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Il narratore e il personaggio
Appunti sulla narrativa di Alberto Moravia
Da Gli indifferenti a La vita interiore


Introduzione - 1. Struttura de La vita interiore - 2. Genesi e contesto storico-culturale de La vita interiore - 3. Il personaggio e la situazione narrativa - 4. Il personaggio e l'azione

Anche dal punto di vista tematico La vita interiore è in diretto rapporto con Gli indifferenti, ed è stato proprio Moravia a parlarne in alcune fra le sue più preziose indicazioni di autore reale, almeno finora abbastanza trascurate, così mi pare, dalla critica.

Nella Breve Autobiografia letteraria, che apre il volume Opere 1927/1947 (58), egli afferma che "La vita interiore si ricollega a Gli indifferenti [...] in quanto risolve un problema che ne Gli indifferenti era rimasto insoluto", e prosegue così:

Un problema molto in voga nella letteratura degli inizi del secolo: il problema del rapporto con il reale attraverso l'azione e poi della giustificazione morale dell'azione. Questo problema, naturalmente, è sempre esistito ma Dostoevskij che, in qualche modo, è stato uno dei miei maestri, l'ha posto con grande precisione e lucidità ne I fratelli Karamazov: "Se Dio non esiste, tutto è possibile", intendendo con questo che senza una giustificazione superiore e assoluta, l'azione diventa gratuita e insensata, cioè praticamente impossibile. [...] Bisogna notare [...] che il problema della giustificazione assoluta dell'azione si configura fin dal principio come problema della giustificazione dell'omicidio: la vita umana è la pietra di paragone suprema. Ora, ne Gli indifferenti c'è lo stesso problema anche se i termini sono rovesciati: "Se non c'è una giustificazione assoluta, niente è possibile". [...] Il giovane Michele vorrebbe uccidere l'uomo che è l'amante al tempo stesso di sua madre e di sua sorella. Ma, essendo indifferente, cioè privo di una giustificazione assoluta, dimentica di caricare la pistola. [...] ne La vita interiore la pistola spara e uccide. E spara e uccide perché la protagonista, Desideria, ha una "voce" (presa in prestito dagli interrogatori di Giovanna d'Arco ma che, in realtà, è il "super ego" di Freud) che la consiglia e la dirige.

Ritroviamo qui da un punto di vista tematico la lezione di Dostoevskij, ma soprattutto: centralità, autonomia, funzione del personaggio acquistano uno spessore contenutistico ed ideologico, mentre si affaccia una problematica che non poteva essere ignorata da chi aveva considerato Dostoevskij come proprio 'maestro': la problematica della rivolta e dell'acte gratuit (59).

Dunque, il modo in cui Moravia sin dall'inizio pose il problema della crisi del rapporto fra individuo e realtà, problema che, si può dire, costituisce il grande tema di tutta la sua narrativa, ha come perno l'azione, il dramma, in modo coerente con la forte simpatia dello scrittore per il teatro.

Più che puntare sulla vita della coscienza e sull'annullamento del personaggio, Moravia punta sul valore di testimonianza del personaggio ed in particolare sul suo tentativo di agire, di compiere qualcosa che - si potrebbe dire da un punto di vista metanarrativo - valga la pena di essere narrato (60).

L'azione tuttavia - in particolare nella sua manifestazione estrema: l'omicidio - ha bisogno di una motivazione, di una giustificazione assoluta (61): perché il personaggio deve agire ed eventualmente uccidere, per raggiungere quale fine, secondo quali parametri, secondo quale visione del mondo?

Ne Gli indifferenti questa problematica si incarna e si sdoppia nei personaggi di Michele e della sorella, Carla. Michele si propone di uccidere Leo Merumeci, l'amante della madre e di Carla, ma non riesce a farlo, non riesce ad agire perché 'indifferente', cioè privo di una ragione assoluta d'azione (62).

Tale 'indifferenza' è segno di una rivolta impotente (63) nei confronti della realtà circostante, che è essenzialmente la realtà della sua famiglia (64), ed è segno di mancanza di una fede, di una visione del mondo alternativa a quella di casa Ardengo. Per uccidere Merumeci, Michele avrebbe dovuto avere come ragione assoluta proprio quella della famiglia borghese, che a lui - nei modi ipocriti in cui la vede realizzata - appare inaccettabile perché falsa. Di qui l'ironia e la freddezza del personaggio, la sua funzione critica che si concretizza proprio nella sua incapacità di agire (65).

Anche Carla è mossa da ribellione nei confronti della realtà familiare (66), e riesce ad agire, cioè accetta il rapporto erotico con Leo, non tuttavia in nome di una ragione assoluta, in nome di una fede alternativa, ma spinta da un impulso oscuro, distruttivo, che le fa desiderare di creare uno scandalo, di finirla in qualche modo con quella realtà (67).

Paradossalmente però l'azione porterà il personaggio non a finirla con quella realtà, ma ad integrarvisi: Carla sarà come la madre, anzi di più: diventerà la moglie di Leo, istituzionalizzerà, regolarizzerà, per così dire, con il matrimonio la posizione di amante della madre (68). L'atto di Carla è un acte gratuit, "die Auflehnung eines einzelnen gegen eine Mehrheit und gegen eine Realität" (69), "Akt einer isolierten Person, die in einer anarchistischen Revolte in einer individuellen Form sich befreien will" (70), un atto destinato naturalmente a fallire (71). (Per una analisi de Gli indifferenti si veda Il bisogno di personaggi e la tragedia impossibile)

Il rapporto con il reale filtrato dall'azione si connota come rapporto antagonistico, caratterizzato da un atteggiamento di rivolta nei confronti della realtà. Carla e Michele - come gli 'eroi' di Pirandello (72) - si ribellano agli schemi imposti dalla realtà ed oscillano fra 'indifferenza' e cieca ed inutile rivolta. L'indifferenza si rivela incapacità di agire, rivolta impotente priva di azione, l'azione d'altra parte si rivela cieca, autodistruttiva, inutile.

Tale problematica assume uno spessore particolare quando l'ambiente in cui il personaggio si muove non è la famiglia ma un regime totalitario.

Vi è un'osservazione di Zima che merita di essere riportata. Dopo aver notato che Leo Merumeci "verkörpert" ne Gli indifferenti "das indifferente Marktgesetz [...], das alle Wertunterschiede und Ideologeme negiert", aggiunge:

Man stelle sich aber einen Roman vor, in dem Leo Merumecis Position von einem mächtigen Parteiapparat (oder Parteiideologen) eingenommen wird. Auch ihn hätte sich der im bürgerlichen Geplauder aufgewachsene, gleichgültige und charakterschwache Michele unterworfen: nicht aber um sich für Monatsrente zu verkaufen, sondern um für eine bestimmte Ideologie und deren manichäische Gegenstände zu agieren. (73)

Secondo Zima questo "Übergang von der Gleichgültigkeit zum Konformismus" è rappresentato dal romanzo Il conformista (1951). E' questa un'osservazione di notevole rilievo critico, che tra l'altro ha il merito di rivalutare ed inserire pienamente nel continuum di Moravia un romanzo molto sottovalutato dalla critica (e dallo stesso autore), appunto Il conformista.

Ciò che qui mi preme rilevare è che vi è un'altra opera, prima de Il conformista, che segna una tappa importante nell'itinerario di Moravia: La mascherata (per un'analisi de La mascherata si veda La modellizzazione del totalitarismo). Anche perché è soprattutto - anche se non solo, naturalmente - nella fase più cupa del periodo fascista (verso la fine degli anni Trenta e gli inizi degli anni Quaranta, La mascherata è del 1941) che la problematica letteraria dell'azione del personaggio si incontra con il particolare impegno "contro voglia" di Moravia, la ribellione del personaggio, creato dall'artista, si incontra con la ribellione dell'intellettuale Moravia: tra cittadino e scrittore si crea ora un dialogo particolare.

Quando Moravia pubblica nel 1941 il romanzo breve La mascherata (74), i suoi rapporti con il fascismo sono diventati ormai molto critici (75), e La mascherata difatti è una satira del fascismo, esprime il desiderio dell'autore di scrivere qualcosa contro il regime (76).

Ma non è solo questo. Il romanzo è ambientato in un'immaginaria nazione centro-americana. Il potere è nelle mani del dittatore Tereso. La dittatura è evidentemente 'di destra' ed allude al fascismo, nel dittatore è adombrato Mussolini. Il nucleo dell'azione ruota intorno ad una provocazione, un finto attentato a Tereso organizzato dal capo della polizia. La responsabilità dell'attentato dovrà ricadere su un rivoluzionario tanto estremista quanto sprovveduto, Saverio.

L'ambiente in cui il personaggio si trova ad agire è, ora, un regime totalitario e le ragioni per cui egli agisce sono costituite da un'ideologia. La coppia Michele-Carla, infatti, è ne La mascherata la coppia Saverio e il fratellastro Sebastiano (77). Questi disprezza la dittatura e disprezza le masse che ritiene in parte responsabili della dittatura, ma, come Michele, rifiuta l'azione; Saverio, come Carla, agisce, e come Michele si propone di uccidere: appunto il dittatore.

Questa volta, però, il personaggio ha una ragione assoluta per cui agire: un'ideologia rivoluzionaria, populista 'di sinistra', settaria, 'pura', che sembra alludere all'ideologia marxista, così come veniva recepita dal Partito comunista italiano nel periodo della così detta "vigilanza rivoluzionaria" (78).

Sicché la trasparente satira di una dittatura reazionaria (fascista) e di una possibile dittatura rivoluzionaria (comunista, ma sarebbe meglio dire stalinista) da una parte pone una questione che sarà spesso al centro dell'attenzione dello scrittore: quella dell'ideologia fideistica, su cui si dovrebbero fondare l'azione e la testimonianza del personaggio; dall'altra parte richiama alla mente le parole con cui Moravia ha parlato dei problemi nei quali in quegli anni un antifascista, stretto fra fascismo, 'imperialismi democratici' e stalinismo, si dibatteva (79).

Stalin

Ne La mascherata, dunque, il problema letterario dell'azione del personaggio si incontra con i problemi dell'intellettuale antifascista che si interroga sulle possibili alternative al fascismo, sui motivi ideologici su cui dovrebbe fondarsi l'attività antifascista.

L'azione di Saverio tuttavia, come quella di Carla, è inutile, e non solo perché la bomba non uccide il dittatore, né solo perché Saverio è in realtà un mezzo nelle mani del provocatore - così come in un certo senso Carla era un mezzo nelle mani di Leo - (80), ma soprattutto perché ciò che accadrebbe se persone come Saverio ottenessero il potere, viene mostrato da Moravia in un raccontino scritto nello stesso arco di tempo: Mamamel e Vusitel (81).

Vi si narra di due paesi limitrofi, appunto Mamamel e Vusitel: nel primo regnano i morti, nel secondo quelli che non sono ancora nati, nel primo conta più il passato del futuro, nel secondo più il futuro del passato, in entrambi il presente non conta nulla. Di fatto gestiscono il potere due caste burocratiche: a Mamamel quella degli "storici", incaricati di perpetuare gli insegnamenti dei morti; a Vusitel quella degli "indovini", incaricati di interrogare sul da farsi le personalità per il momento non ancora esistenti.

La condizione dei vivi è in entrambi i paesi molto miserabile, e tuttavia, ancora in entrambi i paesi, non c'è delitto più grave che volerla migliorare. I pochi pazzi che si sono azzardati a manifestare in piazza, gridando "Viva il presente!", "Basta con i morti!" o "Basta con l'avvenire!", sono stati chiusi in celle, con applicazioni di docce e camicie di forza, e le poche "persone savie", cioè i pochi intellettuali, che hanno sostenuto le ragioni del presente sono state condannate a morte. I due paesi, tra i quali vi è peraltro uno stato di guerra perpetua, hanno votato di comune accordo una "legge contro il godimento del presente".

Qui la satira di fascismo e stalinismo è ancora più esplicita e definitiva, ed inoltre si chiarisce in questo racconto (e ne La mascherata) la polemica di Moravia contro qualsiasi ideologia (anche, e per certi aspetti soprattutto, l'ideologia marxista, in particolare nella concretizzazione staliniana) totalitaria, che pretenda di spiegare tutta la realtà in modo univoco e lineare, privo di dubbi, e su questa spiegazione pretenda di basare l'azione, un'azione di fatto gratuita così come quella cieca e priva di ideologia di Carla, perché destinata a realizzare un conformismo tanto oppressivo ed inumano quanto quello contro cui si batte.

E' da tali le premesse che dipende il successivo atteggiamento di Moravia, negli anni '42-'45, nell'immediato dopoguerra e poi durante la contestazione studentesca. Antifascismo, impegno (82), simpatia per il mondo popolare, ma al tempo stesso cautela, scetticismo, talvolta aperto rifiuto nei confronti di qualsiasi ideologia normativa, in modo particolare poi se tali norme riguardano l'arte (83); simpatia nei confronti della contestazione studentesca, adesione alle ragioni degli studenti, ma anche critica (84), ed infine rifiuto netto quando "dalla disubbidienza giovanile e amabile della contestazione nacque per filiazione diretta la truce e pedantesca violenza del terrorismo" (85).

Nel terrorismo Moravia vede "una forte carica moralistica, fideistica, parareligiosa" (86), l'annullamento della ragione a favore della fede (87), il ritorno degli aspetti peggiori dello stalinismo (88). Già nel 1953, nelle note su Il comunismo al potere e i problemi dell'arte, egli osservava che "Per i comunisti l'ideologia è la realtà, e quella che la gente comune chiama realtà non è nulla. Se la realtà non dà ragione all'ideologia, tanto peggio per la realtà" (89), e al tempo stesso sottolineava "il persistente carattere religioso assunto dall'ideologia marxista in Russia e nel mondo intero." (90)

Tale ideologia totalitaria, di tipo 'religioso', che sostituisce la mitizzazione e la fede alla conoscenza e alla ragione, che vuole cambiare la realtà con la violenza senza conoscere effettivamente la realtà, è quanto Moravia rileva anche, in parte, nel movimento del '68, e soprattutto nelle contestazioni successive fino al terrorismo (91). Ne La vita interiore tutte queste questioni si incontrano ancora una volta con il problema dell'azione del personaggio: la ragione suprema d'azione è qui un'ideologia impazzita, nella sua più delirante manifestazione: il terrorismo delle brigate rosse.

Desideria, figlia adottiva della ricchissima Viola, mette in pratica, guidata da una "Voce" interiore, un programma di disubbidienza (92) e di dissacrazione. Dissacrazione della proprietà, della religione, della cultura, della vita umana. La ragazza conosce un tale Erostrato che è in contatto con un gruppo eversivo; la "Voce" la spinge a proporre ad Erostrato di rapire Viola.

E' necessario tuttavia aspettare uno dei capi del gruppo. Questo 'mitico' rivoluzionario, che Desideria aspetta con fede 'religiosa' ed al quale vota la sua verginità, di fatto si rivela ad un tempo uno squallido piccolo borghese ed un burocrate stalinista, il quale non solo non prende sul serio il progetto di rapimento di Viola, ma, dopo aver violentato Desideria, è - forse - disposto a portarla nella sua 'pulita' casa d'operaio a fare la casalinga.

A questo punto la "Voce", il 'super io' rivoluzionario che guida la ragazza, impazzisce, nel suo delirio non vede altra soluzione che la violenza (93), la spinge a prendere la pistola del giovane, giacché "La pistola è 'sempre' una soluzione" (94): la realtà non ha dato ragione all'ideologia, tanto peggio per la realtà. Insieme con l'amante della madre adottiva, simbolo di una borghesia conservatrice e sadica, la ragazza uccide anche il rivoluzionario che l'ha delusa (95).

Desideria riassume compiutamente in sé Carla e Michele: si ribella come Carla, uccide come avrebbe voluto fare Michele, e al tempo stesso il suo gesto è la massima manifestazione dell'acte gratuit, l'atto gratuito per eccellenza nell'opera di Moravia. E tuttavia è forse qualcosa di più, giacché il doppio delitto è anche una specie di suicidio: segna la scomparsa della "Voce" (96), ed è questa probabilmente l'unica larvata speranza del messaggio di Moravia: la morte definitiva dell'ideologia totalitaria.

Dopo La vita interiore Moravia ha scritto ancora, ma, con ragione, egli ha notato che dopo questo romanzo, "tra i più importanti che ho scritto", in un certo senso la sua narrativa è cambiata (97). Un nuovo impegno, l'unico che "non sembrava 'contro voglia'" (98), l'impegno antinucleare che ha portato lo scrittore nel parlamento europeo, si intreccia con una narrativa nuova e tuttavia caratterizzata, come sempre, dalla ripresa ed espansione di altre antiche tematiche.


Parlando dei saggi contenuti in Impegno contro voglia, Nello Ajello osserva che vi si può cogliere "quel tipico suo [di Moravia] metodo dialogico che si esprimeva in domande che egli faceva a se stesso, a bruciapelo, e in risposte che si dava." (99)

In effetti il metodo dialogico era quello che Moravia privilegiava: esemplare è proprio la Vita di Moravia, autobiografia fondata su un'intervista, oltre al bellissimo Dialoghi confidenziali (100). Il metodo "dialogico" consisteva in pratica nel porsi dinanzi alla realtà con un atteggiamento 'aperto', dialettico, di rispetto, profondamente laico, privo di ideologie precostituite, anticonformista, un atteggiamento cui corrisponde, sul piano artistico, la "contemplazione" cui perviene il protagonista de La noia, che non vuole essere rinuncia aprioristica all'azione, bensì apertura "intellettualistica" (101) nei confronti del reale, rinuncia a qualunque tentativo di spiegare completamente e in modo totale la realtà, e di fondare su ciò l'azione.

Da questo punto di vista la struttura de La vita interiore assume un'importanza notevolissima: l'IO che non agisce, che interroga la realtà, che esprime le sue perplessità dinanzi ad un personaggio talora sicurissimo di sé, senza tuttavia che al personaggio vengano negate dignità, funzione e autonomia, che anzi vengono esaltate, racchiude in sé l'intellettuale e l'artista, è il momento più alto dell'incontro fra cittadino e scrittore: è la risposta dell'intellettuale al terrorismo, in quanto è la rappresentazione dell'atteggiamento "dialogico" opposto a quello "monologico" del terrorismo e di ogni ideologia totalitaria, ed è al tempo stesso la metafora di ciò che l'artista ha cercato di realizzare in tutta la sua carriera di narratore: l'autonomia del personaggio, il fantasma artistico che gli è stato più caro.

Desideria tuttavia conclude il suo racconto e il suo romanzo con queste straordinarie parole (102) (tutt'altro che una "trovata moderna"! [103]):

La tua immaginazione mi ha bruciata, consumata. Alla fine non esisterò più, se non nella tua scrittura, come impronta, come personaggio.

Emerge qui l'aspetto implicitamente metanarrativo che percorre tutto il romanzo e che meriterà ben ampia analisi in altra sede: il personaggio lascia intendere che la sua autonomia è alquanto problematica, giacché destinata comunque a scontrarsi con la fantasia dell'autore, a bruciarsi in essa, in un disperato atto gratuito.


(58) Op. cit., pp. XXV-XXVI. (torna su)
(59) Su questo tema, denso e suggestivo è Martin Raether, Der "Acte grauit". Revolte und Literatur, Carl Winter Universitätsverlag, Heidelberg 1980. Raether osserva che senza Dostoevskij e Nietzsche "ist der Acte gratuit, seine Vorgeschichte, seine Struktur und seine Wirksamkeit, nicht denkbar" (p. 75). In particolare per quanto riguarda Moravia, buona parte dei temi e lo sviluppo del suo continuum non sarebbero "denkbar" senza il potente influsso di Dostoevskij. (torna su)
(60) Senza tuttavia che la dimensione della coscienza ne venga esclusa. E' soprattutto con il discorso indiretto libero che Moravia crea zone in cui la coscienza dei personaggi interagisce con l' 'oggettività' della narrazione. Per l'uso, ne Gli indifferenti, del discorso indiretto libero, cfr. Eleonora Cane, Il discorso indiretto libero ne "Gli indifferenti", "Sigma", 16, dicembre 1967. (torna su)
(61) In Storia dei miei libri (in "Epoca Lettere", 3, 28 marzo 1953, n. 23) Moravia afferma: "Negli Indifferenti si delinea con sufficiente precisione il motivo che poi ricorrerà più o meno in tutti i miei libri. Qual è questo motivo? Esso, così all'ingrosso, è un motivo morale o, se si preferisce, religioso. E' il motivo della giustificazione superiore dei nostri atti, senza la quale non esistiamo e non esiste la realtà." (torna su)
(62) "[...] Michele, il protagonista del romanzo, nelle ultime pagine dice a se stesso: 'Un po' di fede... e avrei ucciso Leo... ma ora sarei limpido come una goccia d'acqua'. Ecco il motivo, che è accennato a più riprese, per tutto il libro. Michele, dunque, è un uomo che per agire non ha che motivi personali, ossia motivi che non sono veri motivi dal momento che valgono soltanto per lui. Gli indifferenti è il dramma della ricerca d'una ragione assoluta d'azione e di vita; ricerca che nelle condizioni, circostanze e ambiente in cui si trova Michele, logicamente fallisce." (A. Moravia, ivi.) (torna su)
(63) A proposito di Michele, Moravia ha scritto: "[...] personaggio impotente e rivoltato che partecipa dell'insensibilità generale ma conserva abbastanza consapevolezza per soffrire di questa partecipazione." (A. Moravia, Ricordo de "Gli indifferenti", in L'uomo come fine e altri saggi, cit., p. 65) (torna su)
(64) Il sentimento di rivolta del personaggio coincide con i sentimenti del giovanissimo Moravia: "Mia madre era una signora borghese, come ce ne sono tante. Entrambi i miei genitori non erano persone particolari, ma avevano dei caratteri piuttosto comuni, con pregi e difetti banali. Erano i classici personaggi borghesi di un tempo. Soffrivo molto perché mi dava fastidio la famiglia borghese. Non amo la famiglia come istituzione [...]. La differenza tra la famiglia di Eschilo e quella di Freud è che nella prima esiste un elemento drammatico, nella seconda c'è un elemento abitudinario. Le signore viennesi che raccontano i sogni a Freud non vivono il dramma che coinvolge invece tutta la trilogia di Eschilo, perché dietro all'immagine della borghesia non palpita il mito né la leggenda, ma gli episodi nevrotici legati alle meschinità familiari quotidiane", così lo scrittore in uno dei libri più belli che la bibliografia possa vantare: Moravia dialoghi confidenziali con Dina D'Isa, Newton Compton, Roma 1991, pp. 112 e 113; in queste parole di Moravia rivive, a distanza di oltre sessanta anni, tutto il problema centrale de Gli indifferenti: l'impossibilità della tragedia nella famiglia borghese. Particolarmente importanti mi sembrano gli accenni all' "elemento abitudinario", alle "meschinità familiari quotidiane": è proprio contro questa ripetitività quotidiana che Carla reagisce e agisce ("[...] ella sedeva alla tavola familiare, come tante altre sere; c'erano i soliti discorsi, le solite cose, più forti del tempo, e soprattutto la solita luce senza illusioni e senza speranze, particolarmente abitudinaria [...]", Gli indifferenti, cito da A. Moravia, Opere 1927-1947, cit., p. 30).
La famiglia borghese è, dunque, il primo 'scenario' della ribellione del personaggio, e in questo senso, attraverso tale tramite, Gli indifferenti costituisce una critica (inconsapevole) della società borghese e al tempo stesso una precisa tematizzazione della "Zerstörung qualitativer (ästhetischer, ethischer und kognitiver) Werte durch den Tauschwert" (P. Zima, Gleichgültigkeit und Konformismus bei Alberto Moravia, cit., p. 622). Lo scenario si allargherà con sempre maggiore consapevolezza da parte dell'autore: ne Le ambizioni sbagliate sarà un ampio spaccato della società e ne La mascherata - che qui particolarmente ci interesserà - sarà un regime totalitario. (torna su)
(65) Anche Zima, da differente prospettiva, ha sottolineato che "die Indifferenz (vor allem die Micheles) keine reine Zerfallserscheinung ist, sondern zugleich eine kritische Dimension hat: sie negiert einen ideologischen Diskurs, der die Individuen zu verantwortlichen Subjekten stilisieren möchte" (Gleichgültigkeit und Konformismus bei Alberto Moravia, cit., p. 620). (torna su)
(66) Cfr. nota 64. (torna su)
(67) "[...] 'finirla,' pensava guardando la madre puerile e matura [...] 'finirla con tutto questo, cambiare ad ogni costo' [...] Si ricordò delle interessanti parole di Leo: 'Tu hai bisogno di un uomo come me'. Era la fine: 'Lui o un altro...' pensò" (A. Moravia, Gli indifferenti, cit., pp. 32-33); "[...] 'Creare una situazione scandalosa, impossibile, piena di scene e di vergogne' pensava; 'completamente rovinarmi...'" (ivi, p. 54). (torna su)
(68) Sulla parabola di Carla e sul modo in cui la vicenda di questo personaggio si inserisca (e ne venga connotata) in un gioco fatto di luce ed ombra, giorno e notte, differenza in-differenza, cfr. Roberto Esposito, Il sistema dell'indifferenza. Moravia e il fascismo, Dedalo, Bari 1978. (torna su)
(69) M. Raether, op. cit., p. 132. (torna su)
(70) E' la definizione dell' "absurden Mord" data da R. Zoll, citata da Raether, ivi. A proposito del tentato atto gratuito di Michele, cfr. F. R. Hausmann, Alberto Moravias "Gli indifferenti" - Ende und Neubeginn des italienischen Romans im 20. Jarhundert, cit., p. 39. La peculiare simmetria del romanzo emerge anche dal confronto fra gli "atti gratuiti" - tentati o realizzati - di Carla e Michele: questi cerca di uccidere Leo senza veramente odiarlo; Carla fa l'amore con Leo senza veramente amarlo. (torna su)
(71) Nell'assurdità dell'azione di Carla si rispecchia l'assurdità del reale ("Die absurde Tat ist ohne die absurde Welt nicht denkbar", M. Raether, op. cit., p. 133), l'assurdità di un mondo dominato, si potrebbe dire con Zima, dal "Tauschwert". D'altra parte, tenendo presente quella parodia quasi 'carnevalesca' che caratterizza le azioni dei personaggi de Gli indifferenti (di cui ha parlato F. Schettino, Oggettività e presenza del narratore ne "Gli indifferenti" di Moravia" cit.), si potrebbe anche scorgere nell'azione di Carla una parodia dell' atto gratuito.
Ancora un'osservazione: l'omicidio come atto gratuito è presente anche in uno dei primi racconti di Moravia, Delitto al circolo di tennis del 1928, e nel romanzo Le ambizioni sbagliate. Nel racconto chi compie il delitto è un personaggio maschile, che è possibile accostare a Michele, nel secondo è un personaggio femminile a sua volta, per certi aspetti, vicino a Carla. (torna su)
(72) Sull'influsso di Pirandello su Gli indifferenti, aveva già detto qualcosa Giuseppe Antonio Borgese (Gli indifferenti, in "Corriere della Sera", 21 luglio 1929). Uno studio complessivo su Pirandello e Moravia, in particolare alla luce della problematica dello sdoppiamento del personaggio (penso a La vita interiore, ma anche ai romanzi Io e lui, 1971 e 1934, 1982) e della presenza dell'elemento comico (penso a Il viaggio a Roma, 1988), mi sembra che manchi nella letteratura critica su Moravia. (torna su)
(73) P. V. Zima, Gleichgültigkeit und Konformismus bei Alberto Moravia, cit., pp. 624-625. (torna su)
(74) L'unica lettura valida di questo sottovalutatissimo romanzo di Moravia è l'ottimo saggio di Vittorio Dornetti, Il funesto disordine (per un'interpretazione della "Mascherata" di Moravia), in "Studi novecenteschi", IX (1982), pp. 161-181. (torna su)
(75) Il successo de Gli indifferenti non era piaciuto al regime, il romanzo Le ambizioni sbagliate era stato boicottato, i racconti de L'imbroglio erano stati rifiutati da Mondadori, lo scrittore era ormai noto come antifascista (cfr. A. Moravia - E. Elkann, op. cit., p. 101). (torna su)
(76) "Da anni avevo addosso una bramosia, quasi un bisogno fisico di scrivere qualcosa contro la dittatura totalitaria. Ma era impossibile farlo in un libro impostato realisticamente. Bisognava presentare la satira avvolta in un pittoresco involucro di cellophane, che fosse abbastanza trasparente, ma conferisse all'insieme un aspetto festoso" (Oreste Del Buono, Moravia, Feltrinelli, Milano 1962, p. 43). (torna su)
(77) Mi sembra francamente insostenibile quanto afferma Sanguineti (op. cit., p. 51), secondo cui La mascherata sarebbe un "momento di disgregazione della primitiva problematica moraviana, giacché nei due personaggi chiave, il Saverio e Sebastiano, vengono a riproporsi i termini psicologici e vitali che caratterizzavano Michele, ma del pari degradati in clamorosa dissociazione." Non si tratta della dissociazione del personaggio di Michele, ma della continuità e dello sviluppo dei due fondamentali personaggi del primo romanzo: Michele e Carla. (torna su)
(78) Cfr. Paolo Spriano, Storia del Partito comunista italiano, vol III: I fronti popolari, Stalin, la guerra, Einaudi, Torino 1970. Parlando di colui che egli crede essere uno dei capi del partito rivoluzionario (mentre è in realtà un provocatore della polizia), Saverio afferma: "E' un capo [...] tanto più forte, più consapevole, più deciso di noi... dovremmo tutti imitarlo, prenderlo a modello... ma come si fa? noi siamo e ci sentiamo gregari... lui invece è nato per comandare" (A. Moravia, La mascherata, cito dalla XXI edizione Bompiani 1981, p. 51).
Il bersaglio di questa spietata parodia del culto della personalità, più che Mussolini, sembra essere Stalin. E' interessante notare come appunto in tale contesto torni, in modo grottesco, la problematica della "giustificazione assoluta": "Mentre prima egli [Saverio] non aveva saputo che cosa fosse agire [...], adesso era spinto in avanti da una necessità irresistibile, avvertiva sotto ogni sua parola, ogni suo atto, una giustificazione assoluta" (ivi, p. 34). - Si noti infine questo particolare: La mascherata fu in un primo tempo lasciata passare da Mussolini, solo in seguito fu sequestrata (cfr. "Cronologia" curata da G. Pampaloni nel volume già citato A. Moravia, Opere 1927-1947, pp. LXVI-LXVII). Il motivo per cui Mussolini lasciò passare il romanzo non fu forse il fatto che l'alternativa rivoluzionaria al fascismo vi appariva sotto una luce così grottesca e gratuita? (torna su)
(79) Cfr. A. Moravia, Intervista sullo scrittore scomodo, cit., p. 6; e A. Moravia - A. Elkann, op. cit., p. 122. (torna su)
(80) "[Leo] guardò Carla [...]; ma il sentimento che gliene derivò fu differente, nessuna pietà o malinconia, soltanto una vanità, un orgoglio di essere la vivente fatalità di quella vita", Gli indifferenti, cit., p. 77. La figura del provocatore, i suoi rapporti con l' 'attante' rappresentato da Leo Merumeci meritano un'analisi che qui mi è impossibile fare; tanto più che Moravia riprenderà il tema, in particolare nel romanzo 1934 (1982), e per certi aspetti nella stessa Vita interiore. Mi propongo di riprendere l'argomento in altra sede. (torna su)
(81) Il racconto è compreso nella raccolta L'epidemia (1944). (torna su)
(82) Non si dimentichi il saggio La speranza ovvero Cristianesimo e Comunismo, scritto nel 1942 e pubblicato nel 1944 per i tipi della casa editrice Documento, e i due articoli antifascisti pubblicati sul giornale "Il popolo di Roma", diretto da Corrado Alvaro: Folla e demagoghi (25 agosto 1943) e Irrazionalismo e politica (8 settembre 1943). E' possibile leggerli in A. Moravia, Impegno controvoglia, cit.; Moravia accettò di scrivere sul giornale di Alvaro perché "trasportato dalla logica degli avvenimenti, che in quei tempi era sinonimo di impegno" (ivi, p. V). Si veda Speranza, impegno, critica: 1942-1943. (torna su)
(83) Particolarmente importanti, a questo proposito, sono le note su Il comunismo al potere e i problemi dell'arte, apparse su "Nuovi Argomenti" nel 1953, ora in A. Moravia, L'uomo come fine, cit., pp. 159-186. (torna su)
(84) La critica è aperta, come sempre, quando è in gioco la libertà dell'arte. Nel 1968 nella sede de "L'Espresso" cinque studenti dell'università di Roma, esponenti di spicco del movimento di contestazione, si confrontarono con Moravia (Processo a Moravia, in "L'Espresso", 25 febbraio 1968, ora in A. Moravia, Impegno controvoglia, cit., pp. 93-102). Moravia, tra l'altro, disse: "Voi, in altre parole, volete un'arte completamente politicizzata. Quanto a me, non scrivo articoli politici sul Corriere, come non li scriverei sull'Unità. Non ho partito, odio i partiti. Non mi ci iscriverei neppure morto. Diventerei uno strumento e non potrei essere utile a nessuno neppure al partito al quale aderissi" (ivi, p. 100). (torna su)
(85) A. Moravia A. Elkann, op. cit., p. 244. (torna su)
(86) A. Moravia, Intervista sullo scrittore scomodo, cit., p. 13 (torna su)
(87) Ivi. (torna su)
(88) [...] lo stalinismo è stato una specie di religione politica, clericale e dogmatica. Della religione vera imitava la parte peggiore, il fideismo. Il regime stalinista si basava sull'idea che la morte fosse l'argomento dialettico per eccellenza, la prova della verità giustificatrice della tirannide. L'abuso paranoico di questa prova da parte di Stalin ha dimostrato la superiorità della ragione. Ma non a tutti. Le Brigate rosse si sono messe sulla sua strada", ivi, pp. 13-14. (torna su)
(89) Cit. (cfr. nota 83), p. 166. (torna su)
(90) Ivi, p. 173. (torna su)
(91) "I giovani del Sessantotto, e quelli che sono venuti dopo, pensano che il mondo vada cambiato, cambiato con la violenza, ma non vogliono sapere perché e come cambiarlo. Non vogliono conoscerlo, e dunque non vogliono conoscere se stessi", E, Siciliano, op. cit., pp. 99-100. (torna su)
(92) Superfluo ricordare a questo proposito il romanzo breve di Moravia, La disubbidienza (1948). (torna su)
(93) A. Moravia, La vita interiore, cit., p. 400. (torna su)
(94) Ivi, p. 398. Trasparente il riferimento all' 'ideologia della P 38', cfr. nota 26. (torna su)
(95) Queste sono solo le linee essenziali del romanzo che merita un'analisi puntuale di ben altre dimensioni. (torna su)
(96) Non si dimentichi che le prime parole di Desideria sono: "Mi chiamo Desideria e ho avuto una voce", ho avuto: il personaggio cerca l'autore cui raccontare la propria esperienza dopo la scomparsa della "Voce". (torna su)
(97) A. Moravia A. Elkann, op. cit., p. 267. (torna su)
(98) N. Ajello, Un impegno contro voglia, cit., p. 16 (torna su)
(99) Ivi, p. 14. (torna su)
(100) Cfr. nota 66. (torna su)
(101) Sull' 'intellettualismo' di Moravia, soprattutto a partire da La noia, cfr. F. Schettino, Proposta di lettura-guida di Moravia con note di metodologia, cit. (torna su)
(102) A. Moravia, La vita interiore, cit., p. 410. (torna su)
(103) Di "trovata moderna" ha parlato - a proposito del finale del romanzo, quando appunto Desideria dichiara al narratore di non esistere se non nella sua scrittura - Sandro Briosi sotto la voce Alberto Moravia, per il Dizionario critico della letteratura italiana, diretto da Vittore Branca, UTET, Torino, prima edizione: 1974, seconda edizione (cui qui si fa riferimento): 1986, p. 226. (torna su)
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L'autore di questo ipertesto è Giovanni Lanza il cui sito è qui: www.giovanni-lanza.de/alberto moravia.htm
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Ultimo aggiornamento: 17-04-12.