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INTRODUZIONE ALL'AUTOBIOGRAFIA
I - II -
III - IV -
V - VI
Si dice che a volte il racconto di una vita può
essere più avventuroso di quello di un romanzo, perché i suoi personaggi sono più veri
e realistici, perché l’azione è maggiormente movimentata, perché le conclusioni
sono in qualche modo più imprevedibili di quelle messe in atto da qualsiasi autore di
successo.

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Dall’antichità ad oggi gli uomini non hanno
smesso di raccontarsi, di percorrere a ritroso la trama della loro vita per riconoscere
magari il filo segreto, la connessione che collega avvenimenti da cui sono, mentre
scrivono, già lontani. Altre volte il piacere di denudarsi davanti al
lettore prevale, per stupirlo con l’intreccio delle proprie azioni eroiche e turpi,
sconcertanti ed esemplari. Apparentemente senza vergogna e con molta disinibizione, emerge
la natura di straordinari personaggi, di situazioni avvincenti, scandalose o a volte
noiose, come spesso è l’esistenza, del resto. |
Chi parla di se stesso nelle pagine di un diario o
in quelle di un'autobiografia si specchia nella propria scrittura per riconoscersi, per
assumere un punto di vista su di sé come se osservasse un altro. L’autore incontra
il proprio eroe, con il quale ha sempre vissuto, per riconoscerlo, per giudicarlo, per
difenderlo, per descriverlo mentre agisce. Un patto di complicità si stabilisce, un
sodalizio fatto di ammiccamenti rivolti al lettore.
L'idea di vita esemplare: un breve percorso storico
Prima che il racconto autobiografico, cioè la
narrazione della propria esistenza scritta dall’autore protagonista, prendesse forma
e consistenza e il parlare di sé avesse libero accesso alla grande letteratura, il
resoconto delle vite celebri e il ricordo delle imprese eroiche erano affidati alla penna
di letterati storici che, mescolando notizie accertate ad altre leggendarie, ritraevano,
come sulla tela di un dipinto, le gesta di sovrani e guerrieri, sacerdoti e matrone. |

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Fin dall’antichità classica, cioè
dall’epoca greco-romana, la descrizione degli avvenimenti della vita dei grandi
personaggi della storia ne propone il modello esemplare, dunque da imitarsi, e fa
confluire la celebrazione di uomini e semidei nel canto della poesia antica, espressa dal
greco Omero come dal latino Virgilio. |
Poiché la ricerca storica si confonde con la
letteratura e la religione, lo stile narrativo acquista, grazie a storici greci come
Tucidide e Plutarco, e latini come Suetonio, la tensione di un dramma che rappresenta
l’esistenza degli eroi nelle loro parole inclinate ora alla tragica vivacità del
dialogo, ora elevate alla straordinaria forza espressiva del monologo. |

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Lo storico è quindi prevalentemente poeta e
scrittore, sebbene non manchino casi nei quali la sua osservazione si nutre di una
maggiore presenza di documenti e valutazioni scientifiche, come avviene nell’opera di
Cornelio Nepote e di Tacito, storici romani l’uno nell’età di Cesare
l’altro in quella di Tiberio, rispettivamente autori del De
Viris e De Vita Agricolae.

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Quando poi il racconto storico interessi la
contingenza politica, e il suo protagonista sia anche un grande letterato, la narrazione
dei successi delle campagne militari si trasferisce nelle esigenze propagandistiche del
De Bello Gallico e del De bello
Civile di Giulio Cesare. Queste opere pur redatte alla terza persona contengono
l’avvincente registrazione della volontà di potere del trionfatore della Repubblica
romana, amplificata dal racconto propagandistico dei suoi successi militari. |
La memoria del sacro

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Giunti in epoca cristiana, le Confessioni
di Agostino da Ippona, padre della chiesa antica e suo grande teologo, illustrano le tappe
della conversione religiosa mediante il colloquio con Dio svolto al cospetto del lettore. Nel momento in cui la vita dei discepoli del Vangelo
diventa soprattutto imitazione di quella di Cristo, la scrittura delle confessioni si apre
alla testimonianza della santità e per questo approfondisce la propria funzione di
modello esistenziale. |
Dalle Confessioni
di S. Agostino hanno inizio le vite dei santi, che avranno grande fortuna letteraria fino
al Settecento, sulla base di una narrazione volta a sostituire i meriti acquisiti negli
eserciti e sul trono con quelli ottenuti al servizio di Dio. Ad esse compete, oltre il
raggiungimento dei fini edificanti, il riconoscimento di avere aperto alla comunicazione
letteraria il dialogo fra l’io della coscienza e il Tu rappresentato dalla verità
durevole della parola del Dio. |

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Dunque, le necessità di un colloquio con se stessi
e il prossimo, sotto lo sguardo della parola del vangelo, inducono a superare
l’imbarazzo e il tabù del parlare di sé come soggetti di una conversione che tutto
il mondo deve conoscere per imitarne il percorso spirituale.

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Nello stesso tempo, il racconto della Vita dei
santi prosegue da un punto di vista esterno, cioè ad opera della penna di una terza
persona, spesso un loro confratello o un discepolo. Si tratta in questo caso di biografie
scritte per illustrare i detti edificanti, i miracoli e le opere degli uomini di Dio,
così come avviene nei Fioretti di S. Francesco,
propugnatore della povertà evangelica e dell’amore caritatevole e autore dello
splendido Cantico delle creature. |
Memorie di lavoro e d'arte
Sempre nel Medioevo, ma su un piano assai più
terreno, i mercanti imparano, con la stesura di libri di ricordi, l’uso di
trasmettere, a vantaggio dei discendenti, il risultato della loro esperienza, spesso
legata a viaggi in paesi lontani. In questo senso, essi forniscono in prima persona una
testimonianza della propria esistenza fondata sulla gestione del patrimonio e della
ricchezza. |

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Ai libri di famiglia, volti a trarre le fila della
storia del casato, rinserrando il rapporto con i discendenti, si affiancheranno durante il
Rinascimento, i diari di bottega degli scultori e pittori. Basti pensare nella Toscana,
fra il Quattro e Cinquecento, a quel senso di consapevolezza artistica che emerge dal
Memoriale di uno scultore come Baccio Bandinelli o dal Diario
di un pittore manierista come Pontorno. |
La riflessione sulla propria esperienza artistica
ritorna nella Vita dello scultore toscano Benvenuto Cellini, a sottolineare con
accento, nello stesso tempo eroico e domestico, il momento della realizzazione delle sue
grandi opere. E’ memorabile e straordinaria la scena della fusione del Perseo, in cui
la tensione creativa si risolve nel vorace appetito che fa divorare allo scultore un
grande piatto di insalata, così come Michelangelo, dopo aver scolpito la Pietà, si
mangiò volentieri una frittata. |

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In realtà, l’autobiografia del Cellini si
presenta come un racconto molteplice, in grado di alternare la descrizione di momenti di
intensità religiosa con altri dove il protagonista veste piuttosto i panni dell’eroe
avventuroso e del furfante, ma anche dell’omicida.

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