AGOSTINO D'IPPONA (354-430): il dubbio

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AGOSTINO D'IPPONA (354-430): IL DUBBIO

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Giuseppe Bailone

La prima opera di Agostino dopo la conversione è il Contra academicos, uno scritto polemico in tre libri contro lo scetticismo.

La conversione ha posto fine a un lungo periodo di dubbi che ha segnato il suo distacco dalla religione manichea e dalle ambizioni di successo mondano. Uscito dal tunnel del dubbio e delle incertezze esistenziali, Agostino torna a più riprese a riflettere sul dubbio, un’esperienza importante ma ambigua dell’esistenza. Nel dubbio, infatti, ci si può perdere, se si cede alla seduzione degli scettici che fanno del dubbio la risposta ai problemi, ma si può anche trovare la via per uscirne e approdare alla verità.

Rinato a nuova vita, abbracciata una nuova verità filosofica e religiosa, fatta di neoplatonismo e di cristianesimo, Agostino vede nello scetticismo il pericolo superato e, una volta diventato pastore della comunità cristiana, il primo nemico da combattere. Gli argomenti polemici presentati nel Contra academicos vengono, infatti, ripresi e rielaborati anche in altre opere e trovano l’espressione più matura, non a caso, nel De Trinitate, il suo scritto teologico più impegnativo e sulla questione centrale della religione cristiana. Investito del compito di diffondere e difendere la Verità, Agostino deve combattere e confutare chi sostiene impossibile l’accesso alla verità sicura e definitiva. Lo scetticismo è per Agostino quel che oggi è per le gerarchie ecclesiastiche il relativismo.

Gli scettici hanno ragione a mettere in guardia sull’attendibilità delle sensazioni, sul rischio di scambiare i sogni per realtà e di credersi saggi nella follia, ma cadono nella “follia più miserevole” se non riconoscono la certezza interiore (intima scientia) inconfutabile, quella di vivere.

Anche chi è ingannato dagli occhi e dalle orecchie vive.

Anche chi dorme e sogna e si crede sveglio vive.

Anche chi è pazzo vive.

La certezza interiore del vivere non è toccata dal dubbio sui sensi, né dal dubbio sulla propria condizione di veglia o di sonno, neppure dal dubbio della follia. In qualsiasi condizione si trovi, anche di confusione sensibile, di sogno o di follia, chi afferma di sapere di vivere non s’inganna.

Questa verità inconfutabile può, inoltre, diventare oggetto di ulteriore sapere e aprire una via di ricerca teoricamente infinita: il sapere di vivere, diventa sapere di sapere di vivere, poi, sapere di sapere di sapere di vivere ecc.

La stessa cosa succede se si avvia il percorso sulle certezze della volontà: non s’inganna chi dice di voler essere felice, né s’inganna se dice di sapere di voler essere felice, poi, di sapere di sapere di voler essere felice, e così via all’infinito.

“Così se qualcuno dice: “Non voglio sbagliare”, non sarà forse vero che, sia che egli si sbagli, sia che non si sbagli, in ogni caso è vero che egli non vuole sbagliare? Chi avrà l’impudenza di dirgli: “Forse t’inganni”? perché è fuori dubbio che, sebbene s’inganni su tutte le altre cose, non s’inganna su questa: che non vuole ingannarsi. E se dice che sa questa verità, aumenta il numero delle sue conoscenze, quanto vuole, fino ad ottenere un numero infinito. Infatti colui che dice: “Non voglio ingannarmi e so che non lo voglio e so di sapere questo” può già, sebbene sia difficile esprimerlo, mostrare che vi è la fonte di un numero infinito”.1

Ma, essendo di fatto impercorribile una strada infinita, si raggiunge una nuova e distinta conoscenza, quella che l’infinito non è pensabile né esprimibile.

Sconfitto lo scetticismo con il ricorso alle certezze interiori, Agostino sgombera la strada anche alle verità esterne, quelle che possono arrivarci solo dai sensi o dalla testimonianza di altri.

“Ma sia lungi da noi il dubitare della verità delle cose che si attingono per mezzo dei sensi del corpo: è per mezzo di essi che abbiamo conosciuto il cielo e la terra e quelle cose che essi contengono e che ci sono note nella misura in cui il nostro e il loro Creatore ha voluto farcele conoscere. Sia pure lungi da noi il negare la scienza che abbiamo appreso per testimonianza di altri, altrimenti noi non sappiamo che c’è un Oceano, non sappiamo che ci sono dei territori e delle città che la loro rinomanza ha reso molto celebri, non sappiamo che sono esistiti degli uomini e le loro opere che la lettura degli storici ci fa conoscere; non sappiamo le notizie che ogni giorno ci pervengono da tutte le parti e che sono confermate da prove concordanti e costanti; infine non sappiamo dove e da chi siamo nati, perché non accettiamo tutte queste conoscenze basandoci sulle testimonianze degli altri. Se è dunque il colmo dell’assurdità affermare questo, dobbiamo confessare che non solo i nostri sensi corporei, ma anche quelli degli altri hanno arricchito il nostro sapere di numerose conoscenze”.2

L’argomentazione agostiniana antiscettica trova, poi, nel De civitate Dei, la sua espressione più efficace e più celebre: “Se mi inganno sono (si fallor sum)”. Agostino sta parlando dell’immagine della Trinità nell’uomo.

“Noi, benché non uguali a Dio, anzi infinitamente distanti da Lui, poiché, tra le sue opere siamo quella che s’avvicina di più alla sua natura, riconosciamo in noi stessi l’immagine di Dio, ossia della SS.ma Trinità (…) Infatti noi esistiamo, sappiamo di esistere, e amiamo il nostro essere e la nostra conoscenza. In queste cose non ci turba nessuna ombra di falsità (…) Senza alcuna rappresentazione della fantasia, io sono certissimo di essere, di conoscermi e di amarmi. Davanti a queste verità non pavento gli argomenti degli Accademici che dicono: “E se t’inganni?”. Se m’inganno sono. Non può ingannarsi chi non esiste; se m’inganno, per ciò stesso sono (…) né m’inganno nell’amare me stesso, perché in ciò che amo non posso ingannarmi; e se anche fosse falso ciò che amo, sarebbe vero che io amo cose false, ma non sarebbe falso che io mi ami”.3

Il dubbio è un’esperienza interiore. Comincia con la sensazione delle cose esterne che ha carattere incerto. Non lo si supera cercando appigli nelle cose, aggrappandosi alla realtà esterna e cercando in essa il fondamento della verità. La via dell’esteriorità offre sempre nuovi appigli al dubbio: cercare verifiche esterne è un po’ come frenare sul ghiaccio.

Il dubbio si supera solo approfondendo la sua esperienza interiore.

Agostino è il filosofo della natura interiore, intima, della verità.

Note

1 De Trinitate, XV, 17, 21.

2 De Trinitate, XV, 17, 21.

3 De civitate Dei, XI, 26.


Fonte: ANNO ACCADEMICO 2009-10 - UNIVERSITA’ POPOLARE DI TORINO

Torino 30 gennaio 2010

Giuseppe Bailone ha pubblicato Il Facchiotami, CRT Pistoia 1999.

Nel 2006 ha pubblicato Viaggio nella filosofia europea, ed. Alpina, Torino.

Nel 2009 ha pubblicato, nei Quaderni della Fondazione Università Popolare di Torino, Viaggio nella filosofia, La Filosofia greca.

Due dialoghi. I panni di Dio – Socrate e il filosofo della caverna (pdf)

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Aggiornamento: 26-04-2015