LA GRECIA TRA ORIENTE E OCCIDENTE
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Il periodo arcaico (IX - VII/VI secolo a.C.) Alla società dei "pari", quella cioè delle etnie vincitrici sui precedenti abitatori ellenici, col tempo e gradualmente se ne sostituì dunque una nuova, caratterizzata da una fascia sempre più ristretta di grandi proprietari terrieri, cui si affiancavano una classe intermedia, quella cioè dei piccoli proprietari, e una "subalterna", quella dei poveri: individui a volte giuridicamente liberi seppure privi di proprietà indipendenti (teti), altre volte invece anche giuridicamente asserviti, peraltro di solito ai membri più ricchi della comunità (i nobili). (a) Coordinate generali dell'epoca arcaica Tendenza propria di tutta l'epoca arcaica fu poi soprattutto quella a un inasprimento del divario e delle differenze sociali esistenti tra i nobili e i non nobili!
Ma una tale situazione dava inevitabilmente adito anche a dei forti attriti nel seno della stessa società arcaica. I ricchi infatti, seppure in sostanza detentori delle principali leve politiche e militari della società, non potevano ignorare le frequenti proteste (non di rado peraltro sfocianti in rivolte…) delle fasce più umili della popolazione, le quali reclamavano condizioni di vita più umane - ovvero un ammorbidimento dei vincoli che li legavano ai grandi proprietari, e un possesso più sicuro delle proprie proprietà agricole. E fu proprio - come vedremo - una tale situazione di esasperata conflittualità sociale (cioè di esasperata lotta di classe) a porre le basi stesse degli sviluppi successivi - tanto sociali ed economici, quanto geografici - del mondo greco, ovvero della transizione dall'epoca arcaica a quella classica. (b) I villaggi come centri del potere politico Un altro cenno va fatto in merito all'evoluzione dei villaggi, a partire dal cosiddetto "Periodo oscuro" (XII - IX se.) fino a quello più propriamente Arcaico (IX - VII sec.) Se in epoca micenea (e prima ancora, in epoca minoica) centro della vita sociale, quantomeno in senso politico o decisionale, era stata la corte o il Palazzo, nel periodo oscuro il frazionamento dei più vasti stati micenei in territori di minori dimensioni, aveva reso nuovamente i villaggi (ovvero i vari centri locali) il centro delle attività politiche e gestionali dello "stato". Queste ultime ovviamente non erano delegate né alla popolazione nella sua totalità, né alla volontà di un sovrano o di una ristrettissima èlite dirigente (il suo seguito). Adesso erano infatti le popolazioni dominatrici, attraverso le proprie antiche strutture gentilizie, a costituire la guida e il centro direttivo della comunità. Il villaggio diveniva così il luogo della discussione politica - se così la si vuole chiamare - e della concertazione delle decisioni riguardanti l'intera comunità, da parte del corpo sociale dei 'paria', cioè dei componenti della stirpe guerriera conquistatrice. Molto probabilmente del resto, un ruolo analogo il villaggio lo avrebbe svolto nel successivo periodo arcaico, nel quale tuttavia - come si è appena visto - il progressivo restringimento dei proprietari terrieri indipendenti (quindi, presumibilmente, secondo la mentalità greca, di coloro cui spettavano diritti di natura politica) avrebbe determinato un consistente assottigliamento della stessa classe politica e decisionale! Nell'epoca arcaica insomma, sorgeva quella società degli 'aristoi' (i migliori) - ovvero una società di natura oligarchica ed aristocratica - che tanta parte avrebbe poi avuto nei destini del mondo ellenico: e ciò peraltro, anche nel periodo di maggiore diffusione dei regimi democratici, ovvero in epoca classica. (c) Sviluppi coloniali del mondo arcaico Ma fu dal seno stesso del mondo arcaico (come già si è accennato) che presero avvio quelle rivoluzioni che, col tempo, decretarono la nascita di un nuovo tipo di società, fondata su un'organizzazione economica, sociale e politica profondamente diversa da quella d'origine. Essenziale in tal senso, fu l'evento (o meglio gli eventi) della grande colonizzazione greca non soltanto delle antistanti coste ioniche, ma anche di quelle occidentali della Spagna e dell'Italia, tra VIII e VI secolo. - Cause della Grande colonizzazione - Già nel periodo dei Regni Micenei e in quello dell'invasione dei Dori, si erano avuti vasti fenomeni migratori e di fondazione di colonie nelle regioni asiatiche e - seppure in minor grado - in quelle occidentali. Soprattutto i secondi inoltre, avevano ampliato in modo sostanziale gli orizzonti geografici e culturali della già variegata compagine ellenica. Ma fu con la cosiddetta "Grande migrazione" - avvenuta a partire dall'ottavo secolo circa - che la civiltà greca conobbe una definitiva 'esplosione' e diffusione come civiltà egemone e trainante nel circostante mondo mediterraneo, oltre che nelle regioni della Propontide e del Mar Nero e, in misura minore, in quello caucasico. Se nel periodo della discesa in Grecia dei Dori (XII sec.) la causa scatenante della migrazione di molti popoli verso (soprattutto) le antistanti regioni anatoliche era stata l'invasione da parte di nuove e bellicose popolazioni conquistatrici (armate tra l'altro di micidiali armi in ferro…) delle loro precedenti sedi, nel periodo in questione tale causa fu invece costituita soprattutto dall'esigenza di procacciarsi terre vergini su cui insediare parte almeno di quella popolazione minuta che un'aristocrazia terriera fattasi col tempo - come si è visto - sempre più ingorda, aveva gradualmente espropriato e ridotto in miseria. Con questo però, non si deve credere che la migrazione dell'ottavo secolo fosse un fatto eminentemente 'proletario'. Le spedizioni che resero possibile un tale fenomeno infatti, furono molto spesso guidate da esponenti dei ceti nobiliari, cui tuttavia si accodavano sempre anche vasti strati popolari. - Trasformazioni del mondo ellenico nel periodo della Grande colonizzazione - E' un fatto, in ogni caso, che la principale conseguenza di un tale fenomeno divenisse col tempo - oltre ad uno smisurato ampliamento dello stesso mondo greco! - anche quella di alleggerire i drammatici conflitti sociali che sorgevano dalla sempre crescente sproporzione patrimoniale delle terre e dei beni di consumo tra ricchi e poveri (un fattore, oltre a tutto, ulteriormente esacerbato dalla tendenza del mondo greco ad una crescita demografica). Ma le colonie non portarono solo ad alleggerire i conflitti di classe delle regioni di provenienza, divenendo presto - almeno in buona parte - dei centri economici nei quali, oltre alle più comuni attività agricole di sussistenza, si svolgeva un'intensa vita commerciale ! In particolare, i greci emigrati in terre lontane si specializzarono nel commercio con le popolazioni indigene, i cui territori erano spesso più fertili e ricchi di quelli dei loro paesi d'origine e la cui materie prime (cereali, uva… ma anche metalli) essi potevano di solito facilmente scambiare con i propri manufatti (i greci erano maestri, ad esempio, nell'arte vasaia), rivendendole poi in buona misura ai rispettivi stati di provenienza (stati con cui, chiaramente, esse intrattenevano relazioni molto strette). Un tale afflusso di materie prime a 'basso costo' nelle città della madrepatria determinava inoltre, un notevole abbassamento del loro costo, e di conseguenza anche un innalzamento del tenore di vita di tutta la popolazione, e in primo luogo delle fasce più povere. Anche da questo punto di vista, dunque, le colonie costituirono un potente mezzo di crescita per i ceti non nobiliari, ovvero l'occasione per questi di un sensibile miglioramento delle proprie condizioni di vita, ponendosi così all'origine di quella rinascita politica e culturale che avrebbe caratterizzato il successivo periodo classico. A ciò si aggiunga poi che, sui tempi lunghi, le trasformazioni sociali che abbiamo delineato per il mondo delle colonie si sarebbero trasmesse (per una sorta di 'contagio') anche agli stati della madrepatria - ovvero, più in generale, a quelli d'origine, che erano spesso a loro volta colonie (eoliche doriche e ioniche) risalenti ancora al periodo delle migrazioni doriche. I frequenti scambi commerciali con le colonie infatti, avevano gradualmente fatto sorgere anche in questi ultimi una vasta classe commerciale e artigianale, e più in generale una classe imprenditoriale le cui attività (produttive e redistributive) erano molto diverse da quelle connesse con un'economia di tipo agrario - fino ad allora larghissimamente prevalente in Grecia. I commerci d'altronde, portavano con sé delle nuove forme di arricchimento, di carattere monetario, estremamente diverse da quelle derivanti dalle attività puramente agrarie e di consumo delle classi fondiarie, nobiliari e non. Le città (prodotto dello sviluppo delle più antiche strutture gentilizie e tribali) divenivano insomma, oltre che - come già era avvenuto in passato - le sedi delle attività politiche e decisionali e di quelle genericamente 'culturali', anche i luoghi preposti allo svolgimento di un nuovo tipo di attività economiche (o che quantomeno, trovavano in esse una forma nuova di svolgimento): quali erano quelle artigianali/industriali e quelle mercantili (assieme a quelle ad esse naturalmente connesse: ex l'attività bancaria…) Analizzeremo meglio, nel prossimo paragrafo, le implicazioni di fondo di tali trasformazioni sociali sul mondo greco. (1) Per farci un'idea dell'organizzazione economica del
periodo arcaico possiamo affidarci al celebre testo di Esiodo, "Opere e giorni",
laddove questi ci parla - ad esempio - del timore costante che attanagliava i
piccoli/medi proprietari, di perdere la propria libertà a causa
dell'impossibilità di onorare i propri debiti con i più ricchi proprietari
terrieri (nobiltà). |
a cura di Adriano Torricelli