L'EPOPEA DI GILGAMESH
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Come nacque la biblioteca
«Ordine del re a Shadânu. Il giorno stesso in cui tu vedrai questa mia tavoletta, prendi con te Shuma..., Beletir… Aplâ… e gli altri eruditi di Borsippa che tu conosci. Raccogli tutte le tavolette che si trovano nella loro casa o che sono depositate nell’Ezida [=tempio di Borsippa, «tempio fedele in eterno»], per quanto numerose siano, nonché le tavolette rare che si trovano nei tuoi archivi e non esistono in Assiria, cerca anche queste e spediscimele… Inoltre, se trovi qualche tavoletta che non ti ho menzionato nella mia lettera e che tu ritieni buona per il mio palazzo spediscimela!». (Lebory-Waterman, Royal Correspondence of the Assyrian Empire, Ann Arbor, 1930-31, vol. IV, p. 213, n. 6, ripresa da R. Labat in Storia Universale Feltrinelli 4, p. 94). Egli inoltre si vanta di saper leggere e scrivere l'accadico e il sumerico e di avere un bagaglio di conoscenze pari a quello del saggio Adapa (1): «Ho appreso ciò che il saggio Adapa ha portato agli uomini, il senso nascosto di tutta la conoscenza scritta. Sono iniziato nella scienza dei presagi del cielo e della terra. Sono in grado di partecipare a una discussione in un consesso di sapienti, di discutere la serie epatoscopica con gli indovini più esperti. So risolvere i ‘reciproci’ e i ‘prodotti’ che non hanno soluzione data. Sono esperto nella lettura dei testi eruditi, il cui sumerico è oscuro e il cui accadico è difficile da portare alla luce. Penetro il senso delle iscrizioni su pietra anteriori al Diluvio, che sono ermetiche, sorde e ingarbugliate». (Iscrizione "L" righe 13-18. Traduzione di R. Labat, in Storia Universale Feltrinelli 4, p. 93). La realizzazione di una grande biblioteca o il mecenatismo verso le arti erano segni distintivi di potere, ma anche gesti in linea con la tradizione mesopotamica. Molti sovrani, prima del re assiro, realizzarono biblioteche in tal numero che ancor oggi si continuano a scoprire siti zeppi di tavolette. Tra i sovrani che precedettero i lustri di Assurbanipal ricordo Shulgi (2094-2047 a.C.) della III dinastia di Ur (epoca del cosiddetto «rinascimento sumerico»). Egli fondò biblioteche nelle città di Ur e Nippur e molto celebre è il suo inno: In eterno la Casa delle tavolette andrà preservata, Pensate ancora che il titolo «culla della civiltà» dato alla Terra tra i Fiumi sia un semplice eufemismo? I "tesori" della bibliotecaAll'epoca della scoperta la raccolta di Assurbanipal superava le 20.000 tavolette. Fra queste 35 erano relative all'epopea di Gilgamesh. Le biblioteche mesopotamiche si distinguevano in raccolte di esercizi scolastici (es. biblioteca di Sultantepe), archivi amministrativi (es. biblioteche di Ebla e di Mari) e vere e proprie biblioteche letterarie spesso localizzate all'interno del tempio (Nippur, Ur, Isin, Me-Turan). Le biblioteche più ricche erano quelle reali, dove le opere venivano meticolosamente catalogate per titolo, per genere, per lunghezza e per supporto (tavoletta d'argilla o assicella ricoperta di cera). Ma a Ninive sono state rinvenute anche biblioteche private, le sole ad essere sopravvissute alla caduta di Babilonia (618 a.C.). Proveniva da queste collezioni private la maggior parte dei documenti fatta confiscare da Assurbanipal per dar lustro alla sua biblioteca (p. 33 McCall 95). Basta scorrere i cataloghi del tesoro epigrafico rinvenuto nel palazzo di Ninive per capire che il sovrano aveva fatto raccogliere un immenso materiale, appartenente ai vari campi della letteratura. Va tuttavia chiarito che l'impero assiro ebbe parte marginale nella formazione del cosiddetto patrimonio culturale "assiro-babilonese" (Bot 1992, p. VII). Nessuna città assira assunse mai un ruolo paragonabile a quello dei maggiori centri di cultura che furono le metropoli di Eridu, Nippur e Babilonia. Tuttavia, mai prima degli assiri si era avuto nella Terra di Sumer e di Accad impero più compatto e incontrastato. Fu proprio l'Assiria, da sempre tributaria della cultura "babilonese", a riconoscersene la più fedele erede (si pensi alla cerimonia dell'akitu del dio Assur, ereditata pari pari da quelle celebrate a Marduk in Babilonia). Ed è così che nella biblioteca voluta da Assurbanipal venne raccolta la summa dello scibile mesopotamico. Ma il valore della biblioteca va oltre l'avere saputo conservare testi «tradizionali» (religiosi, epici, cronachistici, scolastici e divinatori). Ad essi si aggiungono i numerosissimi documenti attinenti la vita stessa della comunità come
Bellissimi esempi di lettere indirizzate al sovrano assiro dagli intellettuali di corte (il capo-scriba, il capo-aruspice, il capo-esorcista, il capo-medico, ecc.) si possono leggere in Fal 1992. Sono sicuramente questi ultimi il materiale documentario più importante per il lavoro dell'assiriologo nella ricostruzione del passato della Mesopotamia. Dalla suddetta antologia mi piace riportare due esempi. Il primo è la direttiva sul rito dell'akitu puntigliosa ai limiti della comicità: «Domani è la festa di Shatru. La dea Ishtar arriverà dalla città
di Milqia e farà il suo ingresso dinanzi al re; e il re entrerà successivamente.
Oppure il re entrerà (per primo) e successivamente farà il suo ingresso la dea
Ishtar. Il mio signore scriva come è più gradito e si opererà di conseguenza. Ma
forse la dea Ishtar potrebbe entrare da una parte, e il re dall'altra...» Il secondo esempio è la commovente supplica di un esorcista caduto in disgrazia presso il sovrano: "Che il mio re voglia prestare attenzione al caso del suo servo,
che il re voglia esaminare la vicenda per intero. All'inizio, al tempo del padre
del re mio signore, io ero un miserabile, figlio di un miserabile. Egli mi tirò
fuori dal letamaio; ricevevo da lui doni cerimoniali; tra gente rispettabile il
mio nome veniva pronunciato. Quando il mio signore divenne principe ereditario,
ricevetti avanzi insieme agli altri esorcisti. Stavo costantemente alla finestra
compiendo l'osservazione degli astri. Per tutti i giorni in cui fui al suo
servizio, rispettati i divieti; non entrai nella casa né di un eunuco né di un
cortigiano senza il suo permesso. Nella tradizione scolastica la creazione della biblioteca, appare come il realizzarsi del desiderio di un sovrano pio e dottissimo. Questo è solo in parte vero. Ricordo che, con Assurbanipal, l’impero assiro raggiunge la massima potenza militare ed espansione territoriale (669-631 a.C.). Ma ai paesi assoggettati (come l'Egitto o Susa) non sono concesse autonomie e il governo assiro si mantiene più che su regolari tributi, su una vera economia di rapina. Le popolazioni che tentavano resistenza erano sterminate e deportate ed ogni campagna di guerra veniva condotta con programmata spietatezza [Pro 1986, p. 84]. Tutto ciò è meticolosamente registrato negli annali, dettati dallo stesso Assurbanipal, conservati per secoli nella biblioteca. Con la biblioteca insomma il sovrano intende celebrare soprattutto la sua potenza, la potenza effimera di un impero che collasserà poco tempo dopo la morte di questo dispotico e geniale sovrano (2). "Assur in un sogno
nominò Saggio il padre del padre del re mio signore. Il re, signore dei re, è
progenie di un saggio - anzi è Adapa medesimo. Tu hai superato
la sapienza dell'Abisso e di tutti gli studiosi. La Collezione KouyunjikLa scoperta archeologica della biblioteca di Assurbanipal avvenne nel 1852 ma rimase senza paternità per due motivi. Il primo è che Hormuzd Rassam, il probabile scopritore di una parte o forse di tutta la Biblioteca, commise un furto ai danni degli archeologi francesi Loftus e Boutcher che avevano trovato il palazzo di Assurbanipal. Il secondo è che non si sa quali reperti Rassam sottrasse, poiché al British Museum le tavolette "trovate" da Rassam non furono separate da quelle recuperate in precedenza dall'archeologo Henry Layard. Naturalmente Rassam continuò a rivendicare nelle sue memorie che la famosa tavoletta del Diluvio faceva parte della sua raccolta (p. 86 Pet 1992). Comunque sia la raccolta Rassam-Layard assunse il nome dal tell, o collina artificiale, in cui fu ritrovata l'antica Ninive: Kouyunjik (o Kujundshik) ed includeva sia le tavolette provenienti dal palazzo di Assurbanipal sia quelle dal palazzo di Sennacherib. Le tavolette vennero marchiate con la lettera K. Celebri rimangono le K63 (racconto della creazione), la K231 (frammento dalla tav. VI) e la tavoletta del diluvio, tutte tradotte per la prima volta da George Smith. Nel 1867 George Smith venne associato a Henry Rawlinson, responsabile della collezione, per preparare le raccolte di copie delle iscrizioni. Il compito non era dei più facili a causa del pessimo stato dei reperti. Scrisse Smith nelle sue memorie: Queste tavole erano composte di creta fine e furono incise con caratteri cuneiformi quando erano ancora molli; furono poi cotte in una fornace e successivamente trasferite alla Biblioteca. Credo che questi testi vennero danneggiati durante l'assedio di Ninive, e molti di loro subirono crepe e bruciature a causa del calore sviluppatosi dall’incendio del palazzo (Smi 1876 p. 9, traduzione T. Porzano) Questo deliberato atto vandalico viene così spiegato da Deller, un noto studioso tedesco: quando Ciassare, re dei Medi, e Nabopalassar, re di Babilonia, riuscirono nel 612 a.C. a piegare l’ostinata resistenza degli assiri asserragliati nella loro capitale, ed entrarono trionfalmente nella città, rimasero sorpresi dall’alto valore artistico delle raffigurazioni con cui erano ordinate le sale del palazzo reale: non era infatti possibile che i barbari soldati assiri potessero avere un così spiccato senso dell’arte. Quando poi, soprattutto i Babilonesi, penetrarono nella fuga di stanze dove erano raccolte, come in una biblioteca, le tavolette, cominciarono a buttarle a terra e a frantumarle, distruggendo così quello che forse costituiva il patrimoni più prezioso di tutto il mondo mesopotamico. Ma la distruzione della Biblioteca continuò anche dopo la distruzione di Ninive: In seguito le rovine furono rovistate a caccia di tesori recando ulteriore danno alle tavolette. A completare la distruzione, durante i cicli primaverili, la pioggia filtrata attraverso il terreno impregnò le tavole di minerali che, crescendo, spezzarono ulteriormente le tavolette, al punto da ridurne parte in briciole (Smi 1876 p. 9, traduzione T. Porzano) Fu in queste condizioni che Smith portò avanti pazientemente l’opera di catalogazione e di classificazione che lo condusse alla scoperta della saga di Gilgamesh.
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