STORIA DEL MEDIOEVO
Feudalesimo e Cristianesimo medievale


STORIA DELLE ERESIE CRISTIANE MEDIEVALI

I - II - III - IV - V - VI

San Benedetto bastona un monaco indisciplinato

Premessa generale

I

Il termine "eresia", sia in greco che in latino, ha sempre voluto dire una cosa: "divisioni", generalmente all'interno di una comunità. Tuttavia il modo d'intendere queste "divisioni" o "scissioni" o "fazioni" (come diceva Lutero) non è mai stato univoco.

Nella I lettera ai Corinti (11,19) Paolo di Tarso non ha dubbi nel sostenere la loro inevitabilità in seno alle comunità da lui fondate, in quanto l'idea dell'unigenita figliolanza divina del messia morto e risorto era così inedita nel mondo ebraico che non avrebbe potuto essere accettata senza discuterci sopra. Tant'è ch'egli sosteneva persino l'utilità delle eresie, proprio per riconoscere chi, dentro una comunità, fosse di "provata virtù".

In poche parole gli eretici non andavano "perseguitati" (perseguiti penalmente, privati dei diritti civili e politici), in quanto era appunto nella dialettica dei contrari che si formavano le persone migliori. Nondimeno chi negava fondamento alla suddetta idea cristologica (che farà poi nascere il cristianesimo) doveva essere espulso dalla comunità ("scomunicato"). Cosa che raramente accadeva, proprio perché chi si faceva "cristiano", sapeva bene a cosa doveva credere.

Le espulsioni, semmai - quando non erano dettate da motivazioni di ordine etico - avvenivano sulla base delle interpretazioni da dare alla suddetta idea teologica, che nel corso dei secoli saranno diversissime tra loro.

Le eresie quindi sono esistite sin dall'inizio del cristianesimo (lo stesso cristianesimo era un'eresia nei confronti del giudaismo): persino il vangelo di Giovanni, che cercò di dimostrare le eresie dei Sinottici rispetto all'autentico "vangelo" del Cristo, venne riveduto e corretto in molti punti.

Ma solo quando, con l'imperatore Teodosio, il cristianesimo è divenuto "religione di stato", gli eretici hanno cominciato ad essere duramente perseguitati e, con loro, persino i non-cristiani, come gli atei, gli agnostici e i credenti in altre religioni.

L'eresia veniva ad essere severamente proibita quanto più l'ortodossia pretendeva d'imporsi politicamente. E quanto più forte era la pretesa, tanto più gli eretici associavano le loro diverse letture dei dogmi religiosi a rivendicazioni di tipo sociale, politico, con valenza persino etnica o nazionale. Ci si opponeva in nome di un'idea religiosa perché in realtà si volevano difendere interessi comuni nei confronti dei poteri dominanti.

Detto così, sembrerebbe facile a uno storico capire da che parte mettersi nell'analizzare gli eventi di chiesa. Nulla di più falso. La storia delle eresie è incredibilmente complicata, soprattutto in ragione del fatto che quelle riuscite a emergere storicamente hanno riscritto gli eventi a loro uso e consumo.

Basti citare un piccolo ma clamoroso esempio. Nell'Europa occidentale nessuno storico s'è mai permesso di dire che il cattolicesimo-romano è un'eresia nei confronti dell'ortodossia greco-bizantina, eppure nei paesi ortodossi dell'Europa orientale questa tesi è pacifica.

E quale storico protestante ha mai detto che la Riforma fu un'eresia rispetto al cattolicesimo-romano? I riformati, esattamente come tutti gli eretici medievali, non dicevano forse di voler tornare al cristianesimo primitivo? quello che il papato aveva sommamente tradito?

La storia dell'Europa occidentale ha visto secoli e secoli di guerre fratricide in nome di idee religiose e ancora oggi si assiste a forti incomprensioni tra cristiani di diverse confessioni, tra cristiani e non, tra credenti e non. Son forti le divisioni persino tra atei e agnostici, tra non credenti di "sinistra" e quelli di "destra".

Quando ci sono di mezzo le idee, viene istintivo distinguersi tra "guelfi" e "ghibellini", anche a costo di ridursi a una conventicola di poco conto. Prima viene sempre la verità ideologica, poi le iniziative sociali, politiche, culturali che insieme si possono prendere.

Nessuno sembra voler accettare questo semplice assunto, che le verità di chi viene considerato "eretico" non sono di per sé più fondate e motivate di quelle di chi detiene il potere. Non si hanno ipso facto più ragioni solo perché si sta all'opposizione. E chi lo pensa spesso soffre di una certa alienazione sociale, cioè di uno stile di vita in cui dominano valori individualistici, con cui non si è capaci di opporsi efficacemente ai poteri dominanti.

Non a caso le eresie riuscite a imporsi storicamente, sono state quelle che hanno saputo gestire, con molta astuzia e determinazione, i rapporti con le autorità costituite. Là dove era presente la sola determinazione, facilmente l'eresia appariva come un estremismo destinato a soccombere.

In ogni caso resta certo che fino a quando gli antagonismi sociali saranno la regola del vivere quotidiano, finché esisteranno istituzioni che difenderanno gli interessi dei ceti e delle classi economicamente più forti, non mancheranno le "eresie" (per quanto sempre più "laiche" esse siano) e non finiranno le persecuzioni degli "eretici".

Devono piuttosto essere quest'ultimi a capire che non basta cercare consensi politici al di là delle divergenze d'opinione sulle questioni etiche e filosofiche; occorre anche impegnarsi, una volta rovesciato il sistema conflittuale, a costruire una vera democrazia sociale in cui le nuove inevitabili eresie abbiano meno motivi di scardinare il sistema.

II

Rispetto all’autentico messaggio umano e politico del Cristo, ch’era privo di alcun connotato religioso, le eresie cristiane che hanno avuto maggior successo, in rapporto alla loro durata e diffusione geografica, sono state tre, che qui elenchiamo in ordine alla loro rigorosità teologica e raffinatezza mistica: ortodossia greco-bizantina (poi slava), cattolicesimo-romano (o latino) e evangelismo riformato (o protestantesimo luterano-calvinista).

L’ortodossia ha rappresentato il tentativo di restare fedeli ai principi fondamentali del cristianesimo petro-paolino, espressi in tutto il Nuovo Testamento. (Per un laico è questa l’ideologia religiosa più difficile da superare, proprio perché essa va oltre la sfera “politica”.)

Il cattolicesimo nasce nell’VIII secolo, con l’eresia filioquista (1), inserita nel Credo, considerata dagli ortodossi come la “madre” di tutte le eresie della chiesa romana; e ciò contestualmente alla nascita del potere temporale dello Stato pontificio nell’Italia centrale, grazie all’appoggio politico-militare dei Franchi. Tale eresia si formalizza ufficialmente nel 1054, con lo scisma, mai più sanato, tra cattolici e ortodossi.

La terza eresia nasce nel 1517, con la pubblicazione di 95 tesi teologiche che Lutero rivolge contro il papato, senza che ciò abbia mai comportato, da parte dei protestanti, un avvicinamento alle posizioni della chiesa ortodossa. Tra capitalismo e protestantesimo il rapporto è – come vuole M. Weber – “organico”, anche se oggi si sostiene che il capitalismo (pre-industriale) ha potuto porre tranquillamente le proprie basi nel basso Medioevo, grazie alla teologia cattolica (Scolastica, neoaristotelica).

All’interno di queste tre grandi eresie nei confronti di Gesù Cristo (e ognuna di esse anche nei confronti della precedente), si sono sviluppate altre varie centinaia di eresie, alcune delle quali, nonostante le persecuzioni subite, contano ancora oggi non pochi seguaci (nestoriani, copti, ecc.).

Tutte le centinaia di eresie minori sono nate per opporsi al concetto di “chiesa trionfante” (imperiale, statale, nazionale ecc.), ovvero per affermare un concetto di chiesa più democratico ed egualitario, che recuperasse le origini del cristianesimo apostolico.

Le prime eresie (arianesimo, nestorianesimo, monofisismo ecc.) apparvero tra il IV e il V secolo, quando il cristianesimo era divenuto, grazie agli imperatori Costantino e Teodosio, la religione dominante dell’impero romano.

L’unica eresia cristiana che ha cercato di trasformare la fede religiosa in un’appartenenza politica, che avesse valenza istituzionale e che si ponesse in alternativa all’autorità indipendente del sovrano (o dello Stato) è stata quella cattolico-romana, che è chiesa politica per definizione, in quanto ancora oggi legittimata da un proprio Stato autonomo, il cui monarca assoluto e infallibile (il papa-re) si considera indipendente dalle leggi di qualunque altro Stato.

Tutte le eresie cristiane apparse in Europa occidentale, dal Mille (a partire da quella catara) sino alle più recenti del XX secolo (modernisti, teologi della liberazione, cristiani per il socialismo ecc.) hanno sempre messo in discussione la legittimità del potere temporale della chiesa romana, ma nessuna è mai riuscita a riformarla in senso “spirituale”.

Note

(1) Con l'eresia filioquista il padre e il figlio, da cui lo spirito procede, vengono posti sullo stesso piano, mentre secondo gli ortodossi figlio e spirito sono simbolicamente "le due mani di dio". Con questa eresia per la prima volta la chiesa, che rappresenta Cristo, si pone sullo stesso piano dell'imperatore, che rappresenta dio, mentre in area bizantina il patriarca, nelle questioni politiche, restava nettamente subordinato al basileus. Reinterpretando laicamente questo dogma si può sostenere che mentre nella teologia ortodossa l'ateismo si può rinvenire nell'idea di irrappresentabilità di dio, in quella cattolica invece la si può rinvenire nella stretta identificazione di realtà divina e papato: il che rispecchia la differenza tra teologia apofatica e catafatica.

Fonti


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Storia medievale
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Aggiornamento: 01/05/2015