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Soluzioni al paradosso esistenziale
Fromm considera, come si è visto, caratteristica intrinseca della natura
umana la costante ricerca di una soluzione alla contraddizione in cui consiste
la sua essenza.
In tale tentativo l’uomo può percorrere due vie diametralmente opposte: quella
progressiva, verso l’emancipazione da quei vincoli che lo rendono ancorato alla
natura e limitano il suo sviluppo, e quella regressiva, nella quale la disperata
ricerca dell’armonia perduta lo rende schiavo delle sue passioni irrazionali,
con l’effetto di perpetuare la sua condizione di dipendenza.
I primi passi mossi sulla via dell’individuazione in virtù
dell’autoconsapevolezza, apportano all’uomo indipendenza e razionalità, ma al
tempo stesso lo rendono in grado di percepire la propria solitudine, la propria
separazione dai suoi simili e da un mondo nei confronti del quale egli
percepisce la propria impotenza. L’insicurezza, l’ansia esistenziale che ne
derivano, lo pongono di fronte all’alternativa tra il rinnegare la propria
umanità, barattando la libertà conquistata con nuove dipendenze e costrizioni,
ed il progredire sulla strada intrapresa, quella dell’indipendenza e della
libertà positiva, che sola può permettergli la propria realizzazione.
Il progressivo distacco dall’originaria unità con la natura, il suo
emanciparsi da quei legami che al tempo stesso lo opprimono e gli danno
sicurezza, conduce l’uomo alla conquista di una sempre maggiore libertà. Ma tale
libertà, afferma Fromm, come si può osservare nell’uomo moderno che può
considerarsi sommariamente emerso dalle costrizioni della società
pre-individualistica, rimane una libertà negativa, quella che Fromm definisce
libertà da, che costituisce la precondizione, ma non si identifica, con quella
libertà positiva, libertà di, che sola può consentire all’uomo il pieno sviluppo
delle sue potenzialità.
La libertà progressivamente conquistata, finché rimane una libertà negativa
(dai vincoli naturali, da costrizioni esterne), non può servire a placare
l’insicurezza dell’uomo ed il vuoto che egli sperimenta come conseguenza della
sua separazione.
Il peso di questa libertà lo costringe dunque ad affrontare il paradosso
della propria esistenza. E le soluzioni che egli può dare sono riconducibili
fondamentalmente a due sole alternative: egli può relazionarsi attivamente al
mondo attraverso le proprie facoltà umane di ragione e di amore, oppure
inseguire disperatamente la sicurezza rigettandosi nella natura dalla quale è
venuto, nelle sue origini di essere animale e pre-individuato, e a spese della
propria integrità fuggire dalla libertà conquistata.
Ciò può considerarsi valido sia a livello filogenetico che ontogenetico, sia
per quanto riguarda la storia dell’esistenza umana che quella personale
dell’individuo, poiché il destino dell’umanità è anche quello di ogni individuo.
Così come nel corso della storia l’uomo è emerso dallo stato di unione con
la natura acquisendo consapevolezza di se stesso come entità separata, analoga è
la sorte dell’individuo nella sua storia personale. Nel corso del processo di
individuazione il bambino diviene sempre più capace di porre se stesso al centro
del suo rapporto con il mondo, che nei primi stadi dello sviluppo non è vissuto
come entità separata, e sviluppando le proprie facoltà emotive e razionali
impara a far uso della sua ragione e ad affermare la propria volontà.
Fromm mette in evidenza il carattere dialettico del processo di
individuazione, sia a livello individuale che sociale: emancipandosi da quei
legami che, pur limitandolo, gli danno sicurezza e senso di unità e di
appartenenza, l’uomo diviene cosciente di sé come entità separata, ma al tempo
stesso capace di percepire il proprio isolamento. L’ansietà, il peso della
responsabilità che la propria libertà comporta, può risultargli insostenibile,
ed indurlo ad aggrapparsi a nuovi vincoli, a retrocedere nel processo di
individuazione abbandonando la propria libertà nella disperata ricerca di nuove
fonti di unità e sicurezza.
Il cammino dell’uomo verso l’individuazione, sia nel corso della storia
umana che individuale, comporta dunque un percorso prolungato, non privo di
insidie che possono farlo sprofondare in nuove dipendenze. I legami alla madre e
alla natura, dai quali è emerso, divengono così legami al sangue, alla terra, al
clan, alla casta, alla propria comunità sociale o religiosa, l’appartenenza alle
quali diviene criterio per stabilire l’umanità di altri individui. Ma in tempi
più recenti anche lo stato, la patria, la razza, la bandiera, sono divenuti
oggetto di tali legami antirazionali e regressivi, con gli effetti catastrofici
che ben conosciamo.
Ma nessun nuovo legame che l’uomo possa crearsi può permettergli di
riguadagnare la perduta armonia. La soluzione regressiva si rivela dunque
praticabile, ma deleteria per la sua integrità. La sola soluzione produttiva
tramite la quale l’uomo può vincere il suo isolamento è quella di percorrere
fino in fondo la strada dell’individuazione tramite la sua spontanea attività,
ponendosi in relazione attiva con i suoi simili, con se stesso e con il mondo.
La possibilità dell’individuo di affermare un tale tipo di rapporto è
funzione della sua struttura caratteriale, che al tempo stesso costituisce un
valido indicatore del livello da questi raggiunto sulla via progressiva o
rispettivamente regressiva. Ma Fromm considera ogni società caratterizzata da un
certo livello di individuazione, che generalmente l’individuo medio non può
superare. E dunque, in ultima analisi, nel pensiero di Fromm, la possibilità di
un approccio produttivo alla vita risulta in gran parte condizionata dalle
circostanze socioeconomiche e politiche cui l’uomo è soggetto, vista l’influenza
che queste esercitano, tramite lo specifico modo di vita e le modalità di
produzione ad esse sotteso, sul carattere dell’individuo.
Infatti, come Fromm afferma, soltanto in una società che consideri l’uomo
come il suo fine più alto, e mai come un mezzo per altri fini, che sia fondata
sui principi dell’amore e della giustizia, della solidarietà e dell’uguaglianza
tra individui nel rispetto della loro libertà e diversità, potrà affermarsi il
carattere produttivo come orientamento dominante, e concretizzarsi questa
possibilità per la maggior parte delle persone.
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