impedire che altre nazioni lo facessero prima di lui. Adesso questo straniero gli chiedeva tre o quattro navi, con provvigioni per un anno e un equipaggio competente, con lo scopo di aprire una nuova rotta, più pericolosa e piena d'incognite. Questo straniero sognatore e incolto gli chiedeva, in caso di successo, il titolo di don, di essere nominato Ammiraglio e Governatore delle terre che avrebbe scoperto e inoltre il 10% delle ricchezze che avrebbe trovato. Il Re era abituato a dettare condizioni e nessun portoghese si azzardava a esigergli qualcosa, cosicché respinse il progetto di Colombo. Inoltre consultò il saggio e colto don Diego Ortíz, vescovo di Ceuta, e gli scienziati ebrei Rodrigo e Giuseppe Vizinho, i quali gli dissero che i calcoli di Colombo erano sballati...(9).
In quell'anno moriva Felipa Perestrello e Colombo decise di abbandonate il Portogallo e andarsene in Spagna. A Huelva abitavano due sorelle sposate di Felipa. Huelva è una cittadina a 60 chilometri dal confine portoghese, nella foce dei fiumi Tinto e Odiel, di fronte a Palos.
NOTE
prof. Giancarlo von Nacher Malvaioli
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