STORIA ROMANA


L'IMPERO CRISTIANO ORIENTALE BIZANTINO: IL V SECOLO

3) Problemi generali

Si è già detto come le zone orientali dell'Impero - dotate oramai di una capitale autonoma, la città di Costantinopoli - siano caratterizzate da una maggiore stabilità a livello politico, legata soprattutto al predominio della corte e degli apparati statali sulle forze militari, e quindi a un minor sviluppo - ai danni delle città - della grande proprietà.

Ma anche queste regioni si trovano a dover affrontare delle difficoltà di fondo, non del tutto dissimili per altro da quelle che - in questi stessi anni - stanno logorando gli apparati delle zone occidentali.

Imperatore Giustiniano, Ravenna, S. Vitale

Problemi principali saranno per esse infatti: quello dei confini (minacciati, a oriente, non solo da nemici barbarici ma anche dai persiani), quello legato alle divisioni dottrinarie tra le diverse sedi episcopali (divisioni non esenti, peraltro, da implicazioni politiche e sociali), quello infine che riguarda le finanze imperiali (la cui salute è una condizione indispensabile per la stabilità stessa dello Stato).

Sarà appunto la capacità (e la possibilità) di risolvere tali questioni, a fare della parte orientale l'erede e la continuatrice di quel rinnovamento dell'Impero che, più di un secolo prima, era stato inaugurato da imperatori come Diocleziano e Costantino.

- Arcadio (395-408), Teodosio (408-450), Macriano (450-457)

(a) Arcadio e la politica anti-barbarica

E' nel periodo della reggenza - più simbolica che reale - di Arcadio che ha inizio, sotto la spinta di Eudossia, figlia peraltro proprio di un generale barbarico, la politica ostile alla presenza di elementi barbarici nello Stato, soprattutto negli eserciti.

La maggiore ricchezza di queste regioni (che permette ad esse di arruolare e stipendiare soldati provenienti dai propri territori, specialmente tra i Traci e gli Isauri) consentirà all'Oriente di portare avanti un tipo di politica ostile all'integrazione con tutti coloro che risiedono al di fuori dai confini dell'Impero, o che sono comunque confinati in qualità di ospiti in zone ben definite di esso.

Come si è detto, una tale scelta di fondo sarà uno dei fattori essenziali alla base della maggiore solidità dello Stato asiatico rispetto a quello latino occidentale.

(b) Il lungo regno di Teodosio II

Dopo il breve periodo di Arcadio, avrà inizio quello del lungo governo di Teodosio II (penultimo esponente, se si tiene conto di Valentiniano II in Occidente (523-554), della dinastia teodosiana).

Quest'ultimo sarà ricordato per alcune campagne di difesa sui confini occidentali (contro vari popoli barbarici, raccolti sotto la guida degli Unni), ma anche e soprattutto per i forti dissidi dottrinali che si manifesteranno in seno alla Chiesa orientale, tra le sue diverse sedi episcopali (dissidi cui Teodosio cercherà di dare una soluzione attraverso due Concili, entrambi ospitati dalla città di Efeso, uno nel 431 e l'altro nel 449).

In merito agli aspetti militari del regno di Teodosio, questi sarà costretto - a partire dal 420 e fino al 430, anno in cui verrà stipulato un trattato di non belligeranza coi barbari, dietro pagamento di un cospicuo tributo - ad arginare le incursioni degli Unni nelle zone balcaniche.

Dal 442, inoltre, in concomitanza peraltro col riaccendersi di nuovi conflitti sul fronte balcanico (di nuovo ad opera degli Unni), l'Impero orientale sarà costretto anche a fronteggiare l'ostilità della potenza persiana (la quale, tuttavia, tornerà a essere realmente pericolosa solo nel VI secolo).

A partire dal 450, poi, le mire degli Unni si sposteranno in direzione dell'Occidente, con grande sollievo degli stati orientali!

Sul fronte interno, Teodosio porrà in atto una politica fondamentalmente conservatrice, tendente cioè a riaffermare (anche se in sede ideale e morale, più che in quella militare e politica!) l'unità di fondo tra le due aree dell'Impero. Ne è un esempio il "Codex Theodosianum", un testo di diritto che cerca di dare una base giuridica comune a due zone oramai politicamente autonome. [Torneremo su questo tema, della rinnovata unità, quando parleremo di Giustiniano.]

Ma l'aspetto più significativo dei suoi anni, sarà il tentativo di porre un argine alle accanite dispute teologiche e dottrinali, che vedono protagoniste soprattutto la sede episcopale di Alessandria e quella di Costantinopoli.
Esse difatti, legate essenzialmente alla rivalità tra diverse città per il predominio sulla Chiesa orientale, costituiscono un forte elemento di destabilizzazione per lo Stato, date anche le molteplici implicazioni di carattere politico e sociale che si trascinano (e che sono, in buona parte, alla loro origine).

Il conflitto in corso si basa sull'opposizione di due dottrine di carattere cristologico: l'una sostenuta da Cirillo vescovo d'Alessandria, che afferma la natura essenzialmente divina di Cristo (dottrina definita Monofisismo); l'altra invece propugnata da Nestorio vescovo di Costantinopoli, che afferma la compresenza in quest'ultimo di una natura divina e di una natura umana (detta Duofisismo).

Per sedare tali dissidi, Teodosio indirà due Concili nella città di Efeso. Il primo (431), iniziato nel segno della mediazione, terminerà con una vittoria sostanziale di Cirillo e del Monofisismo (anche per l'appoggio ricevuto da questi da parte di alcuni elementi di spicco della corte); il secondo (449) infine che ribadirà la posizione presa dal primo, ovvero la 'supremazia' sostanziale del Monofisismo sulla dottrina delle due nature o Nestorianesimo.

Vi è poi un fatto degno di nota, che mostra come la divisione tra Occidente e Oriente tenda a estendersi in questi anni, anche in campo teologico.

Venuto a conoscenza della disputa infatti, papa Leone tenta da Roma di proporre una soluzione intermedia tra le due opposte posizioni (soluzione che successivamente diverrà canonica) nella quale si sostiene che in Cristo vi siano sì due persone, ma anche una sola natura.

E' da notare poi il fatto che quest'ultima proposta, pur proveniente da una delle massime autorità della Chiesa cristiana, venga in pratica ignorata da Teodosio, preoccupato attraverso di essa di creare ulteriore confusione anziché risolvere quella già presente. Un tale punto di vista, infatti, più che fornire la soluzione di una rivalità (quella tra Alessandria e Costantinopoli, la quale - come si è già detto - ha anche e soprattutto dei risvolti politico-strategici) finirebbe per aggiungere un terzo elemento di conflittualità nel dibattito. Per tale ragione, l'Imperatore opporrà un deciso rifiuto di fronte a qualsiasi interferenza da parte della Chiesa occidentale.

(c) Marciano e la questione del Monofisismo

Dopo il lunghissimo periodo di Teodosio, vi è quello - decisamente più breve - di Marciano.
Oltre che per avere concesso agli Ostrogoti di Teodorico di insediarsi in alcune zone balcaniche dell'Impero, questi passerà alla storia per avere indetto il celebre Concilio di Calcedonia (451), al fine di appianare definitivamente la questione - rimasta finora irrisolta - tra i monofisiti e i seguaci di Nestorio.

In esso verranno prese le seguenti decisioni: da una parte saranno condannate sia la dottrina monofisita che quella duofisita, e affermata invece come canonica la posizione di papa Leone; dall'altra invece si affermerà la pari dignità della sede episcopale di Costantinopoli rispetto a quella romana (una soluzione, quest'ultima, che coglierà impreparata la Chiesa occidentale).

Gli anni futuri poi, dimostreranno come la soluzione di Leone sia molto più teorica che reale, dal momento che gli antichi conflitti tra le due correnti continueranno a dividere al loro interno le regioni orientali.

Non è un caso, poi, se i futuri imperatori d'Oriente si rifiuteranno almeno tendenzialmente di prendere una posizione netta a favore dell'una o dell'altra dottrina, rifuggendo così da una soluzione drastica del problema.

- Leone (457-474), Zenone (474-491), Atanasio (491-518)

(a) Leone e il dissesto finanziario

Dopo la morte di Marciano, salirà al trono Leone, anche lui - come già il suo predecessore - per intercessione di Aspar, un generale che gode di grande influenza sulle regioni orientali.

Ma la politica di Leone si dimostrerà poco realista. Tra l'altro difatti, egli impegnerà grandi risorse in un'impresa militare in Africa volta allo smantellamento della potenza vandalica (la quale ha ripreso vigore poco dopo l'azione di contenimento di Ezio, e sta funestando ora sia le coste occidentali che quelle orientali dell'Impero). Una spedizione che si concluderà, tuttavia, con la distruzione quasi totale della flotta di Zenone (il generale di Leone) e quindi con un totale fallimento.

Assieme alle misure per contenere gli Ostrogoti, anch'essi irrequieti, tale impresa costerà molto cara allo stato, il quale scivolerà difatti in una crisi finanziaria il cui risanamento sarà oggetto soprattutto del governo di Atanasio.

In ogni caso, il fatto che lo Stato orientale rimanga fondamentalmente sano, nonostante questi - e altri - sperperi, dimostra già di per sé come esso sia ancora fondamentalmente solido e in salute: un fatto che lo distingue dall'Occidente.

(b) Zenone e il predominio isaurico sugli eserciti

Succede a Leone un certo Zenone, un generale isaurico (già capo, sotto il primo, della spedizione contro i Vandali) che favorirà l'affermazione dei contingenti isaurici nell'esercito orientale, muovendo però le proteste di molti dei suoi componenti tradizionali.

Anche le incursioni di vari popoli germanici gli procureranno poi parecchi problemi.

Una misura celebre che verrà presa da Zenone, sarà quella di indirizzare i popoli Ostrogoti contro l'Occidente e soprattutto contro l'Italia (dove - come noto - essi fonderanno un proprio regno); e ciò col pretesto di liberare quest'ultima dal regime di Odoacre (cosa che avverrà nel 493), ma col fine, in realtà, di sbarazzarsi della irrequieta presenza di tali popoli, estremamente scomodi per l'Impero d'Oriente.

(c) Atanasio e il riassesto finanziario dell'Impero

Il lungo regno di Atanasio, infine, sarà caratterizzato da una politica finanziaria molto oculata, volta alla razionalizzazione delle risorse statali (possibile anche per un'influenza più contenuta nelle zone orientali dei ceti fondiari - i quali invece, riescono in Occidente ad aggirare fin troppo facilmente il fisco! - ovvero per la maggior solidità degli apparati statali).

Anche nell'ambito delle lotte tra Monofisiti e Nestoriani poi, Atanasio sceglierà di seguire una politica di equilibrio, che gli consentirà una gestione di questi ultimi senza troppe scosse.

Il riassetto finanziario da lui portato avanti (che avrà come risultato quello di sviluppare un sistema fiscale più efficiente e razionale) sarà uno dei fattori alla base della prosperità dello Stato orientale nei futuri decenni, rendendo così possibile l'audace politica militaristica del suo più illustre successore: Giustiniano.

- Giustiniano e l'ideale universalistico romano

Si è già detto come le due parti dell'Impero, durante il lungo periodo della crisi (e in particolare nell'ultimo secolo, il quinto), prendano direzioni estremamente differenti, tanto da rendere impossibile la loro coesistenza di fatto all'interno di un unico organismo politico.

Anche se una tale trasformazione si impone ai personaggi dell'epoca come irreversibile e in qualche modo 'naturale', ciò non significa che - almeno da alcuni punti di vista - essa non comporti per loro anche dei traumi: quelli legati ovviamente al mettere in discussione una tradizione politica e culturale plurisecolare. Tutto questo infatti non può non creare gravi inquietudini (tanto nelle regioni occidentali, quanto in quelle orientali), soprattutto tra i ceti culturalmente più consapevoli e più attaccati alle tradizioni.

Anche nel pieno del processo di separazione, difatti, estremamente vive rimarranno le istanze di riunificazione, che si concreteranno poi nell'ambizioso progetto di Giustiniano di ripristinare l'antica unità imperiale.

Abbiamo già visto, inoltre, come Teodosio II, nel periodo del suo lungo principato, abbia dedicato una particolare attenzione a questo tipo di problemi - come ci dimostra anche la compilazione del celebre Codice teodosianeo, il cui compito è quello di fornire una base giuridica comune ai due imperi, e con ciò implicitamente di ribadire l'unità delle loro tradizioni.

Ma l'azione di Teodosio dovrà limitarsi a un livello meramente ideale, cioè giuridico, per ragioni di carattere strutturale (ovvero le difficoltà interne allo Stato, il quale non può certo permettersi grandi sperperi di danaro e di energie militari, per la riaffermazione di un'unità che avrebbe oramai un carattere essenzialmente simbolico!).

Sarà invece il sesto secolo, sotto la guida dell'Imperatore Giustiniano (527-565), a conoscere l'espressione più audace di un tale programma di riunificazione imperiale, il quale sarà basato ora anche su azioni di carattere militare, finalizzate alla riconquista - a spese chiaramente dei regni barbarici - di molti dei territori dell'antico Impero romano.

Nel corso della sua reggenza (con l'aiuto peraltro di abili condottieri, quali Belisario e Narsete), Giustiniano riuscirà a riappropriarsi dell'Italia, sconfiggendo gli Ostrogoti, di parte della Spagna, ripresa ai Visigoti, e delle regioni africane, dopo avere rapidamente smantellato le basi del dominio vandalico.

Oltre a queste imprese di carattere militare, fondamentale sarà poi la compilazione - sempre per iniziativa di Giustiniano - di un altro codice giuridico, detto 'Codice giustinianeo', molto simile a quello redatto precedentemente da Teodosio, ma rispetto a esso decisamente più completo (esso infatti è base, ancora oggi, degli studi di diritto romano).

Non si deve credere tuttavia, che una tale impresa di riconquista - seppure parziale - dei vecchi territori imperiali sia espressione di un qualche tipo di convenienza politica o economica.

Per Bisanzio infatti le regione riconquistate, le cui condizioni sono oramai estremamente differenti dalle sue (decenni di dominazione barbarica avendo approfondito ulteriormente le differenze già presenti prima della vera e propria caduta dell'Occidente), costituiscono al contrario una scomoda zavorra. L'accresciuto divario tra est e ovest insomma, renderà l'impresa addirittura svantaggiosa per l'Impero di Giustiniano.

Ma allora, cosa ha indotto l'Imperatore, con l'appoggio peraltro di larghi strati della popolazione, a portare avanti un tale progetto?

Forse solo un 'mito', il mito dell'antica Roma, ovvero di un'età felice che si vorrebbe rendere nuovamente attuale.

Un tale progetto e la sua attuazione ci dimostrano dunque come l'ideale dell'"unità imperiale" sia ancora - a più di mezzo secolo dalla caduta dell'Impero occidentale - in grado di muovere le forze più vitali sia della società occidentale e latina (soprattutto degli intellettuali) sia di quella asiatica, anche a scapito della loro immediata convenienza.

Ma ciò avviene certamente per il vuoto che tali civiltà avvertono davanti a sé, un vuoto che è poi il preannuncio di quell'epoca oscura che si suole definire "Età di mezzo"!

CONCLUSIONI (337-518)

Il periodo qui analizzato, compreso tra la metà del quarto e la fine del quinto secolo, è caratterizzato - oltre che dagli ultimi 'splendori' della società pagana, simboleggiati molto bene dalla figura di Giuliano Apostata - anche dalla graduale divisione tra le regioni occidentali e quelle orientali, dovuta al divergere sempre più netto delle loro strutture sociali e politiche.

Mentre difatti nelle zone orientali il persistere delle più antiche tradizioni cittadine e commerciali (rimanendo queste ultime, nonostante tutto, un crocevia di popoli e merci) consentirà di arginare - almeno in parte - l'avanzamento dei latifondi e lo strapotere degli eserciti; in quelle occidentali invece, lo sgretolarsi delle città e delle attività commerciali sotto i duri colpi dei barbari, e la conseguente cronica instabilità politica, porteranno al dilagare dei poteri personalistici e fondiari, oltre che di quelli militari, a spese dell'amministrazione centrale della corte.

Anche la Chiesa 'universale' cristiana, poi, risentirà di queste differenti trasformazioni: più compatta e unita in occidente (nonostante il persistere di varie eresie, come quella donatista e quella ariana) anche per l'esigenza molto pressante di mediazione tra le popolazioni barbariche e quelle indigene; molto più litigiosa e disunita in oriente, dove le lotte dottrinarie si identificheranno in gran parte con le aspirazioni di potere dei diversi centri cittadini e delle diverse sedi episcopali (o si caricheranno comunque di significati di tipo sociale e politico…).

Il quinto secolo, dunque, dimostrerà come le profonde diversità tra Oriente e Occidente - pur sopite sotto secoli di dominazione romana - non siano in realtà mai state superate.

In questo secolo, difatti, esse riesploderanno in tutta la loro virulenza, anche se stavolta a favore delle più antiche tradizioni politiche e sociali dell'Oriente.


Introduzione
1. I cinquant'anni di anarchia militare (236-284)
2. L'Impero sotto Diocleziano (284-305)
3. Costantino e la 'conversione' dell'Impero (305-337)
4. La fine dell'unità imperiale
5. Il crollo dell'impero romano
Adriano Torricelli

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia
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Aggiornamento: 11/09/2014