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La Ciociara - Dato e processo: genesi del romanzo1. L'avantesto - 2. Genesi del romanzo - 3. Tesi della letteratura critica - 4. La realtà, la memoria, i simboli: complessità della fase avantestuale de La ciociara - 5. Parafrasi riassuntiva dei capitoli - 6. Aspetti della struttura del romanzo: il "parallelismo antitetico" - 7. La categoria dell'autore implicito Si può intravedere nella letteratura critica la tendenza a distinguere La ciociara in tre parti: la prima comprenderebbe i capp. I e II, la seconda i capp. III-VIII, la terza i capp. IX-XI. Esemplare a questo proposito è quanto scrive Bertacchini [1]:
(E' necessario che il lettore tenga presente la parafrasi dei capitoli de La ciociara; le citazioni provengono dalla seguente edizione: A. Moravia, Opere complete, vol. 7. La ciociara, Bompiani, Milano 1974.)
Fermiamoci qui. Prima di tutto alcune precisazioni. Ciò che finora ho fatto non vuole essere una puntuale formalizzazione, ma piuttosto il riconoscimento di alcuni aspetti della struttura del romanzo (di qui una certa selezione e semplificazione). Per quanto riguarda categorie come "processo di miglioramento", "processo di peggioramento", ecc., mi sono rifatto al modello e alla terminologia di Claude Bremond [4]. Ciò precisato, torniamo a quanto finora osservato. Due sono gli elementi che mi interessa sottolineare: 1. i capitoli finora esaminati si richiamano secondo lo schema: I • XI; II • X; III • IX; IV • VIII 2. nell'ambito di questi richiami emerge in modo lampante il rapporto fra due personaggi: Rosetta e Michele.
Si osservi la relazione fra i capp. II • X
Il parallelismo è dato dal luogo in cui si svolge la maggior parte dell'azione: la casa di Concetta, ma la situazione ‑ ciò che in questo luogo accade - è capovolta, e l'antitesi è data dall'atteggiamento di Rosetta e dalla consapevolezza di Cesira del fallimento del proprio progetto. Si legga:
La solita Concetta: la fuga (e il progetto) per evitare un pericolo, il fallimento, la metamorfosi di Rosetta, tutto ruota e si capovolge intorno alla solita Concetta e alla sua casa: il passo nella sua unitarietà sottolinea e sintetizza il parallelismo antitetico di cui stiamo discutendo. Si osservino, ora, le relazioni che intercorrono fra i capp. III • IX e IV • VIII
Il processo di miglioramento caratterizza in parallelo le relazioni fra i capitoli. L'antitesi è segnata dalla 'scomparsa' di Michele e, soprattutto, dallo stupro subito da Rosetta. Ma c'è qualcosa di più. Il parallelismo antitetico non è dato solo dal ripetersi, problematico ambiguo capovolto, della funzione "processo di miglioramento", ma anche dal ruolo di due personaggi: Rosetta, per quanto riguarda i capp. III • IX , Michele, per quanto riguarda i capp. IV • VIII. Vale a dire: il parallelismo è dato da un personaggio, l'antitesi è data dal capovolgimento del carattere o dalla 'scomparsa' del personaggio. - Ancora qualcosa merita attenzione. Nel cap. III, come del resto in buona parte del romanzo, Rosetta è in ombra, per quanto riguarda l'azione vera e propria; a partire dal cap. IX il personaggio esce dall'ombra e si impone progressivamente alla madre (e al lettore). Viceversa, nel cap. IV, come del resto in buona parte del romanzo, Michele è in primo piano; nel cap. VIII la sua scomparsa è quasi marginale, in ombra, immersa nel clima generale della Liberazione: ancora una volta parallelismo e antitesi. I capitoli III, IV, VIII, IX formano un 'quadro' fortemente strutturato. Se li consideriamo nell'ordine in cui sono posti in relazione, III • IX; IV • VIII, ritroviamo paradossalmente un tipo di ordine cronologico: infatti, nel cap. III le due donne giungono a Sant'Eufemia e compare, anche se in modo non ancora centrale, Michele; nel cap. VIII 'scompare' Michele e le due donne lasciano Sant'Eufemia. Ma particolarmente importante è che se li consideriamo nell'ordine in cui sono effettivamente disposti nel romanzo, vediamo che essi formano un chiasmo incentrato su Rosetta e Michele, un chiasmo che esprime in modo paradigmatico la legge del parallelismo antitetico:
Non solo, dunque, il cap. IX, che secondo una superficiale divisione del romanzo apre la terza parte, è in realtà strettamente connesso con i capp. III, IV, VIII, ma soprattutto i quattro capitoli nel loro insieme formano un blocco, il cui complessivo valore segnico - a parte il parallelismo antitetico, che vale anche per gli altri capitoli considerati - si concretizza nel chiasmo che Rosetta e Michele formano e nel fatto che Michele viene, per così dire, 'abbracciato' da Rosetta. La struttura pone in rilievo due personaggi, o meglio la relazione che lega due personaggi: questa relazione (e non l'ingenua 'seconda parte': capp. III-VIII) sembra essere il 'cuore' del romanzo. Consideriamo ora brevemente i capitoli V, VI, VII. I capitoli V e VII sono in una relazione anomala rispetto a quelle in cui sono gli altri capitoli. Entrambi si aprono e si chiudono con un riferimento agli inglesi (e qui è il parallelismo), ma nel cap. V l'antitesi è interna al capitolo stesso (all'inizio l'attesa degli inglesi, alla fine l'arrivo dei bombardamenti inglesi), mentre nel cap. VII l'antitesi è in prospettiva (all'inizio la notizia dello sbarco ad Anzio, alla fine la notizia dell'offensiva inglese, ma Cesira dice che "l'avanzata degli inglesi ci avrebbe portato nuovi guai. Le difficoltà non facevano che cominciare"). Il parallelismo in entrambi i capitoli viene rafforzato da un simbolo: la grotta. Nel cap. V Tommasino impazzito si rifugia in una grotta, nel cap. VII Michele, Cesira, Rosetta a Sassonero incontrano gli sfollati, fra cui un prete impazzito, in una grotta. Il riferimento agli inglesi, che caratterizza entrambi i capitoli in modo simmetrico, è il riferimento a un fatto storico. Orbene, al centro di questi due capitoli, ‘abbracciato' da essi si trova, isolato, il cap. VI. Si legga quanto dice Cesira in questo capitolo:
Non può essere un caso: nel cap. VI, cioè al centro, nel 'cuore' del romanzo, si è nel 'cuore' della guerra, nel cuore del fondamentale avvenimento storico che La ciociara modellizza. E se è vero che la storia è presente in tutto il romanzo, è anche vero che essa, e la guerra e la disperazione e lo stato di pazzia in cui possono ridursi gli esseri umani (nel cap. VI compare una ragazza impazzita che completa la linea tracciata da Tommasino e dal prete sfollato), sono presenti in modo particolarmente denso nel nucleo formato dai capitoli V, VI, VII. La struttura sintagmatica complessiva si presenta così:
Si ha una sorta di parabola: il punto più alto è il nucleo V-VI-VII, cioè la storia. Fino a questo punto la parabola è stata ascendente: il progetto di miglioramento, il miglioramento attuato, Rosetta "perfetta", centralità di Michele. A partire da quel nucleo la parabola è discendente: scompare Michele, scompare Rosetta "perfetta", fallisce il progetto di Cesira. Al centro del nucleo V-VI-VII, cioè nel cap. VI, vi è un rapporto che si potrebbe definire rapporto speranza-realtà: la speranza di Michele nel mondo nuovo portato dagli inglesi, la realtà dei rapporti di classe di cui parla l'ufficiale tedesco. Michele, inoltre, occupa due posizioni particolarmente significative: nella fase ascendente si trova fra il progetto di Cesira, che sembra attuarsi, e Rosetta "perfetta" da una parte, e la storia dall'altra; nella fase discendente si trova fra la storia da una parte e la scomparsa di Rosetta "perfetta" con fallimento del progetto dall'altra. Infine, la scomparsa di Michele è nello stesso capitolo in cui compaiono gli alleati, per cui si ha la seguente linea: scompare Michele, compaiono gli alleati e, subito dopo (cap. IX), scompare Rosetta "perfetta". Il rapporto fra Michele e Rosetta (senza naturalmente dimenticare Cesira) viene ribadito dall'autore implicito con allusioni alla vita e alla morte dei due personaggi. Michele viene portato via dai tedeschi. Il giorno dopo Cesira si sveglia e non trova Rosetta accanto a sé:
Il testo implicitamente anticipa la 'scomparsa' di Rosetta "perfetta", parallela a quella di Michele. E infatti, dopo lo stupro, le due donne si rifugiano in una capanna: Rosetta rimane fuori, Cesira si addormenta, e al suo risveglio non trova la figlia accanto a sé, e allora:
Ancora una volta, come si vede, il parallelismo antitetico. Si ripete la stessa situazione, ma è diversa. Cesira si aspetta un parallelismo: si aspetta che Rosetta scompaia coerentemente come Michele (e del resto, più tardi dirà: "forse forse sarebbe stato meglio che fosse morta come Michele", p. 304), invece avrà un parallelismo antitetico: Rosetta scompare sì, ma scompare la sua perfezione, scompare la sua ubbidienza; in realtà Rosetta si capovolge. Ma Cesira non capisce, eppure la ragazza glielo dice chiaramente:
E' proprio ciò che Cesira penserà alla fine del romanzo: che Rosetta sia rimasta "quella di prima". Ancora una volta il testo comunica implicitamente: si richiede qui un'intesa fra autore implicito e lettore implicito, al di là del personaggio narrante. Prima dello stupro sembra che Cesira, Michele e Rosetta, che pure stanno spesso insieme e stanno bene insieme, non si capiscano completamente. Cesira è più pratica di Michele, gli mostra come egli in realtà non conosca i contadini e gli operai di cui parla; Rosetta non accetta le critiche di Michele alla religione. E tuttavia i tre personaggi sono omogenei: tutti e tre hanno dei parametri, dei criteri di giudizio che stabiliscono e regolano il loro rapporto con la realtà; in effetti essi costituiscono una sorta di climax ascendente: Cesira: ideologia convenzionale e talvolta elastica; Michele: ideologia rigida di tipo cristiano-socialista, talvolta astratta; Rosetta: la quintessenza religiosa dell'ideologia. Tutto ciò viene illuminato dopo lo stupro: Rosetta si capovolge ed isola Michele e Cesira in un'alleanza ideale. La dialettica fra sembrare ed essere, fra processi che sembrano di miglioramento e sono di peggioramento, viene mostrata implicitamente anche attraverso i rapporti dei personaggi simbolici, rapporti che sembrano qualcosa, prima dello stupro, cioè prima dell'irruzione della realtà, e sono altro, come l'atteggiamento di Rosetta dopo lo stupro limpidamente farà emergere. L'errore, spiega Claude Bremond [op. cit., 1966: pp. 78-79], è un compito eseguito all'inverso, e si ha quando l'agente pone in opera i mezzi necessari a raggiungere un risultato opposto al suo scopo. Si tratta di un rovesciamento, là dove processi nocivi vengono considerati positivi. L'errore può essere "una falsa credenza in materia di fede o di giudizio" (Dizionario della lingua italiana Devoto-Oli), "un'opinione sbagliata, una falsa rappresentazione della realtà" (Dizionario della lingua italiana Zingarelli). Cesira e Rosetta vengono accompagnate a Vallecorsa da un ufficiale inglese. Quando si è ormai nelle vicinanze del paese, Cesira viene presa da una "non so che timidezza nei riguardi di quell'ufficiale inglese" e gli dice che vogliono scendere perché ormai sono arrivate: Si sente subito "vagamente pentita", ma è solo dopo la partenza dell'inglese che Cesira si accorge che il paese è deserto (pp. 279-280). Cesira dunque commette un errore, esegue il compito all'inverso, peraltro grazie anche alla gentile indifferenza dell'inglese. Anche Michele commette un errore: quando i cinque tedeschi fuggitivi giungono a Sant'Eufemia, egli non resiste alla tentazione di vederli; Cesira osserva:
Ora, che cosa sono effettivamente questi errori? Che cosa ci dicono implicitamente? Voglio dire: che cosa ci dicono al di là del puro dato di fatto, e cioè che la realtà è anche questa, che anche questo può succedere, che, per es., uno scopo perseguito con tanta attenzione non venga raggiunto per colpa di un impulso improvviso ed imprevedibile? Ci aiuta forse a capirlo un episodio apparentemente secondario, marginale. Il sarto Severino viene derubato dai fascisti, chiede aiuto ad un soldato tedesco; questi, sarto anche lui, finge di aiutarlo, in realtà si impossessa delle stoffe e manda l'uomo a lavorare alle fortificazioni. E' molto facile formalizzare l'episodio: Severino è paziente di un processo di peggioramento, i cui agenti sono i fascisti; il soldato tedesco è un falso aiutante, un "traditore". Vi è qualcosa che il tedesco dice a Severino, quando finge di aiutarlo, che mi pare rivelatore:
Severino commette un doppio errore: si rivolge all'aiutante sbagliato e crede di poter attraversare la guerra godendone soltanto i benefici, i vantaggi, mentre gli altri soffrono e muoiono. I due errori si attagliano bene l'uno a Michele, l'altro a Cesira. Michele vuole assolutamente vedere i tedeschi sconfitti: i tedeschi per lui sono il male, il mondo nuovo egli se lo aspetta dagli inglesi, sono gli inglesi gli "aiutanti", gli amici di Michele. E infatti il giovane chiede ai cinque tedeschi chi abbia sfondato il fronte, gli inglesi o gli americani, ed è una domanda imprudente, come osserva Cesira, giacché uno dei tedeschi risponde: "Che le importa a lei chi fossero? Caro signore, lei deve contentarsi di sapere che tra poco i suoi amici saranno qui" (p. 239, corsivo mio). E' molto probabilmente qui l'errore di Michele: considerare alleati, aiutanti, amici del suo progetto di rigenerazione morale gli inglesi, una vera e propria falsa rappresentazione della realtà. Cesira, d'altra parte, dopo essersi assicurata l'aiuto degli inglesi, pensa:
Questo è il vero errore di Cesira, credere di avercela fatta, di poter riprendere la vita del negozio, come se niente fosse accaduto. E lo stesso errore Cesira commette alla fine, quando crede che Rosetta sia tornata quella di prima e la solita vita ricominci. La questione dell'errore mi sembra altamente significativa, giacché essa condensa il nucleo problematico del romanzo: sul piano storico e sul piano individuale l'equivoco di un rapporto con la realtà che sembra lineare e si rivela invece complesso e, talvolta, imprevedibile e fallace. (1) Bertacchini, Renato, L'ultimo Moravia, in "Letterature moderne", 1959, IX, 4 (luglio-agosto) pp. 457-465. (torna su)(2) E' la stessa narratrice a sottolinearlo: "Ho voluto raccontare questa preghiera soprattutto per dare un'idea del carattere di Rosetta che finora non ho descritto." (p. 93, corsivo mio) (torna su)(3) Così vengono chiamati dai formalisti russi quei segmenti narrativi che potrebbero essere eliminati senza che la struttura logico-cronologica della narrazione venga compromessa (cfr. Segre, Cesare, Le strutture e il tempo. Narrazione, poesia, modelli, Einaudi, Torino 1974, p. 9]). (torna su)(4) Bremond, Claude, La logique des possibles narratifs, in "Communications", 1966, 8, pp. 66-82. (torna su)(5) Per la nozione di parallelismo antitetico cfr. Seminario di Italiano (Friburgo, Svizzera), Descrizione e interpretazione del testo narrativo. Cinque letture proposte ai docenti, Liviana, Padova 1981, p. 103]. (torna su)Stampa pagina |
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