LE AVVENTURE DELL'AUTOBIOGRAFIA
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INTRODUZIONE ALL'AUTOBIOGRAFIA Il pensiero e l'autobiografia Lintreccio avvincente e contraddittorio della Vita celliniana rimane fino al secondo Settecento uneccezione nel panorama europeo, dove si afferma piuttosto uno stile autobiografico propenso a ricavare, dalleterogeneità delle vicende umane, materia di riflessione morale da tradursi nella densa scrittura di aforismi, cioè di riflessioni che uniscono, al pregio della concisione, la novità del paradosso, il sale dellarguzia.
Negli stessi anni, in Italia, il modello dellautobiografia sembra trovare una sua definizione più precisa ad opera del poeta Gabriello Chiabrera. Se fino a quel momento il racconto della propria vita confluiva in rivoli marginali del discorso letterario, come poesie occasionali e lettere private, con Chiabrera la descrizione esistenziale si spoglia del quotidiano e ritorna rarefatta quando non idealizzata. La vita diventa la carriera intellettuale, cioè la consacrazione del ruolo pubblico del letterato confermato dal favore e dalle testimonianze abbondantemente registrate nel resoconto autobiografico, che diviene sempre più simile ad un autoelogio. Con la Vita del Chiabrera si perde dunque quella ricchezza di accenti dissacranti, alla lettera derisori e parodici, che avevano ispirato la Descrizione della vita di Giulio Cesare Croce, il celebre autore della maschera carnevalesca di Re Bertoldo, che proclamava a tutta voce d'essere nato in "dì di carnevale quando più desser pazzo ognun si vanta". In questo senso, lautobiografia di letterati e filosofi viene ad assumere una funzione elogiativa della loro attività intellettuale, sicché accade spesso che lultimo volume delle loro opere contenga quello della vita, scandito dalle tappe del curriculum e dalle opportune precisazioni sui momenti controversi della propria attività. Il modello di autobiografia scientifica
In Italia bisogna attendere i primi decenni del Settecento perché il modello di autobiografia scientifica, cioè quello inerente agli studi del suo autore protagonista, venga lanciato da Giovanni Artico Porcìa, un nobile friulano con il talento e la sensibilità del giornalista erudito, nel Progetto ai letterati dItalia per scrivere le loro vite. In questo testo si fa appello agli intellettuali italiani affinché facciano convergere in un senso eminentemente pubblico lanalisi della loro vita, dando conto al lettore del proprio lavoro mediante una sorta di rassegna ragionata dei loro scritti, per registrare da una parte le testimonianze ad essi favorevoli (recensioni), dallaltra un giudizio a posteriori del proprio lavoro non privo di elementi di autocritica.
Reduce prima di riuscire ad affermare il prestigio del suo magistero da sonanti delusioni accademiche, Vico investe il suo discorso della solennità di una celebrazione che sostituisce la conversione religiosa della vita dei santi ad una sorta di canonizzazione laica del letterato, passato attraverso le forche caudine delle avversità e dellinvidia per giungere, secondo una strategia provvidenziale, al meritato riconoscimento della cattedra universitaria. L'autobiografia degli avventurieri: i modelli
Dallanalisi delluomo esemplare messa in atto con la descrizione di una serie di luoghi comuni, cioè delle situazioni ricorrenti che illustrano la condizione dellintellettuale, quali la lotta contro le avversità, la sopportazione della malattia e dellinvidia degli emuli, la sottolineatura delloriginalità del proprio lavoro e della condizione di isolamento nella quale è stato prodotto, si passa, con il nuovo genere autobiografico, alla descrizione di unesistenza lasciata al volere del caso e quindi descritta senza alcun piano preordinato. Lo stesso piacere di raccontare sembra passare, senza interruzione, dal racconto di viaggio a quello delle fatiche letterarie, dalla descrizione della vita sessuale a quella dei paesaggi naturali. Con un occhio continuamente rivolto al lettore, per assicurarsi la sua complicità di osservatore non imparziale, lio narrante procede a rapidi cambiamenti di scena mutando davanti al suo sguardo i luoghi, gli eventi e le emozioni dei ricordi. Quanto di esemplare e quindi condivisibile su un piano di imitazione vi era nella memorialistica classica diviene nelle settecentesche Confessions assolutamente individuale, perché permette lemergere sulla pagina di annotazioni di carattere privato del tutto avulse da ogni regola di decoro, da ogni limite posto al racconto di sé. Ai percorsi dellesame di coscienza degli scritti di pietà religiosa saldamente inseriti nei testi autobiografici di S. Agostino, di S. Teresa dAvila e di S. Ignazio di Loyola, si sostituiscono le linee tortuose, ovvero laccento irriverente di una confessione che predilige lazione scandalosa, il dato realistico e il ritratto talvolta osceno di azioni per nulla eroiche. Stabilendo un rapporto, talvolta complice e sempre esaltante con il lettore, Rousseau espone i fatti della propria vita aprendosi ad una confessione nella quale la professione di sincerità non costituisce la premessa ad un esito edificante, non apre il cuore allesercizio delle virtù, ma viene a costituire piuttosto linizio di un viaggio labirintico nelle debolezze, nelle puerilità anche sconce, di chi si propone con il suo narrare il sovvertimento del modo consueto di rappresentare la vita delluomo, perché alla retorica della solennità è stata sostituita quella della sincerità scandalosa. La pretesa di un racconto che non nasconda nulla, lobbligo autobiografico di dire proprio tutto di sé chiama il narratore a ritornare alle radici della pianta-uomo, regredendo ai momenti dellinfanzia e della prima giovinezza, per dar voce a quanto di più taciuto giace nel fondo della sua coscienza. Qualche decennio prima di Leopardi e molti anni prima della psicanalisi freudiana, portata questultima a dare tanto spazio al momento dellinfanzia, le autobiografie del secondo Settecento, a partire proprio da Rousseau, portano alla luce il momento delladolescenza, nel quale si decide la parte più importante del carattere umano, alla lettera la radice della sua personalità.
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