STORIA DELLA SPAGNA - La guerra civile
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La rivolta antirepubblicana dei "nazionalisti" scoppiò il 17 luglio 1936 a Melilla, una città situata sulla costa orientale del Marocco, nell'Africa del Nord, che venne occupata da reparti della Legione straniera e di marocchini (berberi del Rif) al comando del colonnello Yague. Il giorno dopo ha luogo il cosiddetto "Alzamiento", cioè la ribellione di sei generali dell'alto comando (Franco, Queipo de Llano, Mola, Cabanellas, La Cerda) al legittimo governo repubblicano. Dei 73 generali di brigata, ne insorgono 22. Era il 52° golpe o pronunciamento dal 1814 (il primo fu contro l'assolutismo di Ferdinando VII).
Il generale Franco prese il controllo delle Canarie, poi volò in Marocco e assunse il comando dell'Esercito d'Africa, composto di 47.000 uomini di cui 13.000 marocchini. Da qui trasmise la frase in codice: "Su tutta la Spagna il cielo è senza nubi", segnale dell'"Alzamiento" per le guarnigioni della penisola. L'obiettivo era quello di occupare Madrid.
I ribelli nazionalisti, oltre alle truppe di Franco, avevano l'appoggio di 14.500 ufficiali su 15.000 e di decine di migliaia di sottoufficiali con quasi tutta la truppa professionale, dei monarchici carlisti (requetés), che rappresentavano la grande proprietà terriera della Spagna nord-orientale, dei 10.000 falangisti (il cui leader però morirà nei primissimi giorni del conflitto), di tutte le forze dell'alta borghesia capitalistica e fondiaria (laica ed ecclesiastica), di tutta la nobiltà (cioè 97 duchi, 1.310 marchesi e circa 3.000 fra conti, visconti e baroni) e anche del dittatore portoghese Salazar. (1) La Guardia Civile nella sua quasi totalità e il 50% delle "Guardia di Assalto" si unirono ai rivoltosi. Nella proporzione dal 75 al 90% gli alti funzionari dei ministeri, delle amministrazioni locali, delle imprese industriali, fecero altrettanto.
Tra i politici si schierano a favore di Franco, Gil Robles, Lerroux e Zamora; tra i filosofi, Miguel de Unamuno, rettore dell'Università di Salamanca. Altri intellettuali si allinearono coi ribelli: Ortega y Gasset, Perez de Ayala, Baroja, che poi fuggiranno all'estero.
Ciononostante i ribelli non riuscirono a vincere con la prevista facilità. La Marina e l'Aviazione erano rimaste infatti repubblicane e potevano bloccare in Marocco i legionari di Franco e le sue truppe volontarie marocchine. Il governo Quiroga tentò di bloccare la sollevazione facendo ricorso alle procedure consentite dalla Costituzione e ordinò alle navi da guerra di presidiare lo stretto di Gibilterra, senza distribuire le armi al popolo, come pretendevano le organizzazioni di sinistra.
Franco chiese aiuto a Italia e Germania, le quali inviarono immediatamente una flotta aereo-navale in grado di fare da ponte tra il Marocco e il sud della Spagna: la cosa riuscì dal 28 luglio al 5 agosto. Le truppe di Franco erano le uniche in grado di sostenere una guerra di lunga durata e potevano farlo solo con l'aiuto delle truppe italo-tedesche e degli ingenti mezzi militari: cannoni, mitragliatrici, mortai, munizioni, dinamite.
I rivoltosi speravano di ottenere in pochi giorni un pieno successo, ma contro di loro si levò, spontanea, tutta la Spagna dei lavoratori. Migliaia di uomini e donne accorsero nei reparti volontari della milizia popolare, si crearono battaglioni di operai nelle imprese. Tutto il peso dei primi combattimenti fu sostenuto da questi reparti non addestrati e male armati. Sono gli operai a bloccare il golpe, attaccando, spesso a mani nude, le caserme, recuperando armi, convincendo i soldati di leva a passare dalla parte del popolo. Siviglia p.es. fu conquistata dai ribelli solo dopo l'intervento dei reparti marocchini.
I golpisti riuscirono a consolidarsi in Andalusia e, a nord, in Galizia, Navarra e in un'ampia zona della Vecchia Castiglia e dell'Aragona. A nord i ribelli erano comandati dal generale Mola, a sud dal generale Franco, separati dalla regione di Badajoz. Alla fine di luglio i nazionalisti controllavano 29 capoluoghi di provincia e 230.000 kmq di territorio, i repubblicani invece erano attestati in 21 capoluoghi e su 270.000 kmq di territorio.
Nell'area repubblicana tutto il potere legislativo ed esecutivo e tutte le funzioni amministrative erano svolte dai comitati del Fronte popolare, sorti in quasi tutte le città e i villaggi del paese.
Vennero occupate le grandi fabbriche, il parco automobilistico e i trasporti ferroviari. In ogni azienda i comitati di fabbrica dirigevano la produzione. Nelle campagne i contadini occupavano le terre dei latifondisti.
In preda al panico il governo repubblicano di Quiroga rassegnò irresponsabilmente le dimissioni e Azaña iniziò le consultazioni mirando a un compromesso coi ribelli. Tuttavia, il nuovo governo, presieduto da Giral, sembrava maggiormente intenzionato a combattere il fascismo e permise al popolo di armarsi.
Di tutte le organizzazioni politiche, quella comunista mostrava d'essere la più preparata alla lotta armata, perché passò subito alla formazione di battaglioni di milizia popolare, a Madrid, nelle Asturie, in Catalogna.
Nelle prime settimane di lotta pesò l'influenza disgregante dei capi socialisti e anarcosindacalisti, che puntavano su misure di difesa poco organizzate e soprattutto non centralizzate in un'azione comune. Esistevano infatti tre governi: quello centrale a Madrid e quelli catalano e basco, che non coordinavano le loro operazioni e in sostanza agivano separatamente.
La mancanza di una strategia comune si fece sentire in tutta la sua gravità quando cominciarono a giungere aiuti ai fascisti dalla Germania e dall'Italia: carri armati, aerei, denaro, nonché consiglieri e istruttori. Grazie a ciò, infatti, il "Tercio" e i "Regulares" occupano Badajoz, unificando il territorio sotto il loro comando. Si scatena una feroce repressione che conta 4.000 vittime tra i repubblicani.
Ora la guerra popolare doveva essere combattuta su due fronti: la controrivoluzione interna e l'intervento straniero, per la libertà e per l'indipendenza.
Nel settembre 1936 si costituì un nuovo governo con la partecipazione di tutti i partiti del Fronte popolare, quindi anche, per la prima volta, dei comunisti. Primo ministro fu il socialista Caballero.
A livello internazionale Francia, Inghilterra e Usa temevano una vittoria del Fronte popolare, perché ne avevano capito la natura anticapitalistica, che sicuramente non avrebbe giovato ai loro investimenti in Spagna, anche se tutti i governi spagnoli ne assicurarono sempre l'inviolabilità. Temevano soprattutto che, dando al Fronte un appoggio effettivo, il suo programma, in caso di vittoria, avrebbe potuto influenzare le masse lavoratrici dei loro paesi.
Il governo francese di Blum, in particolare, pensava che se si fosse intromesso nelle vicende spagnole, la guerra con l'Italia e la Germania sarebbe stata inevitabile. E quello inglese di Chamberlain da tempo sosteneva la politica dell'appeasement, cioè dell'alleggerimento nei confronti della Germania, troppo vessata dalle clausole del Trattato di Versailles. Gli inglesi erano convinti che dando spazio alle rivendicazioni nazionalistiche ed espansionistiche della Germania, Hitler avrebbe rivolto la ricostituita potenza militare contro l'Urss, risparmiando dallo scontro l'Europa occidentale, sicché la Spagna poteva essere utilizzata come merce di scambio (in seguito lo saranno anche l'Austria e la Cecoslovacchia).
Pertanto, pur rappresentando queste nazioni la "democrazia occidentale", quella per cui avrebbero dovuto combattere le dittature politiche o comunque tutelare dei governi legittimamente costituiti, un comitato di 27 paesi europei decise a Londra, nell'agosto 1936, di non intervenire, vietando l'export di armi e materiali bellici in Spagna, ivi comprese le navi da guerra e gli aeroplani, anche commerciali, interrompendo le forniture in corso.
Vi aderì anche l'Urss, nella convinzione che se l'accordo fosse stato davvero rispettato da tutti, cioè anche da Italia e Germania, i fascisti spagnoli sarebbero stati sconfitti.
Invece Hitler e Mussolini, che già avevano rifornito d'armi e di capitali le milizie di Franco e che pretendevano di aggiungere alla risoluzione il divieto di sottoscrizioni in denaro e di arruolamenti di volontari, intensificarono gli aiuti in maniera esplicita. Infatti, i tedeschi inviarono subito presso le coste spagnole varie corazzate e cacciatorpediniere. Si firmarono anche degli accordi segreti di collaborazione in base ai quali la Germania avrebbe ottenuto, in cambio degli aiuti, materie prime strategiche (p.es. il wolframio), prodotti alimentari e soprattutto partecipazione nell'industria mineraria del ferro, del quarzo, dell'argilla, di cui necessitava per poter di lì a poco scatenare la guerra mondiale, e per i prodotti della quale non poteva dipendere da paesi che di lì a poco avrebbe attaccato, come Gran Bretagna, Francia e Svezia.
In particolare la Germania era molto favorevole al fatto che al confine sud della Francia si costituisse un regime fascista in grado di controllare lo stretto di Gibilterra e il Marocco spagnolo come basi per un facile passaggio in Nordafrica e per la conquista del Marocco francese, dell'Algeria e della Tunisia.
L'Italia, con la parte fascista della Spagna, creò una serie di compagnie industriali manovrate dai monopoli della Snia Viscosa e della Montecatini. I capitalisti italiani controllavano anche le miniere di Almadén. I primi contatti ufficiali tra il fascismo italiano e quello spagnolo per la realizzazione di un golpe risalgono al 1934: giovani "tradizionalisti" spagnoli furono inviati in Italia dalle Jons (Giunte di Offensiva Nazionale Sindacalista) e dalla Falange (unificatesi nel corso del 1934) per addestrarsi all'uso delle armi e delle tattiche sovversive. Mussolini sottoscrisse un impegno formale di aiuto militare e finanziario nel marzo 1934 e provvide immediatamente (l'intervento sarà poi la premessa politico-militare per il "patto d'acciaio" tra Italia e Germania).
Tutto ciò permetteva indubbiamente al fascismo di diffondersi su scala europea e, in particolare, di porre le basi per dislocare truppe ai confini con la Francia e per posizionare le flotte presso le Baleari, Gibilterra, nel golfo di Biscaglia, allo scopo di creare una minaccia al sistema anglo-francese di postazioni strategiche mediterranee.
Durante tutto il periodo della guerra l'Italia inviò in Spagna, secondo dati ufficiali, 1.930 pezzi d'artiglieria e più di 7,5 milioni di proiettili per artiglieria, 250.000 fucili, 324 milioni di cartucce, 10.135 fucili mitragliatori, 7.633 veicoli, 950 carri armati e veicoli blindati, 91 navi di superficie e 2 sommergibili, 763 aerei da combattimento e 141 motori di ricambio, 5.699 piloti militari e 312 civili che compirono 86.420 voli di guerra e attuarono 5.318 bombardamenti, sganciando 11.584 tonnellate di bombe. Alcuni storici pensano che la cifra complessiva dei militari italiani favorevoli a Franco sia arrivata a 150-200.000 (i tedeschi mandarono poco meno di 50.000 militari) e si sa con certezza che i morti furono 3.022 e 11.000 i feriti.
Il tutto costò all'Italia (che stava facendo l'autarchia) qualcosa come 14 miliardi e mezzo di lire, che Mussolini fatturò a Franco, ma solo quando non volle schierarsi con lui a fianco di Hitler nel 1940. La Spagna di Franco non pagò mai questo debito.
Bloccando le coste spagnole, Germania e Italia rendevano molto difficoltoso qualunque aiuto da parte delle altre potenze europee, fosse anche in viveri e medicinali.
A questo punto la politica del non-intervento non aveva più alcun senso, se non quello di favorire le forze fasciste di Franco, tant'è che i monopoli privati di Francia (p.es. la Renault) e Stati Uniti (p.es. la Texas Oil Company) stavano già aiutando i ribelli vendendo combustibile, automezzi ecc. (dagli Usa arrivarono 12.000 camion, il doppio di quelli inviati da tedeschi e italiani). La Texas vendette petrolio a credito a Franco per tutta la durata della guerra. Dalla fabbrica di Carneis Point, in New Jersey, arrivarono ai nazionalisti 60.000 ordigni bellici, poi sganciati su Barcellona. E la compagnia telefonica americana (ITT), che controllava tutta la rete telefonica e telegrafica spagnola, aveva posto a capo della sua filiale spagnola José Antonio Primo de Rivera, che nel 1933 aveva fondato la Falange, cioè l'equivalente del partito nazista per Hitler e fascista per Mussolini. La Du Pont de Nemours e la General Motors finanziarono molte campagne propagandistiche a favore dei nazionalisti.
Il Congresso americano, dopo la partenza del primo contingente di 97 volontari (26 dicembre 1936), proibì tassativamente ai cittadini di ripetere la cosa (ma in 3.000 riuscirono lo stesso ad andare in Spagna, pur presentandosi in 300.000 all'ambasciata spagnola) e fece ampie pressioni diplomatiche sul Messico perché smettesse d'aiutare la repubblica. Il governo di Washington dovrà comunque tener conto del fatto che i reportage dei grandi scrittori e giornalisti americani, come Hemingway, Sinclair, Seldes, Gelhorn, Mattews e North, erano del tutto sfavorevoli ai franchisti, a causa delle atrocità che commettevano.
Quanto ai politici inglesi, essi, pur non mostrando esplicite simpatie per i ribelli franchisti (se si escludono ovviamente i conservatori), di fatto si comportarono come se ne fossero gli alleati.
Il governo sovietico decise allora di denunciare l'inutilità della politica di non-intervento e prese ad aiutare fattivamente le forze repubblicane. Decine di navi cariche di viveri, medicinali, indumenti, crediti finanziari, materiale bellico e istruttori militari partirono per la Spagna dal porto di Odessa, spesso disturbate dal naviglio sottomarino italiano e tedesco. Un contributo significativo lo diede anche la repubblica messicana. E dalla Francia gli aiuti arrivarono in maniera clandestina, attraverso i Pirenei.
Successivamente André Marty (partito comunista francese) venne incaricato dalla III Internazionale di organizzare le Brigate Internazionali, con volontari di diverse idee politiche e di diversa estrazione sociale (la metà erano operai), che arrivarono ad essere provenienti da 21 paesi e che ad un certo punto raggiunsero il numero di 52.000 (4.000 gli italiani, ma i più numerosi furono i francesi: 8.500), raccolti in 14 Brigate, di cui i morti in combattimento o dispersi o feriti furono 20.000. Altri 5.000 uomini combatterono in unità dell'esercito repubblicano e almeno altri 20.000, prevalentemente donne, lavorarono nei servizi sanitari o ausiliari.
Il primo nucleo delle Brigate, il cui modello era quello dell'Armata Rossa, col comandante militare e il commissario politico, arrivò nell'ottobre del 1936 e fu addestrato ad Albacete da Marty, che aveva per luogotenenti Longo e Di Vittorio. Le Brigate più famose furono "Garibaldi", "Lincoln", "Thälmann", "Dombrowsky", "Commune de Paris", "André Marty". Tutte le Brigate combatterono le grandi battaglie della guerra civile.
Tra gli italiani vanno ricordati, oltre a Longo e Di Vittorio, Nenni, Valiani, Vidali, Carlo Rosselli (che dette vita alla prima colonna di volontari italiani in Catalogna), Vaia, Pajetta, Nanetti, Gibelli... Rappresentante dell'Internazionale comunista presso il partito comunista spagnolo fu Togliatti.
Nell'ottobre 1936 si combatté a Madrid una durissima battaglia, che trasformerà il golpe in una lunga guerra civile. Sulle vie di accesso alla città vennero distrutti i migliori reparti dei fascisti di Franco e per un momento i repubblicani pensarono d'essere riusciti a vincere la guerra. Quando i volontari delle Brigate cadevano prigionieri dei franchisti, venivano immediatamente fucilati.
Ma fu proprio allora che i capi del partito socialista cominciarono ad opporsi alle proposte comuniste di creare un'industria bellica, di epurare le città dalle spie e dai numerosi sabotatori e disfattisti, che appartenevano alla "Quinta colonna", organizzata dal generale de Llano. La situazione migliorò quando si decise, per ragioni di sicurezza, di trasferire a Valencia, in segreto, il governo, lasciando a Madrid una giunta di difesa formata con le stesse rappresentanze politiche del governo. In tal modo col governo se ne andavano anche gli elementi di confusione e di sfiducia.
In Catalogna, saltando tutte le tappe intermedie di una qualunque rivoluzione popolare, gli anarchici e i trotzkisti, che mal digerivano una presenza eccessiva dei comunisti nella direzione della lotta armata, presero a "socializzare" tutta l'industria, inclusa quella piccola e perfino i negozi, le mense, i ristoranti... Le assemblee generali dei lavoratori procedevano alla elezione dei consigli in cui erano rappresentate tutte le varie fasi della produzione. Lo stesso nelle campagne, ove si procedeva a una collettivizzazione forzata e integrale delle aziende contadine, senza mediazioni di sorta, tanto che persino il denaro veniva abolito, sostituito dal baratto: olio contro tessuti.
I repubblicani borghesi, vedendo questi comportamenti, si allarmarono enormemente e cominciarono a parlare di "pace sociale". Tuttavia il popolo aveva ormai occupato le fabbriche (da tempo senza imprenditori privati, fuggiti all'estero) e requisito le terre ai latifondisti e nessuno voleva più tornare indietro. Il governo Caballero dovette prendere atto della situazione e confermare il fatto che tutte le aziende abbandonate dai loro proprietari potevano essere requisite e tutte le aziende agrarie appartenenti a imprenditori schieratisi esplicitamente contro la repubblica, dopo il golpe di Franco, dovevano essere statalizzate.
S'erano insomma poste le condizioni perché l'industria repubblicana cominciasse a produrre materiale bellico per fronteggiare le esigenze del fronte militare. E così venne liquidata tutta la grande proprietà fondiaria: 376.787 famiglie di contadini e braccianti ottennero 5.423.212 ettari di terra, col bestiame e l'attrezzatura annessi.
Si rafforzò immediatamente l'alleanza tra contadini e operai. Iniziò anzi un largo afflusso di contadini nell'esercito repubblicano. I socialisti di destra e gli anarcosindacalisti continuavano a osteggiare la realizzazione di un esercito popolare unificato, ma, nonostante questo, nell'ottobre 1936 il governo emanò un decreto con cui si chiedeva la trasformazione della milizia popolare in esercito regolare.
Furono anche promulgate leggi a favore della sicurezza sul lavoro, degli aumenti salariali, della limitazione del lavoro infantile, della giornata lavorativa di otto ore, della parità dei sessi, permettendo così anche alle donne di partecipare alla vita politica del paese. Uno dei massimi dirigenti del partito comunista spagnolo fu proprio la Ibarruri, detta la "Pasionaria".
Notevoli successi si registrarono nel campo dell'istruzione popolare, per vincere soprattutto l'endemico analfabetismo rurale. Gli studenti privi di mezzi venivano stipendiati dallo Stato. La Catalogna e le Province Basche ottennero ampia autonomia regionale.
Nonostante questi successi, nel governo e nell'apparato statale continuavano a dominare elementi della borghesia che ostacolavano l'allargamento della rivoluzione verso obiettivi avanzati di "socializzazione". D'altra parte per tutto il periodo della guerra civile non ci sarà mai un momento in cui i lavoratori o i loro rappresentanti politici o sindacali abbiano detenuto le leve del potere senza il condizionamento degli elementi borghesi.
I comunisti chiesero esplicitamente alla nazione, consapevoli che la guerra civile non era ancora stata vinta, di organizzare un leva militare obbligatoria, di allestire una forte industria bellica, di nazionalizzare i settori fondamentali dell'industria metallurgica, mineraria, dei trasporti ecc., di istituire il controllo operaio sulla produzione, di aumentare la produttività dell'agricoltura e di epurare le retrovie dagli elementi che sabotavano la rivoluzione.
Intanto nel marzo del 1937 i ribelli e gli interventisti stranieri decisero di preparare una grande offensiva nella zona di Guadalajara, concentrando ben 70.000 fascisti (di cui 50.000 italiani), 250 carri armati, 180 pezzi d'artiglieria e molti aerei tedeschi, che avevano base in Portogallo. I miliziani repubblicani erano solo 6.000, cui si aggiunsero due giorni dopo l'XI e la XII Brigata Internazionale. L'obiettivo era quello di occupare Madrid o comunque di isolarla. La battaglia durò otto giorni e si concluse con la piena disfatta delle truppe fasciste.
In quegli stessi giorni Pio XII, nella Enciclica "Divini Redemptoris" si scagliava contro il "flagello comunista" in Spagna.
Tuttavia i socialista di destra, che detenevano le principali cariche governative, e gli anarcosindacalisti continuavano ad ostacolare il rafforzamento dell'esercito, l'organizzazione dell'industria bellica, l'istituzione di riserve militari...
La goccia che fece traboccare il vaso di questa politica disfattista fu la rivolta controrivoluzionaria a Barcellona, organizzata nel maggio 1937 da elementi trotzkisti e anarchici, non disposti a tollerare una rigorosa disciplina all'interno del Fronte popolare e fermamente intenzionati a collegare guerra e rivoluzione, prima ancora che la guerra fosse stata vinta. E' in assoluto la pagina più nera della sinistra europea.
La rivolta fu domata dai lavoratori della città, ma il governo Caballero, che fu sempre circondato da consiglieri militari di dubbio orientamento repubblicano, non volle prendere provvedimenti contro i rivoltosi, determinando così le dimissioni, per protesta, dei ministri comunisti. Caballero provò a realizzare un governo senza i comunisti ma, non essendoci riuscito, fu indotto a dimettersi.
Il governo successivo, senza ministri anarchici, era guidato dal socialista Negrìn, che provvide a punire i responsabili della rivolta e a creare un potere centralizzato per tutto il territorio della repubblica e un unico comando dell'esercito popolare.
Nel marzo del 1937 le forze unite dei ribelli di Franco e dei fascisti stranieri sferrarono una grossa offensiva contro le Province Basche. Qui il tradimento dei nazionalisti borghesi ebbe effetti tragici. Furono occupate Bilbao, Santander, le Asturie. La città di Teruel fu oggetto di durissime battaglie.
Il 26 aprile del 1937 l'aviazione tedesca, con alcuni aerei italiani, bombarda il villaggio di Guernica, nei Paesi Baschi, di 7.000 abitanti. Muore il 30% della popolazione inerme. Dal punto di vista militare, Guernica era un obiettivo del tutto insignificante; l'azione, svoltasi in un giorno di mercato, fu una strage compiuta per seminare terrore nella popolazione civile e sperimentare una nuova tattica di guerra aerea: il bombardamento a tappeto. La Wehrmacht aveva bisogno di una "piccola guerra" per preparare quella grande. Non a caso alcuni storici sostengono che la II guerra mondiale non iniziò nel 1939 ma nel 1936.
Ai primi di giugno il generale Mola muore in un incidente aereo. Nel marzo 1938 il fronte bellico si spostò sul versante aragonese, dove le forze nemiche superavano di 6-8 volte quelle repubblicane. Verso la metà di aprile i fascisti erano arrivati a toccare le coste mediterranee.
Il territorio della repubblica era stato praticamente diviso in due: quattro province catalane a nord, Madrid, Valencia, Alcante, Murcia e altre nel centro-sud. La situazione era gravissima.
Dall'estate del 1937 i sommergibili italiani presero ad affondare nel Mediterraneo qualunque nave prestasse aiuto alla Spagna. Contro questi atti di pirateria intervennero una serie di paesi: Urss, Gran Bretagna, Francia, Jugoslavia, Turchia, Grecia, Bulgaria, Egitto e Romania, che s'impegnarono a non utilizzare sommergibili nel Mediterraneo e ad affondare quelli segnalati. L'Italia fascista dovette smettere.
Diventava tuttavia sempre più difficile per l'Urss aiutare i repubblicani, anche perché in quel paese imperversavano le purghe staliniane, che avevano sicuramente indebolito la volontà di difendere i repubblicani spagnoli, tant'è che Stalin ad un certo punto raccomandò a Caballero di rinunciare alla rivoluzione armata e di limitarsi a una via parlamentare verso il socialismo.
In ogni caso le navi da guerra italo-tedesche bloccavano sempre più i porti. La Francia addirittura chiuse la propria frontiera con la Spagna. Alla fine del 1937 era evidente l'intenzione di Usa, Inghilterra e Francia di far fallire la rivoluzione spagnola.
L'ala destra del Fronte popolare cominciò a porsi il problema di come realizzare una pacificazione coi fascisti. A queste manovre i lavoratori risposero creando in pochi giorni un esercito di oltre 20.000 volontari, soprattutto giovani. Dal governo furono espulsi gli elementi capitolardi.
Nel luglio 1938, su iniziativa dei comunisti, fu sferrata una controffensiva sul fiume Ebro, per evitare la caduta di Valencia. I fascisti persero la battaglia lasciando sul campo oltre 80.000 uomini, 200 aeroplani e moltissime armi. Ma il 15 novembre i repubblicani tornarono indietro, dopo aver perso 100.000 uomini tra morti feriti e prigionieri, perché non erano attrezzati per una guerra di trincea: i depositi delle munizioni erano finiti, riserve di uomini non ve n'erano...
La repubblica nel complesso disponeva di forze insufficienti per continuare la guerra e non aveva appoggi internazionali equivalenti a quelli dei ribelli, per cui tendeva, a livello tattico, ad aspettare l'iniziativa di attacco da parte dei ribelli (p.es. il fronte d'Aragona fu lasciato per lungo tempo inerte).
Alla fine del 1938 250.000 nazionalisti scatenarono un'offensiva sul fronte della Catalogna, dopo che Barcellona era stata pesantemente bombardata dai fascisti italiani, suscitando proteste in tutto il mondo, dal Vaticano e persino dallo stesso Franco, che chiese al Mussolini meno efferatezze. L'artiglieria e i carri armati dei nazionalisti superavano di 10 volte quelli repubblicani, i cannoni antiaerei di ben 50 volte. Nel febbraio 1939 cadeva anche la Catalogna e alla repubblica non restava che 1/4 del territorio nazionale. Oltre 500.000 profughi militari e civili fuggirono in Francia.
Lo stesso giorno il governo franchista promulgò la "Legge sulle responsabilità politiche", con cui si decideva di punire con la stessa severità delle azioni antifranchiste anche le omissioni, l'astensione, la passività di chi era stato semplice membro di un partito o di un sindacato dichiarato "illegale", senza ricoprire cariche dirigenziali. Una seconda legge del 1940 "Contro il comunismo e la massoneria" definiva quale "delitto" il comunismo in sé e assimilava al reato di "comunismo" anche i socialisti, i socialdemocratici, i repubblicani, gli anarchici, gli obiettori di coscienza e i protestanti.
Il problema tuttavia non stava solo nella disparità delle forze in campo, ma anche nel fatto che la popolazione era spesso governata da esponenti politici non sufficientemente determinati a difendere la nazione ad ogni costo contro il fascismo. Ecco perché il governo Negrìn (rifugiatosi a Tolosa dopo la caduta di Barcellona) decise ad un certo punto di assegnare il comando delle unità combattenti a ufficiali che davano assoluta sicurezza che avrebbero continuato a lottare. Questa decisione venne condivisa dai comunisti, che si videro assegnare i posti di comando, e da una parte degli anarchici. Socialisti e repubblicani erano invece favorevoli alla resa. Il colonnello Casado, promosso generale, avrebbe dovuto essere sostituito.
Ormai per Negrìn il problema era diventato quello di resistere sino allo scoppio della II guerra mondiale, che, a ragione, si credeva imminente, e per la quale la Francia sarebbe sicuramente intervenuta a difendere la repubblica in Spagna. In fondo la zona repubblicana contava ancora 10 province con 9 milioni di abitanti, vi erano 800.000 uomini in armi.
Nel settembre del 1938 il governo repubblicano decise il ritiro dal fronte delle Brigate Internazionali, per evitare che Germania e Italia, cui già s'era permesso di occupare i Sudeti e l'Etiopia, si sentissero ufficialmente autorizzate ad aiutare Franco, entrando nel paese con tutti i loro mezzi. I volontari comunque si rendevano conto che ormai la battaglia contro il fascismo iniziata in Spagna era destinata a proseguire altrove. Non a caso in tutta Europa questi volontari assunsero un ruolo direttivo nell'organizzazione della lotta partigiana contro l'occupazione tedesca.
I circoli dominanti di Inghilterra, Francia e Usa, quando videro i successi dei fascisti, gettarono la maschera del non-intervento. I governi anglo-francesi chiesero con insistenza al governo Negrìn di arrendersi ai ribelli e, non avendo ottenuto nulla, ruppero le relazioni diplomatiche, riconoscendo il governo ribelle di Franco. I ribelli occuparono l'isola di Minorca con l'aiuto degli stessi inglesi, i quali temevano che la piazzaforte di Mahon potesse cadere in mano italo-tedesca e minacciare la loro gestione dello stretto di Gibilterra.
Proprio nel momento in cui le forze repubblicane avrebbero dovuto restare più unite, il socialista di destra Besteiro, il generale Miaja e il generale Casado prepararono, con l'aiuto dei socialisti moderati e di una parte delle forze anarchiche, una congiura antirepubblicana a Madrid: erano convinti che Franco avrebbe trattato una pace onorevole, avrebbe considerato "nemici" solo i comunisti, avrebbe comunque permesso a chi voleva di espatriare e che in ogni caso gli inglesi avrebbero fatto da mediatori. Non una di queste condizioni Franco vorrà rispettare. Tuttavia queste idee demoralizzarono enormemente i combattenti e la popolazione.
Il governo Negrìn cercò di epurare l'esercito, ma ai primi di marzo i congiurati fecero sollevare la flotta militare di Cartagena, dirigendola verso Biserta. Nel contempo chiesero che si formasse un governo senza i comunisti e, con l'appoggio dei trotzkisti, degli anarchici e degli ufficiali traditori, presero ad arrestare i dirigenti comunisti e a ritirare le truppe dal fronte. Finché scoppiò la guerra nella stessa Madrid, nella convinzione che, una volta ridotto il potere dei comunisti, i franchisti avrebbero accettato di scendere a compromessi coi traditori. Fu un tragico errore: Franco voleva solo l'immediata capitolazione e soprattutto voleva la vendetta. Casado e la Giunta nazionale di difesa, da lui diretta, si affrettarono ad abbandonare il paese con l'aiuto di un cacciatorpediniere inglese. Il 28 marzo 1939 le truppe franchiste e italiane entrarono a Madrid, pochi mesi prima dello scoppio del conflitto mondiale.
Le truppe scelte della repubblica cercarono disperatamente di raggiungere il mare sperando che le navi francesi prenotate a suo tempo da Negrìn nell'eventualità dell'evacuazione arrivassero in tempo, ma il governo francese, dopo il riconoscimento di quello franchista, aveva bloccato i conti correnti di quello repubblicano e gli armatori francesi, non ricevendo alcuna caparra, si rifiutarono di inviare le navi. In 25.000 si arresero senza opporre resistenza.
La guerra costò, dal punto di vista materiale, mezzo milione di case distrutte e 183 città gravemente devastate, ma soprattutto costò 1.375.000 morti di cui 400.000 in combattimento da ambo le parti, 75.000 eliminati dalle sinistre tra il 1936 e il 1939, 400.000 eliminati dai franchisti nel corso della guerra, 100.000 eliminati sommariamente dai franchisti dopo la fine della guerra e 400.000 eliminati dai franchisti dopo una sentenza capitale.
Gli esiliati furono oltre 500.000 e i carcerati circa 1,2 milioni (l'ultima esecuzione capitale fu eseguita nel 1953), ma se si considerano non solo i prigionieri di guerra, quelli politici e i soldati smobilitati sotto sorveglianza, ma anche gli elementi civili accusati semplicemente di complicità, di appartenenza a partiti di sinistra, si arriva alla cifra di oltre 2 milioni di ex repubblicani da tenere sotto controllo: praticamente su una popolazione totale di 24 milioni di abitanti, ben 7-8 milioni (considerando la consistenza dei nuclei familiari) veniva coinvolta direttamente o indirettamente nella repressione. Soltanto nei Paesi Baschi, su una popolazione di 1.325.000 persone, ben 929.630 subirono le conseguenze della guerra, di cui 48.000 i morti, 50.000 i feriti gravi, 87.000 i prigionieri, 150.000 gli esiliati e 596.000 i sancionados. La chiesa cattolica ebbe uccisi 13 vescovi, 4.184 sacerdoti e seminaristi, 2.365 religiosi, 283 suore e decine di migliaia di laici.
A questi morti bisogna aggiungere quelli della guerriglia condotta sui monti, che iniziata nel 1936 proseguì fino alla metà degli anni '50: considerando i guerriglieri esistenti da ambo le parti dei Pirenei, a combattere franchisti e nazisti, si pensa almeno a 20.000 tra morti e feriti. Nessun paese europeo può vantare una resistenza di così lunga durata. Proprio questa guerriglia verrà usata dal governo franchista come pretesto per non scendere in guerra a fianco del nazifascismo. Sino alla fine degli anni '40 i guerriglieri si illusero che con l'aiuto di Francia, Inghilterra e Stati Uniti si sarebbe potuta abbattere la dittatura.
Nessun paese dell'Europa occidentale ha conosciuto uno sterminio così fratricida e un'epurazione così spietata da parte del vincitore al termine di una guerra civile. Non ci fu mai il minimo tentativo da parte del governo di pacificare vinti e vincitori.
Franco ordinò che si creasse, a poca distanza da Madrid, sulla Valle de los Caidos, un gigantesco ossario memoriale, dove fece seppellire senza distinzione i caduti di entrambe le parti. Poi dichiarò che il suo nuovo Stato doveva definirsi "nazional-sindacalista".
I volontari italiani delle Brigate internazionali non poterono tornare in patria sino al crollo del nazifascismo. Quelli che avevano scelto di stabilirsi in Francia trovarono qui un clima di diffidenza, creatosi dopo la firma del patto di non aggressione russo-tedesco tra Ribbentropp e Molotov (agosto 1939), per cui il governo del radical-socialista Daladier si sentì autorizzato ad avviare la stagione degli arresti degli stranieri comunisti.
Ai volontari americani di fede socialista o comunista o anarchica non fu mai permesso di entrare nell'esercito del loro paese; anzi molti di loro furono arrestati durante il periodo del maccartismo.
Papa Pio XII, plaudendo alla conclusione della guerra in Spagna, dirà nel radiomessaggio alla nazione il 16 aprile 1939, poi riportato su tutti i giornali, che "ora risplende nuovamente la grande tradizione cattolica", "baluardo inespugnabile della fede".
La Spagna era stata chiamata a servire da terreno sperimentale per le forze nazifasciste italo-tedesche, che si apprestavano a sferrare l'attacco contro l'Urss e anche contro le democrazie occidentali che si fossero opposte ai loro piani.
(1) Il golpe di Franco non aveva una fisionomia ideologica ben precisa. Si configurava semplicemente come un golpe reazionario per il trionfo del nazionalcattolicesimo e degli interessi delle classi privilegiate. Il vero partito fascista fu la Falange, che però ebbe compiti subalterni durante la guerra civile. Solo dopo la vittoria divenne il partito unico, fuso col carlismo nel 1937 dallo stesso Franco, prendendo il nome di "Giunte di Offensiva Nazionale Sindacalista". L'ideologia carlista, fortemente clericale, resterà sempre subordinata a quelle della Falange. Dal primo giorno dell'alzamiento, i reparti carlisti guidati dai generali Sanjurjo, Mola Vidal (1887-1937) e Queipo de Llano (1875-1951) parteciperanno alla Cruzada come una sorta di "Quarta Guerra Carlista", in cui la lotta per loro non era più solo dinastica, ma anche e soprattutto per la difesa del privilegio feudale e clericale contro la democrazia e il socialismo.(torna su)
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- Stampa pagina Aggiornamento: 01/05/2015 |