L'EPOPEA DI GILGAMESH
Dalla civiltà sumerica a quella babilonese


Nascita del poema

Quanto abbiamo visto insieme finora è solo l'ultima, cronologicamente parlando, di una serie di redazioni che si sono succedute con aggiustamenti e continui perfezionamenti nel corso dei secoli.

Essa corrisponde alla cosiddetta Epopea Classica o ninivita. Il nome ha origine dal luogo del ritrovamento: Ninive, capitale dell'impero assiro, dove si trovava una delle maggiori biblioteche dell'antichità: la biblioteca di Assurbanipal.

Questa redazione è la più lunga, la più complessa e la meglio conservata giunta ai giorni nostri. Infatti il Gilgamesh non è un'opera completa. I documenti a nostra disposizione sono spesso frammentari, scritti in lingue diverse, appartenenti a epoche diverse, e dal contenuto non sempre omogeneo. I testi furono scritti in cuneiforme, scrittura più adatta al tipo di supporto finale, argilla modellata in forma di tavoletta.

Nonostante le lacune, il quadro d'insieme dell'opera è ormai chiarito e costanti scoperte archeologiche consentono di aggiungere nuovi tasselli sia all'epopea Ninivita sia alle versioni più antiche, comprese quelle di epoca sumerica.

L'epopea classica risale a circa il 1200 a.C. ma ci è giunta nella posteriore redazione neoassira (ca. 700 a.C.). Essa è composta di dodici capitoli scritti in accadico (non sumerico, anche se luoghi e personaggi sono spiccatamente di Sumer) su altrettante tavolette.

L'epopea classica è frutto di un'elaborazione letteraria risalente addirittura agli albori della scrittura e che, per semplicità, ho suddiviso in quattro fasi.

Fase 1: i poemetti sumerici

Questi poemi scritti in sumerico risalgono al terzo millennio a.C. e presentano, indipendentemente uno dall'altro, temi o vicende che confluiranno nell'epopea classica. Non costituivano un corpus epico unitario. Infatti Gilgamesh, se vi compare, ha ruoli molto eterogenei (avventuriero, sovrano di Uruk, giudice dell'oltretomba, fratello di Ishtar dea dell'amore, ecc.).

>>> Approfondimenti sui poemetti sumerici

Fase 2: il poema paleo-babilonese

Il primo vero tentativo di composizione epica unitaria sulle gesta del re di Uruk avvenne verso il 1800-1600 a.C., ovvero al periodo della prima dinastia di Babilonia con il suo re prestigioso Hammurabi noto per il "primo" codice delle leggi (i primi codici sono in realtà di epoca sumerica). Questa saga è detta poema paleobabilonese di Gilgamesh. Dal poema di Gilgamesh sono tratti questi splendidi versi che ammoniscono il protagonista ossessionato dalla ricerca dell'immortalità:

"Gilgamesh, dove vai? La vita che cerchi, non la troverai. Quando gli dei crearono l'umanità le assegnarono la morte, e tennero per sé la vita! Riempi il tuo stomaco, Gilgamesh. Fai festa giorno e notte, i tuoi vestiti siano puliti! Lava il tuo capo, lavati con acqua! Gioisci del bambino che ti tiene per mano, possa tua moglie godere di te. Questo è il destino degli uomini!" (riportati in Sap 2001, pp. 161-162)

Questi sono praticamente gli ultimi versi di quanto ci è rimasto del poema di Gilgamesh. Il protagonista, vagando alla ricerca del segreto per sfuggire alla morte, viene ammonito da Siduri, la taverniera di Shamash (dio della giustizia) per aver trascurato l'esercizio del potere cercando una chimera. Non sappiamo se il poema contenesse la narrazione del diluvio ma è certo che conteneva almeno l'incontro di Gilgamesh col lontano antenato che sopravvisse al Diluvio.

>>> Approfondimenti sul poema paleobabilonese

Fase 3: le saghe medio-babilonesi e il mito di Atramkhasis

Al poema di Gilgamesh si ispireranno le posteriori saghe redatte in lingue extra-babilonese (ittita, elamico, khurrico) e trovate in Anatolia, Siria, Israele a testimonianza dell'enorme fortuna del poema in antichità. Queste risalgono al periodo mediobabilonese (XIV-XII sec. a.C.) e contengono un "dettaglio" in più rispetto al poema: l'intera narrazione del Diluvio universale. Questa versione è incredibilmente simile a quella che troviamo nella Genesi.

Le saghe mediobabilonesi più o meno si equivalgono nel contenuto ma sono assai diverse nella forma. Abbiamo per esempio, saghe in lingua diversa, saghe in prosa, altre in versi, oppure con estensione variabile da una all'altra.

Più o meno nello stesso periodo circolava un'edizione autonoma del diluvio, l'Atramkhasis (il Grande Saggio). Anche questa sarà utilizzata a modello dagli scribi assiri.

>>> Altre notizie sulle saghe mediobabilonesi

>>> Approfondimenti sull'Atramkhasis

Fase 4: il canone

Riepilogando, le fasi letterarie che porteranno all'epopea di Gilgamesh sono le seguenti:

  •  poemetti sumerici (2500 a.C.)
  •  poema paleobabilonese di Gilgamesh (1700 a.C.)
  •  saghe mediobabilonesi di Gilgamesh e poema del Grande Saggio (1200 a.C.)

Intorno al XII secolo a.C. il materiale letterario (epico e mitologico) è pronto per una nuova risistemazione. Forse proprio in quest'epoca, al più tardi un secolo dopo, avvenne la compilazione in versi delle avventure di Gilgamesh secondo una struttura unitaria, giunta a noi nella tarda redazione assira (VIII sec. a.C.).

Se i testi delle origini erano caratterizzati da un forte contenuto mitico, il canone assiro è invece di contenuto mitico più rarefatto. Il canone è un opera arricchita nei contenuti, di imponente bellezza lirica e riflessione filosofica.

La qualità letteraria dell'opera fu tale che venne ricopiata, studiata a scuola, commentata e tradotta incessantemente fino al VII secolo. Qualcosa di molto simile avvenne anche per i poemi omerici, base culturale degli antichi greci. Proprio le copie più tarde dell'epopea, redatte nella capitale dell'impero assiro, grazie al loro migliore stato di conservazione consentirono agli studiosi una lettura completa della storia di Gilgamesh.


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Storia antica
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Aggiornamento: 01/05/2015