LE AVVENTURE DELL'AUTOBIOGRAFIA
|
|||||||||
|
INTRODUZIONE ALL'AUTOBIOGRAFIA L'autobiografia moderna: gli stili Quanto Cartesio aveva ignorato e Vico appena alluso nel breve e generalizzato ricordo della malattia puerile, cioè la puerizia, acquista consistenza nelle autobiografie di un filosofo incline ad opporre luomo naturale a quello civilizzato, come Rousseau, o di letterati quali Alfieri, Goldoni, Da Ponte e lo stesso Casanova, che non disgiungono i piaceri della tavola, gli amori incostanti e i rapidi viaggi nel cuore dellEuropa dalla frequentazione delle Muse.
Nutrito nello stesso tempo dallosservazione della realtà e dalla capacità di trasformarla in una sorta di rappresentazione aperta della commedia umana , il genere memorialistico allarga il suo campo di osservazione al mondo, producendo sia gli indimenticabili ritratti dei principali protagonisti del secolo, filosofi e regnanti, letterati e avventurieri, sia unanalisi interessante della società settecentesca interpretata dal punto di vista personale, ma non irrilevante, di chi la conosce nei teatri nelle alcove e nei caffè, dove i grandi argomenti della politica internazionale si mescolano alle passioni ai capricci e alle follie degli uomini. E la storia che muta più in fretta del destino di chi la osserva ha cambiato, come una macchina di teatro, la scena del mondo, sicché i protagonisti delle memorie di fine secolo devono descrivere, da un certo momento in poi, un mondo che non conoscono. Ormai al modello antropologico del letterato viaggiatore, giocatore e uomo di mondo si è sostituito quello dei protagonisti della rivoluzione incombente, prima che si affacci dalle pagine di tanta letteratura ottocentesca il mito napoleonico come sintesi di virtù borghesi ed eroiche, genio militare e audacia nella scalata sociale. Il romanzo che non c'è: l'autobiografia Lautobiografia ha un rapporto fisiologico, cioè del tutto naturale, con i generi minori della narrazione personale, come gli epistolari e i diari, dai quali assume il ritmo temporale del vissuto, ma guarda nello stesso tempo alla finzione realistica del romanzo. Nel Settecento la relazione tra i due generi giunge ad una apparente confusione, perché se è vero che alcune autobiografie vengono pubblicate sotto il travestimento romanzesco, è altrettanto vero che un romanzo come la Vie de Marianne di Marivaux, il grande commediografo che rinnova e raffina il contenuto psicologico delle commedie francesi e si pone in una linea di continuità fra Molière e Goldoni, appare al pubblico in qualità di racconto memorialistico. A partire dalla descrizione realistica degli avvenimenti appartenenti al privato borghese, esaltata nella Clarissa di Richardson, il contenuto dei romanzi approfondisce lanalisi delle dinamiche sociali e dei caratteri individuali sullo sfondo di una società osservata sotto il profilo dei mutamenti storici che l'attraversano. Daltra parte, alleroe romanzesco corrisponde per certi aspetti quello autobiografico, non tanto perché la narrazione dei romanzi di Marivaux, Prevost, (Manon Lescaut), Defoe (Robinson Crusoe) e Swift (Viaggi di Gulliver) avviene spesso in prima persona, quanto perché luno e laltro sono accomunati dalla passione per un racconto al limite della verosimiglianza, cioè incredibile e avventuroso, esaltato dalla descrizione del tutto realistica dei particolari e delle vicende della loro esistenza. Serve a tracciare una fondamentale distinzione tra i due generi sia il fatto che il nome dellautore di un'autobiografia deve sempre coincidere con quello di una persona realmente vissuta, anche se nascosta sotto il nome darte - p. es. Moravia per Pincherle o, nel cinema, Loren per Scicolone - (patto autobiografico), sia limpegno dellautore protagonista dellautobiografia a rendere credibile il suo racconto, costellando la descrizione dei fatti con continue affermazioni di veridicità, veri e propri giuramenti prestati davanti al giudice-lettore, (alla lettera: "io giuro di dire tutta la verità, nientaltro che la verità"), allo scopo di stringere ancor più il legame di complicità che lo lega ad esso (patto referenziale). Insomma, sebbene lautore di unautobiografia possa mentire quanto quello di un romanzo, entrambi producono menzogne diverse. Mentre il primo fa sempre riferimento ad una esistenza storica, il secondo è condannato alla dimensione dellinvenzione letteraria che, per quanto ben orchestrata, non può permettere al lettore di risalire dallesistenza letteraria del personaggio a quella storica, quindi reale del suo autore. In questo senso, le inesattezze o le palesi bugie di un eroe autobiografico possono essere utili alla stregua dei lapsus freudiani, per rivelare al lettore più attento il desiderio di ritagliarsi un ruolo particolarmente avvincente nello spazio della pagina. Davanti al racconto di unimpresa amorosa di dubbia credibilità o di unavventura al limite del temerario e del verosimile di un incontro del tutto imprevedibile, chi legge può intuire lo sforzo dellautore di attribuire al proprio personaggio una vita più incredibile e affascinante di quella che ha davvero vissuto. Del resto la propensione dellautobiografia a portare alla luce anche i particolari più "sconvenienti" della vita dellautore, tanto più enfatizzati quanto più si vogliono far credere come veritieri e assolutamente realistici, mette in luce il piacere provato dal narratore nel rievocare per se stesso ed il lettore il carattere eccentrico, eccitante e a volte palesemente oltraggioso ed inverosimile della propria esistenza. Daltra parte, come le autobiografie riprendono a fine secolo il realismo descrittivo del romanzo, così cedono ad esso il racconto in prima persona che, in quanto formula di confessione privata, avvince il lettore perché richiede la sua complicità nel seguire una narrazione dal tono intimo e scandaloso, lacrimevole e turpemente veritiero.
|