a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare di Torino
Dizionario enciclopedico marxista
Premessa A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z
Nazionalismo, Nazionalità nazione, Neocapitalismo, Neocolonialismo, Nep, Nichilismo,
Come dottrina politica è l'esasperazione demagogica della tematica sorta
intorno al concetto di nazionalità e
nazione e lo sfruttamento a fini politici di parte del sentimento
patriottico. Si fonda su una concezione astratta della nazione, che è vista
come un'entità metafisica al di sopra delle classi, dei partiti, degli stessi
individui. E' implicita in questa concezione la tendenza a esaltare e affermare
anche in campo internazionale la nazione ricorrendo alla violenza; perciò la guerra è considerata il momento della
consacrazione nazionale, «il bagno di sangue purificatore».
Il nazionalismo troverà il suo sbocco naturale e la sua forma storica nel fascismo, che ne assumerà totalmente l'ideologia
e le parole d'ordine. Togliatti dirà che: «elemento di tutti i movimenti
fascisti è intanto, ovunque, l'ideologia nazionalista esasperata» e che «una
parte della ideologia [fascista], la parte nazionalista, serve direttamente
alla borghesia». Proprio a motivo di questa ripresa delle dottrine
nazionalistiche da parte del fascismo sarà messa a nudo la vera anima del
nazionalismo: le altisonanti parole patriottiche si dimostreranno alla prova
dei fatti nient'altro che retorica o malafede; infatti i tentativi di
sopravvivenza del potere fascista si fonderanno quasi ovunque sull'appoggio
dello straniero.
Se il nazionalismo come dottrina politica è per la borghesia una forma
ideologica del dominio di classe, dato il suo contenuto violentemente
antisocialista, antioperaio e antidemocratico, per il proletariato, in questo
senso, è un elemento disgregatore dell'internazionalismo proletario. Tuttavia,
poiché il proletariato «deve conquistarsi prima il dominio politico, elevarsi a
classe nazionale, costituirsi in nazione, è anch'esso nazionale, benché non nel
senso della borghesia». Il patriottismo del proletariato si è manifestato in
tutto il mondo nella lotta antifascista durante l'ultimo conflitto e nei
movimenti di liberazione posteriori, allorché ha difeso l'interesse nazionale
più di ogni altra classe lottando contro le ingerenze o invasioni straniere.
Una forma di nazionalismo con una particolare accentuazione per la priorità del
proprio popolo e il rifiuto di tutti gli altri è lo sciovinismo, termine derivante da N. Chauvin che fu un
fanatico ammiratore di Napoleone e un esaltatore della Francia napoleonica.
In senso generale la nazionalità è il carattere della nazione che rappresenta
l'insieme di un popolo legato da storia, tradizioni, lingua, cultura, ecc.
Le nazionalità si sono formate sulla base della disgregazione della società
feudale e hanno avuto come caratteristica fondamentale la tendenza a delimitare
i gruppi linguistici (Lingua e linguaggio)
entro confini territoriali ben definiti. In questa fase, secondo Engels, la
monarchia ha rappresentato un «elemento progressivo»; tuttavia il concetto di
nazionalità acquista la sua totale rilevanza con l'avvento del capitalismo:
«In tutto il mondo, il
periodo della vittoria definitiva del capitalismo sul feudalesimo fu connesso
con movimenti nazionali. La base economica di questi movimenti sta nel fatto
che per la vittoria completa della produzione mercantile è necessaria la
conquista del mercato interno da parte della borghesia, l'unificazione politica
dei territori la cui popolazione parla la stessa lingua, la soppressione di
tutti gli ostacoli che si frappongono allo sviluppo di questa lingua e al suo
fissarsi nella letteratura ... Ogni movimento nazionale tende a formare uno Stato nazionale che meglio corrisponda a
queste esigenze del capitalismo moderno» (Lenin, Sul diritto di autodecisione delle nazioni, pp. 58-59).
Lo Stato tipico del capitalismo è quindi lo Stato nazionale, il cui assetto
economico-sociale e grado di sviluppo delle forze produttive determinano «il
rapporto di una nazione con altre» oltre che «l'intera organizzazione interna
di questa nazione».
Tuttavia l'espansione della grande industria toglie alla borghesia il carattere
di classe nazionale: i suoi interessi si estendono e sono i medesimi in tutte
le nazioni; essa diventa per così dire una classe sovranazionale.
«Essa costringe tutte le nazioni a
adottare le forme della produzione borghese se non vogliono perire; le
costringe a introdurre nei loro paesi la cosiddetta civiltà, cioè a farsi
borghesi. In una parola, essa si crea un mondo a propria immagine e
somiglianza» (Manifesto, p. 30).
In tal modo, introducendo brutalmente gli stessi rapporti di classe propri
della società borghese, essa distrugge le caratteristiche specifiche delle
singole nazionalità, che tendono a uniformare le condizioni di vita nella
stessa proporzione in cui la produzione industriale conquista il mercato
mondiale.
Il proletariato è invece una classe internazionale poiché le condizioni di
sfruttamento e oppressione ideologica in cui è costretto sono preminenti
rispetto a quei fattori economici, storici, culturali, ecc. che caratterizzano
la nazionalità così come si è sviluppata nel corso della storia; in questo
senso Marx dice che il proletariato non ha patria. Tuttavia poiché «il
proletariato di ogni paese deve naturalmente farla finita prima con la sua
propria borghesia», anche la sua lotta è in un primo tempo e nella «forma» una
lotta nazionale.
L'estensione e l'approfondimento delle contraddizioni caratteristiche del
capitalismo monopolistico contemporaneo, e in particolare la forma mistificata
in cui appaiono i rapporti di produzione nella fase suprema del capitalismo,
hanno portato alcuni a ritenere che si dovesse parlare di un neocapitalismo
come nuova fase storica della società contemporanea. Il neocapitalismo, che
viene talvolta definito «società dei consumi», sarebbe qualitativamente diverso
da quello studiato da Marx e da Lenin, che oggi viene anche chiamato
«paleocapitalismo».
Secondo la concezione marxista, tuttavia, il capitalismo monopolistico
contemporaneo si dibatte precisamente nella stessa contraddizione tra carattere
sociale della produzione e proprietà privata dei mezzi di produzione, che fu
individuata da Marx come la contraddizione fondamentale del capitalismo. Le
particolari forme assunte da questa contraddizione, così come i tentativi di
soluzione delle grandi crisi attraversate negli ultimi cinquant'anni dal
capitalismo, non hanno modificato la natura dei rapporti di produzione. Da
questo punto di vista resta tuttora valida l'analisi leniniana secondo cui tra
capitalismo monopolistico e socialismo non esiste alcun modo di produzione
intermedio.
Le interpretazioni che sostengono la necessità di individuare nella società
contemporanea un neocapitalismo fanno principalmente riferimento all'importanza
che ha assunto l'intervento dello Stato nella direzione della vita economica.
In particolare, tra i diversi modi in cui lo Stato direttamente o
indirettamente può influenzare lo sviluppo economico in una società altamente
industrializzata, assume particolare importanza la cosiddetta programmazione economica, il cui scopo
sarebbe di coordinare l'insieme dei piani di investimento messi a punto dalle
singole imprese, stabilendo a quali dare la priorità per ottenere profitti
maggiori o creare le condizioni nelle quali essi potranno essere ottenuti.
E' necessario distinguere la programmazione economica che si realizza nelle
società capitalistiche dalla pianificazione vera e propria che è caratteristica
dei paesi socialisti. Infatti la programmazione dell'economia capitalistica è
sostanzialmente inefficace contro il verificarsi di gravi crisi; inoltre,
proprio nei periodi di crisi economica risulta evidente il fatto che essa è uno
strumento di classe, corrispondente alle esigenze dei grandi gruppi
monopolistici. Un altro fenomeno caratteristico di quello che viene chiamato
neocapitalismo è l'aumento numerico del personale impiegato nel lavoro specializzato
o non direttamente utilizzato nel lavoro manuale.
Gli sviluppi più recenti del capitalismo indubbiamente hanno posto e pongono al
movimento operaio problemi nuovi e diversi da quelli del periodo analizzato
direttamente da Marx. In particolare alcuni teorici della fine del marxismo
ritengono che il grande sviluppo della scienza, della tecnica e delle sue
applicazioni, costituisca il fattore principale di superamento del cosiddetto
paleocapitalismo. In questa interpretazione la valutazione dell'importanza
fondamentale che la scienza e la tecnica assumono nella società contemporanea,
diventa essa stessa il presupposto ideologico per la mistificazione in veste
produttivistica delle contraddizioni e delle limitazioni a cui la scienza
stessa è soggetta, in quanto forza produttiva, nei rapporti sociali
capitalistici. Inoltre restano inspiegabili, per i sostenitori di queste tesi,
l'approfondirsi degli antagonismi sociali e l'importanza crescente che il
movimento operaio assume nella società contemporanea come punto di riferimento
politico e ideologico di quegli stessi strati sociali non direttamente
impegnati nel lavoro manuale in senso stretto.
Espressione che indica l'avvenuta sostituzione del vecchio colonialismo mercantile con le forme proprie del colonialismo nella fase suprema del capitalismo. Con questo termine si intende anche lo sfruttamento di territori ex-coloniali o di paesi sottosviluppati in forme diverse da quelle del vecchio colonialismo, realizzate mediante un'artificiosa - anche se giuridicamente riconosciuta - indipendenza nazionale che si accompagna all'effettivo predominio economico dei paesi imperialisti, che influenza in modo determinante lo sviluppo sociale e politico dei paesi colonizzati (Imperialismo).
Sigla con cui si indicò in Russia la «Nuova Politica
Economica» adottata nel 1921-1928 e caratterizzata dall'introduzione di norme
economiche meno rigidamente impostate a una collettivizzazione forzata. Tra
queste, fondamentale, la legge che aboliva la requisizione del prodotto
agricolo, tipica dell'economia di guerra (comunismo di guerra) instaurata negli
anni immediatamente seguenti la rivoluzione, sostituendola con una «tassa in
natura», che permetteva tra l'altro al contadino il libero commercio delle
eccedenze. Ciò ebbe come conseguenza una serie di provvedimenti per il
commercio e l'industria, che furono talvolta visti come reintroduzione di
elementi capitalistici.
Di fatto la Nep fu promossa da Lenin sulla base dell'analisi della situazione
di quegli anni in Russia e della teoria che vedeva nell'alleanza tra contadini
e operai la condizione imprescindibile per la vittoria della rivoluzione. Già
Marx scriveva ne Le lotte di classe in
Francia a proposito della guerra civile del 1848 che:
«Gli operai francesi non potevano né muovere un passo avanti, né torcere un
capello all'ordine borghese prima che il corso della rivoluzione non avesse
sollevato la massa della nazione che sta tra il proletariato e la borghesia,
cioè i contadini e la piccola borghesia, contro questo ordine borghese, contro
il dominio del capitale, non li avesse costretti ad unirsi ai proletari come
alla loro avanguardia» (p. 53).
Nel 1893 Engels metteva in rilievo che i contadini andavano conquistati con la
«forza dell'esempio», dimostrando cioè loro la superiorità dell'«agricoltura
socialista meccanizzata».
In Russia il problema si poneva con particolare urgenza rispetto a ogni altro
paese d'Europa, data l'enorme massa di contadini che andavano dal semplice mugik, al contadino medio, al contadino
agiato e che, nella loro totalità, rappresentavano 1'80% della popolazione e la
cui produzione era di gran lunga superiore a quella industriale. Evidentemente
questi strati erano tra loro divisi da interessi economici divergenti, tuttavia
avevano in comune un obiettivo: la necessità di una rivoluzione
democratico-borghese. Scriveva Lenin nel 1905:
«Nella Russia contemporanea il
contenuto della Rivoluzione non è dato da due forze in lotta, ma da due guerre
sociali diverse ed eterogenee: una in seno all'ordinamento attuale,
autocratico, feudale; l'altra in seno al futuro ordinamento democratico
borghese, che va già sorgendo sotto i nostri occhi. Una è la lotta di tutto il
popolo per la libertà (per la libertà della società borghese), per la
democrazia, cioè per la sovranità popolare; l'altra è la lotta di classe del
proletariato contro la borghesia per l'organizzazione socialista della società»
(Lenin, L'alleanza degli operai e dei
contadini, p. 12).
E più tardi, nel 1919, riconoscerà che la vittoria della Rivoluzione era stata
possibile anche per la risposta positiva dei contadini che erano stati chiamati
a sostenere, con la classe operaia, le difficoltà e a risolvere i problemi
imposti dall'economia di guerra.
Un secondo passo verso l'emancipazione dei contadini si era compiuto con la
«differenziazione nelle campagne degli elementi proletari o semiproletari» che
si erano uniti al proletariato delle città. Rimaneva aperta la questione
dell'atteggiamento da assumere verso il contadino medio, una classe «in parte
proprietaria, in parte lavoratrice»; Lenin, convinto del ruolo oggettivamente
primario che questo strato svolgeva nell'economia di allora e che il contadino,
per la sua peculiare mentalità, andava soprattutto attirato, optò per una
politica a sostegno dell'agricoltura che inducesse la fiducia nel nuovo
ordinamento. All'VIII Congresso del Partito giustificò questa posizione
sostenendo che nella situazione tipica della Russia di allora era possibile
realizzare la rivoluzione socialista solo «mediante un certo numero di misure
transitorie speciali, che sarebbero affatto inutili nei paesi ad avanzato
sviluppo capitalistico».
Le motivazioni della Nep hanno dunque radici molto lontane e vanno oltre la pur
reale necessità di innalzare il livello produttivo per salvaguardare le
conquiste della Rivoluzione d'Ottobre. La storia posteriore, in Cina e in altri
paesi, dimostrerà nuovamente come una corretta formulazione del rapporto
operai-contadini sia determinante per l'affermazione della società socialista.
Nell'ambito del marxismo le critiche alla Nep riguardarono essenzialmente il
problema del ruolo della classe operaia nella costruzione della società
socialista; ovviamente chi attribuiva a questa una funzione primaria, non
poteva non considerare la Nep come un passo indietro rispetto alle conquiste
del comunismo di guerra.
Deriva dal latino nihil:niente. Indica ogni posizione politica e
teorica che assuma la distruzione dei valori vigenti o comunque la negazione
della realtà nei suoi vari aspetti come fondamento della propria concezione.
Storicamente indica una delle correnti del pensiero sociale, politico e
culturale russo che, sulla negazione radicale delle tradizioni della cultura e
delle norme morali e religiose, fondava una visione della vita e dell'azione
basata sul culto volontaristico dell'individuo e suun realismo ingenuo, che accoppiava elementi del
romanticismo utopistico (Utopia) di origine
europea e il misticismo naturalista proprio della società contadina russa.
Politicamente si sviluppò, tra il 1860 e il 1870, come espressione degli
elementi più radicali della piccola borghesia
e di settori intellettuali, specie a partire dai circoli culturali e dagli
ambienti studenteschi. Opponendosi ai residui feudali (Feudalesimo) e combattendo l'aristocrazia
zarista e la burocrazia di Stato, il nichilismo tuttavia si differenziava e
anzi avversava le correnti liberali moderate (Liberalismo)
di cui non condivideva le speranze di riforma, e gli stessi indirizzi del populismo di cui negava la fiducia nelle masse
contadine e nell'azione popolare. Ne discendeva l'esaltazione dell'azione
esemplare dei pochi e del terrorismo come
metodo di lotta politica antizarista. Nonostante la funzione positiva di
critica radicale delle istituzioni e del moderatismo liberale, l'angusta
visione della lotta politica, la mancanza di un'analisi di classe della realtà
sociale russa portò il nichilismo a non avere sbocchi e programmi tali da
garantirne lo sviluppo verso le masse. Alcuni dei suoi temi e in particolare il
terrorismo furono ripresi da altri indirizzi premarxisti in Russia, nell'ambito
del populismo, mentre in Occidente taluni suoi seguaci arrivarono all'anarchismo.
Furono la penetrazione del marxismo e la
formazione delle prime organizzazioni politiche ad esso ispirate fino alla
creazione del Partito Operaio Socialdemocratico Russo alla fine del secolo a
fondare una visione scientifica della società zarista e dei modi del suo
superamento.