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Passioni razionali e passioni irrazionali
Fissazione incestuosa
La fissazione incestuosa alla madre è un concetto centrale nella teoria di
Freud: l’attaccamento del bambino nei confronti di essa, raramente superato
completamente dall’adulto, indebolisce la sua indipendenza ed è causa della
menomazione della capacità dell’uomo di aver rapporti con le donne; se represso
il conflitto tra questo attaccamento reso inconscio e le mete coscienti
dell’individuo conduce a vari conflitti e sintomi nevrotici.
L’importanza della scoperta di Freud è secondo Fromm limitata dalla sua
espressione nei termini della teoria della libido: Freud ritiene infatti che la
forza di tale attaccamento sia dovuta principalmente alla libido genitale del
bambino che lo porta a desiderare sessualmente la madre e ad odiare il padre
come suo rivale. Come conseguenza della sua inferiorità di fronte al padre il
bambino sarà costretto a reprimere i propri desideri incestuosi, identificandosi
con l’autorità paterna ed interiorizzando i suoi ordini e proibizioni, processo
che Freud considera alla base della formazione del Super-Io. I desideri
incestuosi repressi continuano tuttavia ad operare a livello inconscio.
Sebbene in alcune sue affermazioni Freud sembri riconoscere l’attaccamento
alla madre come presente in entrambi i sessi nella primissima fase di sviluppo,
questa linea di pensiero non fu seguita dai suoi seguaci ortodossi e abbandonata
da egli stesso nei suoi scritti successivi (13).
Secondo Fromm, invece, è appunto l’attaccamento preedipico dei bambini, di
entrambi i sessi, alla madre a costituire il fenomeno più importante, ed esso
non è, come per Fromm, di natura primariamente sessuale, ma essenzialmente
emotiva.
Fromm giunge a considerare l’attaccamento preedipico alla madre come uno dei
più rilevanti fenomeni del processo evolutivo, e al tempo stesso come una delle
principali cause di malattia mentale. In esso Fromm non vede la manifestazione
dei desideri libidici dell’infante, ma una delle passioni fondamentali degli
esseri umani, che ha la sua origine nel bisogno di protezione e di amore
incondizionato che ognuno sperimenta durante la propria infanzia, e che può
manifestarsi anche nell’adulto che sia incapace di sostenere il pesante carico
della propria responsabilità ed autocoscienza.
In molti casi infatti, l’adulto può percepire assai più del bambino la
propria impotenza di fronte alla presenza di forze incontrollabili ed alla
possibilità del verificarsi di eventi che egli non può prevedere: i legami
incestuosi persistono allora nell’adulto non tanto come una ripetizione del
desiderio sessuale del bambino per la madre, quanto per il persistere di quelle
condizioni che inducono il bambino a bramare l’amore materno.
Si cerca allora “la Madre”, instaurando legami simbiotici con gli oggetti,
siano questi cose, persone o sistemi di idee (14). Ma gli uomini sono anche in una
certa misura consapevoli del fatto che tale unione con la madre non può essere
ritrovata, e di dover fare affidamento sulle proprie capacità per poter riuscire
a vivere. L’uomo si trova dunque ad essere diviso tra queste opposte tendenze:
tra il continuare a nascere, facendo affidamento su se stesso e sviluppando le
proprie qualità, ed il regredire al ventre materno; tra il rischio del nuovo e
della propria indipendenza e la paralizzante certezza di una protezione per
effetto della quale egli procrastina nella dipendenza.
La madre costituisce la prima personificazione di un potere che protegge e
dà sicurezza; in seguito tale figura viene sostituita dalla famiglia, dal clan,
dal gruppo, dallo stato, dalla razza, religione o partito politico, ognuno di
questi percepito come garante di protezione e di amore.
In ognuno di questi casi l’orientamento incestuoso si scontra con la ragione
e l’obiettività, ma la natura condivisa di tale legame può, come nel caso del
narcisismo, rendere tale conflitto meno evidente. Tali vincoli incestuosi ben si
prestano infatti ad essere razionalizzati, anche per tramite di
razionalizzazioni socialmente schematizzate, costituite dalle ideologie. In tal
caso all’interno di una stessa cultura la menomazione del giudizio può essere
considerata virtù, elevando la distorta valorazione degli oggetti con cui si
entra in simbiosi al rango di verità assoluta.
Come afferma Fromm, fintantoché l’uomo non si è liberato dei propri vincoli
incestuosi egli non può divenire se stesso, affermare le proprie convinzioni ed
aprirsi al mondo. Nei legami incestuosi che egli stabilisce non sono a rischio
quindi solo la sua ragione ed obiettività, ma anche la sua stessa libertà e
indipendenza. L’uomo non può realizzarsi, non può nascere pienamente, finché non
sia completa la sua emancipazione da quei vincoli che lo condannano a non poter
progredire oltre nel processo di individuazione.
La tendenza a restare ancorato a questi vincoli naturali alla madre e alla
natura, e ad incontrarne di nuovi nei loro sostitutivi, è intrinseca nella
natura umana, seppure in conflitto con un’opposta tendenza alla crescita che,
nell’individuo sano, risulta preponderante. Tuttavia, quando l’orientamento
incestuoso ha la meglio, esso è causa della più o meno marcata incapacità della
persona e del blocco del suo sviluppo, conseguenziati dalla regressione ad uno
stadio arcaico del processo di individuazione.
I desideri incestuosi non sono dunque, secondo Fromm, il risultato
dell’impulso sessuale, come appaiono a Freud interpretando l’attaccamento alla
madre nei termini della sua teoria della libido. Le spinte sessuali non
costituiscono per Fromm mai una causa della fissazione, ma ne sono piuttosto la
conseguenza. Anche quando si manifestano nell’adulto, ad esempio nei sogni, tali
desideri costituiscono spesso una difesa contro una regressione ad un livello
più profondo, difesa nella quale l’espressione della propria virilità di maschio
(seppur nei confronti di un oggetto incestuoso), costituente il contenuto
onirico manifesto, copre il desiderio di tornare al ventre materno.
Fromm distingue forme benigne e maligne di fissazione incestuosa in funzione
del grado di regressione che essa comporta nel processo di individuazione: dal
bisogno di molte persone di trovare nel partner un sostitutivo della figura
materna, al mancato sviluppo della propria indipendenza, fino alla ‘simbiosi
incestuosa’ che ne costituisce il livello più grave e al tempo stesso la
regressione più profonda.
La persona simbioticamente attaccata si sente parte dell’oggetto del proprio
attaccamento, la separazione dal quale (o anche la sola minaccia di una
separazione) è causa di disperazione ed ansia profonde. Nella forma regressiva
estrema il desiderio inconscio è effettivamente quello di tornare al grembo
materno, che si esprime nel linguaggio simbolico del sogno come timore o
desiderio di essere inghiottiti dall’oceano o di sprofondare nella terra.
Il desiderio di base è quello di liberarsi della propria individualità e
tornare ad essere una cosa sola con la natura; la paura della vita e della
propria libertà si esprime come fuga dalla responsabilità che la propria
consapevolezza comporta e si pone in conflitto con la vita stessa, sminuendo il
desiderio di vivere e condannando l’uomo a procrastinare nella dipendenza.
(13) S. Freud, “L’Io e l’Es”; citato da Fromm in “Psicoanalisi dell’amore” (op.
cit.).
(14) Credo che certi rapporti di coppia ed esperienze patologiche di
“innamoramento” possano spiegarsi sulla base di questo meccanismo, idea che
peraltro si può far derivare dalla concettualizzazione di Fromm di quegli
orientamenti caratteriali basati su rapporti di simbiosi con gli oggetti;
ritengo anche sia lecito supporre che la forte attrazione per l’eroina, anche da
parte di persone non ancora fisiologicamente dipendenti, possa essere
ascrivibile a questo fenomeno, perlomeno in quegli individui dotati di un tale
orientamento caratteriale. L’eroina infatti ben si presta al ruolo di madre che
tutto ama e che tutto nutre, tanto da poter divenire per molti una soluzione
comoda ed apparentemente vantaggiosa al problema della propria esistenza.
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