|
I PASSI INDIETRO NELLA SECONDA CRITICA DI KANT

I - II -
III - IV - V
- VI - VII -
VIII - IX - X -
XI - XII -
XIII - XIV - XV -
XVI - XVII -
XVIII - XIX -
XX - XXI -
XXII - XXIII -
XXIV - XXV -
XXVI - XVII
Ecco una breve sintesi della Critica della ragion pratica.
- La ragion pratica è basata sulla morale o sull'etica.
- La morale migliore è basata sul dover fare o dover essere.
- Le cose vanno fatte non per conseguire un obiettivo particolare ma
perché sono un bene in sé (hanno un valore universale e necessario).
- Tutte le filosofie morali che vogliono dare un contenuto o una
particolare finalità a un'azione morale, non sono pure.
- Le etiche non pure si basano sugli imperativi ipotetici (se vuoi,
devi). L'etica pura si basa sull'imperativo categorico (devi perché
devi). P.es. "prenditi cura della tua salute", oppure "rispetta gli altri".
- Quindi la regola fondamentale di cui bisogna tener conto è una sola:
"Agisci in modo che la massima della tua volontà (cioè il principio pratico
soggettivo per cui si compie un'azione) possa valere sempre come principio
di una legislazione universale". P.es. "gli esseri umani non sono il mezzo
con cui realizzare qualcosa", oppure "non fare agli altri ciò che non
vorresti fosse fatto a te".
- L'imperativo categorico è una legge necessaria della natura umana che
serve per diventare virtuosi. Esso presume la libertà, perché non è una
legge naturale basata sul rapporto di causa/effetto (per il quale una cosa
avviene perché non può non avvenire). Esempio di legge naturale: "tutti gli
uomini devono morire" (in tedesco si usa müssen). Esempio di legge
etica: "tutti gli uomini devono dire la verità" (in tedesco si usa sollen).
- I connotati essenziali dell'imperativo categorico sono i seguenti:
a) non deve avere contenuti o finalità particolari ma solo una forma a
priori;
b) la forma a priori va acquisita: bisogna imparare a volere come si deve
volere;
c) è sicuramente morale l'intenzione con cui si decide di fare una cosa;
d) siamo noi a dare una legge a noi stessi (morale autonoma, contro la
morale eteronoma, quella imposta da altri o comunque da ciò che sta al di
fuori di noi);
e) la coscienza della libertà è conseguente alla coscienza del dovere. La
libertà è l'indipendenza della volontà dalla legge naturale dei fenomeni,
che è indifferente alle esigenze spirituali, essendo basata sulla stretta
causalità. P.es. siccome l'uomo può mentire, per rendersi conto che deve
sempre dire la verità, deve prima rendersi conto che è suo dovere dirla:
solo così prenderà consapevolezza d'essere libero (devi, dunque puoi e non
puoi, dunque devi).
f) sul piano pratico l'unico dovere da cui discendono tutti gli altri doveri
è il rispetto delle persone.
- Ma è davvero possibile realizzare questo tipo di morale senza lasciarsi
condizionare da nulla? Solo in parte, poiché in questo mondo la virtù non
coincide con la felicità (la natura umana è debole). Quindi deve esistere
qualcosa che permetta all'uomo di proseguire nel compito di raggiungere la
felicità piena, che è quella di compiere il dovere liberamente. Questo
qualcosa è l'aldilà, cioè l'immortalità dell'anima che incontra dio (garante
della giustizia) e raggiunge la santità. L'uomo è più virtuoso se è
credente.
- Dunque quello che Kant afferma come non scientifico nella prima
Critica (anima, dio, aldilà), viene recuperato come etico nella seconda
Critica, anche se dio, anima e aldilà non appartengono alla
metafisica ma solo alla morale.
E ora il commento.
Non c'è nessun principio morale che indichi di per sé la sua effettiva
moralità. Qualunque azione morale va contestualizzata nello spazio e nel tempo.
Se p.es. facciamo assistenza ai paesi del Terzo mondo, senza mai mettere in
discussione i rapporti di stretta dipendenza che legano loro all'occidente, noi
non faremo che perpetuare questi rapporti, e proprio mentre pensiamo di ridurne
il peso.
Da millenni si sa che le buone intenzioni spesso producono effetti
opposti a quelli desiderati e Kant almeno un accenno avrebbe dovuto farlo nella
sua Critica della ragion pratica, senza
andare a scomodare le sue reminiscenze del peccato originale, onde sostenere che
l'uomo è strutturalmente incapace di vero bene.
In tale Critica arrivò a dire che la
moralità deve prescindere da qualunque aspetto esteriore, altrimenti è viziata
in partenza. Cioè chi vuol essere puro deve sponsorizzare l'idea del dovere in
sé, e
se non raggiunge la perfezione su questa terra, l'otterrà di sicuro nell'aldilà, con la
sua anima immortale e il creatore che l'attende per renderle giustizia.
Il dovere per il dovere: ma questa regola non si trova forse anche nella
chiesa romana o in una qualunque gang mafiosa o in
un qualunque Stato o partito autoritario? No, secondo
il Kant "moralista" la differenza sta nel fatto che il soggetto deve interiorizzarla, considerandola come facente parte
della propria autonoma moralità.
Kant insomma andò a recuperare sul piano etico ciò che nella prima Critica
aveva negato su quello metafisico. Perché? Era stato forse accusato di ateismo?
Minacciato di perdere la cattedra universitaria? Oppure era proprio convinto di
quel che diceva?
In effetti non si capisce il motivo per cui non si sia limitato a dire che l'uomo, con
la sua insondabile o imponderabile libertà, è noumeno di se stesso e non
ha bisogno di andare a cercare un'ispirazione religiosa al suo agire. Se il
senso del dovere ci rende umani, perché chiamare in causa l'onnipotenza e
onniscienza divina?
Se il compito di raggiungere la virtù è una sorta di work in progress sulla
terra, perché affermare ch'esso si realizzerà compiutamente definitivamente solo nell'aldilà?
Con la prima Critica Kant aveva fatto in Germania un passo avanti in
direzione dell'ateismo, per quanto, ammettendo un noumeno pensabile ma del tutto
inconoscibile, si fosse limitato a percorrere la strada dell'agnosticismo. Ma
con la seconda Critica ha fatto due passi indietro, finendo nelle braccia
del misticismo. Non è riuscito a dare la giusta concretezza operativa alle sue
idee agnostiche: il formalismo astratto della prima Critica (nella quale
comunque aveva dimostrato l'insussistenza dei ragionamenti metafisici), s'era
risolto in una totale mancanza di senso della storicità dell'agire umano.
Dire infatti che, nella sostanza, la massima migliore dell'agire umano è
quella ebraica, secondo cui "non bisogna fare agli altri quel che non si vuole
venga fatto a noi" (che è poi il principio del rispetto della persona), è
dire cosa che in sé può apparire alquanto formale. Non è forse così quando ci si
limita a rispettare
delle regole pattuite, senza chiamare in causa un'effettiva responsabilità
personale, che in determinate situazioni può invece apparire molto più utile o
convincente?
Già i primi cristiani s'erano accorti di questo gap, tant'è che si
scandalizzavano nel vedere gli ebrei più ortodossi rifiutare l'idea che un
malato non in pericolo di vita venisse assistito di sabato (il giorno festivo da
consacrarsi a dio, secondo la legge mosaica, evitando di compiere qualunque
lavoro, e quindi anche una guarigione).
Quel principio ebraico, apparentemente molto umano, poteva portare all'odio
nei confronti della persona che, in nome di un bisogno non particolarmente
grave, trasgrediva un comandamento molto importante, decisivo per stabilire una
tradizione consolidata. Ecco perché i cristiani, vedendo il sacrificio di Cristo
sulla croce, arrivarono a formulare un nuovo principio, più cogente di quello
ebraico: "nessuno ha amore più grande di chi offre volontariamente la propria
vita per amore degli uomini".
Col che però essi erano passati da un'astrazione a un'altra, in quanto
avevano fatto dell'autoimmolazione qualcosa di etico di per sé, a prescindere,
di nuovo, da
qualunque contestualizzazione del gesto. Per i cristiani il martire ha sempre
ragione, proprio perché la vita è sacra e non dovrebbe mai essere violata.
Nessuno quindi è più grande di chi rinuncia spontaneamente al diritto alla vita
per il bene dell'umanità. Foss'anche stato un poco di buono, il martire, col suo
gesto, si riscatta in toto e anzi fa sì che i posteri lo ricordino soltanto per
l'ultima cosa compiuta.
Dunque, è forse possibile darsi delle regole universalmente valide, che
prescindano dal contesto di spazio e tempo, ovvero dalle culture, tradizioni,
valori di un dato ambiente sociale? No, non è possibile: una qualunque regola
sarebbe formale e quindi inutile, perché soggetta a interpretazioni diverse, se
non opposte. L'unica regola che possiamo darci è quella di renderci disponibili
a rispettare il senso di umanità che alberga in noi e negli altri. Il resto vien
da sé.
Fonti
- Kant Immanuel,
Critica della ragion pura, 2005, Laterza
- Kant Immanuel,
Prolegomeni ad ogni futura metafisica che si presenterà come scienza,
2009, Carabba
- Kant Immanuel,
Critica della ragion pratica e altri scritti morali, 2006, UTET
- Kant Immanuel,
La metafisica dei costumi, 2009, Laterza
- Kant Immanuel,
Scritti di storia, politica e diritto, 2009, Laterza
- Kant Immanuel,
Guerra e pace. Politica, religiosa, filosofica, 2004, Diabasis
- Kant Immanuel,
Primi principi metafisici della dottrina del diritto. Testo tedesco a fronte,
2005, Laterza
- Kant Immanuel,
Critica del giudizio. Testo originale a fronte, 2006, Laterza
- Kant Immanuel,
Storia universale della natura e teoria del cielo, 2009, Bulzoni
- Kant Immanuel,
Primi principi metafisici della scienza della natura, 2004, Giardini
- Kant Immanuel,
Il pragmatismo in sé, 2008, Acquaviva
- Kant Immanuel,
La falsa sottigliezza delle quattro figure sillogistiche, 2001, Ist.
Editoriali e Poligrafici
- Kant Immanuel,
Logica, 2004, Laterza
- Kant Immanuel,
Lezioni di etica, 2004, Laterza
- Kant Immanuel,
La religione entro i limiti della sola ragione, 2004, Laterza
- Kant Immanuel,
La fine di tutte le cose, 2006, Bollati Boringhieri
- Kant Immanuel,
Il metodo nel pensiero, 2002, Canova Ediz. Scuola e Cultura
- Kant Immanuel,
Per la pace perpetua, 2004, Armando Editore
- Kant Immanuel; Constant Benjamin,
È lecito mentire?, 2009, Archinto
- Kant Immanuel,
Antropologia pragmatica, 2009, Laterza
- Kant Immanuel,
Scritti di filosofia della religione, 1989, Mursia (Gruppo Editoriale)
- Kant Immanuel,
La pedagogia, 2009, Anicia
- Kant Immanuel,
Immanuel Kant. Antologia di scritti pedagogici, 2004, Gabrielli Editori
- Kant Immanuel,
L'arte di educare, 2001, Armando Editore
- Kant Immanuel,
Lezioni di enciclopedia filosofica, 2002, Campanotto
- Kant Immanuel,
Lezioni di psicologia, 2004, Laterza
- Kant Immanuel,
Saggio sulle malattie della mente. Testo a fronte tedesco, 2009, Ibis
- Kant Immanuel,
De medicina corporis, 2007, Guida
- Kant Immanuel,
Ragione e ipocondria, 1994, Edizioni 10/17
- Kant Immanuel,
Sull'etica del suicidio. Dalle «Riflessioni» e «Lezioni» di Immanuel Kant
con i «Preparativi di un infelice alla morte volontaria» di un anonimo del
Settecento, 2003, Le Lettere
- Kant Immanuel,
Annotazioni alle osservazioni sul sentimento del bello e del sublime,
2002, Guida
- Voltaire; Rousseau Jean-Jacques; Kant Immanuel,
Sulla catastrofe. L'Illuminismo e la filosofia del disastro, 2004,
Mondadori Bruno
- Kant Immanuel, 2001,
I sogni di un visionario. Spiegati coi sogni della metafisica, BUR
Biblioteca Univ. Rizzoli
- Kant Immanuel,
De mundi sensibilis atque intelligibilis forma et principiis, testo latino
con trad. it a fronte, 2002, Storia e Letteratura
- Kant Immanuel,
Logica di Vienna, 2000, Franco Angeli
- Kant Immanuel,
Che cosa significa orientarsi nel pensiero, 1996, Adelphi
- Kant Immanuel,
Forma e principi del mondo sensibile e del mondo intellegibile, 1995,
Rusconi Libri
- Baumgarten Alexander G.; Kant Immanuel,
Il battesimo dell'estetica, 1997, ETS
- Kant Immanuel,
Saggi sulla storia, 1972, Giuffrè
- Kant Immanuel,
Realtà ed esistenza. Lezioni di metafisica: introduzione e ontologia,
1998, San Paolo Edizioni
- Verri Pietro; Kant Immanuel,
Sul piacere e sul dolore. Immanuel Kant discute Pietro Verri, 1998,
Unicopli
- Kant Immanuel,
Pensieri sulla vera valutazione delle forze vive, 2000, Ist. Editoriali
e Poligrafici
- Kant Immanuel; Heinrich Reimarus Johann A.; Starck Gustav V.,
Scritti polemici sulla matematica, 2000, Ist. Editoriali e Poligrafici
- Kant Immanuel; Kreutzfeld Johann G.,
Inganno e illusione. Un confronto accademico, 1998, Guida
- Kant Immanuel,
Scritti sui terremoti, 1984, Edizioni 10/17
- Kant Immanuel,
Il fondo Duisburg, 2000, Ist. Editoriali e Poligrafici
- Kant Immanuel,
Opus postumum, 2004, Laterza
Download
|