STORIA DEL MEDIOEVO
Feudalesimo e Cristianesimo medievale


STORIA DELLE ERESIE CRISTIANE MEDIEVALI

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Rivolta popolare urbana nel Medioevo

Proprio nel momento in cui la chiesa feudale latina ambiva a porsi, con la riforma gregoriana, come teocrazia universale, sul piano sia ideologico che politico, le eresie assumevano sempre più una connotazione pauperistica di tipo apocalittico.

Ritenendo irriformabile una chiesa gestita da vertici corrotti, intorno al 1260 si pensava che lo scontro sarebbe stato tra un papa anticristo e lo spirito santo rappresentato da varie comunità di flagellanti, umiliati, gioachimiti, apostolici, francescani spirituali..., che non credevano più in alcuna istituzione di potere, né laica né ecclesiastica.

Comunità di questo genere si trovavano in tutta Europa e facevano della povertà assoluta il criterio dirimente per dimostrare la loro perfezione. Nelle stesse università l'aristotelismo, grazie agli averroisti, aveva nettamente soppiantato il platonismo agostiniano, e non solo si voleva una filosofia separata dalla teologia, ma addirittura a Oxford il francescano R. Bacone voleva una scienza separata da tutto. Si andavano affermando idee teologicamente molto pericolose, come p.es. l'eternità dell'universo, l'autonoma libertà di coscienza, il determinismo naturalistico...

Le contromisure del papato erano le solite: carcere, torture e roghi nei confronti di chiunque si ponesse in maniere eterodossa. Dopodiché si convocò il Concilio di Lione (1274) con cui si vollero abolire tutti gli ordini religiosi non espressamente autorizzati. La situazione era talmente tesa che persino dopo la morte di papa Niccolò IV, i cardinali, non trovandosi d'accordo sul nome del successore, scelsero il francescano eremita Pietro di Morrone (che prese il nome di Celestino V), nella speranza di stemperare gli animi.

Egli volle fare cose talmente democratiche che scandalizzò ben presto il collegio che l'aveva eletto e che lo mise in condizioni di doversi dimettere. Al suo posto misero il cardinale Caetani, che, col nome di Bonifacio VIII, revocò tutte le disposizioni di Celestino, decidendo addirittura di incarcerarlo a vita.

Ora era davvero impossibile non equiparare il papa all'anticristo. L'ironia della storia volle però che proprio mentre questo papa usava il pugno di ferro contro i movimenti contestativi, ebbe un grande successo la sua idea di indire un giubileo di riconciliazione per tutti gli eretici, i quali però, pur predicando la povertà, dovevano rimpinguare le avide casse della curia pontificia. Sarà proprio questa assurda forma di baratto venale su questioni spirituali che farà scatenare, due secoli dopo, le ire di Martin Lutero.

Intanto le speranze degli eretici si concentravano sulla figura del re francese Filippo IV il Bello, che sulla questione delle tasse da imporre sui beni ecclesiastici s'era scontrato duramente con Bonifacio VIII, arrivando addirittura a considerarlo eretico e simoniaco.

Il papa cercò di reagire alla sua maniera, ma questa volta, dopo essere stato incarcerato dallo stesso sovrano, morì d'infarto. Dopo di lui il papato non fu altro che uno strumento nelle mani dei re francesi, per circa settant'anni, senza che ciò comportasse alcuna attenuazione nelle repressioni a carico dei dissidenti religiosi.

Anzi, proprio in quel periodo si cominciò a perseguitare, oltre alle comunità pauperistiche, anche quella ricchissima dei templari, che aveva fatto un'incredibile fortuna con le crociate. Qui la motivazione non era più ideologica ma semplicemente finanziaria: la monarchia francese, intenzionata a cacciare gli inglesi dal proprio territorio, aveva continuamente bisogno di rimpinguare il proprio tesoro.

Quanto al papato francese, non fu certo inferiore alla monarchia che lo strumentalizzava, nell'accumulare quante più ricchezze possibili. Le carceri letteralmente scoppiavano di eretici d'ogni tipo (non solo pauperistici): beghini, catari, francescani spirituali, presunte streghe (nel solo 1360 ne bruciarono in Europa circa 300). Vita dura ebbero anche molti intellettuali di spicco, come p.es. Ockham, Eckhart, Marsilio da Padova.

Il sentimento religioso era vissuto dalle popolazioni ingenue, ignoranti, che s'illudevano di poter risolvere la crisi dell'istituzione ecclesiastica con l'intervento di qualche "salvatore" (p.es. l'imperatore Arrigo VII di Lussemburgo, che però morì subito dopo essere entrato in Italia, o Cola di Rienzo, finito anche lui tragicamente).

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L'autunno del Medioevo fu segnato anche dal flagello della peste (metà del sec. XVI) che sterminò un terzo dell'intera popolazione europea. Ormai mancava poco al trionfo dell'Umanesimo laico e del Rinascimento dell'arte greca, in cui i valori culturali sarebbero stati nettamente borghesi, senza soluzione di continuità.

Quello ch'era mancato a tutti i movimenti pauperistici medievali fu un progetto organico sulla società nel suo complesso. Il pauperismo assoluto fu indubbiamente una forma di protesta efficace contro la corruzione dei vertici ecclesiastici, ma il suo radicalismo non permise mai agli eretici di fruire di vasti consensi popolari.

Si voleva essere come i primi apostoli, le primissime comunità cristiane, ma in questa maniera si faceva poco per lottare contro l'istituto del servaggio nel mondo rurale o contro lo sfruttamento dei primi operai negli opifici borghesi. Non ci fu mai alcun legame organico tra le sollevazioni popolari dei Ciompi fiorentini (1378), dei Tuchini nella Linguadoca (1360), dei contadini guidati da Jacques Bonhomme nell'Ile-de-France (1358), dei contadini nelle Fiandre (1323-28) con le forme di protesta dei movimenti ereticali pauperistici.

Bisognerà attendere la rivolta contadina capeggiata da Wat Tyler in Inghilterra (1381) prima di cominciare a vedere un nesso concreto tra istanze di rivendicazione sociale e motivazione religiosa (già presente nella mente del filosofo francescano J. Wycliffe), in cui quest'ultima risultasse espressamente di supporto a quelle.

I lollardi di Wycliffe seppero dare alla rivolta dei contadini nel Kent e nell'Essex motivazioni etico-religiose alquanto diverse dalla rassegnazione pauperistica con cui si affrontava lo sfacelo della chiesa romana. La rivoltà fallì, ma le sue idee di giustizia sociale vennero riprese dal boemo J. Huss, che inaugurò un modo più moderno di opposi alla chiesa.

Paradossalmente quanto più il papato si opponeva a un progetto di riforma della chiesa, tanto più venivano emergendo forme di vivibilità della fede che di religioso avevano solo il nome. Si trattava soltanto di capire se questa progressiva laicizzazione della fede avrebbe assunto connotati di tipo "borghese" oppure di tipo "operaio-contadino". La storia s'incaricherà di dimostrare che per i secoli a venire la prima alternativa avrebbe avuto maggiori possibilità di successo.

Viziata dal proprio inguaribile autoritarismo, la chiesa romana non si rese conto che se avesse accettato una riforma sotto la spinta delle masse contadine, che da sempre l'avevano sostenuta, avrebbe potuto far sopravvivere la fede per un tempo molto più lungo di quello che le avrebbe concesso la borghesia coi suoi compromessi di potere.

Fonti


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Storia medievale
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Aggiornamento: 01/05/2015