LA QUESTIONE DELLO STATO
NELLA TEORIA MARXISTA
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Traduzione del saggio di Eljf
Çağli,
"IN THE LIGHT OF MARXISM "
II capitolo: "THE QUESTION OF STATE IN MARXISM"
Versione inglese alla pagina web:
www.marksist.com/english.htm
IL CORSO STORICO DELLO STATO
Prima di Marx e Engels e della teoria del materialismo storico, vi è stata (a
partire da Hobbes fino a Hegel) un'opinione generale e condivisa sulla natura
dell'evoluzione della società umana, secondo la quale - in linea con i
presupposti della filosofia idealista - la società pre-statale (stadio naturale)
dovesse essere caratterizzata da istinti e da passioni incontrollati, e dalla
guerra costante di tutti contro tutti.
Dall'altra parte lo Stato avrebbe rappresentato il superamento di un tale
regno, fatto d'istinti bestiali, attraverso l'instaurazione di una libertà
guidata da norme: cioè attraverso il trascendimento di quegli istinti e di
quelle passioni.
Lo Stato dunque era considerato come lo stadio finale e più alto
dell'umanità, quello nel quale veniva assunto un modo di convivenza razionale.
Nella storia del pensiero occidentale, tutti i filosofi idealisti - da quelli
più realisti (come Machiavelli) ai sostenitori del diritto naturale (quali
Hobbes, Rousseau e Kant) che propugnavano dei modelli per una società ideale -
hanno trovato un accordo sul fatto che l'unica sfera di convivenza razionale per
l'uomo fosse appunto rappresentata dallo Stato.
Tale opinione sul ruolo centrale dello Stato per il genere umano e per la sua
storia, si basava chiaramente su quella concezione idealistica che vedeva nella
condizione pre civile (o pre statale) dell'uomo uno stadio negativo e,
viceversa, in quella civile o statale lo stadio positivo: il risultato di
un'evoluzione del genere umano e della sua coscienza.
Questa visione ebbe il suo culmine in Hegel. Questi, nella sua Filosofia del
diritto, presentava lo Stato non solo come una necessità, o un'idea guida per la
storia, ma come l'autocoscienza del movimento dialettico della storia. In altre
parole, come l'oggettivazione stessa della Ragione universale.
Lo Stato hegeliano abbraccia per intero la sfera dei rapporti sociali e
economici (ovvero la società civile), dissolvendola in se stesso (ovvero nella
società politica): in tal modo esso viene a coincidere con la società,
divenendone l'essenza stessa.
Il che significa che esso, all'interno di tale visione, non viene considerato
come un semplice e particolare strumento d'organizzazione politica, bensì come
l'esito terminale dell'evoluzione socio-politica umana, ed assurge perciò anche
a realtà eterna!
Chiaramente tale idea era in accordo con la riflessione che dominava la
società borghese del XVIII secolo, e alla luce di quest'ultima la filosofia del
diritto hegeliana diviene essenzialmente una difesa appunto di tale società.
Questa visione idealistica della storia (culminante in Hegel) verrà
radicalmente rovesciata dalla teoria del materialismo storico di Karl Marx.
Il suo sforzo per l'elaborazione del materialismo storico inizia infatti con
la Critica della filosofia del diritto di Hegel (1843). Continuerà poi con i
Manoscritti economico filosofici del '44 e con L'ideologia tedesca (1845/6),
culminando nella colossale opera preparatoria alla critica dell'economia della
società borghese: i Grundrisse.
a) LA SPIEGAZIONE MARXISTA DELLE RELAZIONI SOCIALI ALL'INTERNO DELLO STATO
BORGHESE
Marx iniziò col criticare la visione idealistica del legame tra la società
civile (cioè la sfera dei rapporti materiali e economici) e lo Stato (la sfera
delle relazioni politiche) proposta da Hegel.
Secondo lui quest'ultimo rovesciava infatti la realtà effettiva delle cose,
ponendo il secondo fattore come base del primo, mentre al contrario era la
società civile a condizionare e a determinare lo Stato, ovvero la società
politica.
La società civile comprende al proprio interno tutti i rapporti sociali
caratterizzanti un determinato stadio di sviluppo delle forze produttive.
Abbraccia perciò l'intera vita industriale e commerciale di un dato stadio
evolutivo, trascendendo così ogni particolare stato e ogni particolare principio
di nazionalità. Ma - d'altra parte - tale società deve affermare se stessa anche
all'esterno (ossia nelle relazioni con altri gruppi sociali) e per fare ciò deve
affermarsi come nazione; lo stesso deve poi fare al proprio interno come Stato.
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Secondo Marx, le condizioni che si trovano alla base della società civile
sono la famiglia e il clan (gruppo di famiglie); mentre la società civile stessa
(l'insieme dei rapporti socio economici) è la vera base e il vero inizio della
storia politica umana.
Lo Stato, ossia quella particolare formazione politica, è nato come un
prodotto diretto della divisione a livello sociale del lavoro, delle classi e
delle lotte sviluppatesi in seno alla società civile.
Esso, avendo quindi una natura secondaria rispetto alla società civile, non è
un fenomeno determinante ma determinato. Di conseguenza, non è nemmeno una
realtà conclusiva e eterna dell'evoluzione sociale, bensì una realtà transitoria
avente la sua origine in condizioni storiche ben definite (le quali avranno a
loro volta un termine).
La concezione storica di Marx e Engels si colloca in netta antitesi rispetto
alla tradizione del diritto naturale culminante in Hegel.
Essi approntarono una prima versione delle loro idee, contro le tendenze
prevalenti del pensiero borghese, ne L'ideologia tedesca. Vi trattavano temi
come la divisione del lavoro, le forme di proprietà, le classi e il dominio di
classe (attraverso lo Stato, le leggi e le ideologie) nella cornice della loro
visione materialista.
Ma il limite dell'indagine di quegli anni fu il fatto di soffermarsi soltanto
sull'evoluzione delle forme produttive e sociali del mondo occidentale:
il che limitava l'orizzonte della loro indagine.
Sempre ne L'ideologia tedesca, la formazione della società classista e dello
Stato sono spiegati in base alla divisione del lavoro, alla proprietà privata e
al cambiamento interno alle comunità primitive: fattori che ne hanno determinato
la dissoluzione e disintegrazione, e da cui sono sfociate poi forme di
convivenza organizzate in base alla divisione in classi.
Tale visione è essenziale per comprendere lo sviluppo del mondo occidentale,
ovvero l'emergere dello Stato e della società classista occidentale. In base a
essa, la presenza della proprietà privata della terra è il fondamento della
divisione del lavoro, del commercio e delle relazioni di spoliazione e
espropriazione: insomma la causa della dissoluzione dei rapporti egualitari
(comunistici) caratterizzanti le società primitive, e del passaggio allo Stato e
alle società classiste.
Anche se tuttavia, una tale visione era efficiente per descrivere l'origine
dello Stato occidentale, non lo era per descrivere quella dello Stato orientale!
L'emergere dello Stato e delle classi dominanti (ovvero esproprianti) nel
mondo orientale avvenne infatti in condizioni storiche e sociali
estremamente diverse: non vi era difatti proprietà privata della terra, né
quindi divisione del lavoro, né economia di scambio … prova ne è il fatto che le
primitive comunità agrarie perdurano ancora adesso. Lo Stato asiatico non si
basava sulla proprietà privata e sulla spoliazione individuale, ma sulla
proprietà collettiva e sull'espropriazione in nome della stessa comunità
agraria.
Insomma si tratta di una via di sviluppo completamente diversa! Che oltre a
tutto avvenne molto prima che in occidente (circa 2500 anni prima, in Egitto e
Mesopotamia). L'occidente avrebbe seguito perciò una strada particolare, non la
strada 'universale' dello sviluppo storico.
Marx si sarebbe accorto di questa omissione negli anni tra il 53 e il 59,
mentre lavorava a uno studio più dettagliato che includesse appunto il mondo
asiatico.
Questo tentativo di esaminare l'economia politica borghese e capitalista (Grundrisse)
approdò ad un grande sviluppo alla teoria materialista di Marx, delineando una
spiegazione più accurata dello sviluppo sia dell'Occidente che dell'Oriente, sin
dai tempi più remoti.
Le conclusioni di tale ricerca si trovano nella Critica dell'economia
politica, laddove Marx dice:
La mia ricerca arrivò alla conclusione che tanto i rapporti giuridici quanto
le forme dello Stato non possono essere compresi né per sé stessi, né per la
cosiddetta evoluzione generale dello spirito umano, ma hanno le loro radici,
piuttosto, nei rapporti materiali dell'esistenza il cui complesso viene
abbracciato da Hegel, seguendo l'esempio degli inglesi e dei francesi del secolo
XVIII, sotto il termine di "società civile"; e che l'anatomia della società
civile è da cercare nell'economia politica … A grandi linee, i modi di
produzione asiatico, antico, feudale e borghese moderno possono essere designati
come epoche che marcano il progresso della formazione economica della società.
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1 Marx and Engels, Selected Works, Vol. I, p.76
2 Marx, A Contribution to the Critique of Political
Economy, Progress Publishers, Moscow, 1981, p. 21
Traduzione di
Adriano Torricelli
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