LE MONARCHIE NAZIONALI


LE DUE FRONDE FRANCESI AL TEMPO DEL CARDINALE MAZZARINO

I - II - III - IV

Il re francese Luigi XIII morì nel 1643. L’erede al trono, Luigi XIV, non aveva ancora cinque anni e la reggenza fu tenuta da sua madre, Anna d’Austria. Di fatto però le redini del governo erano nelle mani del suo favorito, il successore del cardinale Richelieu alla carica di primo ministro, il cardinale italiano Mazzarino. Energico statista, continuatore della politica del Richelieu, il Mazzarino per ben 18 anni (1643-61) governò senza limitazioni di potere la Francia.

La reggenza iniziò con le pretese da parte dell’alta nobiltà, soprattutto dei "principi del sangue" (lo zio del re, Gastone di Orléans, i principi Condé ecc.), in ordine alla spartizione dei beni dello Stato. Mazzarino fu costretto a limitare gli appetiti di questi alti dignitari e nello stesso tempo a moderare la generosità dimostrata nei loro confronti da Anna d’Austria, poiché la partecipazione alla guerra dei Trent’anni e la lotta contro l’opposizione interna avevano esaurito le risorse finanziarie della Francia.

Una congiura dei nobili di corte (la cabale des importants), con a capo il duca di Beaufort, per allontanare Mazzarino e por fine alla guerra contro l’Impero venne soffocata con facilità.

I nobili per il momento rimasero tranquilli, ma nel paese cresceva un’opposizione ancora più minacciosa: i moti contadino-plebei avevano assunto vaste proporzioni già sotto Richelieu, soprattutto nelle province sud-occidentali della Francia, in particolare nella regione di Rouergue.

Contemporaneamente Mazzarino, alla ricerca di nuove fonti di entrate per condurre a termine la guerra dei Trent'anni, introdusse una serie di imposte, che provocarono il malcontento di larghi strati della borghesia, soprattutto di quella parigina, e la fecero schierare all’opposizione.

Il cardinale inoltre lese il diritto di proprietà della "nobiltà di toga" alle sue cariche, poiché richiese ai membri del Parlamento somme supplementari per il riconoscimento dell’ereditarietà dei loro uffici, privando con ciò l’assolutismo del sostegno dell’influente classe dei magistrati. Soltanto i "finanzieri" prosperavano più di prima. La "nobiltà di toga" con a capo i membri del Parlamento parigino, irritata dalla politica del Mazzarino e spinta dalle notizie dei successi del Parlamento inglese nella lotta contro il re, entrò in provvisoria alleanza con vasti gruppi della borghesia insoddisfatta, avviandosi a una rottura con l’assolutismo e verso un blocco con le forze popolari antifeudali.

Aveva così inizio una profonda crisi del sistema feudale-assolutistico, nota sotto la denominazione di "Fronda" (1648-53), che si divide in due periodi: "la vecchia Fronda" (parlamentare) del 1648-49 e la "nuova Fronda" (o dei principi) del 1650-53.

Nel primo periodo il Parlamento parigino avanzò un programma di riforme, che si avvicinava alquanto al programma del Lungo Parlamento inglese; esso prevedeva infatti una limitazione dell’assolutismo reale e conteneva dei punti che rispecchiavano gli interessi non solo della “nobiltà di toga”, ma anche le rivendicazioni di larghi strati della borghesia e le aspirazioni delle masse popolari (p.es. l’introduzione di tasse soltanto col consenso del Parlamento, la proibizione dell’arresto senza la presentazione di un capo di accusa, ecc.). Grazie a questo programma, il Parlamento ottenne un larghissimo sostegno nel paese.

Rifacendosi alle decisioni del Parlamento, i contadini cessavano dappertutto di pagare le tasse e in qualche regione non vollero neppur più adempiere alle prestazioni obbligatorie; davano anzi la caccia agli agenti del fisco, a mano armata. Il Mazzarino tentò di decapitare il movimento, arrestando due popolari personalità del Parlamento, ma Parigi rispose con una rivolta armata di massa (26-27 agosto 1648): in una notte furono erette 1.200 barricate, e i borghesi si batterono contro l’esercito reale fianco a fianco con la plebe cittadina.

Il governo, impressionato dall’ampiezza del movimento, dovette accondiscendere a liberare gli arrestati, e poco dopo emise una dichiarazione in cui accettava la maggior parte delle rivendicazioni del Parlamento parigino.

In segreto però Mazzarino preparava una controffensiva: per poter liberare l’esercito francese dalla partecipazione alle azioni militari fuori dai confini del paese, egli fece tutto il possibile per affrettare la firma della pace di Westfalia, contro gli stessi interessi della Francia. Poco tempo dopo la firma della pace, la corte e il governo, improvvisamente, fuggirono da Parigi a Rueil. Trovandosi lontano dalla capitale in rivolta, Mazzarino ritrattò tutte le promesse fatte al Parlamento e al popolo, provocando con ciò l’immediato inizio della guerra civile: l’esercito reale nel dicembre del 1648 pose l’assedio a Parigi, ma i parigini trasformarono la loro guardia borghese in milizia popolare, e si difesero coraggiosamente per oltre tre mesi. Alcune province (Guyenna, Normandia, Poitou e altre) li sostennero attivamente; i villaggi si armarono per la guerra contro i seguaci di Mazzarino, e i contadini, qua e là, in particolare nei dintorni di Parigi, ebbero scontri con l’esercito reale e con i gendarmi.

Durante l’assedio di Parigi, però, subito si aprì una spaccatura tra la borghesia ed il popolo, che si approfondì rapidamente. L’affamata plebe parigina tumultuava contro coloro che speculavano sul pane ed esigeva la confisca dei loro beni per i bisogni della difesa. Dalle province giungevano al Parlamento parigino notizie di una crescente attività delle masse popolari. La stampa parigina con il suo radicalismo e i suoi attacchi agli ordinamenti esistenti impauriva i membri del Parlamento. Grande impressione suscitò in loro la notizia giunta nel febbraio del 1649 dell’esecuzione in Inghilterra di re Carlo I; alcuni fogli parigini incitavano a trattare Anna d’Austria e Luigi XIV secondo l’esempio inglese; manifesti affissi ai muri delle case e oratori di strada incitavano all’istituzione della repubblica in Francia. Persino Mazzarino temeva che gli avvenimenti potessero svolgersi in Francia sulla falsariga inglese.

Tuttavia la prospettiva di un inasprimento della lotta di classe intimoriva i circoli dirigenti della borghesia con a capo il Parlamento parigino, che entrò in trattative segrete con la corte: il 15 marzo 1649 fu inaspettatamente proclamato un accordo di cessazione delle ostilità, che, in sostanza, era un atto di capitolazione del Parlamento. La corte entrò trionfalmente in Parigi. Finiva così miseramente la Fronda parlamentare: la rivolta non era stata soffocata dal governo ma l’aveva troncata volutamente la borghesia, timorosa delle richieste popolari, rifiutandosi di continuare la lotta.

La storia della Fronda parlamentare del 1648-49 dimostrò però chiaramente che, verso la metà del XVII secolo, in Francia già esisteva una visibile contraddizione tra le nuove forze produttive e i vecchi rapporti feudali di produzione, anche se essa, al momento, poteva suscitare soltanto isolati movimenti rivoluzionari e generare singole idee rivoluzionarie, ma non una rivoluzione.

La "nuova" Fronda aristocratica del 1650-53 rappresentò il tentativo di un piccolo gruppo di nobili di servirsi della indignazione del popolo, abbandonato dalla borghesia, per le proprie dispute personali col Mazzarino. Della borghesia francese solo alcuni elementi radicali tentarono di intervenire attivamente.

Esemplari furono, sotto quest’aspetto, i fatti di Bordeaux, dove si giunse all’instaurazione di una specie di governo repubblicano-democratico: i capi del movimento erano in stretti rapporti con i Livellatori inglesi e ne adottarono sia nei programmi che nei documenti, le idee, fra cui la richiesta del suffragio universale. Non si trattò, comunque, che di un episodio isolato.

Nella campagna la Fronda dei principi non voleva correre rischi, anzi i reparti frondisti in tutte le province effettuavano una mostruosa repressione contro le masse contadine; sotto questo aspetto, essi facevano causa comune col governo di Mazzarino.

La guerra intestina terminò con un accordo fra la corte e i nobili ribelli, che ottennero ricche pensioni, pingui governatorati e titoli onorifici. Mazzarino costretto per ben due volte a lasciare Parigi, ritornò nella capitale e rafforzò la propria posizione politica, diventando più potente che mai.

Alcune rivendicazioni della Fronda feudale non solo rispecchiavano gli interessi privati dei nobili, ma anche gli umori di più vasti circoli della classe aristocratica. Esse infatti tendevano: 1) a liquidare "l’usurpazione" del potere reale da parte del Mazzarino (che forniva il pretesto per una lotta di fazioni a corte e, di conseguenza, impediva il consolidamento della nobiltà); 2) a limitare i diritti e l’autorità del Parlamento ed in generale di tutta la burocrazia; 3) a strappare dalle mani degli appaltatori e in genere dei "finanzieri" quella parte cospicua di plus-prodotto di cui essi si erano impossessati, e in tal modo a regolarizzare il problema finanziario, senza ledere gli interessi della nobiltà cortigiana e militare; 4) ad aumentare la parte di plus-prodotto contadino riscossa dai nobili rurali, inasprendo la tassazione statale sul commercio e sull’industria; 5) a proibire la fede protestante, che aveva provocato una scissione all’interno della nobiltà e forniva un nuovo pretesto alla borghesia e al popolo per non sottostare ai nobili.

Questo programma della nobiltà divenne in seguito il programma di tutto il regno di Luigi XIV. Inebriato dalla vittoria, l’assolutismo, dopo la Fronda, sottovalutò la borghesia come forza politica potenziale, subendo in maggior misura gli umori reazionari della nobiltà feudale. Inizialmente la realizzazione di queste rivendicazioni dei nobili portò al sorgere del "secolo d’oro" del "Re Sole" (come gli apologeti di corte chiamavano Luigi XIV), ma in seguito essa affrettò la caduta della monarchia francese.

Mazzarino, subito dopo la Fronda, dovette dar avvio, obtorto collo, alla realizzazione delle rivendicazioni dei nobili: la situazione internazionale rimaneva estremamente tesa e la Francia doveva continuare la guerra contro la Spagna. Per vincere quest'ultima Mazzarino dovette concludere un’alleanza con l’Inghilterra di Cromwell, sebbene segretamente egli pensasse piuttosto a un intervento in Inghilterra per la restaurazione degli Stuart; all’interno della Francia, profondamente stremata verso la fine degli anni 50, maturavano nuovi tentativi dell’opposizione, collegata agli ultimi superstiti della Fronda; nelle città di varie regioni continuavano i movimenti della plebe; nelle province si svolgevano assemblee di singoli gruppi della nobiltà, che il governo a volte doveva sciogliere con la forza; i nobili talvolta s’improvvisavano a "difensori armati" dei loro contadini contro i soldati e gli agenti del fisco.

Nel 1658 nei pressi di Orléans scoppiò una grande rivolta contadina, denominata "la guerra dei sabotiers" (sabot = zoccolo), sedata a stento. Tra l’altro questo avvenimento fu una delle cause che costrinsero Mazzarino a rinunciare a una completa vittoria sulla Spagna e ad affrettare la conclusione della pace dei Pirenei del 1659. Le forze militari della Francia vennero completamente ritirate da quel fronte, ma non servirono per intervenire negli affari inglesi, perché, dopo la morte di Cromwell, in Inghilterra era avvenuta la restaurazione degli Stuart nella persona di Carlo II, fedele alleato della Francia.

Finalmente l’assolutismo francese, all’apice della sua potenza, poteva cogliere anche i frutti delle vittorie interne e largamente soddisfare i desideri e le rivendicazioni della classe dominante, la nobiltà.

La Francia di Luigi XIV - Teoria politica e cultura nella Francia di Luigi XIV


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Moderna
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Aggiornamento: 10/11/2015