LA GRECIA TRA ORIENTE E OCCIDENTE
Storia ed evoluzione della Grecia classica


LE ORIGINI E LA NATURA DELLA DEMOCRAZIA IN GRECIA
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IL PERCORSO CULTURALE E POLITICO DEI GRECI

Bronzo di Riace

(b) La civiltà greca arcaica

“Qualcuno dei Sai si vanta dello scudo,
arma perfetta, che presso un cespuglio abbandonai non volendo;
ma ho salvato la vita. Che m’importa di quello scudo!
Vada in malora! In seguito me ne procurerò uno non peggiore.”

Archiloco

“Bella è la morte, nelle prime file cadendo
d’un valoroso che pugna per la sua patria.”

Tirteo

“Lasciamo perdere le lotte dei Titani o dei Giganti
o dei Centauri – vecchie favole –
o le contese civili. Non ci migliorano.
Occupiamoci sempre, invece, degli dei.”

Senofane

Abbiamo descritto l’età oscura come un’era di frazionamento territoriale e di grande imbarbarimento della società. Effettivamente lo fu, ma si deve anche dire che essa conobbe differenti fasi. In particolare, a partire dal IX secolo iniziò per la civiltà ellenica una stagione ascendente, una sorta di primavera che preluse alla vera e propria rinascita culturale e politica dell’età arcaica che ebbe inizio con l’VIII secolo.

Durante questa età, il mondo greco conobbe alcune trasformazioni fondamentali, che possiamo così schematizzare: una nuova espansione coloniale (le due precedenti ondate si erano verificate l’una durante il periodo miceneo, l’altra nei secoli successivi alle invasioni doriche ed essenzialmente come loro conseguenza); un potente sviluppo dell’artigianato e del commercio; una rinascita dei contatti con le vicine culture orientali, da cui la civiltà greca ricevette in particolare due prodigiose invenzioni: la scrittura alfabetica (dai Fenici) e la moneta (dai Lidi). Una delle conseguenze di questi cambiamenti fu la rinascita, dopo i secoli oscuri segnati dalla barbarie, dello stato, nella forma delle città-stato.

Quanto a queste ultime poi, cruciale – come vedremo – nella loro storia fu l’apparizione degli eserciti oplitici, che contribuirono in modo decisivo a mutarne la struttura politica e sociale in direzione di una maggiore partecipazione delle classi popolari alle attività di governo.

Anche se la presente ricerca vuole soffermarsi essenzialmente sulle trasformazioni politiche avvenute nel mondo greco tra VIII e VII secolo, questo argomento non può essere considerato isolatamente dagli altri fattori che abbiamo appena menzionato. Non deve quindi stupire il fatto che un grande spaziò sia qui dedicato ad essi, e che solo verso la fine del capitolo ci si occupi di temi propriamente politici e istituzionali.

(b.1) La trasformazione del mondo greco tra VIII e VII secolo

(b.1.1) la colonizzazione

Come abbiamo già accennato, verso il IX secolo la Grecia conobbe un primo miglioramento delle proprie condizioni economiche e sociali. Esso era dovuto probabilmente alla relativa stabilizzazione della situazione politica, a qualche avanzamento nelle tecniche agricole e a una conseguente crescita della produzione e del benessere. Ma tali miglioramenti comportarono anche un aumento della popolazione e, con ciò, una carenza ancora maggiore di terre rispetto ai periodi precedenti.

Da qui l’accrescersi dei conflitti sociali, e non solo tra poveri e ricchi ma anche tra gli stessi membri dell’aristocrazia, i quali spesso (ma questo era di sicuro un problema più antico) vedevano assottigliarsi le loro proprietà terriere per questioni ereditarie. Così, a un certo punto, l’emigrazione parve una soluzione naturale e necessaria. Osserva Pierre Lévêque che nella storia greca:

“sotto l’apparente improvvisazione si scorge una costante: la stretta necessità per il genio degli uomini di supplire alla povertà delle risorse naturali, d’inventare nuovi mezzi per evitare l’autarchia, generatrice di morte”

– un giudizio questo, che si adatta benissimo anche all’evento della colonizzazione dell’VIII secolo, che fu appunto una tra le più grandiose imprese poste in essere dai Greci per sfuggire alla miseria e alla fame.

Per tale ragione, tra VIII e VII secolo, un po’ da tutta la Grecia (con la sola eccezione, forse, dell’Attica edel Peloponneso) presero avvio spedizioni, capeggiate solitamente da nobili (i quali ovviamente aspiravano a ricoprire nei nuovi territori un ruolo analogo a quello ricoperto nelle terre d’origine), alla ricerca di luoghi favorevoli per un insediamento stabile. Tali spedizioni si indirizzarono tanto a occidente della Grecia (sulle coste italiane, siciliane e spagnole) quanto a oriente (sia verso regioni già civilizzate come l’Egitto, dove col consenso degli stati ospitanti furono fondate alcune città-empori, che divennero floridi centri di interscambio con la madrepatria; sia verso regioni ancora “vergini”, come ad esempio quelle situate in prossimità del Ponto Eusino, dove su territori sottratti alle popolazioni locali furono fondati insediamenti politicamente indipendenti).

(b.1.2) i traffici e la produzione specializzata

L’evento della colonizzazione fu la premessa essenziale per la nascita della civiltà classica e, prima che si essa, di quella arcaica o pre-classica, come ben dimostra il fatto che per molto tempo le cosiddette colonie – soprattutto quelle asiatiche – costituirono l’avanguardia stessa del progresso sociale e culturale ellenico.

Dalla fondazione delle colonie il mondo greco ricevette un enorme impulso verso lo sviluppo dei traffici. Dal Vicino Oriente infatti provenivano manufatti finemente lavorati che suscitavano gli appetiti dell’aristocrazia, ma che richiedevano anche una classe mercantile che si impegnasse ad acquistarli e trasportarli. Mentre da altre zone (sia orientali sia occidentali), meno sviluppate ma spesso ricche di materie prime a buon mercato, provenivano beni primari (ad esempio il grano delle regioni del Ponto Eusino), che si riversavano poi sui mercati delle nascenti città-stato aumentando la disponibilità di beni di consumo e abbassandone i prezzi.

Ovviamente tali beni venivano scambiati sia con prodotti agricoli sia con manufatti provenienti dalle regioni della Grecia propriamente detta, o dalle sue colonie. Per questo il commercio diede notevole impulso, oltre che alla nascita di una nuova classe mercantile e affaristica, anche a quella di una classe di artigiani specializzati con sede nelle nascenti città da una parte (celebri in tutto il mondo divennero, ad esempio, i vasai attici e corinzi) e a quella di colture agricole specializzate, in contrasto con la più antica economia di sussistenza, dall’altra (la Grecia produceva grandi quantità di olio e vino che scambiava poi soprattutto con granaglie).

(b.1.3) la scrittura e la moneta

Ma dalle più evolute e raffinate civiltà del Vicino Oriente non giunsero in Grecia solamente prodotti di alto artigianato, ma anche nuovi preziosi spunti culturali (come ad esempio i rudimenti della scienza geometrica) e nuove e prodigiose invenzioni. In particolare, come già detto, dal Vicino Oriente i Greci ricevettero la scrittura alfabetica (e ciò anche se una più antica forma di scrittura, detta lineare A e B, si era largamente diffusa nel mondo egeo già nel periodo minoico e miceneo, eclissandosi poi completamente nelle epoche oscure del medioevo ellenico) e la moneta (ovvero piccoli e maneggevoli blocchetti di metallo – argento, oro, elettro, alle volte anche ferro – di forma cilindrica, il cui valore di scambio era fissato con esattezza e garantito dall’autorità dello stato).

Entrambe queste invenzioni ebbero conseguenze epocali sulla civiltà ellenica, tanto da costituire – soprattutto la seconda, dal momento che la prima in passato era già esistita – un vero e proprio spartiacque nella sua storia.

La scrittura alfabetica, basata anziché su simboli o ideogrammi sulla riproduzione diretta dei suoni linguistici (e inventata, pare, dai fenici a partire dal XVIII secolo a.C.), si caratterizzava rispetto alle precedenti forme di scrittura per una maggiore velocità e praticità. Essa pose le basi non solo per una registrazione scritta dei testi e delle idee (senza di essa, ad esempio, Omero o chi per lui non avrebbe potuto comporre e tramandare le sue opere) ma anche, quantomeno sui tempi lunghi, per una notevole democratizzazione della cultura. Tale invenzione dunque, assieme agli elementi già analizzati sopra, contribuì a favorire quel fondamentale processo di diffusione orizzontale del benessere e della cultura che caratterizzò il mondo greco dal periodo arcaico in avanti.

La moneta invece (inventata, secondo Erodoto, da Creso, re della Lidia, nel VII secolo) rese molto più semplici e agevoli rispetto al passato gli scambi commerciali, soprattutto quelli di carattere internazionale, accelerandone notevolmente lo sviluppo. Quanto all’importanza di questi ultimi per il mondo greco, giova qui citare ancora una volta un passo di Lévêque, che scrive: “la Grecia, del tutto incapace di vivere con un’economia autarchica, che le avrebbe procurato un tenore di vita miserabile, si apriva largamente [al commercio internazionale], in tutte le direzioni. Il movimento portava in sé la forza di un’espansione indefinita. […] L’industria e l’agricoltura erano parimenti stimolate ed il commercio diventava la base di un’economia in continuo sviluppo.” [corsivi miei]

(b.1.4) i nuovi orizzonti del mondo greco; l’emergere della lotta di classe e della politica

A partire dall’VIII secolo dunque, nuovi orizzonti sia mentali sia fisici, si aprirono al mondo greco, che ne uscì inevitalmente completamente trasformato.

Ma, oltre a quello appena citato e ad esso molto vicino, vi è anche un altro aspetto su cui è bene soffermarsi, e che Starr così riassume:

“nella vita greca entrò [nei periodi successivi alla grande colonizzazione] un nuovo elemento: lo sforzo consapevole di guadagnare vantaggi economici. Da allora in poi lo spirito economico, se così si può chiamare, diventò un fattore costante e di considerevole importanza nella civiltà ellenica, libera, com’essa era, dal peso di re assoluti e di potenti sacerdoti.” [corsivi miei]

Differenza essenziale tra la civiltà greca quale si andò sviluppando da questo periodo in avanti, e molte delle vicine civiltà asiatiche, non fu infatti la presenza e la centralità dei commerci (i quali infatti, si erano sviluppati molti secoli prima nel mondo asiatico, dove da sempre assolvevano un ruolo economico indispensabile), ma la struttura sociale ad essi sottesa.

Mentre infatti, i grandi stati come l’Egitto avevano sviluppato una vera e propria casta di funzionari preposta allo svolgimento delle attività mercantili (le quali, per tale ragione, rimanevano in gran parte sotto la tutela dello Stato), popoli come i Fenici, caratterizzati da ancora più antiche tradizioni commerciali, avevano sviluppato sin dai tempi più remoti un’aristocrazia mercantile che, attraverso i propri poteri economici e istituzionali, dirigeva le attività commerciali inquadrandole in una struttura sociale già consolidata.

Diversamente in Grecia, almeno in questo periodo, una vera e propria organizzazione statale non era ancora sorta, mentre l’aristocrazia (di carattere ancora essenzialmente guerriero e fondiario) non aveva particolari inclinazioni per i traffici. Essa di solito li disdegnava, tanto da preferire di finanziare le spedizioni altrui piuttosto che farsene direttamente carico (anche se, ovviamente, vi furono numerose eccezioni a questo trend generale!) Del resto, delegando tali attività ad altri soggetti sociali, essa non faceva altro che ribadire il proprio disprezzo nei confronti di ogni occupazione manuale e pratica.

Inoltre, almeno inizialmente, i ceti aristocratici dimostrarono scarso interesse anche per i guadagni derivanti dal commercio, che con piacere lasciavano quindi a quei plebei che si specializzavano in attività di mercato, preferendo ad essi le proprie antiche rendite fondiarie. Questi avventurieri del commercio avevano così la possibilità di arricchirsi attraverso la propria iniziativa economica indipendente, e di porre di conseguenza le basi della propria emancipazione dallo strapotere dei ceti nobiliari.

È dunque evidente, che gli sconvolgimenti economici conosciuti dalla civiltà greca a partire dall’VIII secolo in conseguenza dell’affermazione di queste trasformazioni di carattere mercantilistico, portarono tale civiltà a svilupparsi in direzione di un dinamismo sociale fino ad allora sconosciuto non solo ad essa ma anche al vicino mondo orientale: in direzione cioè di una accentuata lotta politica e sociale tra l’antica aristocrazia terriera e i ceti commerciali e artigianali emergenti, nonché (lo vedremo tra poco) tra queste due classi e una sempre più consistente fascia di popolazione (teti) espropriata dei propri già modesti appezzamenti terrieri. Tutti meccanismi questi, che rimasero fondamentalmente estranei alla storia delle vicine regioni orientali, nelle quali, per tutta una serie di ragioni già sommariamente delineate, non ebbero mai luogo turbamenti dell’organizzazione politica e sociale paragonabili a quelli appena descritti.

(b.1.5) la nascita della polis

Riflesso in gran parte delle trasformazioni alle quali si è appena accennato, fu la nascita delle poleis, ovvero delle città in senso proprio: luoghi di aggregazione di una parte sempre più consistente della popolazione per lo svolgimento sia di alcune attività economiche (artigianato, traffici e mercati) che di quelle politiche.

Polis era in origine il nome dato alla cittadella fortificata nella quale si rifugiavano gli abitanti delle campagne circostanti in caso di guerre e assedi. Al di fuori di essa non vi erano, appunto, che campagne e villaggi. Essa inoltre, probabilmente, era anche sede delle attività decisionali dell’aristocrazia e delle cerimonie di culto dedicate alle divinità del territorio.

Il fattore che conferì sempre maggior peso a una tale realtà fu senza dubbio, almeno inizialmente, la crescita delle attività di scambio, riflesso dell’aumento della produttività e del benessere che prese avvio nelle ultime fasi dell’età oscura.

L’agorà o piazza pubblica, che nei secoli successivi sarebbe divenuta il centro nevralgico della città-stato, sorse appunto come luogo di commercializzazione del surplus prodotto nelle campagne e nei villaggi. Con la colonizzazione inoltre, il flusso delle merci aumentò in modo notevolissimo, e con esse aumentarono anche la produzione artigianale e agricola specializzate, finalizzate in buona parte all’esportazione.

Attorno alla cittadella antica (la quale nei periodi successivi sarebbe divenuta l’acropoli, ovvero la città alta) si andarono così sviluppando sia un’intensa vita sociale che una serie di nuove strutture architettoniche. Proiettandosi oltre la dimensione dei semplici villaggi, il mondo greco iniziava ora a sviluppare delle vere e proprie città.

Le trasformazioni economiche appena descritte inoltre, portarono alla nascita di nuovi ceti, sia commerciali/artigianali che nullatenenti. Un fenomeno questo, che portò a un’ulteriore crescita dei centri urbani, i quali divennero tra l’altro la sede della lotta politica tra le due principali forze sociali del tempo: la classe dei nobili da una parte, e quella dei “nuovi ricchi” (cioè di quel ceto emergente che attraverso la propria iniziativa indipendente aveva conquistato un consistente potere economico e una decisa autonomia e che, proprio per tale ragione, si accingeva ora a rivendicare anche maggiori diritti decisionali o politici) dall’altra.

Proprio una tale situazione di accresciuta conflittualità e complessità sociale fu la base dei primi tentativi di pianificazione, attraverso leggi scritte, della vita politica del mondo greco. Le istituzioni ancora primitive dell’età tribale, nella quale era la forza più che la legalità a contare, iniziavano ora a lasciare il posto a quelle della polis, della città-stato vera e propria. Contemporaneamente, sorgeva il concetto stesso di cittadinanza: ovvero dell’essere cittadini, del godere del diritto di decidere assieme ad altri cittadini in merito alle sorti dello stato.

Oltre che centro economico, la polis diventava dunque gradualmente anche il luogo dello scontro e della concertazione degli interessi soprattutto dei ceti più influenti della società, il centro politico in cui venivano prese le decisioni riguardanti la città e i suoi territori circostanti. Nasceva così la città-stato.

(b.1.6) gli eserciti oplitici

Ma l’emergere dei profondi cambiamenti nella vita sociale e politica del mondo arcaico ai quali abbiamo appena accennato (e cioè, in sintesi, la nascita di veri e propri centri urbani e il progressivo ampliamento sociale della base politica) non deve essere imputato soltanto, e forse neanche principalmente, a fattori di carattere economico, ovvero all’estendersi dei mercati e della produzione specializzata. Sarebbe una indebita forzatura voler vedere in atto, nei secoli di cui stiamo parlando, meccanismi eccessivamente simili a quelli che, sul finire del moderno medioevo, portarono alla nascita di una vera e propria borghesia mercantile, base con le proprie attività di un radicale rivoluzionamento della mentalità e degli stili di vita del mondo europeo.

Un evento che invece, nel corso del VII secolo, diede un apporto decisivo ai cambiamenti di cui abbiamo appena parlato (e dei quali parleremo ancora avanti) fu la nascita di una nuova tecnica di combattimento, che si contrapponeva in modo radicale a quella, ancora incentrata sul ruolo della cavalleria e della nobiltà, dei secoli precedenti. Essa fu molto probabilmente inventata in Laconia, a Sparta, uno stato la cui espansione coloniale – a differenza di quella degli altri stati greci – fu diretta essenzialmente verso l’interno, anziché verso l’esterno, della madrepatria.

Al contrario di altre, la Laconia era infatti una regione abbastanza ricca e fertile da bastare a se stessa, seppure senza poter garantire ai suoi abitanti un tenore di vita eccessivamente alto. Esisteva però, ad ovest di essa, un’altra regione fertile, la Messenia. Anziché partire alla ricerca di terre remote, gli spartani preferirono dunque con una lunga guerra sottomettere gli abitanti di questa regione, appropriandosi, attraverso tributi, di una parte consistente dei prodotti del loro lavoro. (Anche se, per precisione, va detto che anche Sparta conobbe una sia pur modesta espansione coloniale in Italia, dove fondò la città di Taranto).

Per raggiungere questo traguardo gli spartani non soltanto lottarono stoicamente conto i propri nemici, ma escogitarono anche un nuovo tipo di formazione militare, la falange oplitica. Basata su una fortissima coesione tra i propri membri, che non erano più nobili cavalieri armati alla leggera bensì soldati appiedati e protetti con uno scudo e una pesante corazza di metallo, la falange oplitica ebbe, oltre all’effetto di rivoluzionare il modo di fare la guerra, anche quello di imprimere una svolta decisiva all’organizzazione interna delle nascenti città-stato.

Accadde infatti, che la parte di popolazione che poteva pagarsi l’attrezzatura necessaria per entrare a fare parte della falange oplitica, e che apparteneva appunto a quelle fasce benestanti che insidiavano il predominio della nobiltà, potesse in conseguenza di tale rivoluzione rivendicare diritti politici molto più ampi rispetto al passato. Il fatto di costituire un baluardo essenziale (soprattutto da che la falange oplitica si diffuse in tutto il mondo greco) per la difesa e la tutela dell’integrità della comunità e dei suoi territori, dava difatti a essa una “forza contrattuale” che in passato, anche considerato il maggior potere economico raggiunto, non aveva mai avuto.

Possiamo quindi affermare, riassumendo quanto abbiamo detto fin qui, che nel periodo arcaico i fattori economici, legati all’emergere di sempre più vaste attività di mercato, e quelli militari, legati alla nascita e all’affermazione della falange oplitica come nuova base dell’organizzazione bellica, contribuirono parallelamente all’estensione della base politica e decisionale della società e all’ampliamento della città come luogo di nuove attività economiche e politiche, nonché come centro direttivo dell’intero territorio statale.

In più, è bene osservare come gli eserciti oplitici contribuissero, in ragione dell'etica egualitaria che vi era a base, a rafforzare il senso di solidarietà e di reciproca identificazione tra i membri di quelle classi medie che ne componevano le fila. Tali eserciti erano infatti strutturati in modo che ogni soldato proteggesse il fianco del suo vicino, e ciò al fine di mantenere intatta la solidità della falange contro la forza d'urto del nemico. Attraverso l'appartenenza a un tale organismo perciò, le classi medie riaffermavano ulteriormente quei valori legalitari ed egualitari dei quali si facevano fautrici anche a livello politico e che costituivano la base della loro etica e della loro condotta di vita.

Anche nell'organizzazione militare dunque, troviamo in atto trasformazioni volte a limitare la disparità tra i membri della comunità, ovvero a rafforzare il sentimento d'appartenenza dei singoli individui a un corpo sociale basato su una fondamentale parità di diritti e di doveri, in opposizione all'etica individualistica ed elitaria prevalente nei periodi precedenti. “Il combattimento è ormai possibile solo in formazione serrata: per il guerriero non si tratta più di far rifulgere il proprio valore personale con grandi prodezze, ma di tenere bene il proprio posto tra i due vicini, brandendo la lancia con la destra e proteggendosi con lo scudo tenuto nella sinistra.” (Lévêque)

(b.1.7) i teti e il diffondersi della povertà

Fin qui abbiamo parlato della trasformazione economica del mondo greco tra VIII e VII secolo soprattutto in termini di estensione della ricchezza e del benessere. Ma non fu affatto soltanto così. Anzi, proprio nel VII secolo si collocò il momento culminante di un processo di impoverimento dei piccoli proprietari terrieri le cui origini – come vedremo – risalivano ancora all’età oscura.

Molti si sono chiesti come mai un tale fenomeno di pauperizzazione si collochi proprio in un periodo di fondamentale arricchimento sia spirituale che materiale della civiltà greca.

Tra le tante spiegazioni che si è tentato di dare, vi è quella legata all’emergere dell’economia monetaria. Secondo alcuni infatti, la diffusione della moneta e del calcolo economico sarebbero stati all’origine di una maggiore inflessibilità in campo tributario. Coloro che avevano contratto dei debiti – cioè di solito i piccoli possidenti – si sarebbero in altri termini trovati in una posizione sempre più difficile, sempre più pressati a saldare i loro debiti da parte dei loro creditori e, di conseguenza, sempre più spesso ridotti in miseria. È tuttavia difficile scorgere in un tale fattore, che comunque molto probabilmente ebbe un suo peso, la causa più profonda del drastico impoverimento dei piccoli proprietari terrieri verificatosi nel VII secolo.

Piuttosto si può ipotizzare che esso costituisse un elemento peggiorativo di un problema molto più profondo e antico, quello cioè della divisione ereditaria delle terre, il cui inizio coincise con l’inizio dello stesso periodo oscuro, e che nel corso dei secoli conobbe un costante inasprimento.

Un tale problema (che peraltro non riguardò solo la gente comune, ma anche la nobiltà) trovò, come si è visto, una parziale soluzione nel fenomeno della colonizzazione. Ma mentre gli aristocratici, anche quando perdevano parte della loro eredità, ne conservavano comunque largamente a sufficienza per il proprio mantenimento, al contrario la povera gente per le stesse ragioni andava incontro ad una serie di sempre più gravi difficoltà di sopravvivenza. Perciò molto spesso i piccoli proprietari si indebitavano con quelli più grandi (e i prestiti, al tempo, erano di solito fatti a tassi di usura) finendo in seguito, data l’impossibilità di saldare le proprie pendenze, per perdere il possesso delle proprie terre, a volte divenendone semplici gerenti, altre volte essendone allontanati e altre ancora venendo addirittura venduti come schiavi.

Mentre quindi le proprietà dei ricchi e dei nobili tendevano ad ampliarsi, quelle della gente comune finivano inesorabilmente per contrarsi e molti piccoli possidenti si riducevano al rango di nullatenenti. Da qui la nascita e lo sviluppo di un vastissimo problema sociale, che proprio nel VII secolo conobbe il suo apice. In un tale secolo infatti, il fenomeno dei proprietari caduti in miseria (i cosiddetti teti) ridotti a mendicare un salario come lavoratori a giornata nelle campagne o nelle città, conobbe il suo momento di massima gravità, contribuendo inoltre ad incrementare la popolazione dei nascenti centri urbani.

Il peso di queste crescenti masse di poveri non poté peraltro non farsi sentire, e anche pesantemente, nelle scelte politiche delle classi dirigenti, ovvero della cittadinanza ufficiale. I teti infatti, pur privi ovviamente di diritti politici, non mancavano di far pesare le proprie rivendicazioni in vari modi, a volte anche con la violenza. Quel che essi giustamente chiedevano (e che qualche volta, come vedremo, riuscirono ad ottenere) era: una redistribuzione più equa delle terre, un annullamento anche solo parziale dei debiti e l’abolizione della pratica abominevole della schiavitù per debiti.

Quanto ora detto ci permette dunque di aggiungere un altro importante tassello al ritratto precedentemente fatto della vita politica greca (descritta come una lotta tra la vecchia nobiltà terriera e le nascenti classi “borghesi” e imprenditoriali). Anche le classi povere infatti, seppure in modo non ufficiale, ebbero un loro peso nella vita politica del mondo greco arcaico e, successivamente, di quello classico ed ellenistico.


a cura di Adriano Torricelli

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Antica
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Aggiornamento: 01/05/2015