Le relazioni produttive pre-capitalistiche e le forme di proprietà che sono
alla base dello sviluppo della civiltà orientale hanno portato, rispetto alla
linea evolutiva occidentale, a modalità d'organizzazione socio-politiche molto
differenti. E tali differenze esistono da ben prima del XX secolo!
Ma, a dispetto di tutte le diversità, entrambe le linee evolutive hanno
generato delle società classiste.
Oggi, infine, la storia moderna è caratterizzata essenzialmente dalla
diffusione su scala mondiale del lavoro salariato e del capitale.
Lo Stato moderno d'altronde, è lo strumento alla base dell'espropriazione del
lavoro salariato ad opera del capitale.
Con la trasformazione del capitalismo europeo in un sistema di tipo globale,
le diverse identità storiche, e le loro differenti strade, sono confluite in
un'unica storia comune.
Il modo di produzione capitalista tuttavia, nel trasformare la maggior parte
della popolazione mondiale in proletariato, tanto nelle regioni asiatiche quanto
in quelle occidentali, e costringendo quindi la schiacciante maggioranza degli
uomini a vivere in condizioni di servaggio salariale, prepara anche la
via a una rivoluzione sociale che sradicherà tali condizioni.
I rapporti di produzione borghese sono l'ultima forma antagonistica del
processo di produzione sociale - antagonistica non nel senso di un antagonismo
individuale, ma di un antagonismo che sorga dalle condizioni di vita sociali
degli individui. Ma le forze produttive che si sviluppano nel seno della società
borghese creano in pari tempo le condizioni materiali per la soluzione di questo
antagonismo. Con questa formazione sociale si chiude dunque la preistoria della
società umana. 8
Quando il proletariato - l'unica classe capace di mettere in atto una tale
rivoluzione - conquisterà il potere politico determinerà, col porre i mezzi di
produzione sotto il dominio del proprio ''semi-stato'', la fine stessa della
società classista.
Nel fare ciò esso eliminerà le stesse strutture classiste, le differenze e
gli antagonismi sociali (includendo tra essi anche il proprio).
In questo giorno dunque risuonerà la campana a morte dello Stato: ovvero di
quella struttura affermatasi storicamente sulla base della divisione [della
società] in classi.
Nel momento stesso in cui non esisterà più alcuna classe da tenere in
soggezione, nel momento in cui non vi saranno più né la lotta tra le classi né
quella per la sopravvivenza individuale (l'origine delle quali si trova
nell'odierna anarchia produttiva), assieme agli eccessi e alle contraddizioni
che ne derivano, allora, visto che non resterà più nulla da reprimere,
non saranno più ulteriormente necessari gli apparati repressivi dello Stato.
Il primo atto in virtù del quale quest'ultimo si costituirà come
rappresentativo dell'intera popolazione - ovvero la presa di possesso dei
mezzi di produzione in nome della società - sarà, contemporaneamente, anche la
sua ultima deliberazione in quanto Stato.
La sua interferenza all'interno delle relazioni sociali diviene ora, in tutti
i diversi settori, superflua: quindi esso decade a partire da un processo
interno. Il governo delle persone viene rimpiazzato dalla semplice
amministrazione delle cose, ossia da quella dei processi di produzione.
Lo Stato non è 'abolito'. Esso semplicemente decade.
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Al di sotto della divisione della società in classi troviamo l'inevitabile
lotta per la sopravvivenza individuale, lotta la cui ragion d'essere sta, in
realtà, nell'incapacità produttiva [a garantire un livello di esistenza
accettabile per tutti, n.d.t.].
Proprio per questo l'abolizione delle classi sociali diviene
una possibilità reale soltanto qualora si riesca a creare un'abbondanza
materiale che renda possibile porre fine a tale lotta.
Già nel 1878 Engels sottolineava come il capitalismo moderno [cioè quello
industriale, n.d.t.] stesse preparando i presupposti per questa
abbondanza:
La forza espansiva dei mezzi di produzione [industriali] brucia i confini
stessi che il sistema capitalistico di produzione ha loro imposto. Una simile
liberazione è una delle precondizioni per uno sviluppo duraturo e in costante
accelerazione delle forze produttive, nonché quindi per una crescita
praticamente illimitata della produzione stessa. E questo non è tutto.
L'appropriazione a livello sociale dei mezzi di produzione pone termine non
soltanto alle attuali restrizioni, artificiali, di carattere produttivo, ma
anche allo spreco e alla devastazione delle forze produttive e dei prodotti,
oggi compagni inevitabili del lavoro, e che raggiungono i propri picchi nei
periodi di crisi. Di più, essa rende disponibile per l'intera comunità gran
parte dei mezzi produttivi e dei beni che ne conseguono, ponendo fine alle
colpevoli stravaganze delle odierne classi dominanti e delle loro rappresentanze
politiche. La facoltà di assicurare a tutti i membri della società, attraverso
gli strumenti di una produzione ormai socializzata, non solo un'esistenza del
tutto soddisfacente dal punto di vista materiale, ma anche un completo sviluppo
delle proprie facoltà fisiche e mentali - soltanto oggi un simile possibilità è
alla nostra portata, e tuttavia oggi lo è davvero.
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Il livello di sviluppo che le moderne forze di produzione hanno raggiunto col
capitalismo, sin dal tempo in cui sono state scritte le frasi precedenti, ci
mostra quella che è oggi la questione fondamentale: se infatti il proletariato
di tutto il mondo non porrà fine al sistema del capitalismo internazionale,
destino inevitabile dell'umanità sarà quello di essere soffocata da una
decadenza che diverrà sempre più profonda e sempre più diffusa.
Sotto il dominio del capitalismo le contraddizioni costantemente
aggravantesi tra tecnologia, natura e umanità non portano [come è avvenuto
invece in periodi precedenti, n.d.t.] ad un ulteriore progresso delle
forze di produzione, progresso atto a garantire la soddisfazione dei bisogni
dell'umanità a un più ampio livello, bensì - al contrario - alla loro
distruzione.
C'è un'unica possibilità per salvare l'umanità e sradicare tutti gli attuali
mali sociali, ed è che il potere politico passi su scala mondiale nelle mani
del proletariato.
Se ciò avvenisse, gli sprechi e le distruzioni causati dal capitalismo
potrebbero avere fine. Tutti i privilegi di classe, e con essi gli stati,
scomparirebbero e si porrebbero i presupposti per un'abbondanza materiale nella
quale l'utilizzo dei mezzi di produzione sarebbe finalizzato allo sviluppo
armonioso dell'umanità.
Se vi è dunque una base razionale e obiettiva per l'emergere
dell'espropriazione e dell'oppressione dell'uomo sull'uomo, e con esse dello
Stato; vi è, nello stesso modo, anche una base razionale e obiettivamente
realizzabile per un livello di sviluppo sociale che renda una tale
espropriazione e una tale oppressione, e quindi lo Stato stesso, non più
necessari.
La futura società, in cui i produttori organizzeranno la produzione sulla
base di un'unione libera ed egualitaria (cioè la società senza classi),
si fonderà su un livello di abbondanza tale da rendere affatto inutile la lotta
degli individui per la propria sopravvivenza.
E ciò che permetterà agli uomini di raggiungere questo traguardo sarà la
rivoluzione su scala internazionale della classe proletaria.
Engels esprimeva così tali concetti:
Lo Stato quindi non è sempre esistito. Vi sono state in passato società che
hanno fatto a meno di esso, che non hanno neanche concepito l'idea dello stato e
dell'oppressione statale. Ad un certo stadio dello sviluppo economico, che
implicò necessariamente la divisione della comunità in classi, lo Stato divenne
una necessità proprio per causa di una tale divisione. Oggi però ci stiamo
avvicinando rapidamente a uno stadio nel quale l'esistenza delle classi non solo
cesserà di essere necessaria, ma diverrà addirittura un consistente ostacolo per
lo sviluppo stesso delle forze produttive. [Le classi] cesseranno di esistere
esattamente come, tempo fa, avevano iniziato a farlo. E, assieme ad esse, anche
l'apparato statale inevitabilmente scomparirà. La società, che riorganizzerà la
produzione sulla base di un'associazione libera e egualitaria dei produttori,
relegherà l'intera macchina statale in un luogo dove essa, da lì in avanti,
rimarrà: nel museo delle età antiche, al fianco del filatoio e dell'età del
bronzo. 11
8 Marx, A Contribution to the Critique of
Political Economy, p. 21-22.
9 Engels, Anti-Dühring, Lawrence & Wishart,
London, 1975, pp. 332-3.
10 Engels, Anti-Dühring, p.335.
11 Marx and Engels, Selected Works, Vol. III, p.330.
Traduzione di
Adriano Torricelli