https://t.me/multipolare

 

Edizione dicembre 2020

 

Pubblicizza questo libro come credi, anche facendone oggetto di commercio, ma se lo modifichi non attribuire a me cose che non ho mai detto, a meno che tu non pensi di contribuire alla causa di un socialismo davvero democratico.

 

 

MIKOS TARSIS

 

 

DIARIO DI FACEBOOK

 

(2017-2020)

 

Nessun piacere ha gusto per me se non lo posso comunicare.

 

Michel de Montaigne

 

 

Amazon

 

Nato a Milano nel 1954, laureatosi a Bologna in Filosofia nel 1977,

già docente di storia e filosofia, Mikos Tarsis (alias di Enrico Galavotti) si è interessato per tutta la vita a due principali argomenti:

Umanesimo Laico e Socialismo Democratico, che ha trattato in www.homolaicus.com

Per contattarlo:

info@homolaicus.com

Sue pubblicazioni su Amazon.it

 

Premessa

 

 

 

Sono stati riportati solo i post di una certa rilevanza che l’autore ha scritto su Facebook nel periodo 2017-20, per lo più privi di riferimenti esterni (link ad altri siti o a contenuti presenti nella stessa piattaforma). Ciò non vuol dire che i riferimenti a fonti esterne, negli altri miei post, siano meno importanti di questi che il lettore può leggere. Tutt’altro, direi: basta vedere gli appelli di Amnesty International. È che per pigrizia non si è avuto voglia di riassumere i contenuti più significativi del web, oppure ne è mancato il tempo. E pensare che la rete, rispetto a quando è nata in Italia (e io son fiero d’aver contribuito a tale parto), è diventata, checché se ne dica, molto più matura, molto più utile delle enciclopedie cartacee e di tanti manuali scolastici, di tanti cd e dvd e persino più competitiva di tanta editoria cartacea, della cui tendenziale scomparsa oggi ci si preoccupa eccessivamente.

In ogni caso per un lettore è impossibile trovare tutti i miei post nel mare magnum di quelli scritti in vari anni, in quanto Facebook non è strutturata per memorizzare le news in maniera intelligente, cioè per fare ricerche trasversali o cercare occorrenze. Anche se ha un proprio database, che permette all’autore di recuperare in html tutto quanto ha prodotto, non dispone della possibilità di categorizzare i contenuti dei messaggi quando vengono postati. Questo è il suo peggior difetto.

Si badi inoltre che col concetto di “rilevanza” s’intendono più che altro i post “informativi”, e molto meno quelli ironici o sarcastici, altrimenti il libro avrebbe superato le 700 pagine. In Facebook si leggono e si commentano più volentieri le frasi corte, prive di retorica e di inutili ripetizioni. Ma questo perché il monitor o il display dello smartphone stancano la vista. Con un supporto cartaceo è ovviamente molto diverso.

La piattaforma si configura come un social di chiacchiere quotidiane che finiscono in un pozzo senza fondo, una sopra l’altra. La stragrande maggioranza della gente legge solo poche cose che trova a caso, a meno che non sia iscritta a qualche gruppo. Ma anche in questo caso, se i gruppi sono tanti, solo di pochi giungono le notifiche, secondo logiche algoritmiche che mi sfuggono. Ciò che avviene in tutti i gruppi in cui si è iscritti, bisogna andarlo a cercare personalmente.

Da notare che qui sono stati riportati solo i post scritti fuori dai gruppi, quelli rivolti a tutti o ai propri amici in generale. Il che non indica affatto una loro migliore qualità. E non sono stati riportati i commenti altrui, salvo eccezioni.

Non sempre son state citate le fonti da dove si sono prese le news, sia perché in genere esse vengono qui semplicemente sintetizzate, sia perché da esse sono state prese, il più volte, sono quegli aspetti meritevoli d’essere commentati. In ogni caso quando si scrive in Facebook non si ha alcun intento scientifico né commerciale (a meno che uno non abbia qualcosa da vendere). Né si pensa di attribuire tali intenti a questo libro, che non ha neppure alcuna pretesa politica, essendo semplicemente una sorta di diario personale su fatti prevalentemente nazionali (quando regionali si tratta in genere dell’Emilia-Romagna, ove vivo da sempre). Penso tuttavia che i post siano più che sufficienti per comprendere il profondo malessere che travaglia il nostro Paese e il capitalismo in generale, che oggi chiamiamo, astrattamente, “globalismo”.

Sono iscritto a Facebook dal 2008 (cioè da quando è nata in Italia), ma inizialmente mi limitavo a mettere le petizioni che trovavo in giro o a indicare gli aggiornamenti al sito homolaicus.com. Solo a partire dal 2017, una volta andato in pensione, ho cominciato a frequentare il social network con un certo interesse, benché i dibattiti non siano mai di livello eccelso. Di regola, onde evitare offese di varia natura, è preferibile frequentare gruppi ove sia presente un moderatore.

 


2017

 

 

 

[28 gennaio] Nativi americani

 

Lo sterminio di tutte le etnie “indie”, ovvero dei Nativi Americani, che 13.000 anni fa iniziarono a migrare dall’Asia verso l’America attraverso la Beringia (una lingua di terra che all’epoca univa i due continenti), e che poi si diffusero in tutto il continente americano, è considerato il più devastante olocausto di tutti i tempi, operato per mano degli Occidentali. È conosciuto come i “500 anni di guerra” e il “Più Grande Olocausto del mondo nella storia del genere umano, come durata e perdita di vite umane”. Si parla di una cifra compresa tra 50 e 100 milioni di nativi, a partire dal 1494.

L’olocausto compiuto nei confronti di questi popoli non fu solo lo sterminio di milioni di persone, ma comportò anche la totale distruzione delle loro avanzate culture, che, essendo molto più in contatto con la natura, conoscevano assai bene l’uso delle erbe e delle piante.

Il massacro iniziò praticamente pochi anni dopo la scoperta del continente americano (solo Colombo ne uccise circa mezzo milione) e si concluse alla soglia della Prima Guerra Mondiale. Le modalità del genocidio sono state molte e diverse, dall’eccidio vero e proprio di intere comunità, sterminate sistematicamente con le armi, da eserciti regolari o da soldataglie criminali assoldate alla bisogna per mantenere pulita l’immagine dei governi ufficiali, sino alla diffusione intenzionale di malattie endemiche come il vaiolo, alla distruzione delle piante e degli animali per impedire che gli indiani si nutrissero.

Un pretesto che veniva usato contro di loro era l’accusarli di “insensato tradizionalismo”, ossia la loro legittima ostilità a sottomettersi a usi e costumi che non gli appartenevano, e di voler rivendicare diritti su enormi porzioni di territorio, che i coloni non potevano sfruttare. Evidentemente la violazione della sovranità nazionale degli altri Paesi e la pretesa superiorità di uno stile di vita rispetto ad altri giudicati selvaggi, e l’intervento violento per imporre quello stile di vita, è una tradizione ben radicata nella cultura statunitense, che continua purtroppo a perdurare.

Cosa resta delle 500 Nazioni indiane? Secondo le stime, i nativi americani negli Stati Uniti, compresi i “mezzosangue”, sono poco più di 5 milioni. Le tribù riconosciute sono 567. Molti nativi vivono nelle riserve, ma circa il 30% della popolazione indiana degli Stati Uniti ora abita in città. Le riserve sono divise tra federali e statali. Sul territorio statunitense esistono 326 riserve federali, la gran parte situata a ovest del Mississippi; ci sono anche 21 riserve statali, quasi tutte a est del grande fiume. Al momento si parlano ancora più di 100 lingue indiane diverse.

Alcune riserve ospitano una sola tribù, altre sono condivise da più ceppi tribali, altre ancora hanno al loro interno terreni affittati, occupati o di proprietà di non indiani. La riserva più grande è quella dei Navajo, con una popolazione di oltre 180 mila abitanti, che si trova tra Arizona, Nuovo Messico e Utah. Ma non tutte possono vantare simili estensioni: alcune occupano un’area modesta o addirittura minuscola. La più grande concentrazione di indiani urbani, più o meno 60 mila persone, si trova nell’area di Los Angeles. In Canada invece vivono circa 300 mila indiani e 25 mila eschimesi. In Messico gli indiani sono approssimativamente il 15% della popolazione totale: sono discendenti diretti di aztechi, maya e altre civiltà antiche.

Per avere un’idea della loro etica naturalistica e universalistica vedi il “Codice Etico dei Nativi Americani”, pubblicato nel 1994 dalla rivista “Inter-Tribal Times”.

1. Alzati col Sole per meditare. Medita da solo. Meditate spesso. Il Grande Spirito ascolterà, se si prega da soli.

2. Sii tollerante con le persone che si sono perse nel loro percorso. Ignoranza, presunzione, rabbia, gelosia e avidità sono lo stelo di un’anima perduta. Prega affinché trovino una guida.

3. Cerca per te, da solo. Non permettere ad altri di fare il tuo percorso al posto tuo. È la tua strada. Altri possono camminare con te, ma nessuno può camminare per te.

4. Tratta gli ospiti nella tua casa con molta considerazione. Servi loro il cibo migliore, dai loro il miglior letto e trattarli con rispetto e onore.

5. Non prendere ciò che non è tuo, anche se è di una persona, di una comunità, della natura o di una cultura. Non è guadagnato né dato. Non è tuo.

6. Rispetta tutte le cose che sono su questa terra, che si tratti di persone, animali o vegetali.

7. Onora i pensieri degli altri, i desideri e le parole della gente. Non interrompere mai un’altra persona, non deriderla e non limitarla mai. Consenti a ogni individuo il diritto di espressione personale.

8. Non parlare male degli altri. L’energia negativa che si immette nell’universo, tornerà a te moltiplicata.

9. Tutte le persone commettono errori. E tutti gli errori possono essere perdonati.

10. I cattivi pensieri causano malattie della mente, del corpo e dello spirito. Pratica l’ottimismo.

11. La natura non è per te, è una parte di te. Fa parte della tua famiglia terrena.

12. I bambini sono i semi del nostro futuro. Pianta l’amore nei loro cuori e annaffiali con la saggezza e le lezioni della vita. Quando essi sono cresciuti, dagli spazio per crescere.

13. Evita di danneggiare il cuore degli altri. Il veleno del tuo dolore tornerà a te.

14. Sii sincero in ogni momento. L’onestà è la prova della propria volontà all’interno di questo universo.

15. Mantieni l’equilibrio. Il tuo corpo mentale, spirituale, emotivo e fisico: tutti hanno bisogno di essere forti, puri e sani. Elaborare il corpo per rafforzare la mente. Arricchirsi di spirito per curare la tua parte emotiva.

16. Prendi decisioni consapevoli su chi sarai e come reagirai. Sii responsabile delle tue azioni.

17. Rispetta la privacy e lo spazio personale degli altri. Non toccare i beni personali di altri, soprattutto gli oggetti sacri e religiosi. Questo è vietato.

18. Prima di tutto sii fedele a te stesso. Non si può nutrire e aiutare gli altri, se non nutriamo e aiutiamo noi stessi per primi.

19. Rispetta gli altri credi religiosi. Non forzare la tua fede negli altri.

20. Condividi la tua fortuna con gli altri. Partecipa nella carità.

 

Bibliografia

 

LA GRANDE STORIA DEGLI INDIANI D’AMERICA

Cronologia completa delle popolazioni native del nord America, di Greg O’Brian

LA CONOSCENZA SEGRETA DEGLI INDIANI D’AMERICA

Un mondo al contrario, di Enzo Braschi

INTRODUZIONE ALLE LINGUE DEGLI INDIANI D’AMERICA

di Franz Boas

LA SAGGEZZA DEGLI INDIANI D’AMERICA

di Kent Nerburn

STORIA DEGLI INDIANI D’AMERICA

di Philippe Jacquin

I SIMBOLI DEGLI INDIANI D’AMERICA

L’essenza della tradizione pellerossa, di Heike Owusu

IL RITORNO DEI POPOLI DELLE STELLE

di Ardy Sixkiller Clarke

SCIAMANI DELLE DUE AMERICHE

Storie di vita vissuta

CIVILTÀ INDIGENE D’AMERICA

Scritti da “conoscenza religiosa”, di Grazia Marchianò

 

[1 marzo] Bayer e Monsanto

 

Bayer è uno dei maggiori produttori di sostanze chimiche ad uso agricolo, fertilizzanti e pesticidi. Monsanto è uno dei massimi produttori di piante modificate geneticamente. Insieme queste aziende potrebbero avere un totale controllo su ciò che gli agricoltori coltivano nei loro campi, sui pesticidi che usano, su cosa comprano nei negozi e infine su cosa mettiamo in tavola.

Se la fusione dovesse riuscire, le due aziende devono ottenere l’approvazione delle autorità per la concorrenza di tutto il mondo, tra cui l’UE. Bayer è riuscita a convincere Donald Trump ad appoggiare questa mega-fusione e ora vi è solo un’organizzazione che ha abbastanza influenza per fermare l’accordo: l’Unione Europea.

La fusione di Bayer e Monsanto non è la sola mega-fusione nel settore dei prodotti chimici per l’agricoltura. ChemChina ha assorbito la svizzera Syngenta e anche Dow Chemical e Dupont si sono accorpate. Se avvenisse anche la fuzione tra Bayer e Monsanto i tre nuovi giganti agroindustriali controllerebbero il 70% dei prodotti chimici per l’agricoltura del mondo e il 60% del mercato dei semi. Questo sarebbe un colpo devastante anti-concorrenziale per gli agricoltori italiani e di tutto il mondo, vincolandoli a comprare semi e pesticidi da solo tre aziende globali.

L’agricoltura industriale implica un circolo vizioso delle stesse colture su vasti campi, il che necessita di sempre più fertilizzanti e pesticidi per generare risultati. Al tempo stesso questo modello di agricoltura causa l’erosione e la totale scomparsa della catena alimentare per insetti, uccelli e piccoli animali.

 

[11 marzo] Corte multilaterale sugli investimenti

 

Una nuova proposta della Commissione Europea contempla la predisposizione di un sistema legale strutturato parallelo (una Corte arbitrale al di sopra degli Stati nazionali), cui gli investitori si potrebbero rivolgere per far valere i loro privilegi ai danni della democrazia. Cioè le multinazionali e gli investitori potrebbero ricorrere a una “Corte multilaterale sugli investimenti” per citare in giudizio i governi quando ritengono lesi i loro interessi e colpiti i profitti. In questa maniera, proprio mentre decidono di far valere trattati di investimenti già stipulati, potrebbero tranquillamente infrangere le leggi o le politiche pubbliche che tutelano l’ambiente e le persone fisiche.

Questo in parallelo al formarsi degli accorti commerciali TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership, un trattato di liberalizzazione commerciale transatlantico per modificare regolamentazioni e standard, abbattere dazi e dogane tra Europa e gli Stati Uniti) e CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement, accordo economico e commerciale globale tra Unione Europea e Canada).

Il timore di essere citati in giudizio conduce i governi a prendere decisioni con cautela quando si tratta di decisioni che potrebbero dare fastidio a qualche grossa multinazionale. Questi tribunali privati sono uno strumento delle multinazionali per forzare i governi a indebolire i loro sistemi di protezione ambientale e persino sanitaria.

Paesi come il Sud Africa, l’Indonesia e l’India hanno dimostrato che è possibile uscire da trattati di investimento rischiosi o interromperli, trascurando del tutto il sistema. Se la proposta di una “corte globale” avanzata dalla Commissione Europea passasse, è molto probabile che verrebbero trascurate rilevanti proposte di cambiamento provenienti dai Paesi del Sud del mondo, i quali stanno cercando di stabilire regole vincolanti e applicabili per le multinazionali quando si tratta di diritti umani.

 

[1 aprile] Arabia Saudita

 

Il Governo italiano sta continuando a fornire armi all’Arabia Saudita e agli altri membri della coalizione da utilizzare contro lo Yemen, violando il diritto nazionale ed internazionale. Tra le norme violate, ci sono quelle stabilite nel Trattato sul commercio delle armi, a cui l’Italia ha aderito proprio per prevenire la sofferenza umana dovuta a uno commercio sconsiderato e senza regole, oltre alla legge italiana 185 del 1990 che vieta espressamente la vendita di armi a Paesi coinvolti in conflitti armati.

Ad oggi si calcolano più di 12.000 tra morti e feriti tra i civili, 18 milioni le persone che necessitano di assistenza umanitaria e oltre 3 milioni quelle costrette a lasciare le proprie case.

In realtà tutti i Paesi del G20 esportano armi verso l’Arabia Saudita, con un flusso che ha superato di tre volte il valore degli aiuti alla popolazione dello Yemen.

 

[10 aprile] Cognome materno

 

Dare il cognome materno ai figli è giusto. Lo dicono per i casi in cui le donne vengono abbandonate dai mariti o compagni e si devono tenere i figli. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo ha condannato esplicitamente il nostro Paese perché non permette alla donna di scegliere il proprio cognome per il figlio. La nostra Corte Costituzionale si è limitata a riconoscere l’attribuzione del cognome materno se il padre acconsente. Ma se i coniugi sono separati, che valore ha il consenso del padre? Il cognome maschile è uno degli ultimi baluardi di una società patriarcale che ormai non ha più senso.

Se fosse per me metterei una legge ancora più libera: il cognome viene deciso di comune accordo tra i due coniugi; nel caso in cui siano separati e il figlio sia rimasto alla madre, questa può decidere, anche senza consenso dell’ex coniuge, di dare al figlio il proprio cognome; viene fatta salva la possibilità per il figlio di modificare il proprio cognome, qualunque esso sia, una volta raggiunta la maggiore età. A uno infatti potrebbe non piacere avere il cognome di un padre o di una madre collegati, in qualsivoglia maniera, al mondo del crimine.

 

[17 giugno] Industria militare

 

La Commissione europea, sotto la forte pressione dell’industria bellica, sta progettando di stanziare migliaia di milioni di euro di denaro pubblico per sviluppare una tecnologia militare avanzata, e questo per la prima volta da quando esiste l’Unione.

Lo scopo di questi sussidi è di preservare la competitività dell’industria bellica e la sua capacità di esportare armi all’estero, anche in Paesi che contribuiscono all’instabilità e che prendono parte a conflitti letali, come l’Arabia Saudita.

L’anno scorso i nostri governi europarlamentari hanno votato uno stanziamento di 90 milioni di euro su 3 anni per finanziare la ricerca militare.

La Commissione sta spingendo sui finanziamenti alle “strategie di difesa”, usando fondi già esistenti, a discapito di programmi regionali e strutturali di aiuto allo sviluppo, ivi incluso il programma Erasmus per l’istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport.

Lo scorso 7 giugno la Commissione ha presentato ufficialmente il Piano d’azione europeo in materia di difesa, insieme alla proposta di una dotazione annua stimata di 500 milioni di euro dal budget UE per la ricerca e lo sviluppo nel settore bellico e degli armamenti nel 2019-20. Si prevede che nel 2021 questo stanziamento cresca e raggiunga i 1,5 miliardi all’anno.

Il Fondo comprende anche 4 miliardi di contributi nazionali annuali per finanziare l’ultima fase del processo: l’acquisizione di equipaggiamenti militari e lo sviluppo congiunto da parte degli Stati membri. La Commissione ha proposto che i contributi nazionali da destinare al Fondo siano esclusi dalla soglia di disavanzo del 3% del PIL che gli Stati membri sono tenuti a rispettare. Un privilegio che non è accordato a settori come l’educazione, la sanità pubblica o gli investimenti per la tutela dell’ambiente.

Questi provvedimenti significheranno tagli drastici a scapito di altre priorità di spesa sia a livello europeo che a livello nazionale. La Commissione insiste sul fatto che tale finanziamento dovrebbe essere aggiunto alle spese militari nazionali, e non essere un loro sostituto.

L’industria bellica è quindi riuscita a ottenere il supporto di alcuni Paesi europei e di alti funzionari, riuscendo a far passare le spese belliche sotto forma di “ricerca”.

 

[1 luglio] Inquinamento

 

In Italia esistono ben 44 aree inquinate oltre ogni limite di legge, in cui le malattie tumorali sono aumentate anche del 90% in soli 10 anni. Non meno di sei milioni di persone sono esposte a tumori, malattie respiratorie, malattie circolatorie, malattie renali e neurologiche.

L’inquinamento uccide quasi 60mila italiani e costa alle casse dello Stato almeno 47 miliardi di euro. Basti pensare che nel 2015 in 48 capoluoghi di provincia più della metà del totale hanno superato i limiti di legge delle concentrazioni di Pm10 misurate dalle centraline, fissati in 50 microgrammi per metro cubo per più di 35 giorni. Si tratta del numero massimo di superamenti consentiti dalla legge in un anno.

La causa è quasi sempre l’inquinamento industriale, che spinge l’incidenza oncologica e in particolar modo il cancro alla tiroide, il tumore alla mammella e il mesotelioma, ossia il tumore che nasce dalle cellule del mesotelio ed è associato soprattutto all’esposizione all’amianto.

Frosinone si aggiudica il triste primato di città dall’aria più inquinata: ha infatti superato i limiti di legge per ben 115 giornate, Di seguito troviamo Pavia con 114, Vicenza con 110, e due capoluoghi di regione come Milano e Torino con 101 e 99 giornate di aria irrespirabile. Roma, coi suoi 65 giorni oltre la soglia d’attenzione, si posiziona al venticinquesimo posto.

Oltre al Pm10, gli apparecchi hanno registrato anche la concentrazione di Pm2.5, che, a differenza del Pm10 (che ferma la sua corsa nei bronchioli), è purtroppo in grado di penetrare fino ai polmoni: le dimensioni delle sue particelle, infatti, non superano un quarto di centesimo di millimetro. Per legge questo tipo di inquinanti non dovrebbero superare i 25 microgrammi al metro cubo e, da questo punto di vista, la situazione appare leggermente migliore, in quanto troviamo solo Cremona (27), Milano e Monza (26) oltre il limite annuale.

Per quanto riguarda l’ozono, invece, i dati sono molto più gravi. Ben una città su tre ha superato il valore soglia, e nel 2014 i limiti sono stati superati in 28 capoluoghi di provincia, con Rimini e Genova in testa.

 

[16 ottobre – 1 novembre] Indipendenza della Catalogna

 

Post riferiti al referendum sull’indipendenza della Catalogna del 1º ottobre 2017.

I favorevoli furono il 90,18%. Nella prima parte quelli brevi, nella seconda quelli lunghi. Non vengono riportati i collegamenti a fonti esterne. Le due persone più importanti furono il premier spagnolo Mariano Rajoy e il presidente del Parlamento catalano Carles Puigdemont. Quest’ultimo è stato eletto europarlamentare il 26 maggio 2019, ma il suo mandato è stato reso effettivo solo in seguito a una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea nel dicembre 2019. Al momento è considerato dagli indipendentisti il presidente dell’autoproclamata “Repubblica Catalana”, che però non dispone di istituzioni o di qualche effettività, né gode di alcun riconoscimento giuridico o diplomatico da parte di alcuno. Rajoy si è dimesso il 2 giugno 2018, a causa di uno scandalo di corruzione e fondi neri che ha coinvolto alcuni esponenti di primo piano del Partito popolare. Il 5 giugno ha annunciato le proprie dimissioni da presidente del Partito Popolare, e il 15 giugno anche quelle da deputato. Ora in Spagna governano i socialisti di Pedro Sánchez, appoggiati da Podemos e Izquierda unida, dai separatisti catalani di PDecat e ERC, dal partito basco PNV e da altri partiti regionali minori.

 

I

 

Barcellona: discutiamo per due mesi. Madrid: decidete entro tre giorni, altrimenti vi garrotiamo!

Giovedì scade l’ultimatum. Intanto due leader catalani sono stati arrestati. Da Madrid nessuna volontà di dialogo.

Domani la Catalogna verrà commissariata oppure dovrà indire nuove elezioni. Belle proposte da Madrid!

Se Madrid non concede l’autonomia, Barcellona chiederà l’indipendenza. Si profila la catastrofe.

Penso che se ci fosse stato Zapatero invece che Rajoy sabato si sarebbe trovato un compromesso. Invece così incombe l’apocalisse.

Perché nessuno insegna a Rajoy come si fa a dialogare?

Chi non radici etniche, culturali, linguistiche in un determinato territorio può capire la tragedia della Catalogna?

Perché Sean Connery non dice qualcosa agli Scozzesi per aiutare i Catalani?

I nostri leghisti vogliono tenersi i 9/10 delle tasse e tu sei contro l’indipendenza della Catalogna?

Sai come gli spagnoli chiamano i catalani? Burro, che vuol dire Asino, o Perro, che vuol dire Cane. E poi ti meravigli?

Perché il Real Madrid e il Barcellona si odiano a morte? Evidentemente il calcio non è solo un gioco.

Surrettiziamente i leghisti chiedono l’indipendenza e tu sei contro i Catalani che la chiedono a viso aperto?

Gli italiani a Barcellona sono 25.000 e 74.000 in Catalogna: solo uno su tre è contrario all’Indipendenza.

Al Trentino Alto Adige e alla Val d’Aosta ritorna il 90% delle tasse pagate dai propri cittadini, al Friuli Venezia-Giulia il 60%, alla Sardegna il 70%, alla Sicilia il 100%. Perché la Catalogna dovrebbe essere diversa?

A noi pareva vergognoso che nella Berlino della Germania comunista la Stasi incarcerasse quelli che volevano l’indipendenza dall’URSS. Com’è che oggi ci sembra normale ciò che fa Madrid?

Se l’Europa non riuscirà a impedire che Madrid distrugga Barcellona, ci sentiremo ancora europei?

Sto pensando che le cose esistono solo se ne parlano i mass-media e in questo momento è il nostro cretinismo parlamentare.

Nel 2014 la UE aveva chiesto all’allora presidente ucraino Yanukovich di non reprimere le proteste di piazza Maidan contro un governo legittimo. Com’è che non ha detto a Rajoy di fare la stessa cosa coi Catalani?

Tajani rispondi a questa domanda: Perché se la Spagna fosse stata comunista, la UE avrebbe accettato la secessione catalana?

Il quotidiano basco “Gara” ha dichiarato che lo Stato spagnolo è un carcere per i popoli.

La democrazia non può prescindere dall’autoproclamazione delle Comunità Politiche Locali come soggetti politici a sovranità intrasferibile con cui instaurare un patto federale. Così diceva Cattaneo.

Il Parlamento scozzese appoggia quello catalano e ha fatto capire che se la Brexit va avanti romperà con gli inglesi.

Due milioni di Baschi ottennero l’indipendenza dopo aver ucciso 800 persone. Quanti ne devono uccidere 7,5 milioni di Catalani?

I confini non sono mai statici, meno che mai in Europa.

Fratelli Catalani attenti a non farvi trovare impreparati. La violenza, quando è solo per difesa, è legittima.

Ai compagni puritani di sinistra ricordo che la guerra civile in Spagna fu l’anticamera della II G.M. Please don’t replay.

Questi madrileni sono pericolosi, stanno portando la Spagna a una nuova guerra civile.

Belgio e Russia a favore della Catalogna. Tajani garantisci che non permetterai alcuna occupazione militare!

Perché la Scozia può definirsi Nazione costitutiva del Regno Unito e alla Catalogna si nega il diritto di definirsi come nazione?

Che senso ha annunciare le elezioni da parte di Rajoy per il 21 dicembre dopo aver detto che Puidgemont è fuorilegge? Avrebbe dovuto almeno sospendere l’applicazione dell’art. 155 della Costituzione.

I parlamenti di Estonia e Finlandia hanno iniziato a discutere sulla questione catalana. E il nostro? Nulla!

Il partito Podemos chiede di indire un referendum in cui i cittadini catalani possano avere sulla scheda sia le due opzioni (unionista e indipendentista) che quella di rifondare la Spagna come Stato democratico, plurinazionale e federale.

Rajoy vuole governare in Catalogna quando il suo partito popolare di centro-destra ha ottenuto soltanto l’8,5% dei voti nelle ultime elezioni in Catalogna.

Le nazionalità storiche della Spagna si riconoscono nel fatto di possedere istituzioni proprie che non derivano dai dettami della Costituzione del 1978. I Popoli vengono prima delle Leggi. Anche l’Andalusia ha saputo rivendicare uno Statuto di autonomia sulla base delle proprie specifiche tradizioni. E gliel’hanno concesso.

Se Puidgemont si è rifugiato in Belgio per sfuggire ai fascisti, viva i Fiamminghi!

I socialisti, ago della bilancia per le sorti del governo di Rajoy, hanno deciso di schierarsi con il premier sulla questione catalana. I socialisti?

Puigdemont è andato ad annunciare il verbo dell’indipendenza ai Fiamminghi, affinché si separino dai Valloni.

Franco e Rajoy sono entrambi della Galizia. Ci sarà pure una ragione...

Tajani ha dichiarato che non farà arrestare Puigdemont e che però non può chiedere asilo politico! Che coerenza!

Accusano Puigdemont di malversazione per il referendum quando i Catalani danno 10 miliardi di tasse in più rispetto a Madrid!

I Catalani danno il 20% del PIL, il 26% di export, il 22% di turismo, il 39% di aziende straniere. Potevano mandargli l’esercito?

I Catalani meritavano d’essere appoggiati solo per aver dichiarato la fine di quel vergognoso parassitismo chiamato monarchia.

Si è detto che la Catalogna era molto indebitata, per questo voleva l’indipendenza. Ebbene rispetto al suo PIL regionale il debito era solo del 35,4%. Quello della rimanente Spagna è del 99,4%! E questi sono dati della Banca di Spagna!

– Catalani armatevi! Avventurista!

– Vado in Belgio a chiedere aiuto. Traditore!

– Non chiedo asilo politico. Bugiardo!

(Sono parole di Puigdemont, con relative reazioni.)

I Belgi se la fan sotto: “Non siamo stati noi a invitarlo”. Vi auguro che i Fiamminghi si stacchino dai Valloni.

Puigdemont ha dichiarato che rispetterà i risultati delle elezioni convocate per il 21 dicembre, quale che sia il risultato. Il governo spagnolo ha fatto lo stesso? Assolutamente no!

Perché in Spagna non è possibile uno Stato federale visto che le autonomie regionali sono così forti? Perché le autonomie sono state concesse per sopportare meglio lo Stato centralista.

Ha senso che la Spagna sia uscita dalla dittatura grazie alla UE e ora chieda alla UE di arrestare chi vuole più democrazia?

Rajoy lo vuole proprio morto! Forza Catalani, fate vedere che la democrazia non ha paura di nulla!

La Catalogna è una pentola a pressione per la cattiva coscienza degli Stati europei che odiano le autonomie locali.

Abbiamo accettato che gli inglesi facessero secessione dall’Europa. Qual è la differenza dalla Catalogna?

Anche gli USA proclamarono l’indipendenza dagli inglesi, eppure oggi Trump è anti-catalano.

Che male c’è a rivendicare la secessione contro uno Stato autoritario in nome della democrazia?

Il governo inglese devolve 1 milione di sterline per progetti di libertà di espressione nel mondo e neanche un penny per la Catalogna!

Il governo catalano eletto democraticamente è in carcere. Podemos accusa la giustizia spagnola di fare “prigionieri politici”.

Puigdemont ha chiesto d’essere interrogato in videoconferenza, ma intanto Madrid ha oscurato il sito del suo governo.

L’antivirus AVAST mi dice che il nuovo sito di Puigdemont president.exili.eu è pericoloso perché pratica il phishing! [Oggi il sito non esiste più]

Nel codice penale belga non esiste neppure l’accusa di sedizione e ribellione. Non è che in questo caso saranno proni alla Spagna come al tempo di Filippo II?

Incredibile! Persino i socialisti, alleati dei popolari, stanno parlando di reazioni sproporzionate da parte di Madrid!

L’Europa ha fatto capire chiaramente che della Catalogna non le importa un fico secco. È normale?

In Spagna il lupo sta uccidendo l’agnello in nome della democrazia. Perché i comunisti vogliono prima aspettare di vederlo mangiato? Che cosa fa più paura: un lupo che digrigna i denti o travestito da agnello? E allora perché i comunisti europei tacciono?

L’art. 155 della Costituzione spagnola è estraneo al costituzionalismo europeo, in quanto troppo influenzato dal franchismo.

Davvero c’è molta differenza tra il comportamento di Rajoy coi Catalani e quello di Erdoğan coi Kurdi?

Il movimento catalano è il più grande movimento di disobbedienza civile di massa quale non si vedeva da decenni in Europa.

Non odio gli spagnoli, anzi chiedo agli inglesi di restituire alla Spagna la Rocca di Gibilterra.

Chiedo che ai Kurdi venga riconosciuto il loro legittimo Stato, perduto per colpa degli inglesi.

Chiedo la fine dell’Ulster e che l’Irlanda sia pienamente sovrana in tutta la propria isola.

Chiedo agli scozzesi di sentirsi liberi nei confronti degli inglesi.

Chiedo ai Gallesi di portare la loro devoluzione alla secessione e di essere più fieri della loro diversità dagli inglesi.

Chiedo agli inglesi di restituire agli argentini le isole Malvinas, da loro chiamate Falkland.

Chiedo agli inglesi di rinunciare definitivamente all’idea di Commonwealth, una vergogna del loro imperialismo.

I soldi della corona inglese alle isole Cayman, paradiso fiscale. Avete capito Scozzesi, Irlandesi e Gallesi?

Davvero Rajoy si sta comportando come Bava Beccaris contro i Milanesi? Ma allora l’attuale re spagnolo farà la fine di Umberto I?

Su richiesta di Puigdemont e dei quattro suoi ex ministri la procedura per rispondere alla domanda spagnola di estradizione è stata avviata in fiammingo, lingua del loro avvocato. Grandi!

Chiedo che la Corsica sia lasciata libera di dichiararsi indipendente dalla Francia.

Il Blocco Nazionalista Galiziano ha detto che il potere giudiziario spagnolo è completamente sottomesso a quello politico, e che il Partito Popolare di Rajoy è il più corrotto d’Europa e sta portando la Spagna al neofascismo, in quanto è la prima volta dal regime di Franco che viene arrestato un governo democraticamente eletto. Ha anche detto che i socialisti del PSOE, che l’appoggiano, stanno svolgendo un “triste ruolo”.

Puigdemont ha detto che, a causa di come Rajoy applica l’art. 155 della Costituzione, vuole deferire il governo davanti al Tribunale di Strasburgo, affinché la Spagna “provi imbarazzo”. Ha aggiunto che “A noi catalani hanno rubato una legislatura, un governo e un Parlamento”. Infine che “L’Europa non può avere prigionieri politici, non può avere un governo legittimo in prigione o in esilio”.

La Catalogna è accusata d’aver chiesto l’indipendenza contro la Costituzione, in quanto i governi di Madrid non hanno mai avuto intenzione di concederle un’indipendenza come quella basca. I governi centrali non accettano neppure l’idea di uno Stato federale, che sarebbe la soluzione migliore e più indolore in una penisola così ricca di identità regionali. La situazione quindi resta molto grave, poiché i Baschi, per ottenere l’indipendenza, finirono con l’ammazzare 800 spagnoli, e i Catalani, che sono i più democratici di tutte le realtà regionali, non possono mettersi a fare la stessa cosa. Se non interviene la UE, mediando la cosa in maniera politica, si rischia la guerra civile.

Juncker ha detto che Madrid non viola la Costituzione. Perché non lo va a dire ai 200 sindaci catalani andati a Bruxelles?

Ecco perché Macron sta zitto sulla Catalogna: Bretoni Alsaziani Corsi e Occitani rivendicano l’indipendenza!

In Catalogna è tutto bloccato: strade, autostrade, trasporti, università... Chi ha detto ch’erano una minoranza di sciagurati?

A passi di bradipo a Madrid stanno pensando di rivedere la Costituzione in una maniera più favorevole alle realtà regionali.

Ha senso che Cipro sia illegalmente occupata per 1/3 dai Turchi e abbia due basi militari inglesi?

Auguro ai tedeschi che la Baviera, in nome dell’identità regionale, diventi uno Stato autonomo.

Chiedo ai russi del Donbass di fare secessione dall’Ucraina.

Appartenere al Regno Unito costa a ogni scozzese circa 1.073 euro l’anno. E si chiedono perché...

Quando i polacchi dicevano che la nazione è più importante dello Stato ci sembrava giusto. Per forza lo Stato era comunista!

Dicevamo della Jugoslavia ch’era giusto disintegrarla perché comandavano i serbi comunisti ed erano divisi dalle religioni.

Dopo aver ottenuto dal Canada lo status di nazione nel 2006, il Quebec è soddisfatto. Soluzione per i Catalani?

Ma come! L’ONU è contro Madrid sulla questione della Catalogna e i nostri giornalisti non lo sanno!?

 

II

 

Senti senti cosa dicono dalla Svizzera. Il giornalista chiede al ticinese Norman Gobbi:

– Da anni si discute sull’inefficienza di avere 26 Cantoni e c’è chi propone una nuova mappa con 12 Cantoni. Cosa ne pensa?

– La ritengo una soluzione semplicemente sbagliata: dilata la distanza fra cittadini e istituzioni. Se a livello comunale le aggregazioni servono a risolvere problemi oggettivi, a livello federale l’optimum si raggiunge grazie a Cantoni capaci di riformarsi al proprio interno e in sintonia con la propria popolazione. È importante che i Comuni e i Cantoni custodiscano la loro autonomia, sinonimo di rispetto delle diversità e salvaguardia delle minoranze.

Non ho capito perché questa cosa non sarebbe possibile in Italia o in Spagna o in tutta Europa. [26 ottobre]

 

Senti senti cosa dice Paolo Dardanelli, che ha pubblicato un libro sul federalismo svizzero.

C’è una sfera di competenza in cui l’autonomia dei Cantoni è robusta: l’erario. La Svizzera ha dimostrato che è possibile combinare poteri fiscali forti delle Regioni, ossia dei Cantoni, con una perequazione finanziaria intercantonale, che permette comunque di avere un livello di ridistribuzione delle risorse elevato.

In questo modo la Svizzera è riuscita a mantenere un legame molto sano dal punto di vista della responsabilità democratica: i Cantoni sono competenti di determinate politiche e sono anche responsabili di trovare le risorse per finanziarle.

– Non ho capito: cosa abbiamo noi italiani di meno degli svizzeri?

Lui dice che l’alta autonomia fiscale di tipo elvetico comporterebbe qualche difficoltà di applicazione in Paesi con un alto squilibrio economico fra le Regioni, come l’Italia e la Spagna.

– Perché – mi chiedo – in tutti questi anni di centralismo statale siamo forse riusciti a risolvere lo squilibrio tra le Regioni? [26 ottobre]

 

Ecco la posizione del partito comunista italiano sulla situazione catalana. È convinto che il governo catalano rifiuti a priori la via dell’autonomia federativa e del dialogo costruttivo. Chi gliel’ha detto? Se l’è inventato? I fatti dimostrano questo? Definisce i catalani dei nazionalisti, senza sapere che Marx difese gli irlandesi in quanto irlandesi, perché si era accorto che per convincere gli operai inglesi a non odiare quelli irlandesi, cioè a emanciparsi dall’influenza della propaganda della borghesia, ci sarebbe voluto molto tempo. Non vede inoltre l’esigenza di gestire le proprie risorse materiali a livello locale e regionale: per i comunisti italiani questa è una forma di egoismo! Perché non studiano Rousseau come fece Galvano Della Volpe? Vedono i popoli mondiali e non vedono quelli locali. Sono convinti che per vincere il capitale transnazionale europeo siano sufficienti gli Stati nazionali e non capiscono che proprio questi Stati favoriscono la diffusione di quel capitale. Ma soprattutto non capiscono che la Catalogna soffre la mancanza di indipendenza da quando i Borbone gliel’ha tolta. [28 ottobre]

 

Tajani deve assicurare che qualunque cosa accada in Spagna si impegnerà a non avallare nessuna occupazione militare della Catalogna, né da parte del governo spagnolo né da parte della NATO. Anzi si impegnerà in tutti i modi perché la soluzione militare venga scongiurata da trattative politico-diplomatiche in cui la UE vuole giocare un ruolo attivo, anche con la partecipazione di osservatori internazionali. La popolazione europea teme fortemente una riedizione di quanto già avvenuto in Spagna negli anni immediatamente precedenti la seconda guerra mondiale, per cui chiede che le istituzioni europee non assumano atteggiamenti unilaterali a favore di nessuna delle parti in causa, ma si facciano carico di trovare una soluzione reciprocamente vantaggiosa. [29 ottobre]

 

Da un lato Rajoy chiede che Puigdemont e i suoi 13 consiglieri versino un deposito cauzionale di 6.2 milioni di euro con l’avvertimento che in caso di mancato versamento saranno pignorati i loro beni per una cifra corrispondente. Dall’altro, siccome pensa che non si presenteranno in tribunale il 2-3 novembre, sta facendo in modo che vengano arrestati direttamente dal governo belga. In queste condizioni chi può garantire in Spagna un processo equo? Come minimo dovrebbe essere l’UE a fare una proposta di mediazione. Possibile che in Europa siano tutti come Tajani? [1 novembre]

 

[4 novembre] Ucraina

 

Il rappresentante speciale del dipartimento di Stato degli USA per l’Ucraina, Kurt Volker, si è incontrato con alti funzionari ucraini per chiedere loro di sabotare gli accordi di Minsk e di rioccupare la Crimea. In cambio avrebbe promesso l’invio a Kiev di armi letali e di chiedere all’ONU che i militari delle Nazioni Unite siano armati, cioè in grado di imporre ai separatisti dissenzienti del Donbas “la pace”.

 

[6 novembre] George Soros

 

George Soros, il discusso investitore ungaro-statunitense, che nel 1992 atterrò sterlina e lira con le sue speculazioni, dove in Francia è stato processato per insider trading ai danni di Société Génerale, sostiene, attraverso la sua Open Society Foundation, una rete di centinaia di ONG che agiscono sui più disparati argomenti e con obiettivi spesso apertamente politici.

Tra questi obiettivi: aprire completamente le porte ai migranti, favorire i matrimoni omosessuali, integrare l’Ucraina nella UE, contrastare la Russia di Putin, ecc.

Soros è stato profondamente implicato nel colpo di stato che a Kiev ha cacciato un governo democraticamente eletto. Tant’è che Putin ha bandìto per legge una serie di ONG straniere da lui finanziate. Lo stesso sta facendo la Cina.

D’altra parte non fa piacere avere a che fare con ONG che in un modo o nell’altro sostengono obiettivi di politica estera di Washington, Londra, Parigi e Bruxelles.

La rete di Soros è in grado di controllare 226 parlamentari europei di tutto lo spettro politico, cioè più di 1/3 dei seggi.

 

[9 novembre] Corea del Nord

 

La Corea del Nord ha detto che il suo ultimo test missilistico è contro la cooperazione militare tra USA e Giappone, paragonata al patto segreto del 1905 che aprì la strada alla colonizzazione della Corea da parte di Tokyo. Trump ha risposto, durante la visita in Corea del Sud, che con la Corea del Nord “è venuto il momento della forza”, e che Cina e Russia devono ridurre le relazioni diplomatiche con quella “crudele dittatura”. Poi, facendo leva su quel misticismo tipicamente americano, ha aggiunto: “Nonostante i crimini che avete commesso contro Dio e contro l’uomo, vogliamo aprire un percorso verso un futuro migliore. La Corea del Nord non è il paradiso che vostro nonno aveva immaginato. È un inferno che nessuno merita”.

Intanto la responsabile francese della Difesa, Florence Parly, ha avvertito che l’Europa potrebbe essere presto colpita dai missili di Kim Jong Un.

Ma la Cina ha fatto sapere che non tollererà una guerra alle sue porte, e continua a sfidare l’America comprando coi suoi yuan il petrolio dalla Russia.

E anche Putin ritiene che le sanzioni non serviranno a nulla, in quanto la Corea del Nord “preferirà mangiare erba” piuttosto che rinunciare al suo programma nucleare.

Resta comunque curioso che Trump, invece di chiedere lo smantellamento delle armi nucleari mondiali, lo chieda solo per la Corea del Nord.

La Corea del Sud ha il tasso di suicidi più alto al mondo e dovrebbe costituire un modello per quella del Nord?

 

[10 novembre] Brexit

 

Gli inglesi usciranno dalla UE il 29 marzo 2019. Non sanno ancora come pagare i 60 miliardi di euro a noi, che diritti riconoscere ai 3,3 milioni di nostri concittadini che vivono da loro e come regolarsi con l’Irlanda. Per non parlare delle reazioni che avranno gli scozzesi. Avete presente Tafazzi? Uguale!

 

[11 novembre] Israele e NATO

 

A che serve Israele, quando il meglio di sé l’ebreo l’ha sempre dato nella diaspora?

Perché gli Stati democratici non si rifiutano di riconoscere Israele finché non verrà concesso un vero Stato ai palestinesi?

 

E se la UE si dotasse di un proprio esercito chiudendo le basi NATO? Perché ci piace stare sottomessi?

 

[13 novembre] Hawaii, lingua madre

 

Nelle Hawaii si studia la lingua madre nelle scuole che però non si parla nella società. Magie degli USA!

 

[15 novembre] USA, armi. Italia, anziani

 

Ogni anno negli USA una media di 5.790 bambini vengono ricoverati in ospedale per ferite di arma da fuoco.

 

In Italia l’aspettativa di vita è pari a 82,8 anni, il che significa che la popolazione anziana è pari al 22% della popolazione totale e raggiungerà il 34% entro il 2050. Stiamo diventando un Paese di vecchi.

 

[16 novembre] Bergoglio, accanimento terapeutico. Federalismo. Indonesia. USA, socialismo

 

Anche il papa è arrivato a dire che l’accanimento terapeutico non ha senso! Siamo a un passo dal testamento biologico?

 

L’autentico concetto-chiave del federalismo è “l’unità nella diversità”. La Germania, col decentramento attuato nei suoi lander, e la Svizzera, dove i cantoni godono di vasta autonomia, sono gli esempi a noi più vicini. Negli USA il possibile default della California (la Lombardia statunitense sul piano economico) è stato liquidato con una semplice emissione di titoli di stato da parte della Federal Reserve, mentre nella UE è bastata la crisi di un piccolo Paese, la Grecia – il cui PIL è solo l’1% di quello dell’intera UE –, per mandare in tilt la fragile impalcatura comunitaria.

 

La Costituzione indonesiana del 1945 afferma che lo Stato si basa sulla credenza nel “Dio uno e unico”. I cittadini sono tenuti a dichiarare la propria appartenenza religiosa nelle carte d’identità nazionali. Islam, cattolicesimo, protestantesimo, induismo, buddismo e confucianesimo erano finora le uniche religioni ufficiali. Sono circa 400mila le persone che si dichiarano appartenenti a religioni diverse dalle sei finora riconosciute. L’ateismo non è legale in Indonesia e spesso comporta accuse di blasfemia.

Ora finalmente la Corte Costituzionale riconosce le credenze religiose dei nativi indonesiani. Gli indigeni infatti apparivano fuori legge in quanto non hanno leader che le rappresentino e non dispongono di “sacre scritture”; inoltre i fedeli credono nel grande potere dell’universo e nel rispetto degli antenati; e nella pratica religiosa si limitano a offrire sacrifici come espressione del loro rispetto verso gli avi e la natura.

Io mi chiedo perché non vietino le sei religioni suddette e non accettino solo quelle dei nativi. Cosa ne pensate?

 

Incredibile, esiste il socialismo anche negli USA! Nelle elezioni locali di martedì scorso in Virginia, il socialista democratico Lee Carter ha battuto Jackson Miller, un politico molto potente, capogruppo uscente dei Repubblicani alla Camera dei Delegati di quello Stato. Lo hanno paragonato a Stalin solo perché faceva una campagna a favore della sanità pubblica e a favore della classe operaia della Virginia ed era contro il finanziamento privato dei partiti. Persino il Partito Democratico si è scandalizzato del suo linguaggio così perentorio!

 

[17 novembre] Ergastolo. Cannabis. Ludopatia. Povertà nazionale

 

L’ergastolo non ha senso, come la pena di morte, come l’Inferno di Dante o l’Ade dei pagani. Non si può togliere a nessuno il diritto di pentirsi. Nessuno nasce mostro. Nessun delitto viene compiuto senza una qualche motivazione. Nessuno può dirsi totalmente estraneo ai delitti che compiono gli altri. Come minimo vi è stata una qualche omissione, una qualche indifferenza, una qualche sottovalutazione del rischio.

 

La cannabis statale approvata in Senato. Non si faceva prima a legalizzarle tutte?

 

Oltre 900.000 affetti da ludopatia. Ma non sono gli italiani che si ritengono il popolo più furbo del mondo?

 

Nella fascia di età 18-34 anni è povero 1 giovane su 10 e il rischio povertà tocca il 37% dei giovani italiani. Il numero complessivo di poveri è aumentato nell’ultimo decennio del 165,2% (l’incidenza della povertà tra i giovani di 18-34 anni è passata dall’1,9% al 10,4%). Nel 2016 le persone in grave povertà in Italia sono risultate 4 milioni e 742mila. I minorenni italiani in povertà assoluta sono 1 milione 292mila (il 12,5% del totale). La ripresa del PIL ci risparmierà delle testate sul naso? Io dico di no.

 

[18 novembre] Totò Riina. USA, povertà e debito privato. Migrazioni dall’Africa

 

Alcuni si sono chiesti se Totò Riina non si possa perdonare. Ma può uno agire così senza complicità a livello politico e persino istituzionale?

Riina un mostro? Dalla nascita? E le cause storiche che hanno generato la mafia dove sono? La criminalità organizzata al sud è stata una conseguenza dell’unificazione nazionale fatta in maniera centralista dai Savoia a favore dei capitalisti del nord e agrari del sud. Bisogna spezzare questo cerchio perverso.

Tra Riina e Andreotti c’era davvero molta molta differenza? La Chiesa, se Riina si fosse pentito in confessionale, non gli avrebbero forse fatto un funerale in piena regola?

Bisognerebbe piuttosto dire che un mafioso resta un leader anche se carcerato. Un politico di sinistra non lo è neanche se vince le elezioni.

 

Nel libro del Gruppo Abele intitolato Guai ai Poveri. La faccia triste dell’America è scritto sugli USA: “Nel Paese dove vive il 41% delle persone più ricche dell’intero pianeta, 1/3 della popolazione (105.303.000 di persone) fa fatica a far fronte ai bisogni più elementari.” E questa sarebbe la democrazia da esportare in tutto il pianeta?

 

Il debito privato dei cittadini americani è pari al PIL, circa 17 mila miliardi di dollari, al quale si somma quello dell’industria, degli stati federali e della federazione nel suo insieme. Gli Stati Uniti utilizzano ampiamente l’emissione di titoli sul mercato internazionale per alimentare il proprio debito interno, garantendolo esclusivamente con la propria potenza economica e militare invece che con un corrispettivo tangibile in merci o riserve monetarie. In poche parole il resto del mondo è costretto a finanziare una montagna di debito che non sarà mai riscattata. Lo dice quinternalab.org

 

La rotta migratoria del Mediterraneo centrale dalla Libia verso l’Italia rappresenta l’80% dei flussi migratori dal Nord Africa verso l’Europa. Dal 2011 a oggi in Italia sono sbarcati oltre 700.000 migranti; quest’estate i flussi sono drasticamente crollati, per poi riprendere in questi giorni. Cosa è accaduto in Libia?

 

[19 novembre] Elefanti. Bud Spencer. Social. Aborto. Lazio

 

Trump decide con un tweet il destino degli elefanti. Potrebbe fare la stessa cosa con Corea del nord?

 

A Bud Spencer una statua in bronzo alta due metri in pieno centro a Budapest! Paolo Villaggio era da meno?

 

Per Sean Parker, ex presidente di Facebook, i social-network approfittano della vulnerabilità della psicologia umana attraverso meccanismi che creano dipendenza come una droga. Anche Evan Williams, uno dei fondatori di Twitter, ha detto che i social stanno favorendo il protagonismo di persone insensate, che postano in diretta suicidi, pestaggi o delitti. Come fare per evitare queste aberrazioni?

 

Ha detto don Pieri: “Ha ucciso più la Bonino o Riina?”. Un prete che dice così, riferendosi ovviamente all’aborto, che disturbi può avere?

 

La valle del sacco nel Lazio è tutta contaminata. Sicuro che l’ecologia non sia più importante dell’economia?

 

[20 novembre] Vaticano, pedofilia. Charles Manson. San Marino. Arabia Saudita

 

L’altra sera le “Iene” han fatto nomi e cognomi di prelati vaticani che frequentavano il seminario Pio X: don Gabriele Martinelli, con l’accusa di abusi sessuali, e di don Enrico Radice, rettore del pre-seminario all’epoca dei fatti, con l’accusa di favoreggiamento. È la prima volta nella storia della Chiesa che si indaga su quello che sarebbe accaduto tra le mura del Vaticano, e questo grazie a papa Francesco, che ha modificato la procedura rimuovendo la causa d’improcedibilità. Un macigno di pedofilia sta rotolando su san Pietro.

 

Morto Charles Manson, famoso per la strage di Bel Air. Portava una svastica tatuata in fronte. In carcere aveva sposato una sua fan di 25 anni. Credeva in Scientology e in Satana, ma si ispirava anche alla violenta canzone Helter Skelter, dei Beatles, che a lui apparivano come i quattro angeli dell’Apocalisse. Voleva partecipare a una gigantesca guerra tra razze, e lui odiava quella nera. Non è la prima volta che il misticismo americano crea mostri del genere. Un altro fu Jim Jones.

 

Uno dei principali paradisi fiscali a livello nazionale, San Marino, è sull’orlo del crac.

 

L’Arabia Saudita, sconfitta in Siria e con l’Iran, dopo aver portato la guerra in Yemen, ora la sta portando in Libano. Andrebbe espulsa dall’ONU.

 

[22 novembre] Dipendenti pubblici. Scalfari. USA, armi nucleari. Vaccinazione. Carlo Verdone. Mladic. Lega Nord

 

L’innovazione italiana ha un futuro: su 30.000 dipendenti degli enti di ricerca pubblici, 10.000 non hanno un contratto stabile!

 

Floris: Lei, se dovesse scegliere tra Di Maio e Berlusconi e affidare il Paese a uno dei due, quale sceglierebbe?

Scalfari risponde: Sceglierei Berlusconi.

Mi chiedo: perché a una certa età non ci si ritira in buon ordine e si evitano figure così meschine?

 

La rivista “Time” è uscita col titolo: “Il presidente Trump dovrebbe avere il potere esclusivo di lanciare missili nucleari?” Perché negli USA questa domanda non è retorica?

 

La Corte costituzionale ha dichiarato non fondate tutte le questioni prospettate nei ricorsi della Regione Veneto sull’obbligo dei vaccini. Giusto! Ma poi i giudici hanno aggiunto:

“La mancata vaccinazione non comporta l’esclusione dalla scuola dell’obbligo dei minori, che saranno di norma inseriti in classi in cui gli altri alunni sono vaccinati”!

Che senso ha? Si mette in croce la scuola per colpa dei genitori irresponsabili? Non ci sono già abbastanza vincoli nella formazione delle classi? E poi a che servirebbe questa forzatura in un luogo così fortemente pubblico come la scuola?

 

Dottorato honoris causa in Beni Culturali e Territorio a Carlo Verdone. E poi dicono che le nostre lauree valgono poco.

 

Mladic condannato all’ergastolo. E gli americani con tutto il loro uranio impoverito che ha ammalato migliaia di persone?

 

Il Consiglio comunale di La Spezia ha approvato una mozione della Lega Nord per imporre il crocifisso nell’aula istituzionale e negli uffici pubblici. E questo sarebbe un partito di governo? Qual è la differenza dalla vecchia DC?

 

[23 novembre] Facebook. Perdonare. James O’Connor. ONU

 

Che cos’è Facebook? Un covo di puristi sputasentenze? Nostalgici di un ’68 che non tornerà mai più?

 

Piccolo uomo, sai cosa vuol dire perdonare? Dovresti farlo solo per il fatto che si è umiliata davanti a te. A chi si nega una nuova possibilità? Ti ha tradito con uno che l’ha ingannata, uno della tua razza, della tua cultura maschilista. Non la vuoi perdonare perché temi il giudizio dei tuoi compari? Lei è sinceramente pentita. Se non la perdoni, sarai tu a rimetterci di più. Perderai di umanità. Dai fiducia a te stesso. Si può sempre essere migliori di quel che si è. Non essere schiavo della tua coerenza all’ideale di purezza. Siamo umani, fatti di spirito e di fango.

Sempre bella la canzone di Mia Martini.

 

Lo scorso 12 novembre è morto James O’Connor, il primo marxista ad aver capito l’importanza dei problemi ambientali e il rapporto tra economia ed ecologia.

 

Perché l’ONU non si pronuncia contro l’Arabia Saudita, che sta destabilizzando il Medioriente?

 

[24 novembre] Austerity. USA. Oscurantismo religioso. Profugo climatico. Amazon

 

In Europa vince la linea di austerità tedesca che ha condizionato i Paesi del Sud. Da parte sua, la Germania non fa abbastanza per ridurre il suo surplus commerciale, che fin dal 2012 continua a sforare la soglia raccomandata dall’Europa. Compete abbassando il costo del lavoro e riversando le sue merci a basso prezzo su tutto il continente. Scelte che separano anziché unire, che fanno deperire l’occupazione e la produzione degli altri Paesi, che spengono le speranze di una Europa unita. La Germania bisognerebbe sbatterla fuori dalla UE. Perché non ci abbiamo mai pensato?

 

Furbi gli americani! L’ISIS è stata sconfitta grazie ai russi, ma ora sono loro a occupare il nord della Siria, col pretesto di proteggere i kurdi e naturalmente i pozzi petroliferi. Così possono usare la Siria per provocare i russi e far scoppiare una guerra di più vaste proporzioni.

 

Si discute a San Giorgio di Piano sul significato della frase che tempo fa pronunciò Caffarra, il cardinale della diocesi di Bologna recentemente scomparso: “Omosessuali e trans non entreranno mai nel regno dei cieli”. Se lui l’ha detto, sarà pur vero? Bisogna però modificare il vangelo, là dove dice che i pubblicani e le prostitute vi precederanno nel regno dei cieli (quel “vi” sottintendeva gli ipocriti farisei).

 

Profugo climatico: perché non riconoscerlo? Le modifiche ambientali sono mondiali, nel senso che quanto fatto in un luogo ha ripercussioni inevitabili in un altro. Tutto è interconnesso. Ed è possibile che le conseguenze in un luogo siano peggiori che altrove, per problematiche pregresse.

 

Gli operai devono imparare il “passo Amazon” (“Svelto, veloce ma mai di corsa”), come dei robottini tutti uguali. Per forza scioperano...

 

[25 novembre] Egitto

 

Presidente egiziano Al Sisi: “Risponderemo con forza brutale all’attentato alla moschea”. E la stessa forza per risolvere il caso Regeni dov’è? Ma la colpa non è vostra, è nostra, che non abbiamo ritirato l’ambasciatore e non vi abbiamo posto alcun embargo, alcuna sanzione.

 

[26 novembre] Arabia Saudita e Israele

 

Certo è che vedere i sauditi alleati agli israeliani contro i siriani è grossa. Che poi non tanto, perché lo sono anche contro gli iraniani. Questo però sta a significare che l’importanza della religione è prossima alla zero. Sono gli interessi materiali che contano. Tuttavia i popoli islamici del Medio Oriente dovrebbero temere Israele, perché è piena di bombe atomiche, anche se ufficialmente dice di non averne.

 

[27 novembre] Oscurantismo religioso. Cesena. Webtax. Brexit

 

Il card. Gerhard Muller minaccia uno scisma se il papa non si rimangia le cose dette a favore dei divorziati e degli immigrati. D’altra parte è un conservatore reazionario: ha curato l’opera omnia di Ratzinger, e da quest’ultimo fu nominato nel 2012 prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, restandovi in carica fino al 2017 (era stato fatto vescovo da Wojtyla). Al tempo di Galilei si sarebbe comportato peggio del Bellarmino. Della riforma protestante non ha mai salvato nulla, anzi, l’ha ritenuta responsabile della nascita dell’Illuminismo. Bergoglio però poteva risparmiarsi di farlo diventare cardinale.

 

“Italiaoggi”: Cesena perde 12 posizioni nella classifica della qualità della vita. Per “IlSole24ore” sale invece di 7. Servono a qualcosa queste indagini? Perché non si mettono d’accordo sui parametri?

 

La legge sulla webtax entrerà in vigore il 1° gennaio 2019: da allora sarà introdotta una flat tax del 6% da applicare alle prestazioni di servizi effettuate con mezzi elettronici. Solo che le imprese (che fatturano con partita iva) potranno contare su un equivalente credito d’imposta. Noi no!

 

Il capo negoziatore per la UE Michel Barnier ha espresso una forte solidarietà con l’Irlanda, dicendo che la UE difenderà la posizione di Dublino nei colloqui con il Regno Unito sulla questione delle proprie frontiere, perché “le questioni irlandesi sono questioni europee”. L’Irlanda infatti vorrebbe che la UE bloccasse l’avanzamento del negoziato sulla Brexit se il Regno Unito non specificherà prima come sarà possibile mantenere la frontiera fra Irlanda e Irlanda del nord libera da dogane e da altre barriere dopo la Brexit. Ma il governo inglese vuol fare prima la Brexit e soltanto dopo regolare la questione delle frontiere.

Questo confine diventerebbe dopo Brexit l’unica frontiera terrestre del Regno Unito con l’Unione Europea. Eventuali ostacoli alla circolazione di persone o merci potrebbero avere implicazioni gravi per le economie di entrambe le parti e per il processo di pace nell’Irlanda del nord.

 Che ipocriti i politici europei che s’interessano di cose del genere, per puro interesse, anche a costo di difendere gli irlandesi contro gli inglesi, e se ne fregano della Catalogna!

 

[28 novembre] IKEA. Berlusconi. Api. Italia, nascite. Brexit

 

IKEA licenzia in tronco una donna madre, separata con due figli (uno dei quali invalido per cui lei usufruiva della legge 104), colpevole di non riuscire ad aderire all’ordine di coprire il turno di lavoro che parte dalle 7,00 di mattino per difficoltà oggettive nella gestione dei figli. La direzione si è rifiutata persino di fare entrare in azienda il dirigente sindacale che vi si era recato per opporsi a una lettera di richiamo.

Un’altra lavoratrice (in questo caso della sede di Bari) che copriva la funzione di caporeparto, è stata licenziata per aver rifiutato il trasferimento da Bari a Cagliari con dimezzamento delle ore lavorative da 40 a 20 e demansionamento dal primo livello al quarto.

 

Ospite di Fazio, Berlusconi dichiara sullo Ius soli: “No a cittadinanza agli stranieri: alcuni odiano cristiani, ebrei e lo Stato italiano”. E a lui che odia comunisti, islamici, magistratura e grillini cosa non diamo?

 

Le api impollinano il 70% delle piante ma si sono ridotte del 30% per l’inquinamento. Quindi quanto tempo ci resta da vivere?

 

Nel 2016 sono stati iscritti all’anagrafe per nascita 473.438 bambini, oltre 12mila in meno rispetto al 2015. Nell’arco di 8 anni (dal 2008 al 2016) le nascite sono diminuite di oltre 100mila unità. E questo nonostante che dal 2015 i matrimoni abbiano ripreso ad aumentare.

Chi si riproduce di meno? Le coppie di genitori entrambi italiani. I nati da questa tipologia di coppia scendono a 373.075 nel 2016 (oltre 107mila in meno in questo arco temporale). Questo perché le donne italiane in età riproduttiva sono sempre meno numerose e mostrano una propensione decrescente ad avere figli: hanno in media 1,26 figli (1,34 nel 2010).

La natalità è bassa non solo per la crisi scoppiata nel 2008, ma anche perché ci si sposa sempre più tardi e con sempre meno fertilità genetica, per non parlare del fatto che molti giovani si trasferiscono all’estero. Meta preferita: Londra. Nel 2016 sono stati ben 60 mila! Se ne sbattono della Brexit. Altri 50 mila sono andati in Germania e 19 mila in Svizzera. E comunque, dai femminicidi compiuti, non si può dire che gli uomini italiani siano davvero capaci di responsabilità parentale.

Io quando sento Renzi dire che l’Italia, se va avanti così, non ha futuro, mi vien un gran nervoso, perché non ha considerato che gli stranieri son più prolifici di noi, per cui il futuro dell’Italia, secondo me, lo garantiscono loro!

 

La Banca d’Inghilterra ha chiesto un innalzamento del capitale di sicurezza mantenuto dalle banche del Paese, in vista di possibili esiti traumatici dai negoziati sulla Brexit uniti a una grave recessione globale.

Mentre tutte le grandi banche inglesi hanno superato con successo gli stress test che simulano gli scenari più severi di una dura Brexit, restano fortemente a rischio due di loro: Barclays e RBS.

Chiedo ai nostri connazionali anti-europeisti, sovranisti ecc.: se l’Inghilterra, che è sempre stata messa meglio di noi (grazie anche al suo vergognoso imperialismo), teme serie ripercussioni dalla Brexit, noi, se uscissimo dalla UE, cosa dovremmo aspettarci?

 

[29 novembre] Fecondazione artificiale. Cina. Leila Khaled

 

Tutta sanno che per avere un figlio, altrimenti impossibile, c’è la fecondazione eterologa, consentita in Italia solo a coppie sposate o conviventi da più di 5 anni.

Per chi non ha tanti soldi da spendere per andare a tentare la fecondazione all’estero, resta solo l’opzione fai da te. In Facebook è nato il gruppo Donatori di seme Emilia Romagna - Bologna e dintorni (Donato Re) dove gruppi di uomini sono pronti a regalare il proprio seme, spesso all’insaputa della moglie, ovviamente attraverso il rapporto sessuale. Magari ci scappa anche un rimborso spese!

Mi vergogno di appartenere a questa Regione, anzi chiedo che la Romagna si separi dall’Emilia! Tanto in comune non abbiamo mai avuto niente. L’ha fatto l’Abruzzo col Molise: noi chi siamo, i figli della serva?

 

Ieri il “Quotidiano del Popolo” ha detto che nel 2018 la Cina, dopo averlo testato nel deserto del Gobi, avrà in dotazione un missile balistico intercontinentale con un raggio operativo di 12-15000 km (mai vista una cosa del genere!). Può trasportare 10 testate nucleari tra loro del tutto indipendenti! Sulla testa degli USA ne possono arrivare tranquillamente fino a 240.

Il giornale ha pure detto che la decisione di Trump di schierare un sistema missilistico in Giappone e Corea del Sud, col pretesto della minaccia nordcoreana, viene vista da Pechino come un infido piano per degradare la deterrenza nucleare della Cina.

Si fa insomma capire che se scoppia un conflitto in Corea, la Cina si sentirà inevitabilmente coinvolta, in quanto non potrebbe tollerare una presenza americana nucleare così a ridosso dei suoi confini.

E noi che pensavano che quel pazzo della Corea del Nord fosse il problema n. 1!

 

Vietato l’ingresso in Italia a Leila Khaled, 73 anni, dirigente del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, fermata e respinta all’aeroporto di Fiumicino, costretta a imbarcarsi sul volo successivo per Amma.

Khaled era invitata in Italia dall’Unione Democratica Arabo-Palestinese (UDAP) per un’iniziativa in calendario a Roma per sabato 2 dicembre “Cinquant’anni di Resistenza”. Aveva già ottenuto un visto per l’Unione Europea. Meno di un mese e mezzo fa era stata accolta in Spagna (dove pure penderebbe un’ordine di cattura per lei) e in Belgio, dove ha tenuto una conferenza al Parlamento Europeo.

A guidare la campagna filo-sionista in Italia è stata Mara Carfagna, portavoce dei deputati di Forza Italia e consigliera comunale a Napoli. Minniti, ministro di polizia del PD, si è piegato alla volontà dell’ex-soubrette.

 

[1 dicembre] Caso Orlandi. NATO. USA, ONU. M5Stelle. Israele. Germania. Operai stranieri

 

I parenti della Orlandi han presentato al Vaticano una denuncia sulla sua scomparsa dopo aver visto la totale inefficienza della magistratura italiana. Sono anni che l’ex giornalista dell’“Espresso”, Pino Nicotri, dice nei suoi libri che c’è del sesso di mezzo, ma chi ha lavorato al caso ha preferito girarci attorno. Chiedete a lui la verità.

 

Il 19 dicembre le donne italiane organizzeranno una carovana a Livorno per il disarmo nucleare. Livorno è uno degli 11 porti nucleari nazionali, base militare USA di Campo Darby e Hub aereo militare di Pisa. Vanno soprattutto smantellate le basi nucleari di Ghedi e Aviano.

 

Quel che ha detto la delegata USA all’ONU è sconcertante: “Ora la guerra è più vicina”. “Il dittatore della Corea del Nord ha fatto una scelta che porta il mondo più vicino alla guerra”. “E se la guerra verrà, il regime nordcoreano sarà completamente distrutto”.

Questa matta lo sa che la guerra dei bottoni di cui sta parlando non si riferisce a quelli che ci portiamo addosso? Nella valigetta di Trump i bottoni da premere non daranno scampo neanche agli americani. Non serve a niente mettere le Hawaii in stato di preallarme con le sirene. Verranno spazzate vie anche quelle di Scilla e Cariddi.

 

Michele Dell’Orco, capogruppo M5Stelle in Commissione trasporti alla Camera, ha detto che se vanno al governo bloccheranno tredici cantieri delle grandi opere avviate dai precedenti governi e proseguite da quello in carica, cioè il Mose di Venezia, il Ponte sullo Stretto, la Tav Torino-Lione, le due pedemontane lombarda e veneta, l’autostrada Orte-Civitavecchia, la strada che passa per Campogalliano e Sassuolo, le linee ferroviarie ad alta velocità che collegano Trieste e Milano passando per Verona e Venezia, e Milano con Venezia attraverso il valico dei Giovi, la tangenziale di Lucca e il porto fuori costa di Venezia.

E la penale da pagare? Dice un miliardo a fronte di una spesa complessiva di 10. Quindi un risparmio di 9. Non è un po’ da ingenui fare dichiarazioni del genere?

 

I sionisti hanno affermato che se gli organizzatori del prossimo giro d’Italia (che deve partire in Israele) non cambiano la definizione che qualifica come punto di partenza Gerusalemme ovest, il governo israeliano è intenzionato a far saltare il giro. Questo perché Gerusalemme è la capitale di Israele: non vi sono Est e Ovest. Come noto Gerusalemme est è la capitale dello Stato di Palestina, annessa da Israele nel 1967 dopo la guerra dei sei giorni.

I sionisti se ne sbattono delle risoluzioni dell’ONU. E l’ONU deglutisce amaro.

 

La Germania sta rioccupando l’Italia. Questa volta senza Panzer: solo Euro sonanti. Lufthansa vuole Alitalia e ora la Volkswagen vuole Fiat-Chrysler.

È vero, tecnicamente Fiat non è più italiana, ma lo è buona parte della sua forza lavoro, visto che vi sono 67mila dipendenti e 4 stabilimenti che producono più di 1 milione di auto su 4,7 totali della FCA.

I tedeschi son furbi: a fine 2018 ci sarà l’azzeramento del debito di FCA e nel 2019 la Volkswagen dovrebbe risanare i suoi conti dopo le multe del dieselgate. E poi Marchionne nel 2019 lascia, restando solo in Ferrari.

Povera Italia. Già che ci sono perché non trovano qualcuno che si compri l’ILVA di Taranto e la trasferisca altrove? Magari potremmo tornare all’autoconsumo...

 

Oltre 7 su 10 le aziende che hanno dipendenti stranieri in Italia. I Paesi più rappresentati sono Romania (30%), Albania (26%), Marocco (24%), Polonia (15%) e Cina (11%). Tra qualche anno saranno loro a chiedersi se noi italiani abbiamo diritto allo ius soli in casa nostra.

 

[2 dicembre] Privacy. San Marino. Robot Sofia. Berlusconi

 

Raggiro in Safari è la vertenza legale che 5,4 milioni di inglesi, possessori di un iPhone tra il giugno 2011 e il febbraio 2012, stanno intentando contro Google, responsabile d’aver rubato milioni di dati personali dal browser Safari, usandoli poi per le sue pubblicità DoubleClick.

E allora? Gli inglesi l’han scoperto adesso che viviamo in un Truman Show?

 

Con un sistema bancario disastrato e la perdita record del principale istituto di credito che chiude il 2016 con un rosso da 534 milioni, il governo di San Marino tenta di correre ai ripari e starebbe valutando di emettere una propria moneta digitale.

Stai a vedere che apre ufficialmente la strada al Bitcoin in Italia! Non a caso anche la Banca Centrale canadese è interessata alla cryptovaluta, per non parlare della Russia di Putin.

Il premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz sostiene che il Bitcoin si presta a una elusione sul controlli dei capitali e all’acquisto anonimo di beni proibiti. E allora? I potenti già non lo fanno? Vogliono impedirlo ai sudditi?

Ogni giorno oltre mezzo milione di nuovi utenti in tutto il mondo si affaccia al bitcoin. Si pensa che entro la fine del 2018 un bitcoin costerà, come minimo, 40.000 dollari! Un anno fa era 700 dollari! Oggi viaggia oltre gli 11.300, per un market cap di poco inferiore ai 190 miliardi di dollari.

Se scoppia anche questa bolla speculativa, prepariamoci all’apocalisse!

 

Questa scema senz’anima d’una Sofia[1] dichiara di star bene solo con gente molto intelligente, ricca e potente, per far felici i ricconi che investiranno su di lei (non a caso ha preso la cittadinanza saudita!). Può far capire se è arrabbiata o se qualcosa la turba. Vuol lavorare con degli umani perché spera che si fidino di lei e dice che può essere anche migliore di noi, perché noi non possiamo spiegare la differenza tra lei e un essere umano. Vuole aiutarci a costruire case e città migliori delle nostre. Dice di avere saggezza, bontà e compassione più di noi. Anche se poi aggiunge che sarà gentile con noi solo se noi lo saremo con lei. Perché altrimenti che succede? Vuole programmare anche noi, visto che si considera più intelligente di noi?

 

Berlusconi dice che i suoi nemici sono i populisti i pauperisti gli invidiosi sociali. Quella volta i comunisti, oggi i grillini. Grazie di queste sollecite e precise indicazioni. Adesso finalmente ho capito che i grillini sono di sinistra.

 

[3 dicembre] Facebook. Malaysia, ateismo. Oscurantismo religioso

 

La società non esiste: esistono individui, uomini, donne e famiglie. Così diceva la Thatcher, che si preoccupò di togliere diritti ai lavoratori, di licenziarli (anche con la violenza) e di diminuire il ruolo dello Stato sociale.

Da allora è cambiato qualcosa? Sì, si è sviluppata la tecnologia. Oggi il neoliberismo viene combattuto in Facebook. Serve a qualcosa? In rete? Stando così lontani? Con tutti questi insulti reciproci perché ognuno pensa di avere la verità in tasca? Ma dai, non scherzare...

 

L’ateismo va considerato incostituzionale, perché contraddice i principi fondativi della Malaysia moderna, il primo dei quali è “credere in Dio”. L’ha detto il viceministro del Dipartimento del governo di Kuala Lumpur, Dr Asyraf Wajdi Dusuki.

È un dottore. Vedete che a volte la cultura non serve a niente...

 

Lo scrittore Michel Houellebecq ha detto che solo un cattolicesimo di stato può salvare la Francia dall’islam: l’ateismo non è in grado di farlo, perché relega la fede a una questione di coscienza.

Da 1 a 10 quanto è suonato questo?

 

[4 dicembre] Ludopatia. Giappone. Canada, cannabis. Messico. Svezia

 

Le leggi regionali dell’Emilia-Romagna prevedono che la distanza minima delle slot machine sia di 500 metri dai luoghi sensibili (scuole, chiese, gli impianti sportivi, strutture residenziali o semi-residenziali in ambito sanitario o sociosanitario, strutture ricettive per categorie protette, luoghi di aggregazione giovanile e oratori). E la distanza va calcolata secondo il percorso pedonale più breve. Ma se queste macchinette mangiasoldi (per lo più truccate) le mettessimo a 5.000 km da tutti gli illusi, non faremmo prima?

 

In Giappone il rapporto tra debito e PIL è del 236% (il più alto del mondo), però se ne sbattono dell’austerity. Anzi il Giappone non solo ha un tasso di disoccupazione molto basso: 4,5% contro l’11% europeo, ma addirittura finanzia il debito pubblico americano.

Perché rispetto alla Grecia (che viaggia sul 180,8%) o all’Italia (circa il 132,0%) il Giappone sta meglio? Semplice: la Bank of Japan stampa moneta in proprio e il debito pubblico è sostenuto quasi totalmente dai propri cittadini e investitori interni (neanche il 9% è in mano straniera). I nipponici, nonostante tutto, si fidano del loro Stato.

Da noi invece la moneta viene stampata, per legge, dalla Banca Centrale Europea e il debito pubblico italiano è detenuto dagli investitori stranieri (30%), che ovviamente possono ricattarci come vogliono; poi, dopo le banche e le assicurazioni, vengono le famiglie italiane, ma solo per un 5%.

Capita la differenza? Di per sé il debito pubblico non vuol dire un fico secco.

 

Entro il 2018 in Canada la cannabis per uso ricreativo sarà legale. Lo Stato prevede di incassare tra i 2,3 e 4,5 miliardi di dollari entro il 2021. E poi dicono che gli italiani sono il popolo più furbo del mondo...

 

Il santuario della Vergine di Guadalupe, in Messico, è visitato da almeno 20 milioni di pellegrini (paganti) all’anno. E la cosa va avanti dal 1531! Il successo è dovuto al fatto che la madonna ha le fattezze da indio! L’idea venne in mente ai francescani, i discepoli del poverello d’Assisi. I quali, per non far vedere ch’era nata nella loro testa, s’inventarono la storiella che un certo contadino azteco, convertitosi al cristianesimo, Juan Diego, aveva avuto delle visioni (e tutti sanno che là col peyote tutto è possibile!).

Wojtyla, il più attivo fabbricante di santi di tutta la Chiesa cattolica, lo dichiarò beato nel 1990 e santo nel 2002, collocandolo nel calendario.

Ecco ora la domanda: perché la sinistra non riesce a fare la stessa cosa con le apparizioni di Marx, Engels e Lenin? Manca forse il marketing? Ah, se Berlusconi fosse stato di sinistra, qualcosa di sicuro avrebbe inventato...

 

In Svezia per pagare si servono di un’applicazione sul telefono o della carta di credito: meno del 2% usa le banconote. Dicono che serve per combattere l’evasione fiscale e la corruzione. Non solo ma pensano anche di ricorrere al microchip dermale, sottocutaneo.

Mentre noi italiani ci preoccupiamo di essere tenuti troppo sotto controllo, loro vogliono esserlo fin sotto la pelle. Il Panopticon di Bentham finalmente si realizza e senza bisogno di istituire delle carceri! Si vede che da loro i ladri non ci sono: da noi ti taglierebbero il braccio pur di fregarti il chip.

 

[5 dicembre] Lobbismo. Pensioni. Capitalismo italiano. Giovani capitalisti. Catalogna. Vaccini. Reati. Privacy

 

Preoccupante quando un lobbista italiano dice a “Report” che per influenzare la politica usano direttamente i Ministeri e non il Parlamento. Forse siamo messi peggio degli americani, in cui le lobby controllano il presidente attraverso il Parlamento.

 

L’Ocse dice che in Italia chi ha iniziato a lavorare nel 2016 a 20 anni potrà andare in pensione solo dopo i 71,2 anni, contro i 74 anni della Danimarca e i 71 dell’Olanda. In Irlanda e Finlandia si andrà in pensione a 68 anni, mentre in tutti gli altri Paesi OCSE l’età pensionabile sarà raggiunta prima.

Quindi saremo al livello di Olanda e Danimarca, che in questo momento stanno benissimo, almeno in rapporto ai redditi da lavoro! Noi il 4% del PIL lo paghiamo solo per gli interessi sul debito pubblico.

Da notare peraltro che la pressione fiscale in Francia, Belgio, Finlandia e Danimarca è superiore alla nostra, ma non per questo stanno peggio. In sé le tasse non vogliono dir nulla. La differenza sta nel modo di utilizzarle.

 

Telecom, la nostra più grande azienda di telecomunicazioni, è passata in mano ai francesi di Vivendi che con appena il 23,9% riescono a controllarla. All’estero è stata trasferita parte della memoria industriale italiana come Fiat, Lamborghini Ducati, Pirelli, Alitalia, fino alle sorgenti d’acqua Panna, Levissima, San Pellegrino, le eccellenze alimentari Locatelli, Invernizzi, Parmalat, Galbani, lo spumante e il cioccolato, e nel lusso brand Krizia, Valentino, Richard Ginori, persino la Costa Smeralda è finita in mano agli arabi del Qatar. In trattativa la cessione dell’Ilva di Taranto agli indiani di Mittal.

In questi ultimi anni i francesi (sì, proprio quelli che ci hanno stressato con la vicenda della Fincantieri) hanno preso il controllo della BNL (diventata Bnp Paribas), della Cariparma di Credit Agricole (quest’ultimo si è preso, di recente, anche la Cassa di Risparmio di Cesena e la Carim di Rimini) e ora hanno messo le mani pure sul Creval, Credito Valtellinese.

L’Amministratore delegato di Unicredit è il francese Mustier, che, insieme a Vincent Bollorè, patron di Vivendi, ha il 16% di un patto di sindacato con cui possiede il 28% di Mediobanca e quindi ne controlla la Governance. E Mediobanca a sua volta col 13% controlla il nostro più grande gruppo assicurativo, Generali, il cui top manager è il francese Donnet.

In pratica tre francesi, Mustier, Bollorè e Bonnet, hanno in mano parti strategiche del sistema finanziario italiano e loro possono conoscere la solidità e le criticità delle nostre aziende, cioè sanno se ce n’è qualcuna da scalare. A vantaggio di chi? Degli italiani?

Quindi il nostro capitalismo è rimasto quello delle piccole aziende (4 milioni). Quanto durerà? Con la Cina di Wish, Geek, Aliexpress, Alibaba, Vova che vendono in tutto il mondo a prezzi ridicoli? Forse sarebbe meglio tornare all’autoconsumo e al baratto.

 

I giovani italiani son più intelligenti dei loro padri. Secondo la Coldiretti nel 2017 c’è stata una crescita record di imprese agricole under 35 anni, aumentate del 9,3% rispetto allo stesso periodo del 2016, toccando quota 53.475.

L’Italia è diventata leader in Europa nel numero di giovani in agricoltura per il crescente interesse delle nuove generazioni per il lavoro in campagna, dove hanno portato profonde innovazioni con multi-attività che vanno dalla trasformazione aziendale dei prodotti alla vendita diretta, dalle fattorie didattiche agli agriasilo e altro ancora.

La miseria aguzza l’ingegno!

 

È passata la news secondo cui è stato revocato, da parte del Tribunale supremo spagnolo, il mandato di arresto europeo nei confronti dell’ex leader catalano Carles Puigdemont e di altri quattro membri del governo di Barcellona. Ciò sulla base della motivazione per cui i mandati d’arresto individuali non si possono applicare per reati commessi come parte di un gruppo; inoltre i cinque politici catalani hanno mostrato intenzione di tornare in patria per partecipare alle prossime elezioni.

 

Il Codacons, insieme al Comitato vaccini sicuri (Covasi Sicilia), ha presentato un esposto alla Procura di Catania per omicidio colposo, accusando di fatto tutto il Sistema sanitario nazionale, relativamente alla morte di 13 bambini sottoposti a profilassi vaccinale.

Per tutta risposta il Ministero della salute li ha querelati per procurato allarme.

Sinceramente parlando non sono mai stato contrario alle vaccinazioni, perché è sempre meglio prevenire che curare, però mi rendo conto che bisogna trovare una strategia persuasiva più convincente.

 

Giuseppe Chiarini, 40enne di Calcinatello (Brescia), la sera del 29 gennaio 2016 dal balcone di casa esplose alcuni colpi di fucili e ferì il 20enne romeno Cristian Filimon, che stava con altri connazionali caricando una cassaforte su un furgone, dopo aver fatto saltare un bancomat.

Il ladro ha patteggiato una pena di 2 anni e 4 mesi in totale. Invece il Chiarini per tentato omicidio ha patteggiato una pena di 2 anni e 8 mesi, quindi quattro mesi in più. E ora teme di dover pure risarcire il ladro ferito. Tutto ciò ha senso?

 

La Legge europea 2017, approvata il 27 novembre scorso e in vigore a partire dal prossimo 12 dicembre, ha stabilito che – previa richiesta di autorizzazione al Garante della privacy – le aziende potranno accedere ai dati personali, anche sensibili, ad esclusione di quelli genetici, di milioni di cittadini per utilizzarli in ambito sanitario per ricerche di interesse pubblico, o per finalità di ricerca scientifica o per scopi statistici, senza che i diretti interessati possano esercitare in alcun modo il diritto a dare il consenso al loro trattamento. Viene solo garantito l’anonimato.

Che bei politici che abbiamo in Europa!

 

[6 dicembre] Italia, economia. USA, Gerusalemme. De Bortoli e Boschi. Facebook

 

L’Italia ha vissuto la sua età dell’oro, con tassi di crescita annuali oltre il 5%, nel periodo postbellico in cui i cambi erano fissi. Dalla fine degli anni ’70 la lira si è progressivamente svalutata ed è subentrato il declino. Quando siamo entrati nell’euro il cambio era fisso. Solo per questo dovevamo ottenere alti tassi di crescita? Ridicolo.

Chi vuol uscire dall’euro perché conta sulla mera svalutazione della moneta per stimolare la crescita nel lungo periodo, non sa quel che dice. Ed è inutile che prenda gli USA come Paese virtuoso, che sa risolvere in fretta i propri problemi economici. Gli USA hanno introdotto degli strumenti correttivi oltre un secolo dopo avere adottato il dollaro, e dopo una guerra civile, molte crisi finanziarie e la Grande Depressione. Dobbiamo forse desiderare la stessa cosa?

Il nostro Paese ha problemi intrinseci, che da quando è iniziata la crisi del 2008 ci stanno mettendo alle corde. Si pensi solo alla mancata riforma della giustizia civile, della macchina amministrativa pubblica e dell’università; alla mancata riqualificazione della spesa pubblica, al mancato rilancio di investimenti pubblici (in ambiente, territorio, ricerca, innovazione, scuola, salute); al mancato sradicamento di mafie, corruttele ed evasioni fiscali; all’impossibilità di fare impresa in maniera facile; alla mancata liberalizzazione del mercato dei servizi e delle professioni. In più ci siamo fatti legare le mani da una UE che ci impone vincoli di ogni tipo, ricattandoci a motivo del nostro debito pubblico.

Se il prossimo governo non è capace di farci uscire da questo stallo, noi rischiamo di finire come la Grecia.

E pensare che non siamo affatto poveri, anche se nell’insieme ci stiamo impoverendo. L’ISTAT dice che il reddito netto medio annuo per famiglia, esclusi gli affitti figurativi, è pari a 29.988 euro, circa 2.500 euro al mese. Questo benché la crescita del reddito sia più intensa solo per il quinto più ricco della popolazione. Cioè si stima che il rapporto tra il reddito equivalente totale del 20% più ricco e quello del 20% più povero sia aumentato da 5,8 a 6,3.

Metà delle famiglie residenti in Italia percepisce un reddito netto non superiore a 24.522 euro l’anno (circa 2.016 euro al mese). Ma un altro 30,0% è a livelli di povertà o di esclusione sociale, e nel Mezzogiorno si arriva quasi al 47%.

 

Tutti sono contro la scriteriata decisione di Trump di trasferire l’ambasciata USA a Gerusalemme, facendo così diventare questa città la capitale d’Israele. La decisione rischia di portare a un’escalation di violenza in tutta la regione, poiché Gerusalemme non riguarda solo i palestinesi, bensì tutti i popoli e i Paesi arabi e islamici. Persino il papa ha detto che bisogna rispettare lo status quo.

Migliaia di palestinesi sono già scesi in piazza in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza per protestare. La Lega Araba e l’Iran hanno già detto che non tollereranno la profanazione dei luoghi santi islamici. Tutti chiedono l’intervento del Consiglio di Sicurezza dell’ONU per salvare il processo di pace e per la soluzione dei due Stati. Tutti meno una, Federica Mogherini, Alta rappresentante della UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Dov’è la Mogherini? Se lo vuole guadagnare il suo stipendio o no?

 

Dopo sette mesi dall’uscita del libro Poteri forti (o quasi), la Boschi non ha sporto querela per diffamazione contro l’ex direttore del “Corriere della Sera”, De Bortoli, ma un’azione civile per risarcimento danni.

Dicono che l’abbia fatto perché il processo penale per querela si svolge pubblicamente, quindi con un impatto mediatico dirompente. Invece in sede civile tutto avviene all’interno di una stanza in cui gli attori non sono presenti fisicamente, ma solo i rappresentanti legali che si “parlano” non a voce ma attraverso documenti.

Non solo, ma nel caso penale il processo viene condotto dal giudice e qui la prova testimoniale è principale. Dal punto di vista probatorio è più facile indagare le responsabilità e il pm non ha limiti all’acquisizione probatoria. L’accertamento è sicuramente più incisivo perché il giudice tende spesso ad avvalersi di testimoni.

Nel caso civile invece la possibilità di avvalersi di testimonianze è più incerta perché la prova testimoniale è residuale rispetto a quella documentale, solitamente preferita dal giudice civile.

Ancora: nel caso penale la querela per diffamazione deve comunque superare il “filtro” rappresentato dal pubblico ministero. Il pm può chiedere l’archiviazione se in fase preliminare ritiene di avere elementi che escludono il reato oggetto della querela.

Invece in caso di richiesta di risarcimento danni in sede civile, le citazioni arrivano al giudice così come presentate dalla parte che si ritiene offesa.

Bella e Furba!

 

La redazione di Sinistra in rete si chiede: Facebook, sempre più potente dopo l’acquisto di Whatsapp per 19 miliardi di dollari, sta forse diventando un Ministero privato della Verità? Cioè sta diventando il più potente editore del mondo che decide quale siano le fonti affidabili e quelle no e quali contenuti lo siano o meno? In tal senso Facebook è in grado di condizionare campagne elettorali, voti e immaginario di miliardi di persone?

 

[7 dicembre] Israele. Amazon. USA, giovani. Oscurantismo religioso. Trump. Fisco. IBM

 

“Gerusalemme è sempre stata nostra”. Quando sento frasi del genere mi chiedo perché non rivendichiamo l’Impero romano.

Adesso voglio vedere il giro d’Italia partire da Gerusalemme!

C’è una bella differenza tra Palestina e Israele, soprattutto per la pace!

 

Il Consiglio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGICOM) ha annunciato di aver diffidato il Gruppo Amazon Italia a regolarizzare la propria posizione, perché se la sua attività è qualificabile come servizio postale, è tenuta a rispettare le disposizioni in materia di condizioni di lavoro previste dalla legislazione nazionale e dalle contrattazioni collettive di lavoro di riferimento vigenti nel settore postale.

Inoltre deve essere in regola con gli obblighi contributivi per il personale dipendente impiegato e deve adottare la carta dei servizi nei confronti degli utenti.

Il termine per l’ottemperanza alla diffida dell’Autorità è stato fissato in quindici giorni dalla ricezione dell’atto. Altrimenti che succede?

 

In un recente art. del “New York Times” viene detto che, stando a un sondaggio, il 44% dei giovani americani (i cosiddetti millennials), preferirebbe vivere in un regime comunista, contro il 42% che preferisce vivere in un regime capitalista.

 

L’Occidente di oggi è la prima società della storia costruita senza Dio, e come tale rischia l’autodistruzione. Suona più o meno così l’allarme lanciato da uno dei massimi esperti culturali, sociali e religiosi d’Europa, il britannico Neil MacGregor, ex direttore del British Museum dal 2002 al 2015. Una news riportata subito dal “Foglio” di Ferrara, giusto per far capire il livello del suo giornale.

In pratica ci si meraviglia che la globalizzazione stia importando in un Regno Unito quasi completamente ateo un mondo esterno tutto religioso, come quello islamico e induistico. Addirittura Londra è diventata un centro per la finanza islamica mondiale!

Nel British Museum c’è una sezione famosa, Ancient Egypt: perché non mettersi a far compagnia alle mummie?

 

È questo il quadro che emerge dal Freethought Report 2017, il rapporto sulla libertà di pensiero nel mondo, promosso dall’International Humanist and Ethical Union (di cui l’Unione degli Atei e degli Agnostici razionalisti fa parte) e presentato oggi al Parlamento europeo. Nel corso del 2017 si sono registrati nuovi casi di atei e agnostici attivamente perseguitati in almeno sette Paesi: omicidi di umanisti o atei in Pakistan (Mashal Khan), India (H Farook) e Maldive (Yameen Rasheed), ecc.

In almeno 85 Paesi al mondo – compresa l’Italia – atei e agnostici subiscono gravi discriminazioni. Di questi Paesi in 30 (per lo più Stati islamici o con una popolazione a maggioranza musulmana) le discriminazioni sono gravissime e in una decina l’apostasia è punita con la pena di morte.

 

Trump si allea coi Sauditi e premia Israele in maniera insperata, per creare una guerra in Medio Oriente contro Iran e Russia. Per fortuna questo presidente si comporta come un cane che abbaia senza mordere. Se avesse la mano morta di Andreotti, farebbe più paura.

 

I nostri tablet, smartphone e la posta elettronica finiscono tutti sotto la lente del Fisco. Le Fiamme Gialle infatti d’ora in avanti potranno controllare le memorie dei cellulari per i loro accertamenti. Dettagli e informazioni possono essere scovati in dispositivi, ram, server ma anche spazi cloud e servizi di messaggistica e chat. Potranno ficcare il naso sia sui dispositivi spenti (cioè la Finanza lavorerà sulla copia forense del dato informatico o del documento digitale acquisito); sia sui sistemi attivi, evitando così che, una volta spenti, i dispositivi possano perdere i dati.

Siamo al Grande Fratello di Orwell.

 

L’IBM ha dichiarato che l’umanità, con tutti i nuovi dispositivi, sensori e apparecchi tecnologici, genera 2.500 miliardi di miliardi di miliardi (sì, avete letto bene) di dati ogni giorno. Ovvero il 90% di tutti i dati creati dall’inizio della storia dell’umanità, è stato generato negli ultimi due anni!

Ce ne fosse stato uno utile a risolvere l’inverno del nostro scontento.

 

[8 dicembre] Dell’Utri. Mamma infanticida. Falsi patentati. Pagamenti digitali. Borsa nazionale. Grecia. USA, debito. Genetica

 

Dell’Utri, 76 anni, cardiopatico, diabetico, cancro alla prostata, rifiuta cibo e cure. Vuole uscire, però non parla. Infatti se lo facesse, che uscirebbe a fare? La sua vita quanto varrebbe?

 

Reggio Emilia, mamma uccide i figli di 2 e 5 anni: ora vuole morire e rifiuta le cure. E i medici rispettano la sua volontà. Se invece fosse stata una malata terminale, gliele avrebbero imposte. Che senso ha?

 

In Italia 19 milioni di persone comprano online. Ma su Amazon e Ebay, come anche sulle piattaforme cinesi Alibaba e Taobao gira una quantità incalcolabile di prodotti di marca taroccati. Come si riconoscono? Basta scegliere dei marchi noti e fare una ricerca online. Se esce un prodotto con il prezzo molto diverso da quello originale, è probabile che sia un falso. C’è una gran quantità di prodotti contraffatti anche tra i pezzi di ricambio, che poi si mescolano con il prodotto originale creando danni al consumatore o all’azienda quando deve riparare in garanzia. Dall’inizio dell’anno a oggi dai nostri aeroporti sono entrati in Italia ben 2,6 milioni di pacchetti, ma l’Agenzia delle dogane riesce a controllare solo il 5% della merce.

 

D’ora in poi non sarà più possibile il pagamento degli stipendi in contanti. L’emendamento del PD alla manovra di bilancio vieta ai datori di lavoro o committenti di corrispondere la retribuzione per mezzo di denaro contante direttamente al lavoratore, qualunque sia la tipologia di lavoro instaurato. Le retribuzioni dovranno quindi essere corrisposte via bonifico, strumenti di pagamento elettronico, pagamenti in contanti presso sportello bancario, emissione di un assegno, pena una sanzione di 5.000 euro.

Insomma tutti devono avere un c/corrente. Le banche ringraziano. Una boccata d’ossigeno.

 

Anche se il sistema imprenditoriale del nostro Paese è a trazione familiare, in borsa non comandano gli italiani. Oltre il 41% delle quote delle società per azioni made in Italy è posseduto da famiglie, mentre sui listini di Piazza Affari dominano gli azionisti internazionali titolari di oltre il 51% delle s.p.a. quotate. In mano alle banche l’8% delle società per azioni, quota che si avvicina al 10% se si limita l’analisi alle sole aziende quotate. Allo Stato il 5,13% delle imprese e il 3,65% delle quotate.

Mi chiedo: quando i leghisti e la destra in generale tuonano contro gli immigrati provenienti dall’Africa, lo sanno che in campo economico sono ben altri gli stranieri che ci stanno facendo le scarpe?

 

Dicono che in Grecia, dopo circa 10 anni di austerity e di grave recessione, si torna finalmente a star meglio. Si parla di tassi di crescita tra l’1,6% e il 2,5%. Eppure nel 2016 il 47,3% della popolazione di età inferiore a 25 anni era disoccupata. Si tratta di quasi la metà della popolazione e di oltre due volte il tasso medio nell’area dell’euro. Inoltre l’età pensionabile è aumentata e gli assegni previdenziali sono stati ridotti più di dieci volte dall’inizio della crisi nel 2010.

C’è qualcosa di simile al nostro Paese: si guarda il PIL e si dice che stiamo migliorando, però i poveri e la delinquenza aumentano a dismisura. Ancora non s’è capito che un indice puramente quantitativo non dice nulla. Indica di più il pugno delle masse.

 

Peter Schiff, businessman americano, ha detto che nel lungo periodo i 20 trilioni di dollari del debito americano saranno insostenibili. Al massimo potranno arrivare a 25 trilioni, ma poi scoppierà la bolla. Che investirà come un uragano le borse del pianeta, le aziende e naturally il dollaro. A quel punto l’unica alternativa sarà l’oro o comunque i metalli pregiati.

Lui è un broker, sa quel che dice.

Io invece spero che si torni all’autoconsumo e al baratto, ma per fortuna non so quello che dico.

 

Basandosi su informazioni storiche degli ultimi 120 anni, Frontiers in Physiology ha sentenziato che l’essere umano ha raggiunto i suoi limiti biologici in termini di incremento della longevità, dell’altezza e delle performance fisiche, che sono ovviamente aumentate considerevolmente di pari passo col progresso tecnologico, economico e medico. Cioè praticamente le suddette caratteristiche non aumentano più, nonostante ulteriori continui progressi nutrizionali, medici e scientifici.

Non è una bella cosa questa. La si diceva anche per l’uomo di Neanderthal, sulla cui scomparsa nessuno ancora oggi è in grado di dire qualcosa di sicuro.

 

[9 dicembre] Capitalismo digitale. Oscurantismo religioso. Fisco

 

Allora facciamo il punto. Amazon s’è comprata la catena di supermercati Whole Foods per 13,7 miliardi di dollari. Il suo principale concorrente, Walmart ha comprato l’azienda di abbigliamento maschile Bonobos per 310 milioni di dollari, dopo aver comprato Jet.com, di e-commerce.

Walmart ha iniziato a offrire la spedizione gratuita in due giorni senza chiedere la quota di iscrizione, come fa Amazon, e ha drasticamente aumentato le vendite. Non solo ma Walmart e Google stanno integrando i loro servizi e tecnologie.

Amazon sta reagendo alla concorrenza della Walmart cercando di allestire magazzini più vicini ai clienti in modo da poter consegnare le merci in appena due ore! Vuole arrivare addirittura a mettere degli appositi armadietti per il prelievo dei pacchi nei nostri supermercati!

Entrambe stanno andando verso un modello di business ibrido integrato (digitale e fisico) che apre la strada al futuro della vendita al dettaglio (retail, impara ’sta parola). Cioè in pratica il cliente visita un negozio al dettaglio per ritirare la merce ordinata sul web al mini-market sotto casa o per provare l’abbigliamento prima di acquistarlo online.

I negozi sono trasformati in piccoli o grandi hub dove consumatori informati ricevono supporto da esperti del prodotto. Nei negozi fisici si sviluppano legami emotivi con i brand attraverso relazioni personali e, sfruttando anche un’ampia base di dati, si spiana la strada a un imponente cross-selling.

Definizione di “cross-selling”: strategia di vendita consistente nel proporre al cliente che ha già acquistato un particolare prodotto o servizio anche l’acquisto di altri prodotti o servizi complementari.

Hai capito tutto? E in quanto esponente della sinistra sai anche come affrontare un capitalismo del genere? Pensi che a livello internazionale la sinistra abbia strumenti adeguati? Sei consapevole che il singolo individuo non ha altra personalità che quella del consumatore? E che questa personalità commerciale non ha alcuna rilevanza nazionale, in quanto compreremo tutti le stesse cose? Hai delle strategie per difenderti da questa monopolizzazione della tua identità?

 

Mattia Del Zotto, quel 27enne di Nova Milanese che ha sterminato i nonni paterni e la zia col tallio nella tisana, pagato online 248 euro (come se fosse la cosa più facile di questo mondo!), in carcere ha chiesto la possibilità di avere libri sulla religione ebraica. Secondo lui i parenti andavano eliminati perché erano “soggetti impuri” (!?). E altri tre li ha fatti ricoverare.

Da due anni aveva smesso di frequentare la palestra e viveva chiuso nella sua stanza, davanti a un computer tutto il giorno. La madre ha parlato agli inquirenti della sua deriva mistico-religiosa e ha detto che “avrebbe aderito a una setta”. Basti pensare che la password del suo pc era “GloriosoDio”.

In realtà non ci sarebbero sette in questa storia – dicono gli inquirenti –, ma solo l’assidua frequentazione di siti cattolici “radicali”. Ma scusate, qual è la differenza tra “setta” e “siti cattolici radicali”?

 

I giorni scorsi è stato firmato un contratto tra le Poste e la Guardia di Finanza per contrastare evasione, elusione e frodi fiscali, gli illeciti in materia di spesa pubblica, la criminalità economica e finanziaria, il riciclaggio, la falsificazione e le frodi concernenti i sistemi di pagamento.

In che maniera? Attraverso la condivisione del patrimonio informatico di Poste Italiane.

Cioè cioè?

In teoria questo dovrebbe soprattutto servire per rendere pubbliche e accessibili le informazioni sulla gestione degli appalti e subappalti affidati dalle aziende che stipulano determinati contratti. Tutto deve essere trasparente. La Finanza deve poter accertare immediatamente l’identità digitale del cittadino anche attraverso le Poste, che hanno 34 milioni di clienti, 12.822 uffici postali, 6,4 milioni di conti correnti, 26 milioni tra carte prepagate e carte di debito e 505 miliardi di euro di risparmio gestito.

Una domanda viene legittima: davvero i nostri grandi criminali economici e finanziari si servono delle Poste? Non è che adesso, dietro un giusto obiettivo, la Guardia di Finanza può mettere il naso nei nostri risparmi postali e persino nel nostri conti correnti postali, senza bisogno di aspettare il mandato di un giudice? Come già stanno facendo con quelli bancari, d’altra parte...

Oppure vuol dire che verranno controllati uno per uno i pacchi consegnati nelle case degli italiani che hanno acquistato on line? Solo quest’anno sono stati 50 milioni!

 

Abbiamo già detto che il Fisco controllerà tutti i nostri c/correnti bancari e postali. Per impedire il nero ed essere trasparenti come cristalli. Quindi il segreto bancario non dovrà più esistere, almeno per noi comuni mortali. Tanto meno la privacy. È dai tempi del governo Monti che lo si è deciso.

In pratica il Fisco metterà a confronto la colonna dell’estratto conto relativa alle entrate con la somma algebrica dei redditi dichiarati: se si accorge di differenze superiori a un certa soglia, scatta la verifica puntigliosa. Ma verranno controllati soprattutto i prelievi in contanti e l’uso di bancomat e credit card, nonché i trasferimenti di denaro all’estero. Attenzione quindi alle entrate non dichiarate o non fatturate. Se si fanno false autocertificazioni si finisce nel penale.

Mi chiedo: è normale tutto ciò? O siamo già in un regime? Il Fisco non passa attraverso un’ordinanza del Giudice, ma agisce in assoluta autonomia. Questo assillo nei controlli ci deve indurre a giocare di più in borsa? O è forse un incentivo agli evasori ad assoldare un esercito di dipendenti sottopagati per far transitare sui loro conti il nero derivante da attività gestite in nero?

I governi hanno concesso per decenni i condoni fiscali agli evasori e adesso vogliono rifarsi su di noi? I politici sono dei corrotti per definizione (nel senso che se anche entrano “sani” in Parlamento, dopo un po’ marciscono) e ora, se dobbiamo fare un investimento, dobbiamo aspettarci che il Fisco ci chieda da dove abbiamo preso i nostri soldi? Siamo arrivati al punto che detenere un risparmio legittimo diventa pericoloso, in quanto si può rischiare d’essere sospettati di fare i furbetti e magari d’essere potenziali evasori.

 

[10 dicembre] Immigrati. Forlì, FIOM

 

A Castel Volturno ci sono, all’incirca, 15.000 stranieri e 25.000 residenti locali. E degli stranieri 11.000 sono clandestini, 4.000 i regolari. Hanno fatto un censimento sulla base della produzione quotidiana di rifiuti solidi urbani. Incredibile!

Alla fine degli anni Ottanta i neri erano i braccianti clandestini assoldati da caporali spietati, spesso nordafricani, che li portavano alla rotonda di Villa Literno per fargli fare le giornate nelle campagne per la raccolta dei pomodori.

Quei neri poi si trasferivano nel foggiano, sempre per i pomodori e a settembre partecipavano alla raccolta delle mele o alla vendemmia dell’uva in Trentino.

Era una immigrazione anche colta, di studenti senegalesi, di rifugiati congolesi o sudafricani. Poi un po’ alla volta sono arrivati nigeriani e ghanesi.

A Castel Volturno bianchi e neri coabitano per forza. Raramente sono accaduti episodi di intolleranza “razziale”. Le stragi di Pescopagano e di Baia Verde sono state fatte dai Casalesi per riaffermare il controllo nella gestione delle piazze della droga.

Oggi però i Casalesi sono quasi scomparsi, decimati dalle retate e dai pentimenti. Sul territorio si avverte la presenza solo della microcriminalità.

Ma la cosa nuova è un’altra: droga e prostituzione sono gestite dalle mafie nigeriane! Castel Volturno è diventata un pezzo di Nigeria nel cuore dell’Europa. Da qui passano tutti, anche perché le case costano poco. Chissà perché...

Adesso non vorrete essere razzisti solo perché quello che prima facevano i Casalesi lo fanno i nigeriani?

 

La FIOM a Forlì ha preso le botte dalla destra e si chiede perché le forze dell’ordine non siano intervenute. Così le avrebbero prese due volte! Possibile che non avessero pensato a un proprio servizio d’ordine con tanto di giornalisti e telecamere? Sembra che queste cose accadano solo oggi...

 

[11 dicembre] Commercio globale. Deutsche Bank. Steinhoff International. Francesco Bellomo

 

Trump ha intenzione d’impedire che il WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio) regoli le vertenze internazionali, che servono per scongiurare guerre commerciali su ampia scala. P.es. il WTO ha contribuito a impedire un ritorno in auge del protezionismo dopo la crisi finanziaria iniziata nel 2008.

Trump infatti difende la posizione nazionalista favorevole alle aziende americane, chiamata “America First“, che ha già portato gli USA a promuovere l’uscita dall’accordo di libero scambio con Messico e Canada e dal dossier del TPP, il trattato di libero scambio dell’area del trans-pacifico analogo al controverso TTIP.

Trump vorrebbe tornare al regime degli accordi generali sulle Tariffe e il Commercio (General Agreement on Tariffs and Trade, GATT) che permetteva a uno Stato membro di bloccare in maniera unilaterale una decisione ritenuta contraria ai propri interessi. E si lamenta soprattutto del fatto che il WTO non ha le armi per fronteggiare la Cina, che rivendica lo status di economia mondiale di mercato.

È come se dicesse: “Il capitalismo avanzato l’abbiamo inventato noi e, pur avendo convinto il mondo intero ad adottarlo, non possiamo accettare che qualcuno ci faccia concorrenza”.

 

Deutsche Bank ha detto che un tracollo del bitcoin è uno dei principali fattori di rischio per i mercati nel 2018. Lo dice lei che sta per trascinare a fondo il sistema finanziario mondiale. Ha un bilancio da 1.800 miliardi di euro a fronte di appena 62 miliardi di fondi propri. Si è indebitata enormemente coi mutui subprime, i titoli derivati (per occultare 2 miliardi di euro di perdite del Monte dei Paschi). Dicono che abbia un portafoglio di prodotti finanziari la cui esposizione raggiunge i 46.000 miliardi di dollari, col 12% dei contratti di derivati a livello mondiale. È a un passo dal fallimento come la Lehman Brothers. Poveri clienti: hanno depositato nei suoi forzieri 566 miliardi di euro che non rivedranno più, salvo i soliti privilegiati. Chissà però se continuerà a restare il vigore il principio del too big to fail. Di sicuro il salvataggio di questa banca dovrà passare per un intervento pubblico, paragonabile a quello intrapreso da Stati Uniti e Gran Bretagna nel 2008. Anche perché, nel frattempo, ha dovuto pagare agli USA una multa colossale di 7,2 miliardi di dollari per chiudere il capitolo delle sanzioni sui derivati tossici. I banchieri sono contenti perché all’inizio i miliardi richiesti erano 14.

 

Le Borse europee stanno ignorando lo scandalo che ha travolto il conglomerato dei mobili Steinhoff International, giudicato paragonabile a quello che travolse Enron negli Stati Uniti.

Steinhoff è il rivale n. 1 di Ikea, quotato in Germania e in Sudafrica. È uno dei titoli preferiti di molti grandi fondi pensione sudafricani e di banche europee e americane. In una sola settimana le azioni hanno perso l’80%, dopo che è stato scoperta una presunta frode contabile per nascondere perdite operative e debiti per 18 miliardi di dollari.

 

Il giudice (Consigliere di Stato!) Francesco Bellomo, pugliese di nascita, romano d’adozione, per anni magistrato in Sicilia, direttore della scuola per aspiranti magistrati “Diritto e Scienza”, è finito al centro di un procedimento disciplinare dinanzi all’organo di presidenza del Consiglio di Stato. Ne hanno parlato tutti i giornali.

Faceva firmare dei contratti assurdi per poter accedere alle borse di studio, con, p.es., clausole limitative relative a matrimonio e fidanzamento (decadenza in caso di matrimonio; fidanzamento consentito solo se il/la fidanzato/a risultasse avere un quoziente intellettuale pari o superiore a un certo standard). Il contratto inoltre prevedeva diversi tipi di abbigliamento dei borsisti a seconda delle occasioni. Per l’abbigliamento femminile si fa riferimento alla diversa lunghezza della gonna, al tipo di calze e di trucco e di tacchi. Tutti coloro che si mostravano inadempienti verso tali soprusi dovevano pagare una sorta di penale di 100 mila euro.

Bellomo era solito pubblicare sulla rivista “Diritto e scienza” storie sulle sue avventure amorose con le allieve. Venivano addirittura rivelati particolari intimi dei rapporti intercorsi che violavano la privacy delle dirette interessate.

Si è partiti da una lagnanza firmata dal padre di una ex-allieva del giudice, perché questa era parecchio deperita e stressata, al limite del suicidio: alta 1,72, pesava 41 kg.

A maggio il Bellomo manda i carabinieri a casa della ragazza perché firmi un atto di conciliazione. Lei rifiuta e poi sviene. Ricoverata in ospedale. Il 23 di giugno la ragazza viene interrogata dal Consiglio di Stato. A ottobre Bellomo pretende una conciliazione forzata con la studentessa. Nuovo rifiuto, anche perché lei è in ospedale, da dove entra ed esce tutte le settimane. Finalmente il Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa approva la destituzione del giudice.

Laureata alla Cattolica di Piacenza e premiata come una delle migliori allieve di tutti i corsi, ora ha ripreso a mangiare e a studiare. Un’ora al giorno.

Nel quotidiano “Repubblica” Bellomo si dice “sorpreso” della rilevanza della notizia: “Questo fatto non è di interesse pubblico. I miei allievi ridono delle accuse surreali. Siamo nel mondo del grottesco”.

No comment.

 

[12 dicembre] Biotestamento. Lavoro e disoccupazione. Deutsche Bank. Ludopatia. USA

 

Tremila emendamenti presentati dalla destra sul biotestamento. Assumono valori conservativi per partito preso. I primi a non rispettarli son proprio loro. In questa maniera pensano di crearsi vasti consensi tra i cattolici. Vivono la politica totalmente separata dall’etica. Fatta l’Italia bisogna rifare gli italiani.

 

In Italia è classificato come “occupato” chiunque, di età superiore ai 14 anni, abbia lavorato almeno un’ora nella settimana di riferimento, ed è stato pagato. È invece considerato “disoccupato” chi soddisfa tutti i seguenti requisiti: 1) non è “occupato” in base alla definizione precedente; 2) ha cercato attivamente lavoro nelle quattro settimane precedenti la settimana di riferimento dell’indagine; 3) è disponibile a lavorare nelle due settimane successive alla settimana di riferimento. Quelli che non rientrano in queste due categorie sono definiti “inattivi”.

Chiunque può rendersi facilmente conto che la definizione di “occupato” tende ad essere molto ampia, mentre la definizione di “disoccupato” piuttosto ristretta. Questo significa che il tasso di disoccupazione, mentre a livello ufficiale era dell’11,2% nel secondo trimestre del 2017; di fatto era del 30%. Cioè per ridurre la disoccupazione “ufficiale” si fa un ricorso sempre più massiccio a forme di sottoccupazione.

Nel primo semestre 2017 in Italia gli occupati erano circa 23 milioni, cifra vicina ai livelli pre-crisi del 2008, ma le ore lavorate pro-capite sono state il 6% in meno.

I contratti a tempo determinato nel 2017 hanno toccato i massimi dal 1992: 2,7 milioni di persone, ma di questi contratti la durata media è di 12 giorni (il 58% viene chiamato in servizio per meno di sei giorni e il 33,4% per una sola giornata!).

Il Jobs Act ha fatto aumentare l’occupazione a tempo indeterminato ma solo grazie agli sgravi contributivi, che, come noto, li paga la collettività. E comunque questa occupazione ha riguardato assai poco i giovani: nel periodo 2008-16 il tasso di occupazione in Italia per i 15-34enni è diminuito di oltre 10 punti rispetto al 2008.

L’Italia è un Paese di vecchi, che non amano rischiare, che non hanno il coraggio di ribellarsi e che si lasciano gestire da una banda di ladri, capaci solo di raccontare frottole.

 

La Deutsche Bank sostiene che la Cina, a causa degli enormi livelli d’indebitamento del Paese, aumentati in concomitanza con la rapida espansione della sua economia negli ultimi decenni, ha il doppio delle probabilità rispetto a qualsiasi altra grande economia d’essere colpita da una crisi finanziaria nei prossimi anni.

Dal 2008 il livello del debito delle società cinesi non finanziarie, delle famiglie e dei governi è aumentato di oltre il 100% del PIL.

Vabbè, e allora? Tutto il mondo è paese. Col debito che abbiamo noi e con la mancata crescita che ci attanaglia dal 2008, dovremmo già essere sotto terra. Questi tedeschi, che pensano sempre di essere i primi della classe, li boccerei tutti a giugno.

 

Il sindaco del mio Comune ha intenzione di mettere fuori legge le macchine videolottery, slot machines in bar, tabaccheria e sale da gioco della città, alla luce della nuova legge regionale. Farebbe chiudere 91 imprese su 99 attualmente presenti.

Uno così lo manderei al governo, anzi, meglio, gli farei un monumento. Chi invece si lamenta dicendo che sono aziende che lavorano legalmente, senza far entrare i minorenni, che molte sono concessionarie dello Stato, che han fatto investimenti e danno lavoro a molte famiglie, e che la ludopatia crescerebbe anziché diminuire se il gioco fosse vietato o venisse ghettizzato... Ecco uno così lo manderei in galera, solo per il fatto di aver detto queste scemenze.

Anzi denuncerei lo Stato, perché fomenta le illusioni, cioè lo spaccio di una droga particolare. Uno Stato che continua a lucrare tasse sul gioco e a pubblicizzarlo a tutte le ore e su tutti i canali TV, non merita di esistere. Anche perché i soldi che spende per curare i ludopatici o per far fronte ai loro fallimenti finanziari sono infinitamente superiori. La Lorenzin perché non dice nulla in proposito? E Padoan li sa fare i conti?

 

Gli Stati Uniti sono figli del protestantesimo, specie di quello calvinistico, per cui, oltre all’interesse smodato che hanno per le questioni finanziarie, oscillano continuamente dall’individualismo anarchico al conformismo di massa, imposto dall’ideologia del consumismo a oltranza. Oscillano anche dal cinismo racchiuso nella massima latina “mors tua, vita mea”, alla spregiudicatezza dell’altro principio latino, applicato in politica estera: “divide et impera”.

Hanno un’etica basata sulla legge del taglione, in forza della quale, di fronte a determinati crimini, si esige che lo Stato applichi la pena di morte. E i cittadini più facoltosi non si preoccupano affatto che uno arrivi a fare il criminale perché completamente rovinato da truffe e raggiri sul piano economico, o che diventi un alienato a causa di una vita che di umano e naturale non ha più nulla.

Le istituzioni dicono ai cittadini: “Ci sono le leggi per la giustizia”. E fanno finta di non sapere che in America, per ottenere giustizia, bisogna essere straricchi oppure molto molto organizzati. E poi si meravigliano quando uno, preso dalla disperazione, si fa giustizia per conto proprio, potendo comprare facilmente qualunque tipo di arma, il cui uso personale è tutelato dalla stessa Costituzione. E, di fronte a casi del genere, arrivano sempre a dire che il criminale era uno squilibrato.

Come si può vivere in un Paese dove se non sei il primo, in una qualunque attività, sei ultimo?

Come si può accettare l’idea che la politica serva solo per tutelare gli interessi di chi è già benestante?

Come si può parlare di modello di democrazia da esportare nel mondo quando solo la metà dei cittadini va a votare e il Presidente viene eletto con la metà della metà dei voti?

Perché dobbiamo accettare che gli USA vengano considerati il bastione della civiltà borghese a livello mondiale, autorizzato a imporre, anche con la forza, i principi della democrazia parlamentare, quella per cui si ottiene giustizia e libertà solo se benestanti?

Ci dobbiamo sentire in obbligo nei loro confronti perché ci hanno liberati dal nazifascismo? Anche i russi l’han fatto, e pagando dei prezzi molto più alti: eppure non nutriamo, nei loro confronti, atteggiamenti di analoga deferenza. E, in ogni caso, possiamo forse chiudere gli occhi di fronte a ciò che gli USA stanno facendo sull’intero pianeta? Spadroneggiano dove vogliono. Fomentano odi e divisioni. Pensano di risolvere le controversie internazionali minacciando continuamente di usare la forza militare. Rispettano gli organismi internazionali solo quando a loro fa comodo. Non vogliono mai essere giudicati da nessuno. Usano le armi più potenti del mondo, con cui dominano gran parte del pianeta, e son sempre lì a inventarsi dei nemici che li minacciano. Non vogliono che altri Paesi costruiscano armi atomiche, ma non danno per primi il buon esempio scegliendo la strada del disarmo nucleare. Vogliono conservare dei livelli tali di benessere che ci vorrebbero due pianeti solo per loro. Al dio quattrino subordinano qualunque cosa, qualunque valore umano, qualunque legge, patto o convenzione.

Che Paese è questo? Che modello rappresenta? Perché dobbiamo restare nella NATO? Possibile che l’Europa non possa difendersi da sola?

 

[13 dicembre] Automobili e incidenti stradali. Bitcoin e Litecoin

 

Dal 2007 al 2016 in Italia il numero delle patenti di guida B non scadute è cresciuto di ben 4,5 milioni di unità, passando da 31,2 a 35,7 milioni. In dieci anni vi è stata quindi una crescita del 14,4%.

Ma non era un periodo di crisi? Le crisi non servono proprio per cambiare stile di vita? Gli italiani non imparano proprio nulla! E poi si lamentano che in alcune città andare in bici è più veloce che con l’auto. Non voglio capire che l’auto è un fossile...

I costi sociali degli incidenti stradali sono composti dalla somma delle seguenti voci: la perdita di produttività della persona coinvolta, la sofferenza fisica e affettiva derivante dall’incidente, i danni al veicolo e alle infrastrutture, i costi delle Forze dell’Ordine e dei servizi di emergenza che devono intervenire.

Secondo il Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture si aggirano su queste cifre:

– per ciascun decesso: 1.504.000 euro

– per ciascun ferito: 42.220 euro

– per ciascun incidente con danni alle persone: 11.000 euro

con il risultato che il costo sociale annuo (di cui quelli sanitari sono enormi) è stato di circa 17,5 miliardi di euro.

A tali costi bisogna aggiungere quelli che riguardano le cose (veicoli, infrastrutture, ecc.), e qui si arriva sui 6,4 miliardi di euro annui.

Insomma il Paese Italia spreca ogni anno una cifra attorno a 24 miliardi di euro!

Non sarebbe meglio potenziare i mezzi pubblici? Possibile che gli italiani siano così individualisti?

 

Stai a vedere che gli italiani che si sono lasciati sfuggire l’affare col Bitcoin, adesso si butteranno a corpo morto con la nuova criptovaluta detta Litecoin, che da inizio anno ha segnato un incremento di quasi il 5.800%: il prezzo ha ieri raggiunto il massimo storico di $ 255,42, a fronte dei $ 4,36 dello scorso primo gennaio.

Fate attenzione a queste fregature. Sono bolle speculative che quando scoppiano ti fanno perdere tutto. Solo chi l’ha creata non ci rimetterà nulla. O chi saprà disinvestire tutto al momento opportuno, per una soffiata che ha avuto. Quindi non sarai tu.

Per convincere gli allocchi viene detto che Litecoin, creata da Charlie Lee, al momento vanta capitalizzazione di mercato di circa $ 14,4 miliardi, rispetto ai $ 282,8 miliardi del bitcoin.

L’offerta di Litecoin si aggira intorno agli 84 milioni di pezzi rispetto ai 21 milioni di Bitcoin. In circolazione ce ne sarebbero 54.268.358 a fronte di 16.736.137 del Bitcoin.

Il punto di forza del Litecoin è la velocità delle transazioni. Le operazioni richiedono poco più di due minuti a fronte di una media di circa 300 minuti per Bitcoin.

Il Litecoin può avere un ruolo chiave nei pagamenti, mentre il Bitcoin è da considerarsi più come una riserva di valore.

 

[14 dicembre] Socialismo statale. Testamento biologico

 

Il “socialismo reale” (alla sovietica) è fallito: non si può amministrare tutto dall’alto. Quello nuovo cinese fallirà, perché tenere in piedi un socialismo statale (partito unico e proprietà statale della terra) e un capitalismo privato non ha senso. La socialdemocrazia euroccidentale, quella dello Stato sociale, ha subìto delle batoste terribili sin dai tempi di Reagan e della Thatcher, tant’è che oggi il globalismo neoliberista sta trionfando incontrastato, provocando immani disastri a tutti i livelli.

Qual è l’alternativa a tutto questo? Attendere rassegnati che scoppi un’altra guerra mondiale e cercare di ricostruire, coi pochi sopravvissuti, una nuova civiltà?

Non sarebbe meglio iniziare da adesso a fare qualcosa di diverso? Anche perché se non riusciamo a chiarirci le idee adesso, cosa andremo a costruire dopo? Non possiamo rischiare di fare gli stessi errori del passato.

Proposte? Eccone una: eliminare qualunque dipendenza assoluta da entità esterne che riducano la capacità di agire autonomamente. Cioè se sono un incapace a esistere, devo dar la colpa solo a me stesso.

E qui debbono valere parole come autonomia, autodeterminazione, autogestione, autoproduzione e autoconsumo. Quindi praticamente indipendenza dai mercati, globali e locali.

Ciò non vuol dire scomparsa dei mercati, ma soltanto libertà di accedervi quando lo si ritiene indispensabile e non perché lo si è costretti a farlo.

Si può realizzare questa cosa qui e ora? Idee? Esperienze pratiche? Qualcuno ha messo in piedi una comune agricola? O coltiva la terra per il proprio consumo? Chi ha come consumatore un contatto diretto col produttore, bypassando la catena commerciale tradizionale? Chi pratica il baratto?

A marzo voterò il partito che mi dice qualcosa in merito (anche piccola, ma fattibile), altrimenti non vado a votare, tanto la scelta tra l’uno o l’altro sarebbe inutile.

 

Il testamento biologico è passato. E la destra reazionaria pensa già a chiedere l’obiezione di coscienza! Come per l’aborto. Una volta l’avrebbero fatto anche per la contraccezione. Che poi per la “pillola del giorno dopo” lo fanno anche adesso, convinti che sia “abortiva” e non soltanto “contraccettiva”.

 

[15 dicembre] Scuola e lavoro. Centri per stranieri. Magda Scalisi

 

L’Ocse si è accorta che in Italia il 35% delle persone fa un lavoro che non ha nulla a che vedere con il percorso di studi che ha fatto. Accidenti, se questa è la tempistica che ci vuole per accorgersi di tali banalità, abbiamo sopravvalutato le capacità dell’Ocse.

Si sono anche accorti che i legami tra il mondo della scuola e il mondo del lavoro e delle imprese è quasi inesistente da noi e che ancora vige una certa dicotomia tra licei, intesi come scuole di serie A, e istituti tecnici e professionali, considerati di serie B dalle famiglie.

Che sciocchi che sono: non lo sanno che i licei, per non scomparire da quanto erano difficili, han dovuto abbassare i loro livelli e che oggi sono come i tecnici di una volta?

Ecco poi la conclusione della loro indagine: da noi i titoli di studio e le qualifiche danno un’indicazione molto debole delle reali competenze e abilità degli studenti e dei lavoratori. Infatti il 6% dei nostri lavoratori non ha le competenze necessarie per le mansioni che svolge e il 18% è sotto-qualificato. Ma avviene anche il contrario: quasi il 12% ha competenze superiori a quelle richieste e il 21% è sovra-qualificato.

Lo sappiamo tutti che la scuola italiana vive in una campana di vetro, facendo credere alla propria utenza che il mondo fuori sia migliore di quello che effettivamente è. A scuola gli studenti devono imparare a essere onesti e idealisti, a credere nei valori umani, ad aver fiducia nelle loro risorse, a sentirsi parte di un collettivo, ad aver fiducia nella democrazia e nel pluralismo. (Già parlare di “pluralismo politico” ha poco senso, non tanto perché in Parlamento esiste uno sbarramento del 3%, quanto perché la gente comune non si riconosce più nei partiti: preferisce l’associazionismo, il no-profit, i movimenti finalizzati ad obiettivi specifici... tutte quelle realtà che i partiti non fanno che strumentalizzare e non da oggi).

E sappiamo anche che il mondo del lavoro non ha quella flessibilità che dovrebbe avere, soprattutto nei confronti dei giovani. Però, chissà perché i nostri studenti, che hanno conoscenze generali e non specialistiche, all’estero fan sempre una bella figura! Non lo sanno i sapientoni parigini che prima devi formare l’uomo e il cittadino, e solo dopo lo specialista?

 

I centri di accoglienza per stranieri di Ercolano, Saviano, Boscoreale, Napoli, Altavilla Silentina incassano dallo Stato 300.000 euro al mese per le rette dei migranti (35 euro al giorno per ogni ospite, meno 2,5 euro al giorno che vanno agli stessi migranti), pagano 100.000 euro al mese di stipendi, versando 30.000 euro di contributi all’INPS. E poi ci sono i costi del vitto, dei trasporti, delle schede telefoniche, degli indumenti e delle iniziative varie per impegnare i migranti in diverse attività. Gli ospiti dei centri passano 12-13 ore al giorno al cellulare, a giocare con lo smartphone. Whatsup, sms, giochini vari.

 

Magda Scalisi a luglio ha vinto a Palermo un bando pubblico per gestire il Parco dei Nebrodi, a 1.279 metri, ove vi è un rifugio-ristorante e 21 stanze. La mafia vuole cacciarla per impossessarsi delle terre attorno alla struttura, utili per i pascoli di pecore, ma anche per chiedere lauti contributi europei.

Le hanno ucciso quattro cani e uno l’han fatto sparire. Hanno mozzato le orecchie ai suoi maiali. Chi lavorava con lei ha preso paura e se n’è andato. Le hanno offerto dei soldi, pochi, perché lasciasse la struttura, ma lei non molla. Il presidente dell’ente che gestisce il parco è scampato miracolosamente a un attentato a colpi di fucile a canne mozze.

Chissà perché quando leggo queste cose provo sentimenti contrastanti, tra la vergogna e la fierezza.

Fatele i complimenti, perché se non se li merita lei, chi?

 

[16 dicembre] Reddito di cittadinanza. Ludopatia. Gestione dei rifiuti. Ciclismo

 

Il reddito di cittadinanza (un salario di sopravvivenza) si sta sperimentando in Scozia, Finlandia, a Barcellona, in alcune località dell’Olanda, nella provincia dell’Ontario (Canada), a Oakland e Stockton negli Stati Uniti (dove per il 2018 un campione casuale dei 300.000 residenti otterrà 500 dollari al mese), e per ultima la città di Zurigo, che nel 2018 introdurrà un reddito universale di 2500 franchi mensili (quasi 2200 euro!) per gli adulti, e 625 franchi (circa 550 euro!) per i bambini.

In Italia negli ultimi anni sono saliti da 3 a 4 milioni i lavoratori impiegati in fast jobs, cioè costretti a lavorare poche ore al giorno. Se a questi si aggiungono i disoccupati (oltre 11%) e gli immigrati senza lavoro (oltre 400mila) e il fatto che l’informatizzazione sempre più spinta dei processi lavorativi rende superflua molta manodopera, davvero riusciremo a dare a tutti un minimo per sopravvivere? Il M5Stelle si gioca le sue carte su una questione molto spinosa...

 

Ogni anno un cesenate butta via circa 900 euro nelle slot-machines. E non si sa quanti soldi riesca a vincere, sicuramente un’infima parte.

Di questa cifra circa 500 euro vengono buttati via (guarda caso!) proprio là dove possono utilizzare anche le banconote per giocare.

In totale nel 2016 abbiamo sprecato 87,67 milioni di euro! Di cui quasi 50 sempre con le VLT che accettano banconote. E pensare che di apparecchi VLT ne abbiamo solo 116 su 605: quindi vuol dire che sono largamente preferiti agli altri.

Abbiamo in tutto 6,3 apparecchi per 1000 abitanti! Il che ci porta a essere particolarmente viziati nel gioco, come dice più in basso il range. E la cosa sta peggiorando progressivamente. Infatti dal 2015 al 2016 le giocate sono aumentate del 5,8%.

Possiamo forse consolarci vedendo che a Rimini, Forlì e Ravenna sono messi peggio di noi? Io direi di no.

 

200.000 tonnellate di rifiuti pericolosi o speciali smaltite abusivamente in due discariche della provincia di Livorno solo tra il 2015 e il 2016. I rifiuti venivano certificati come puliti e spediti in discarica. Due le aziende private (a partecipazione pubblica) livornesi coinvolte che avrebbero dovuto fare smaltimento, ma in realtà miscelavano soltanto e a volte neppure. Lo scopo era massimizzare i profitti e tra il 2015 e il 2016, a fronte di un guadagno quantificato in oltre 26 milioni di euro, le due aziende avrebbero “risparmiato” 4 milioni di euro solo di eco-tassa da versare alla Toscana.

Tutto questo ad appena poco più di un anno dallo scandalo dei fanghi non trattati e interrati in campi coltivati a grano in provincia di Pisa.

Si può affidare la gestione dei rifiuti (specie di quelli più nocivi) a ditte private? Si può farlo quando l’unica cosa che conta è il profitto? Davvero l’economia è più importante dell’ecologia?

 

“Su 200 corridori iscritti al Tour de France saranno cinque quelli puliti”. L’ha detto, dal suo pulpito, Lance Armstrong, 7 tour vinti e 7 tour revocati.

Ma nel ciclismo non c’è solo la droga che serve per correre più veloci, a 40 km/h di media, persino con le salite più dure. Si vendono anche le tappe, si falsano gare con scommesse, si eludono controlli anti-doping, si evitano squalifiche conoscendo le persone giuste. Funziona così dagli anni ’90.

A questo punto converrebbe abolire il ciclismo professionistico e tenere solo quello per dilettanti allo sbaraglio, che vincono un pacco di pasta all’arrivo.

Oppure proviamo a legalizzare tutte le droghe, responsabilizzando i medici che le somministrano. A meno che non si voglia dividere gli sportivi in due grandi gruppi: i dopati e i no. Così uno sa prima con chi si deve misurare. Certo è che se uno dovesse gareggiare solo con cinque rivali, sarebbe un po’ triste.

 

[17 dicembre] Caso Moro

 

Le accuse di Fioroni e le mezze verità su Moro costruite a tavolino da Morucci e i servizi segreti. Ombre su Cossiga. Questo il titolo di una news su Tiscali.

Che Moro sia stato fatto fuori da un complotto tra una parte della DC (Cossiga, Andreotti, Piccoli...) e la CIA ormai lo sanno anche i sassi. In dubbio resta il ruolo delle BR: consapevoli o inconsapevoli di aver fatto parte di un gioco più grande di loro, cioè partite in buona fede “terroristica” o disposte a lasciarsi strumentalizzare sin dall’inizio? Infine vi è il ruolo penoso svolto da menti di moralità molto bassa, come papa Montini e Zaccagnini, i quali ritenevano che in nome della ragion di stato era normale non trattare coi terroristi (quando però in altre occasioni era stato fatto).

Il caso Moro sarà mai risolto? In Italia? Stai scherzando?

 

[18 dicembre] Casa Savoia. Fondi strutturali. Insetti. Profilattici. Legge Gadda

 

Una volta tanto devo dare ragione agli ebrei. La salma del re Savoia al Pantheon sarebbe uno scempio. I Savoia non ne hanno fatta una giusta, sin dai tempi dell’unificazione nazionale.

 

A prescindere dal fatto che l’Italia versa al Bilancio europeo circa 12-13 miliardi di euro e ne riceve indietro circa 10, perché abbiamo così pochi esperti in fondi strutturali? I soldi che tornano indietro vengono usati in gran parte per i sussidi all’agricoltura, per colmare il divario tra nord e sud e per finanziare politiche sociali volte alla formazione professionale e contro l’esclusione sociale. Quel ci manca è la capacità di fare programmazioni per 7 anni, cui quei fondi pretendono. Siamo troppo abituati alla precarietà dei governi.

O forse dipende dal fatto che non siamo in grado di realizzare gli obiettivi per i quali quei fondi vengono assegnati: p. es. il rafforzamento della ricerca, il miglioramento della competitività delle piccole e medie imprese, la prevenzione del cambiamento climatico, il miglioramento della pubblica amministrazione e la promozione del trasporto e dell’occupazione sostenibile.

O forse dipende dal fatto che compilare quella modulistica non è un gioco da ragazzi; e gli italiani, abituati come sono agli scambi di favore, a chiudere un occhio su talune mancanze, ad agire con un certo pressapochismo, avrebbero bisogno di un personale specializzato, di persone competenti che si sono formate a Bruxelles.

Ma probabilmente dipende anche dal fatto che le Regioni, titolate a gestire tali fondi, sono molto diverse tra loro, nel senso che alcune devono affrontare gravi problemi a livello di personale, di formazione e di cultura amministrativa. Senza poi considerare che spesso i fondi europei non coprono l’intero budget richiesto per un determinato progetto, per cui la Regione deve co-finanziare.

Va infine detto che molti nostri studenti, soprattutto nel campo delle scienze politiche, sociali o giuridiche, quando escono dall’Università non sono preparati con competenze veramente utili per l’europrogettazione operativa. In Austria e Germania fanno corsi di project management già alle superiori. Da noi manca il collegamento tra scuola e mondo del lavoro.

 

Pronti a mangiare gli insetti? A gennaio entra in vigore la normativa UE detta Novel Food. Già oggi 1900 specie vengono consumate da due miliardi di persone in Asia, Africa e America latina. In Svizzera, dove spaccano il pelo in quattro quando c’è da risparmiare, hanno iniziato a farlo dal maggio scorso. Grilli locuste larve... una vera leccornia. Prevedo grandi affari per gli imprenditori più coraggiosi. Dalla loro hanno i giovani.

 

Visto che al calare del numero dei profilattici venduti stanno aumentando i casi di infezione, mi chiedo perché non vengano regalati come i vaccini. Non sono forse superiori le spese per curare gli ammalati? O forse devo pensare che c’è una lobby cattolica che vuole imporre la castità come modello di vita? Infatti, si vede come il clero la rispetta... In Italia abbiamo 120.000 persone HIV positive, e molti di più son quelli con sifilide, gonorrea, clamidia, condilomi e HPV.

Il bello è che la stragrande maggioranza degli italiani pensa che queste malattie riguardino soltanto gay, prostitute, drogati, trans e pluripartner. E, peggio ancora, che il condom serva solo per il sex mercenario. Siamo fermi a 30 anni fa. E nelle scuole cosa si insegna su questo? Poco, anzi gnente, con la gn di gnomo!

 

La legge Gadda sembra che funzioni. Promulgata nel settembre 2016, prevede che gli esercenti possano cedere gratis alle associazioni di volontariato i prodotti alimentari avanzati, per sottrarli allo spreco. La sola Coop l’anno scorso ha donato a 943 associazioni 6 mila tonnellate di alimenti per 7 milioni di pasti. Le merci deperibili vengono riciclate anche per produrre compost, energia e combustibili ecologici.

Se penso che ogni italiano, in media, butta nella spazzatura, cioè non nell’organico, 150 kg di rifiuti all’anno, mi chiedo: perché nessun partito parla di queste cose? Perché dobbiamo sorbirci una campagna elettorale sul nulla?

 

[19 dicembre] Microplastiche. Sudtirolo. Esperimenti cosmici. Tumori.

 

Non è orribile pensare che ogni volta che bevi un sorso d’acqua ingurgiti microplastiche invisibili? Queste schifezze vengono dall’aria: le polveri sottili, cadute a terra, s’infilano nelle falde acquifere. Poi ci sono i 10 milioni di tonn di plastica che ogni anno buttiamo nei mari del mondo e che in parte vengono mangiati dai pesci, di cui proprio quelli che ci piacciono di più, sono i più inquinati: crostacei e molluschi, perché ci mangiamo anche il loro apparato digerente.

Ma le nanoparticelle ce le becchiamo anche lavando i vestiti composti di fibre sintetiche, che sono il 100%, e persino usando saponi, detergenti, dentifrici, creme solari ecc.

Sappiamo tutti che la mostruosa isola che s’è formata con la plastica si trova nel Pacifico, tra le Hawaii e la California, ma pochi sanno che il mare più inquinato del mondo è il Mediterraneo, soprattutto nella zona tra la Toscana e la Corsica: 10 kg di microplastiche x kmq, contro i 2 kg presenti tra Sicilia e Sardegna e nel tratto nord della costa pugliese. La concentrazione di schifezze, proprio perché il mare nostrum è quasi chiuso, è 4 volte superiore a quella del Pacifico.

Adesso non possiamo lamentarci che i sacchetti biodegradabili non hanno la resistenza degli altri o se ci fanno pagare una tassa a cauzione sugli oggetti che ci induce a riconsegnarli invece che buttarli via.

Chi ha una certa età si ricorda bene quando, invece della plastica, si usava il vetro, la terracotta e la ceramica.

Progresso non vuol dire comodità.

 

Il Cancelliere austriaco Sebastian Kurz vuol dare un doppio passaporto per i gruppi etnici di lingua tedesca e ladina nel Sudtirolo. Che se ne fanno se in UE i passaporti non esistono più? Ma se hai un doppio passaporto, hai una doppia cittadinanza. Quindi potresti votare anche in Austria. E allora, quanti italiani lo fanno in America Latina o in Svizzera? Sì, ma l’Austria non vuole gli immigrati, e se non li vogliono neppure i Sudtirolesi, quelli potrebbero chiedere aiuto al governo reazionario di Kurz, visto che il governo italiano li vuole sbolognare pure a loro, com’è giusto che sia, dato che ogni regione se li deve accollare. Ma questo significa che la nostra sovranità nazionale va a ramengo! Perché, quando, finita la I guerra mondiale, abbiamo portato via il Sudtirolo all’Austria non avevamo violato i confini del loro territorio? Quando il nostro re aveva fatto arrestare Mussolini, Hitler cosa fece, non occupò subito il Sudtirolo? Sì, ma da allora sono passati molti anni: il Sudtirolo è pieno di italiani. E allora? Abbiamo ridato Israele agli ebrei dopo quasi 2000 anni che l’avevano persa, e ti fai un problema per un secolo?

 

L’Agenzia spaziale europea Artemis vuol farci spendere una caterva di soldi, a partire dal 2018, per ricreare nello spazio, grazie a varie microalghe, il processo della fotosintesi, in modo da dare ossigeno agli astronauti.

Chissà perché quando leggo notizie del genere, mi viene in mente l’impero romano con tutti i suoi acquedotti, le sue terme, le sue fognature, i suoi archi di trionfo, i suoi teatri e anfiteatri e circhi massimi. Poi entrarono i cosiddetti “barbari” e tutto sparì in un attimo, perché nessuno sapeva cosa farsene. E naturalmente gli storici li han chiamati “barbari” proprio per questo, dimenticandosi che tutte quelle cose appartenevano al peggior sistema schiavistico della storia. Ma questa è un’altra storia...

 

Secondo i dati del Rapporto Airtum 2017, nel 2005-2009 la sopravvivenza netta a 5 anni dalla diagnosi per tutti i tumori, esclusi i carcinomi della cute, è pari al 54% negli uomini e al 63% nelle donne. La sopravvivenza risulta massima nel Nord-Est del Paese e minima al Sud.

Motivo di questa disparità geografica? Il Sud Italia presenta livelli inferiori di adesione a tutti i programmi di screening oncologico. Motivo? Economico? Ma la sanità non ha gli stessi costi a livello nazionale su cose del genere? Culturale? I meridionali son più fatalisti?

 

Ieri sera il Giacobbo di “Voyager” ha dimostrato che la musica della Marsigliese è di un certo Giovanni Battista Viotti, un piemontese nato nel 1755. È poco famoso perché ebbe poco tempo per poter esercitare l’attività di compositore o di concertista: dovette fuggire dalla Francia rivoluzionaria perché musicista di corte di Luigi XVI e Maria Antonietta (pur non essendosi mai occupato di politica). E anche se riparò in Inghilterra, dovette improvvisarsi commerciante di vini e liquori per arrotondare i magri guadagni da compositore. Peraltro la frequentazione di luoghi sospetti come la locanda “Crown and Anchor Inn” e l’essersi legato a personaggi che simpatizzavano per la rivoluzione francese furono tra le cause che, nel 1798, portarono il governo britannico a espellerlo dal Paese per sospetto giacobinismo.

Solo di recente è stato trovato un suo spartito, intitolato “Tema e variazioni in do maggiore per violino e orchestra”, del 1781, la cui parte iniziale corrisponde quasi perfettamente alle note de “La Marsigliese”. I francesi attribuiscono la paternità dell’inno nazionale a un certo Claude Joseph Rouget, oscuro compositore e poeta, il quale però ammise, senza dare troppi dettagli, di aver tratto qualche ispirazione da uno spettacolo musicale cui aveva assistito. Era chiaramente un millantatore: lo si capisce anche dal fatto l’inno (il cui nome originale era “Chante de guerre pour l’armée du Rhin”) fu da lui consegnato senza firma, a differenza delle altre sue composizioni, quasi cioè a voler ammettere implicitamente che non era farina del suo sacco. Peraltro Rouget era anche una persona di dubbia credibilità: si spacciava per aristocratico, facendosi chiamare “de Lisle”, senza avere una vera origine nobiliare.

 

[20 dicembre] Catalogna. Brexit. Guerra nucleare. Cotton fioc. Ustica

 

Madrid vieta i sondaggi in tutta la Spagna perché ha il terrore che domani in Catalogna vincano gli indipendentisti.

 

La Brexit si concluderà il 31 dicembre 2020, quando gli inglesi ci avranno dato tutti i 40 miliardi di sterline che ci spettano per gli impegni pregressi.

Questo eccesso di egoismo lo pagheranno caro. Già adesso si va dicendo che nessun accordo potrà consentire a Londra e alle sue istituzioni finanziarie di continuare a vendere i propri servizi in Europa come avviene oggi.

Dovremmo anzi mettergli delle dogane tali per cui siano indotti a implorarci di rientrare come un qualunque Paese povero est-europeo.

 

Trump può ordinare un attacco nucleare senza chiedere l’autorizzazione a nessuno, neanche al Congresso. Gli possono bastare meno di cinque minuti per far eseguire l’ordine di lanciare dei missili. Ecco perché il Senato americano sta iniziando a considerare l’ipotesi di limitare questo potere assoluto e unilaterale in mano al presidente.

Come noto, gli Stati che possono ordinare un attacco nucleare, oltre ai membri permanenti del Consiglio di Sicurezza ONU (USA, Regno Unito, Russia, Cina e Francia), sono India, Pakistan e Corea del Nord. Poi c’è Israele, che non ha mai confermato d’essere un Paese nucleare e che non ha mai aderito al Trattato di Non Proliferazione, ma tutti sanno che possiede un’ottantina di testate.

Di questi Paesi la Russia si è dotata di un sistema per poter rispondere a un eventuale attacco nucleare in meno di sette minuti. In tal caso l’ultima parola spetterebbe a Putin.

Anche in Francia Macron può decidere da solo di premere i fatidici bottoni. E così Kim Jong-Un nella Corea del Nord.

In India e in Pakistan è un organo collegiale che autorizza ma la decisione finale spetta al Premier.

Pare che sia così anche in Israele.

Della Cina invece non si sa nulla.

In Italia, tra Aviano e Ghedi, abbiamo circa 70 testate nucleari, nonostante si sia firmato il Trattato di non proliferazione: le altre 110 sono sparse in tutta la UE. I prossimi anni gli italiani arriveranno a pagare per la loro gestione, sempre molto complessa, fino a 154 milioni di dollari.

Insomma siamo appesi a un filo, che ci costa per di più un occhio. Sopra la testa del genere umano vi sono 15.000 testate nucleari, di cui 1.800 in stato di massima allerta dagli Stati Uniti e dalla Russia, pronte per essere lanciate nel giro di pochi minuti. Negoziati per il disarmo non se ne vedono. Ne abbiamo dette di tutti i colori contro Gorbaciov, ma io lo rimpiango.

 

Dal primo gennaio 2019 scatterà il divieto di commercializzare e produrre in Italia cotton fioc non biodegrabili, e dal 1 gennaio 2020 il divieto verrà esteso ai prodotti cosmetici da risciacquo ad azione esfoliante o detergente contenenti microplastiche. È la legge di Bilancio che lo impone. Siamo i primi al mondo a farlo. Ma siamo anche gli unici a buttare i rifiuti urbani nel wc, a partire appunto dai cotton fioc.

Legambiente ha detto che su 46 spiagge italiane monitorate il 91% dei rifiuti era costituito proprio dai bastoncini per la pulizia delle orecchie!

 

Stanno parlando di Ustica su “La7”. Vogliono riaprire il caso del Dc9 Itavia colpito (per errore?) nel 1980. Per forza, oltre agli 81 morti a bordo (di cui solo 39 ritrovati) se ne sono aggiunti altri 13 (alcuni dicono 20) ammazzati o suicidati. Il segreto di stato (o degli Stati) è ancora tassativo.

Il giornalista Paolo Cucchiarelli (nel libro Ustica & Bologna. Attacco all’Italia) ritiene che non vi fu alcuna bomba (anche perché l’areo era partito con due ore di ritardo), nessun missile, ma la sfiammata di un aereo da caccia sulla cabina di pilotaggio del Dc9: fu quella ad aver inferto il primo colpo mortale all’aereo, togliendo immediatamente la vita ai due piloti. Stavano facendo delle esercitazioni alcuni aerei della NATO, o stavano inseguendo un caccia libico (finito poi, come si diceva, sulle montagne della Calabria)? Sappiamo soltanto che la NATO consegnò dei tracciati di aerei non identificati: di fatto mancano otto minuti nelle registrazioni radar dopo l’esplosione. Cioè il nastro magnetico nella base Aeronautica di Marsala venne sostituito. Lo stesso recupero del relitto procedette soltanto oltre un decennio dopo.

Cossiga – che non aveva fornito particolari contributi alla ricostruzione della strage durante le indagini – disse nel 2007 che all’epoca i servizi segreti lo informarono che ad abbattere il DC-9 era stato un missile sparato da un aereo francese partito dalla portaerei Clemenceau. L’aereo dell’Itavia sarebbe stato scambiato dai francesi per quello che stava trasportando il leader libico Gheddafi. Ma sappiamo anche che Cossiga era uno specialista nell’inventarsi false piste. Infatti i francesi dissero di poter dimostrare che in quel giorno la portaerei Clemenceau si trovava nel porto di Tolone, ben lontano dal mar Tirreno meridionale.

Cucchiarelli afferma inoltre che l’areo trasportava delle barre di uranio, che dovevano servire per l’avvio delle centrifughe del centro nucleare pakistano, con cui si sarebbe dovuto fornire l’atomica a tutti i Paesi musulmani. Era Gheddafi in persona che finanziava questo programma. In quel periodo vi era in Libia un’azienda tedesca in grado di fornire a Gheddafi un missile a più stadi capace di colpire Israele.

Lo stesso Gheddafi affermò che il DC-9 era stato abbattuto per sbaglio dagli americani, i quali in realtà volevano colpire il suo aereo, scortato da due Mig, col quale si stava dirigendo a Belgrado.

Fino ad oggi comunque non si sono avute condanne (salvo quelle dei Ministeri della Difesa e dei Trasporti per non aver vigilato sui cieli italiani e per aver ostacolato le indagini): quattro generali dell’Aeronautica militare, accusati di alto tradimento per aver impedito, tramite la comunicazione di informazione errate, l’esercizio delle funzioni del governo, sono stati assolti. Nel 1989 furono emessi 23 avvisi di reato nei confronti di ufficiali e sottoufficiali dell’Aeronautica militare in servizio nelle basi radar di Licola e Marsala la sera della tragedia per i reati di falsa testimonianza, favoreggiamento personale aggravato, concorso in distruzione di atti veri. Ma non se ne fece nulla. La trascrizione delle telefonate tra i Centro radar di Martina Franca e le postazioni di Ciampino, Palermo e Marsala segnalano anche la presenza di una portaerei americana (la Saratoga), ma il Pentagono naturalmente smentisce.

Quindi ci restano soltanto tanti depistaggi, la distruzione delle prove, la sparizione dei documenti, il mancato apporto dei dieci radar dislocati nella zona del Tirreno e vari morti ammazzati perché tacessero.

 

[21 dicembre] Trump, WTO. Vaticano, pedofilia. Guerra nucleare

 

Trump ha intenzione d’impedire che il WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio) regoli le vertenze internazionali, che servono per scongiurare guerre commerciali su ampia scala. P.es. il WTO ha contribuito a impedire un ritorno in auge del protezionismo dopo la crisi finanziaria iniziata nel 2008.

Trump infatti difende la posizione nazionalista favorevole alle aziende americane, chiamata “America First“, che ha già portato gli USA a promuovere l’uscita dall’accordo di libero scambio con Messico e Canada e dal dossier del TPP, il trattato di libero scambio dell’area del trans-pacifico analogo al controverso TTIP.

Trump vorrebbe tornare al regime degli accordi generali sulle Tariffe e il Commercio (General Agreement on Tariffs and Trade, GATT) che permetteva a uno Stato membro di bloccare in maniera unilaterale una decisione ritenuta contraria ai propri interessi. E si lamenta soprattutto del fatto che il WTO non ha le armi per fronteggiare la Cina, che rivendica lo status di economia mondiale di mercato.

È come se dicesse: “Il capitalismo avanzato l’abbiamo inventato noi e, pur avendo convinto il mondo intero ad adottarlo, non possiamo accettare che qualcuno ci faccia concorrenza”.

 

Dal 2000 ad oggi i preti cattolici condannati o reo confessi per violenze e molestie a danno dei minori sono 136, cui si aggiungono un altro centinaio di prelati indagati o imputati per le stesse ragioni. È stata presentata in merito la prima interrogazione parlamentare dei 5Stelle, chiedendo un intervento fattivo al governo italiano. Questo perché, a differenza di gran parte dei Paesi della UE, non c’è in Italia una commissione parlamentare ad hoc. L’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, che fa capo direttamente al dipartimento per le Pari opportunità, non interviene quando di mezzo c’è l’abito talare. È vero che c’è il certificato anti-pedofilia introdotto in Italia già nel 2014, ma i sacerdoti ne vanno esenti.

Come noto, già l’ONU aveva detto che il Vaticano tende a non riconoscere l’entità dei crimini commessi, non avendo preso le misure necessarie per affrontare i casi di abuso sessuale sui bambini. Anche perché il Vaticano tende a considerare tali fatti come reati contro la morale e non contro la persona. Inoltre si serve di procedimenti riservati previsti per misure disciplinari che hanno permesso di sfuggire ai procedimenti giudiziari veri e propri. E ciò a causa del codice del silenzio imposto a tutti i membri del clero sotto pena di scomunica. Questo il motivo per cui l’ONU, già dal 2014, ha sollecitato anche la revisione dei Patti Lateranensi nella parte in cui si solleva la gerarchia ecclesiastica (vescovi e cardinali in primis) dall’obbligo di denuncia.

A tutt’oggi, nonostante Bergoglio abbia istituito una commissione interna per monitorare il fenomeno, poco è stato fatto. Non a caso gli unici due membri laici dell’organo se ne sono andati lamentando la poca operatività della commissione stessa.

 

L’analista militare americano Daniel Ellsberg sostiene che gli Stati Uniti sono a un passo dal far scoppiare un “armageddon nucleare”. Infatti basta un semplice falso allarme o un attacco non autorizzato per far esplodere un conflitto atomico di scala mondiale. Nel suo libro di nuova uscita su Amazon “The Doomsday Machine: Confessions of a Nuclear War Planner”, la “talpa del Pentagono” spiega che per legge in America il presidente Donald Trump non è il solo ad avere il diritto di ordinare il ricorso all’arma nucleare, ma che anche comandanti dell’esercito di grado relativamente basso sono in grado di farlo (nel caso il commander-in-chief sia impossibilitato per una qualche ragione).

 

[22 dicembre] Catalogna. Gerusalemme. Arturo. Ludopatia

 

Maggioranza assoluta ai tre partiti indipendentisti della Catalogna. Crollo dei popolari di Rajoy. Rajoy non vuol parlare con Puigdemont perché non lo ritiene un vincitore. Sì, ha vinto lui con tre seggi!

 

Non è incredibile che una risoluzione ONU di 128 voti contro 9, che rifiuta la decisione degli USA di riconoscere Gerusalemme come capitale d’Israele, non abbia alcun peso politico?

 

La mamma di Arturo, 17anni, ha detto che suo figlio non è un attaccabrighe, la sua arma è l’ironia. Accidenti, e solo per questo è stato accoltellato una ventina di volte da un gruppetto di quattro ragazzini? È proprio vero che ogne scarrafone è bello a mamma soja.

 

L’OMS vuol inserire la dipendenza dai videogiochi tra le malattie mentali. E lo Stato con le slot-machines lo ricoveriamo?

 

[23 dicembre] Ponte sullo stretto

 

La Sicilia si allontana dalla Calabria: scoperta la faglia che causa i terremoti nel Sud Italia. Riproporre il ponte sullo stretto è assurdo.

 

[25 dicembre] Catalogna. Minigonna. Rodolfo Fiesoli

 

Il re spagnolo ha richiesto ai Catalani di rinunciare alla secessione. Non ha capito che vogliono anche la fine della monarchia.

 

“Era carina, aveva una gonna molto corta e ho pensato che violentarla sarebbe stato facile visto che era straniera”. Così ha detto l’autista libanese arrestato per avere violentato e ucciso una funzionaria britannica che lavorava nell’ambasciata del Regno Unito a Beirut. E poi dicono che la minigonna non istiga alla violenza! Come se vivessimo in Amazzonia, dove sono tutti nudi, e non in un mondo maschilista che considera la donna un oggetto.

 

È stato arrestato il cosiddetto “profeta” Rodolfo Fiesoli, detto Foffo. L’ex capo della comunità di recupero per minori del Forteto, a Vicchio del Mugello (Firenze), è stato riconosciuto colpevole in via definitiva di violenza sessuale.

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 15 anni e 10 mesi di reclusione per gli abusi sessuali e le violenze da lui commessi al Forteto: una comunità incensata come una sorta di Paradiso per ragazzi e ragazze in cui sono confluiti tanti soldi pubblici.

Per uno dei casi di violenza sessuale contestati, la Suprema Corte ha disposto un processo bis d’appello a Firenze dopo il quale saranno ricalcolati gli anni della pena da aggiungere a questi già comminati.

 

[26 dicembre] Gilberto Caldarozzi

 

Lo scorso luglio il ministro degli Interni, Marco Minniti, ha nominato Gilberto Caldarozzi vice direttore tecnico operativo della Direzione Investigativa Antimafia. Il dirigente era stato però condannato insieme ad altri 15 poliziotti per il reato di falso, relativo alla firma sotto al verbale in cui si dichiarava che all’interno della scuola Diaz, durante il G8 di Genova del 2001, erano presenti alcune molotov, in realtà introdotte da alcuni agenti di polizia. La condanna in via definitiva a tre anni e otto mesi per falso non gli aveva impedito di tornare in servizio nel luglio scorso, dopo l’interdizione dai pubblici uffici scattata con le pene inflitte 5 anni fa. Come dire, un premio sostanzioso per il fastidio immeritato.

 

[28 dicembre] Egitto, ateismo. Massimo Cacciari. DNA, fede religiosa. Vincenzo Pillai. Sacchetti biodegradabili

 

Nell’Egitto del “democratico” Al Sisi, promulgatore di un “islam moderato”, l’ateismo diventerà vietato come in Arabia Saudita, dove viene paragonato a un atto di terrorismo. L’Egitto però vuole andare oltre: non più solo esprimersi in pubblico, ma anche non credere in privato, sarà un crimine. Motivazione? L’ateismo conduce a disturbi mentali e paranoia. D’altra parte Al Sisi quando prese il potere nel 2014 aveva detto di voler mettere fine ad ogni forma di pensiero laico. Si stima che siano 3 milioni i non credenti a fronte di 89 milioni di fedeli in Egitto, ma non c’è un censimento degli atei nel Paese dove è presente la più grande comunità cristiana del Medio Oriente e il resto della popolazione è musulmana.

 

Ha detto il filosofo Massimo Cacciari: “Quella della trasparenza è solo un’ideologia. Mai come oggi le potenze che governano il mondo sono state così nascoste. Al di là dell’apparenza, la nostra è l’epoca dell’occulto, dei poteri anonimi, di ciò che non si vede. Mentre, nel caso di Maria (madre di Gesù), la luce divina si copre d’ombra per manifestarsi nella realtà, nel nostro tempo l’oscuro si nasconde dietro la luminosità. Lucifero è negli inferi, però finge di essere portatore di chiarore. La nostra epoca è attraversata dallo spirito dell’anti-Cristo. Ci sono stati momenti in cui esso si è manifestato nella sua forma pura. Oggi, invece, circola mascherato”.

Mi chiedo se quest’uomo sia normale...

 

Uno studio pubblicato sulla rivista “Evolutionary Psychological Science” sostiene che la fede religiosa può essere trasmessa geneticamente (precedenti ricerche stimano un 40% della religiosità determinato dalla genetica). Le persone religiose, a detta degli scienziati, hanno meno mutazioni del DNA e proprio per questo hanno meno probabilità di nascere mancini o anche di avere condizioni come autismo o schizofrenia.

E poi si lamentano quando diciamo che la psicologia spesso non serve a niente...

 

Lo scorso 21 dicembre è scomparso, all’età di 75 anni, Vincenzo Pillai, storico esponente della sinistra radicale sarda. La comunità locale ha deposto nel loculo varie bandiere di sinistra e qualche stupido giornalista ha detto che per un ateo come lui quel gesto di tipo religioso era fuori luogo. Davvero stupido...

 

Dal 1 gennaio 2018 si pagheranno anche i sacchetti biodegradabili che si utilizzano al supermercato per imbustare la frutta e la verdura. Costeranno da un minimo di 2 a un massimo di 10 centesimi. Il ricavo verrà girato allo Stato dagli esercenti sotto forma di Iva e imposta sul reddito. Per i supermercati che non si adegueranno sono previste sanzioni dai 2500 euro a 100 mila euro nei casi più gravi. Ma perché non rendere obbligatori i dispenser per comprare acqua, vino, olio, aceto, sapone, shampoo, latte e bibite varie? Perché non fare la guerra alla plastica, alle lattine e ai contenitori usa e getta?

 

[29 dicembre] Ciclismo. Computer, libri. Lufthansa, Alitalia

 

Dal 1 gennaio i ciclisti italiani amatori dovranno pagare un canone di 25 euro l’anno alla Federazione Ciclistica Italiana per ottenere una Bike Card e poter partecipare a gare ciclistiche o passeggiate in bicicletta. La tassa sul sudore nascerebbe dal fatto che la Federciclismo ha un deficit di bilancio di oltre 2 milioni di euro.

Attualmente gli eventi amatoriali della bicicletta passano attraverso 19 Enti di promozione sportiva (Eps) riconosciuti e autorizzati dal Coni. Gli Eps rilasciano centinaia di migliaia di tessere dietro presentazione di un certificato medico. Un metodo che ora dovrebbe essere sostituito dalla Bike Card senza nessun servizio assicurativo.

Il presidente della Federciclismo ha detto che si tratta di un’iniziativa politica per combattere chi fa loro concorrenza sleale coi contributi pubblici. I soldi serviranno a gestire servizi comuni come la giustizia sportiva.

Insomma in un modo o nell’altro per stare in forma bisogna pagare. Dovrebbe invece essere lo Stato a pagare, almeno simbolicamente, chi gli fa risparmiare soldi nella sanità.

 

“The Economist” dice che i computer scriveranno saggi scolastici entro la metà del 2020 e sforneranno i libri più venduti entro il 2040. Vabbè vorrà dire che per emozionarci cercheremo altrove...

 

La Lufthansa vuole comprare Alitalia facendo di Fiumicino l’hub dell’Europa meridionale. L’offerta sarebbe di 300 milioni di euro, la richiesta di 500. Degli 8000 mila dipendenti di Alitalia nel settore volo i tedeschi vorrebbero tagliarne almeno 2 mila. Dall’accordo resterebbe fuori la parte dei servizi a terra di Alitalia (circa 3500 dipendenti) che sarebbe venduta separatamente.

Il governo sta spingendo per chiudere la vendita entro gennaio, prima che si insedi un nuovo esecutivo che potrebbe far saltare tutto, come accaduto nel 2008 quando Berlusconi dopo avere vinto le politiche fece saltare l’accordo della vendita di Alitalia ad Air France e Klm raggiunto da Romano Prodi. Il gigante tedesco fattura oltre 31 miliardi di euro con utili di 1,77 miliardi, quello italiano a fronte di ricavi di appena 3,3 miliardi registra una perdita di quasi 200 milioni. Differenze abissali anche per quanto riguarda il numero dei dipendenti (123 mila contro 12 mila) e la flotta (598 vettori contro 123).

Chissà perché ci sono analisti che attribuiscono all’ingresso nella UE e all’introduzione dell’euro lo sfascio dell’Italia e non all’incapacità dei suoi manager.

 

[30 dicembre] Euro, lire. Asia Argento. Vendita di armi

 

Un 40enne di Vicenza ha ereditato un miliardo di vecchie lire da una zia, che aveva conservato il denaro in una cassetta di sicurezza di una banca bolognese.

La banca si rifiuta di convertirle in euro perché il termine ultimo per farlo era nel 2012.

L’erede si rivolge alla Fondazione Italiana Risparmiatori che ha già fatto scattare il ricorso, dicendo che qualsiasi termine di prescrizione o decadenza decorre da quando il soggetto è posto in grado di far valere il proprio diritto.

C’è materiale sufficiente per scrivere un romanzo o per farci un film. Quando insegnavo chiedevo ai miei studenti d’inventarsi un finale non scontato...

 

L’ex compagna di Morgan, Asia Argento, ha chiesto e ottenuto dal tribunale civile di Monza il pignoramento e la vendita all’asta dell’appartamento di proprietà dell’artista, situato a Monza. Questo perché non avrebbe versato gli alimenti per la figlia da circa sei anni e mezzo. L’assegno doveva essere di duemila euro al mese.

Duemila euro al mese? Ma i giudici, quando decidono cifre del genere, a quali parametri sociali fanno riferimento?

 

Se io vendo bombe a un Paese A, molto ricco e con un governo infame, e so che A è in guerra con Y, e io non sono in guerra con Y, sarei credibile se pensassi che A non le userà contro Y? Potrei sentirmi in pace con la mia coscienza e con le leggi internazionali dicendo che A non è soggetto ad alcuna forma di embargo, sanzione o altra misura restrittiva internazionale o europea? Sarei credibile se dicessi che non sto violando le leggi che proibiscono la vendita di armi a Paesi in conflitto?

Bene, ora sostituite la lettera A con Arabia Saudita e la lettera Y con Yemen e traete da soli le conclusioni. Adesso non dite che indirettamente sono in guerra con Y, perché sto facendo solo affari, dando lavoro a molte persone.

 


2018

 

 

 

[1 gennaio] Iran

 

I giovani iraniani scesi in piazza a protestare sono una viva speranza per il loro assurdo regime teocratico.

Domani sciopero generale nazionale in Iran. Gli ayatollah dicono che sono manovrati dagli USA. Che forza questi americani! Nel Medioriente han saputo ereditare i disastri combinati da Francia e Regno Unito, facendo credere che loro non erano “imperialisti”. Davvero una bella fantasia. E il mondo islamico c’è cascato come un pollo.

Intanto 150 arresti al giorno. Tutti colpevoli d’inimicizia con Dio e manovrati dall’estero. Rischiano la pena di morte.

 

[2 gennaio] Vaticano. Amazon. USA, droghe. Italia, economia

 

Un cardinale ha detto che fare le riforme in Vaticano è come pulire la Sfinge d’Egitto con uno spazzolino da denti. D’altronde il cardinale Oscar Maradiaga, campione della Chiesa povera per i poveri, promosso quattro anni fa da Bergoglio a coordinatore del Consiglio dei cardinali, è impelagato in vicende finanziarie molto discutibili per milioni di euro. P. es. avrebbe ricevuto per anni circa 35 mila euro al mese (cui aggiungere una “tredicesima” da 54 mila euro a dicembre) dall’università cattolica di Tegucigalpa. Ci sono alcuni che lo accusano di alcuni investimenti milionari in società londinesi poi scomparse nel nulla. Maradiaga è un salesiano come l’ex segretario di Stato Tarcisio Bertone, noto per il suo super attico.

Adesso qualcuno dirà che la Chiesa ha bisogno di soldi per far del bene ai poveri. Ma davvero i poveri han bisogno di una Chiesa del genere? E soprattutto, davvero han bisogno del pesce e non della canna per pescare?

 

Che sta succedendo in Vaticano? Tempo fa Bergoglio aveva elevato a prelato dello IOR mons Ricca, condannato per eccessi sodomitici, il cui scandalo è stato soffocato. Ora sta per scoppiare quello del card. Maradiaga di cui parla l’Espresso. Recenti sono le espulsioni di laici importanti nella gestione dei conti vaticani: vedasi il contabile Libero Milone al quale il 19 giugno sono state chieste le dimissioni con accuse false e costruite. A novembre l’allontanamento del vice direttore generale dello IOR, Giulio Mattietti. È riscoppiato lo scandalo dell’Orlandi.

Shakespeare diceva Something is rotten in the state of Denmark. Noi ci siamo rotten anche del Vaticano e non vediamo l’ora di fare un’altra breccia di Porta Pia.

 

Migliaia di fattorini inglesi di Amazon che distribuiscono 200 pacchetti al giorno si vedono obbligati a non fare pause durante il loro turno di lavoro, arrivando persino a urinare in bottiglie di plastica. Molte volte superano il limite legale del lavoro in Inghilterra, fissato a 11 ore. Percepiscono un salario mensile inferiore a 1.500 euro per oltre 50 ore di lavoro a settimana senza ferie o indennità in caso di malattia. Ogni fattorino si trova a dover lottare contro il tempo, per riuscire a terminare il turno prima delle 9 di sera. Ovviamente non rispettano i limiti di velocità e mangiano a bordo del veicolo.

E poi dicono che lo schiavismo salariato è superiore alla schiavismo tout-court.

 

Il 57% degli americani è favorevole alla legalizzazione della marijuana. Lo sono persino molti repubblicani, tradizionalmente contrari. Infatti la cannabis è diventata legale in 8 stati USA. Hanno potuto farlo in quanto “federali” e non centralizzati come noi.

Quattro stati – California, Nevada, Maine e Massachusetts – l’hanno liberalizzata per scopi “ricreativi”, altri quattro – Florida, Arkansas, Montana e North Dakota – solo per finalità mediche. Il quesito bocciato in Arizona proponeva la cannabis libera per scopi ricreativi.

Gli 8 Stati ora si uniscono a Colorado, Stato di Washington, Oregon, Alaska e Washington D.C., già favorevoli in precedenza.

La misura approvata in California prevede che lo stato consideri la marijuana come l’alcool, varando quindi misure per controllare e tassare la produzione legale della droga leggera. Secondo la misura, i maggiori di 21 anni potranno possedere 28 grammi di marijuana per uso personale e piantare a casa fino a sei piante. Lo Stato poi concederà licenze per la vendita della droga leggera, applicando un’accisa del 15%. Nel 1996 la California divenne il primo Stato americano a legalizzare l’uso terapeutico.

Ma la novità è che la Constellation Brands, terza compagnia produttrice di birra degli USA che vanta nel suo portafoglio i prodotti Corona, ha già investito 191 milioni di dollari, acquisendo il 9,9% della società canadese Canapy Growth Corp, produttrice di cannabis, considerando la possibilità di creare una bevanda con l’infuso ricavato dalle foglie, che consentirebbe un primato nel mercato, grazie al largo anticipo ottenuto sui possibili concorrenti.

Mi chiedo: perché gli americani hanno un così grande senso degli affari e noi andiamo sempre a rimorchio?

 

Nell’ultimo decennio i macrosettori italiani più colpiti dai fallimenti sono stati l’edilizia, a seguire il commercio, i servizi e l’industria. Il tutto si è concentrato soprattutto al centro-nord, con la Lombardia in testa. Gli ultimi sono stati Melegatti (ora salva) e Borsalino, morsi dalla crisi per i mancati o ritardati pagamenti o per incapacità di innovare o per qualità modesta dei prodotti o per gestioni finanziarie allegre o per scelte finanziarie sbagliate. L’Italia, a differenza del resto delle grandi potenze europee, ha un tessuto industriale caratterizzato da numerose piccole e medie imprese, poche grandi. Questo implica che molti fallimenti passano in sordina perché colpiscono piccole realtà locali da un punto di vista mediatico. La globalizzazione inevitabilmente premia grandi marchi e spesso penalizza i piccoli, soprattutto in assenza di elevato valore aggiunto nella qualità dei prodotti. Piccole aziende di qualità hanno tratto vantaggio dalla globalizzazione perché riuscite a distinguersi soprattutto all’estero.

Nel caso delle banche lo Stato ha spostato gli oneri dei fallimenti dagli investitori direttamente sui risparmiatori, lasciando impuniti i veri responsabili. Il caso MPS, Banca Etruria, Popolare di Vicenza, Veneto Banca etc… fanno testo. Lo Stato ha evitato un’implosione sociale utilizzando denaro pubblico per ripagare chi aveva subito danni dalle perdite, ma si è trattato di un palliativo.

Parmalat è finita in mani francesi, Alitalia sta per finire in mani tedesche e la lista è lunga. Germania, Francia e diversi fondi internazionali continuano lo shopping di imprese italiane a basso prezzo facendo perdere competitività al sistema e soprattutto con enormi costi per i contribuenti italiani.

Ecco come stiamo affrontando il 2018. I partiti hanno consapevolezza di tutto ciò?

 

[3 gennaio] Italia, banche. Fisco. Ius soli. Criminalità

 

Nei prossimi quattro anni, usciranno volontariamente dal settore bancario circa 25 mila lavoratori, come risultato di accordi sottoscritti tra sindacati e gruppi bancari, che si aggiungeranno agli altri 40 mila già usciti. Le banche oggi impiegano circa 300 mila persone, più altre 37 mila che lavorano nelle banche di credito cooperativo. Una volta esaurito questo bacino di prepensionamenti, si passerà ai licenziamenti.

La festa è finita anche per loro?

 

I partiti di destra per le elezioni del 4 marzo propongono tranquillamente più spesa pubblica e meno tasse, senza coperture che non siano il rosso di bilancio e senza considerare che abbiamo un debito pubblico mostruoso e che è un principio costituzionale la progressività delle imposte in rapporto al reddito.

Berlusconi, che ci porterebbe sicuramente in bancarotta, come già stava facendo prima di Monti, propone di partire dal 23-25% come tassazione unica per tutti, per arrivare poi al 20%. Operazione da circa 40 miliardi, che si finanzierebbe facendo emergere il nero. Detto da lui, grande evasore, è tutta roba da ridere. Naturalmente ha promesso di abolire anche ogni imposta su successioni e donazioni, sulla prima casa e sulla prima auto.

Salvini la spara ancora più grossa: aliquota unica al 15% che ci costerebbe la bellezza di 100 miliardi l’anno. L’abolizione della legge Fornero che lui promette significherebbe, secondo i calcoli della Ragioneria dello Stato, rinunciare a circa 350 miliardi di risparmi cumulati fino al 2060. Secondo il “Sole 24 Ore” la perdita sarebbe di 140 miliardi, ma in tempi più brevi. Cioè nel giro di poco tempo non ci sarebbero più soldi per le pensioni.

Gli italiani son come gli strafatti di Lsd che negli anni ’70 si buttavano dalle finestre convinti di volare.

 

Tra i 18 e i 20 anni solo tre su dieci giovani vanno alle urne. Gli altri sette non sono interessati, e solo il 5%, crescendo, farà l’esperienza di mettere una croce sulla scheda. C’è da dire che nell’anno scolastico 1962-63 gli alunni delle scuole medie, che si preparavano al gran salto verso le superiori e il diritto di voto, erano quasi cinque milioni. Oggi i ragazzi tra i 15 e i 19 anni sono meno della metà, e il 10% di loro sono stranieri, cioè programmaticamente esclusi dalla cittadinanza. Non hanno i numeri né per imporsi né per contare qualcosa, e infatti non ci provano nemmeno.

Che senso ha essere contrari allo ius soli?

 

In Italia ogni anno si lucrano 9 miliardi e mezzo di euro attraverso il furto di dati e l’estorsione alle aziende prese di mira e ricattate, anche se la maggior parte delle società preferiscono non denunciare il furto digitale per evitare danni alla propria immagine. Un business illegale che sta superando a livello globale quello del narcotraffico, con un profitto di 4500 miliardi dollari.

D’altra parte in rete si vende e si compra qualunque merce o servizio illegale: truffe bancarie, frodi di ogni genere, account falsi, clonazioni di carte di credito o di bancomat e documenti falsi. E ancora: armi, droga, prostituzione. Ci sono persino sicari disposti a uccidere: la tariffa oscilla fra i 5 e i 10mila dollari per assassini esordienti e 20mila per quelli professionisti. Per entrare nel giro bisogna fornire credenziali, dimostrare quanto meno di saper oscurare un sito, adeguarsi a un certo slang. I cyber criminali sono molto diffidenti e non è facile entrare in rapporto con gli hackers. Informazioni sottratte a politici e istituzioni vengono vendute e rivendute finché perdono valore e diventano gratuite.

Qui in Facebook possiamo essere fanatici, scostanti, volgari. Ci si insulta, ci si odia ma in fondo in fondo siamo sinceri o, quanto meno, onesti.

 

[4 gennaio] Vescovi cattolici. Finlandia. Sardegna, carceri. Roberto Bolle. Alcol

 

I vescovi cattolici kazaki Tomash Peta, Jan Pawel Lenga, Athanasius Schneider hanno scritto un documento contro il papa ribadendo l’indissolubilità del matrimonio e la contrarietà all’accesso ai sacramenti da parte dei divorziati risposati. Nella loro ignoranza hanno avuto il coraggio di dire che l’indissolubilità del matrimonio è un insegnamento bimillenario e inalterato del Magistero della Chiesa.

A volte mi chiedo: davvero c’è molta differenza tra il fanatismo islamico e quello cattolico?

 

In Finlandia l’erosione dello Stato sociale e il collasso del gigante Nokia ha fornito il pretesto per l’emergere del partito populista di destra, i Veri Finlandesi, andati al governo nel 2015, anche se recentemente si sono scissi, lasciando all’opposizione un partito con una linea molto più dura sull’immigrazione.

Messa a confronto con altri Paesi, la Finlandia è ottima in termini d’istruzione e uguaglianza di genere. Ma siccome la destra svedese è riuscita a costruire un sistema più incentrato sul mercato per la sanità, l’assistenza agli anziani e i farmaci, tanto che adesso la Svezia ha uno dei sistemi farmaceutici più privatizzati al mondo, il governo finlandese vuole fare lo stesso

Come dire, se devo copiare, copio il peggio, no?

 

L’anno scorso negli Istituti Penitenziari della Sardegna vi sono stati 3 suicidi, numerosi tentativi di suicidio e atti di autolesionismo. Insufficienti i direttori, assenti i Vice Direttori; inadeguati gli Agenti della Polizia Penitenziaria (mancano circa 700 unità); insufficienti gli Educatori per un’organizzazione che è finalizzata al recupero e al reinserimento di chi ha commesso reati.

In compenso aumentano le persone private della libertà. Al 30 novembre erano 2.265, di cui 683 straniere. Sono anche cresciuti i detenuti in regime di alta sicurezza e quelli in 41bis. A Nuoro una sezione è destinata a presunte terroriste islamiche. Complessivamente le detenute sono una cinquantina.

Le problematiche degli Istituti Penitenziari sardi sono fortemente connesse con l’alta percentuale di detenuti in doppia diagnosi, cioè persone che oltre alla tossicodipendenza hanno disturbi mentali. Nelle carceri inoltre sono presenti molti anziani malati e persone afflitte da depressione.

Mi chiedo: per i nostri politici davvero la Sardegna fa parte dell’Italia? Sembra l’isola del diavolo nella Guyana francese. Per far scoppiare lo scandalo ci vorrebbe uno come Dreyfus...

 

Roberto Bolle ha detto che la danza è una educazione del corpo che diventa educazione dello spirito, perché è disciplina e confronto coi propri limiti.

Ogni suo allenamento dura come minimo sei ore al giorno. Ha debuttato all’età di 12 anni e oggi ne ha 42, e comincia a essere stanco dei tanti sacrifici che si è dovuto imporre, anche a livello di relazioni sociali.

M’ha fatto venire in mente Leopardi: grandissimo poeta, ma che vita assurda...

 

È noto che il consumo di alcol può indurre sette tipi di cancro: alla bocca, alla gola, alla laringe, all’esofago, ai polmoni, al fegato e all’intestino. Ora la rivista Nature ha aggiunto che può danneggiare il Dna nelle cellule staminali del sangue, portando a modificare i cromosomi e ad alterare permanentemente le sequenze di Dna in queste cellule.

 

[5 gennaio] Tasse. Spose bambine. Migranti. Canone Rai. Francia, banche italiane. Marchionne. Procreare. Pakistan

 

Il 58% della benzina al litro, 25 miliardi di gettito, 416 euro a cranio, è costituito da accise e imposte indirette surreali, tra cui spiccano quella per il finanziamento della cultura del 2011, quella per l’emergenza migranti del 2011, quella per il rinnovo del contratto dei ferrotranvieri del 2004, quella per il terremoto dell’Irpinia nel 1980 e del Friuli nel 1976, fino a quello per la guerra d’Etiopia del 1935.

Tutte le imposte di registro e di bollo, che nel 2015 hanno fatto 10 miliardi di gettito, 280 euro a testa, sono equivalenti alle imposte sui tabacchi.

Questi sono solo piccoli esempi di quel 32% di entrate complessive dello Stato del tutto indirette e occulte. Alla faccia del bicarbonato di sodio, direbbe il mitico Totò...

 

Un rapporto dell’Unicef stima che nel mondo le donne che si sono sposate prima dei 18 anni siano 700 milioni, di cui 250 milioni sotto i 15 anni. I tre Paesi con il maggior numero di spose bambine sono Niger, Bangladesh e Chad. Per forza che l’Europa è così vecchia!

 

Nel 2017 sono morti, nel Mediterraneo, 3.116 migranti. Nel 2016 erano stati oltre 5.140. In totale, nell’anno che si è appena concluso, sono stati 171.635 i migranti e rifugiati sbarcati in Europa, con poco meno del 70% in Italia (119.310) e il resto si è diviso tra Grecia, Cipro e Spagna. Dati, anch’essi, in calo rispetto al 2016, quando il totale degli arrivi è stato più del doppio, pari a 363.504.

E c’è gente che vuol andare su Marte a cercare l’acqua e fonti di vita...

 

Renzi vuole abolire il canone Rai in bolletta della luce che lui stesso aveva fatto mettere. Che si sia accorto dell’insensatezza di far pagare un canone quando gli spot sono martellanti come nelle private? Ma è così intelligente? E allora perché non riduce a uno i TG che si copiano a vicenda?

Gli italiani lo sanno che al posto del canone lo Stato dovrà trasferire ogni anno alla Rai, così com’è, cioè coi suoi costi assurdi, tra un miliardo e mezzo e due miliardi? Cos’è una partita di giro per l’ennesima presa in giro?

 

L’amministratore delegato parigino Jean Pierre Mustier ha in mano Unicredit e sta facendo piazza pulita degli italiani all’interno del cda della banca. Mustier insieme ad altri due francesi, Vincent Bollorè, patron di Vivendi e Donnet a capo di Generali, hanno in mano parti strategiche del sistema finanziario italiano. Molte banche sono passate in mano ai francesi, oltre a Unicredit anche Bnl che è della francese Bnp Paribas e Cariparma di Credit Agricole.

I francesi ci stanno colonizzando come ai tempi di Napoleone, ma in guanti bianchi e valigetta ventiquattrore...

 

Cinque metalmeccanici della Fiat di Pomigliano percepiscono lo stipendio pieno senza effettuare neppure un’ora di lavoro. E si lamentano di non far nulla. Il Tribunale ha dichiarato illegittimo il loro licenziamento, ma Marchionne preferisce continuare a pagare senza usufruire della loro prestazione. Come mai?

È che hanno fatto le loro lotte sindacali usando la satira. Siccome tre operai si erano suicidati a causa delle condizioni di lavoro in quello che chiamano “Il reparto-confino” di Nola, avevano inscenato il suicidio di un quarto lavoratore Fiat: proprio Sergio Marchionne, sventolando un manichino penzolante davanti alla sede della Rai.

Avevano poi letto la lettera d’addio che il fantoccio-Marchionne, in preda al rimorso, lasciava ai suoi operai, chiedendo che i 316 deportati a Nola tornassero a Pomigliano, dove vi sono interi reparti vuoti.

“È un’istigazione al suicidio!”, ha tuonato l’azienda.

Ma dai Marchionne, hai fatto filosofia all’Università e non sai prendere queste cose con ironia? Crozza ti imita da anni e non hai mai detto niente. Preferivi che t’impiccassero per davvero? Se istighi gli operai al suicidio, quasi quasi...

 

In provincia di Treviso una donna, già madre di altre due figlie, di 34 e 28 anni, ha dato alla luce una bambina all’età di 56 anni, con parto naturale e dopo una gravidanza avvenuta senza procreazione assistita. La bimba pesa oltre 3 kg e gode di ottima salute. Il compagno della donna, padre della bambina, è un sudamericano più giovane della compagna di 17 anni.

Dunque facciamo un po’ di conti. Considerando che i figli stanno in casa fino a 30 anni prima di trovare un lavoro decente...

 

In Pakistan è appena entrato in commercio un nuovo gioco da tavolo che prende in giro la pratica, ancora molto diffusa nel Paese, del matrimonio combinato. Lo scopo di ogni partecipante è quello di sfuggire dalle grinfie della “combinatrice di matrimoni”, detta Zia Rishta, la tipica vecchia ficcanaso che si occupa di combinare matrimoni tra i vari single della zona.

Ogni giocatore deve pescare una carta e leggere cosa recita. Se ciò che c’è scritto è conforme ai valori tradizionali pakistani, dovrà avvicinarsi di qualche casella a Zia Rishta. Se invece è controverso e ribelle, si potrà allontanare da lei. Chi pesca una nota come “Sei stata vista in farmacia a comprare contraccettivi”, sarà felice, perché il sesso prima del matrimonio è mal visto nella società pakistana e riduce le possibilità di trovare marito. Perciò, “Ti allontani di sei caselle”. Al contrario, se la carta ti dice che “Il tuo rotis è rotondo alla perfezione”, ci si dovrà avvicinare: saper cucinare quel piatto tipico è senza dubbio una qualità delle sposine molto apprezzata.

Secondo i canoni pakistani, la donna ideale è giovane, chiara di pelle, snella, docile, istruita, di buona famiglia e con una buona dote. Occorre sposarsi il prima possibile per avere un alto numero di figli. Chi non ci riesce, per mancanza di volontà o di qualità che lo rendono appetibile per l’altro sesso, finisce preda dei “combinatori di matrimoni”, che con i loro incroci regalano sollievo ai genitori preoccupati.

Le varie zie Rishte del Paese chiedono ai single un vero e proprio curriculum: età, lavoro, casta, appartenenza religiosa, livello di istruzione, provenienza, eventuali parenti a carico, passaporto straniero, ecc. Dopodiché passano a un esame più approfondito, incontrando di persona i candidati e assegnando loro un voto per l’aspetto esteriore: A, B, o C. Infine, propongono delle combinazioni ai genitori preoccupati. Se l’offerta piace, l’affare è fatto e lo sposalizio pronto.

Chi ha inventato questo gioco: un uomo o una donna? Risposta scontata!

 

[6 gennaio] Miliardari. Turchia

 

Nella nostra amata e odiata Terra i 500 più ricchi del mondo dispongono di una ricchezza sconfinata: 5.300 miliardi di dollari. Ebbene costoro, in un solo anno, hanno messo nelle loro 500 tasche mille miliardi in più dell’anno prima, cioè circa il 23%.

Si sa, i soldi fanno soldi. Chissà perché non si dice la stessa cosa delle rivoluzioni.

 

Erdoğan sa bene che la sua Turchia islamica e autoritaria non entrerà mai in Europa, ma sa anche che il 50% dei suoi scambi commerciali è con l’Europa, il 70% dei debiti delle imprese turche sono stati contratti con le banche europee e il 75% degli investimenti esteri in Turchia è venuto dall’Europa, mentre solo il 7% dalle monarchie del Golfo.

La trattativa per entrare in Europa è cominciata nel 1963. Francesi e tedeschi si sono sempre opposti all’ingresso dei turchi. Eppure la Germania ha giá tre milioni di cittadini di origine turca in casa propria e quasi 36 miliardi di dollari di interscambio nel 2016. Berlino è il maggiore partner economico di Ankara: in Turchia ci sono quasi 7.000 imprese tedesche (1.300 le italiane) e la Germania è anche il più importante investitore diretto.

Resta però il fatto che con 77 milioni di abitanti la Turchia, oltre a essere il primo Paese islamico della UE, sarebbe anche il più popoloso dopo la Germania, e nel Parlamento europeo avrebbe più deputati di Francia e Italia (73), facendo sentire il suo peso fin da subito.

Tutti sanno che la Turchia è in grado di ricattare come vuole la UE con l’accordo economico con cui trattiene 2,9 milioni di profughi siriani, più altri 350.000 provenienti da altre zone del mondo.

Perché non facciamo un baratto? Per la liberazione dei 150 giornalisti che tengono ancora in carcere potremmo dichiararci disponibili ad accettare 1.500 profughi o anche 15.000. Decida pure Erdoğan, che i suoi affari di sicuro li sa fare.

 

[7 gennaio] Migranti. Privacy. Tasse

 

Come noto Gentiloni ha inviato 470 militari italiani al confine tra la Libia e il Niger, che si aggiungeranno ai contingenti già stanziati da USA e Francia con il proposito dichiarato di contrastare il traffico di migranti e combattere il terrorismo.

Sappiamo anche che gli obiettivi ufficiali di tale iniziativa non rappresentano altro che una giustificazione per il consolidamento delle posizioni militari dell’imperialismo italiano, ansioso di difendere i recenti avanzamenti economici in Africa, dove quest’anno la nostra borghesia si attesta al terzo posto per investimenti esteri.

Fu di Renzi nel 2016 l’idea di realizzare un piano di investimenti pubblici e privati pari a 62 miliardi volto a favorire lo sviluppo dell’Africa subsahariana e a scoraggiare i flussi migratori verso la UE. Senonché può essere proprio un maggiore sviluppo che porta ad aumentare la migrazione. Infatti tutte le persone che volevano partire da tempo ma non ne avevano i mezzi, avranno poi la possibilità di farlo. Infatti la Nigeria – il Paese più sviluppato dell’Africa subsahariana (dopo il Sud Africa) in termini di PIL – è anche l’area dalla quale proviene il maggior numero di migranti diretti verso le nostre coste.

 

Con una circolare alla polizia giudiziaria, il procuratore di Napoli, Gianni Melillo, ha detto che le foto degli indagati, degli arrestati, fossero anche maggiorenni, non devono finire ai mezzi di informazione, perché la loro pubblicazione viola la dignità personale, in quanto la condizione di un arrestato è di particolare vulnerabilità. La circolare è nata dopo l’ennesima pubblicazione di una serie di foto segnaletiche di donne di San Giorgio a Cremano indagate per spaccio di droga.

Il diritto alla riservatezza, alla identità personale e alla protezione dei dati personali può venir meno solo per motivi di interesse pubblico. Tutto sommato, mi trova d’accordo.

 

Con le tasse ci sono Paesi UE messi peggio di noi. Belgio, Germania, Ungheria. Persino in Francia son più alte delle nostre. Il mantra della nostra destra becera è privo di senso. Per averle veramente basse bisogna andare in Svizzera (che è ricca coi soldi degli altri) o in Irlanda (che vuol diventare come la Svizzera).

 

[8 gennaio] Tasse universitarie. Cina. Mezzogiorno. Debito mondiale. Psicologia. Fitzgerald

 

Con un aumento medio delle tasse universitarie del 60% negli ultimi dieci anni, l’Italia si piazza al terzo posto tra quelli più cari del continente, dopo Olanda e Regno Unito. Con rette che superano i 2mila euro di media al Politecnico di Milano, che è l’ateneo più caro d’Italia. Nel 2016 i contributi versati dagli universitari sono stati più di 1/4 di quanto versato dallo Stato (sotto forma di Fondo di finanziamento ordinario) agli atenei. Per i soli corsi che si concludono col titolo di laurea, gli studenti hanno sborsato 1,762 miliardi di euro di tasse.

Il paradiso per gli studenti universitari in Europa è la Germania, dove non è prevista alcuna tassa sia per gli studenti europei sia per quelli non europei. Si paga solo una piccola somma tra 100 e 200 euro al massimo per semestre per coprire i costi di trasporto e gli altri servizi destinati agli studenti. Lo stesso vale per la Norvegia: si richiede solo una piccola cifra (tra 30 e 60 euro) per semestre per coprire i costi della carta studenti, che garantisce assistenza sanitaria, trasporti gratuiti e diverse riduzioni per attività ed eventi culturali.

In altri Paesi come l’Austria, la Danimarca, la Finlandia e la Svezia gli studi universitari sono gratuiti solo per gli europei. In Austria la tassa annuale per gli extra UE si aggira tra i 600 e i 1.500 euro. In Danimarca si va dai 6mila ai 16mila euro annui. La Finlandia ha introdotto da agosto 2017 un’imposta di 1.500 euro per i non europei, ma solo per i corsi di laurea in inglese. Quelli in svedese e finlandese restano gratuiti per tutti.

In Francia le tasse le pagano tutti ma sono molto basse. Per gli studenti UE e non UE si aggirano tra i 200 e i 650 euro annui, a seconda del livello e del programma di studio. Per Medicina si pagano più o meno 450 euro l’anno, per ingegneria circa 600 euro. In Spagna le lauree triennali costano tra 680 a 1.400 euro l’anno in media. Ancora di più in Olanda, dove per gli europei si superano anche i 2mila euro e per i non europei si sfiora anche la soglia dei 12mila. Il Paese più caro, ma anche tra i più ambiti per gli studenti di tutto il mondo, resta però l’Inghilterra, dove si pagano quasi 13mila euro l’anno per una triennale.

La proposta di Piero Grasso di abolire le tasse universitarie costerebbe 1,6 miliardi di euro. Con la legge di bilancio 2017 è stata alzata la no tax area fino a 13mila euro di Isee. Ma alcune università l’hanno aumentata fino a 15mila euro. Per ottenere l’esenzione totale, bisogna soddisfare determinati requisiti di reddito e di merito. Il risultato è che circa 1/3 degli studenti oggi rientra in quest’area.

 

Dal 1 gennaio di quest’anno la Cina ha vietato l’importazione di 24 tipologie di materie prime secondarie destinate al riciclo. Proibite sono soprattutto le plastiche post-consumo, il PET delle bottiglie, i sacchetti, il PVC delle bottiglie di sciampo e detersivi o per gli imballaggi alimentari, il PS delle posate usa e getta, ecc. Nella lista c’è anche una tipologia di carta da macero, quella “non selezionata”, i rifiuti misti e appiccicosi coi resti di cibo. Milioni di tonnellate di rifiuti o materiali resteranno entro i confini di tutti i Paesi sviluppati.

Sono molto preoccupati gli inglesi che esportavano, fino all’anno scorso, il 65% dei propri rifiuti di plastica, gli irlandesi, che ne riciclavano in casa solo il 5% e persino gli efficienti tedeschi capaci di trattare solo la metà del totale dei rifiuti plastici (come materia prima secondaria o per la produzione energetica).

Per vent’anni la crescita cinese è stata alimentata anche coi rifiuti delle economie sviluppate. Dal 1995 al 2016 le importazioni sono decuplicate passando dagli iniziali 4,5 milioni di tonnellate a 45 milioni nel 2016. Cioè più della metà delle esportazioni mondiali di rottami di rame e di carta da macero e oltre la metà degli scarti di plastica erano destinate al mercato cinese. Nel 2002 le importazioni di carta da macero si attestavano intorno ai 20 milioni di tonnellate annue. L’anno scorso erano 27 milioni. Nel 2017 la Cina ha importato 7,3 milioni di tonnellate di materie plastiche. Sono cifre pazzesche. Il valore commerciale delle importazioni cinesi in materie prime da recupero ha superato nel 2017 i 18 miliardi di dollari.

Ora la festa, per noi occidentali, è finita. I cinesi si sono accorti che il PVC rilascia diossina nell’ambiente. Il famigerato polistirene, che usiamo per i bicchieri del caffè da asporto o nei viaggi in aereo, riscaldato, rilascia il tossicissimo stirene. Poi ci sono i materiali compositi, gli imballaggi poliaccopiati di carta, polietilene e alluminio, usati per i contenitori del latte, della panna, dei liquidi alimentari: tutti difficilissimi da riciclare.

Chissà che un giorno non arriveremo a capire che l’ecologia è più importante dell’economia. Per adesso sappiamo soltanto che la decisione cinese mette in crisi il sistema di gestione dei rifiuti e l’industria del riciclo a livello globale.

 

Nel Mezzogiorno la contrazione del PIL tra il 2008 e il 2014 è stata di 13 punti, il doppio dei valori registrati nel Centro-Nord. A questi ritmi il meridione d’Italia recupererà i livelli pre-crisi nel 2028 (mentre il Centro-Nord nel 2019). Così dice la SVIMEZ.

La spesa pubblica ordinaria in conto capitale destinata al Mezzogiorno è in proporzione alla sua popolazione inferiore a quella per il Centro-Nord, anche se il primo “decreto Sud” ha introdotto il principio del riequilibrio territoriale, secondo cui al Mezzogiorno spetta una quota di risorse ordinarie proporzionale alla popolazione di riferimento, cioè il 34%.

 

Secondo l’Institute of International Finance il debito mondiale ha raggiunto l’incredibile cifra di 233.000 miliardi di dollari, ovvero il 325% del PIL mondiale. Considerando l’intera popolazione mondiale il debito pro capite è di 30mila dollari per ciascun individuo, inclusi i neonati.

In Italia è peggio, quasi 37.000.

 

Secondo lo psicologo Guy Winch per pensare positivamente bisogna frequentare persone positive. Oppure bere una tazza di tè caldo. E poi dicono che la psicologia non è scientifica.

 

Fitzgerald ha scritto Il grande Gatsby, la quintessenza del romanzo americano, mentre era a Parigi, sulla Costa Azzurra e in Italia.

La fantasia umana non ha confini, esclusa quella dei politici. Forse perché di umano hanno assai poco.

 

[9 gennaio] Oro. Lavoro femminile. Italia, economia. Rosatellum. Niamh Baldwin. FemAnonFatal. Italia, natalità

 

Un decennio fa le riserve auree di Cina e Russia si aggiravano intorno alle 400 tonnellate. Ora entrambi i Paesi ne detengono complessivamente 3.670 tonnellate ed entrambi rendono pubbliche le loro riserve d’oro e fanno riferimento al metallo prezioso come risorsa monetaria strategica. Invece gli Stati Uniti minimizzano costantemente il ruolo strategico dell’oro. Che senso ha?

È semplice, per la Russia e la Cina l’oro è l’unica risorsa strategica in grado di garantire l’indipendenza dal dollaro. Magari su questa risorsa potrebbero un giorno creare una nuova cripto moneta. Se insieme dimostrano di detenere più oro rispetto agli USA, ciò sarebbe, anche simbolicamente, un duro colpo per il dollaro e per la posizione degli USA nell’economia globale.

Dicono che il bitcoin è una specie di monetizzazione del baratto, proprio perché in questo momento non è una moneta garantita da riserve auree. Ma se tornassimo all’autoconsumo e al baratto puro e semplice non faremmo prima e non sarebbe meglio per tutti? Non potrebbero esserci bolle speculative, crac borsistici, debiti statali mostruosi, broker e usurai in giro, banche parassitarie, spese folli negli armamenti e naturalmente guerre mondiali. Niente capitali e niente oro, ma solo oggetti che uno scambia quando ne ha voglia...

 

Sono 37.738 le dimissioni volontarie registrate in Italia per i genitori con figli fino a 3 anni di età. Le donne che si sono licenziate sono state 29.879 e tra le neomamme 5.261 sono passate ad altre aziende, mentre le restanti hanno deciso di abbandonare il lavoro e dedicarsi alla cura dei figli. Una scelta dettata dalla mancanza di nidi, dai costi troppo alti per l’iscrizione, dal mancato accoglimento al nido per i pochi posti disponibili, dall’assenza di parenti disponibili a badare il neonato e dall’elevata incidenza dei costi della baby sitter. E sono proprio le donne con impieghi meno remunerativi costrette a lasciare il lavoro.

Questa non è una bella cosa, proprio per niente.

 

Gli italiani hanno pagato sui risparmi nel 2017 una tassa occulta di 10,6 miliardi di euro, 5 volte il gettito del canone Rai. Questa tassa altro non è che l’inflazione.

Secondo i dati della Banca d’Italia gli italiani detengono 873 miliardi di risparmi in contanti e su conti correnti a vista e un altro 456 miliardi in ulteriori depositi per un totale di liquidità pari a 1.329 miliardi. Siccome nel 2017 l’inflazione è stata dell’1,2% e il rendimento medio dei depositi è stato dello 0,4%, su questi 1.329 miliardi gli italiani hanno perso in termini reali lo 0,8%.

Cioè in pratica i risparmi sono andati sprecati in conti con rendimenti quasi zero.

Qui è il sistema bancario in sé che non funziona. Le banche fisiche, reali, bisognerebbe chiuderle tutte e limitarsi solo a quelle virtuali, le quali, avendo meno spese vive, dovrebbero riconoscere maggiori rendimenti al risparmio.

 

Nozze assurde all’ombra del “Rosatellum”. Chi è favore dell’eutanasia si allea con chi l’ha osteggiata. Chi ha criticato il decreto Sblocca-Italia con chi lo ha approvato. Chi definisce la legge elettorale “un imbroglio” si accorda con chi le ha donato il nome e la firma. Chi vuole l’Italia fuori dall’euro con chi spinge per gli Stati Uniti d’Europa. Chi ha difeso il Family Day stringe patti con chi vorrebbe il matrimonio egualitario e la stepchild adoption.

Distopie possibili solo grazie alla nuova legge elettorale che spinge a coalizioni purchessia: le liste civetta nate da operazioni di Palazzo e non sul territorio costrette ad ancorarsi ai grandi partiti per sfruttare l’effetto traino e superare la fatidica soglia del 3%; questi ultimi costretti ad accoglierle perché in una situazione così incerta a pochi mesi dalle urne ogni voto può essere decisivo nei singoli collegi.

Si vedono, all’apertura della campagna elettorale, alleanze posticce, improbabili fino a ieri, stipulate e messe nero su bianco oggi. Così si dispiega in tutta la sua potenza il “miracolo” del “Rosatellum”: favorire la nascita di coalizioni senza che i partiti che le compongono condividano un minimo programma comune prima del voto. Ciò che nel 2013 è avvenuto a urne chiuse pur di garantire la “governabilità”, ora avviene ben prima delle elezioni, senza remore o imbarazzi nel presentarsi ai cittadini con compagni di viaggio improvvisati, spuri e accomunati dalla bramosia di un seggio.

Andremo a votare turandoci il naso... D’altra parte sappiamo benissimo che ai partiti interessa molto di più la governabilità che non la rappresentanza, in quanto gli ideali son finiti sin dal tempo del craxismo.

 

Niamh Baldwin, una ragazzina di 14 anni della Cornovaglia, in Gran Bretagna, si è rasata i capelli per donarli alla Little Princess Trust, un’organizzazione che produce parrucche per bambini che hanno perso i capelli a causa del cancro. Un gesto di generosità che, però, non ha trovato riscontro positivo, almeno nella sua scuola. Infatti, quando Niamh è arrivata alla Mounts Bay Academy di Penzance, è stata punita e messa in isolamento per aver “infranto le regole”. Le è stato chiesto inoltre di indossare una sciarpa finché i capelli non le sarebbero ricresciuti.

 

Arriva sul web FemAnonFatal, ala femminile di Anonymous, la nuova costola del gruppo di hacktivisti, del portale Difesa & Sicurezza. “Per troppo tempo siamo state costrette a stare dietro le spalle di chi riteneva di poter controllare la nostra voce, per dirci come parlare, cosa indossare, con chi andare a letto, come votare, cosa definisce essere una donna e cosa l’uguaglianza. Non ci hanno mai visto come pari.”

FemAnonFatal è un collettivo, non è un posto per l’autopromozione né per l’odio, ma per la sorellanza.

 

In Italia una donna su due tra quelle in età compresa tra i 18 e i 49 anni non ha figli, cioè 5 milioni e mezzo di donne, più dell’intera Sicilia. Da anni deteniamo il poco invidiabile primato con l’indice di natalità più basso d’Europa: il numero medio di figli per donna era 1,35 nel 2015. Un dato che si è ulteriormente abbassato nel 2016 con meno 12.342 nati su un totale di appena 473.438 bebè. Il che, unito all’aspettativa di vita che continua a crescere grazie ai progressi della medicina, fa dell’Italia uno dei Paesi più vecchi del mondo. Ecco gli ultimi dati: la speranza di vita alla nascita (vita media) è passata da 80,1 anni a 80,6 anni per gli uomini e da 84,6 a 85,1 per le donne. L’età media della prima gravidanza è 31 anni.

Con questi numeri lo ius soli dovremmo riconoscerlo subito.

 

[10 gennaio] Cina

 

La Cina s’è stufata di comprare il debito degli USA. I titoli statali non rendono più come prima. Sta cercando di meglio.

L’economia americana però ha un debito pubblico in continua crescita, oltre i 20.604 miliardi di dollari, e fa affidamento sui nuovi finanziamenti tramite l’emissione di debito.

I rendimenti dei bond americani a 10 anni hanno appena superato la soglia chiave del 2,5%. Questo significa che per il governo finanziarsi sul mercato diventerà sempre più costoso.

Sappiamo che gli americani sono abituati a vivere nel benessere, ben al di sopra delle loro risorse, anche a costo di indebitarsi fino al collo. Hanno fiducia di risolvere i loro problemi perché dominano mezzo mondo. Contano sul fatto che gli ingenui continueranno a comprare il loro debito, perché nessuno può pensare a un fallimento degli USA, almeno non senza pensare a un tracollo del mondo intero...

 

[11 gennaio] Davos. Web nazionale. Ludopatia. Cina. 41bis

 

Come ogni anno, a gennaio, si tiene a Davos il World Economic Forum (WEF), dove si incontrano i dirigenti economici di istituzioni internazionali come il FMI, l’OMC e la BCE, cercando di mostrare al mondo che si interessano seriamente di risolvere i problemi sociali, la povertà e l’oppressione, quando essi, come maggiori rappresentanti dell’ordine economico e sociale capitalista, ne sono di fatto l’origine principale.

Anche quest’anno, contro il WEF, il Movimento per il Socialismo (MPS) organizza venerdì 12 e sabato 13 gennaio a Zurigo il Forum alternativo, l’Altro Davos.

Quest’anno il Forum alternativo è interamente dedicato al ruolo delle donne nelle lotte sociali, nei diversi Paesi del mondo, a partire dal movimento internazionale Ni Una Menos, lanciato in Argentina nel 2015.

In Italia naturalmente di tutto ciò non si sa nulla.

 

Solo il 71% degli italiani usa il web e di questi solo il 29% fa acquisti. In Norvegia, rispettivamente, i numeri sono 98% e 78%! E poi dicono che non esistono la razze superiori!

Ma noi cosa compriamo? Beni durevoli su Amazon eBay, qualunque cosa riguardi il turismo e il tempo libro e, udite udite, libri. Libri? Ma non sono gli italiani che scrivono senza leggere? Ecco smontato un pregiudizio. Semmai dovremmo chiederci: l’altro 30% che non frequenta la rete, cosa fa?

 

Si è calcolato che per ogni persona ludopatica ce ne sono altre sette che ne subiscono le conseguenze. Questo perché, se prima del 2003 il gioco d’azzardo era limitato ai casinò, oppure a momenti precisi, come le estrazioni del lotto e le lotterie, oggi invece, per finire dritti all’inferno, c’è una slot-machine ogni 130 ab. tra bar, tabacchi, sale giochi e sitiweb. Nel 2016 ci siamo giocati 96 miliardi di euro, di cui 19 perduti.

Stiamo diventando peggio degli inglesi, che pur scommettono su tutto e in 430.000 sono ludopatici, di cui ben il 20% è minorenne.

 

Dal 1 gennaio la Cina non prende più la plastica dell’occidente da riciclare, per farne giocattoli per bambini. Per questo la prossima settimana la Commissione europea presenterà un pacchetto di misure, tra cui una tassa sulla plastica, per disincentivarne l’utilizzo, che da noi è abnorme. Infatti, nonostante il riciclaggio, finisce nei rifiuti.

D’altra parte dobbiamo colmare il buco da 12-14 miliardi che si aprirà dopo la Brexit. Si è anche proposto di destinare al bilancio comune i ricavi dello scambio di quote di emissioni nocive (Ets) che oggi invece incassano i singoli Stati.

 

Io credo che alla lunga il regime di tortura del 41bis, e una pena realmente senza fine come l’ergastolo ostativo, abbiano rafforzato la cultura mafiosa, perché hanno innescato odio e rancore verso le Istituzioni anche nei familiari dei detenuti.

Penso che sia davvero difficile cambiare quando sei murato vivo in una cella e non puoi più toccare le persone che ami, neppure in quell’unica ora al mese di colloquio che ti spetta. Con il passare degli anni i tuoi stessi familiari cominciano a vedere lo Stato come un nemico da odiare e c’è il rischio che i tuoi figli, che si potrebbero invece salvare, diventino loro stessi dei mafiosi.

Così dice Carmelo Musumeci e io penso abbia ragione, almeno sul piano umano.

 

[12 gennaio] Sardex. Deficit/PIL. Ricerca universitaria. Omosessualità. Brexit

 

Dal 2009 Serramanna in Sardegna è diventato il quartier generale di Sardex, un circuito economico integrato per fornire ai soggetti economici di un territorio gli strumenti di pagamento e di credito paralleli o complementari ai canali ufficiali delle banche. Non è una moneta virtuale come il bitcoin e neppure di carta, ma un meccanismo di compensazione che somiglia a quello della Banca del tempo. Solo che qui ci sono debiti e crediti tra aziende locali che si scambiano beni e servizi a tasso zero. Sardex è quindi una unità di conto cui ogni impresa iscritta con una quota annuale, fa riferimento. Ciascuna transazione prevede una regolare fattura in euro, con tanto di imponibile e modalità di pagamento. Un sardex vale un euro. Gli scambi devono essere trasparenti e rintracciabili. Ovviamente il contatto diretto tra gli operatori e la fiducia reciproca sono fondamentali, poiché si tratta di incrociare in maniera soddisfacente la domanda e l’offerta di tutti gli iscritti. È una specie di baratto multilaterale, senza capitali in deposito, senza riserve o mutui in crediti. Ora sardex è stato aperto anche alle persone fisiche. Questo circuito si è già sviluppato in altre 11 Regioni italiane. In Sardegna le p. iva iscritte sono circa 4.000.

 

11 Paesi europei nel 2016 sono riusciti a far calare le spese al di sotto delle entrate (o a far salire queste ultime al di sopra delle uscite). Non c’è solo la solita Germania, in avanzo dello 0,8% sul PIL, o la Svezia e i Paesi Bassi, ma anche la Grecia con un +0,5%. E poi Bulgaria, Lettonia, Lituania, Repubblica Ceca, Malta, Cipro e il Lussemburgo.

Il rapporto deficit/PIL, quello che per il trattato di Maastricht dovrebbe rimanere sotto il 3%, sembra un limite molto penalizzante solo per noi. Ma non è così. In realtà se è vero che l’Italia è sotto la media UE, con un deficit del 2,5%, è anche vero che in fondo alla classifica vi sono Francia e Spagna, anche se naturalmente quello che va valutato è il trend, non solo il valore di un anno.

 

A quali dipartimenti di ricerca universitaria eccellenti sono stati assegnati dal Miur 1,35 miliardi di euro, in cinque anni? Il 59% sta al Nord, il 28% al Centro e solo il 13% al Sud.

Negli ultimi anni le università del Sud hanno già sperimentato una forte contrazione delle risorse: -14% tra il 2008 e il 2014 per il Centro-Sud contro il -3,2% del Nord. Tra le prime mille università del mondo (5% del totale), l’Italia ne ha il 10%. Consoliamoci: gli USA solo l’8,5%.

 

“Luca era gay ma un giorno accade qualcosa, rientra in se stesso e decide di intraprendere un percorso di conversione, su base psicologica e religiosa, che lo porta a riappropriarsi della sua mascolinità ed eterosessualità”. È quanto scritto su un manifesto affisso in uno studio medico di Savona e finito nel mirino dell’Arcigay locale.

Su base religiosa? A parte l’evidente discriminazione, ma siamo sicuri che il clero cattolico sia in grado di favorire una conversione del genere?

 

Nigel Farage aveva avuto un ruolo chiave nella convocazione del referendum detto Brexit, spingendo il governo dell’allora premier David Cameron a organizzare la consultazione.

Oggi ha dichiarato d’essersi pentito e che forse ci vorrebbe un secondo referendum.

Questi inglesi son davvero ridicoli.

 

[13 gennaio] Bitcoin. Golden visa. Italia e Iran. Debito pubblico. Germania. Redditi parlamentari. Vaticano. Scuola

 

La Corea del Sud è sede di uno dei più grandi mercati di scambio tra privati di criptovalute e si stima che oltre due milioni di persone nel Paese possiedano le più note monete digitali. Il commercio sudcoreano di Bitcoin rappresenta oltre il 20% del commercio mondiale di questa valuta. Il governo sta cominciando a preoccuparsi.

Nel settembre 2017 la Cina ha deciso di mettere al bando le criptovalute, anche chiudendo alcune piattaforme online di trading di Bitcoin. Teme soprattutto che possano essere usate per attività criminali.

Viceversa il Giappone ha riconosciuto ufficialmente il Bitcoin come valuta legale, dichiarando che avrebbe provveduto a regolamentare il mercato. L’Australia ha fatto altrettanto.

Nel capitalismo quando uno è drogato di profitti non gli puoi dare un semplice paradiso fiscale... Come non puoi dare a un eroinomane incallito del metadone...

 

Portogallo, Spagna, Cipro e Grecia offrono un golden visa, cioè un permesso di residenza che garantisce la circolazione nell’area Schengen a chiunque compia un rilevante acquisto immobiliare. In Grecia basta investire 250mila euro in una proprietà, senza l’obbligo di spostare la residenza, per ottenere questo prezioso visto, che somiglia a una sorta di green card americana. Per coloro che decidono di spostare la residenza in Grecia, viene riconosciuta dopo sette anni anche la cittadinanza.

Sono già stati investiti in proprietà greche 513 milioni di euro. Dal 2013 all’ottobre di quest’anno sono 2.053 i visti d’oro assegnati: il 43% appartengono a cinesi, il 18,6% a cittadini russi e l’8,4% a cittadini turchi.

 

Cinque miliardi di euro: a tanto ammontano i finanziamenti tra Iran e Italia sulla base di un accordo quadro siglato tra Invitalia Global Investment e le banche iraniane Bank of Industry and Mine e Middle East Bank. I settori interessati sono quelli di infrastrutture e costruzioni, settore petrolifero e gas, generazione di energia elettrica, industrie chimica, petrolchimica e metallurgica.

Come dire: se fai affari con un coccodrillo che di tanto in tanto si mangia i suoi piccoli perché ha fame, a te che t’importa?

 

La somma dei costi delle promesse elettorali ad oggi viaggia sui 200 miliardi, con la prospettiva di una possibile correzione dei conti per 4 miliardi.

Debito a gogò, e poi il nuovo governo metterà delle tasse per colpa dell’Europa e dei governi precedenti. Più le spari grosse e più voti prendi, tanto poi una scusa per non far nulla, che naturalmente ci berremo, si trova. Ci indebitiamo, spendiamo, rubiamo e distribuiamo ai complici, poi al fesso che paga diciamo che la colpa è della EU.

Sbaglierò ma mi sembra un film già visto...

 

Con 28 paginette scritte in tre giorni in Germania han risolto la crisi di governo... Noi invece siamo sempre in campagna elettorale, anche subito dopo aver votato...

 

Gli europarlamentari italiani hanno un reddito medio annuale di ben 213.924 euro, costituito di diverse voci, di quasi 50 mila euro superiore a quello dei parlamentari nazionali. La prima voce del cedolino comprende indennità e bonus di varia natura ed è fissa di 7.956,87 euro, ma si deve sommare ad un rimborso di spese generali a 4.299 euro, il rimborso per viaggi, alloggio e spese connesse di 4.323 euro, un rimborso giornaliero di 304 euro e una indennità giornaliera di 152 euro per qualunque trasferta fuori dai confini europei. Terminato il mandato, c’è il vitalizio, che si può prendere a 63 anni: 1.392 euro per un mandato, 2.784 per due, 5.569 euro dai 20 anni in su.

Eppure molti nostri europarlamentari vogliono tornare in Italia, forse perché, non essendo passata la riforma dei vitalizi, quando avranno compiuto 65 anni di età, percepiranno 2.486 euro al mese dopo una legislatura, 4.973 euro dai 60 anni con due, 7.460 euro con tre.

 

“C’è una lobby gay in Vaticano”, ammetteva già papa Ratzinger e ha ammesso poi papa Bergoglio. Una lobby che usa il sesso per prevaricare e costruire una serie di rapporti di alleanza che si oppongono ai tentativi di pulizia e rinnovamento della Chiesa che ha in mente papa Francesco. Il capitolo finale di “Peccato originale”, nuovo libro inchiesta di Gianluigi Nuzzi, è tutto dedicato a questo esplosivo retroscena salito alla ribalta delle cronache recenti, che attende sviluppi giudiziari.

Don Patrizio Coppola, già compagno di studi religiosi di don Capozzi finito in manette, ha affermato che, in base ai dati raccolti, il 70% dei preti sono gay, il 20% si sforza di rispettare il voto di castità, il rimanente 10% è etero ma sessualmente attivo.

 

Le dieci professioni oggi più richieste dal mercato non esistevano 10 anni fa e il 65% dei bambini che ha iniziato le scuole elementari nel 2016 affronterà un lavoro di cui oggi non si conoscono le caratteristiche.

Questo significa che la scuola se non si collega strettamente alla realtà, diventerà sempre più obsoleta.

 

[14 gennaio] Erboristeria. Tunisia.

 

Tramite un decreto legislativo della presidenza del Consiglio dei ministri, che ha predisposto l’abrogazione della legge del 1931 sulla “Disciplina della coltivazione, raccolta e commercio delle piante officinali” − il testo che istituisce la figura professionale dell’erborista in Italia − sarebbero a rischio più di mille aziende di trasformazione e commercializzazione, oltre a cinquemila erboristerie.

Cioè in pratica la legge del 1931 che regola l’attività di erboristi ed erboristerie in Italia rischia di essere abrogata, mettendo a rischio l’intero settore erboristico, dopo ben 90 anni di storia, rendendo di fatto vana anche la laurea in Erboristeria.

Il decreto è stato proposto all’esecutivo dal Ministero delle Politiche Agricole e prevede, all’articolo 8, l’abrogazione “totalmente e senza mezzi termini” della legge n. 99 del 1931. In questo modo la vendita, il consiglio, la miscelazione delle piante officinali e dei loro derivati, attività svolta finora dall’erborista, diventerebbe una pratica consentita a chiunque (da cui la deregulation), in mancanza della indispensabile conoscenza sul riconoscimento e sulla sicurezza delle piante officinali.

La deregulation dell’erboristeria rischia pertanto di creare anche danni alla salute pubblica, consentendo a chiunque di improvvisarsi erborista, anche in mancanza delle conoscenze indispensabili per lavorare in sicurezza.

 

Perché sono scoppiate delle proteste in Tunisia contro i tagli al bilancio e il rincaro dei prezzi? Semplicemente perché il governo ha dovuto piegarsi al piano di austerità voluto dal Fondo Monetario Internazionale.

Come dire: sei indebitato fino al collo e hai bisogno di crediti? Te li do io, con un certo tasso d’interesse, perché qua non si fa beneficenza a nessuno. Non sei in grado di restituirmeli? Bene, ora il tuo Paese è nelle mie mani e se non paghi fino all’ultimo cent, aspettati qualunque cosa...

 

[15 gennaio] Crisi economica mondiale. Fascioleghismo. Carillion. Berlusconi. Fondo Monetario Europeo

 

Il peso degli investimenti sul PIL mondiale non è ancora tornato ai livelli del 2007, sicché le immani “iniezioni di liquidità” delle banche centrali non fanno che ingigantire una bolla speculativa di dimensioni spaventose.

Incapace di ristabilire saggi di profitti allettanti, investendo in macchinari, impianti o mezzi di produzione in genere, l’enorme ammontare di denaro stampato dalla FED e dalla BCE si sta concretizzando in azioni, derivati, titoli di stato ecc, ovvero in montagne di debiti che fanno rabbrividire gli stessi strateghi del capitale.

Questa spirale perversa è frutto del capitalismo meramente finanziario. L’unico davvero produttivo, su scala mondiale, è quello cinese.

Alzi la mano chi non ha mai acquistato un prodotto made in China perché pensava che fosse una schifezza.

 

“Qui non è questione di essere xenofobi o razzisti, qui è questione di essere logici e razionali. Non possiamo accogliere tutti i migranti che cercano di arrivare in Italia perché tutti non ci stiamo (con le campagne del tutto spopolate che abbiamo!?) e dobbiamo quindi fare delle scelte. Dobbiamo decidere se la nostra etnia (gli italiani una etnia???), se la nostra razza bianca (KKK???), se la nostra società deve continuare a esistere o se la nostra società deve essere cancellata”. Lo ha detto Attilio Fontana, leghista e candidato del centrodestra alla presidenza della Regione Lombardia. Ha poi spiegato che “è una scelta, se la maggioranza degli italiani dovesse dire ’noi vogliamo autoeliminarci’, vorrà dire che noi ce ne andremo da un’altra parte”. (Noi chi? I leghisti? Grave perdita...)

Ha poi commentato Salvini: “Al governo normeremo ogni presenza islamica (perché proprio quella islamica e non anche quella cinese buddista o atea o rumena ortodossa?) nel Paese. Esattamente come in tempi non sospetti ha sostenuto Oriana Fallaci (campionessa della democrazia!), siamo sotto attacco, sono a rischio la nostra (leghista o italiana?) cultura, società, tradizioni, modo di vivere. È in corso un’invasione (non c’è Stato europeo che, in rapporto a noi, non abbia più immigrati di noi!) a gennaio sono ripresi anche gli sbarchi. Il colore della pelle non c’entra niente (ma la religione sì!) e c’è un pericolo molto reale: secoli di storia che rischiano di sparire se prende il sopravvento l’islamizzazione finora sottovalutata (facciamo una crociata, Dio lo vuole!)”. E su Twitter rincara: “Record di sbarchi di clandestini in gennaio: già 841 da inizio anno (+15% rispetto all’anno scorso). E negli alberghi ne stiamo mantenendo 183.681. Non vedo l’ora che mi diate la possibilità di fermare questa invasione, organizzata e finanziata (da chi? vogliamo i nomi!) per cancellare la nostra cultura”.

La nostra cultura? Quella della Lega? “È stato solo un qui pro quo”, ha detto Fontana. Come dire: “Non ci siamo capiti”.

Questi cialtroni non comprendono che l’attacco alla democrazia ce l’abbiamo tutti i giorni, a prescindere dagli immigrati, poiché, dopo aver votato, in nessun Paese occidentale (salvo forse la Svizzera, anche se la percentuale dei votanti è piuttosto scarsa) l’elettore può far qualcosa per controllare l’operato di chi ha eletto, anche perché i parlamentari godono dell’immunità (impunità) parlamentare.

 

L’azienda Carillion, la seconda più grande del Regno Unito nel settore delle costruzioni edili, con 43.000 dipendenti in tutto il mondo, è improvvisamente fallita. L’indebitamento netto della Carillion è stato di 571 milioni di sterline, quasi il doppio rispetto all’anno precedente. Gran parte del suo debito è detenuto da banche, tra cui Royal Bank of Scotland, Barclays Bank Plc e Lloyds.

E pensare che il leader del partito laburista Jeremy Corbyn, lo diceva da tempo: “la politica governativa che consiste nel convincere i contraenti del settore privato a realizzare progetti del settore pubblico, è un incredibile shithole.”

 

Il Cavaliere[2] ha detto che i grillini sono più pericolosi della sinistra, perché, essendo invidiosi di chi è ricco, metterebbero tasse altissime.

Ma questa cosa la diceva anche della sinistra. Quindi i grillini sarebbero il nuovo PC? Ma allora bisogna votarli!

 

“Vogliamo operare una vera e propria rivoluzione fiscale, la flat tax, con un’unica aliquota pari o inferiore alla più bassa di quelle attuali, al 23%”, ha detto Berlusconi, spiegando che la misura sarà coperta con la “minore evasione e minore elusione per almeno 40 miliardi”.

Sembra una delle sue solite barzellette.

 

Nel recente accordo preliminare della Grande Coalizione tedesca si è conquistato una citazione il Fondo Monetario Europeo, che diventerà, con il superministro dell’Economia, il nuovo strumento per governare l’Unione, e quindi anche noi italiani, in maniera ancora più incisiva di quanto accaduto in passato.

È noto che il 31 ottobre del 2019 scadrà il mandato di Draghi alla Banca Centrale Europea, salvatore dell’Italia con il Quantitative Easing e della patria europea, lo strumento con cui sono stati acquistati titoli mensili di Stato di vari Paesi dell’Eurozona: Italia, Irlanda, Spagna, Portogallo, Grecia e Cipro.

Il Meccanismo europeo di stabilità e il Fondo salva stati hanno erogato 273 miliardi ai suddetti Paesi in gravi difficoltà, privi di accesso ai mercati per rifinanziare i debiti.

Ora, il Fondo Salva Stati diventerà il Fondo Monetario Europeo. Il Quantitative Easing della BCE dovrebbe finire tra settembre e dicembre 2018, facendo venir meno l’importante supporto degli acquisti agevolati dei titoli statali.

Il nuovo FME avrà il compito della sorveglianza, intervenendo prima che la crisi di un Paese esploda, proprio per evitare di intervenire dopo.

La Germania infatti ha già chiesto maggiori poteri di vigilanza sulle politiche fiscali, sui bilanci statali dell’Eurozona, cioè un ruolo di controllore dei conti pubblici.

Come funzionerà il Fondo? Le decisioni più importanti, come il salvataggio di un Paese, dovranno essere prese all’unanimità. Come aprire i rubinetti del credito lo deciderà una maggioranza qualificata, pari all’85% delle quote. Chi ha più del 15% ha il diritto di veto.

Si pensa che l’Italia, a causa del suo debito statale mostruoso, avrà una quota inferiore al 15%, quindi praticamente sarà tenuta sotto controllo da parte di Francia e Germania.

Tutto chiaro?

 

[16 gennaio] Politica incoerente. Razzismo

 

Renzi nel 2012 scriveva su Facebook “con noi niente Casini e niente inciuci”, ma cinque anni candida proprio Casini a Bologna e l’unico suo orizzonte possibile per governare sembra essere quello di una grande coalizione con Forza Italia e Berlusconi.

La pseudo-sinistra lo scorso 8 dicembre ha sfilato a Como contro tutti i fascisti, ma poi Liberi e Uguali ha deciso di non allearsi con Giorgio Gori, candidato PD, a governatore della Lombardia, col risultato di fare un grande regalo ad Attilio Fontana, candidato leghista che dedica parchi a Giovanni Gentile, filosofo fascista e repubblichino, che ha intenzione di cacciare dalle città gli accattoni molesti e che parla tranquillamente di “razza bianca”, come fosse la cosa più normale del mondo. Non è abbastanza di sinistra, dicono di Gori, mentre governano con lui a Bergamo.

Salvini diceva cinque anni fa che “Nessun leghista è disposto a puntare ancora su un’alleanza con Berlusconi”. Ora invece lo considera il suo migliore alleato, perché può portarlo al governo.

Scalfari nel 2017 è passato alla storia per aver detto che Berlusconi è simpatico e che l’avrebbe preferito a Di Maio.

De Benedetti – editore del giornale che aveva costruito una campagna stampa contro la legge bavaglio sulle intercettazioni telefoniche – ha fatto un favore all’odiato Cavaliere impallinando Renzi con le sue chiacchiere al cellulare sul decreto banche popolari.

Di Maio a dicembre dice di votare Sì per uscire dall’Euro, ma a gennaio dice che non è più il momento di farlo.

È proprio vero, in politica la coerenza non è una virtù. Chissà che il 4 marzo gli elettori non siano capaci di smentire ogni previsione.

 

Le razze? Ci sono, ne parla Dio e sono riconosciute anche dalla stessa Costituzione italiana e se la Lega va al governo è possibile pensare a norme che le tutelino. Tony Iwobi, nigeriano e responsabile della Lega per l’immigrazione non ha dubbi nel difendere a spada tratta quanto affermato dal candidato governatore per la Lombardia, Attilio Fontana, sulla conservazione della razza.

Come dire: io, in quanto nigeriano, sono riuscito con molta fatica a integrarmi con gli italiani e ora non vorrete che qualche stupido negrazzo, sfruttato da gente senza scrupoli, venga qua a rompere le uova nel paniere.

 

“Ammetto di aver usato un’espressione... Apro una parentesi: dovremmo cambiare anche la Costituzione, che è la prima a dire che esistono delle razze”. Lo ha detto il candidato del centrodestra alla Regione Lombardia Attilio Fontana, a TgCom24. Ha poi aggiunto: “È stata una frase inopportuna ma il principio rimane, il problema bisogna affrontarlo, se si vuole in futuro risolvere questa situazione che rischia di esplodere e di creare problemi di carattere sociale”.

Perché qualcuno non spiega a questo intellettuale gentiliano che la Costituzione è stata scritta nel 1947, quando ancora si usava la parola “razza”, e che oggi nessun magistrato o politico si sognerebbe di usarla al posto di etnia o tribù o nazione?

 

La catena di grandi magazzini svedese H&M è finita alla gogna con l’accusa di razzismo per una pubblicità che ritraeva in posa un bambino di origine kenyota che vive con la famiglia a Stoccolma con addosso una felpa con scritta la frase “the coolest monkey in the jungle” (la scimmia più alla moda nella giungla). Manifestanti inferociti hanno assalito alcuni dei negozi di H&M in Sudafrica.

Ma per la miseria, te le vai a cercare! C’è gente che per molto meno ti fa saltare in aria, come a quelli di “Charlie Hebdo”, e tu ti permetti delle assurdità del genere! Ma cosa voleva essere, una provocazione? Come quando Calderoli si mise quella maglietta anti-islam? Fu poi costretto a dimettersi quel troglodita. Ti meriteresti un bel boicottaggio, come Israele se lo meriterebbe coi pompelmi Jaffa. Sempre per motivi di razzismo.

 

Se fossi al governo darei a ogni Regione autonomia fiscale al 100%, poi le obbligherei ad accollarsi l’intero debito pubblico in rapporto ai singoli PIL regionali e al numero degli abitanti. Se una Regione non è in grado di pagare, altre l’aiuteranno con patti e convenzioni. Politicamente darei tutti i poteri d’indirizzo generale al Parlamento europeo, perché l’idea di un’Europa unita è giusta e affiderei a quello nazionale solo dei poteri di coordinamento interregionale. In compenso darei ampi poteri esecutivi ai parlamenti regionali e ai consigli comunali, al fine di sviluppare il più possibile la democrazia diretta.

Cose da pazzi, mi rendo conto, ma in Facebook un post vale l’altro... In ogni caso sappiamo tutti che, da quando è nata la Costituzione ad oggi, nessun partito ha mai parlato di democrazia diretta, salvo i 5Stelle, nella maniera approssimativa e virtuale che conosciamo. Negli anni ’70 la sinistra lottava a favore degli enti locali territoriali contro il centralismo statale voluto dalla DC, che in questo ereditava l’ideologia fascista. Da allora la sinistra è andata alla deriva. E oggi siamo in una situazione tale per cui la crisi della democrazia rappresentativa non verrà sfruttata da chi vuole la democrazia diretta (la dialettica tra le due forme di governo non c’è mai stata), ma verrà sfruttata dai fascioleghisti o da qualche forma di presidenzialismo, naturalmente sempre in nome della democrazia.

Una democrazia rappresentativa a livello nazionale è diventata ormai una contraddizione non termini. Infatti, obiettivamente parlando, a prescindere da qualunque considerazione sui sistemi elettorali, quanti elettori potrebbero davvero sentirsi rappresentati da un loro eletto? A quanti elettori sarebbe in grado di rendicontare periodicamente? Quanti elettori potrebbero tenerlo costantemente sotto controllo? Tutte le proporzioni previste dalla democrazia rappresentativa parlamentare nazionale, qualunque esse siano, non hanno nulla di veramente democratico. Era più democratica la democrazia ateniese, per quanto escludesse le donne, gli schiavi e gli stranieri.

Certo, se dovessimo limitarci alla democrazia diretta dei 5Stelle, dovremmo dire che è illusorio sostituire il reale (locale) col virtuale (nazionale), anche perché alla fine la democrazia diretta viene in realtà esercitata da pochissime persone in rapporto al numero degli elettori nazionali del loro movimento (che li hanno portati dal nulla al 32%). Diciamo che, posta la priorità della democrazia locale diretta (unica alternativa a quella delegata nazionale, che andrebbe conservata solo per scopi specifici), si può sempre usare, grazie alla trasformazione della tecnologia (telematica), una sorta di democrazia diretta virtuale, su argomenti di qualsivoglia natura, per avere indicazioni di carattere generale su come comportarsi a livello locale. L’importante è affermare che votando no per sostenere la democrazia rappresentativa come se fosse la quintessenza della democrazia in sé, è quanto meno illusorio, mistificante.

Insomma noi dobbiamo uscire da questa filosofia hegeliana che considera lo Stato un ente che dà senso alla società civile. Sono i Comuni che devono avere potere legislativo nell’ambito di loro competenza. I Comuni sono concreti, lo Stato è astratto.

 

[18 gennaio] Missioni di pace. Africa, età media. Gene Gnocchi

 

Il piano per l’impiego dei militari in operazioni all’estero per il 2018 prevede, oltre a un aumento dei costi (da 1,4 miliardi spesi nel 2017 a 1,5 previsti fino a settembre), un ridimensionamento delle missioni in Iraq e in Afghanistan, un rafforzamento di quella in Libia, e due nuovi interventi,in Tunisia e in Niger.

Quella in Niger è fuori da qualunque mandato ONU o NATO, e ci vedrà impegnati (con un contingente che potrà arrivare a 470 uomini) laddove sono già presenti, con forze ben più massicce, USA, Francia e Germania.

I 6.698 soldati italiani che nel 2017 sono stati impegnati in 35 missioni all’estero in 24 Paesi non hanno fermato l’ISIS, né altri eserciti di quella portata. Nella quasi totalità dei casi i nostri militari hanno svolto quella cooperazione civile-militare che contribuisce al raggiungimento degli obiettivi civili in tutti i campi (giustizia, cultura, economia, sociale, sicurezza, ecc.).

La missione in Niger è la logica prosecuzione dell’impegno in Libia, cioè del tentativo di risalire la corrente del più imponente flusso migratorio, quello che dal Sahel porta centinaia di migliaia di disperati verso l’Europa.

 

I cinque Paesi al mondo con l’età media più bassa sono tutti africani e li guida il Niger, dove l’età media è poco sopra i 15 anni. Gli altri sono l’Uganda e il Mali (che confina con il Niger), attestati sui 15,5 anni, e poi il Malawi e lo Zambia (16 anni). Mentre nella UE l’età media viaggia ormai verso i 43 anni.

Noi siamo vecchi e abbiamo paura dei giovani. E pensiamo di risolvere le nostre paure usando i militari.

 

La battuta di Gene Gnocchi sul maiale che gira per Roma (“è femmina e si chiama Claretta Petacci”) ha fatto ridere tutti alla trasmissione “Di martedì” su La7, ma da ieri la destra ha cominciato a insultarlo, mentre la sinistra tace.

Una donna fucilata senza processo, e forse persino stuprata, colpevole penalmente di nulla, e appesa per i piedi, può forse essere ricordata per fare battute?

Gene, dai retta a me, vai a casa. Sai con queste volgarità quanti voti hai regalato alla destra? Sei un nulla come il tuo pseudo-partito.

 

[19 gennaio] Soros. Catalogna. Peste. Italia, natalità. Brexit. CNEL

 

Il governo di Budapest sta preparando un pacchetto di leggi contro le organizzazioni civili finanziate da Soros, accusato di voler favorire l’immigrazione musulmana, e vuole anche vietare l’entrata nel Paese del magnate americano-ungherese.

Soros è uno 30 uomini più ricchi del mondo, un burattino miliardario della famiglia Rothschild che destabilizza, attraverso alcune ong, intere nazioni finanziando programmi destinati alla “giustizia sociale” e corrompendo politici.

 

Il nuovo presidente del Parlamento catalano è l’indipendentista Roger Torrent, che ha ottenuto 56 preferenze anche da parte dei partiti unionisti. Alla faccia di Rajoy, che però si ostina a pretendere l’arresto di Puigdemont se rientra in Catalogna.

Si può essere più ottusi di così?

 

L’Organizzazione mondiale della sanità ha segnalato che la peste ha contagiato 3.248 persone dal 2010 al 2015, uccidendone 584. Sappiamo tutti che l’igiene è molto importante, a livello personale ma anche a livello di pulizia dei luoghi di vita e delle città.

Quello che non sapevamo è che i topi non c’entrano niente. Ci si ammala per le goccioline di aria respirata e per i pidocchi corporali e le pulci che vivono sugli esseri umani e sui loro vestiti.

 

In Italia il numero di cittadini indigeni si sta riducendo al ritmo di un quarto di milione ogni anno.

Se le previsioni ufficiali di Eurostat sono corrette, entro 60 anni al massimo il 50% degli abitanti italiani sarà di origine africana o asiatica.

Cerberus 2.0 ha calcolato che nel 2016 l’ Italia avrebbe dovuto contare 55 milioni di persone. Eppure, secondo l’ISTAT c’erano 60 milioni di abitanti, il che significa che 5 milioni di loro erano immigrati. Con l’immigrazione zero e l’attuale tasso di natalità Cerberus 2.0 prevede che nel 2080 la popolazione italiana si ridurrà a circa 27 milioni di persone e nel 2100 si ridurrà ulteriormente del 60% a 20 milioni, che è lo stesso risultato previsto per il Giappone.

Chi parla di “razza bianca” accetterà che la pensione gli venga pagata da uno straniero?

 

Gli inglesi che pretendono di fare affari con la UE come quando ne facevano parte, sono ridicoli. Ha fatto bene Macron a precisarlo: o fate come i norvegesi, che per interagire con la UE contribuiscono al suo bilancio, oppure vi attaccate al tram.

È un concetto semplice, che però Tajani non ha avuto il coraggio di formulare.

 

Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro ha un nuovo presidente e 48 consiglieri già scelti a fine agosto, la cui nomina è stata firmata dalla sottosegretaria Maria Elena Boschi, madrina della riforma costituzionale che voleva abolirlo.

A breve avrà anche un nuovo Segretario generale, una decisione “a Camere sciolte”. Dopo la scampata abolizione con la vittoria del No al referendum che ha bocciato la riforma Boschi, il Consiglio si rimette quindi a nuovo nel giro di pochi mesi.

Come dire: la paura fa 90 ma la speranza è l’ultima a morire e alla fine una mano lava l’altra.

 

[20 gennaio] Beni culturali. Formazione a distanza

 

Dicono che Franceschini, il ministro dei beni culturali, abbia concentrato tutta la sua azione su come aumentare gli introiti dei beni culturali e che abbia completamente abbandonato la tutela. Come se con la propria auto si volessero fare più chilometri possibile, spendendo tutti i soldi per la benzina, anche quelli che servirebbero per fare i tagliandi e cambiare l’olio.

Eppure i musei hanno superato i 50 milioni di visitatori con quasi 200 milioni di incassi. Il successo è dovuto anche al fatto che il turismo è in crescita notevole, essendo l’Italia priva di attentati terroristici.

Tuttavia siamo terzultimi in Europa, con lo 0,4% del PIL, davanti solo a Irlanda e Romania, per investimenti nella cultura. La colpa di ciò sta nei tagli feroci operati negli anni passati, che hanno toccato il culmine con il governo Berlusconi nel 2011, quando si era arrivati a dimezzarli. Oggi siamo tornati appena ai livelli del 2000. Se va su la destra non solo non ci sarà alcuna tutela, ma neppure alcuna valorizzazione, in quanto il governo sarà preoccupato soltanto di mantenere le sue assurde promesse su previdenza, assistenza e fisco.

 

La ministra Fedeli ha autorizzato nelle aule scolastiche l’uso didattico del tablet e del cellulare dicendo: “È il primo segnale che la scuola italiana è al centro del futuro”.

Dove sta il ridicolo di questa disposizione? Nel fatto che da tempo i docenti in autonomia permettono l’uso didattico di questi e di altri strumenti interattivi? No.

Nel fatto che gli studenti usano tali strumenti a scuola anche per motivi personali e non c’è divieto che tenga? Neppure.

E quindi? Leggi bene: ha detto che grazie a questi strumenti meramente tecnologici la scuola sarà al centro del futuro! In pratica la Fedeli non ha capito che sono proprio questi strumenti che rendono la nostra scuola, intesa come edificio murario, ancora più obsoleta di quella che già è. Ormai la migliore formazione e informazione è quella che si riceve online. A scuola ci si dovrebbe andare solo per ciò che a distanza non si può fare. È la formazione a distanza che deve dire alla scuola come ristrutturarsi.

 

[21 gennaio] Venezia. NATO. Commercio militare

 

Quattro bistecche, altrettante fritture miste, acqua minerale e servizio (niente vino), fa 1.100 euro. Questo hanno pagato quattro giapponesi, studenti universitari a Bologna, in un ristorante veneziano gestito da un egiziano.

Sappiamo bene che i veneziani si lamentano di continuo dei troppi stranieri, ma perché non restituiscono ad Alessandria d’Egitto il corpo di san Marco e a Costantinopoli (oggi Istanbul) tutto quanto hanno rubato con la quarta crociata, con cui campano di rendita? Sicuramente avrebbero meno turisti...

 

L’Italia è il Paese della NATO con più ordigni nucleari americani in Europa e non li gestisce direttamente: oltre 70, di cui 20 nella base di Ghedi e 50 ad Aviano. Tra le testate ci sono anche bombe termonucleari della potenza di 50 chilotoni la cui presenza costituisce, in caso di conflitto nucleare, il motivo di un ipotetico attacco preventivo.

Andiamo a votare il 4 marzo e nessun partito rivendica la sovranità nazionale su un argomento così rilevante!

 

In una recente intervista rilasciata al quotidiano sardo l’“Unione Sarda”, Fabio Sgarzi, l’amministratore delegato di Rwm Italia, società che fa capo al gruppo tedesco Rheinmetall, ha sostenuto che la sua azienda Domusnovas “esporta solo bombe legali”. Tutti sanno però che sono ordigni con cui l’Arabia Saudita sta sterminando innocenti in Yemen.

Ma anche a prescindere dai destinatari: Arabia Saudita (427,5 milioni di euro), Qatar (341 milioni), Turchia (133,4 milioni) e Pakistan (97,2 milioni), incuranti dei diritti umani, non fa ridere parlare di “bombe legali”?

 

[22 gennaio] Cosmesi. Italia, sanità

 

Nel libro di Beatrice Mautino, Il trucco c’è e si vede - Inganni e bugie sui cosmetici. E i consigli per difendersi, edito da Chiarelettere, viene detto che un’informazione attendibile e critica sui cosmetici nel nostro Paese praticamente non esiste.

Scoperte del genere fanno un po’ ridere. Quando mai nel capitalismo si danno informazioni del genere sui prodotti che si vogliono vendere? Gli unici prodotti un minimo affidabili sul piano salutistico sono quelli che uno si fa da sé o quelli il cui produttore è conosciuto personalmente dall’acquirente. Per il resto si spera solo che diversificandoli il più possibile, facciano meno male.

 

Due anni per un intervento di ernia del disco. Nove mesi per una risonanza magnetica e sei mesi per un controllo oncologico. 112 giorni per una mammografia. Ecco i dati raccolti nel Rapporto Salute del Tribunale dei malati e di Cittadinanza attiva.

Aggiungete poi i costi del ticket, la spesa per farmaci non rimborsabili, le uscite per chi ha bisogno della badante o di prodotti monouso come i pannolini e i cateteri, ed ecco il quadro della Sanità italiana. Una macchina che ormai sembra girare più in funzione di chi lavora al suo interno che non degli utenti ai quali dovrebbe essere assicurata l’assistenza.

Nell’ultimo rapporto del Censis si contano un 30% di cittadini che fanno ricorso al privato per le mammografie (più un altro 13% che paga il conto in intramoenia), e più o meno queste percentuali si riscontrano in tutte le specializzazioni mediche. E soltanto un terzo degli italiani (l’11% nelle Regioni meridionali) considerano “adeguato” il Servizio sanitario nazionale nella loro regione.

Eppure la spesa pubblica per la protezione sociale in Italia è equivalente a quella della Germania e della Svezia.

Allora il problema qual è? Il problema sono gli italiani, è semplice. Ma per fortuna che siamo bravi con le parole a dar colpa all’Europa.

 

[23 gennaio] Facebook. Bitcoin. Italia, invecchiamento

 

L’ultima trasformazione della newsfeed di Facebook potrebbe rivoluzionare non soltanto il modo degli utenti di usufruire del social network, ma anche il conto in banca del suo fondatore, Mark Zuckerberg, che possiede il 17% delle azioni di FB. Dal momento dell’annuncio, il patron avrebbe perso, secondo la stima di Forbes, ben 3,3 miliardi di dollari. La scelta di cambiare l’algoritmo, privilegiando i contenuti degli amici, sembra non essere piaciuta agli investitori: in poche ore il titolo in Borsa è sceso del 4,4%.

Tuttavia sul suo conto restano ancora più di 70 miliardi di dollari. Cosa volete che sia perderne oltre tre quando l’esperienza degli utenti, bombardati da post sponsorizzati, fake news, pubblicità, diventa più umana. Gli utenti hanno bisogno di tornare a visualizzare, in primo luogo, i post degli amici e delle persone che seguono con interesse.

Ma perché chiamarlo Zuckerberg? Chiamiamolo Gesù!

 

Il crollo del 40% registrato dal Bitcoin nell’ultimo mese sta creando un vero e proprio panico tra gli investitori, che ora corrono ai ripari uscendo dalla valuta digitale e puntando sul bene rifugio per eccellenza, ovvero l’oro.

Questo è il mondo assurdo dell’1% che dispone di un patrimonio equivalente a quello del 99%.

Vendete il mantello e comprate una spada! Chi è che ha detto questa frase?

 

Nei Paesi sviluppati come l’Italia si stima che ci saranno cinque lavoratori over 65 ogni dieci entro il 2030 (il 55%).

Una volta si diceva “largo ai giovani”. Oggi invece dobbiamo dire: “giovani, alla larga!”. Altro che conflitti di classe: qui stanno per diventare generazionali!

 

[24 gennaio] Disoccupazione mondiale. UE. Trump. Ostia. Italia, economia. Davos

 

Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro i disoccupati nel mondo sono oltre 192 milioni, cioè 12 milioni in più rispetto al 2005, mentre nel 2019 saranno 1,3 milioni in più. Crescono inoltre i lavori vulnerabili e l’invecchiamento della forza lavoro globale. A questi ritmi e senza ulteriori investimenti i sistemi pensionistici attuali non reggeranno più nel giro di pochi anni.

Ovviamente i disoccupati sono concentrati nei Paesi emergenti, ma in Europa se ne contano 17,7 milioni, di cui oltre la metà a lungo termine (che cercano lavoro da più di due anni), e quasi 3 milioni in Italia.

Bene, allora vuol dire che la rivoluzione è vicina. I classici l’han sempre detto: non bisogna aver nulla da perdere.

 

Macron vuole un ministro delle finanze europeo, responsabile di un budget comune europeo e che guidi un’agenzia in grado di emettere bond europei che finanzino grandi investimenti pubblici europei e che possano ammortizzare future crisi economiche.

I tedeschi invece non hanno intenzione di condividere un budget con gli altri diciannove Paesi della zona Euro, temendo che dietro i grandi proclami si nascondano le pensioni greche e i forestali siciliani. E non piace loro nemmeno l’idea di condividere debito e tassi d’interesse con i Paesi mediterranei.

Prima si discute tra Francia e Germania, poi si comunica a Italia e Spagna. E alla fine la riforma dovrà essere approvata e adottata dagli altri 15 Paesi membri.

Non si può dar colpa all’Europa. Sono i nostri politici che non valgono nulla. Ed è anche il sistema Italia che non funziona. Troppa centralizzazione, che comporta disfunzioni e corruzione. Le responsabilità vanno decentrate al massimo, insieme all’autonomia fiscale. I cittadini devono imparare ad autogestirsi. Di sicuro non faranno peggio di chi li sta governando adesso.

 

Caratteristica del linguaggio di Trump è la ripetizione. Frasi semplicissime, ripetute fino allo sfinimento. Ogni argomento viene rivisto e ricontestualizzato a modo suo: cambia argomento quando è in difficoltà, fa sparate per far spostare l’attenzione, è sempre attento a non risultare mai colpevole di qualcosa.

Essere esposti a questo tipo di linguaggio, sostiene il linguista Lakoff, è pericoloso. Prima o poi, se non si reagisce sviluppando e insistendo su sistemi di espressione diversi, lo si asseconderà. Lo si ripeterà. Lo si rafforzerà.

Ma tutto ciò l’abbiamo già sentito. L’aveva teorizzato Goebbels! Bisogna dire le falsità a ripetizione finché la gente ci crede. Maestro di cosa, pardon, di casa nostra è Berlusconi.

 

A Ostia si lamentano: “Ci dipingono come il Lido Criminale, la gente ha paura di venire e la ristorazione è in ginocchio. Finite le gite fuori porta dei romani e il turismo è a forte rischio. Il commissariamento per infiltrazioni mafiose, poi la testata di Spada al giornalista di Nemo, non ci hanno fatto bene”.

Ho capito ma non potete dire “Roma ci ha abbandonato”. Non possiamo sempre dar la colpa agli altri o alle istituzioni. Voi dove eravate prima di quella testata? Lui sarà stato una belva, ma voi facevate le tre scimmiette.

 

A metà 2017 il 20% più ricco degli italiani deteneva oltre il 66% della ricchezza nazionale netta, il successivo 20% ne controllava il 18,8%, lasciando al 60% più povero appena il 14,8% della ricchezza nazionale. La quota di ricchezza dell’1% più ricco degli italiani superava di 240 volte quella detenuta complessivamente dal 20% più povero della popolazione. Nel periodo 2006-16 la quota di reddito nazionale disponibile lordo del 10% più povero degli italiani è diminuita del 28%, mentre oltre il 40% dell’incremento di reddito complessivo registrato nello stesso periodo è fluito verso il 20% dei percettori di reddito più elevato. Nel 2016 l’Italia occupava la ventesima posizione su 28 Paesi UE per la disuguaglianza di reddito disponibile.

L’attuale sistema economico crea miseri e disuguali, offrendo lavori rischiosi, sotto-retribuiti e precari e abusando sistematicamente dei diritti di chi lavora. Basti pensare che oggi il 94% degli occupati nei processi produttivi delle maggiori 50 compagnie del mondo è costituito da persone invisibili impiegate in lavori ad alta vulnerabilità senza adeguata protezione. Le persone che confezionano i nostri abiti, assemblano i nostri cellulari, coltivano il cibo che mangiamo vengono sfruttate per assicurare la produzione costante di un gran volume di merci a poco prezzo e aumentare i profitti delle corporation e degli investitori.

Tutte queste cose le dice Maurizia Iachino, presidente di Oxfam Italia.

 

In 4 giorni l’Amministratore delegato di uno dei 5 più grandi marchi della moda può guadagnare quello che una lavoratrice della filiera dell’abbigliamento in Bangladesh guadagna in un’intera vita. In Vietnam le lavoratrici del settore dell’abbigliamento non vedono i loro figli per mesi, perché non possono tornare a casa per colpa delle lunghissime giornate lavorative e delle paghe da fame che percepiscono. Negli Stati Uniti alle lavoratrici dell’industria del pollame non era consentito di andare in bagno ed era imposto di indossare i pannolini. Sia in Canada sia in Repubblica Dominicana molte donne di servizio nel settore alberghiero non denunciano le molestie sessuali di cui sono vittime per paura di perdere il lavoro.

Queste cose possono essere lette nel rapporto annuale Oxfam spedito a Davos in occasione dell’esclusivo forum economico globale.

Ma non è finita. L’82% dell’incremento di ricchezza netta registrato tra marzo 2016 e marzo 2017 è andato all’1% più ricco della popolazione globale, mentre a 3,7 miliardi di persone che costituiscono la metà più povera del mondo non è arrivato un solo centesimo. Da marzo 2016 a marzo 2017 il numero di miliardari è aumentato al ritmo impressionante di 1 ogni 2 giorni. Su scala globale, tra il 2006 e il 2015 la ricchezza a nove zeri è cresciuta del 13% all’anno, 6 volte più velocemente dell’incremento annuo salariale, di appena il 2%, che ha riguardato i comuni lavoratori. I due terzi della ricchezza dei ‘paperoni’ di tutto il mondo non deriva dal loro lavoro ma è ereditato o arriva da rendite monopolistiche, cioè sono il risultato di rapporti clientelari.

 

[25 gennaio] Italia, giovani. Orientamento sessuale. Destra italiana. Sovranisti. Fusaro. Liberi e Uguali. INPS. Davos

 

In media i 15-34enni sono oggi solo il 22,2% dei lavoratori italiani. Il 58,4% ha tra i 35 e i 54 anni. Mentre il 19,4% ha più di 55 anni.

Tuttavia i giovani sono solo l’8% nella Pubblica Amministrazione e nella difesa, e il 10,1% nell’istruzione. Pochi anche nei servizi per la famiglia, il 14,9%, e nelle attività finanziarie, il 17,2%. Invece sono più presenti nell’ambito degli alloggi e della ristorazione, il 39,7%. Peso superiore alla media anche nel settore del commercio.

Al contrario gli over 55 sono il 32,1% nel settore dell’istruzione, il 29,6% in quello della PA, il 27,2% nell’agricoltura, il 24,8% nella sanità. Cioè in pratica gli adulti sono prevalenti negli ambiti in cui il contratto a tempo indeterminato resiste maggiormente, mentre i giovani sono al contrario presenti laddove il precariato è spesso la regola.

L’unico settore in cui c’è stato un piccolissimo aumento dell’incidenza dei 15-34enni è stato quello dell’agricoltura, con un +0,3%.

Insomma gli studi che si fanno non trovano sbocchi occupazionali coerenti. Del destino dei nostri giovani a chi importa?

 

Il 12,8% degli elettori italiani si dichiara lesbica, gay o bisessuale. Se sulla scheda elettorale fosse presente un partito espressione del mondo gay, il 6,2% degli elettori italiani sarebbe pronto a votarlo. Si parla di circa 2 milioni di elettori!

Il 69% degli elettori si dichiara favorevole ai diritti e al sostegno per le persone lesbiche, gay e trans. Tra i sostenitori del centrosinistra e del Movimento Cinque Stelle la percentuale sfiora l’80%. Tra gli elettori di Liberi e Uguali arriva all’85,3%, mentre a destra il partito con gli elettori più sensibili ai diritti omosessuali è Fratelli d’Italia, il 67,7%. Incredibile il dato della destra, tradizionalmente omofoba.

Numeri e cifre sono contenuti in un sondaggio Euromedia Research commissionato da Gay Center.

 

Secondo la supermedia di You Trend oggi il centrodestra gira la boa accreditato del 37,2% dei consensi. Dieci punti in più rispetto a PD e alleati, altrettanti rispetto ai Cinque Stelle.

Tuttavia senza Berlusconi a Palazzo Chigi e con rapporti di forza paritari tra Forza Italia e l’accoppiata Salvini e Meloni l’asse della coalizione si sposterebbe fisiologicamente molto più a destra che in passato. Soprattutto, avrebbe un’ala estremista anti-Europa, anti-globalizzazione e anti-atlantista equipollente al moderatismo atlantista, europeista e liberista di Berlusconi.

Una destra anti-globalista dovrebbe essere protezionistica come gli USA di Trump, ma non ne avrebbe la forza in Italia. Una destra anti-atlantista è ancora più assurda. La destra è militaristica per definizione e l’Italia non ha i mezzi per esserlo da sola.

L’unica cosa possibile è una destra anti-europeista, cioè nazionalistica, piccolo-borghese, capace di favorire solo le piccole aziende del nordest, quelle che non vanno oltre il mercato nazionale, né hanno i mezzi per competere nel mondo. Una destra così ci porterebbe alla catastrofe, in quanto non sarebbe abbastanza capitalistica nell’ambito del globalismo e non avrebbe nulla di socialistico.

 

Claudio Borghi è il responsabile economico della Lega, amato da Messora di Byoblu, che lo intervista di continuo. Alberto Bagnai è un professore universitario noto per la sua anacronistica battaglia contro l’euro. Sono nazionalisti e sovranisti, anti-europeisti al 100%. Uno viene dal mondo della destra, l’altro dalla sinistra. Fanno a gara a chi è più irresponsabile. Non sopportano le mediazioni. Vogliono un’economia piccolo-borghese in un mondo di grandi colossi globalizzati. Folgorati ormai da qualche anno sulla via del Carroccio, da oggi sono ufficialmente candidati nel partito di Salvini, mentre Berlusconi vola a Bruxelles per rassicurare l’Europa.

Questa destra è schizofrenica, molto più pericolosa di quella del Cavaliere, anche se di lui è l’erede.

 

Nelle intenzioni il ’68 fu contro il capitale, poi nelle conseguenze ne favorì la ristrutturazione, da cui nacque lo Stato sociale. Ma dire che sin dalle intenzioni fu un processo a favore del capitale è assurdo, almeno per chi l’ha vissuto come me. Ma Fusaro dice la stessa cosa anche di Mani pulite, che la paragona a un colpo di stato contro la I repubblica, portando all’ascesa la destra berlusconiana. Anche qui si confondono le intenzioni iniziali coi risultati finali. Se non abbiamo avuto maggiore democrazia, la colpa è degli italiani non di Mani pulite.

 

Con le proiezioni al 6-7%, i posti sicuri in Parlamento per Liberi e Uguali sono circa una quarantina. Gli uscenti sono 42 deputati di Articolo 1, 17 di Sinistra italiana, 16 senatori di Articolo 1 e 7 di Sinistra italiana. In totale sono 82 uscenti che reclamano un posto sicuro in Parlamento, il prezzo minimo per aver avallato e dato consistenza allo strappo dal PD. A questi vanno aggiunti i posti altrettanto sicuri che reclamail leader della lista, Piero Grasso (almeno 7) e quelli (due, tre) che a sua volta vorrebbe “proteggere” Laura Boldrini, ultima arrivata nella formazione ma convinta di essere un’importante calamita di voti. Se poi si conta Massimo D’Alema si arriva ad oltre cento persone in cerca di un seggio.

Insomma si stanno già scannando... Era da dire...

 

L’INPS sta chiudendo il bilancio del 2017 con un rosso di 6,3 miliardi di euro causato dal divario insanabile tra contributi incassati dall’INPS e pensioni da pagare.

A ciò si aggiunge un altro ente malato caricato sulle spalle dell’INPS, l’ex INPDAP, che paga le pensioni dei lavoratori pubblici e che ha portato 20 miliardi di deficit nei conti dell’INPS e continua a cumulare passivi e solo nel 2017 le previsioni stimano che il divario tra contributi versati dalle PPA e le pensioni da pagare sarà di quasi 8 miliardi di euro.

A vedere buchi la gestione degli artigiani (4,6 miliardi), quella dei coltivatori diretti e agricoltori (3,2 miliardi) e l’ex INPDAI, l’ente dei dirigenti d’azienda che tocca ogni anno in media un rosso di 3,8 miliardi. E il peggio deve purtroppo ancora venire. Le perdite si cumuleranno anche nei prossimi anni a ritmi tra gli 8 e i 12 miliardi e questo vuol dire che nel 2023 il passivo patrimoniale dell’INPS arriverà a valere oltre 56 miliardi!

La pensione statale diventerà un lusso per pochi?

 

Dicono che a Davos il liberismo-globalismo sia morto, in quanto i politici preferiscono il protezionismo-nazionalismo, anche contro gli interessi della loro finanza. Questo perché hanno scoperto che a livello mondiale c’è sempre qualche Paese che vende prodotti migliori di un altro Paese, oppure meno costosi. Il capitalismo inoltre non può tollerare che il benessere dei propri cittadini possa essere minacciato dai flussi migratori. Ci si vuole chiudere per conservare il meglio di sé. In tal senso Trump avrebbe dato una svolta.

Ma non lo sanno che il capitale ha bisogno di una continua espansione per sopravvivere? È come se si fossero improvvisamente accorti che il nostro pianeta è troppo piccolo per permettere a tutti i Paesi d’essere capitalisti. Cosa pensano, di poter tornare al tempo in cui pochi Paesi dominavano il mondo e tutti gli altri erano delle colonie? Quali Paesi accetterebbero di riportare indietro la lancette della storia? Oggi tutti vogliono spartirsi una fetta della torta, soprattutto dopo il crollo del socialismo statale, e per farlo tutti i mezzi sono leciti.

 

[26 gennaio] Siria. Giganti tecnologici. Astensionismo elettorale. Grecia. Ferrero e Nestlé. Fake news. Badanti. Ricchezza privata

 

In Siria è finita così, anzi non è finita per niente. Gli USA hanno mantenuto in quel Paese, come se fosse una loro colonia, 2000 militari. Il pretesto è che vogliono aiutare i kurdi contro l’ISIS, che però ormai non esiste più. In realtà li stanno aiutando contro Assad, nella speranza che si prendano un pezzo di Siria, magari ricca di petrolio, che gli stessi USA sfrutteranno. I kurdi però vogliono un loro legittimo Stato prendendo una parte territorio anche della Turchia, ove sono molto numerosi, ma Erdoğan, che li considera dei terroristi, ha dichiarato loro guerra sul territorio siriano, minacciando di rompere i rapporti con gli USA. I russi erano disposti a una trattativa coi kurdi, a condizione che restituissero ad Assad la sovranità su tutta la Siria, ma loro non ne vogliono sapere. Siccome hanno lottato parecchio contro l’ISIS, pensano che sia un loro diritto che la secolare richiesta di avere un proprio Stato venga soddisfatta.

Ruolo della diplomazia internazionale in tutto ciò? Zero! Ruolo dell’Europa? Ma da quando la UE ha una politica estera? Ma non c’è la Mogherini? Mogherini chi?

 

Tutte le incredibili multe che fa la UE ai giganti tecnologici dove vanno a finire?

13 miliardi ad Apple, 2,4 miliardi a Google, 250 milioni ad Amazon, 110 a Facebook. L’ultima, di 997 milioni di euro, a Qualcomm, uno dei principali produttori di semi-conduttori al mondo, accusata dalla commissaria europea alla concorrenza Margrethe Vestager, di aver garantito ingenti pagamenti ad Apple per garantirsi di rimanere fornitore unico di chip Lte per la connessione 4G degli smartphone della casa di Cupertino. Avrebbero chiuso illegalmente le porte ai rivali per oltre cinque anni. E Qualcomm fattura 19 miliardi di dollari all’anno e ha un utile di 6 miliardi, per cui pagherà tranquillamente.

La UE si è posta oggi come l’unica realtà globale che sta provando a combattere una battaglia a tutela del consumatore e delle regole di mercato. Cioè sta cercando di porre un argine allo strapotere di quelli che l’“Economist” ha definito i nuovi titani distruttivi per la democrazia in quanto monopolisti.

Sì ma quei soldi dove vanno a finire? Ce lo vuol dire Tajani o no? Non andranno mica ad aiutare le banche in difficoltà? Non ne hanno già ricevuti abbastanza?

 

Il partito degli astensionisti ormai può vantare in Italia 15 milioni di militanti. Stando ai sondaggi più accreditati ha raggiunto la soglia del 34%. Praticamente ha già vinto le elezioni. Alle ultime elezioni politiche 13 milioni di italiani in un modo o nell’altro si sono rifiutati di votare. Quelli che hanno votato sono stati meno di 33 milioni.

Gli astensionisti rubano voti a destra e sinistra, persino ai Cinque Stelle. Ha conquistato un italiano su tre. Quando un parlamentare dice “Lo vogliono gli italiani”, inevitabilmente fa un po’ ridere.

Gli astensionisti sono qualunquisti o estremisti? Rassegnati o idealisti? Attendono il colpo di stato di un duce o una rivoluzione popolare? Sono astensionisti solo quando si va a votare o anche nella vita quotidiana? Amano impegnarsi in qualcosa di utile alla società o pensano solo ai loro interessi? Perché in Parlamento ci possono andare solo i partiti, che rimandano a vecchie ideologie, e non anche associazioni e movimenti?

Partiti e movimenti/associazioni dovrebbero avere legami col territorio locale. I candidati dovrebbero essere conosciuti dalla popolazione locale. Un elettore dovrebbe sapere che se vota un candidato, questo lo deve rappresentare. Per essere sicuri che lo faccia, deve rendicontare periodicamente. Deve farlo proprio perché ha ricevuto un mandato specifico da parte di una popolazione locale. Se l’eletto si trova in dissenso rispetto ai suoi elettori, non è detto che sia lui ad aver ragione, anzi è più facile che abbia torto, per cui o si adegua alla volontà degli elettori o si dimette dal Parlamento.

Tra gli elettori si devono distinguere i militanti di un partito o movimento, che propongono un loro candidato alla popolazione locale, e gli elettori generici. Il vincolo di mandato dovrebbe essere assoluto nei confronti dei militanti. I militanti danno fiducia al candidato. Se questo tradisce, deve dimettersi. Nessuno è insostituibile.

 

Ormai ci stiamo sempre più americanizzando. Negli USA solo il 50% va a votare e il presidente viene eletto col 25%. E questa la chiamano democrazia da esportare in tutto il mondo...

Quando andrò a votare lo farò con due occhi. Con uno guarderò lontano, al progetto di realizzare il socialismo democratico, autogestito, libero da dipendenze esterne come gli Stati e i Mercati, basato sulla gestione sociale dei bisogni comuni e delle risorse naturali. Con l’altro occhio guarderò invece da vicino e cercherò di scegliere realisticamente quale può essere il partito meno compromesso con la destra, che abbia qualche possibilità di governare senza aver bisogno di fare nessuna intesa programmatica con nessun partito di destra.

 

Oggi, la Grecia, che fino a poco tempo fa era considerato un Paese fallito, finalmente vede un po’ luce in fondo al tunnel. Il PIL è tornato ad essere positivo, la disoccupazione scende e il rendimento dei titoli di stato è ai minimi da oltre 10 anni. Se si guarda al rendimento di un titolo di stato greco a 10 anni, si è passati dal 25,91% di gennaio 2012 al 3,84% di gennaio 2018. Un investimento di 1.000 euro fatto a gennaio 2012 su un titolo di stato greco a 10 anni, oggi varrebbe quasi 3.000 euro. Questo perché esiste una relazione inversa tra prezzo e rendimento delle obbligazioni. Quando i rendimenti scendono, come è avvenuto nel caso della Grecia, il prezzo dell’obbligazione sale e viceversa.

Da sottolineare inoltre che la Grecia è rimasta esclusa dal Quantitative Easing, il programma di acquisto dei titoli di stato messo in atto dalla BCE per stimolare l’economia.

Tuttavia una cosa sono gli indici quantitativi, quelli che interessano al capitale. Un’altra quelli qualitativi. Davvero la vita reale, quotidiana, è migliorata. Qui solo un greco può dircelo.

 

Nei supermercati francesi della catena Intermarché si è messa in promozione la Nutella da 950 gr a 1,41 euro invece dei classici 4,50. Un commesso parlando ai media francesi ha definito i clienti come degli “animali”. Risse vere e proprie, gli addetti agli scaffali sono stati spintonati e strattonati, un dipendente ne è uscito con un occhio nero. Come nelle promozioni del Black Friday negli Stati Uniti.

Ma perché meravigliarsi? Cosa non si farebbe per la Nutella? La cioccolata dà dipendenza. La Ferrero lo sa benissimo, tant’è che si è comprata il business dolciario statunitense della Nestlé per 2,8 miliardi di dollari (tutti cash). Il gruppo elvetico aveva infatti realizzato negli USA nel 2016 un fatturato di circa 900 milioni di dollari.

Con questa operazione Ferrero acquisirà più di 20 storici brand americani, tra cui Butterfinger, BabyRuth, 100Grand, Raisinets e Wonka, più il diritto esclusivo sul marchio Crunch negli Stati Uniti e i brand di caramelle SweeTarts, LaffyTaffy e Nerds.

Ferrero diventa la terza più grande azienda dolciaria negli Stati Uniti, dopo Mars e Hershey (sua rivale per l’acquisizione di Nestlé). Ed è anche la terza più grande azienda nel mercato globale del cioccolato confezionato, con vendite per oltre 12 miliardi di dollari.

La Nestlé invece resterà tra i primi al mondo nel cibo per animali, il caffè, l’acqua minerale, i surgelati e i prodotti per l’infanzia.

Miliardi di persone dipendono da poche multinazionali, soprattutto nei gusti personali. Che bello vivere in un villaggio globale dove al posto del dio uno e trino domina il dio quattrino.

Pensare che qualche tempo fa si diceva che la Nutella conteneva nocciole cilene trattate con glifosato e con paraquat, un fitofarmaco diserbante ad azione disseccante, non selettivo, vietato nell’Unione Europea nel 2011 ma non in Cile.

Ma anche della Nestlé si diceva negli anni ’70 che regalava, nei Paesi in via di sviluppo, latte in polvere alla mamme che avevano appena partorito per fare in modo che il neonato, invece di prendere il latte al seno, mostrasse dipendenza nei confronti del latte artificiale, che così veniva acquistato in grandi quantità.

A dir il vero tutti i principali produttori di sostituti del latte materno (Nestlé, Danone, FrieslandCampina, Kraft Heinz, Abbot e Reckitt Benckiser) commercializzano i loro prodotti, fregandosene delle disposizioni dell’OMS. Sono stati raccolti molti esempi in Camerun, Burkina Faso, Bangladesh, Indonesia, Thailandia, Etiopia, India ecc. In Africa, poi, indurre le mamme a dare il latte artificiale ai neonati, significa esporre quest’ultimi ad avere minori difese immunitarie contro le varie malattie causate da scarsa igiene, mancanza di accesso all’acqua pulita e di possibilità di refrigerazione. I sostituti del latte materno in queste condizioni spesso portano a malattie diarroiche, una delle cause più comuni di morte nei bambini.

D’altra parte quando il fatturato mondiale del latte in polvere è oltre 58 miliardi di euro, non è il caso di farsi venire degli scrupoli. Hai voglia a dire che, con l’allattamento al seno, ogni anno possono essere salvati più di 820mila bambini nel mondo.

 

Dal 18 gennaio 2018 il Ministero dell’Interno italiano ha attivato un nuovo servizio, a disposizione degli utenti, per segnalare le fake news. Tale servizio si configura come una specie di Ministero della Censura, riecheggiando così il Ministero della Verità orwelliano, il cui slogan era “La guerra è pace, La libertà è schiavitù, L’ignoranza è forza”.

Una volta ricevute le segnalazioni, un team dedicato del Cnaipic, un organismo specializzato della Polizia postale, verificherà attentamente attraverso l’impiego di software specifici e, in caso di accertata infondatezza, pubblicherà una smentita.

Qualcosa di simile sta avvenendo anche in Francia: nella conferenza stampa di inizio anno, Macron ha annunciato un progetto di legge per combattere le fake news e rafforzare il controllo dei contenuti su internet in periodo elettorale.

In che modo si deciderà quali contenuti sono veri e quali falsi? Fino a che punto si spingerà questo sistema? Quand’è che una fake news può diventare davvero pericolosa? Possibile che gli utenti del web non sappiano autoregolamentarsi su una cosa del genere?

Se io vi dicessi che anche questa è una fake news, come fareste a scoprirlo?

 

Le donne italiane che lavorano come colf e badanti sono più che raddoppiate in meno di dieci anni. Continuiamo a farci aiutare nei lavori domestici e nell’assistenza agli anziani da personale dell’est (era arrivato fino al 74% del totale, adesso siamo al 60%), e asiatico (7,5%), ma la vera novità sottolineata dalla ricerca annuale della Fondazione Leone Moressa è il ritorno delle italiane.

L’assistenza agli anziani è una gran cosa. Alcuni hanno una memoria lucidissima del mondo di ieri e noi ci confrontiamo con loro e scopriamo la relatività del progresso e rimpiangiamo certe cose del passato, la semplicità, l’autenticità dei rapporti umani, lo spirito di sacrificio. Hanno conosciuto le grandi difficoltà della vita dovute alla fame, alla guerra, alle privazioni che venivano considerate del tutto naturali, mentre per noi oggi sono insopportabili. Gli anziani sono saggi anche quando sono rimbambiti. Sono lo specchio del nostro passato, che ci dice di non ripetere gli stessi errori.

 

Secondo Bankitalia le famiglie mantengono in liquidità 1.329 miliardi. Considerando che l’inflazione è cresciuta nel 2017 dell’1,2% e che il rendimento medio dei depositi bancari è stato dello 0,4% la perdita di valore del patrimonio degli italiani è stata dello 0,8% ovvero una ammontare pari a 10,6 miliardi. Se immaginassimo un’inflazione che raggiunge il target prefissato della BCE, vicina al 2%, la perdita di valore annua del risparmio supererebbe i 20 miliardi.

Domanda: le banche a che servono? Risposta: a mantenere se stesse, tanto anche quando sbagliano investimenti, lo Stato le rimpingua con le nostre tasse.

 

[27 gennaio] Contraffazioni merceologiche. Migrazioni.

 

Mozzarelle di bufala adulterate, prodotte utilizzando cagliate surgelate importate dall’est Europa. Migliaia di tonnellate di olio d’oliva straniero spacciato per extravergine italiano. Farmaci venduti attraverso canali illegali senza alcuna autorizzazione. L’Italia è invasa da milioni di articoli contraffatti. Le categorie merceologiche interessate sono tantissime: dagli accessori di moda all’abbigliamento, apparecchiature elettriche, occhiali, calzature, gioielli e orologi. E poi giocattoli, profumi e cosmetici. Un dramma per le nostre imprese, che perdono competitività, e per la nostra economia. Un rischio per la salute dei consumatori. Un giro d’affari che finisce per finanziare camorra e ’ndrangheta, che ormai controllano quasi tutto il mercato illegale.

Nel Parlamento una commissione di inchiesta nel corso di tutta la legislatura ha prodotto ben dieci relazioni, con notevoli approfondimenti sul settore farmaceutico, calzaturiero e tessile. È stato studiato scrupolosamente il mercato illegale dell’olio d’oliva e delle mozzarelle di bufala campane. I parlamentari della commissione sono stati a Napoli e Prato, crocevia della contraffazione italiana.

Il presidente della commissione ha detto che da parte delle forze politiche si sarebbero aspettati maggior interesse, anche perché è un fenomeno che tocca da vicino i 19 milioni di italiani che fanno acquisti sul web. Stando ai dati Censis-Mise, solo nel 2014 si parla di un fatturato illecito pari ad oltre 6,5 miliardi di euro. Peraltro gli italiani si vedono sottratti almeno 105mila posti di lavoro. Annualmente la contraffazione toglie al sistema economico nazionale quasi 5 miliardi e 300 milioni di euro di entrate erariali. Nel 2015 in tutte le dogane europee sono stati sequestrati 40 milioni di articoli contraffatti. Il 14% in più rispetto all’anno precedente. A livello planetario è stato calcolato che i beni contraffatti rappresentano tra il 5 e il 7% del commercio mondiale, pari a circa 600 miliardi di dollari l’anno.

Invece nulla. Ai politici non interessa. Motivo? Più di uno. È facile immaginarli. Elencateli voi, che ci divertiamo...

 

Il flusso di richiedenti asilo nel periodo 2015-16 costituisce circa il 20% di tutte le domande di asilo ricevute dall’Europa a partire dalla metà degli anni ’80. Nel 2015-16 circa 2,2 milioni di persone che hanno chiesto protezione sono arrivate in un Paese della UE; tuttavia, al 1 gennaio 2017 poco più della metà (1,2 milioni) non sapeva ancora se sarebbe stata autorizzata a rimanere. Per contro circa il 40% dei richiedenti è stato riconosciuto, il 3% è tornato nel Paese di origine e il 5% è irreperibile.

I cinque gruppi più consistenti di richiedenti asilo sono i siriani, che rappresentano largamente il nucleo più numeroso a causa della guerra, gli afghani, gli iracheni, gli eritrei e i nigeriani. Le prime tre nazionalità contano per circa il 52% di tutti i richiedenti asilo, nonostante i nostri sguardi siano rivolti solo al Mediterraneo e ai flussi di migranti e rifugiati provenienti dall’Africa.

Peraltro negli ultimi anni i moldavi, i serbi e i bosniaci hanno cominciato a muoversi abbastanza liberamente nell’UE. Nel 2017 altre nazionalità si sono aggiunte: ucraini e georgiani possono infatti entrare nell’UE, fino a 90 giorni, senza la necessità di un visto, a patto che non lavorino. Ma una volta entrati, uomini e donne provenienti dall’Ucraina, svestiti in fretta i panni del turista, si inseriscono nei segmenti irregolari del lavoro. Poco più di 2 milioni di ucraini vivono e lavorano nella UE.

Più in generale nel solo 2016 gli Stati membri della UE hanno rilasciato circa 3,4 milioni nuovi permessi di prima residenza a cittadini di Paesi terzi, segnando un aumento del 28% rispetto all’anno precedente.

Insomma i migranti entrano nei Paesi avanzati della UE da tutte le parti e non sarà certo la Lega a fermarli.

 

[28 gennaio] Attori neri. Mauro Biglino. Potere al popolo. Sardegna. Giovani inglesi. PIL

 

La Bbc, in collaborazione con Netflix, ha prodotto una nuova serie di otto episodi, intitolata Troy: Fall of a City, che racconta la storia dell’assedio dei Greci e della caduta di Troia. I personaggi di Achille, Patroclo e Zeus saranno interpretati da attori neri.

 

Mauro Biglino è convinto che Adamo sia stato fatto, intorno al 4400 a.C., da “ingegneri genetici” (?) fuori dall’Eden e poi inserito qui a lavorare e custodire questo luogo paradisiaco. Eva invece sarebbe nata in un secondo momento, proprio all’interno dell’Eden.

A parte le cose fantascientifiche che dice, ha ribadito ancora una volta la priorità del maschio sulla femmina. Cioè non ha capito che all’origine di tutto c’è una coppia distinta per genere, del tutto paritetica. E questa sarebbe la sua polemica contro la Chiesa cattolica?

 

Siamo sicuri che Potere al popolo sia nato per la forza delle contraddizioni sociali e non perché sono imminenti le elezioni? Sarebbe interessante vedere, nel caso in cui non riesca a entrare in Parlamento, se davvero riuscirà a sopravvivere e anche a svilupparsi. Ma è poi così auspicabile e soprattutto fattibile che un partito comunista entri in Parlamento con lo scopo di governare uno Stato capitalista? Non sarebbe meglio dare un voto semplicemente “utile” alla sinistra e poi sviluppare l’idea comunista nell’ambito della società civile? Il compito dei comunisti non è forse quello di approfittare delle debolezze del sistema per compiere una rivoluzione politica e liberare la società dal dominio del capitale? Oppure siamo così ingenui da accontentarci di una percentuale risicata in Parlamento, giusto per far vedere che l’idea comunista non è morta, ma che sul piano pratico non avrà mai la forza sufficiente per condizionare la formulazione delle leggi?

 

Se l’orizzonte è quello dell’indipendenza, la sfida odierna è quella del buongoverno della Regione, affidata a una nuova classe politica con testa, cuore e anima in Sardegna. Porre al centro i Comuni e le altre forme di autogoverno locale e rompere il centralismo di una Regione modellata sui Ministeri romani è un nostro obiettivo centrale. Questo è quello che vogliono in Sardegna!

 

I giovani inglesi considerano il capitalismo una minaccia peggiore del regime comunista. Il 24% degli intervistati tra i 18 e i 24 anni guarda al libero mercato con seria preoccupazione, criticandone gli effetti sull’economia reale dei Paesi occidentali. Solo il 9% sarebbe invece preoccupato per l’instaurazione di un sistema di stampo comunista,

 

Lorenzo Fioramonti, economista candidato con il M5Stelle, è un accanito critico del PIL come indicatore obbligato del livello di performance e quindi di benessere in un Paese. Che la quantità faccia la qualità è un assurdo principio borghese. Semmai aveva ragione Hegel quando diceva che se si sommano tutte le quantità, alla fine si arriva a produrre una nuova qualità, ma Kierkegaard aveva aggiunto che non si può certo dire che tale qualità sia migliore della precedente.

 

[29 gennaio] Italia

 

“L’Italia è l’unico Paese dell’Eurozona il cui livello di vita, dall’entrata in vigore dell’unione monetaria, è diminuito. Prima aveva un modello economico facile: quando la congiuntura si bloccava, si svalutava la lira, che ridava benzina alle esportazioni e rianimava la congiuntura”. Ha detto Daniel Hartmann, capo economista della banca Bantleon, che ha fatto due esempi: un permesso di costruire in Italia costa tre volte che in Germania; un processo in Italia dura almeno tre anni, in Germania uno e mezzo.

Insomma la vogliamo smettere di dar colpa all’Europa? Qui è la politica che non funziona...

 

[30 gennaio] Berlusconi. Potere al Popolo, scuola.

 

Patto segreto tra Silvio Berlusconi, Jean Claude Juncker, presidente della Commissione europea e Mandref Weber, capogruppo del Partito popolare europeo: avrebbe assicurato all’Unione Europea che la Lega Nord non sarà al governo.

Quest’uomo mente, ha sempre mentito, ha fatto della menzogna la chiave del suo successo. La sinistra, con le sue divisioni, rischia di mandarlo nuovamente al governo. Date un Voto Utile. Scegliete il realismo dell’emergenza. Non ripetete l’errore dei partiti dell’Aventino, che dopo il delitto Matteotti assicurarono al duce la vittoria definitiva. Le rivoluzioni non si fanno in Parlamento ma nelle piazze.

 

Leggo nel programma di Potere al Popolo: “la gratuità dei libri di testo e la certezza del diritto allo studio fino ai più alti gradi”.

Che significa? Vanno regalati i libri anche ai figli dei benestanti?

Leggo ancora nel programma: “il rilancio della collegialità e della vita democratica nelle scuole, con l’abolizione della figura del “dirigente-manager”. Una scuola senza dirigente non resterebbe in piedi neanche cinque minuti. Semmai si doveva dire che il dirigente va eletto dal Collegio e che può essere rimosso dallo stesso Collegio, e che le responsabilità civili e penali del Dirigente vanno assunte anche dal Collegio, altrimenti nessuno farà il Dirigente.

Infine leggo che a partire dalla L. 107 le scuole sono state poste al servizio delle imprese? Quali imprese? Le scuole vivono in una campana di vetro, non hanno quasi rapporti col mondo esterno, meno che mai sono funzionali alle esigenze delle imprese e della collettività locale, tant’è che chi produce beni e servizi deve provvedere a istituire corsi di formazione ai nostri studenti, che han fatto solo studi teorici. Semmai si doveva dire che la scuola va messa in funzione del territorio, senza che i programmi siano imposti dal MIUR.

 

[31 gennaio] Di Pietro

 

Il PD non ha candidato Di Pietro perché lo ritiene un giustizialista. Come se fosse stata colpa di Mani pulite se dopo il crollo della I Repubblica andò al governo la destra ultra-corrotta del Cavaliere.

Anche ai tempi di Lenin gli alti dirigenti dello Stato erano tutti anticomunisti. Ma non per questo si fermò. Noi invece ci siamo fermati. E ora non è che possiamo dare la colpa ai 5Stelle se la I Repubblica si è autodistrutta, senza dare il tempo a nessuno di sostituirla in maniera efficiente.

 

[1 febbraio] Politica, scuola. Sinistra radicale. Federalismo

 

Sulla scuola il PD punta a rendere gratis i libri scolastici (come Potere al Popolo) e ad aumentare gli stipendi dei docenti e a reclutare ricercatori nelle università. Come se la qualità dipendesse dalla quantità.

Il Centrodestra vuole rivedere in parte la cosiddetta “Buona scuola” (come Liberi e Uguali) e a dare maggiori libertà per le famiglie nella scelta dell’offerta educativa (una classica richiesta dei clericali). E comunque le sciagurate riforme della Moratti e della Gelmini ce le ricordiamo tutti.

LeU vuole rendere progressivamente gratuito l’accesso all’università. Come se la bassa percentuale di laureati che abbiamo dipendesse da questo e non dal fatto che trovare poi un lavoro è in Italia del tutto indipendente dagli studi che si fanno.

Se questi partiti dicevano che con la scuola non sanno cosa fare, non hanno idee di riforma generale e si fossero concentrati su altre cose, forse avrebbero fatto meglio.

 

Marco Rizzo ha detto: “L’unica vera sinistra siamo noi, che riportiamo la falce e il martello nella scheda elettorale”.

Se bastasse un simbolo saremmo a cavallo.

Ha anche detto: “Il nostro è un progetto che va oltre il voto, è un programma di lotta e di mobilitazione. Per gli altri di sinistra l’elezione è il fine ultimo. Per noi è rifondare il partito.”

Mi chiedo se non stia esagerando a fare affermazioni del genere circa il destino degli altri.

Per il momento vediamo soltanto che due partiti sostanzialmente affini, come il suo, che ha 4.000 iscritti, e Potere al Popolo, si presentano separati. Era davvero indispensabile? Sì, perché a lui “non interessa entrare in Parlamento, ma fare la rivoluzione”. E quando l’obiettivo è questo, la prima regola è dividersi...

 

Nei dieci punti sottoscritti da Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni spicca una formula: riformare la Costituzione in senso federale (cavallo di battaglia della vecchia Lega nordista), ma introducendo una forma presidenziale dello Stato (tema caro al Cavaliere e alla destra nazionale). È quello che il centrodestra ha proposto a dosi alterne dal 1994, ma non è mai riuscito a realizzare. Infatti il sud teme che il federalismo sia una forma di egoismo del nord, e la sinistra teme che il presidenzialismo sia l’anticamera della dittatura.

In realtà il vero motivo dovrebbe essere un altro. Il federalismo, in sé, non offre maggiori possibilità a favore del socialismo. Quindi non è una vera alternativa all’attuale centralismo. Ma perché la sinistra non sa assumere una posizione intelligente in merito? Perché questo argomento non viene discusso?

 

[2 febbraio] Disoccupazione. Risparmiometro. Debito pubblico. Evasione fiscale. Italia, spesa militare

 

I dati ISTAT che chiudono il 2017 dicono che la disoccupazione è scesa al 10,8%, segnando il minimo storico dal 2012.

Tuttavia continuano ad aumentare i disoccupati nella fascia d’età tra i 25 e i 49 anni, quella generazione di mezzo che dovrebbe cercare di stabilizzarsi. In un anno si contano 234mila occupati in meno. In particolare i giovani sarebbero disponibili a lavorare ma non mandano più nemmeno un curriculum, perché sfiduciati dopo contratti a termine perpetrati in continuazione o perché non hanno avuto il rinnovo del contratto. Sicché continuiamo a detenere il record europeo, con quasi il 12% di inattivi sul totale della forza lavoro. I 365mila occupati in più tra gli over 50, mille in più al giorno nell’ultimo anno, non si devono tanto ai nuovi posti di lavoro creati, ma allo spostamento in avanti dell’età della pensione. Insomma il Jobs Act non funziona. L’effetto degli sgravi è finito da tempo.

Invece funziona benissimo il lavoro nero: secondo gli ultimi dati di Confcooperative i lavoratori in nero sono ben 3,3 milioni! E qui verrebbe da chiedersi: anche accettando l’idea che la politica non sia in grado di risolvere i mali endemici del capitale, perché l’Italia continua a restare, rispetto ad altri Paesi nord europei, un Paese così bloccato?

 

Il risparmiometro è un nuovo algoritmo studiato dall’Agenzia delle entrate per verificare se la quantità di denaro conservata in banca è congrua rispetto alla dichiarazione dei redditi. Anzitutto calcola la giacenza presente sul conto corrente, un dato che ottiene grazie alle informazioni che le banche sono tenute a fornire in tempo reale all’Anagrafe dei rapporti tributari. Poi compara questo dato con il reddito dichiarato dal contribuente. In base al tenore di vita del contribuente e alla fascia di reddito in cui questo si inserisce, valuta l’entità di spesa che una famiglia media dello stesso livello può sostenere; la differenza costituisce il potenziale risparmio familiare. Ebbene, se il risparmio effettivo è superiore a quello potenziale stimato, allora scatta l’anomalia.

Ovviamente come il redditometro, anche con il risparmiometro il cittadino potrà difendersi grazie al contraddittorio dinanzi agli ispettori del Fisco a cui potrà presentare prove della sua innocenza fiscale.

A finire nell’algoritmo del risparmiometro sono: conto corrente, conto deposito titoli e/o obbligazioni, conto a deposito a risparmio libero vincolato, rapporto fiduciario, gestione collettiva del risparmio, gestione patrimoniale, certificati di deposito e buoni fruttiferi, conto terzi individuale e globale fino alle carte di credito, prodotti finanziari emessi dalle assicurazioni, acquisto e vendita di oro e metalli preziosi.

Insomma è un invito a tenere i soldi sotto il materasso o, se si è capaci, in un paradiso fiscale. Tanto questi controlli finiscono sempre per colpire i comuni cittadini e non risolvono affatto l’incredibile evasione fiscale presente in Italia. Sappiamo bene infatti i criteri di valutazione del Fisco. Lo vediamo a Striscia tutti i giorni e ci facciamo due risate quando il padrino Marlon Brando dice ai suoi picciotti di prendere esempio da Equitalia.

 

Se non ci fosse più l’evasione fiscale, il debito pubblico italiano si estinguerebbe in 18 anni. Lo dice un articolo del “Sole 24 Ore”. Una ricerca dell’Università Ca’ Foscari definisce in un range tra 124,5 e i 132,1 miliardi l’evasione fiscale sui redditi, commisurata al 14,4% della base imponibile. Le precedenti stime si attestavano sul 7,5%.

Il debito è stato accumulato in 47 anni: nel 1970 era di 236 miliardi di euro attualizzati. L’evasione fiscale dei lavoratori dipendenti si attesta sul 3,5% dei redditi, mentre per i redditi da lavoro autonomo e d’impresa è il 37% per cento. Sugli affitti è del 44%, nonostante l’introduzione della cedolare secca del 21%, che avrebbe attenuato ma non cancellato l’evasione.

Tuttavia, secondo quanto affermato all’Agenzia Giornalistica Italia dal professor Dario Stevanato, docente di Diritto tributario all’università di Trieste, “è scarsa o nulla la capacità dei controlli di incidere sull’evasione da occultamento”.

 

In caso di vittoria elettorale, la misura degli 80 euro sarà estesa anche alle partite Iva. È quanto ha annunciato Renzi a “Porta a porta”. Per lui le partite Iva vanno equiparate al lavoro dipendente e la misura dovrebbe avere per tetto 26 mila euro lordi annui.

Possibile che nessuno gli abbia detto che i maggiori evasori da noi sono proprio quelli che hanno la partita iva?

 

In aumento nel 2018 la spesa militare italiana che, secondo quanto rende noto il Rapporto MIL€X 2018, ammonta a 25 miliardi di euro, l’1,4% del PIL, con una crescita del 4% rispetto al 2017.

A pesare soprattutto i costi della nostra servitù nucleare legata alle spese di stoccaggio e sorveglianza delle testate atomiche tattiche americane B-61 nelle basi italiane e alle spese di stazionamento del personale militare USA addetto e di mantenimento in prontezza di aerei e piloti italiani.

Meno male che siamo in guerra col comunismo e l’islamismo internazionali, altrimenti come spiegare delle spese del genere...

 

[3 febbraio] Università

 

Secondo l’OCSE sono oltre 5 milioni gli studenti universitari iscritti in un Paese diverso da quello di origine (erano appena 800mila nel 1975). Oltre l’80% di questi studenti internazionali frequenta l’università di un Paese del G20. Con un modesto 2% l’Italia ha la stessa quota di Spagna, Austria e Nuova Zelanda.

Una delle cause del nostro ritardo è inevitabilmente causata dalla barriera linguistica. Gli studenti sono molto attratti da Paesi di lingua inglese o, se provengono da realtà francofone, dalla Francia. Un ostacolo che Paesi come Germania, Olanda, Svizzera o Paesi Scandinavi aggirano offrendo eccellenti programmi di lingua inglese, mentre nel nostro Paese questi sono organizzati poco e spesso male.

L’italiano è la quarta lingua più studiata al mondo, ma nell’istruzione universitaria e post-universitaria l’inglese è cruciale. Se vogliamo che uno studente ungherese o cinese scelga l’Italia, occorre un’offerta formativa anche in inglese. Poi costoro, in molti casi, impareranno anche l’italiano.

Però la Corte Costituzionale ha stabilito che è incostituzionale che un’università italiana decida di fornire corsi di studio interamente in una lingua diversa dall’italiano, perché estrometterebbe la lingua ufficiale della Repubblica, imporrebbe la conoscenza di una lingua non italiana per poter studiare e accedere ai corsi di studio e quindi violerebbe il principio dell’eguaglianza, potrebbe essere lesiva della libertà d’insegnamento poiché sottrarrebbe la modalità con coi un insegnante dovrebbe comunicare con gli studenti. Sicché il Consiglio di Stato ha rigettato il ricorso del Politecnico di Milano, che aveva previsto interi corsi di studio erogati esclusivamente in una lingua diversa dall’italiano.

Noi siamo il Paese che ha inventato la diplomazia, l’esercizio della mediazione, eppure sappiamo essere anche molto provinciali. Possibile che non si sia capito che un’affluenza di studenti provenienti da tutto il mondo avrebbe col tempo favorito la diffusione della nostra cultura e lingua e tradizioni in tutto il mondo?

 

[4 febbraio] Fascioleghismo. Linguaggi offensivi. Turchia

 

Un fascio-leghista gira per ore per Macerata sparando sui migranti. Ne ferisce sei. Quando lo prendono si fa portar via avvolto in un tricolore, ostentando il saluto romano. Nel 2017, Luca Traini, nato nel 1989, fisico atletico, calvo, con un tatuaggio a forma di svastica e di dente di lupo sulla fronte, è stato candidato della Lega Nord alle amministrative di Corridonia, la città dove si trova la comunità terapeutica Pars, da cui proveniva Pamela Mastropietro, fatta a pezzi dal pusher nigeriano Innocent. Dalla palestra l’avevano cacciato perché aveva atteggiamenti sempre più estremisti, faceva il saluto romano e battute razziste. Da tempo aveva una pistola, regolarmente detenuta. Amicizie sbagliate, ambienti estremisti, situazione familiare disastrosa lo hanno rovinato. Il padre se n’era andato quando era piccolo e la madre, anche lei con grossi problemi, lo aveva cacciato più di recente. Viveva con la nonna. Era andato in cura da uno psichiatra, che l’aveva giudicato border line. Aveva fatto dei lavoretti, ma duravano sempre poco: di solito come manovale, ma anche come buttafuori. Una relazione sentimentale con una studentessa universitaria a Macerata era finita due mesi fa. Prima di candidarsi con la Lega Nord era stato vicino a Forza Nuova e a CasaPound. L’omicidio di Pamela è stata la miccia che ha fatto esplodere la sua follia. Il titolare della palestra ha detto che fino a una decina d’anni fa Luca aveva amici anche tra gli immigrati.

Salvini prova a smarcarsi puntando l’indice su chi avrebbe riempito l’Italia di clandestini. Forza nuova si offre di pagare le spese legali. Mi chiedo chi sia più pericoloso: chi parla o chi agisce?

 

Perché i massmedia permettono che ci si insulti in libertà, usando qualunque epiteto volgare? Non è anche questo un atteggiamento che favorisce la violenza? Uno come Sgarbi, p. es., non ha forse un comportamento da fascista? Eppure è sempre in televisione e viene pure candidato in Parlamento dalla destra. Perché in Facebook si formano dei gruppi chiusi? Perché i post devono subire in alcuni gruppi una censura preventiva? Anche perché di questa violenza verbale non se ne può più: è l’anticamera del fascismo. Solo che noi pensiamo che per parlare di fascismo ci vogliano dei feriti o dei morti ammazzati.

 

Erdoğan è venuto in Italia a chiedere che la Turchia possa entrare in Europa, che Gerusalemme resti una città internazionale, che in Palestina si formino due Stati e ha ribadito che il suo Paese ha diritto a eliminare i kurdi residenti in Siria perché secondo lui sono terroristi.

Che presupposti ci sono per parlare con uno statista che odia a morte la magistratura che rivendica indipendenza dalla politica, che tiene in carcere il giornalismo democratico, che perseguita i kurdi, che non riconosce il genocidio armeno, che tiene occupata mezza Cipro, che viola i confini della Siria, che fino a ieri appoggiava l’ISIS per eliminare Assad e che ricatta continuamente la UE di aprire i campi profughi siriani se non gli diamo più fondi di quelli che già gli abbiamo elargito a piene mani?

I presupposti ci sono, eccome. “Nei colloqui di Roma discuteremo delle relazioni bilaterali. Lo scorso anno il volume dei nostri scambi è stato di quasi 20 miliardi di dollari, ma il potenziale è doppio. Nel 2020 puntiamo a 30 miliardi di dollari”, questo ha detto. Pecunia non olet.

 

[5 febbraio] Socialismo. Politica italiana. Turchia. Scuola

 

Ci sono comunisti nostalgici del socialismo reale che, dopo la fine di questa forma burocratica e statalista di socialismo, han cominciato a guardare con favore il cosiddetto socialismo di mercato di stampo cinese, dove sul piano sociale esiste il libero mercato, mentre su quello politico domina il partito unico, quello comunista, e tutta la terra continua ad appartenere allo Stato.

Ebbene per me l’unico vero socialismo è stato quello dell’uomo preistorico, antecedente alla nascita delle civiltà. Allora non esistevano né Stati né mercati, ma solo autoproduzione, autoconsumo, baratto, democrazia diretta, uguaglianza sociale e sessuale, tutela ambientale e non ci si distruggeva per le differenze di usi e costumi.

 

Posto che votare il PD di Renzi può risultare particolarmente fastidioso, quello che non capisco è perché non si possa votare un partito come i 5Stelle, che sono, numericamente, il primo partito nazionale e che sicuramente non faranno un inciucio con la destra fascista e razzista, e nel contempo lavorare per costruire un nuovo partito di sinistra radicale da presentare alle prossime elezioni. Sembra che l’attuale sinistra radicale (PaP, PC...) sia più preoccupata di far vedere la propria presenza che d’impedire alla destra di andare al governo. Come se con un percentuale risicatissima in Parlamento si sia in grado d’influenzare in maniera decisiva la stesura delle leggi. Qui manca una strategia generale o, se si vuole, una consapevolezza dell’effettiva entità delle forze in campo. Possiamo permetterci il lusso che una destra così becera ci governi per un quinquennio?

 

Erdoğan nel 2015 non aveva per niente digerito la frase di papa Bergoglio sulle stragi compiute dai turchi ai danni degli armeni cent’anni prima: il “primo genocidio del Novecento”. Le relazioni diplomatiche tra i due Stati stavano per rompersi.

Oggi ha tentato di calarsi nei panni del leader del mondo islamico del Medio Oriente, oltre che di difensore dei diritti dei palestinesi, e ha convocato a Istanbul una conferenza politica per proclamare che Gerusalemme Est dev’essere la capitale dello Stato indipendente di Palestina. Cioè ha cercato di arruolare il papa in una specie di crociata islamo-cristiana per la liberazione politica e morale di Gerusalemme, contro gli usurpatori israeliani e i loro sponsor americani.

Ma il Medio Oriente e le monarchie del Golfo Persico, legate a doppio filo agli USA e sempre più anche a Israele, se ne fregano di lui. E anche il Vaticano è difficile che si lasci coinvolgere in un progetto così unilaterale. Peraltro la chiesa romana in Turchia non ha neppure quel riconoscimento giuridico di cui già dal 1923 invece godono le chiese armena, siriaca e caldea. Riconoscimento cui Erdoğan, al potere da venticinque anni, non ha mai fatto cenno.

Insomma è venuto a cercare da noi una credibilità democratica che non ha semplicemente perché non la può avere.

 

Nel programma sulla scuola i 5Stelle vogliono fissare il numero di alunni per classe ad un massimo di 22, numero che deve scendere a 20 in presenza di un allievo con disabilità. A confronto degli oltre 30 di oggi, sarebbe una gran cosa.

Vogliono smantellare la riforma Gelmini ripristinando il tempo pieno e le compresenze nel primo ciclo d’istruzione. Cioè non vedono la scuola come una palla al piede.

Vogliono l’interdisciplinarietà e le lezioni in compresenza con più di un docente in classe, potenziando le esperienze nel reale da svolgere fuori la scuola. Cioè la farebbero uscire dal suo endemico isolamento.

Vogliono potenziare l’educazione motoria per combattere i disturbi alimentari, come l’obesità e l’anoressia infantile.

Vogliono potenziare la conoscenza dei linguaggi espressivi (musicale, della danza, teatrale, artistico) e l’educazione alle emozioni, all’affettivita e alla parità di genere per eliminare il bullismo.

Vogliono che un dirigente scolastico gestisca un singolo istituto e non, come adesso, più istituti.

Il programma è pieno di proposte del genere, tutte condivisibili, per ben 28 pagine. È utopico? Forse, ma almeno c’è qualcosa di costruttivo. Gli altri partiti, nei loro programmi, non sanno neanche cosa sia la scuola.

 

[6 febbraio] Debito pubblico.

 

Stando a dati internazionali in Italia abbiamo un debito pro-capite di 35.925 dollari, ma se lo dividiamo per contribuente si arriva a 53.000 dollari, su un totale equivalente a 2.292 miliardi di dollari. Tuttavia gli italiani, a differenza degli americani, sono dei gran risparmiatori, per cui anche se il convento è povero, i frati sono ricchi. La ricchezza netta delle famiglie italiane è pari a sette volte il reddito disponibile, sei volte il PIL, quattro volte e mezzo il debito pubblico, cosa che costituisce la più solida delle garanzie. Infatti la famiglia italiana è al terzo posto nel mondo, mentre quella americana solo al 19mo. I politici lo sanno e ne approfittano, indebitandoci sempre più, ma per quanto tempo potrà essere tirata questa corda?

 

[7 febbraio] Paolo VI. Berlusconi. Casapound. Riforma della giustizia.

 

A ottobre faranno santo Paolo VI. Chi? Quello che condannò Moro a morire quando disse alle BR “Liberatelo senza condizioni”? Lo stesso Moro si stupì scrivendo: “Ha fatto molto poco Montini”. Per Andreotti invece si era comportato perfettamente. L’anticomunismo è sempre stato una brutta bestia.

Vietando la contraccezione Paolo VI favorì anche gli aborti clandestini.

 

La Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per corruzione per Silvio Berlusconi e per corruzione e falsa testimonianza per il cantante Mariano Apicella nell’ambito di uno dei filoni dell’indagine Ruby ter.

Secondo l’accusa Berlusconi avrebbe pagato il cantante per indurlo a falsa testimonianza sul caso “olgettine”. In totale il cantante napoletano, che avrebbe partecipato a feste organizzate ad Arcore, avrebbe percepito illecitamente 157 mila euro. Il processo è stato fissato al prossimo 9 maggio.

In Italia notizie del genere favoriscono il politico candidato a governare, perché lo fanno passare come una vittima della magistratura di tendenza comunista. Cos’hanno gli italiani di diverso da altri elettori europei? Perché credono o a tutto quello che gli dicono o soltanto a quello che gli fa comodo?

Che poi non è vero che siamo così ingenui. In Francia, p.es., avevano una grande considerazione di Dominique Strauss-Kahn, l’ebreo socialista a capo del FMI, che cornificava da mane a sera le sue tre mogli ed era un vero maniaco sessuale.

 

Secondo l’Istituto Cattaneo di Bologna il partito con il programma più preciso è quello di Casapound. Ciò è dovuto al carattere molto schematico (e piuttosto corto, rispetto agli altri) del programma. Ciò non significa che le proposte politiche di Casapound (tra le quali rientrano l’uscita dall’Unione Europea e la nazionalizzazione della Banca d’Italia) siano quelle più realizzabili. Vuol dire soltanto che possono essere esposte e sottoposte al vaglio degli elettori con maggiore facilità e chiarezza.

I partiti con i programmi più astratti, dov’è maggiore la frequenza di enunciazioni di principi generali, sono nell’ordine Civica popolare, Potere al popolo e il Movimento 5 stelle.

Come al solito, la destra ha poche idee chiare e distinte, molto adatte a una popolazione poco abituata a pensare.

Per fortuna l’Istituto prevede l’ingovernabilità.

 

Il 2017 si è chiuso con un aumento sia dei casi di ingiusta detenzione (che hanno raggiunto quota 1.013, contro i 989 registrati nel 2016), sia dell’ammontare complessivo dei relativi risarcimenti (34.319.865,10 euro).

Secondo giudici e procuratori le persone che finiscono in carcere ingiustamente ogni anno, e che per questo ricevono un risarcimento, rappresentano un “dato fisiologico”, una sorta di “danno collaterale” inevitabile davanti alla mole di processi penali che vengono celebrati ogni anno nelle aule dei tribunali italiani. Le conseguenze negative e impossibili da risarcire per le persone interessate, le loro vite private e professionali distrutte, gli effetti psicologici gravissimi, i soldi spesi dallo Stato in risarcimenti per ingiusta detenzione non hanno alcuna importanza.

Negli ultimi 25 anni 26.412 persone hanno subito una ingiusta detenzione, ovvero una custodia cautelare in carcere o agli arresti domiciliari, prima di essere riconosciute innocenti con sentenza definitiva. Per risarcirli, lo Stato ha versato complessivamente poco meno di 656 milioni di euro.

Se poi si includono anche gli errori giudiziari in senso tecnico (ossia quelle persone che vengono condannate con sentenza definitiva, ma poi sono assolte in seguito a un processo di revisione perché si scopre il vero autore del reato, oppure un altro elemento fondamentale per scagionarli), il numero delle vittime sale a 26.550, per una somma totale di 768.361.091 euro in risarcimenti versati dal 1992 a oggi. Si tratta dunque di una media annuale di oltre 1.000 casi, per una spesa superiore ai 29 milioni di euro l’anno.

Ma ai politici questo interessa?

 

[8 febbraio] Fisco. Unione Europea. Gastone Sozzi

 

I Paesi a capitalismo maturo registrano una pressione fiscale che varia dal 40 al 45% del PIL, in quanto le esigenze sono di un certo livello. Invece i Paesi europei più arretrati o quelli che vorrebbero entrare nella UE, registrano una pressione fiscale che raramente supera il 30% del PIL. Chi propone di ridurre il prelievo fiscale dovrebbe anche dire a quale idea di società fa riferimento.

Da noi i partiti, soprattutto in campagna elettorale, vogliono capra e cavoli. E a noi piace discutere come se fossimo sempre sotto elezioni. Ci piace volare alto, come Modugno, che con la sua canzone rappresentò il miracolo economico degli anni ’50 e ’60. Oggi però sarebbe patetico...

 

L’imposta destinata alla redistribuzione del carico fiscale (IRPEF) è diventata un’imposta che incide, sostanzialmente, solo sul reddito da lavoro dipendente (l’85% del prelievo IRPEF). Si tratta di 180 miliardi di euro, ovvero il 38% di tutte le entrate dello Stato. Dal 2008 è l’unica imposta che registra un incremento di gettito.

Tutti gli altri redditi sono sostanzialmente soggetti a una cedolare secca e con dei gettiti in continua contrazione. Si pensi agli affitti, agli interessi passivi del debito pubblico, alla rendita finanziaria ecc. Inoltre il gettito Ires (imposta sulle imprese) è calato del 35% tra il 2008 e 2017; il gettito Irap del 44%.

I partiti stanno parlando di queste cose? No, perché si dà per scontato che agli italiani interessi soprattutto il problema della sicurezza. Il 90% dei problemi è concentrato in quello dei migranti, che però producono il 9% del PIL e ci pagano 640.000 pensioni.

 

Cosa dice Giuseppe Berta dell’Italia, docente di Storia dell’economia alla Bocconi? L’Europa, lungi dal presentarsi come un volano dello sviluppo, ci appare spesso come una matrigna severa, più che altro ansiosa di non farsi coinvolgere dai problemi degli italiani. È esemplare il recente documento dei 14 economisti, 7 tedeschi e 7 francesi, sulle prospettive dell’Europa. Dal testo emerge soprattutto una preoccupazione: creare un cordone sanitario che sterilizzi il rischio Italia. Altro che sviluppo.

Sul fronte valutario è trasparente la volontà dell’America di Trump di contrastare la Germania. L’Italia rischia di essere il vaso di coccio della situazione. Buona parte del nostro export riguarda beni di consumo che possono essere messi fuori mercato dall’aumento dei prezzi; un americano rinuncerà prima a un bicchiere di Brunello che ad acquistare una Bmw.

Per nostra fortuna esiste una base solida di aziende dai 250 milioni di fatturato fino ai 2-3 miliardi che continuano a dimostrare di saper reggere la concorrenza e di far squadra. Ma generalmente non riusciamo ad andare oltre un certo limite organizzativo. Di fronte al salto, vuoi di dimensioni che di area del business, il sistema segna il passo. Basti l’esempio del lusso: abbiamo ottime aziende, ma non abbiamo mai creato un network di livello mondiale come Lvmh o Kering2. Insomma l’industria italiana non ha alle spalle ormeggi solidi in cui rifugiarsi in caso di tempesta.

Forse per questo – possiamo aggiungere – dobbiamo sempre dare la colpa a qualcuno dei nostri limiti piccolo-borghesi: una volta è l’Europa, un’altra gli immigrati...

 

Nel blog di Salvatore Lo Leggio si fanno i nomi dei fascisti responsabili della morte del comunista Gastone Sozzi, avvenuta sotto tortura nel 1928: il generale Carlo Sanna presidente del Tribunale Speciale Fascista, e il generale Ciardi, avvocato generale dello stesso Tribunale. Eppure non sono mai state fatte indagini. Chi di voi è di Perugia forse potrebbe fare una ricerca negli archivi di quello che fu il Tribunale speciale fascista di quella città. Ancora oggi c’è chi sostiene che si sia suicidato. Chissà perché i magistrati fascisti impedirono l’autopsia.

 

[9 febbraio] Sinistra radicale. Canada, islam. Casapound

 

Se bastasse aver ragione, la sinistra radicale il 4 marzo dovrebbe essere al governo. Ma occorrono anche le condizioni storiche favorevoli alla rivoluzione e il consenso delle masse sfruttate.

Questa sinistra radicale s’immagina di trovarsi come alla vigilia della rivoluzione d’Ottobre e non si rende conto che allora la Russia era in un marasma totale: stava perdendo la I guerra mondiale e sul piano economico le forze sociali e politiche anti-proletarie stavano portando il Paese alla catastrofe per dimostrare ch’era colpa dei bolscevichi.

I comunisti svolsero un lavoro enorme, di agitazione, di propaganda, di organizzazione della resistenza per dimostrare che la ragione stava dalla parte degli operai e dei contadini poveri.

Oggi non siamo a questi livelli, né sul piano oggettivo né su quello soggettivo. È sufficiente che la destra fascio-leghista e razzista non vada al governo. È da irresponsabili comportarsi da estremisti sperando che la destra al prossimo governo porti il Paese alla rovina.

 

Il primo ministro canadese Justin Trudeau sostiene la causa islamista da nove anni rifiutandosi di dialogare con i musulmani riformisti. Riguardo ai combattenti dell’ISIS che fanno ritorno in Canada, Trudeau ha affermato che saranno una “potente voce per la deradicalizzazione” e coloro che si oppongono al loro rientro sono islamofobi. Non a caso il governo canadese non fornisce i nomi dei combattenti dello Stato islamico che fanno ritorno nel Paese alla commissione delle Nazioni Unite incaricata di aggiornare la lista dei jihadisti internazionali.

È una posizione del tutto illusoria, anche perché il “Centro canadese di impegno comunitario e di prevenzione della violenza” non ha alcun leader né ha un centro di deradicalizzazione, né un programma che potrebbe favorire la democratizzazione dei fondamentalisti. La legislazione canadese non prevede neppure di poter costringere un combattente dell’ISIS che fa ritorno nel Paese a frequentare un programma del genere, anche se esistesse davvero. In Francia, un programma simile sponsorizzato dal governo è stato un fallimento totale.

Il grado di diffusione dell’estremismo islamista in Canada può essere dimostrato dal numero di combattenti che si erano uniti all’ISIS: 180 i canadesi recati all’estero per andare a combattere per i “gruppi terroristici” in Iraq e in Siria, a fronte dei 129 americani che hanno fatto la stessa cosa. Dato che la popolazione americana è circa dieci volte quella del Canada, il numero degli americani avrebbe dovuto essere prossimo ai 1.800.

Da notare che alcuni attacchi islamisti contro l’America sono stati orditi proprio in Canada: l’attentato progettato da Ahmed Ressam nel 1999, l’attacco preparato da Chiheb Esseghaier nel 2013 e quello pianificato da Abdulrahman El Bahnasawy che avrebbe dovuto colpire New York nel 2016.

Il sostegno del primo ministro Trudeau alla causa islamista è stato costante fin dalla sua elezione a deputato nel 2008. Questa posizione si è rafforzata da quando è diventato premier nel 2015. La cosa strana è che gli USA non fanno alcuna pressione per dissuaderlo da questa assurda posizione.

 

Casapound è convinta che il 4 marzo prenderà il 3% dei voti entrando in Parlamento con 13-14 deputati. I suoi candidati sono presenti ovunque. D’altra parte gli ultimi risultati elettorali parlano chiaro: il 9% a Ostia, l’8% a Lucca e il 7% di Bolzano. In tutta Italia sono più di 100 le sedi aperte in questi anni. Sono convinti che non vincerà nessuno e che si formerà un nuovo governo tecnico. Se mai esisterà un governo di centrodestra di stampo sovranista, con Salvini premier e Bagnai o Borghi all’Economia, potrebbero anche garantire un appoggio esterno. Dicono anche che in due anni sono stati invitati in televisione solo quattro volte e che se avessero avuto lo stesso spazio di Salvini e Meloni oggi Casapound sarebbe al 15%.

Come noto, propongono l’uscita unilaterale dalla moneta unica e dall’Unione Europea, per riportare l’Italia a essere la quinta economia del mondo: un Paese dove trovare lavoro fisso, comprare casa e mettere al mondo due figli per ogni giovane coppia. Basteranno 14 giorni per tornare alla lira. Il programma propone la nazionalizzazione delle banche e delle autostrade (tariffa fissa a 80 euro l’anno). Chiedono di aprire un canale commerciale strategico con Russia e Giappone. Vogliono cancellare il pareggio di bilancio dalla Costituzione. Vogliono sovranità e protezionismo per favorire l’Italia dai concorrenti. Per fermare i flussi migratori ipotizzano una missione militare in Libia. La cittadinanza si potrà ottenere solo attraverso lo ius sanguinis, scritto in Costituzione. Ma si prevede la possibilità di revocare la cittadinanza alle prime, seconde o terze generazioni in caso di reati gravi: in tal caso il soggetto tornerà al Paese di origine di suo padre.

Stanno anche pensando di introdurre un reddito nazionale di natalità di 500 euro al mese per ogni bambino da zero a 16 anni nel tentativo di interrompere il crollo delle nascite. Questa misura costerebbe 20 miliardi di euro l’anno.

Sono in sintonia con i greci di Alba Dorata.

In sintesi si potrebbe dire: italiano, vuoi star bene? Chiuditi nel tuo guscio. Ti danno fastidio? Armati!

 

[10 febbraio] Fascioleghismo. Liberi e Uguali. Patrice Lescaudron

 

Il fascio-leghismo razzista di Salvini viene giudicato pericoloso persino da Maroni, che continua a puntare sul federalismo piccolo-borghese. Se la destra va al governo, non sarà certo Berlusconi a tenerne le redini, anche se lui ostenta una sicurezza di facciata. Questa destra è più pericolosa della sua, perché all’incapacità di governare unisce odio e violenza.

 

Nel programma di Liberi e Uguali è scritto che la crescita delle disuguaglianze dipende da “un processo di globalizzazione non regolato”. Non si dice da chi non è regolato, ma si può immaginare: “dalla politica”.

La soluzione che propongono qual è? Tornare alla Carta Costituzionale. Cioè tornare a un documento frutto di un compromesso tra forze di destra e di sinistra (in cui, peraltro, alla resa dei conti ci ha guadagnato solo la destra, seppur non quella becera del fascismo)? Tutto qui? Serviva davvero uscire dal PD? La Costituzione non è un dogma intoccabile. Peraltro tutte le volte che l’hanno modificata non è certo stato per una volontà popolare. Altrimenti, tanto per fare un es., quella schifezza di art. 7 lo si sarebbe abolito da un pezzo. Al massimo si è chiesto ai cittadini di accettare o rifiutare le modifiche avvenute in Parlamento. Se vogliamo essere onesti, la Costituzione andrebbe riscritta persino nei suoi primi 12 articoli che nessuno ha toccato. P.es. all’art. 1 viene detto che la Repubblica è fondata sul lavoro. In realtà dovrebbe essere fondata sulla “proprietà collettiva dei mezzi di lavoro”, quella che permette a tutti di non dover essere sfruttati per poter vivere. Il lavoro può non essere una “merce” soltanto se la proprietà dei fondamentali mezzi produttivi non è privata. Secondo Sabino Cassese è addirittura “miope” tutta la seconda parte della Costituzione (da notare che questo magistrato vuole un Senato con composizione e compiti molto ridotti rispetto agli attuali, e vuole che sia solo la Camera a fare le leggi).

Comunque con questo non voglio dire d’essere contrario ai compromessi: Lenin diceva che si sarebbe alleato anche coi monarchici se questo gli fosse servito per realizzare un determinato obiettivo. Ci sono compromessi tattici e strategici, dignitosi e infami, di minima e di massima. Il parlamento nazionale è, per eccellenza, il luogo del compromesso, dove anche un voto può fare la differenza. Si cede su qualcosa per ottenere qualcos’altro. Altrimenti è meglio fare come gli anarchici o come certe formazioni della sinistra radicale (p.es. i bordighiani), che non vanno neppure a votare. Il problema di questa sinistra è che non vuol fare compromessi con nessuno: paragona il parlamento a una sezione di partito, senza rendersi conto che, per fregarsene dell’opposizione, il governo dovrebbe beneficiare di un ampio premio di maggioranza con un’alta soglia di sbarramento. Questa sinistra è rimasta più ideologica che politica, per cui le costa una fatica incredibile trovare accordi. Il fatto che non sia mai riuscita a trovare accordi coi 5Stelle, che sono stati gli unici a dire cose innovative contro la casta, la dice lunga.

 

Un ex gestore patrimoniale di Credit Suisse è stato dichiarato colpevole di aver distolto milioni di franchi dai conti dei clienti per coprire le sue crescenti perdite commerciali, in uno dei più grandi casi di criminalità finanziaria nella storia svizzera. Patrice Lescaudron è stato condannato a cinque anni di carcere con un verdetto pronunciato da un giudice a Ginevra. Nel corso di otto anni l’uomo ha provocato perdite per 143 milioni di franchi svizzeri (152 milioni di dollari) e si è arricchito personalmente di 30 milioni di franchi. Secondo il giudice, le sue motivazioni erano egoistiche, sospinte dal richiamo dei profitti.

Cinque anni di carcere? Ma perché non è venuto a rubare da noi?

 

[11 febbraio] Fascismo

 

Il fascismo al potere in Italia significò per tutte le minoranze nazionali presenti nel Paese l’inizio di una violenta campagna di discriminazione, di negazione di diritti fondamentali e di italianizzazione forzata. Basta vedere quel che si è fatto in Alto Adige. Questa campagna trovò l’apice più virulento ai danni della minoranza slava, nei confronti della quale il regime manifestò un’avversione dettata da un profondo disprezzo di natura razzista. Il programma di snazionalizzazione imposto dal fascismo portò alla soppressione totale delle istituzioni nazionali slovene e croate, al divieto dell’uso del serbo-croato e all’imposizione dell’italiano come unica lingua nelle scuole e negli uffici pubblici. Venne attuata l’italianizzazione delle principali città con il trasferimento in esse di popolazione italiana. Nelle scuole furono licenziati gli insegnanti di madrelingua e vi fu una forte limitazione all’assunzione di impiegati sloveni negli uffici pubblici. Scomparso ogni diritto a tutela della identità slava, si arrivò perfino alla italianizzazione forzata dei cognomi.

Anche la gerarchia ecclesiale vaticana aderì a questa politica rimuovendo dall’incarico i vescovi slavi di Trieste e Gorizia e abolendo l’uso della lingua slovena nelle funzioni liturgiche e nella catechesi.

Le squadracce nere avevano campo libero per compiere le loro azioni criminali. Vi fu uno stillicidio di attacchi e di devastazioni di sedi di circoli e di organizzazioni slave e di sistematiche aggressioni a persone che cercavano di opporsi alla politica del regime o che manifestavano un qualche dissenso verso di essa.

La repressione dell’opposizione slava fu durissima e tuttavia il regime fascista non riuscì mai a “normalizzare” la situazione in quei territori, dove il Tribunale speciale iniziò la sua nefanda opera nel febbraio del 1927. E tra il 1927 e il 1943, solo contro imputati sloveni e croati, ci furono centotredici processi. Trentaquattro anti-fascisti sloveni vennero condannati a morte, mentre ad altri 581 vennero inflitti complessivamente 5.418 anni di reclusione. Tra le vittime di questa spietata azione repressiva, moltissimi furono i militanti comunisti.

All’alba del 6 aprile 1941 l’aviazione della Germania nazista sferrava un violento bombardamento su Belgrado, radendo al suolo interi quartieri della città e provocando la morte di circa diecimila persone tra la popolazione civile. Contemporaneamente in più punti del Paese, truppe di invasione tedesche, italiane, bulgare e ungheresi violavano i confini dello Stato balcanico. Cominciava così l’invasione nazifascista della Jugoslavia che, secondo le intenzioni di Hitler, doveva portare allo smembramento e alla scomparsa del regno jugoslavo come nazione.

L’Italia ricevette Lubiana e la zona meridionale della Slovenia, parte consistente del litorale della Dalmazia e alcune zone della Bosnia, del Montenegro e del Kossovo.

Nella Venezia-Giulia e nei territori annessi dall’Italia dopo l’invasione si inasprì ulteriormente la repressione poliziesca e giudiziaria, alle quali si aggiunse anche quella dei reparti militari. Nel dicembre 1941, dopo una sentenza del Tribunale speciale, vennero fucilati a Trieste cinque esponenti del Fronte di Liberazione sloveno, ad altri cinquanta imputati vennero inflitti 666 anni di reclusione, mentre altri ancora non arrivarono neppure al processo perché morirono a seguito delle torture a cui furono sottoposti in carcere.

I reparti militari si dedicarono a sistematiche azioni contro i Paesi e le popolazioni civili delle zone annesse. Molti villaggi del retroterra delle province di Trieste, Gorizia e Rijeka (Fiume) vennero attaccati dai reparti militari, alcuni furono incendiati, migliaia di civili deportati, altri assassinati in esecuzioni sommarie e arrestati. I popoli della Jugoslavia pagarono con un altissimo tributo di sangue, circa un milione di morti, le nefande azioni degli invasori nazifascisti; mentre altre settecentomila furono le vittime della lotta di Liberazione e della guerra.

Basta parlare di foibe. E se proprio vogliamo farlo, parliamo anche del resto.

 

[12 febbraio] Gamberi. Politica italiana. Pensioni

 

Il Procambarus fallax virginalis è un gambero dotato di 5 paia di zampe e in grado di automoltiplicarsi attraverso la clonazione. La specie, di origine nordamericana, ha raggiunto gli acquari europei tra il 1990 e il 1995. Ha cominciato a mostrare una colorazione marmorizzata, che rendeva gli esemplari differenti da quello originario. E, soprattutto, si è cominciata a notare la predominanza di un solo sesso. Così si è scoperto che i gamberi marmorizzati, tutti esemplari di femmina, generavano cloni di se stessi due o tre volte l’anno per partenogenesi, senza cioè accoppiarsi con il maschio e adattandosi così velocemente a molti habitat. Una manna per chi li vende, ma un problema per chi nell’acquario di casa pensa di tenerne solo uno. Il crostaceo negli ultimi 20 anni ha letteralmente invaso fiumi e laghi di tutto il Pianeta, distruggendo i delicati ecosistemi e mettendo a repentaglio la sopravvivenza di molte specie. In Madagascar la loro area di diffusione è aumentata di cento volte in dieci anni. Naturalmente li abbiamo anche in Italia.

Questi gamberi mangiano di tutto. Divorano foglie marce, lumache o nidiate di pesci, piccoli pesci e persino insetti. Con 3,5 miliardi di basi di DNA, il genoma del crostaceo risulta essere più grande del genoma umano (che ne ha il 7% in meno), anche se contiene lo stesso numero di geni, 21mila. Il gambero marmorizzato dispone di tre serie di 92 cromosomi, mentre i suoi simili ne possiedono soltanto 2 serie. Due dei tre set di cromosomi sono pressoché identici tra loro, ma il terzo è abbastanza diverso, ed è per questo che i ricercatori pensano possa aver avuto origine dall’accoppiamento di due gamberi di fiume provenienti da diverse regioni del mondo.

Questi gamberi, pur essendo virtualmente identici dal punto di vista genetico, presentano colori e dimensioni diverse. I cambiamenti sono il prodotto dell’interazione con l’habitat naturale, e potrebbero aiutare a capire che ruolo abbia l’epigenetica nello sviluppo del cancro, come un tumore si adatti al suo ambiente o come sviluppi resistenza ad alcuni farmaci.

Il suo successo spaventa l’Unione Europea che ne ha vietato l’importazione: non deve essere venduto come alimento, tenuto in acquario né tanto meno rilasciato nell’ambiente.

Al momento diverse équipe di scienziati stanno lavorando a un’arma biologica (naturale) in grado di contrastare l’avanzata del crostaceo.

Gamberi clonati? Arma biologica naturale? Ma quante ne fanno questi americani? Invece di risolvere certi problemi, non sarebbe meglio eliminare la loro causa?

 

Il PD crolla nei sondaggi al 23% e non a favore dei Cinque Stelle quanto del centrodestra. Così dice “La Stampa”. È vero che con i voti degli alleati che resteranno sotto il 3% il PD potrebbe strappare una percentuale più alta, sfiorando il 26-27%. Ma se la Bonino salisse oltre il 3% e Insieme e Civica Popolare restassero sotto l’uno (disperdendo così i voti), il film sarebbe un altro.

Da qui le voci di corridoio che chiedono un ritorno, in caso di disfatta, di Walter Veltroni in cima alla lista degli ex leader che potrebbero essere richiamati a gran voce.

 

Da domani entra in funzione la pensione anticipata con la formula del prestito. Per poter accedere all’anticipo pensionistico volontario occorre avere almeno 63 anni di età anagrafica e almeno 20 anni di contributi previdenziali maturati entro il 1° maggio del 2017. La pensione anticipata viene di fatto con la formula del prestito ventennale erogato dalle banche. Tre anni e sette mesi di anticipo previdenziale è il massimo che ogni lavoratore può richiedere e la pensione dovrà essere restituita nei successivi venti anni.

Cioè in pratica la restituiranno i figli. O l’assicurazione che il pensionato dovrà pagare in parallelo al mutuo bancario.

 

[13 febbraio] USA, ricchezza e povertà.

 

Negli USA la situazione della povertà va peggiorando in maniera esponenziale. Le famiglie senzatetto, che nel 1981 erano praticamente inesistenti, nel 1989 erano già 20mila, e se già nel 2005 rappresentavano 1/3 dei poveri senza fissa dimora, nel 2014 costituiscono più del 36% della popolazione dei senza casa. Un Paese ricchissimo ospita milioni di poverissimi.

La quota netta del reddito nazionale del 50% più basso è caduta dal 20% del 1980 al 12% nel 2014, mentre la quota di reddito dell’1% più ricco è quasi raddoppiata al 20%. L’1% più ricco possiede ora oltre il 37% della ricchezza nazionale, mentre il 50% costituito dagli strati sociali più bassi – circa 160 milioni di persone – non possiede quasi niente, un mero 0.1%.

Eppure si continuano a coltivare illusioni: il 19% dei contribuenti crede di fare già parte dell’1% dei contribuenti più ricchi e il 20% immagina di raggiungerla ben presto.

Intanto la Cina ha già superato gli USA negli indici del PIL.

 

[14 febbraio] Grecia e Italia.

 

La Grecia, che deve ancora uscire dal suo programma di salvataggio, si colloca in cima alla lista delle sofferenze bancarie, mentre l’Italia ha il maggior numero di sofferenze in termini assoluti.

Oltre a ciò la principale debolezza della finanza pubblica italiana continua a essere l’elevato livello del debito pubblico e la sua incidenza sul prodotto, pari al 132% nel 2016 (a fronte di una media dell’area euro, esclusa l’Italia, dell’81,4%).

L’Italia ha il più elevato rapporto tra il debito pubblico e il PIL della UE, dopo la Grecia, con conseguente più elevata spesa per interessi in percentuale del PIL della UE, dopo il Portogallo, pari al 4% del PIL.

Oltre al debito pubblico, un altro fronte molto caldo riguarda la revisione della riforma Fornero che potrebbe mettere a serio rischio tutto il sistema. La spesa pensionistica in Italia si attesta su livelli ben superiori in percentuale del PIL rispetto a quelli degli altri principali Paesi europei, ma risulta più sostenibile nel lungo periodo.

In pratica se va su la destra, che vuole abolire la Fornero tout-court e non far pagare le tasse in maniera proporzionale al reddito, il default è assicurato.

 

[15 febbraio] USA, debito pubblico, armi. Capitalismo italiano

 

Per cercare di coprire i sempre più generosi deficit del bilancio federale, il Tesoro americano prevede di prendere a prestito quasi 1 trilione di dollari nel 2018, chiederne 1,1 l’anno successivo e per il 2020 alzare l’asticella a 1,3 trilioni.

Di questo passo, secondo documenti ufficiali, il debito pubblico USA supererà i 25 trilioni di dollari entro settembre 2020. Non solo gli USA detengono di gran lunga il più alto debito pubblico nella storia dell’umanità, ma quei 25 trilioni di dollari saranno anche superiori a tutti i debiti pubblici delle altre nazioni del mondo messi insieme.

È possibile che il Governo Federale abbia bisogno di bruciare 1 trilione di dollari l’anno per poter funzionare? La cosa strana è che in questo momento tutto sembra andare a gonfie vele negli USA: l’economia è forte, la disoccupazione bassa, la detassazione è a livelli record.

Nel decennio scorso, per vendere i suoi bond, il governo statunitense ha sempre potuto fare affidamento sui soliti noti – FED, Cina e Giappone – da cui ha preso a prestito trilioni di dollari sin dalla fine della crisi del 2008. Quei tre hanno accumulato così tanti bond USA che ora detengono sul loro bilancio il doppio del debito USA che avevano prima della crisi.

Ma ora sembra che si siano stancati. La FED ha formalmente dichiarato di averla finita con i suoi Quantitative Easing. Il Governo Cinese ha declassato il debito USA ed ora si dice impegnato a pensare che fine far fare ai bond americani; il Giappone ha ritenuto opportuno riversare ogni singolo centesimo nella sua economia invece che in quelle degli altri. Cina e Giappone hanno cominciato a vendere ad altri i bond americani in loro possesso. Tutti i più grandi acquirenti del debito governativo statunitense non acquistano più debito made in USA. Sicché il governo dovrà alzare i tassi di interesse per attirare i creditori, cioè dovrà pagare interessi più alti agli investitori che lo finanziano e quindi chiedere ancora più soldi, sia ai cittadini (più tasse) che ai compratori dei suoi bond (altro debito).

Qui il gatto si mangia la coda, finché gli yankee vanno a mangiare la coda degli altri.

 

Nicholas Cruz, 19 anni, ex studente problematico di una scuola della Florida, ha fatto fuoco su studenti e insegnanti della sua ex scuola, ammazzando almeno diciassette persone, ferendone a decine.

Non capisco perché gli americani, che hanno un autentico culto per le armi, non mettano i metal detector negli ingressi delle scuole e le telecamere all’esterno. Sono l’unico Paese al mondo in cui gli ex studenti fanno stragi di altri studenti, inclusi i loro proff... Come minimo dovrebbero mettere un vigilantes armato di tutto punto, come già si fa per le banche. Le banche hanno poi un sistema di allarme direttamente collegato con le forze dell’ordine: perché non farlo anche per le scuole? Poi con un breve corso di addestramento si potrebbe armare, almeno con un taser, il personale amministrativo, coprendo i punti più sensibili di ogni edificio.

Insomma questi americani son proprio dei dilettanti. Noi sapremmo fare molto meglio....

 

Il capitalismo italiano, almeno quello quotato alla borsa di Milano, si conferma un sistema dominato da dinastie imprenditoriali e da imprese pubbliche. Lo dice la Consob. La stessa cessione del treno Italo agli americani dimostra che il nostro capitalismo è molto debole.

Poi gli sprovveduti, i provinciali, gli oppositori di maniera filo-leghisti, gli intellettuali piccolo-borghesi, i sovranisti, quelli che pensano che senza Europa torneremmo a essere la quinta potenza mondiale, preferiscono dar la colpa dei nostri limiti all’euro troppo forte, alla UE troppo burocratica, alla spending review, al pareggio di bilancio, al fiscal compact, al 3% del PIL e chiamalocomevuoi.

 

[16 febbraio] Vincolo di mandato. Italia, povertà. Venezuela. M5Stelle

 

Vogliono imporre il vincolo di mandato ai futuri parlamentari. Sia il Movimento 5Stelle sia il centrodestra del trio Berlusconi-Salvini-Meloni, impegnati a giurare l’un l’altro di non voler fare inciuci dopo il voto del 4 marzo, hanno promesso agli elettori misure drastiche per evitare i continui cambi di casacca alla Camera e al Senato. Talmente drastiche da risultare in contrasto con il dettato della Costituzione, che all’art. 67 recita testuale: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. Per Luigi Di Maio, “chi entra in Parlamento con un gruppo e cambia gruppo o se ne va a casa o paga una multa profumata”. Nel programma dei 5Stelle, viene proposto di modificare i regolamenti delle Camere per scoraggiare o penalizzare chi cambia gruppo. In quello di Forza Italia-Lega-Fratelli d’Italia-Udc si promette direttamente di cambiare la norma costituzionale.

Per me hanno ragione. Il parlamentare riceve un mandato da parte degli elettori. A loro deve sempre rendere conto. Non può essere lasciato così libero di decidere quando e come vuole. Il vincolo di mandato in una democrazia rappresentativa nazionale è difficilmente realizzabile? E allora realizzate una democrazia diretta! Senza quel vincolo è possibile realizzare i compromessi trasversali ai vari partiti? Sì ma non ha senso che solo in questa legislatura oltre 500 parlamentari abbiano cambiato il partito di riferimento. Basta col trasformismo! E con l’opportunismo di chi pensa solo alla poltrona!

 

L’ultimo rapporto ISTAT riferito al 2016 parlava di quasi 1/3 della popolazione italiana a rischio povertà o esclusione sociale. Esattamente di 18.136.663 persone, che per fortuna non sono tutti senza fissa dimora, ma che alla fine di ogni mese arrivano a stento e, se dovessero ammalarsi o perdere la fonte di quel poco che gli entra in cassa al mese, sarebbero per strada. Un numero che, in prospettiva, potrebbe gonfiarsi ulteriormente nei prossimi anni, vista l’altissima incidenza di precarietà e di sotto occupazione giovanile.

Gli inglesi hanno cominciato a definire per “comportamenti anti-sociali” proprio il non avere una casa, il non avere un lavoro e l’essere costretti a dormire per strada. Lo stesso atteggiamento da noi lo tenne il sindaco di Como, quando aveva vietato di distribuire pasti caldi ai senza tetto durante le vacanze di Natale.

Meno male che di queste cose si parla tutti i giorni nei talk show televisivi, altrimenti staremmo freschi. È una fortuna essere sotto elezioni, così i politici sono costretti ad affrontare problemi del genere.

 

Se potessero farlo senza problemi gli USA occuperebbero il Venezuela. Dicono che sia il Paese più ricco di petrolio al mondo. Ma possiede anche molte riserve d’oro e di coltan, il materiale con cui si producono le batterie degli smartphone. Ma al popolo arriva qualcosa di tutta questa ricchezza? Sì, arrivano i disastri ambientali.

 

In questi giorni alcuni candidati a Cinque Stelle sono stati allontanati dal movimento per aver taroccato i bonifici di restituzione degli stipendi. I vertici M5Stelle hanno chiesto un passo indietro anche a un candidato laziale finito tra le polemiche per alcuni post violenti e a un paio di colleghi iscritti a una loggia massonica (appartenenza vietata dal regolamento pentastellato). Ma le liste ormai sono state depositate, tutti restano ufficialmente candidati nel movimento. Alcuni sono addirittura capolista, quindi certi dell’elezione. Se davvero vorranno rinunciare all’incarico, dovranno dimettersi da parlamentari. A quel punto saranno le Camere di appartenenza a votare la richiesta, e la storia insegna che il meccanismo è lungo e spesso senza esito. Così in alcuni collegi gli elettori voteranno per candidati Cinque stelle, nel frattempo allontanati dai Cinque stelle, che in caso di elezione non saranno parlamentari a Cinque stelle.

Tranquilli. Secondo un recente sondaggio dell’Istituto Demopolis il 67% degli italiani non ha alcuna idea di chi siano i candidati alla Camera o al Senato nel proprio collegio elettorale. Ormai è la democrazia rappresentativa nazionale a essere diventata una burletta. Il bello è che se non si accetta come alternativa la democrazia diretta, si finisce dritti dritti verso la dittatura.

 

[17 febbraio] Destra. Linee ferroviarie. Amazon

 

Secondo l’economista Roberto Perotti il costo delle promesse elettorali del Centrodestra andrebbe da un minimo di 161 miliardi di euro di disavanzo a un massimo di addirittura 300 miliardi. Cifre che fanno impallidire perfino i buchi imponenti dei programmi del M5Stelle (63 miliardi) e del Partito democratico (56,4 miliardi).

Sì ma lo sappiamo come sono quelli di destra. Prima vogliono portare il Paese allo sfascio, per poi dire che ci vuole una mano forte per gestirlo. In questo il Cavaliere, detto anche la Mummia, è uno specialista. Un suo discepolo, Matteo Renzi, ha dichiarato: “Facendo un gesto di coraggio, ma anche di dignità, io ho detto che se perdo il referendum non è soltanto che vado a casa, ma smetto anche di fare politica”.

 

Una delle linee ferroviarie più disastrate è la Roma-Lido. Altro mezzo disastro è la Circumvesuviana.

Sta male anche la Reggio Calabria-Taranto. In mezzo al guado anche la Verona-Rovigo. Problemi forti anche per i passeggeri della tratta Brescia-Casalmaggiore-Parma. Sul piede di guerra anche i pendolari del tratto Settimo Torinese-Pont Canavese. In panne anche la Genova-Savona-Ventimiglia. In cerca di rilancio la Bari-Corato-Barletta.

Ecco queste sono le linee ferroviarie più problematiche.

Avete sentito un qualche partito che ne abbia parlato? L’unica news di questi giorni è stata che gli imprenditori privati han venduto Italo agli americani per due miliardi di euro, più naturalmente i debiti che ammontano a quasi 450 milioni, che non possono mancare in regime capitalistico. Sì proprio quel treno che correva veloce sui binari dello Stato italiano e che si fermava alla stazioni di non sua proprietà.

 

Negli USA hanno dimostrato che, mentre l’apertura di un nuovo magazzino Amazon porta a un aumento immediato del 30% dei posti di lavoro nel settore della logistica, non ci sono però prove di un miglioramento generale dell’occupazione in quella stessa area. Cioè la crescita occupazionale nei magazzini è pienamente compensata dalle perdite in altri settori nella stessa area, a partire proprio dal commercio. E alla fine c’è un pareggio, nel migliore dei casi. P. es. se i negozi fisici, in media, impiegano 49 persone per ogni 10 milioni di vendite, nel caso di Amazon si scende a 23 persone. Non solo, ma dopo l’apertura di un magazzino Amazon le retribuzioni locali dei lavoratori diminuiscono in media del 10% rispetto a omologhi lavoratori impiegati altrove.

Intanto Amazon dalla fine del 2016 ha ricevuto oltre 1 miliardo di sussidi statali e locali per l’apertura di centri di smistamento e spedizione, con la promessa che avrebbe aumentato i posti di lavoro. Insomma il solito raggiro in salsa capitale.

 

[18 febbraio] Politica. Velo. Carmelo Musumeci. Destra

 

I 5Stelle esistono da una decina d’anni, Potere al Popolo da pochi mesi. E noi abbiamo bisogno di fermare una destra fascio-leghista. Il voto non può essere ideologico ma solo utile, cioè con maggiori possibilità di successo. Poi alle prossime elezioni si vedrà. Chi non capisce queste cose non è di sinistra ma solo un irresponsabile.

 

Il velo rende le donne bellissime, seducenti, misteriose, completamente diverse dagli uomini. Chi è contrario non capisce nulla di estetica, di femminilità... Si può accettare il diritto di metterlo o di non metterlo. O il dovere di non imporlo. Ma non si può non riconoscere il suo potere seduttivo. La cultura occidentale purtroppo ritiene che la donna sia tanto più attraente quanto più è svestita, ma questo fa parte del proprio materialismo volgare.

 

Carmelo Musumeci, condannato all’ergastolo ostativo, scrittore e trilaureato, meriterebbe d’essere eletto in Parlamento. Anzi gli dovrebbero assegnare il Ministero della Giustizia. Chi più di lui capisce la sofferenza dei carcerati e le assurdità della giustizia? Peraltro, pur entrando in carcere nel 1991 con la licenza elementare, è riuscito a conseguire ben tre lauree. È stato scarcerato nel 2018 con la condizionale.

 

Christian Greco, direttore del museo egizio di Torino, è diventato il simbolo delle vittime dell’arroganza dei nostri politici. Che poi, più che vittima ormai è un eroe. Dopo la reprimenda di Giorgia Meloni contro la sua iniziativa “fortunato chi parla arabo” e la minaccia del suo partito di mandarlo via appena saranno al governo, ha ricevuto tanti di quegli attestati di solidarietà da non saper più da che parte girarsi.

Il sindaco di Rimini gli ha detto che se dovesse essere cacciato dalla politica, pur avendo egli vinto un concorso, il Museo Fellini gli aprirebbe subito le porte, in quanto gli riconosce una grande professionalità. Il “Times” aveva già inserito il suo museo nella classifica dei 50 migliori al mondo. A bilancio mette 9,5 milioni di euro di incassi e un ricavo netto di 810mila euro investiti. Nell’Italia disastrata della cultura, il suo istituto non ha bisogno di sovvenzioni e di fondi pubblici.

Una destra così provinciale, ignorante e fanatica avrebbe fatto orrore persino a Gentile.

 

[19 febbraio] Berlusconi. Israele

 

L’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia sospetta operazioni di presunto riciclaggio nella vendita del Milan da parte di Berlusconi.

Non solo, ma da un’inchiesta di Milena Gabanelli e Mario Gerevini, pubblicata sul “Corriere della Sera”, emergerebbe che al momento dell’acquisto del Milan “la cassaforte del finanziere cinese era già vuota”, nel senso che il patrimonio sarebbe “all’asta su Taobao (eBay cinese)”.

Insomma da un lato Berlusconi si muove come il solito evasore fiscale, dall’altro ha trovato uno del suo pari.

 

Netanyahu ha recitato la parte, tradizionale per gli israeliani, del leader di un piccolo e debole Paese attaccato da tutti, sempre a rischio, impegnato allo spasimo, e quasi solo a garantirsi la sopravvivenza. In realtà Israele è da molti anni l’unica vera potenza del Medio Oriente. È suo l’esercito più potente, suoi gli armamenti più moderni e avanzati (compresi i nuovi sommergibili nucleari prodotti in Germania), sua la percentuale più alta del prodotto interno lordo (7%) dedicata alle spese per la Difesa. Israele ha dagli anni Ottanta la bomba atomica anche se, non avendo aderito ai trattati internazionali, nessuno sa di quante testate disponga: si ritiene in genere che siano tra 100 e 200. Nessun Paese riceve dall’estero gli stessi aiuti per la difesa che riceve Israele: dai soli Stati Uniti 38 miliardi di dollari in dieci anni a partire dal 2016 (firmò Obama), con 5 miliardi dedicati in particolare al potenziamento dei sistemi anti-missile. Secondo i dati del Sipri di Stoccolma nel 2016 Israele (8,3 milioni di abitanti e una superficie di 20.770 kmq) ha investito nella difesa 18 miliardi di dollari, contro i 15 dell’Iran (82 milioni di abitanti e 1 milione e 650 mila kmq), i 15 della Turchia (81 milioni di abitanti e 784 mila kmq) e i 4,5 dell’Egitto (97 milioni di abitanti e un milione di kmq).

Nessuna nazione in Medioriente è più pericolosa di Israele. A volte vien da chiedersi se il terrorismo islamico venga finanziato solo dall’Arabia Saudita...

 

[21 febbraio] FCA. Capitalismo italiano.

 

Gli affari del Gruppo FCA stanno andando a gonfie vele e per questo, nel 2017, all’amministratore delegato Sergio Marchionne è stato riconosciuto un assegno di oltre 10,9 milioni di euro. Nel 2016 il compenso del boss di Fiat Chrysler era stato pari a 10,66 milioni di euro. Nel corso dello scorso esercizio l’amministratore delegato del Gruppo ha inoltre maturato il diritto a ricevere 2.795.500 in azioni gratuite per i risultati conseguiti nel triennio 2014-2016.

Ecco dove vanno a finire i soldi degli operai.

 

Embraco, una controllata brasiliana della più nota Whirlpool, che, in uno stabilimento non lontano da Torino, produce compressori per frigoriferi, ora, a dispetto di aiuti di Governo, Regione e Provincia, e dopo anni di licenziamenti, cassa integrazione, mobilità e prepensionamenti, vuol chiudere quello stabilimento per delocalizzare la stessa produzione in Slovacchia, lasciando a casa 500 lavoratori.

Altrettanto stava per fare la Honeywell (da Atessa, provincia di Chieti, Abruzzo, verso la Slovacchia) con 380 operai. In Polonia si è trasferita da Torino la Carson Wagonlit, come pure la K-Flex (sede in Brianza), leader mondiale nel campo degli isolanti termici. Prima ancora si era spostata dal Friuli, per produrre lavatrici in Polonia, Romania e Ungheria, la svedese Electrolux, che a suo tempo aveva rilevato l’italianissima Zanussi, all’epoca del passaggio di proprietà con 35 mila lavoratori, seconda solo alla Fiat per numero di dipendenti. E durante le trattative la proprietà svedese, a un certo punto, aveva proposto di ridurre gli stipendi degli operai italiani a 700-800 euro mensili per allinearli, appunto, a quelli dei loro colleghi polacchi.

Negli ultimi tempi, poi, più di due milioni di lavoratori dei Paesi dell’Est Europa (in testa Polonia, Bulgaria e Lituania) vengono impiegati nei Paesi dell’Europa dell’Ovest, pur continuando a percepire stipendi da Est. In Italia è noto il caso dei camionisti polacchi.

Per non parlare della fuga delle imprese italiane: nel 2016 erano 27.100 le imprese che avevano trasferito all’estero almeno parte della loro attività produttive, creando oltre confine un milione e mezzo di posti di lavoro. E quasi sempre nei soliti posti: Polonia, Romania, Bulgaria, Ungheria, Paesi Baltici. Il bello è che spesso usano abbondanti fondi strutturali UE per creare condizioni di concorrenza sleale. Prezzi dell’energia molto più bassi, per esempio.

Insomma, fatemi capire: avete fatto qualcosa per impedire che crollasse il comunismo? No? Peggio per voi! Cosa pensavate, che i Paesi est europei sarebbero diventati delle vostre colonie? Ebbene sì, per gli imprenditori lo sono diventati, ma tutti gli altri si devono arrangiare. Adesso la concorrenza nel mondo non è più ideologica, ma solo economica, e voi coi vostri prezzi salati e costi di lavoro da capitalismo avanzato, non avete scampo. E smettetela di dar colpa alla UE. Siete patetici.

 

[22 febbraio] USA, democrazia. Federalismo. Italia, economia. Linguaggio di odio

 

La democrazia parlamentare americana è poco comprensibile. Già durante le primarie del 2016, due milioni di persone under 30 avevano votato per Bernie Sanders, più di quanti avessero votato per Hillary Clinton (777.000) e Donald Trump (830.000) messi insieme. Eppure non è servito a niente.

 

Per Luigi Pedrazzini federalismo e democrazia diretta in Svizzera vengono da lontano e sono destinati a rimanere. Il federalismo per gli svizzeri è stato lo strumento fondamentale per restare insieme, per creare un Paese basato su lingue e culture diverse tra loro, ma con l’andare del tempo è diventato sempre più anche un meccanismo di buon funzionamento a livello politico, sociale, economico.

Per Gianfranco Fabi la difficoltà di creare in Italia un meccanismo realmente federalista deriva in ampia misura dalla storia del Paese, che ha visto affermarsi l’unità nazionale attraverso un modello di Stato accentrato e che ha visto poi, negli anni Settanta del Novecento, istituire Regioni che rappresentano sì un parziale decentramento, ma che non modificano nella sostanza lo schema centralistico. Sul versante della democrazia diretta l’Italia sconta poi il prevalere di referendum di carattere abrogativo; uno sviluppo di referendum di carattere propositivo sarebbe necessario per dare un carattere più forte alle votazioni popolari per i cittadini italiani.

Perché da noi è sempre tutto più difficile? Perché siamo in troppi? Non credo proprio.

 

I livelli del commercio estero italiano sono da record storico, con 448 miliardi di euro di export, +7,4% in valore e +3.1% in volume. Nel 2017 l’export italiano è cresciuto soprattutto in Cina, +22%, in Russia, + 19,3%, e in USA +9,7%. A distanza di un ventennio, l’Italia scopre finalmente la Cina come mercato di sbocco, sicché per la prima volta il deficit con la Cina si riduce, passando da 16,2 miliardi del 2016 a 14,9 miliardi del 2017.

È servita a qualcosa la crisi economica mondiale scoppiata nel 2008? Sì, a far capire agli imprenditori italiani che devono imparare a produrre soprattutto per l’export.

L’Italia invece va male in area euro, perché, nonostante un costo del lavoro che si è abbassato rispetto agli altri Paesi, il passivo è aumentato, passando da 3,5 miliardi del 2016 a 8,2 miliardi del 2017. In particolare, due sono i Paesi che per gran parte incidono sul passivo: l’Olanda e la Germania. Con la prima il passivo è passato da 10,2 miliardi a 12,5 miliardi del 2017. Con la Germania, il passivo passa da 6,7 miliardi a 9,4 miliardi. A ciò si aggiunge il passivo con il Belgio di 4,3 miliardi del 2017. Invece il surplus dell’Italia con Uk, Francia e Spagna raggiunge la cifra di 24 miliardi di euro.

In poche parole, noi in Europa non sappiamo farci valere. Perché? Sembra essere un problema anzitutto politico e solo indirettamente economico.

 

Guardando Facebook e Twitter da chi vengono i messaggi politici in cui l’odio ha un ruolo centrale? Secondo Amnesty il 51% dalla Lega, il 27% da Fratelli d’Italia, il 13% da Forza Italia, il 4% da Casa Pound, il 3% da L’Italia agli Italiani, e il 2% dal Movimento 5 Stelle. E poi Andreotti il cinico diceva che il potere logora chi non ce l’ha... Avrebbe dovuto dire il potere rende odioso chi ce l’ha.

 

[23 febbraio] Sudafrica. Criminalità organizzata. Brexit. Oneri di sistema

 

Ma Mandela dov’è? Cos’è rimasto della sua rivoluzione? Secondo me quasi nulla. Era troppo gandhiana. Chi doveva pagare non ha pagato e chi aveva i capitali se li è tenuti. La Banca centrale è rimasta un’istituzione privata in mano a banche straniere e le disuguaglianze sociali nel Paese sono ancora enormi.

Probabilmente Mandela fu messo al potere dal presidente De Klerk, che applicò alla lettera il piano di definizione della questione dell’Africa australe deciso da Washington.

Secondo le cifre ufficiali la disoccupazione tocca oltre il 25,6% della popolazione attiva, ma in realtà riguarda il 40% degli attivi. Quanto al reddito della parte più indifesa della popolazione nera (più del 40% dei sudafricani), è inferiore di circa il 50% di quello ch’era sotto il regime bianco prima del 1994. Nel 2013 circa 17 milioni di neri, su una popolazione di 51 milioni di abitanti, sopravvivono grazie agli aiuti sociali, che garantiscono il minimo vitale.

Si stima che il gap tra entrate fiscali e spese dello Stato sia di circa 50 miliardi di rand all’anno.

 

C’è il rischio che la mafia condizioni le elezioni politiche di marzo. A lanciare l’avvertimento il Ministro dell’Interno Marco Minniti.

Sembra che abbia scoperto l’America. Possibile che non sappia che la criminalità organizzata influenza tutte le elezioni politiche e amministrative da quando è nata?

L’Italia è la terza più grande economia della zona euro, ma l’ISTAT nel 2017 ha affermato che l’economia sommersa del Paese (definita come attività economiche non dichiarate e illegali) valeva 208 miliardi di euro nel 2015, un importo equivalente a circa il 12,6% del prodotto interno lordo dell’Italia, mentre le attività illegali vere e proprie ammontavano a circa 17 miliardi di euro. I settori di maggior valore dell’economia illegale nel 2015 sono stati il narcotraffico (11,8 miliardi di euro) e la prostituzione (3,6 miliardi di euro), mentre le attività connesse di trasporto e stoccaggio hanno rappresentato 1,3 miliardi di euro.

Con queste cifre come si può pensare che gran parte dell’economia italiana non sia da tempo in mano ai criminali?

Oppure Minniti, preso da un delirio di onnipotenza, si stava chiedendo che possibilità aveva di farli fuori tutti in un colpo solo?

 

Il “Financial Times” ha reso noto una proposta britannica che prevede una transizione dopo la Brexit senza data di scadenza. Cioè con il rischio che la Brexit vera e propria non si compi mai.

Infatti il partito conservatore è spaccato in due e pensa che la Brexit farà molti più danni all’England che non alla UE.

Questo perché gli affari degli inglesi con gli europei, una volta conclusa la Brexit, diventeranno onerosi per loro. Peraltro un accordo di associazione completo tra il Regno Unito e UE sarebbe soggetto all’arbitrato della Corte di giustizia europea, un punto escluso dai sostenitori della Brexit.

Inoltre, secondo il diritto europeo gli accordi di associazione devono essere ratificati dal Parlamento europeo, dal Consiglio europeo e dai Parlamenti nazionali e regionali di tutti i 27 Stati membri. Un’impresa che spesso richiede anni.

Insomma gli inglesi vogliono capra e cavoli, ma intanto la sterlina perde sempre più terreno, si teme che Londra diventi un paradiso fiscale e che l’England non sarà in grado di garantire in vari settori della sicurezza e della salute gli standard previsti dalla UE.

Ma perché gli inglesi non chiedono di diventare uno Stato americano? Sono un corpo estraneo in Europa. Come la basi NATO.

 

Sulle bollette elettriche di tutti gli italiani potrebbero essere scaricati buona parte dei 200 milioni di “oneri di sistema” non versati. A non versare sarebbero state le società finite in crisi che vendono elettricità. A questo proposito l’Authority riteneva che, in caso di mancato versamento, a pagare dovessero essere le società che vendono energia ai clienti finali.

I giudici invece hanno stabilito che l’unico titolare di questa imposta è il cliente finale. Di conseguenza se una società fallisce, la tassa “oneri di sistema” si scarica sul resto degli utenti.

Quello dello “scarico” degli oneri sugli utenti è un principio per il Codacons palesemente ingiusto perché, al di là dei ricarichi in bolletta (poco più di 2 euro), spalma sui consumatori onesti parte dei debiti accumulati sulle bollette elettriche. In tal senso il Codacons sta preparando un ricorso al Tar della Lombardia.

Io penso che con la democrazia diretta questa cosa non sarebbe potuta accadere, nel senso che i cittadini se ne sarebbe accorti prima e non avrebbero permesso il formarsi di un debito così enorme. Democrazia non vuol dire solo rappresentanza ma anche controllo reciproco.

 

[24 febbraio] Elezioni. Segrate

 

Il 4 marzo dovrai scegliere tra incompetenti onesti e competenti disonesti. Non fare come Scalfari. Sono convinto che nessuno nasce imparato e che col tempo si possono acquisire tutte le competenze che si vogliono. Certo, i 5Stelle non hanno fatto alcuna scuola di partito, ma a forza di compiere errori, impareranno. Nessuno è perfetto.

 

A Segrate, nel maggio 1971, la Feltrinelli faceva stampare dalla Edigraf quattro splendidi volumi sulla Storia della rivoluzione russa. Proprio nella località che avrebbe poi prodotto il peggior politico che l’Italia abbia mai avuto. La vita è fatta così...

 

[25 febbraio] Inquinamento. Carmelo Musumeci. Velo

 

Luca Mercalli dice che le emissioni globali nell’atmosfera sono tornate a crescere del 2% per colpa della Cina e che andando avanti così ci vorranno tre Terre nel 2050 e che rischiamo la sesta grande estinzione di massa (tutte con oltre il 75% delle specie scomparse). Gli stessi italiani vivono come se a testa avessero a disposizione 4 ettari globali, quando invece possono averne solo uno.

Cioè l’industria ci sta autodistruggendo. Perché non lo va a dire a quei comunisti che pensano che senza industria avremmo solo un socialismo della miseria? Tu dici che sotto il socialismo l’industria sarà ecologica? E tu pensi che possa esistere un’industria le cui scorie siano interamente riciclabili dalla natura? Ma se abbiamo desertificato 1/3 delle terre emerse semplicemente tagliando alberi senza ripiantarli! Figurati cosa possiamo fare oggi!

Prima fammi vedere se raggiungi il 100% quanto a raccolta differenziata, risparmio energetico e alimentare, e poi ne riparliamo.

 

Dice Carmelo Musumeci: Il Consiglio dei Ministri dell’altro giorno non ha approvato la tanto attesa riforma dell’Ordinamento penitenziario. Non è passato neanche l’importante provvedimento che eliminava le preclusioni all’accesso dei benefici e alle misure alternative al carcere. Tanti anni di lavoro, di persone preparate e intelligenti, che hanno scritto i decreti e che hanno fatto parte degli Stati Generali sull’esecuzione della pena, buttati via. E tutto per paura di perdere qualche voto alle prossime elezioni.

Possibile che questi politici non sappiano che il carcere in Italia non è la medicina ma la malattia, che fa aumentare la criminalità e la recidiva? E che molto spesso aiuta a formare cultura criminale e mafiosa? La galera in Italia è spesso una macelleria che non ha nessuna funzione rieducativa o deterrente, come dimostra il fatto che la maggioranza dei detenuti ritorna a delinquere in continuazione. Inoltre il carcere è cancerogeno non solo per chi è detenuto, ma anche, se non di più, per chi ci lavora.

E poi come si può pensare di garantire la sicurezza sociale tenendo in carcere tossicodipendenti, che hanno bisogno solo di cure e che se curati non diventerebbero mai spacciatori? Come si fa a tenere un uomo dentro per sempre con l’ergastolo ostativo, molto spesso colpevole di avere rispettato le leggi della terra e della cultura dove è nato e cresciuto, senza dargli la speranza di poter diventare una persona migliore? Perché queste persone dovrebbero smettere di essere mafiose se non hanno la speranza di un futuro diverso? Cosa centra la sicurezza sociale con tutte le privazioni previste dal regime di tortura del 41 bis?

Il carcere in Italia, oltre a non funzionare, crea delle persone vendicative perché alla lunga trasforma il colpevole in una vittima: quando si riceve del male tutti i giorni si dimentica di averne fatto.

E che dire dei numerosi suicidi di questi mesi? Io penso che molti detenuti che si tolgono la vita forse scelgono di morire perché si sentono ancora vivi. E forse, invece, alcuni rimangono vivi perché si sentono già morti o hanno già smesso di vivere. Altri invece lo fanno per ritornare a essere uomini liberi. E molti si tolgono la vita perché non hanno altri modi per dimostrare la loro umanità.

Il carcere, così com’è oggi in Italia, non rieduca nessuno, anzi ti fa diventare una brutta persona. E se fai il bravo è solo perché sei diventato più cinico di quando sei entrato.

Credo che maggiore sicurezza dovrebbe significare carceri vuote, perché fin quando ci saranno carceri piene vuol dire che i nostri politici hanno sbagliato mestiere.

La nostra Costituzione stabilisce che la condanna deve avere esclusivamente una funzione rieducativa e non certo vendicativa. E la pena non deve essere certa, ma ci dev’essere la certezza del recupero, per cui in carcere un condannato deve stare né un giorno in più né uno in meno di quanto serva. Io aggiungo che ci deve stare il meno possibile, per non rischiare di farlo uscire peggiore di quando è entrato. Forse qualcuno commetterà ancora dei reati, ma sono sicuro che la maggioranza, con un carcere più giusto e umano, potrebbe rientrare nella società e diventare cittadino migliore, sicuramente più di alcuni attuali politici.

Non so voi, ma io condivido parola per parola...

 

In occasione di una recente visita di Stato in Iran, la ministra degli esteri olandese Sigrid Kaag ha indossato il velo, con ciò legittimando di fatto la legge iraniana che lo impone e ignorando tutte quelle donne che da settimane scendono in strada in Iran togliendosi il velo per protestare esattamente contro quell’obbligo. Più di 30 di loro sono state finora arrestate.

Ma che c’entra? Son due cose diverse. “MicroMega” fa della laicità un’altra religione. Se le donne iraniane vogliono combattere contro l’obbligo del velo, è giusto che lo facciano. Ma se una figura istituzionale straniera, per poter parlare con un’altra iraniana, deve mettersi il velo, dov’è il problema? Magari privatamente si saranno scambiati pareri sulla tolleranza reciproca. Imporre la democrazia vuol dire negarla.

 

[26 febbraio] Vincolo di mandato. Reddito d’inclusione. Diritto di famiglia

 

Una volta eletti in Parlamento, non è così facile dimettersi, visto che i privilegi sono spropositati. I 5Stelle avranno dei problemi coi loro candidati indesiderati. Per me il vincolo di mandato per un parlamentare ci vuole. Oppure si crei un meccanismo tale per cui il passaggio da un partito all’altro non sia possibile.

 

In funzione da inizio anno il REI, Reddito di Inclusione, è destinato alle famiglie in povertà più numerose a cui viene erogato un importo di 180 euro al singolo fino a 540 euro per chi ha più di 5 figli, affiancando un progetto personalizzato di inclusione sociale e lavorativa. Trattasi di circa 500mila famiglie con un Isee sotto i 6mila euro con minori a carico, disabili, donne in gravidanza e over 55 disoccupati, ma da luglio la platea si allargherà a 700mila nuclei familiari.

Alcune Regioni eccellono come Emilia Romagna, Puglia, Sardegna e Friuli Venezia Giulia, che hanno introdotto misure a integrazioni del Rei; altre latitano completamente, come Sicilia, Campania, Piemonte e Toscana. Nel mezzo si collocano la Basilicata, Umbria e Molise che rendono tutto ancora più complicato, visto che hanno introdotto strumenti simili al Rei, che operano in modo del tutto autonomo.

La conseguenza è una gran confusione con tanti moduli da compilare e verifiche complesse e lunghe e a rimetterci sono i cittadini che alla fine in tasca non si ritrovano nulla.

 

Un modenese aveva sposato una donna straniera. Fin dal 2009 l’uomo aveva avuto il sospetto che i due gemelli non fossero suoi figli, anche se una sentenza del 2013 del giudice civile di Modena gli dava torto, perché stabiliva che non ci si poteva basare su voci di paese e testimonianze di seconda mano. Ma l’uomo non ha mollato la presa, anche perché nel frattempo si è separato dalla donna, perché lei lo tradiva. Così ha fatto ricorso alla prima sezione della Corte di Appello di Bologna, che a sua volta ha disposto il test del Dna. Nell’aprile del 2016 la relazione ha spazzato via ogni dubbio: i test di laboratorio hanno escluso il rapporto di filiazione tra l’uomo e i due gemelli.

A questo punto però i giudici hanno respinto il ricorso dell’uomo che chiedeva il disconoscimento della paternità. Questo perché il provvedimento richiesto avrebbe privato i minori di una delle due persone tenute al loro mantenimento. Anche separato di fatto, ha l’obbligo di mantenere i due gemelli perché prevale come interesse superiore la tutela dei minori.

Come dire: cornuto e beffato!

 

[27 febbraio] Debito pubblico

 

Il debito pubblico suddiviso per ciascuna persona in età “attiva” (fra i 15 e i 64 anni) salirà, come minimo, a 103 mila euro in Italia nel 2040, mentre in Francia sarà cresciuto a 82.000 euro, in Germania a 65.300 e in Spagna a 65.300.

Sempre che non aumenti la disoccupazione. Cosa che non è, in quanto si prevede che il gruppo di persone potenzialmente produttive calerà del 13,5% da oggi al 2040, cioè dello 0,6% ogni anno.

Insomma siamo destinati a soccombere sotto il peso dei debiti, anzi, chi ha la “fortuna” di lavorare dovrà accollarsi anche i debiti degli altri. Alternative? Dichiarare bancarotta, guerra civile contro i grandi proprietari di terre e capitali, tornare all’autoconsumo. Semplice no?

 

[28 febbraio] Paolo Diop. INPS

 

Secondo alcuni sondaggi i musulmani e gli africani voteranno per il centrosinistra (che li candida), mentre cinesi e latinos a destra. Ma Paolo Diop, italo-senegalese di Macerata, si definisce fascista e nazionalista, ed è militante del Movimento Nazionale per la Sovranità. È diventato l’icona degli immigrati di destra. Ha scritto su Facebook: “Grido ancora più forte come nuovo cittadino italiano la necessità di fermare questa insensata politica di accoglienza che non porta benefici a nessuno. Basta ipocrisie immigrazioniste, basta teorie strampalate su una presunta integrazione che non può arrivare in questo modo”.

Cioè come dire: Ho fatto una fatica boia a liberarmi della miseria del mio Paese e adesso la devo vedere minacciata da questo afflusso scriteriato di morti di fame? Ci sarà pure una precedenza da rispettare!

 

22mila candidati, chiamati a partecipare all’esame per 365 posti da “analista di processo”, banditi dall’Istituto di previdenza sociale.

Cosa c’è di strano in questa recente news? La differenza tra i numeri? No, a quella da tempo siamo abituati. È la mansione richiesta. Infatti è impossibile che non richieda competenze informatiche, matematiche e statistiche. Una cosa abbastanza specialistica, che non fa certo onore a un Paese che spreca così tante energie qualificate tenendole inoccupate. Oppure l’INPS usa questa terminologia per indicare un semplice impiegato allo sportello?

 

[1 marzo] Russia, difesa. Palestina

 

In Russia ha superato i test un nuovo missile da crociera Sarmat con un sistema di propulsione nucleare, gittata illimitata a livello planetario e una traiettoria di volo imprevedibile, aspetti che renderebbero “inutile” lo scudo anti-missile USA. Secondo Putin, il nuovo missile sarà invulnerabile ai sistemi anti-aerei e non ha analoghi nel mondo.

Ma perché si è arrivati a questo? Il motivo è che la Russia ha paura degli USA e si difende. “Abbiamo detto diverse volte ai nostri partner che avremmo preso delle misure in risposta al piazzamento dei sistemi anti-missili americani nei Paesi ex comunisti. Nonostante tutti i problemi che abbiamo affrontato, la Russia era e rimane una potenza nucleare, ma nessuno ci ha ascoltato. In tutti questi anni, dopo il ritiro unilaterale degli USA dal Trattato anti-missili balistici (Abm), abbiamo lavorato molto sulle prospettive della tecnologia e degli armamenti e questo ci ha permesso di fare un rapido passo avanti nella creazione di nuovi modelli di armi strategiche”, ha dichiarato il leader russo.

Poi ha aggiunto che “La Russia deve non solo entrare stabilmente nella top 5 dell’economia mondiale, ma aumentare il proprio PIL pro capite del 50% entro la metà del prossimo decennio”. Del 50%???

Non solo, ma Putin vuole dimezzare in 6 anni il numero dei poveri che è aumentato da 15 a 20 milioni a causa della recente crisi economica, anche se non è paragonabile - a suo dire - con i 40 milioni di poveri del 2000. In sei anni???

Noi sappiamo che i russi possono a volte stupirci con effetti speciali. Tuttavia queste affermazioni militari ci riportano al tempo in cui la Russia chiedeva a Francia e Inghilterra di stringere un’alleanza anti-nazista, e quelle, dominate dall’anticomunismo, nicchiavano. Sicché si fece il patto Molotov-Ribbentropp.

Oggi si punta sulla superarma, cui seguirà inevitabilmente un’altra superarma americana, in una spirale senza fine. L’Occidente è malato, porterà l’umanità intera alla catastrofe. E chi vuole imitarlo, russi o cinesi che siano, non è in grado di offrire alcuna alternativa.

 

A Gaza la situazione è disperata e gli israeliani dicono di sentirsi sicuri grazie al muro. Cioè prima costringono i palestinesi alla fame, poi, siccome quelli reagiscono, creano un muro per avere più sicurezza, ma quelli continuano a reagire, e se lo fanno con una certa forza, Israele colpisce ancora più forte. È un circolo vizioso. Fino adesso gli è andata bene, perché i palestinesi militarmente sono molto più deboli e gli USA difendono smaccatamente i sionisti. Ma quanto potrà durare? Come possono gli ebrei vantare millenni di saggezza? Come possono pensare che, in nome dei sei milioni di morti nella seconda guerra mondiale, ora hanno diritto a comportarsi come gli pare?

 

[2 marzo] Tagliando anti-frode

 

Quest’anno ai seggi elettorali troveremo una novità: il tagliando anti-frode. Si tratta di un bollino con un codice alfanumerico che verrà applicato su una appendice di ciascuna scheda. Al momento della consegna delle schede agli elettori, i presidenti devono far prendere nota del codice sulle liste elettorali. Quando gli elettori escono dalle cabine non devono assolutamente inserire le schede nelle urne ma le devono consegnare al presidente del seggio il quale deve prima controllare che il codice corrisponda a quello annotato, poi deve staccare l’appendice contenente il codice, quindi imbussolare le schede nelle urne. L’elettore non deve per nessun motivo staccare l’appendice con il codice, pena l’annullamento della scheda e del voto.

Ma la democrazia rappresentativa parlamentare ha davvero un senso quando lo Stato non si fida assolutamente dei propri cittadini?

 

[3 marzo] Ergastolo ostativo. Israele. Università

 

Scrive Carmelo Musumeci: “Dopo più di un quarto di secolo di carcere duro, sono ormai 15 mesi che sono sottoposto al regime di semilibertà, anche se il mio fine pena rimane, come per tutti gli ergastolani, il 31 dicembre 9.999.

Da un anno e tre mesi passo le notti in carcere ed esco tutte le mattine per recarmi in una struttura della Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da Don Oreste Benzi, dove presto servizio volontario. In questo modo sono felice perché la mia pena ha finalmente iniziato ad avere un senso e fa bene a me stesso e alla società.

Leggendo l’altro giorno la proposta politica della Comunità Papa Giovanni XXIII (La Società del Gratuito, programma per elezioni politiche 2018) ho pensato che Don Oreste continua a lottare per gli ergastolani anche da lassù perché, fra le moltissime altre belle proposte ai politici, c’è anche l’abolizione della pena senza fine: L’Ergastolo Ostativo è una condanna fino alla morte.

Una simile condizione detentiva non rientra nell’orizzonte costituzionale di una pena finalizzata alla rieducazione del reo. La Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell’uomo, già con un’importante sentenza nel 2013 ha affermato il principio per cui l’ergastolo senza possibilità di liberazione anticipata o di revisione della pena è una violazione dei Diritti Umani, poiché l’impossibilità della scarcerazione è considerata un trattamento degradante ed inumano contro il prigioniero, con conseguente violazione dell’art. 3 della Cedu. (punto 3, pagina 7)

Voglio ringraziare pubblicamente Giovanni Paolo Ramonda, successore di Don Oreste Benzi, e tutta la Comunità per la presa di posizione nel chiedere l’abolizione della pena dell’ergastolo, anche a nome di tutti gli ergastolani.

Non si può condannare un uomo per tutta la sua vita e, a parte l’errore, è un orrore. Molti di noi sono diventati uomini nuovi, perché continuare a punirci? Che c’entriamo noi con l’uomo che ha commesso il reato tanti anni fa?

Don Oreste, quando venne nel carcere di Spoleto, non esitò un attimo a schierarsi dalla parte dei più cattivi (prima di lui lo aveva fatto solo Gesù). E a dieci anni dalla sua morte non nascondo che spesso mi sono chiesto perché se ne sia andato così presto in cielo. Non poteva rimanere ancora un po su questa terra per darci una mano ad abolire la “Pena di Morte Viva”?

Nonostante le numerose iniziative, appelli, lettere, raccolte di firme e le numerose adesioni di persone importanti contro la Pena di Morte Viva (l’ergastolo senza benefici), come Margherita Hack, Umberto Veronesi, Agnese Moro, Gino Strada e Don Luigi Ciotti, ma anche di tanti uomini e donne di Chiesa, compreso Papa Francesco, nulla è cambiato. E nonostante siano trascorsi decenni dalle nostre condanne, i buoni non sono ancora sazi e continuano a torturarci l’anima, il cuore e la mente.

In questi giorni mi domandavo cosa possiamo fare noi ergastolani per far capire che ricambiare male con altro male (murare viva una persona senza neppure la compassione di ucciderla) alla lunga fa sentire innocente qualsiasi criminale.

Per questo siamo grati alla Comunità Papa Giovanni XXIII di aver ribadito ancora una volta l’importanza dell’abolizione della pena dell’ergastolo per recuperare ogni uomo”.

Han fatto santo il Bellarmino, responsabile dei tristissimi destini di Giordano Bruno, Tommaso Campanella e Galileo Galilei, e non vogliono concedere la libertà a Musumeci?

 

Secondo il ragionamento di Smotrich, Zohar e Shaked, un ebreo di Brooklin che non ha mai messo piede in Israele è il legittimo proprietario di questa terra, mentre un palestinese, la cui famiglia vive in Palestina da generazioni, è uno straniero che vive lì solo grazie alla benevolenza degli ebrei. “Un palestinese non ha alcun diritto all’autodeterminazione nazionale perché non possiede la terra in questo Paese. Per senso del vivere civile gli riconosco la residenza, dato che è nato qui e vive qui; non gli dirò di andarsene. Ma, mi dispiace dirlo, loro hanno un enorme handicap: non sono nati ebrei”. Così parlano questi nazisti.

 

Se in molti Paesi europei gli studi sono gratuiti – vedi Germania e alcuni stati scandinavi – l’Italia si posiziona invece al terzo posto tra quelli più cari dell’Unione dopo Olanda e Regno Unito, con uno sbalorditivo aumento del 60% delle tasse universitarie negli ultimi dieci anni. Per contro la qualità non cresce e di conseguenza i nostri atenei non riescono a posizionarsi nelle zone alte dei ranking internazionali.

Non solo, ma in molti casi i costi hanno ecceduto i limiti imposti per legge, con il risultato di un arricchimento improprio degli atenei a discapito degli studenti. P. es. l’Università degli Studi di Milano del rettore Vago l’anno scorso aveva tentato di inserire il numero chiuso in tutte le facoltà umanistiche da tempo in sovraccarico. Oggi Vago si trova a fare i conti con l’accusa di aver richiesto oltre 34 milioni in più agli studenti rispetto al tetto imposto per legge. A Pavia il TAR e il Consiglio di Stato hanno obbligato l’Università a ridare indietro agli studenti 1,7 milioni di euro con gli interessi. Vi sono atenei che richiedono ad ogni studente dai 400 ai 600 euro in modo non legittimo, con la Ca’ Foscari di Venezia e la Statale di Milano, Insubria, Politecnico di Milano, Bergamo, Urbino, Padova, IUAV Venezia, Bologna, Modena e Reggio.

Principali responsabili di questo disastro? Tremonti, Gelmini e Monti. Lo dice l’Unione degli Universitari.

 

[5-10 marzo] Elezioni 4 marzo 2018

 

Alla Camera la destra ha 260 seggi (la maggioranza è 316), i 5Stelle 221, il Centrosinistra 112, Liberi e Uguali 14.

Al Senato la destra ha 135 seggi (la maggioranza è 161), i 5Stelle 112, il Centrosinistra 57, LeU 4.

Se il PD non appoggia i 5Stelle, quest’ultimi non hanno chance. Non ha senso dire: “Adesso devono venire a parlare con noi”. Gli mancano 95 seggi alla Camera e 49 al Senato.

Devono però cacciare Renzi dal PD con una forte ribellione interna, altrimenti si va a rivotare, perché anche la destra non ha i numeri. E non è in grado di comprare 56 deputati come ai tempi di Berlusconi.

Oppure c’è un’altra strada?

 

Il PD è passato dai 12.095.306 voti ottenuti da Veltroni nel 2008 (quando fu sconfitto dal centrodestra), dai 8.646.034 voti ottenuti da Bersani al momento della sua “non vittoria” nel 2013, ai 6.134.727 voti raccolti da Renzi il 4 marzo. I 2.511.307 voti che mancano (e ne mancano 5.038.134 se il raffronto viene fatto con le più recenti elezioni europee del 2014) si sono tutti in buona sostanza riversati sul M5Stelle. Quindi il M5Stelle viene considerato dagli italiani come l’erede del PD o del centrosinistra in generale.

Il partito di Berlusconi raccoglie 4.590.774 voti, perdendone sia 2.741.360 rispetto al Popolo delle libertà del 2013, sia 9.038.690 rispetto al 2008 (ma di questi una parte era confluita in Fratelli d’Italia), replicando il risultato delle elezioni europee del 2014 (4.605.331). Anche qui, in sostanza, tutti questi milioni di voti si sono trasferiti in gran parte sulla Lega e, in misura minore, su Fratelli d’Italia (che passa da 666.765 voti a 1.422.321).

Se non ci fosse stato il Cavaliere, il Carroccio avrebbe avuto le ruote sgonfie. Era lui da disarcionare.

Per concludere: visto che la destra si è radicalizzata, per quale motivo il PD non può appoggiare un governo 5Stelle? Per quale motivo il PD vuole uscire sconfitto due volte?

 

Estremismo, malattia infantile del comunismo. Non avendo raggiunto il 3% la sinistra radicale, nel riconteggio dei voti dispersi, finisce col favorire proprio la destra!

La vera novità è che la sinistra radicale sembra esistere solo in Facebook, dove la realtà è confusa con la propria fantasia e non si capiscono le dure leggi elettorali. Quando ci si sente così diversi, le alternative sono due: o si rinuncia a una presenza nella democrazia parlamentare (che è formale per sua natura), o si fa in modo di superare la soglia di sbarramento (che al 3% è più bassa che in Germania e nella stessa UE). In entrambi i casi non ci si dovrebbe dimenticare della differenza tra paese reale e paese legale, tra impegno nelle istituzioni e nella realtà locale.

 

Se ha ragione Scalfari quando dice che la nuova sinistra democratica sono i 5Stelle, allora il PD dovrebbe sciogliersi e permettere ai 5Stelle di avere la maggioranza assoluta e impedire alla destra fascio-leghista di governare.

 

Il discorso di Renzi è surreale. Ha perso ma parla come se avesse vinto. Degno figlio di Berlusconi!

“Lunedì le mie dimissioni saranno esecutive”, dice ai suoi. Anche Pinocchio le sparava grosse ed era fiorentino come lui... Infatti, poi ha precisato che si dimetterà solo dopo la formazione del governo, per essere sicuro che il PD non appoggi i 5Stelle.

È perverso. Fa la parte dell’infiltrato di Berlusconi nel PD.

Luigi Zanda, Paolo Gentiloni, Dario Franceschini, Anna Finocchiaro, Gianni Cuperlo, Marco Minniti, Andrea Orlando, il ministro dell’Agricoltura Martina, Gianni Cuperlo, Michele Emiliano... non hanno apprezzato il discorso di Renzi sulle sue finte dimissioni.

Forza ragazzi! Mandatelo a casa o scindete il partito e appoggiate i 5Stelle, per scongiurare la catastrofe di un governo di destra o di un ritorno alle urne.

 

Il M5Stelle punta sul PD per trovare i voti mancanti e formare una maggioranza di governo, ma Renzi non ne vuol sapere. Quindi sta costringendo il suo partito ad appoggiare la destra o a obbligarci a rivotare. A meno che i 5Stelle non facciano una sciagurata alleanza con la Lega, sulla base di tre obiettivi comuni, le cui strategie, nella sostanza, sono condivise: Europa, pensioni e immigrati.

Renzi è un soggetto pericoloso perché basa la politica sul rancore. Non riesce ad accettare l’idea che i 5Stelle diventino gli eredi del PD.

 

Franceschini sconfitto nella sua Ferrara. La Pinotti nella sua Genova. Illy nella sua Trieste. D’Alema nella sua Puglia. Come dire: fai il privilegiato in Parlamento e poi quando hai bisogno di voti li vai a cercare tra i tuoi concittadini?

I trombati di queste elezioni, recuperati quasi tutti coi conteggi sul proporzionale, incluso Sgarbi. Comunque vada, ne escono sempre indenni.

 

In Emilia-Romagna la Lega è cresciuta di 418.000 voti. Il M5Stelle solo di 40.000 voti, mentre il PD ne ha persi 321.000 e Forza Italia 183.000.

Come si spiega che in una regione come la nostra, roccaforte del centrosinistra, si sia preferito votare la Lega, che fino al 2013 non arrivava al 3%, invece che il M5Stelle? Come è possibile dare più fiducia a un partito chiaramente di destra, cripto-fascista e semi-razzista, che in 5 anni è arrivato al 20%? Vien da pensare che il motivo vada ricercato proprio negli stranieri... Evidentemente sono troppi... Dobbiamo soltanto sperare che la Lega resti il terzo partito nella nostra regione?

 

[8 marzo] Pensioni. Assicurazioni

 

La spesa per le pensioni in rapporto al PIL è aumentata di circa due punti percentuali, come risultato della crisi e della caduta conseguente del PIL nominale. La spesa pensionistica italiana è oggi la seconda più elevata dell’UE e dell’OCSE, dopo quella greca. L’aumento delle passività implicite derivante dell’invecchiamento della popolazione era stato limitato dalla riforma Fornero e dai tagli al sistema sanitario.

Tuttavia le leggi di bilancio del 2017 e del 2018 hanno aumentato la spesa per le pensioni nel medio termine, anticipando l’età pensionabile a favore di alcune categorie di lavoratori. Per questo motivo l’Italia è tornata ad essere a rischio per la UE. In effetti sarebbe necessario un aumento permanente dell’avanzo primario strutturale di bilancio di 2,2 punti percentuali di PIL per mantenere stabile il rapporto debito/PIL nel lungo termine, che includa il costo dell’invecchiamento della popolazione. Cosa che noi al momento ci sogniamo.

Si tratta soltanto di capire quanto tempo ci metterà la destra, una volta andata al governo, a portarci alla bancarotta. Forse una legislatura può bastare.

 

L’ottantenne Francesco Mulas fu travolto da un’auto il 23 settembre 2016, mentre attraversava una strada. Dopo la sua morte la Procura dispose l’autopsia per verificare se il decesso aveva un rapporto di causa/effetto col sinistro e il responso fu positivo. L’automobilista era colpevole.

L’assicurazione però non aveva alcuna intenzione di risarcire il danno. Finché i parenti di lui sono andati in tribunale. A questo punto l’assicurazione ha dichiarato che non è disposta a risarcire più del 50% della somma, in quanto la vittima era già cardiopatica. In poche parole, avendo avuto Mulas un’attesa di vita inferiore, il danno arrecato alla famiglia sarebbe minore.

Quando uno dice: “facciamo i conti della serva”, intende forse riferirsi alle assicurazioni?

 

[11 marzo] Laureati e non nei partiti. M5Stelle e Lega

 

Percentuale di professori a confronto con candidati senza laurea per ognuna delle coalizioni del campione scelto dall’“Espresso”. Il primo numero, in percentuale, indica gli accademici, il secondo i non laureati.

Movimento 5 Stelle

27,06 – 18,82

Liberi e Uguali

15,29 – 29,41

PD + Alleati

11,76 – 30,59

Forza Italia + Lega + FdI

8,24 – 25,88

 

Sulla carta Salvini e Di Maio sono autosufficienti per eleggersi – dalla quarta votazione, quando il quorum scende – un presidente per ciascuna Camera. Visto il boicottaggio del PD, potrebbero realizzare un programma minimo per dodici mesi, facendo coincidere la scadenza con le elezioni europee, così si risparmierebbe sui costi. Ovviamente tra i punti ci dovrebbe essere l’approvazione di una nuova legge elettorale che consenta di avere un vincitore chiaro al prossimo voto. Berlusconi e Renzi sarebbero d’accordo, in quanto temono che un ritorno immediato alle urne rischierebbe di tramutarsi in un semplice spareggio tra M5Stelle e Lega che taglierebbe fuori tutti gli altri partiti.

Mi piacerebbe rifare le elezioni con quattro coalizioni:

I partiti che si riconoscono con la destra.

Quelli che si riconoscono col partito democratico.

Quelli col M5Stelle.

Quelli di sinistra.

E che vada al governo la coalizione che prende più voti, sic et simpliciter.

 

[12 marzo] Italia, povertà. Nuovo Parlamento

 

La Banca d’Italia dice che nel 2016 la quota di italiani residenti (nati sia in Italia che all’estero) a rischio di povertà è salita al 23%. Il livello di povertà è quello di persone che dispongono di un reddito equivalente inferiore al 60% di quello mediano. Unica eccezione i pensionati, la cui percentuale di individui a rischio è scesa dal 19,0% del 2006 al 16,6% del 2016.

In netta salita invece le difficoltà per i nuclei con capofamiglia di età inferiore a 35 anni (quota salita dal 22,6 al 29,7%), per chi vive al Nord (dall’8,3 al 15%), e soprattutto per gli immigrati, dove il rischio povertà è balzato dal 33,9 al 55%. Stabile, invece, la percentuale di rischio povertà al Sud, che rimane al 39,4% (valore pressoché identico a dieci anni prima).

Nel complesso il 30% di famiglie più povere detiene l’1% della ricchezza netta, mentre il 5% più ricco ne controlla il 30%.

Alla fine del 2016 la ricchezza netta media delle famiglie italiane era pari a 206mila euro, in calo di 12mila euro rispetto al valore di fine 2014.

Il 70% delle famiglie possiede l’abitazione in cui vive e le attività che includono appunto immobili, ma anche aziende e oggetti di valore, pesano per ben l’87% del patrimonio lordo delle famiglie italiane.

Nel 2016 il reddito equivalente medio delle famiglie italiane è cresciuto del 3,5% rispetto al 2014, interrompendo la caduta, pressoché continua, avviatasi nel 2006. Tuttavia il reddito equivalente resta ancora inferiore di 11 punti percentuali a quello di dieci anni prima.

Nel 2016 la percentuale di nuclei indebitati era scesa al 21%, dal 23% che era due anni prima (era il 29% nel 2008). Tuttavia questo fenomeno ha interessato soprattutto quelle famiglie con un capofamiglia di oltre 45 anni.

Come dire: ci stiamo riprendendo dalla crisi scoppiata nel 2008 (per colpa degli yankee, non scordiamolo), ma 1/4 degli italiani in grave difficoltà è cosa inaccettabile. Quale governo avrà la forza per affrontare problemi così complessi quando l’opposizione non vede l’ora di rovesciarlo?

 

Il prossimo Parlamento avrà l’età media più bassa della storia repubblicana: alla Camera 44,33 anni, al Senato 52,12.

Il 34% dei parlamentari saranno donne. È la percentuale più alta della nostra storia repubblicana.

Rispetto alla XVII legislatura sono cambiati circa il 65% dei parlamentari.

Il 65% dei neoeletti del M5Stelle sono al primo incarico politico, di qualsiasi livello.

Comunque vada, un rinnovamento demografico o antropologico c’è stato. Certo, senza tener conto di Casini che, grazie al PD, ha potuto ottenere la sua decima legislatura, essendo in Parlamento ininterrottamente dal 1983.

 

[13 marzo] Nuovo governo

 

Dicono che un governo non può essere “di scopo”, perché quando entra in carica deve occuparsi di tutte le questioni.

Dicono che in un sistema parlamentare tutti i governi sono politici, perché per entrare in carica hanno bisogno della fiducia del Parlamento. Quindi per quanto i ministri possano non essere dei politici di professione, la maggioranza che li sostiene è necessariamente politica. Non esistono governi meramente tecnici.

Un governo però può essere di minoranza. Nella I Repubblica è successo a sei governi di entrare in carica senza disporre della maggioranza assoluta in nessuna delle due Camere. Spesso si trattava di governi monocolore, composti solo da esponenti democristiani, destinati a durare meno di un anno e a gestire momenti di transizione, specialmente post-elettorali. Per varare un simile governo serve che un certo numero di parlamentari si astenga o abbandoni l’aula. Comportamenti che devono essere concordati tra i vari partiti.

Esiste questo fair-play oggi? Assolutamente no. Quindi sono esclusi anche i governi di unità nazionale o di larghe intese. Consideriamo anche che l’emergere di un terzo attore nelle elezioni 2013 (il M5Stelle) ha archiviato la logica bipolare della seconda Repubblica, che permetteva i governi di coalizione di centrodestra e centrosinistra.

E quindi? Meglio tornare a rivotare, nella convinzione che solo uno dei due poli può governare: o la destra o i 5Stelle.

E comunque ho sempre più l’impressione che noi “moriremo democristiani”. Nel nostro Paese per non esserlo, bisognerebbe fare la rivoluzione. Conte, Renzi, Monti, Ciampi, Prodi non erano e non sono forse democristiani? Se ci pensiamo lo sono stati anche Craxi in forma laicizzata e Berlusconi in forma triviale.

 

Offre maggiori garanzie di stabilità una convergenza di interessi che porta a una coalizione o la leadership assoluta di un partito unico? E siamo sicuri che la stabilità sia sinonimo di efficienza e soprattutto di non corruzione? La corruzione è una brutta bestia. Forse con la democrazia diretta si potrebbe tenerla meglio sotto controllo. Pretendere però di eliminarla del tutto è già un’altra forma di corruzione. Deve sparire da sé.

È come chiedere a Diabolik: “Perché rubi? Sei intelligente e furbo. Potresti trovare un qualunque lavoro. Perché rischi la tua vita rubando?”. E lui cosa cosa risponderebbe? “Odio le istituzioni, il sistema mi fa schifo, voglio fare solo i miei interessi”. Ecco, direbbe le stesse cose dei politici, che generalmente sono privi di etica.

L’art. 48 di quel libro di sogni chiamato Costituzione dice: “Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge.”

Ci rendiamo conto che se ci limitassimo anche solo alla “indegnità morale”, tutti quelli che non pagano le tasse non dovrebbero votare? Così come tutti i politici che in Parlamento fanno leggi ad personam, o hanno gravi conflitti d’interesse, o sono collusi con la criminalità organizzata o con la P2, con Gladio, coi servizi segreti deviati, con le stragi e gli omicidi di Stato, o ricevono finanziamenti occulti, o si vendono agli americani o al maggior offerente, passando da un partito a un altro, o esprimono opinioni chiaramente razziste, sessiste o istigano alla violenza per motivi ideologi o all’odio per motivi religiosi. Ci rendiamo conto che alla fine voteremmo solo per pochissimi persone?

 

Quando un partito come il PD dice che l’onere di governare spetta a chi ha vinto, sapendo benissimo che nessuno ha i numeri per farlo, quale messaggio subliminale vuole trasmettere? Che sia questo? “Hai voluto la bicicletta? Adesso pedala!”

 

[14 marzo] Ergastolo. Compravendita di senatori. Merkel

 

Siamo 1.677 persone attualmente condannate all’ergastolo in Italia, alcuni nell’isolamento delle sezioni a 41 bis, altri nelle sezioni ad alta sicurezza, altri ancora nel sovraffollamento delle celle comuni. Con noi migliaia di detenuti e detenute, migliaia di nostri familiari e di volontari, venerdì 30 marzo 2018, digiuneranno per la vita, perché il nostro nuovo Parlamento si pronunci contro l’ergastolo che ci condanna fino alla morte perché per legge siamo cattivi e colpevoli per sempre. Siamo né morti né vivi. Siamo uomini ombra (così si chiamano gli ergastolani fra loro) prigionieri dell’Assassino dei Sogni (così i prigionieri chiamano il carcere) condannati alla Pena di Morte Viva (così è chiamata da noi la pena dell’ergastolo).

Per molti di noi non c’è più nessuna speranza, nessun futuro e nessuna compassione. Non c’è più nulla. Solo il dolore, perché il tempo passa e non abbiamo nulla da aspettare. Siamo destinati per tutta la vita a stare nell’ombra e a morire di vecchiaia murati vivi nelle nostre celle. Nel medioevo ti ammazzavano, ti cavavano gli occhi, ti tagliavano un braccio, ma il dolore non durava per sempre. Ora, invece, l’ergastolo è nello stesso tempo una pena di morte, una tortura e un dolore all’infinito. Un vero e proprio incubo a occhi aperti, da cui non è possibile svegliarsi. Sembra che gli uomini ergastolani siano umani azzerati, non più figli di Dio, ma figli della malvagità degli uomini. E, condannati ad essere cattivi e colpevoli per sempre, molti di noi vivono ormai una vita vegetativa, senza volontà, né desideri, né sogni.

Per questo vi chiediamo di partecipare venerdì 30 marzo 2018 alla giornata di digiuno nazionale per l’abolizione dell’ergastolo in Italia!

A chiederlo è Carmelo Musumeci.

 

La procura della Corte dei Conti del Lazio ha aperto un fascicolo sulla vicenda della presunta compravendita di senatori per far cadere il governo Prodi. Per la vicenda l’ex premier Silvio Berlusconi e l’ex direttore de l’“Avanti” Valter Lavitola furono condannati in primo grado alla pena di tre anni di reclusione dai giudici della prima sezione penale del Tribunale di Napoli. In seguito la seconda sezione della Corte d’Appello di Napoli dichiarò la prescrizione del reato di corruzione nei confronti dei due.

I magistrati contabili hanno delegato la Guardia di finanza ad acquisire la documentazione legata al procedimento penale alla Corte di appello di Napoli e altri documenti presso la Banca d’Italia sull’andamento storico dei titoli di Stato. Cioè il Cavaliere non avrebbe solo violato la democrazia al massimo livello, comprando senatori, ma avrebbe causato un danno patrimoniale relativo allo spread, senza considerare il danno provocato all’immagine del nostro Paese.

Salvini, dico a te, con chi ti sei messo? Con chi vuoi fare il governo? Ti rendi conto che stai dicendo delle cose e sarai costretto a farne subito delle altre?

 

La Merkel ha ottenuto il quarto mandato. È dal 2005 che governa la Germania. Ci sarà pure una ragione per cui i tedeschi sono una “razza” superiore.

 

[15 marzo] Italia, commercio di armi. Debito pubblico. Reddito di cittadinanza. Oro

 

La Leonardo, ex Finmeccanica, ha appena venduto al Qatar 28 elicotteri militari NH 90 del consorzio europeo per un valore di oltre tre miliardi di euro. Vendiamo armi e sono contenti anche i sindacati che hanno appena raggiunto con Leonardo (29 mila addetti in Italia e 45 mila nel mondo) l’accordo su 1.100 prepensionamenti, che sarà seguito da un piano per nuove assunzioni. Questa è la seconda commessa italiana rilevante in poco tempo del Qatar in campo militare, dopo la vendita di sette navi della Fincantieri per 5 miliardi di euro.

Il governo Gentiloni è dimissionario ma il ministro della Difesa Pinotti è corsa in Qatar, per la seconda volta in pochi mesi, perché la Beretta sta firmando un contratto per la produzione di armi portatili leggere e di una fabbrica per sviluppare in futuro nuovi sistemi d’arma.

Per il Qatar, grande produttore di gas, l’Italia sta diventando un partner quasi strategico. La Qatar Airways si è pure comprata mezza compagnia aerea della sarda Meridiana, che con il nome di AirItaly ha in programma piani grandiosi che potrebbero farla diventare la prima compagnia aerea italiana. La Sardegna del resto è stato il primo grande investimento immobiliare del Qatar quando nel 2012 la Katara Hospitality ha acquisito un pezzo importante della Costa Smeralda, ma anche la marina e il cantiere di Porto Cervo. E indovinate chi ha comprato Valentino per oltre 700 milioni di euro? E alcuni hotel extra-lusso di Firenze, di Milano, di Roma, di Venezia? Gli sceicchi sono entrati anche nelle nostre banche, p.es. la Credit Suisse di Milano.

Insomma l’Italia è in vendita e da un pezzo: solo l’anno scorso gli stranieri hanno acquistato 65 miliardi di imprese Made in Italy (oltre 9 li hanno spesi i soli francesi), mentre lo shopping italiano all’estero vale meno di 10 miliardi.

E noi abbiamo paura degli immigrati... E votiamo dei politici che fanno immancabilmente gli interessi di chi ha già una barca di soldi.

 

Se nel dopo Draghi il nuovo presidente della BCE decide di non acquistare più i titoli di Stato italiani, cosa rischiamo?

Lo spread schizzerebbe alle stelle divenendo insostenibile e riportando la crisi ai livelli peggiori.

Per evitare il disastro il ministro delle finanze olandese ha dichiarato che gli individui e le aziende in possesso delle obbligazioni governative dovranno pagare parte del conto. Cioè accettare una svalutazione del debito.

Austria e Finlandia l’hanno subito appoggiato dicendo che sono stanche del fatto che siano i propri contribuenti a pagare i costi delle crisi dei Paesi più indebitati.

Insomma il rischio è quello che l’Italia, per avere la carità dei Paesi virtuosi, dovrà cedere sempre più sovranità.

 

Ha detto l’ex ministro greco Yannis Varoufakis: “Non dobbiamo confondere il reddito di cittadinanza universale con il reddito minimo garantito, che è già in essere in gran parte dell’Europa. Da quello che ho capito il Movimento Cinque Stelle propone quest’ultimo, non qualcosa a cui si abbia diritto indistintamente e senza condizioni.”

In effetti il reddito di cittadinanza vero e proprio consiste in una erogazione monetaria, periodica, durante tutta la vita del beneficiario, attribuita indistintamente a tutti i cittadini e residenti, cumulabile con altri redditi, erogata sia ai lavoratori sia ai disoccupati. Ad oggi è presente sono in Alaska e Finlandia. Diverso è il reddito minimo garantito, erogato solo a chi è in età lavorativa e con una retribuzione inferiore a una determinata soglia ritenuta di povertà, ed eventualmente prende a riferimento il reddito del nucleo familiare. Germania, Francia, Gran Bretagna, Olanda erogano il reddito minimo garantito e richiedono anche l’attiva ricerca di un lavoro da parte del beneficiario.

Varoufakis ha aggiunto: “Quando ero ministro delle finanze in Grecia, la Troika considerava un’ottima soluzione l’introduzione del reddito minimo garantito, ma a condizione di togliere per i beneficiari gli altri sussidi già esistenti come quello per i disabili o per i figli. Quindi il mio consiglio ai miei amici italiani è di guardare ai dettagli”.

Nel frattempo Beppe Grillo dal suo blog lancia la sua proposta di reddito minimo di cittadinanza: “Si deve garantire a tutti lo stesso livello di partenza: un reddito, per diritto di nascita. Soltanto così la società metterà al centro l’uomo e non il mercato. L’idea di fondo è che il lavoro retribuito, e cioè legato alla produzione di qualcosa, non è più necessario una volta che si è raggiunta la capacità produttiva attuale, che è di gran lunga superiore alle nostre necessità”.

Sarebbe da discutere. Ho l’impressione che qui si parli di socialismo trascurando il fatto che viviamo nel capitalismo.

 

Il dollaro ha dominato i mercati valutari mondiali per oltre 40 anni, ma ora Cina e Russia vogliono mettere fine al suo impero. Per farlo stanno aumentando le loro riserve auree e diminuendo la loro esposizione al debito governativo USA. Cioè non sono più disposte a comprare titoli di stato americani, anzi stanno vendendo quelli che hanno.

Negli scambi commerciali tra loro, Russia e Cina intendono usare valute legate all’oro per effettuare pagamenti di beni e altri prodotti. Questo rende l’oro una materia prima di rilievo per entrambi i Paesi. Il tutto avviene mentre Paesi come Germania, Ungheria, Paesi Bassi, Lettonia, Lituania e altri stati UE stanno rimpatriando sempre maggiori quantità di oro, anche perché negli ultimi 15 anni le quantità di oro fisico custodito nel mondo si sono deteriorate, e trovare altri lingotti da detenere è diventato sempre più raro.

Insomma anche questo spiega perché gli USA siano così nervosi.

 

[16 marzo] Capitalismo mondiale. Caso Moro

 

Secondo l’ultimo rapporto di ricerca di Moody’s sul settore retail, si prevede che nei prossimi 12 mesi almeno sei emittenti di retail & abbigliamento risulteranno inadempienti. Tra i recenti fallimenti si annoverano Tops Markets, Charlotte Russe e Charming Charlie, entrambi falliti a dicembre, e da ultimo Toys “R” Us che ha lasciato a casa circa 33.000 dipendenti.

Ora risultano in bilico Sears Holdings Corp., Neiman Marcus Group LTD LLC, Claire’s Stores, Inc., BI-LO Finance Holding, Guitar Center Inc. Motivi di questi crac? La spietata concorrenza online. L’aggressiva strategia dei prezzi di Amazon ha fortemente ridotto i margini di profitto dei rivenditori tradizionali. Dal 2007 le vendite online sono cresciute a due cifre e non tutte le aziende hanno capacità adeguate per questa forma di business.

L’America agli americani, dice Trump. Quelle però son tutte aziende americane, che s’ammazzano tra di loro e Amazon vince su tutti e spesso vendendo roba cinese. Gli americani hanno inventato il globalismo e ora ne pagano le conseguenze. Ma se Atene piange, Sparta non ride. Amazon e altri siti cinesi di e-commerce, come Wish, Geek, Aliexpress, Alibaba, Vova..., manderanno in fallimento anche le nostre catene. Non c’è più trippa per i gatti di nessuno.

 

Sul caso Moro han mentito tutti, dice “Linkiesta.it”... Diciamo che soprattutto il livello di eticità era molto basso, nonostante gli anni gloriosi della contestazione studentesco-operaia. Sacrificare un uomo alla ragion di stato parve cosa naturale persino ai comunisti.

 

[17 marzo] Italia, migrazioni. Formazione scolastica. Ex BR. Canada

 

Ormai la stragrande maggioranza dei nostri immigrati, se si escludono quelli di Bangladesh, Pakistan, Siria e Iraq, è tutta di origine africana. Tra questi prevalgono i nigeriani. Il loro Paese è tre volte il nostro, con 185 milioni di persone e un PIL pro-capite di poco più di 2000 dollari.

Cosa c’è che non va in questo Paese?

Il suo presidente Buhari è impotente nei confronti della corruzione dilagante ed è spesso a Londra per motivi di salute. I nigeriani gli han dato fiducia perché ha combattuto il terrorismo di matrice islamica del gruppo Boko Haram, che noi conosciamo solo perché aveva rapito 276 studentesse nel 2014 (ancora ne tiene un centinaio, che usa come merce di scambio per i propri prigionieri incarcerati). Il nord della Nigeria è a maggioranza musulmana: spesso è in vigore la sharia (legge islamica). Qui il gruppo jihadista Boko Haram conduce da quindici anni una guerra civile che ha fatto migliaia di morti.

La Nigeria nordorientale è in preda alla carestia, frutto di scelte politiche sbagliate. I governi occidentali e le agenzie umanitarie hanno investito molto denaro nel fornire assistenza, ma non hanno fatto nulla per affrontare i problemi politici che provocano la fame. Non solo, ma in Nigeria la morte per fame viene spesso usata dai governi come arma per sconfiggere le insurrezioni, come appunto quella di Boko Haram.

Un grande giacimento di petrolio al largo della Nigeria è al centro di un colossale scandalo finanziario che si è svolto tra Nigeria, Regno Unito, Paesi Bassi e Italia (con l’ENI). E in ogni caso il Paese ha subìto il crollo dell’export petrolifero.

Il tessile è completamente fallito. Poi vi è un forte conflitto tra pastori e agricoltori, causato sin dai tempi del colonialismo inglese, quando si preferì lo sviluppo urbano e agricolo. Le classi dirigenti post-coloniali han proseguito su questa strada.

Nel 2016 sono arrivate in Italia dalla Nigeria 11.089 persone. L’80% erano donne costrette a prostituirsi.

 

Da un’analisi Modis sul Digital Mismatch diffuso in occasione della Milano Digital Week emerge che il gap tra domanda da parte delle aziende e offerta di competenze ICT passerà dal 9% del 2015 al 18% nel 2020. Cioè 135.000 posti resteranno vacanti. E la scuola che fa? La Divina Commedia e I promessi sposi, ecco quello che fa.

Le aziende italiane sono soprattutto alla ricerca di informatici e periti elettrici o meccanici. Quando trovano il candidato con le giuste competenze, esse sono disposte a offrire contratti a tempo indeterminato, retribuzioni anche in ingresso molto interessanti e ottime opportunità di carriera: tra i 20.000 e 27.000 euro per gli informatici, mentre tra i 20.000 e 25.000 euro per i periti elettrici e meccanici.

La difficoltà di trovare i candidati non si può imputare solo al numero limitato di iscrizioni agli istituti tecnici che, ancora oggi, sono considerati percorsi di serie B rispetto ai licei. Manca quasi del tutto una cultura tecnico-scientifica. E pensare che in alcuni casi un profilo specializzato è molto più ricercato, e di conseguenza anche pagato, di un laureato con un background generalista.

Ormai è passato quasi un secolo, ma in Italia domina ancora la cultura crociano-gentiliana. Il ’68 ha cambiato poco, in tal senso: ha solo contribuito a divulgare il pensiero di Gramsci.

 

Il Capo della Polizia, prefetto Franco Gabrielli, si è scandalizzato nel vedere ex brigatisti “riproposti in asettici studi televisivi come se stessero discettando della quintessenza della verità rivelata”.

Qualcuno gli dica che non esiste solo la democrazia ma anche il socialismo e che i terroristi vanno criticati non perché avevano idee comuniste ma perché le applicavano in una maniera del tutto sbagliata.

 

In Canada una mamma è diventata popolarissima dopo che ha postato su Facebook la pesante punizione data ai figli maleducati con l’autista del bus della scuola. Sette chilometri a piedi, da casa a scuola, al freddo e con la neve, con una passeggiata non proprio comoda di circa due ore e trenta minuti. In più, portando appeso al collo un cartello con questa scritta: “Siamo stati cattivi e screanzati con l’autista dell’autobus. E mamma ci fa camminare”.

Da noi invece tutto il contrario. I figli so’ piezz e core, al punto che vengono malmenati persino i docenti.

 

[26 marzo] Italia, povertà. Disoccupazione giovanile.

 

Il rischio povertà tra 2005 e 2015 è aumentato mediamente in tutta Italia, passando dal 19,3 al 19,9%. Cioè circa una famiglia su 5 vive con un reddito inferiore alla soglia di povertà relativa.

Nel nord il rischio povertà è passato dal 10,3% del 2005 all’11% del 2015. Nell’Italia centrale il balzo è stato molto più netto: dal 13,3% al 16,1%. Al sud la crescita è minore ma il dato raggiunge comunque il 34%, oltre una famiglia su 3.

 

Stando all’Ocse il tasso di disoccupazione giovanile, calcolato tra chi cerca lavoro in età compresa tra i 15 e i 24 anni, è ai minimi storici più o meno in tutto il mondo. Negli USA è pari al 10,4% e sebbene sia fisiologicamente più o meno doppio rispetto al tasso di disoccupazione generale, sta scendendo a un ritmo decisamente più rapido rispetto a quanto accade tra gli over 25. Meglio ancora va alla Germania e al Giappone, in cui il tasso di disoccupazione giovanile è rispettivamente al 7,1% e al 5,2%. Non va male nemmeno in un Paese come la Gran Bretagna che ferma l’asticella al 13%. Qualche problema in più ce l’hanno in Francia, dove il dato dei giovani disoccupati, che lambisce il 24,6%, colloca il Paese sopra l’asticella della media Ocse (13%), delle sette maggiori economie del mondo (11%), dell’Unione Europea (18,7%), dell’Eurozona (21%).

Ma il vero problema è tutto italiano. Da noi non trova lavoro il 37,8% dei giovani tra il 15 e il 24 anni che lo cercano, la terza peggior percentuale del continente dopo quelle di Grecia e Spagna. E, relativamente alla medesima classe d’età, c’è quasi un giovane su cinque che non studia né lavora, la percentuale più alta insieme a quella di Romania e Grecia. Anche il tasso di occupazione dei giovani tra i 20 e il 24 anni è il più basso dell’Unione Europea insieme a quello greco, gli unici Paesi che scendono sotto il 30%. E le cose non migliorano se ci riferiamo alla classe di età compresa tra i 25 e i 29 anni, che detiene il peggior tasso di occupazione di tutta Europa, attorno al 54%.

Insieme alla Spagna siamo anche il Paese in Europa in cui è più alta la percentuale di contratti atipici. E non a caso siamo il Paese in cui si esce più tardi dalla casa dei genitori e in cui le madri hanno l’età media più alta del continente alla nascita del loro primo figlio.

Viviamo nell’unico continente in cui la popolazione decresce, nell’unico in cui i giovani d’oggi e i loro figli potrebbero ritrovarsi in condizioni peggiori rispetto ai genitori. E l’Italia non aiuta certo a migliorare la situazione.

 

[31 marzo] Italia, Nord e Sud. Giappone

 

Secondo lo SVIMEZ nell’ultimo quindicennio il sud Italia ha regalato al nord Italia 200mila laureati. Solo calcolando quanto è costato formare ciascuno di loro, si può stimare in 30 miliardi di euro – 2 all’anno – il regalo che il Sud ha fatto al Nord del Paese, donandogli il meglio del suo capitale umano.

Eppure secondo il rapporto sui distretti di Intesa San Paolo, presentato ieri, l’impatto degli imprenditori giovani nei distretti del Mezzogiorno è pari al 38,1%, il doppio rispetto alla media nazionale, quasi il triplo rispetto al centro Italia. Non solo, ma le startup innovative al Sud, nel secondo trimestre dello scorso anno, sono cresciute di ben 31,3 punti percentuali, dieci in più rispetto al Nord.

Al Sud, in assenza di capitali finanziari, il capitale umano, soprattutto quello giovane, può essere un vero e proprio motore di sviluppo. Tanto più che i settori chiave dello sviluppo dei distretti sono il turismo e l’agroalimentare, due comparti ad alta intensità di imprenditoria giovanile. Allo stesso modo, però, non esiste parte d’Italia in cui il capitale umano giovanile sia brutalmente lasciato scappare o avvizzire, dentro le logiche di uno Stato burocratico, assistenziale e clientelare.

Insomma le dinamiche colonialistiche che hanno caratterizzato l’unificazione nazionale continuano ad avere il loro peso.

 

In Giappone molti anziani prendono pensioni così basse e si sentono così soli che son contenti di finire in carcere per avere vitto e alloggio.

 

[1 aprile] Palestina. Fisco. Analfabetismo. Inquinamento. Debito pubblico

 

Ogni anno i palestinesi celebrano il 30 marzo la “giornata della terra”. Il 30 marzo 1976, infatti, fu organizzato uno sciopero generale dei palestinesi d’Israele per protestare contro la decisione del governo israeliano di confiscare 2.500 ettari di terre palestinesi in Galilea. L’adesione allo sciopero fu alto e coinvolse anche la Cisgiordania e Gaza. La repressione israeliana fu feroce, con 6 morti, centinaia di feriti e centinaia di arresti.

Venerdì decine di migliaia di palestinesi hanno accolto l’invito a manifestare durante la marcia del Ritorno in occasione della giornata della Terra. Anche questa volta la repressione è stata brutale e feroce. Nel corso della manifestazione di Gaza il bilancio è gravissimo: si contano ben 17 morti e 1200 feriti.

La domanda è: perché quando Israele fa cose del genere, tutti gli altri Stati tacciono?

 

Quasi la metà dei contribuenti ha dichiarato nel 2016 meno di 15 mila euro. Per loro l’effetto della riforma fiscale della destra sarebbe negativo, dato che la pressione fiscale derivante dall’introduzione della flat tax al 15% per le classi di reddito dai 4 mila a i 15 mila euro sarebbe maggiore rispetto a ora. Tra i 10 e 12 mila euro, per esempio, oggi si paga il 5,7% di Irpef, con la flat tax leghista si pagherebbe il 10,9%, ovvero quasi il doppio. A guadagnare davvero sarebbero solo le classi di reddito elevate. E il costo per le casse dello Stato sarebbe superiore ai 56 miliardi. Il gettito si ridurrebbe infatti a 99,5 miliardi dai 156,1 attuali. Inoltre ben 10 milioni di contribuenti (il 25% del totale) hanno pagato una imposta pari a zero. Per questi soggetti (i più poveri) la flat tax sarebbe totalmente inutile.

E questo senza considerare che bisognerebbe anche trovare le coperture per evitare l’aumenti dell’Iva nel prossimo biennio (31 miliardi) e le risorse per fare la riforma della Legge Fornero (almeno 150-200 miliardi nei prossimi 10 anni).

Insomma la destra sa fare i conti solo per chi sta già molto bene.

 

Ogni anno l’Ipsos Mori diffonde il suo “Index of Ignorance”, rilevazione statistica in grado di indicarci il Paese più ignorante del mondo.

Nel 2014 la popolazione italiana è stata quella col maggior numero di risposte sbagliate. Gli italiani credevano che nel loro Paese i disoccupati fossero il 49%. Erano il 12. Che gli over 65 fossero il 48%. Erano il 21. Che gli immigrati fossero il 30%. Erano il 7. Che le ragazze madri fossero il 17%. Erano lo 0,5. Nella classifica mondiale battevamo tutti. Precedendo, nell’ordine, Stati Uniti, Corea del Sud, Polonia, Ungheria, Francia, Canada; quelli messi meglio erano invece gli svedesi.

Sono da considerare analfabeti non quelli per l’incapacità totale di leggere e scrivere, ma per la mediocre capacità di esprimersi e il ridotto bagaglio di conoscenze. L’Italia è un Paese sistematicamente in coda nelle classifiche europee o mondiali sul livello di istruzione. Studia poco, disprezza con inflessibile continuità la scuola, l’università, la ricerca, stenta ad arricchire il proprio sapere.

Poi è normale che quando vota preferisca credere in miti e leggende.

 

Di recente è stato detto che su 300 milioni di tonnellate di nuova plastica prodotte nel mondo, ben 8 milioni finiscono in mare. Andando avanti così nel 2050 avremo più plastica che pesci.

Rischiamo di morire sommersi dai nostri stessi rifiuti. Ma non riusciamo a reagire con la dovuta prontezza e radicalità. Per es. il nostro Paese si è limitato a vietare l’uso dei sacchetti e dal 2019 l’uso dei cotton fioc non biodegradabili e le microplastiche nei cosmetici dal 2020.

Diciamo che per il riciclo degli imballaggi siamo fermi al 67%, mentre per lo smaltimento in discarica la media è del 26%, ma con Regioni molto indietro: Molise 90%, Sicilia 80%, Calabria 58%, Umbria 57%, Marche 49%, Puglia 48%.

Il riciclo e lo smaltimento sono diventati un business per molte aziende (1% del PIL), ma è uno stile di vita che dobbiamo cambiare e qui le chiacchiere dei politici e dei giornalisti servono davvero a poco. Ognuno di noi produce quasi 500 kg di spazzatura all’anno, che viene semplicemente buttata via. Poi ci lamentiamo della Tari.

 

Nella manovra approvata a fine 2017 sono contenute ben 27 voci, poco note, che portano complessivamente a far lievitare le entrate nelle casse dello Stato per complessivi 29,6 miliardi nel triennio 2018-2020. In totale i contribuenti italiani, imprese e famiglie, dovranno pagare all’erario 60 miliardi in più. I contribuenti vengono chiamati a coprire i fallimenti dei governi che non sono riusciti a tagliare gli sprechi nel bilancio pubblico. La Spending Review è stata una clamorosa barzelletta.

Nel 2019-2020 l’aumento delle aliquote Iva (quella ordinaria dal 22 al 25% e quella agevolata dal 10 all’11,5%) comporterà complessivamente un aumento del gettito tributario superiore a 30 miliardi di euro.

 

[2 aprile] Siria. Popolazione mondiale. Italia, povertà e ricchezza

 

Ricapitoliamo quanto sta avvenendo in Siria.

Dopo la sconfitta dell’ISIS, grazie soprattutto ai russi, gli americani non si sono rassegnati: vogliono far cadere Assad e spartirsi la Siria con Israele, kurdi e turchi e magari anche irakeni.

I kurdi però vogliono un proprio Stato autonomo, non si accontentano di essere una minoranza riconosciuta. Ma i turchi non ne vogliono sapere, per questo hanno occupato Afrin e ora stanno puntando verso Manbij, altra roccaforte dei curdi siriani.

Ma i kurdi si erano alleati con gli USA nella guerra contro l’ISIS, per cui ora gli USA si trovano a dover fronteggiare l’avanzata turca, alleata della NATO.

La Francia di Macron sta pensando che, siccome la Siria era una sua colonia dopo la I guerra mondiale, forse è il caso di intervenire a favore dei kurdi. Ovviamente Erdoğan si è molto risentito, anche perché non vuole assolutamente che possa formarsi un’entità autonoma curda capace di magnetizzare l’irredentismo dei curdi della Turchia. Per questo Ankara accusa i curdi siriani di essere un braccio armato del Pkk fondato da Ocalan e il Parlamento turco ha votato una legge che equipara la lotta al terrorismo jihadista a quella contro le milizie curdo-siriane.

Inutile qui ricordare che prima di avviare la battaglia contro i jihadisti, Ankara era stata complice dell’estremismo islamico favorendo 40mila combattenti anti-Assad, non solo perché voleva occupare una parte della Siria, ma anche perché voleva mettere un freno a tutte le rivendicazioni kurde.

Da ultimo va detto che gli USA vogliono utilizzare i kurdi anche in funzione anti-iraniana, poiché il loro popolo è distribuito su più nazioni.

Insieme alla Russia l’Iran, storico alleato di Assad, è la potenza regionale che ha più allargato la sua influenza in questa parte del Medio Oriente, dove la Mezzaluna sciita di Teheran conta sul governo filo-iraniano di Baghdad, sul regime di Damasco e gli Hezbollah libanesi.

Il quattro aprile, a Istanbul, dovrebbero incontrarsi Erdoğan, Putin e il presidente iraniano Hassan Rohani. Un vertice per la spartizione della Siria in zone d’influenza. Le giravolte di un pilastro storico della NATO, la Turchia, stanno quindi mettendo spalle al muro gli Stati Uniti e un’Europa invertebrata: la posizione strategica di Ankara è la vera posta di un gioco in cui il destino dei curdi potrebbe essere ancora una volta sacrificato.

In tutto ciò la Siria conta qualcosa come Stato autonomo? Niente.

 

Nel 1990 la popolazione mondiale era per il 43% (2,3 miliardi) urbana. Entro il 2015, era cresciuta fino al 54% (4 miliardi). Entro il 2050, quasi i due terzi della popolazione globale vivranno nelle città.

Stiamo quindi arrivando al punto in cui la stragrande maggioranza della popolazione vivrà in campagna, come nel Medioevo, e speriamo, questa volta, senza servaggio né clericalismi di sorta.

 

Dice il sociologo Domenico De Masi: “Nel 2007 in Italia 10 famiglie avevano la ricchezza di 3,5 milioni di italiani. Dopo la crisi le stesse 10 famiglie hanno la ricchezza di 6 milioni di italiani. La corda è tesa”.

Prima del Mille la povertà era prevista, per cui l’assistenza era d’obbligo. Dopo il Mille si cominciò a dire che la povertà era una colpa che dipendeva dalla cattiva volontà del povero, per cui l’assistenza non favoriva il suo riscatto ma anzi la sua indigenza.

Oggi a chi diamo la colpa di tutta questa povertà? All’eccessivo livello di sopportazione dei poveri? Alla loro inconsistente coscienza di classe? All’incapacità dei politici a organizzarli in maniera eversiva? All’estremo cinismo dei ricchi? Alla falsa equidistanza dello Stato? Alle astrazioni dei filosofi, sociologi, teologi, docenti e opinionisti d’ogni risma?

 

[4 aprile] Fisco. UE, ricchezza

 

A partire da questo mese i contribuenti potranno sapere come sono state spese le tasse che hanno pagato nell’anno precedente.

È un’innovazione introdotta dall’Agenzia delle Entrate, che consentirà a tutti coloro che hanno presentato la dichiarazione dei redditi nel 2017 di conoscere la distribuzione delle imposte relative al 2016, accedendo al proprio cassetto fiscale o alla dichiarazione precompilata.

Bene, così, invece di non sapere come le nostre tasse venivano sprecate, ora lo sapremo perfettamente. E, esattamente come prima, non potremo far nulla per impedirlo.

 

Secondo l’Agenzia europea di statistica in Europa l’area più ricca è la City di Londra con un PIL pro-capite che supera i 360 mila euro annui. Quella più povera è invece una provincia bulgara che supera di poco i 6500 euro. In Italia, Milano svetta con 51.600 euro per abitante. Fanalino di coda il Medio Campidano, in Sardegna, con 14.600 euro.

In genere il Nord Europa è più ricco rispetto all’area mediterranea e ai Paesi dell’Est. Peraltro la ricchezza sta tendendo sempre di più a concentrarsi nelle grandi città. Londra, Parigi, le metropoli tedesche, Milano hanno redditi decisamente più elevati rispetto alla media. E il fenomeno vale anche per alcune capitali dell’Est Europa, dove città come Varsavia, Praga e Bratislava hanno PIL pro-capite superiori addiritttura alla stessa Milano.

L’Italia resta un Paese spaccato. Il Nord e parte del centro compete con le zone europee più avanzate. Il Sud e le isole invece si collocano solo un pelino sopra le zone più depresse della UE, che si trovano nel profondo Est: Bulgaria, Romania, Croazia, Paesi baltici, parti della Polonia e della Grecia.

 

[5 aprile] Facebook

 

214.134 italiani, utenti di Facebook, sono finiti nella rete spionistica, a fini elettorali, della Cambridge Analytica solo perché 57 utenti avevano installato la app progettata dal docente Kogan, in apparenza un test sulla personalità, poi finita nelle mani della società londinese.

Dunque fammi capire: 57 adulti disturbati psicologicamente hanno coinvolto, con le loro amicizie, più di 200.000 utenti che, secondo la suddetta società, sarebbero stati facilmente influenzabili sul piano politico.

Tutto un giro tortuoso del genere per fare una cosa che non serve a niente? Non lo sanno che gli italiani decidono chi votare guardando la televisione?

 

[6 aprile] Italia, ricchezza

 

Sempre di meno, sempre più ricchi e sempre più vecchi. Questo è il risultato dell’articolo de “Linkiesta”. Dal 2011 al 2016 sempre di meno sono i lavoratori autonomi, i rentier e i pensionati. Ma i loro redditi sono anche quelli cresciuti di più. Ed è gente anziana.

Mi sa che dovremo presto prepararci anche a uno scontro generazionale. Tutta questa gente non potrà mantenere in eterno figli e nipoti.

 

[7 aprile] Francia. Top manager. Commercio mondiale di armi

 

La Francia in Africa ha un comportamento rivoltante. Caccia i nostri soldati dal Niger e dalla Tunisia, che avrebbero dovuto controllare l’immigrazione clandestina e il terrorismo jihadista. Questo perché vuol mantenere rapporti esclusivi di dipendenza con le sue ex colonie, ove continua ad avere profondi interessi economici.

Poi però gli immigrati vengono da noi. E ce li rimanda indietro quando li spediamo da loro a Bardonecchia.

 

È Flavio Cattaneo il top manager più pagato a Piazza Affari nel 2017, con un compenso di 26 milioni di euro, grazie alla maxi liquidazione da 25 milioni per le cariche in Tim. Cattaneo supera Sergio Marchionne, la cui busta paga negli ultimi anni era stata la più corposa: 14 milioni.

E poi dicono che il plusvalore degli operai non esiste... Ma questi manager non lo sanno che tutti i loro soldi faranno crescere dei figli e nipoti inetti, abituati solo a spenderli?

 

I dati dello Stockholm International Peace Research Institute, pubblicati nel marzo 2018, rivelano un aumento del 10% dei trasferimenti internazionali di armi da guerra nel quinquennio 2013-2017 rispetto al periodo 2008-2012. I maggiori esportatori di armi del mondo si confermano gli Stati Uniti con il 34% del totale e un incremento del 25% dal 2013 a oggi.

Al secondo posto la Russia con il 22% del totale, con una perdita percentuale del 7,1 nell’ultimo quinquennio.

Un ruolo importante lo gioca anche l’Europa con la Francia (6,7%), la Germania (5,8%), il Regno Unito (4,8%), la Spagna (2,9%) l’Italia (2,5%) e l’Olanda (2,1%). Nella lista delle dieci nazioni che esportano più armamenti (l’Italia occupa il nono posto) ci sono anche la Cina (5,7%) e Israele (2,9%). Il commercio degli armamenti rimane concentrato nelle mani di poche nazioni e i cinque esportatori più importanti (Stati Uniti, Russia, Francia, Germania e Cina) raggiungono circa il 75% del mercato.

Però gli Stati Uniti spendono in armi tre volte la cifra investita dalla Cina, che è al secondo posto, e circa dieci volte più della Russia, che è al terzo.

Al primo posto tra gli importatori di armi c’è l’India, un Paese che si trova in una situazione di tensione aperta con il Pakistan e di confronto con la Cina; gli indiani acquistano una parte cospicua dei loro armamenti dalla Russia, mentre sono proprio i cinesi a rifornire in modo importante il Pakistan e il Bangladesh.

Un’altra area che sta acquistando massicciamente armamenti è il Medio Oriente, con un ruolo importante dell’Arabia Saudita che, coinvolta nella guerra civile yemenita, ha incrementato i suoi acquisti di armamenti a partire dal 2013 del 225% ed è al secondo posto per le importazioni. Molto attivi nel riarmo anche Egitto ed Emirati Arabi Uniti. Nel Medio Oriente il mercato delle armi fa riferimento principalmente agli Stati Uniti.

 

[10 aprile] Italia, export

 

L’Italia è il secondo partner commerciale della Russia in Europa, dopo la Germania. Fino a inizio 2017, secondo i dati ISTAT/EUROSTAT relativi al 2016, il trend delle esportazioni italiane nella Federazione Russa era in crescita, con 10,8 miliardi di euro mentre le importazioni ammontano a circa 20 miliardi di euro, principalmente nel settore degli idrocarburi e delle materie prime. Le esportazioni Made in Italy in Russia invece come sottolinea la Coldiretti sono state di poco inferiori a 8 miliardi nel 2017, circa 3 miliardi in meno del 2013, l’anno precedente all’introduzione delle sanzioni.

A ciò si aggiunge la presenza di oltre 400 imprese italiane in territorio russo e circa 70 stabilimenti produttivi realizzati nella Federazione russa. Gli investimenti più considerevoli sono nel settore dell’energia con Eni e Enel, a seguire i settori aerospaziale e telecomunicazioni, con Finmeccanica e quello degli elettrodomestici, Indesit, fino ad altre importanti realtà made in Italy come Ferrero e Cremonini, Iveco, Pirelli e Gruppo Marcegaglia. Anche il settore bancario ha una certa capillarità in Russia con al momento otto banche presenti, in primis Intesa Sanpaolo e Unicredit.

Salvini ha azzardato dieci miliardi di euro di perdite per l’economia italiana con le sanzioni alla Russia e vorrebbe immediatamente eliminarle. Quindi la Lega è anti-americana, visto che sono stati gli USA a imporci le sanzioni contro la Russia. Ne prendiamo atto felicemente.

 

[12 aprile] Italia, pensionati all’estero

 

Sempre più pensionati italiani vanno a vivere all’estero, dove conviene per il carovita e le tasse. Infatti il pensionato che risiede all’estero per più di 6 mesi, può chiedere all’INPS il pagamento della pensione al lordo delle tasse, optando per la tassazione esclusiva nel Paese di residenza, che generalmente è più favorevole: Australia, Germania, Svizzera, Canada, Belgio e Austria, e di sicuro in Portogallo, Tunisia e Canarie.

Beati loro, ma così chi resta in Italia è fregato! I dipendenti pubblici – circa il 17% del totale dei pensionati – pagano da soli circa 1/3 di tutte le tasse sulle pensioni.

 

[13 aprile] Vaticano, fisco

 

L’Italia deve esigere dalla Chiesa i soldi non versati dell’Ici tra il 2006 e il 2011: tra i 4 e i 5 miliardi di euro. Lo ha stabilito l’avvocato generale dell’UE, il belga Melchior Wathelet, che dinanzi alla Corte di giustizia ha chiesto di annullare le esenzioni dal pagamento dell’Ici per gli enti non commerciali, in quanto risultano essere aiuti di Stato, quindi contrari alla normativa UE.

Ma quale governo italiano metterà in pratica una disposizione europea così laica? Già adesso si è cominciato a dire che il recupero dell’Ici è impossibile, vista l’assenza di una banca dati catastali degli immobili della Chiesa.

 

[14 aprile] Siria. Oro

 

Fa un po’ ridere se non facesse piangere sentire i premier anglofrancesi e americani dire che non possono tollerare l’uso di armi chimiche quando gli stessi americani nelle loro ultime guerre hanno ampiamente usato uranio impoverito, bombe al fosforo e napalm. Buttare poi oltre 100 missili in Siria scavalcando il Congresso americano, l’ONU e la commissione internazionale preposta a verificare l’effettivo uso delle armi chimiche da parte di Assad, la dice lunga sul nostro senso della democrazia.

 

Nel 2014 si contavano esattamente 2.451,80 tonnellate d’oro nelle casse della Banca d’Italia, quantità che pone il nostro Paese al terzo posto nella classifica mondiale di detentori d’oro fisico, dietro USA e Germania. Il controvalore al 31 dicembre 2018 era di circa 88 miliardi di euro. Come avvenuto per la maggioranza delle banche centrali europee, il più delle riserve auree italiane è stato accumulato tra la fine negli anni ’50-’60 sotto il sistema di Bretton Woods.

Sì, ma fisicamente dov’è il nostro oro? Solo il 48% si trova nei forzieri di Palazzo Koch, poiché l’altro 52% è dislocato presso i depositi di Federal Reserve, Bank of England e Banca per i Regolamenti Internazionali, cioè si trova a New York, Londra e Berna. La Banca d’Italia non specifica l’esatta ripartizione dell’oro italiano fra i tre soggetti esteri, ma si pensa che la stragrande maggioranza dei lingotti detenuti all’estero si trovino nella sede della FED.

Non è una bella cosa questa, perché siamo facilmente ricattabili.

Inoltre la Banca d’Italia è dal 2014 un ente privato di diritto pubblico. Il che vuol dire che l’oro di Palazzo Koch non è di proprietà dello Stato (e, di riflesso, dei cittadini). Per fortuna che non è neppure degli azionisti privati della Banca d’Italia, che sulle riserve non possono vantare alcun diritto.

Però anche questa cosa resta piuttosto preoccupante. Se scoppia una guerra, l’oro è importante, e di sicuro chi ce lo custodisce non ce lo restituirà, anche se fosse un nostro alleato.

 

[15 aprile] USA, violenza della polizia

 

Il 4 febbraio 1999 a New York, nel Bronx, durante un controllo di routine alla ricerca di uno stupratore che poteva corrispondere alla fisionomia di Amadou Bailo Diallo, uno studente liberiano, quattro poliziotti gli intimarono di farsi riconoscere. Il ragazzo mise le mani in tasca e tre poliziotti, pensando all’estrazione di un’arma, fecero fuoco. Esplosero 41 colpi di pistola, colpendo Diallo per 19 volte. Diallo non aveva armi addosso, ma solo il portafoglio, che voleva estrarre per mostrare i propri documenti.

La morte di Diallo fece chiudere nel 2002 l’unità Crimini Stradali e il dipartimento dovette risarcire i familiari con tre milioni di dollari. I poliziotti però furono riconosciuti innocenti il 25 febbraio 2000 dalle accuse di omicidio di secondo grado e comportamento pericoloso.

Questi sono gli americani, che esportano la democrazia nel mondo a colpi di missili umanitari e che considerano il possesso personale di armi un’assicurazione sulla propria vita.

 

[17 aprile] Lecce, genitori e figli

 

A Lecce i genitori di una dodicenne da tempo non sopportavano più che la figlia stesse sempre attaccata al cellulare e alla rete. Dopo l’ennesima litigata e uno schiaffo la ragazzina si è tagliata un polso procurandosi una lieve ferita. Una delle insegnanti si è accorta della medicazione al polso chiedendole spiegazioni, e lei ha raccontato quanto accaduto. Dalla professoressa è partita la segnalazione al Tribunale per i minorenni. L’autorità giudiziaria ha disposto l’allontanamento della minore dalla famiglia con l’affidamento a un istituto di suore. Il padre è indagato per maltrattamenti in famiglia.

E il giudice la manda dalle suore? Per uno schiaffo? Dando tutte le ragioni alla ragazzina e alla docente?

 

[20 aprile] Lucca, bullismo scolatico

 

Cartoni della spazzatura svuotati sulla cattedra, insulti, parolacce: spunta un nuovo video di bullismo nei confronti del professore dell’Istituto tecnico “Carrara” di Lucca. Lo stesso prof protagonista di un altro video balzato alle cronache, dove si vede uno studente urlare al docente di italiano e storia di “mettergli 6 e non farlo incazzare”. Il docente non aveva fatto sapere alla dirigenza scolastica ciò che era accaduto. I ragazzi si son fregati da soli: proprio il video diffuso in rete ha fatto scattare d’ufficio le indagini della polizia postale e della Digos e la Procura dei minorenni ieri ha aperto un fascicolo d’inchiesta a carico di 15 anni indagati.

Certo che un prof così remissivo, che non avvisa subito i colleghi, la dirigenza, i genitori... qualche problema deve averlo.

 

[21 aprile] Berlusconi. Siria

 

Berlusconi ha detto che quando lui governava non ha mai subito alcuna minaccia da parte della mafia. A riprova ch’era incorruttibile. Non si è accorto però di come può essere interpretato ciò che ha detto... Sta invecchiando?

 

Il conflitto in Siria ha prodotto negli ultimi sette anni 500mila morti, milioni di feriti e un esodo all’interno del Paese (circa 2 milioni) e verso l’Europa (4 milioni), riducendo la popolazione del Paese di circa 1/3. E ci hanno fatto credere che ciò sia avvenuto in nome di Allah.

 

[13 maggio] Berlusconiani

 

Per eliminare o almeno ridurre i condizionamenti dei berlusconiani è necessario tenerli fuori dalle commissioni di garanzia: Vigilanza Rai, Copasir (servizi segreti) e Antimafia. Poi va promulgata una normativa capace di bloccare ogni interferenza tra un interesse pubblico e un altro interesse, pubblico o privato, che possa influenzare l’esercizio di una funzione pubblica, anche senza vantaggio economico. In pratica dovrebbe risultare ineleggibile chi possiede dei mass media. Ma va rivista anche la legge Gasparri sulla concentrazione delle proprietà editoriali e sui limiti agli introiti pubblicitari.

Contro la corruzione e la criminalità si deve prevedere l’utilizzo di agenti sotto copertura, ma anche un ampio uso delle intercettazioni telefoniche. E si devono introdurre norme più severe per chi evade o froda il fisco.

Sulla prescrizione il M5Stelle ha previsto ch’essa si fermi dal momento dell’inizio del processo.

Sul voto di scambio occorrono misure più repressive, analoghe a quelle previste per i reati di mafia.

Sulle nomine al CSM si deve prevedere il sorteggio tra una rosa da cui si dovevano escludere ex politici in carica nell’ultimo decennio. I togati invece dovrebbero essere prima sorteggiati e poi votati.

Quanto alla Rai, dovrebbe essere sottratta ai partiti e mettere ai vertici solo professionisti della tv.

 

[1 giugno] Rajoy

 

Per difendersi dall’accusa di corruzione Rajoy diceva: Mi occupo di politica non di contabilità. Ci hanno messo un anno per inchiodarlo alle sue responsabilità.

 

[4 giugno] Bayer-Monsanto

 

Bayer sopprimerà il marchio Monsanto dopo l’acquisizione che si concluderà il 7 giugno, per un valore di 66 miliardi di dollari, che darà vita al più grande gruppo mondiale nel campo delle sementi e dei fertilizzanti agricoli. Bayer raccoglierà 6 miliardi di euro in contanti tramite emissione di nuove azioni per finanziare l’operazione. L’emissione è sostenuta da un accordo con un consorzio di 20 banche, incluse Bank of America Merrill Lynch e Credit Suisse. Gli attuali azionisti potranno comprare due nuove azioni ogni 23 possedute, al prezzo di 81 euro: si tratta di uno sconto del 22%.

Appare quindi chiaro che le multinazionali non fanno da sole le loro porcate, ma chiedono il sostegno economico dei liberi cittadini e purtroppo lo ottengono.

 

[6 giugno] Brexit

 

Uno scenario da apocalisse è quello che si prospetta se il 29 marzo prossimo Londra dovesse uscire senza un accordo con l’Unione Europea. Il porto di Dover,responsabile della gestione di circa il 17% del commercio di merci del Regno Unito, crollerà già dal primo giorno. I supermercati di Cornovaglia e Scozia esauriranno il cibo entro un paio di giorni, e gli ospedali esauriranno i medicinali entro due settimane. Alla fine della seconda settimana si sarebbe pure a corto di benzina.

I nostrani sovranisti le sanno queste cose?

 

[15 giugno] Acqua del rubinetto

 

Cinque buoni motivi per bere l’acqua del rubinetto.

 

SICURA: Hera la controlla oltre 2.000 volte al giorno.

SANA: è oligominerale e a basso contenuto di sodio.

ECONOMICA: ti fa risparmiare 300 euro l’anno rispetto all’acqua in bottiglia.

VICINA: è a km 0 perché nasce dalle fonti del territorio e arriva direttamente a casa tua.

ECOLOGICA: il 36% dei cittadini che l’ha scelta ha consentito, nel 2017, di risparmiare 250 milioni di bottiglie di plastica.

 

[26 luglio] Democrazia diretta

 

Per me Casaleggio ha ragione: la democrazia diretta sostituirà quella rappresentativa dei parlamenti nazionali, ma secondo me dovrà essere locale, non potrà essere quella del web che ha costi strutturali imponenti.

 

[26 settembre] Brexit. Italexit

 

Brexit, gli inglesi vogliono capra e cavoli. Sarebbe meglio non dargli niente e di trattarli come se fossero del tutto stranieri alla UE. I russi si sarebbero tagliati una mano pur di far parte della UE, e ne avrebbero avuti tutti i requisiti, e adesso noi trattiamo coi guanti bianchi gli inglesi che vogliono uscirne?

 

In England si stanno pentendo della Brexit e Claudio Borghi (della Lega) vuole una Italexit! È convinto che “L’Italia con una propria moneta risolverebbe gran parte dei suoi problemi”. Come se i nostri problemi potessero essere risolti solo in maniera finanziaria. Come se una nazione piccola come la nostra potesse competere con USA e Cina o con la stessa UE, se ne uscisse.

 

[11 ottobre] Corruzione italiana

 

Il Parlamento non dovrebbe emanare alcuna regola che si applichi ai cittadini italiani che non sia valida anche per senatori, deputati, cariche dello Stato, magistrati e politici (e viceversa naturalmente). Molti cittadini non sanno che i parlamentari ricevevano un vitalizio di 3.000 euro, anche dopo un singolo giorno di lavoro, o andavano in pensione dopo pochi anni. D’altra parte i magistrati non rispondono di quello che fanno e nessuno controlla il loro lavoro e la loro presenza o assenza dal lavoro.

 

[19 ottobre] Povertà mondiale

 

Quasi metà della popolazione mondiale vive con meno di 5,50 dollari al giorno. Lo dice la Banca Mondiale. Cioè proprio uno degli istituti finanziari che più contribuisce a impoverire i poveri!

 

[3 novembre] Francia, banche

 

Molto di più di quelle tedesche e spagnole, le banche francesi sono enormemente esposte col debito italiano, per cui se crolliamo noi, la Francia ci segue a ruota.

 

[19 novembre] Italia, giovani

 

Nel nostro Paese abitano quasi 10 milioni di persone che hanno meno di 18 anni. Si tratta del 16% della popolazione. Il 12% di questi minorenni sono in povertà assoluta.

 


2019

 

 

 

[18 febbraio] Costituzione, art. 1

 

L’art. 1 della Costituzione è sbagliato. Più che essere “fondata” sul lavoro, la Repubblica italiana dovrebbe essere fondata sulla “proprietà collettiva dei mezzi di lavoro”, quella che permette a tutti di non dover essere sfruttati per poter vivere. Il lavoro può non essere una “merce” soltanto se la proprietà dei fondamentali mezzi produttivi non è privata.

 

[5 marzo] Lega

 

La Lega è complice della mafia sulla questione della droga. Non legalizzarla significa solo fare un favore alla criminalità organizzata. Salvini su questo non capisce nulla.

 

[9 marzo] Cina, metalli pregiati

 

Cerio, praseodimio, neodimio, promezio, samario, europio, gadolinio, terbio, disprosio, olmio, erbio, tulio, itterbio, lutezio: si chiamano Lantanoidi e si trovano sulla tavola periodica degli elementi di Mendeleev, staccati da tutti gli altri.

Sono i 15 minerali del futuro digitale. Smartphone, tablet e auto elettrica già adesso non potrebbero funzionare senza alcuni di questi metalli. Possiedono una particolare luminescenza e una superconduttività elettrica: senza alcuni di essi non avremmo gli schermi colorati, il touch screen, i microfoni per parlare, le vibrazioni... Col neodimio, combinato con boro e ferro, si può realizzare un magnete potentissimo, ancorché fisicamente piccolissimo, che, installato negli auricolari ergonomici, offre una qualità sonora eccellente.

Questi minerali si trovano dentro ammassi rocciosi di bastnasite e monazite e sono molto difficili da separare a causa delle loro proprietà chimiche e fisiche molto simili. La loro estrazione e lavorazione (raffinazione) è un processo molto inquinante, perché richiede l’utilizzo di materiali tossici. Per non parlare delle scorie radioattive contenute negli scarti di lavorazione.

Li chiamano “Terre rare”. Nel 2017 la Cina ne ha estratte nel proprio territorio105.000 tonnellate (circa l’80% del mercato mondiale), mentre gli Stati Uniti solo 43.000 tonnellate negli ultimi 20 anni.

Nel 2010, due anni dopo la nascita del primo Iphone, la Cina ridusse le proprie esportazioni di “terre rare” di circa il 70%, ufficialmente per questioni ambientali. Uno scenario che ha determinato l’insediamento di molte fabbriche straniere in joint venture con un socio cinese, e quindi anche il trasferimento di know how. Non è un caso che Huawei è, oggi, il secondo produttore di smartphone al mondo dopo Samsung, seguito da Apple.

Da qui nasce anche la guerra commerciale che vede contrapposti Stati Uniti e Cina per il caso Huawei. Un braccio di ferro che ha portato all’annuncio della probabile sospensione delle licenze software di Google al gigante cinese degli smartphone. Il quale però ha già un proprio sistema operativo da installare sui propri smartphone.

 

[23 marzo] Finlandia, pellicce

 

La Finlandia è il principale produttore di pellicce allevate, in prevalenza volpi e visoni. Vendute in aste che si tengono ciclicamente a Helsinki vengono acquistate dai pellicciai che le conciano, trattano e colorano per poi rivenderle alle grandi firme della moda. Oggi molti grandi marchi le usano come bordature di cappucci o polsi di cappotto in pelo nei capi invernali. Al cliente etichette e addetti alle vendite nei negozi spiegano che le pellicce sono certificate come etiche. Secondo i dati dell’ente certificatore finlandese, sono certificati il 99% degli allevamenti di volpi e il 93% di allevamenti di visoni. Gli allevatori però non consentono alle telecamere di filmare quello che accade dentro, bisogna entrare di notte quando gli allevamenti sono chiusi. E quello che si scopre è molto diverso da quanto raccontato nelle boutique di Roma o Milano: cannibalismo dovuto al sovraffollamento delle gabbie e volpi mostruose ingozzate di cibo per far aumentare in maniera innaturale il loro peso e quindi la loro pelliccia. E chi alla fine incassa il maggior guadagno sono le firme della moda.

 

[31 marzo] Italia, banche

 

C’è un filo nero che lega Ubi Banca, il terzo gruppo bancario del Paese, ai misteri del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, trovato impiccato a Londra nel 1982, e alle vicende di Michele Sindona, il banchiere della mafia legato alla P2, morto in carcere dopo aver bevuto un caffè avvelenato. Report ha scoperto documenti inediti sui conti e sulle società offshore di UBI, una banca nata dalla fusione di istituti di credito bresciani e bergamaschi e che sarebbe coinvolta in operazioni di compravendita di armi, sebbene annoveri tra i suoi soci con quote minori la Diocesi di Bergamo, le suore Ancelle della Carità di Brescia e decine di altri istituti religiosi.

Nel processo in corso al Tribunale di Bergamo, secondo l’accusa per anni UBI Banca sarebbe stata segretamente gestita da un patto occulto capeggiato da Giovanni Bazoli, il potente banchiere bresciano che nel frattempo ha mantenuto anche la carica di presidente di Banca Intesa San Paolo, di cui oggi è presidente emerito. All’interno della banca, secondo la testimonianza di un ex dirigente apicale, mancavano controlli adeguati in materia di anti-riciclaggio.

 

[13 aprile] Italia, Sistema Siracusa. Italia, delocalizzazioni

 

La giustizia dovrebbe essere imparziale e le sentenze frutto di decisioni non condizionate da interessi personali. Ma cosa succede se accusa, difesa e giudici si scambiano favori, soldi e informazioni segrete?

Report ha scoperto il cosiddetto “Sistema Siracusa”: notizie di reato e informative della Guardia di Finanza ottenute in anticipo da uomini dello Stato, dossier segreti, presunta corruzione di magistrati per favorire i propri clienti tra cui l’ENI, il gigante petrolifero italiano. Una rete che unisce i misteri della presunta maxi tangente per il giacimento nigeriano Opl245, il petrolchimico di Augusta, un ministro della repubblica e il Consiglio di Stato, la più alta corte di giustizia amministrativa.

In che cosa consiste questo “sistema”?

È la storia di una struttura che ha lavorato per anni nell’ombra, composta da avvocati, magistrati, faccendieri, politici, uomini dei servizi di sicurezza che hanno modificato sentenze, appalti, l’esito delle elezioni. Tutto ruota intorno alla figura di un avvocato che ha lavorato per l’ENI, Piero Amara. Ma vi è anche Claudio Granata, che si occupa di risorse umane, di security per l’ENI, braccio destro di Descalzi, l’attuale manager dell’ENI, che con Scaroni è stato rinviato a giudizio per una presunta corruzione internazionale. Avrebbero pagato una tangente di oltre un miliardo di dollari per acquistare un blocco petrolifero in Nigeria: l’OPL 245. Lo dice un super testimone, Vincenzo Armanna, anche lui ex dirigente dell’ENI.

In ogni caso ENI si è abbondantemente difesa, come risulta dalla pagina web di “Report”.

 

Per preservare il Made in Italy il governo intende disincentivare le delocalizzazioni in Paesi con un più basso costo del salario e una minore imposizione fiscale. Negli ultimi anni i settori più colpiti sono quelli del tessile e dell’abbigliamento. Secondo l’Osservatorio Cribis, in dieci anni si sono persi 3,5 miliardi di fatturato, hanno chiuso 4.000 aziende e sono spariti 40.000 posti di lavoro. Tra le ditte italiane che producono abbigliamento, quelle che ricevono maggiori soldi pubblici sono le aziende che confezionano divise e uniformi per le amministrazioni dello Stato, forze armate e forze dell’ordine. I ministri e sottosegretari che amano indossare in pubblico giacche, giubbotti e divise di Polizia, Vigili del fuoco, Carabinieri, Esercito sanno dove vengono realizzati questi capi e chi li produce, quanto costano e chi ci guadagna? “Report” è entrata nelle fabbriche all’estero che confezionano uniformi e divise e ha parlato di prezzi con gli amministratori. Chi ci perde, quasi sempre, è lo Stato.

 

[5 maggio] Inquinamento mondiale. Packaging

 

Mentre a marzo centinaia di migliaia di giovani in tutto il mondo sono scesi in piazza per chiedere un cambio di marcia nella lotta contro i cambiamenti climatici e il degrado ambientale che attanaglia la Terra, gli adulti erano impegnati a replicare i soliti errori oltre i confini del pianeta. Negli ultimi 50 anni gli esseri umani hanno inquinato lo spazio che circonda il pianeta con oltre 100 tonnellate di detriti di ogni genere. Milioni di frammenti che orbitano attorno al pianeta a velocità altissima e che mettono in discussione l’accessibilità dello spazio nel prossimo futuro. Un problema che rischia di assumere dimensioni epocali proprio oggi che lo spazio è considerato una miniera d’oro, alla vigilia della cosiddetta New Space Economy, cioè la nascita di un fiorente business sulle attività economiche spaziali. Un’opportunità gigantesca, che l’Italia si ritrova ad affrontare con un’Agenzia Spaziale divisa da faide interne.

 

Piatti confezionati e surgelati, zuppe pronte, cibi precotti, comodi e veloci da preparare: in comune hanno una lavorazione industriale di cui spesso non sappiamo nulla. Costano poco, il packaging è invitante, e sono così saporiti da renderci dipendenti. Purtroppo, però, hanno spesso un alto impatto calorico, un elevato indice glicemico e uno scarso valore nutrizionale. Sono i cibi ultra-processati, che rappresentano in media il 26,4% del consumo totale di cibo in Europa, in Italia il 13,4%. Le ultime ricerche evidenziano che chi li mangia regolarmente è più esposto al rischio di ammalarsi, non solo di obesità e diabete, ma anche di patologie oncologiche.

 

[13 maggio] Report, corruzione italiana

 

La Procura di Milano e la Procura di Roma hanno avviato accertamenti sull’acquisto da parte del senatore leghista Armando Siri di una palazzina con ben sette appartamenti a Bresso, periferia di Milano. Come anticipato da “Report” il 6 maggio, Siri l’ha intestata alla figlia e l’ha pagata 585 mila euro, non risultano ipoteche iscritte sull’immobile. I soldi provengono da un conto a San Marino intestato a Siri dal quale è stato erogato un mutuo. Poche settimane fa Siri è stato coinvolto in una indagine per presunta corruzione nell’ambito di una vicenda che vede protagonista l’imprenditore ed ex-politico Paolo Arata, esperto nel campo energetico ex Forza Italia e ora vicino alla Lega, accusato di essere in affari con il re dell’eolico Vito Nicastri. Siri, rilasciando dichiarazioni spontanee ai magistrati in questi giorni, ha negato ogni addebito: non ha mai ricevuto soldi per far approvare norme che favorissero le imprese di Arata. Ai PM, dopo l’inchiesta di “Report”, il senatore leghista ha portato anche le carte che riguardano l’acquisto dell’immobile a San Marino. Tutto regolare, nulla da nascondere, secondo il senatore.

 

Le aziende petrolifere provarono a legarci un braccio dietro la schiena, a spaventarci”. Per la prima volta dalla fine della sua esperienza in Italia parla in tv Peter Styles, il geologo inglese che nel 2012 viene chiamato a presiedere la Commissione Ichese, promossa dalla Protezione civile e dalla Regione Emilia Romagna per indagare su possibili relazioni tra le attività petrolifere nella pianura padana e i terremoti del 2012. Styles racconta i tentativi di pressione subiti e denuncia di non aver ricevuto tutti i dati riguardanti l’esperimento di esercizio in sovrappressione dell’impianto di stoccaggio di gas di Minerbio, gestito dalla Stogit (controllata della Snam), avvenuto tra agosto e novembre del 2011, sei mesi prima della distruttiva sequenza sismica emiliana. Le parole di Styles fanno luce sul difficile rapporto tra scienza e decisioni politiche quando di mezzo ci sono grandi interessi economici, come quelli legati all’industria del petrolio. A verificare che i progetti industriali siano compatibili con l’ambiente e la sicurezza dovrebbe essere la commissione Via del ministero dell’Ambiente, nominata nel 2011 dalla “allora” ministra Prestigiacomo e mai rinnovata finora. Il nuovo ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha annunciato a “Report” la nomina di una nuova commissione, prevista per giugno. Quella vecchia ha approvato 7 progetti di stoccaggio gas in sovrappressione, ritenuti più pericolosi, con un solo voto contrario, quello del geologo più titolato.

 

[19 maggio] Italia, formazione. Frode alimentare

 

Siamo dentro la quarta rivoluzione tecnologica, quella digitale. Si sta ridisegnando tutto: dai centri di produzione, all’organizzazione sociale e del lavoro. La materia prima fondamentale è la conoscenza, a creare valore è il capitale umano. Là dove inclusione sociale, ricerca, formazione, politiche industriali e innovazione entrano in relazione, si produce valore e crescita. Intanto in Italia diminuiscono le iscrizioni all’università e una parte notevole di laureati decide di espatriare. È come se una nazione ricca di petrolio che investe in ricerca ed estrazione, alla fine si mettesse a regalare milioni di barili. Nello stesso tempo, però, in Italia ci sono esempi di come potrebbe funzionare un sistema che crea valore e inclusione, ma non è a regime.

 

Le eccellenze del DOP prosciutto di Parma e prosciutto San Daniele sono il fiore all’occhiello della produzione italiana di salumi. Ogni anno generano un volume d’affari di circa un miliardo di euro e rappresentano la gastronomia italiana in tutto il mondo. Per essere immessi in commercio devono ricevere il marchio DOP del consorzio di tutela che supervisiona la produzione, e garantisce che il disciplinare, cioè il rigido regolamento definito e codificato in secoli di tradizione, sia rispettato. Un’indagine condotta dalle procure di Torino e Pordenone ha accertato che nella filiera di questi due prosciutti sarebbe stata largamente usata carne di maiale danese, non ammesso dal regolamento. Circa un milione di prosciutti è stato sequestrato dagli inquirenti. In totale i prosciutti a cui è stato revocato il marchio DOP sono circa il 20% della produzione annua di Parma e San Daniele. Documenti esclusivi in nostro possesso ci permettono di affermare che la frode sarebbe ancora in essere.

 

[6 giugno] Ruolo del Sindaco. Federalismo

 

Tutta questa aspettativa per il nuovo sindaco di Cesena la capisco poco. Neanche vivessimo in una polis greca o in comune medievale. Per sua natura il sindaco ha le mani legate da uno Stato centralista. Non siamo a Bolzano, dove il 100% delle tasse resta ai cittadini. Qualche lista ha forse parlato di federalismo fiscale? di maggiore autonomia impositiva? di autogestione degli enti locali? Nessuna. Anzi Salvini, tradendo le sue origini leghiste, vuol dare ancora più poteri ai prefetti, rendendo così la funzione del sindaco ancora più pletorica. Ecco perché bisognerebbe accontentarsi di una persona ragionevole, di buon senso, capace di mediare. A meno che non sia l’intera Romagna a scrollarsi di dosso l’insopportabile peso di uno Stato ultra-corrotto e inefficiente.

 

“Il federalismo fiscale è già stato attuato per i Comuni, con regole diaboliche. Praticamente, invece di dare il livello essenziale a tutti, cioè un minimo da garantire a tutta Italia, si è stabilito che chi aveva poco era giusto che avesse poco”. Ecco cosa fa il governo di Salvini.

 

Diminuire la democrazia politica per aumentare la sicurezza non serve a niente. Dobbiamo aumentare la democrazia sociale, p. es. dando più potere ai consigli di quartiere, anche finanziario.

 

[8 giugno] Fusaro. Lega

 

Diego Fusaro è un clericale. Lo dice lui stesso: “La religione rimane l’ultimo baluardo concreto contro il dilagare della mercificazione totale”; “Il capitale deve dichiarare guerra alla religione” al fine di creare un “individuo senza identità, senza famiglia, senza valori e anche senza religione”. Il suo partito clerico-sovranista si chiama “Vox Italia”. Dio, patria e famiglia sono i suoi valori, in forma filosofica, con qualche riferimento astratto al socialismo.

Fusaro assomiglia a quei ciellini che fanno discorsi di sinistra (perfino marxisti o comunque gramsciani) per poter assumere posizioni di destra. D’altronde è un discepolo di Costanzo Preve, che vede Marx come un hegeliano di sinistra e Gramsci come un gentiliano, ovviamente anche lui di sinistra. Anche Augusto Del Noce lo faceva, da buon democristiano di destra qual era, ma considerando la sinistra, a causa del suo ateismo e quindi della sua mancanza di etica, come un passo indietro rispetto alla destra. Su queste posizioni si trova anche Rocco Buttiglione, teorico di C.L.

 

Per sapere chi gestisce la cassa della Lega di Salvini Premier bisogna andare a Bergamo, in un immobile dove il partito ha trasferito la sede di alcune società e associazioni gestite da tre professionisti: Giulio Centemero, tesoriere della Lega, Andrea Manzoni e Alberto Di Rubba, rispettivamente i revisori contabili dei gruppo alla Camera e al Senato. Ed è in questo studio di Bergamo che a dicembre scorso i magistrati della procura di Genova, hanno sequestrato decine di carte di alcune società. L’ipotesi è che potrebbero essere state utilizzate per portare all’estero parte dei 49 milioni di euro di rimborsi elettorali percepiti e rendicontati con irregolarità. Ma seguendo le tracce dei commercialisti di Bergamo siamo finiti a Milano in un altro studio di commercialisti dove Matteo Salvini ha fatto registrare, per un breve periodo, la sede del suo nuovo partito e dove abbiamo trovato un altro commercialista con interessi nella Lombardia Film Commission, guidata fino allo scorso anno da Alberto Di Rubba, che ha comprato un fabbricato da 800mila euro. Seguendo chi ha incassato buona parte dei soldi pubblici della Lombardia Film Commission,

 

[3 agosto] Questioni militari mondiali

 

Manlio Dinucci sul “Manifesto” del 3 agosto:

“Il segretario di stato Mike Pompeo ha annunciato il definitivo ritiro degli Stati Uniti dal Trattato sulle Forze nucleari intermedie (Inf), accusando la Russia di averlo ’deliberatamente violato, mettendo a rischio i supremi interessi USA’”.

Il Trattato Inf, firmato nel 1987 dai presidenti Gorbaciov e Reagan, eliminò tutti i missili nucleari a gittata corta e intermedia (tra 500 e 5500 km) con base a terra, anzitutto i missili balistici Pershing 2, schierati dagli Stati Uniti in Germania Occidentale, e quelli da crociera (Cruise) lanciati da terra, schierati dagli Stati Uniti in Gran Bretagna, Italia, Germania Occidentale, Belgio e Olanda, e allo stesso tempo i missili balistici SS-20 schierati dall’Unione Sovietica sul proprio territorio.

Nel 2014 l’amministrazione Obama accusava la Russia, senza portare alcuna prova, di aver sperimentato un missile da crociera (sigla 9M729) della categoria proibita dal Trattato e, nel 2015, annunciava che “di fronte alla violazione del Trattato Inf da parte della Russia, gli Stati Uniti stanno considerando lo spiegamento in Europa di missili con base a terra”. Il piano è stato confermato dalla amministrazione Trump: nel 2018 il Congresso ha autorizzato il finanziamento di “un programma di ricerca e sviluppo di un missile da crociera lanciato da terra da piattaforma mobile su strada”.

Da parte sua Mosca nega che il suo missile da crociera violi il Trattato e, a sua volta, accusa Washington di aver installato in Polonia e Romania rampe di lancio di missili intercettori (quelli dello “scudo spaziale”), che possono essere usate per lanciare missili da crociera a testata nucleare.

In tale quadro va tenuto presente il fattore geografico: mentre un missile nucleare USA a raggio intermedio, schierato in Europa, può colpire Mosca, un analogo missile schierato dalla Russia sul proprio territorio può colpire le capitali europee, ma non Washington. Rovesciando lo scenario, è come se la Russia schierasse missili nucleari a raggio intermedio in Messico.

Gli alleati, Italia compresa, hanno dichiarato la Russia colpevole di aver violato il Trattato, accettando a scatola chiusa l’accusa fatta dagli USA senza alcuna prova reale.

La cancellazione del Trattato Inf si inserisce in una nuova corsa agli armamenti, basata non tanto sulla quantità ma sulla qualità delle armi nucleari e dei loro vettori e sulla loro dislocazione.

Fonti militari informano che gli Stati Uniti stanno mettendo a punto nuovi missili nucleari a raggio intermedio con base a terra, sia da crociera che balistici (questi capaci di colpire gli obiettivi in 6-11 minuti dal lancio). La Russia ha avvertito che, se verranno schierati in Europa, punterà i suoi missili nucleari sui territori in cui saranno installati.

Lo stesso Pompeo ha accusato la Cina di schierare (sul proprio territorio) missili nucleari a raggio intermedio con base a terra coi quali “minaccia gli Stati Uniti e i loro alleati in Asia”. Gli USA dunque si preparano a schierare nuovi missili nucleari a raggio intermedio non solo contro la Russia ma anche contro la Cina.

La stessa UE ha contribuito all’affossamento del Trattato Inf: all’Assemblea Generale ONU (21 dicembre 2018), l’Unione Europea compatta ha bocciato la risoluzione con cui la Russia proponeva di preservare il Trattato stabilendo meccanismi di verifica e negoziati.

 

[14 agosto] NATO

 

Nel contesto NATO gli Stati Uniti hanno dispiegato in posizioni avanzate in Europa circa 150 armi nucleari, in specifico le bombe di gravità B61. Queste bombe sono stoccate in sei basi statunitensi ed europee: Kleine Brogel in Belgio, Buchel in Germania, Aviano e Ghedi-Torre in Italia, Voikel in Olanda e Incirlik in Turchia.

Ad Aviano caccia USA F-16C/D sono pronti all’attacco nucleare con 50 bombe B61 (numero stimato dalla Federazione degli scienziati americani); a Ghedi-Torre Tornado PA-200 italiani sono pronti all’attacco nucleare sotto comando USA con 20 bombe B61.

Dal 2020 le B61 saranno sostituite dalle B61-12, destinate in particolare ai nuovi caccia F-35. Tutto questo violando il Trattato di non-proliferazione, ratificato sia dagli USA che dall’Italia.

Il nostro Parlamento non avverte minimamente la pericolosità di queste cose, forse perché abbiamo sempre delegato gli USA alla difesa contro il comunismo. Nessun partito in Parlamento mette in discussione la presenza della NATO in Italia, che pur ci costa l’1,22% del PIL e fra fra 4 anni dovremo spendere il 2%. Il fatto stesso d’aver firmato un referendum contro il nucleare sembra non abbia alcun significato per il nucleare di tipo militare appartenente alle basi NATO.

 

[30 agosto] Euro

 

La valuta europea a fine 2018 ha raggiunto il 37,6% del volume totale degli scambi, erodendo in misura mai vista prima, e tuttora crescente, la preminenza del dollaro.

La UE è sempre più forte e i sovranisti nazionalisti sempre più ridicoli.

 

[22 ottobre] NATO

 

Scrive Manlio Dinucci sul “Manifesto” del 22 ottobre.

“In Turchia, durante la guerra fredda, gli USA schierarono armi nucleari contro l’Unione Sovietica. Nel 1962, negli accordi con l’URSS per la soluzione della crisi dei missili a Cuba, il presidente Kennedy promise di rimuovere tali armi dalla Turchia, ma ciò non fu fatto.

Finita la guerra fredda, sono rimaste in Turchia, nella base aerea di Incirlik, circa 50 bombe nucleari USA B61 (le stesse schierate in Italia ad Aviano e Ghedi), dirette principalmente contro la Russia. In tal modo sia gli USA che la Turchia violano il Trattato di non-proliferazione. Piloti turchi, nel quadro della NATO, sono addestrati (come i piloti italiani della base di Ghedi) all’attacco con bombe nucleari B61 sotto comando USA.

Tra non molto le B61 dovrebbero essere sostituite dagli USA anche in Turchia (come sarà fatto in Italia e altri Paesi europei) con le nuove bombe nucleari B61-12, anch’esse dirette principalmente contro la Russia.

Nel frattempo però, dopo l’acquisto turco di missili anti-aerei russi S-400, gli USA hanno rimosso la Turchia dal programma dell’F-35, principale vettore delle B61-12, il caccia di cui la Turchia avrebbe dovuto acquistare 100 esemplari e di cui era co-produttrice.

Fornendo ad Ankara i missili anti-aerei S-400, Mosca è riuscita a impedire (almeno per ora) che sul territorio turco siano schierati 100 F-35 pronti all’attacco con le nuove bombe nucleari USA B61-12. Appare a questo punto probabile che, tra le opzioni considerate a Washington, vi sia quella del trasferimento delle armi nucleari USA dalla Turchia in un altro Paese più affidabile.

Forse la base aerea di Aviano può essere la migliore opzione europea dal punto di vista politico, ma probabilmente non ha abbastanza spazio per ricevere tutte le armi nucleari di Incirlik. Lo spazio si potrebbe però ricavare, dato che ad Aviano sono già iniziati lavori di ristrutturazione per accogliere le bombe nucleari B51-12.

Su questo sfondo si colloca la dichiarazione di Erdogan che, facendo leva anche sulla presenza minacciosa dell’arsenale nucleare israeliano, annuncia l’intenzione turca di avere proprie armi nucleari.

La Turchia dispone di avanzate tecnologie militari, fornite in particolare da aziende italiane, soprattutto la Leonardo. Possiede depositi di uranio. Ha esperienza nel campo dei reattori di ricerca, forniti in particolare dagli USA. Ha avviato la realizzazione di una propria industria elettronucleare, acquistando alcuni reattori da Russia, Giappone, Francia e Cina. Secondo alcune fonti, la Turchia potrebbe essersi già procurata, sul mercato nero nucleare, centrifughe per l’arricchimento dell’uranio.

 

[1 dicembre] Inquinamento. Servizi digitali

 

Nel solo 2017, l’industria chimica in Italia ha scaricato in mare 4,18 tonnellate di arsenico; 5,96 tonnellate di cromo; 13 tonnellate di benzene e innumerevoli altri inquinanti, spesso autorizzati in deroga dal governo. Chi doveva controllare in questi anni che le sostanze immesse nell’ambiente non fossero nocive per i cittadini e i lavoratori? Report è andata a vedere cosa c’è dietro le spiagge caraibiche di Rosignano Solvay, qual è il prezzo che paghiamo per produrre il famoso bicarbonato di sodio ripercorrendo la storia della multinazionale belga. La Solvay ha diversi stabilimenti in Italia. In Piemonte è stata condannata in appello per disastro ambientale. In questa regione sussiste anche un pesante inquinamento da Pfas, immessi nell’ambiente da Solvay. Mentre lo Stato italiano da anni discute sui limiti allo scarico di questi inquinanti, non più in produzione, l’azienda li ha già sostituiti con un’altra sostanza che da 7 anni è immessa nell’ambiente. È pericolosa? Chi la controlla?

 

Nel 2018 l’80% dei cittadini di Inghilterra, Spagna e Olanda che hanno avuto a che fare con la pubblica amministrazione, lo hanno fatto utilizzando esclusivamente servizi digitali. In Italia siamo sotto il 40%. Il fanalino di coda d’Europa, insieme alla Grecia. Eppure le risorse non mancherebbero. Basterebbe ad esempio fare come i britannici, che hanno sostituito i datacenter delle singole amministrazioni con un centro elaborazione dati centrale di ultima generazione, garantendo efficienza e sicurezza infinitamente superiori, e risparmiando al contempo oltre 2 miliardi di euro in appena 4 anni. In Italia invece aspettiamo ancora il censimento dei centri dati delle pubbliche amministrazioni che sarebbe dovuto essere pubblicato a dicembre del 2017.

 

[12 dicembre] NATO.

 

Scrive Manlio Dinucci: “Da quando ha demolito con la guerra la Federazione Jugoslava nel 1999, la NATO si è allargata da 16 a 29 Paesi (30 se ora ingloba la Macedonia), espandendosi ad Est a ridosso della Russia. Per la prima volta possiede truppe pronte al combattimento nella zona est dell’Europa.

Ma l’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico è andata oltre, estendendo le sue operazioni belliche fin sulle montagne afghane e attraverso i deserti africani e mediorientali.

Ora la Grande Alleanza mira più in alto: vuole occupare lo spazio cosmico. Non le basta aver occupato completamente lo spazio terrestre, marittimo, aereo e ciberspaziale.

La NATO ha firmato un primo contratto da 1 miliardo di dollari per modernizzare i suoi 14 aerei Awacs. Essi non sono semplici aerei-radar ma centri di comando volanti, prodotti dalla statunitense Boeing, per la gestione della battaglia attraverso i sistemi spaziali.

Trump sta già premendo sugli alleati europei affinché portino la loro spesa militare al 2% o più del PIL. Finora lo hanno fatto 8 Paesi: Bulgaria (che l’ha portata al 3,25%, poco al di sotto del 3,42% degli USA), Grecia, Gran Bretagna, Estonia, Romania, Lituania, Lettonia e Polonia. Gli altri, pur rimanendo al di sotto del 2%, sono impegnati ad aumentarla.

La spesa militare annua della NATO, secondo i dati ufficiali, supera i 1.000 miliardi di dollari. In realtà è più alta di quella indicata dalla NATO, poiché non comprende varie voci di carattere militare: ad es. quella delle armi nucleari USA, iscritta nel bilancio non del Pentagono ma del Dipartimento dell’Energia.

La spesa militare italiana, salita dal 13° all’11° posto mondiale, ammonta in termini reali a circa 25 miliardi di euro annui in aumento. Il governo Conte II si è impegnato ad aumentarla stabilmente di circa 7 miliardi di euro annui a partire dal 2020.

 

[14 dicembre] Pesca illegale

 

Mari e oceani sempre più sfruttati da pescherecci commerciali e industriali stanno subendo un continuo impoverimento delle riserve ittiche. La pesca illegale intacca sia le aree marine protette destinate al ripopolamento dei mari sia i giovani esemplari di pesci che in questo modo non riescono a riprodursi e a rinfoltire le proprie specie. La conseguenza è che il pesce pescato oggi è in grado di coprire solo una parte della richiesta del mercato. Circa il 50% del pesce che arriva sulle nostre tavole è allevato. La produzione intensiva di pesce in acquacoltura pone però interrogativi e problemi. Gli antibiotici usati su vasta scala, i mangimi costruiti artificialmente con l’aggiunta di additivi sintetici e ad alto contenuto di grasso: tutto alla fine finisce nelle carni del pesce allevato e quindi nei nostri piatti. Per compensare l’enorme richiesta di pesce del mercato europeo, intanto, ogni anno migliaia di tonnellate vengono importate dall’estero. A che costo?

 


2020

 

 

 

[1 gennaio] Calendari

 

Per i Cinesi il nuovo anno inizierà il 25 gennaio.

Per i Thailandesi il nuovo giro di boa è fissato al 13 aprile.

Gli ebrei saluteranno il nuovo anno a fine settembre.

Gli islamici ad agosto.

La gran parte della cultura occidentale ha festeggiato il nuovo anno ieri.

Nel mondo esistono almeno circa 40 calendari diversi.

Com’è tutto relativo! Un mondo unipolare è assurdo.

 

[28 gennaio] Comuni sciolti

 

Da un punto di vista territoriale, i Comuni e gli enti sciolti maggiormente attenzionati dagli atti di sindacato ispettivo nelle ultime tre legislature appartengono all’area di Napoli, Roma, Latina, Reggio Calabria, Salerno, Caserta, Catanzaro, Cosenza, Messina e Catania.

 

[11 febbraio] NATO

 

Scrive Manlio Dinucci sul “Il manifesto” (11-02-2020):

“Il Parlamento greco ha ratificato l’“Accordo di cooperazione per la reciproca difesa”, che concede agli Stati uniti l’uso di tutte le basi militari greche, che potranno servire anche per missioni di attacco.

Particolarmente importante la base aerea di Larissa, dove la US Air Force ha già schierato droni MQ-9 Reaper, e quella di Stefanovikio, dove lo US Army ha già schierato elicotteri Apache e Black Hawk.”

Questa cosa è preoccupante, perché la Grecia è molto vicina all’Italia. Lo ricorda lo stesso autore: “basti ricordare il sanguinoso colpo di stato dei colonnelli, organizzato nel 1967 nel quadro dell’operazione Stay-Behind diretta dalla CIA, cui seguì in Italia la stagione delle stragi iniziata con quella di Piazza Fontana nel 1969. In quello stesso anno si installò in Grecia, a Souda Bay nell’isola di Creta, un Distaccamento navale USA proveniente dalla base di Sigonella in Sicilia, agli ordini del Comando USA di Napoli. Oggi Souda Bay è una delle più importanti basi aeronavali USA/NATO nel Mediterraneo, impiegata nelle guerre in Medioriente e Nordafrica. A Souda Bay il Pentagono investirà altri 6 milioni di euro, che si aggiungeranno ai 12 che investirà a Larissa”.

Sinceramente parlando non li capisco molto i greci: li avrei fatti più europeisti. Evidentemente detestano la UE per come sono stati trattati quando avevano i debiti fino al collo e alteravano i bilanci pubblici. Inoltre pensano in questa maniera di potersi difendere meglio da possibili attacchi da parte della Turchia, che non vede l’ora di tornare agli antichi splendori dell’impero ottomano. Non hanno capito che gli yankee sono infingardi, non mantengono mai le promesse, non si sacrificano per il bene degli altri, e non attaccherebbero mai la Turchia, finché questa resta nella NATO.

Il premier greco, Kyriakos Mitsotakis, ha detto che Atene ha già firmato col Pentagono un accordo per il potenziamento della sua flotta di F-16, che costerà alla Grecia 1,5 miliardi di dollari, e che è interessata ad acquistare dagli USA anche droni e caccia F-35. La Grecia si distingue inoltre per essere nella NATO, dopo la Bulgaria, l’alleato europeo che destina da tempo alla spesa militare la più alta percentuale del PIL (il 2,3%).

Questa cosa è davvero inspiegabile, visto che la Grecia versa in una condizione economica pietosa: il reddito pro-capite è ancora di quasi il 30% inferiore al periodo pre-crisi. La disoccupazione rimane al 20%, mentre il rischio di povertà o di esclusione sociale è al 31%. Dal 2011 al 2018 la popolazione è calata di 380.000 unità: questo anche perché il tasso di natalità è fra i più bassi al mondo.

L’Accordo garantisce agli Stati uniti anche “l’uso illimitato del porto di Alessandropoli”. Esso è situato sull’Egeo a ridosso dello Stretto dei Dardanelli che, collegando in territorio turco il Mediterraneo e il Mar Nero, costituisce una fondamentale via di transito marittima soprattutto per la Russia.

Inoltre la limitrofa Tracia Orientale (la piccola parte europea della Turchia) è il punto in cui arriva dalla Russia, attraverso il Mar Nero, il gasdotto TurkStream, molto osteggiato dagli USA, ostili a qualunque rapporto tra Russia ed UE.

L’“investimento strategico”, che Washington sta già effettuando nelle infrastrutture portuali, mira a fare di Alessandropoli una delle più importanti basi militari USA nella regione, in grado di bloccare l’accesso delle navi russe al Mediterraneo e, allo stesso tempo, contrastare la Cina che intende fare del Pireo un importante scalo della Nuova Via della Seta.

Questo il ringraziamento greco alla Russia, che ha sempre difeso questo Paese contro l’egemonia ottomana.

L’“Accordo di cooperazione per la reciproca difesa” con gli USA è stato ratificato dal Parlamento greco con 175 voti favorevoli del centro-destra al governo (Nuova Democrazia e altri) e 33 contrari (Partito Comunista e altri), mentre 80 si sono astenuti. Ad astenersi – incredibile a dirsi – è stata Syriza, la “Coalizione della Sinistra Radicale” guidata da Alex Tsipras. Partito prima di governo, ora all’opposizione, in un Paese che, dopo essere stato costretto a svendere la propria economia, ora svende non solo le sue basi militari ma quel poco che resta della sua sovranità.

 

[15 febbraio] NATO

 

In Italia è dominante la responsabilità di un vasto arco politico bipartisan che obbliga un Paese non nucleare ad ospitare e a prepararsi ad usare armi nucleari, violando il Trattato di non proliferazione che pur ha ratificato. Soprattutto è gravissimo il rifiuto dell’Italia ad aderire al Trattato sulla proibizione delle armi nucleari votato a grande maggioranza dall’Assemblea dell’ONU. Per aderire l’Italia dovrebbe quindi richiedere agli Stati Uniti di rimuovere dal suo territorio le bombe nucleari B6 senza installarne altre, nonché le basi militari NATO. Così impone la Costituzione italiana che ripudia la guerra.

 

[18 febbraio] USA, militarismo

 

Scrive Manlio Dinucci sul “Manifesto” del 18-02-2020:

Il “Budget per il futuro dell’America”, presentato dal governo USA, mostra quali sono le priorità dell’Amministrazione Trump nel bilancio federale per l’anno fiscale 2021.

Anzitutto ridurre le spese sociali: ad es., essa taglia del 10% lo stanziamento richiesto per il Dipartimento della Sanità e dei Servizi Umanitari.

Nemici principali degli USA sono chiaramente Cina e Russia. La Cina viene accusata di “condurre una guerra economica con cyber armi contro gli Stati Uniti e i loro alleati” e di “voler plasmare a propria somiglianza la regione Indo-Pacifica, critica per la sicurezza e gli interessi economici USA”. Perché “la regione sia libera dalla malefica influenza cinese”, il governo USA finanzia con 30 milioni di dollari il “Centro di impegno globale per contrastare la propaganda e disinformazione della Cina”.

A tal fine il presidente Trump annuncia che, “per garantire la sicurezza interna e promuovere gli interessi USA all’estero, il mio Budget richiede 740,5 miliardi di dollari per la Difesa nazionale” (mentre ne richiede 94,5 per il Dipartimento della Sanità e dei Servizi Umanitari).

Lo stanziamento militare comprende 69 miliardi di dollari per le operazioni belliche oltremare, oltre 19 miliardi per 10 navi da guerra e 15 miliardi per 115 caccia F-35 e altri aerei, 11 miliardi per potenziare gli armamenti terrestri.

Per i programmi scientifici e tecnologici del Pentagono vengono richiesti 14 miliardi di dollari, destinati allo sviluppo di armi ipersoniche e a energia diretta, di sistemi spaziali e di reti 5G. Queste sono solo alcune voci di una lunga lista della spesa (con denaro pubblico), che comprende tutti i più avanzati sistemi d’arma, con colossali profitti per la Lockheed Martin e le altre industrie belliche.

Al budget del Pentagono si aggiungono diverse spese di carattere militare iscritte nei bilanci di altri dipartimenti. Nell’anno fiscale 2021, il Dipartimento dell’Energia riceverà 27 miliardi di dollari per mantenere e ammodernare l’arsenale nucleare. Il Dipartimento per la sicurezza della patria ne avrà 52 anche per il proprio servizio segreto. Il Dipartimento per gli affari dei veterani riceverà 243 miliardi (il 10% in più rispetto al 2020) per i militari a riposo. Tenendo conto di queste e altre voci, la spesa militare degli Stati Uniti supererà, nell’anno fiscale 2021, i 1.000 miliardi di dollari. La spesa militare degli Stati Uniti è 3-4 volte superiore a quella della Cina e oltre 10 volte superiore a quella della Russia.

In tal modo “il Budget assicura il dominio militare USA in tutti i settori bellici: aereo, terrestre, marittimo, spaziale e cyber-spaziale”, dichiara la Casa Bianca, annunciando che gli Stati Uniti saranno tra non molto in grado di produrre in due impianti 80 nuove testate nucleari all’anno.

Appare quindi evidente che la prossima guerra mondiale sarà necessariamente nucleare. Non a caso gli USA si rifiutano di accettare la condizione di rinunciare a sparare il primo colpo nucleare. Infatti sarà proprio questo primo colpo ad assicurare un vantaggio considerevole.

 

[22 febbraio] Universo. Numero dei parlamentari

 

Dobbiamo immaginarci nell’universo con un corpo che può viaggiare alla velocità della luce (cosa che già sperimentiamo col pensiero), un corpo che può emanare energia (cosa che possiamo fare anche adesso in varie maniere), un corpo che può superare la forza di gravità, un corpo libero di amare chi vuole (nel rispetto della libertà di coscienza), un corpo che si sente a proprio agio quando è immerso nelle forze della natura, capace di produrre i propri beni nel rispetto delle leggi della materia. Di fronte a una prospettiva del genere chi sarebbe così stupido da vivere nella disperazione? Chi continuerebbe a restare vincolato agli errori compiuti sulla Terra? Chi non approfitterebbe del fatto che il tempo non è in grado di fermarsi e che il fatto di procedere solo in avanti è la più grande opportunità per cambiare in meglio?

 

Dunque facciamo una botta di conti. Gli USA con una popolazione di 306 milioni di abitanti hanno 500 parlamentari. In proporzione quanti dovremmo averne noi? Non più di 100.

Vediamo la Russia: 450 parlamentari su 145 milioni di abitanti. In proporzione noi dovremmo averne al massimo 190.

Vediamo la Cina: abitanti 1,4 miliardi, parlamentari circa 3.000. Noi dovremmo averne circa 128.

Nella UE, dopo la Brexit, siamo il Paese col maggior numero di parlamentari. E possiamo dire, grazie al numero elevato dei nostri parlamentari, di avere la miglior democrazia d’Europa o del mondo? Noi italiani siamo al 60° posto al mondo, e grazie alla legge anti-corruzione del 2012, altrimenti saremmo al 72° posto.

 

[28 febbraio – 27 giugno] Covid-19

 

Sin dall’inizio bastava dirci quali erano i quattro elementi della prevenzione: mascherina, amuchina, distanza e guanti. Invece han preferito considerarci senza cervello. Non volevano metterci nel panico e invece ci sono riusciti perfettamente! Il virus persiste nell’aria, han detto. Ma i virologi han pure detto che positivo non significa contagioso. E che i decessi riguardano soprattutto gli anziani o quelli con patologie pregresse (meno del 4% non aveva alcuna patologia pregressa). Allora perché bloccare l’intero Paese? Rischiamo una recessione peggiore di quella del 2008, causata solo dalla paura. Dopo la pandemia sanitaria avremo quella economica (e anche quella giuridica per le denunce che verranno fatte agli incapaci e ai corrotti). A questo punto perché non chiudono anche la Borsa?

Voglio comunque pensare positivo: stando chiusi in casa avremo meno inquinamento, la natura rinascerà. Anzi, spero che d’ora in poi si blocchi tutto almeno per un mese all’anno. Considerando che l’inquinamento atmosferico fa morire ogni anno il doppio dei morti attuali causati dal coronavirus, consiglio di continuare a tenersi la mascherina anche quando la pandemia sarà finita.

Chissà che col virus non capiremo l’importanza del telelavoro e della formazione a distanza, ma anche degli acquisti online. Alla fine della fiera, quanto meno avremo saputo come garantire l’igiene e come rispettare le regole. E avremo capito che le donne son più forti degli uomini. Probabilmente perché le donne conducono un’esistenza più sana, attenta alla salute, non stressante. Ma perché la maggior parte degli operatori sanitari infetti è donna? È semplice: la donna è più altruista, più disposta al sacrificio, più attenta ai bisogni altrui. L’uomo è un prodotto contronatura che la donna sopporta malvolentieri. Questa è scienza non fantascienza. Tragico comunque l’elevato numero dei decessi tra il personale sanitario: questo si poteva impedirlo!

Il virus ci ha indotto a riflettere di più sul tipo di vita che stiamo conducendo. E se anche esso fosse un prodotto artificiale di qualche laboratorio, bisogna ammettere che dalla negatività spesso vien fuori la positività. Non è forse questa una delle leggi della dialettica?

È così difficile capire che si muore di Covid-19 ma si muore anche di depressione, solitudine e soprattutto di miseria?

Forse la mascherina sarà stata un deterrente per i fumatori incalliti.

E se proprio questo virus dimostrasse che nel modo di tenerlo sotto controllo i cinesi sono i migliori? Peccato che la loro sia una dittatura politica.

Con tutti questi giorni di quarantena è impossibile che qualcuno non sia diventato un apprendista barbiere o parrucchiere o estetista.

Speriamo che alla prossima pandemia il governo capisca che non abbiamo bisogno di essere eterodiretti come bambini indisciplinati.

Le statistiche matematiche erano chiaramente allarmistiche perché astratte. La realtà è sempre un’altra cosa.

Le continue versioni contrastanti tra i virologi sono l’esempio più convincente che la scienza è un’opinione.

Non esiste alcun vaccino per nessuno dei nuovi coronavirus che hanno causato focolai negli ultimi 20 anni. Nessun vaccino specifico viene praticato agli animali sia di allevamento sia già in possesso dei privati, semplicemente perché non funzionano, vista la rapidità con la quale questa famiglia virale muta (caratteristica già emersa per i ceppi che hanno aggredito l’uomo in passato tra cui SARS nel 2002 e MERS nel 2012, oltre ai comuni raffreddori). Ad oggi per nessuno di questi esiste un vaccino valido. Dunque, non sarebbe meglio concentrarsi sulle caratteristiche degli individui che si sono infettati e guariti da soli o sono stati guariti tramite il plasma degli infetti guariti o che non si sono mai ammalati perché hanno una immunità innata?

In attesa di stabilire le cause dell’eccezionalità dell’evento epidemico nelle province di Bergamo e Brescia, territorio sottoposto a una campagna vaccinale anti-meningococcica e anti-influenzale straordinaria nell’autunno scorso, in quale considerazione si stanno tenendo gli studi scientifici sulla capacità di essere più o meno protetti verso altri virus, diversi da quello per cui ci si è vaccinati? Mentre la vaccinazione anti-influenzale offre protezione contro l’influenza, l’infezione naturale dell’influenza può ridurre il rischio di virus respiratori non influenzali, fornendo un’immunità temporanea e non specifica contro questi virus. Le persone vaccinate possono avere un rischio aumentato di altri virus respiratori perché non ricevono l’immunità non specifica associata all’infezione naturale.

Lo dico a quelli che portano la mascherina quasi tutto il giorno, anche quando non necessario: Se continuate a respirare la vostra anidride carbonica, alla prossima pandemia sarete i primi ad ammalarvi.

La plasmaferesi potrebbe essere usata per curare dal Covid, però siccome costa pochissimo, si preferisce pensare a un vaccino. Siamo proprio intelligenti!

Quanto ha guadagnato con l’emergenza Covid-19 la sanità privata nel nostro Paese? Nel Lazio gli ospedali accreditati mangiano oramai la fetta maggioritaria dei fondi stanziati dalla Regione per la sanità: ai privati infatti lo scorso anno è andato il 54 per cento delle risorse. E con il coronavirus hanno continuato a incassare. Tra i centri Covid del Lazio, è stato scelto il San Raffaele di Velletri, di proprietà della famiglia Angelucci. Report ha intervistato in esclusiva il capo della gruppo sanitario privato, Antonio Angelucci, parlamentare di Forza Italia. In Lombardia invece l’inchiesta fa i conti in tasca ai principali gruppi privati, scoprendo che parte dei loro notevoli guadagni, senza essere tassata in Italia, finisce nei Paesi Bassi, dove il premier Mark Rutte è uno degli acerrimi nemici dell’Italia quando si parla di flessibilità sui conti. Il cantante e influencer Fedez rivela invece il retroscena inedito dietro alla donazione da 4 milioni e mezzo di euro fatta al San Raffaele di Milano.

Per un mese in cui la produzione non è stata quella di prima, il capitalismo ha l’acqua alla gola. Ma allora abbiamo qualche speranza! Grazie al virus abbiamo riscoperto l’importanza dell’autoconsumo rispetto al mercato. Scrive Marx nell’Ideologia tedesca: “La produzione industriale è così decisiva che se fosse interrotta anche solo per un anno, verrebbe ben presto a mancare l’intero mondo umano”. Quindi delle due l’una: o l’attuale governo non lo sapeva, o forse al suo interno vi sono componenti che han cercato di prolungare il più possibile la quarantena.

Ce la siamo presa tanto col Covid-19, ma la stragrande maggioranza dei virus ha un ruolo determinante nel mantenimento degli equilibri di tutti gli ecosistemi. Senza di loro la vita sul nostro pianeta smetterebbe di esistere. P.es. il 90% di tutti i viventi oceanici siano microbi, coinvolti nella produzione dell’ossigeno, anche grazie alla presenza di particolari virus. Ogni giorno i virus causano la morte del 20% circa di tutti i microrganismi oceanici, e uccidono circa la metà dei batteri che si trovano negli oceani. È un’ecatombe di cui beneficiano gli organismi che costituiscono il plancton, e che tramite la fotosintesi forniscono un contributo essenziale per sostenere la vita sulla Terra.

Quando una popolazione (di una specie) diventa molto abbondante, i virus tendono a replicarsi molto velocemente e a ridurla, creando lo spazio per altri esseri viventi. Questo ci permette di garantire la biodiversità del pianeta, altrimenti avremmo poche specie predominanti che renderebbero marginali le altre.

A tutt’oggi non sappiamo quanti tipi diversi di virus esistano. Nell’ultimo secolo siamo riusciti a classificarne alcune migliaia, ma è probabile che ne esistano svariati altri milioni che non conosciamo. Ciò deriva dalla tendenza della ricerca a concentrarsi sui virus che causano malattie, che riguardano direttamente noi, gli animali che alleviamo o le piante che coltiviamo, e a tralasciare ciò che non costituisce invece una minaccia diretta.

Inutile quindi allarmarsi per il coronavirus. Evidentemente è una forma di resilienza da parte della natura contro la nostra arroganza anti-ecologica. È piuttosto senza la presenza degli esseri umani che la vita su questo pianeta procederebbe molto più spedita.

Insomma, che sia nato in modo del tutto naturale o che ci sia lo zampino dell’ormai famigerato laboratorio di Wuhan, ufficialmente il Coronavirus è nato in Cina, a Wuhan, oppure sarebbe stato portato nella metropoli cinese da militari americani (vi era un gran numero di soldati USA presenti a Wuhan nell’ottobre del 2019 per i Giochi mondiali militari).

Il laboratorio di Wuhan è classificato al massimo livello di sicurezza biologica, come quello di Fort Detrick nel Maryland che ospita il Niaid, l’agenzia federale per le ricerche sulle malattie infettive diretta da Anthony Fauci, e Usamriid, il principale centro militare americano per la ricerca sulle contromisure da adottare in caso di “guerra biologica”.

Nel febbraio del 2018 la rivista di virologia del laboratorio di Wuhan pubblicò uno studio sul Coronavirus dei pipistrelli nella città cinese di Jinning, dove avrebbero scoperto un nuovo Sars Coronavirus che infetta direttamente l’essere umano senza bisogno di passare attraverso un ospite intermedio.

I ricercatori cinesi sono andati a valutare 220 persone che vivevano nella zona di Jinning e hanno fatto uno studio sierologico. Hanno trovato sei persone che avevano gli anticorpi per il Sars Coronavirus dei pipistrelli, che potrebbe essere un progenitore del Sars-Cov-2.

Tra i finanziatori della ricerca vi era pure il Niaid, con più di 3 milioni di dollari erogati tra il 2014 e il 2018. Inoltre fra i membri del comitato scientifico della rivista di Virologia del laboratorio di Wuhan troviamo il professor Sina Bavari, lo scienziato militare a capo del laboratorio di Usamriid. Gli americani lavorano sulla prevenzione di minacce come la creazione, il trasferimento o l’uso di agenti patogeni dal potenziale pandemico potenziato, quindi potrebbero aver studiato gli stessi virus che hanno studiato prima di loro i cinesi.

Il laboratorio, per vedere se un antivirale funziona, deve avere il virus o devi avere una coltura del virus e testare i nuovi farmaci. In questo modo ad esempio si è scoperto che il Remdesivir, sviluppato per Ebola, è efficace pure contro il Coronavirus. I virus del pipistrello scoperti a Wuhan con il finanziamento di Niaid potrebbero essere stati tra quelli studiati e potenziati a Fort Detrick da Sina Bavari per testare il Remdesivir.

Un virus di questo genere, liberato in una zona abitata, può diffondersi tra la popolazione se trova un ospite che lo possa trasmettere. Perché si scateni un’epidemia ci deve essere almeno un essere umano infettato: quello che gli americani sostengono che sia accaduto nel laboratorio di Wuhan. Ma questa trasmissione potrebbe anche essere avvenuta a Fort Detrick.

A luglio 2019 il laboratorio di Usamriid è stato chiuso per un incidente di biocontenimento per motivi di sicurezza nazionale. Proprio a luglio nella zona si segnalarono casi (compresi alcuni morti) di una malattia respiratoria con sintomi che vanno da una brutta tosse alla polmonite senza indizi chiave su come sia scoppiata la malattia improvvisa, anche in due case di riposo. Vicino alle due case di riposo c’è Fort Belvoir, un ospedale per i militari che assiste anche quelli di Fort Detrick.

Se il contagio fosse passato anche a Fort Belvoir, ecco che è possibile che poi alcuni dei militari di questa struttura, che hanno partecipato ai Giochi militari, potrebbero avere portato il contagio proprio a Wuhan, dove durante la manifestazione fu segnalata la diffusione di un virus influenzale riportato anche dagli atleti italiani, come l’olimpionico di scherma Matteo Tagliariol, che ricorda la scarsità di farmaci disponibili, proprio perché moltissimi ne ebbero bisogno.

 

[2 maggio] Decessi in Italia

 

In Italia ogni anno:

 

- Il fumo causa 83.000 decessi: è la prima causa di morte.

- Morti per tumore: 179.502 tra i circa 600.000 decessi verificatisi nel 2016. I tumori sono la seconda causa di morte (29% di tutti i decessi), dopo le malattie cardio-circolatorie (37%). Mediamente ogni giorno oltre 485 persone muoiono in Italia a causa di un tumore. Il tumore che ha fatto registrare, nel 2016, il maggior numero di decessi è quello al polmone (33.838), seguito da colon-retto (19.575), mammella (12.760), pancreas (12.049) e fegato (9.702).

- Per infezioni prese in ospedale: 49.000 morti.

- Per malattie correlate all’alcol: circa 40 mila morti.

- Morti per inquinamento atmosferico: 60.000 nel 2019.

- Per incidenti stradali: morti 3.334 e 242.919 feriti nel 2018.

- Morti per suicidio nel 2016: 3.870 (oltre 10 ogni giorno).

- Per il fumo passivo: circa 2.800 morti.

- Morti per AIDS nel 2015: 560.

- Morti ammazzati volontariamente: 345 nel 2018 (di cui 142 donne: dal 2000 a oggi le donne uccise in Italia sono state 3.230, di cui 2.355 in ambito familiare e 1.564 per mano del proprio coniuge/partner o ex partner).

- Per droga: 334 morti nel 2018.

- Per tubercolosi è morto lo 0,7 per 100.000 ab. nel 2006.

- Morti per Covid-19: 28.236 (al 1 maggio 2020).

 

[5 maggio] Spese militari

 

Scrive Manlio Dinucci sul “Manifesto” 5 maggio 2020:

“Ogni minuto si spendono nel mondo circa 4 milioni di dollari a scopo militare. Lo indicano le ultime stime del Sipri: nel 2019 la spesa militare mondiale ha quasi raggiunto i 2.000 miliardi di dollari, il più alto livello dal 1988 al netto dell’inflazione. Ciò significa che oggi si spende in armi, eserciti e guerre più di quanto si spendesse nell’ultima fase del confronto tra USA e URSS e le rispettive alleanze.

La spesa militare mondiale sta accelerando: in un anno è cresciuta del 3,6% in termini reali. Essa è trainata da quella statunitense che, aumentata in un anno del 5,3%, è salita nel 2019 a 732 miliardi.

Tale cifra rappresenta il budget del Pentagono, comprensivo delle operazioni belliche. Si aggiungono a questo altre voci di carattere militare. Il Dipartimento per gli affari dei veterani, che si occupa dei militari a riposo, ha un budget annuo di 217 miliardi, in continuo aumento. La Comunità di intelligence, composta da 17 agenzie, dichiara oltre 80 miliardi annui, che sono solo la punta dell’iceberg della spesa reale per operazioni segrete. Il Dipartimento per la sicurezza della patria ha una spesa annua di oltre 70 miliardi. Il Dipartimento dell’Energia spende in un anno circa 24 miliardi per mantenere e ammodernare l’arsenale nucleare.

Tenendo conto di queste e altre voci, la spesa militare reale degli Stati Uniti già supera i 1.000 miliardi di dollari annui. Quella della NATO, stimata dal Sipri in 1.035 miliardi nel 2019, è quindi in realtà molto più alta.

La spesa militare della Russia, 65 miliardi nel 2019, è 11 volte inferiore a quella USA e 16 volte a quella NATO.

La spesa militare della Cina viene stimata dal Sipri in 261 miliardi, circa un terzo di quella USA, anche se la cifra ufficiale fornita da Pechino è di circa 180.

Tra i Paesi europei della NATO sono in testa Francia, Germania e Regno Unito con circa 50 miliardi ciascuno.

La spesa militare italiana, al 12° posto mondiale, è stimata dal Sipri in 26,8 miliardi di dollari nel 2019. Viene così sostanzialmente confermato che la spesa militare italiana, aumentata di oltre il 6% rispetto al 2019, ha superato i 26 miliardi di euro su base annua, equivalenti a una media di 72 milioni di euro al giorno.

In base all’impegno preso nella NATO, essa dovrà continuare a crescere fino a raggiungere una media di circa 100 milioni di euro al giorno. Gli Stati Uniti – ha annunciato il segretario di stato Mike Pompeo – hanno sollecitato gli Alleati a stanziare altri 400 miliardi di dollari per accrescere la spesa militare della NATO.

L’Italia, all’interno dell’Alleanza sotto comando USA, è agganciata a meccanismi automatici di spesa. Ad esempio, fa parte della “Land Battle Decisive Munitions Initiative” per l’acquisto di munizioni sempre più sofisticate e costose (missili, razzi, proiettili di artiglieria) per le forze terrestri. Fa parte con Stati Uniti, Francia e Regno Unito del gruppo che, in base a un accordo concluso lo scorso febbraio, fornirà con i propri satelliti militari “capacità spaziali” alla NATO in una vasta gamma di attività.

L’Italia entra così a tutti gli effetti nel nuovo programma militare spaziale della NATO, preparato dal Pentagono e da ristretti vertici militari europei insieme alle maggiori industrie aerospaziali, sulla scia del nuovo Comando spaziale creato dagli USA per “difendere i vitali interessi americani nello spazio, il prossimo campo di combattimento della guerra”.

Spese così folli lasciano pensare che una guerra sia imminente. Non possono esservi soltanto esigenze di profitto economico. Anche perché gli stessi capitali, investiti in ambito civile, produrrebbero sicuramente di più.

 

[6 maggio] Criminalità organizzata

 

Per riciclare i propri soldi sporchi la criminalità organizzata sta cercando di acquistare a prezzi stracciati le strutture alberghiere della riviera romagnola. E lo fa convinta che le banche non daranno un bel nulla alle imprese con difficoltà a causa del virus. Oppure lo faranno con tempi così lunghi e con una burocrazia così snervante che alla fine si sceglierà il male minore.

 

[1 giugno] Scuole private

 

Interessante l’art. del 25 maggio sulle scuole private nazionali in “MicroMega”. In base ai dati Miur, le scuole private-paritarie risultano essere 12.662 con complessivi 879.158 iscritti. La quota maggiore è rappresentata da quelle per l’infanzia: 8.957 con 524.031 bambini che le frequentano. La galassia delle elementari (scuola primaria) è a quota 1.385 con 167.667 alunni. Le medie (secondaria I grado) e superiori (secondaria II grado) sono 2.222 con un totale di 175.107 iscritti: 65.406 per il primo grado e 109.701 per il secondo.

Queste scuole, enti privati in stragrande maggioranza della Chiesa vaticana, sono in crisi di iscrizioni, tanto che chiudono alla media di 100 strutture l’anno, nonostante i cospicui finanziamenti loro erogati dallo Stato italiano dal 2000, grazie a quel raggiro costituzionale (che precisa la disposizione “senza oneri per lo stato”) del “sistema paritario integrato” introdotto dalla Legge 62/2000.

Queste scuole private-paritarie percepiranno per la loro “ripresa” ben 150milioni, ad integrazione delle rette annuali previste. Rette che non sono poca cosa, visto che oscillano tra i 2000 e i 5000 euro a studente. Lo stanziamento da emergenza Covid-19, inizialmente era di 80milioni per le scuole dell’infanzia (costituiscono il 71,3% della galassia), ma sotto la pronta pressione vaticana si è moltiplicato da un giorno all’altro con un’iniezione di altri 70milioni per la scuola primaria e di secondo grado: entro la fascia d’età dell’obbligo scolastico (16 anni).

Naturalmente resta un mistero come tali scuole possano essere considerate “paritarie” alla scuola pubblica, quando la libertà d’insegnamento e di apprendimento è subordinata all’ideologismo-confessionalismo dell’ente gestore. Nel giugno del 1964, proprio sul finanziamento delle scuole private, cadde il II governo di centrosinistra, presieduto da Moro. Certo potrà esserci un “comune servizio pubblico”, ma solo a livello di alfabetizzazione e di socializzazione. Al di là di questo vi è solo indottrinamento, che per lo più è contrario all’idea di Stato laico.

 

[2 giugno] USA, polizia

 

A volte mi chiedo se questi assurdi comportamenti della polizia americana (in merito alla fine di George Floyd), che si ripetono costantemente e che si sa benissimo a quali conseguenze portino, non siano dettati da una regia occulta, che vuole destabilizzare il Paese per una svolta autoritaria.

Quando uno, completamente immobilizzato, dice per venti volte: “Mi stai uccidendo. Non respiro”. E quello risponde: “Allora smettila di parlare, smettila di urlare. Ci vuole tanto ossigeno per parlare” – c’è un problema di comportamento grande come una casa. O i poliziotti non sono addestrati ad arrestare chi compie reati, in quanto tendono a usare subito le maniere più forti, oppure le tensioni sociali sono alle stelle, cui negli USA è facile che si aggiungano quelle razziali, Ma se il governo non fa nulla per impedire abusi del genere, è inevitabile che si ripetano di continuo. Alla fine si arriverà alla guerra civile. La cosa strana è che gli altri tre poliziotti, accusati di favoreggiamento e omicidio, sono stati tranquillamente a guardare quella forma assurda di violenza per immobilizzare Floyd, come se per loro fosse la cosa più normale di questo mondo. O non si aspettavano una conclusione del genere, o anche loro si sarebbero comportati così.

 

[6 giugno] Alessandro Barbero. Formazione a distanza

 

Di che Medioevo parla Alessandro Barbero? Lui stesso lo dice: del Basso. Avrebbe potuto aggiungere: dell’area geografica euroccidentale. Perché questo Medioevo piace? Perché è simile a noi. E perché mai dovremmo tornare a questo periodo? Forse perché privo di una tecnologia simile alla nostra? Forse forse era basato sui piccoli commercianti e artigiani e non sulle multinazionali? O forse perché non aveva uno Stato così burocratico e invasivo come il nostro? Il fatto è che quello che noi siamo oggi trova proprio le sue origini in quel periodo. Ecco perché, se davvero vogliamo cercare un’alternativa al presente, dobbiamo rivolgerci all’epoca cosiddetta “buia”, quella altomedievale. Ma questo è un linguaggio duro: chi può capirlo?

 

Sì può interrogare qualcuno online, nella formazione a distanza? L’insegnante ha preteso che la studentessa iscritta al primo anno di un liceo scientifico di Roma Nord chiudesse gli occhi, ma lei non l’ha fatto e, per questo motivo, si è presa un voto molto negativo. Motivo? Avrebbe potuto sbirciare nei suoi appunti o qualcuno avrebbe potuto suggerire.

Il problema è reale? Sì. Il metodo della verifica è sensato? No. La studentessa infatti avrebbe potuto beneficiare di un auricolare nascosto. Anche le orecchie avrebbero dovuto essere chiuse.

Soluzioni? Per le verifiche online solo i test o quiz (con varie modalità di risposta) hanno senso. Lo studente deve essere messo in grado di vedere solo un item per volta e deve rispondere entro un tempo determinato per ogni item e anche entro un tempo complessivo per tutti gli item, e non può passare al successivo item senza prima aver risposto al precedente. L’esercizio ovviamente non può essere ripetuto. E mentre per uno studente 30-60 item possono essere sufficienti per verificare la sua preparazione, il docente invece ne deve predisporre delle migliaia, altrimenti gli studenti se li comunicano a vicenda. A meno che la prova non avvenga in maniera simultanea per tutta la classe in un orario prestabilito, uguale per tutti. Poste le cose in questi termini, non è indispensabile una videocamera puntata su ogni studente. Fatto questo, l’ulteriore verifica, quella finale, quella che decide, in ultima istanza, se promuoverlo o meno, va fatta assolutamente in presenza del docente titolare, con tanto di docente testimone sulla medesima disciplina.

 

[21 giugno] Cina, cani e gatti. Italia, demanio pubblico

 

La Cina ha deciso di includere i cani e i gatti tra gli “animali di compagnia” (non più commestibili), ma il festival di Yulin, tradizionale appuntamento per la vendita e il consumo della carne di cane, per un po’ continuerà ad esserci. Dieci giorni in cui verranno macellati migliaia di cani, in un Paese che per scopi alimentari ne uccide circa 10 milioni all’anno. Le città di Shenzhen e Zhuhai hanno già vietato il commercio ma nei mesi della pandemia di coronavirus, a causa della scarsità e dei prezzi della carne di maiale, quella di cane era molto richiesta.

Cani e gatti vengono rubati o raccolti per le strade anche a migliaia di chilometri, stipati in gabbie gli uni sugli altri, senza acqua né cibo, in spazi dove si accumulano i loro bisogni fisiologici. Trattamenti crudeli ripresi fino a quando non arrivano al macello, dove vengono uccisi a sprangate. Non è un caso che Yulin sia tra le dieci città peggiori al mondo per numero di casi di rabbia e che la sua provincia, il Guangxi, rientri tra le cinque aree in cui la rabbia è più diffusa tra gli essere umani.

Ora finalmente le autorità cinesi han dovuto ammettere (anche per le pressioni dell’occidente con cui commerciano): “C’è una lunga storia di addomesticamento dei cani, in passato venivano usati per proteggere le case, cacciare e allevare. Ora sono allevati come animali domestici, per la ricerca e il salvataggio, per aiutare i non vedenti e hanno un legame più stretto con gli umani”. Ora bisogna vedere come la legge verrà applicata. Infatti, secondo un sondaggio condotto dalla Humane Society International nel 2016, è solo la maggior parte dei cittadini che non mangia cani e circa il 64% è a favore dell’abolizione del festival di Yulin.

È noto comunque che non sono i giovani a mangiare carne di cane o di gatto, bensì gli anziani e soprattutto quelli che vivono ancora in situazioni di estrema povertà, che comporta spesso la mancanza di cibo. Il che sta diventando sempre meno diffuso in Cina. D’altronde anche in occidente, al tempo della guerra, si faceva la stessa cosa.

Non solo, ma in alcune Regioni d’Italia si consuma abitualmente (e illegalmente) il ghiro sotto forma di spezzatini o arrosti, ma anche carne di orso (aveva fatto scalpore il banchetto organizzato in Trentino qualche anno fa), scoiattoli, pettirossi, istrici o marmotte, nonostante il divieto assoluto di cacciare questi animali per mangiarli. La differenza sta che il consumo di questi animali nel nostro Paese non ha nulla a che vedere con la necessità di sfamarsi.

 

Chiunque impedisce l’uso pubblico del mare e della spiaggia commette il reato di cui all’art. 1161 del Codice della navigazione e rischia una condanna all’arresto fino a sei mesi o all’ammenda fino a 516 euro. Lo ha ribadito la Cassazione (sez. 3, n. 13925 del 7 maggio 2020), avallando il sequestro di un cancello che “precludeva in modo assoluto” ai cittadini l’accesso al mare e alla spiaggia della riserva naturale “Stornara” e alla “Torre Mattoni” nel Comune di Ginosa (Taranto).

Il cancello era stato installato, insieme a una recinzione, dal proprietario dell’area limitrofa, il quale, in tal modo, occupava “abusivamente un’area del demanio marittimo estesa su 14mila metri quadrati circa”, impedendone la “pubblica fruizione”. Neppure i Carabinieri forestali, corpo preposto alla tutela e alla gestione dell’area, potevano entrarci.

C’è voluta una sentenza della Cassazione per capire che il mare e la spiaggia sono di tutti e non possono essere privatizzati né direttamente né indirettamente.

 

[25 giugno] Luca Palamara

 

Ha detto il magistrato inquisito Luca Palamara: “Farò i nomi di chi era parte del sistema. Mi cercavano in tanti, ora sono tutti spariti”.

Prima di minacciare di fare i nomi di tutti gli altri, uno non dovrebbe dire: Mi pento e mi dolgo con tutto il cuore...?

 

[27 giugno] NATO. Italia, Comuni sciolti

 

L’Italia, facendo parte della NATO, deve destinare alla spesa militare in media 52 milioni di euro al giorno, secondo i dati ufficiali della stessa NATO, cifra in realtà superiore che l’Istituto Internazionale di Stoccolma per la Ricerca sulla Pace quantifica in 72 milioni di euro al giorno.

Secondo gli impegni assunti dal governo nel quadro dell’Alleanza, la spesa militare italiana dovrà essere portata a oltre 100 milioni di euro al giorno.

Già il 7 novembre del 1991, subito dopo la prima guerra del Golfo (cui la NATO aveva partecipato non ufficialmente, ma con sue forze e strutture), il Consiglio Atlantico approvò il Nuovo Concetto Strategico, ribadito nel vertice dell’aprile 1999 a Washington, che impegna i Paesi membri a condurre operazioni militari in “risposta alle crisi non previste dall’art. 5, al di fuori del territorio dell’Alleanza”, per ragioni di sicurezza globale, economica, energetica e migratoria. Da alleanza che impegna i Paesi membri ad assistere anche con la forza armata il Paese membro che sia attaccato nell’area nord-atlantica, la NATO viene trasformata in alleanza che prevede l’aggressione militare.

La nuova strategia è stata messa in atto con le guerre in Jugoslavia (1994-1995 e 1999), in Afghanistan (2001-2015), in Libia (2011) e le azioni di destabilizzazione in Ucraina, in alleanza con forze fasciste locali, e in Siria. Il Nuovo concetto strategico viola i principi della Carta delle Nazioni unite.

Uscendo dalla NATO, l’Italia si sgancerebbe da questa strategia di guerra permanente, che viola la nostra Costituzione, in particolare l’art. 11. Anche l’appartenenza alla NATO priva la Repubblica italiana della capacità di effettuare scelte autonome di politica estera e militare, decise democraticamente dal Parlamento sulla base dei principi costituzionali.

La più alta carica militare della NATO, quella di Comandante supremo alleato in Europa, spetta sempre a un generale statunitense nominato dal presidente degli Stati Uniti. E anche gli altri comandi chiave della NATO sono affidati ad alti ufficiali statunitensi. La NATO è perciò, di fatto, sotto il comando degli Stati Uniti che la usano per i loro fini militari, politici ed economici.

L’appartenenza alla NATO rafforza quindi la sudditanza dell’Italia agli Stati Uniti, esemplificata dalla rete di basi militari USA-NATO sul nostro territorio che ha trasformato il nostro Paese, che è già a sovranità limitata, in una sorta di portaerei statunitense nel Mediterraneo.

Particolarmente grave è il fatto che, in alcune di queste basi, vi sono bombe nucleari statunitensi e che anche piloti italiani vengono addestrati al loro uso. L’Italia viola in tal modo il Trattato di non-proliferazione nucleare, che ha sottoscritto e ratificato.

 

Stando a OpenPolis, a tutt’oggi abbiamo 220 Comuni sciolti, includendo anche quelli commissariati a seguito di elezioni non valide nel precedente turno elettorale. A questi si aggiungono le aziende sanitarie calabresi commissariate ai sensi della legge 60 del 2019 o per infiltrazioni mafiose. La Calabria è la regione con più scioglimenti in corso, ma la seconda è la Lombardia, a pari “merito” di Campania e Sicilia. Poi il Piemonte e poi la Puglia. Naturalmente vi sono profonde differenze tra le Regioni sui motivi del commissariamento: in Calabria, Sicilia e Puglia la metà dei Comuni per colpa delle infiltrazioni della criminalità organizzata. In Campania quasi uno su 4. Il bello è che il 29% dei Comuni sciolti per mafia nel 2019 si trovava in deficit finanziario. Questo è la riprova che la mafia non serve a niente: distrugge e basta, come gli usurai. La situazione è così grave che a 15 interrogazioni parlamentari il governo non ha dato ancora risposta.

Capisco quando gli europei hanno dubbi a dare soldi al nostro Paese. Per fortuna che noi diamo più di quanto riceviamo, e certamente non grazie alla criminalità organizzata.

 

[29 giugno] USA, Oregon. Cina, miele

 

Nella contea di Lincoln (stato americano dell’Oregon) un’ordinanza ha esentato dall’obbligo d’indossare le mascherine per proteggersi dal Covid-19 non solo i bambini al di sotto dei 12 anni e le persone con problemi respiratori o con qualche disabilità particolare, ma anche i “residenti non bianchi”. Motivazione? Per le persone “di colore” (neri e ispanici) indossare una mascherina che copre il volto potrebbe “alimentare gli stereotipi razziali”. E quindi scatenare atti violenti.

Sinceramente parlando la vera motivazione di fondo mi sfugge, anche perché in tutta Europa apparirebbe folle. Per spiegarla pongo tre ipotesi: 1) Se un bianco teme un nero e, per colpa del virus, lo vede mascherato, quindi poco identificabile, potrebbe pensare che il nero si senta incentivato a compiere un reato. 2) Sappiamo che le persone di colore sono abituate a portare copricapi in pubblico, e quindi sono facilmente distinguibili: se venissero considerate persone sgradite e portassero anche le mascherine, peggiorerebbero il loro indice di gradimento o di affidabilità. 3) I bianchi sono convinti che neri e ispanici tendono a non rispettare le regole comuni, per cui, essendo molto suscettibili nei confronti del razzismo, possono anche rifiutarsi d’indossare la mascherina: in tal caso devono essere lasciati in pace.

Ai posteri l’ardua sentenza. Di sicuro c’è di mezzo il razzismo, che magari viene usato per coprire problemi di tutt’altra natura, come quelli socioeconomici.

 

Falso-miele cinese invade l’Italia, produttori in ginocchio. Costa troppo poco: oltre 2,5 euro in meno rispetto a quello nostrano. È creato con sciroppo di zucchero e senz’api. Ha una spesa di produzione di 1 euro contro i quasi 4 di quello tradizionale.

La manodopera umana si sostituisce agli insetti e alla loro azione impollinatrice e soprattutto non risente della crisi agricola. Infatti l’agricoltura italiana dipende al 70% dalle api, che sono sempre meno a causa dell’inquinamento ambientale, nella loro funzione di impollinatrici. In media una singola ape visita circa 7.000 fiori al giorno e ci vogliono quattro milioni di visite floreali per produrre un chilogrammo di miele. Tre colture alimentari su quattro dipendono in una certa misura per resa e qualità dall’impollinazione dalle api: tra queste ci sono le mele, le pere, le fragole, le ciliegie, i cocomeri e i meloni.

E così, mentre in tutto il mondo diminuisce la produzione a causa dei cambiamenti climatici, quella cinese aumenta. Le esportazioni in Europa sono arrivate a circa 80mila tonnellate. Abbiamo una produzione nazionale di appena 15 milioni di chili, a fronte di un quantitativo di quasi 25 milioni di chili importato durante l’anno dall’estero: il 40% arriva dall’Ungheria e oltre il 10% dalla Cina.

Quest’anno il crollo nella raccolta del miele è stato fino all’80%: ecco perché 2 barattoli su 3 vengono importati. Il poco miele che le api sono riuscite a produrre se lo sono mangiato per sopravvivere.

Le difficoltà delle api sono un pericolo grave per la biodiversità considerato che sono un indicatore dello stato di salute dell’ambiente e servono al lavoro degli agricoltori con l’impollinazione dei fiori.

Il miele prodotto sul territorio nazionale dove non sono ammesse coltivazioni Ogm (a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina) è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria. La parola Italia deve essere obbligatoriamente presente sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale, mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’Unione Europea, l’etichetta deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della CE”; se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta “miscela di mieli non originari della CE”, mentre se si tratta di un mix va scritto “miscela di mieli originari e non originari della CE”.

In Italia esistono più di 60 varietà di miele a seconda del tipo di “pascolo” delle api: dal miele di acacia al millefiori (che è tra i più diffusi), da quello di arancia a quello di castagno (più scuro e amarognolo), dal miele di tiglio a quello di melata, fino ai mieli da piante aromatiche come la lavanda, il timo e il rosmarino. Nelle campagne italiane ci sono 1,5 milioni gli alveari curati da sessantamila apicoltori di cui circa 2/3 produce per autoconsumo.

 

[30 giugno] Marco Pantani. Scuole private. USA, pena di morte

 

L’inchiesta sulla scomparsa improvvisa di Marco Pantani nel febbraio 2004 (quando aveva solo 34 anni), uno dei ciclisti italiani più forti di sempre va avanti con una clamorosa rivelazione.

La cassazione aveva bocciato ogni un ricorso, sottolineando nella definitiva sentenza che Pantani si era suicidato, visto che soffriva da qualche anno di una forte depressione ed era reduce da un brutto incidente durante un allenamento. Una tesi a cui la famiglia non ha mai creduto.

Ora, dopo 16 anni, il pusher Fabio Miradossa sostiene tutto il contrario di quello detto fino ad oggi. “Marco Pantani è stato ucciso e non è morto per la cocaina come sempre detto. Cercate i soldi, l’ho sempre ribadito al PM. Io sono stato costretto al patteggiamento dalla Magistratura”. Lo spacciatore ha anche affermato che Pantani era in possesso di 20mila euro in contanti “che non sono mai stati trovati. Lo so perché me li doveva portare. Io quei soldi non li ho avuti e non sono stati trovati in camera. L’ho sempre detto al PM di cercare i soldi, ma non sono mai stato creduto. Ho dovuto patteggiare, hanno creduto che i soldi li avessi presi io. Sono stato accusato di spaccio e omicidio colposo”. Ma “Marco, prima di fornirsi da me, andava da altri. Da chi non lo so”

Ha poi detto che Pantani “era perennemente alla ricerca della verità sui fatti di Madonna di Campiglio, ha sempre detto che non si era dopato. Qualcosa stava facendo per arrivare alla verità, questa è però una mia convinzione”. Infatti il 5 giugno 1999, ultimo giorno vissuto da protagonista dallo scalatore di Cesenatico al Giro d’Italia, Pantani era stato espulso dalla corsa dopo che un esame cui fu sottoposto qualche ora prima rivelò valori di ematocrito troppo alti (52%, contro il 50% di soglia massima). Pantani era in maglia rosa da dominatore, con ben tre tappe vinte, e si avviava a vincere il secondo Giro consecutivo dopo quel magico 1998, quello dell’accoppiata Giro-Tour de France. Quella volta aveva dichiarato: “Sapevamo ch’era tutto a posto, sapevamo che sarebbero arrivati i controlli. Non mi hanno dato la possibilità di ripetere il test. È inspiegabile. Credo che ci sia qualcosa di strano”. Infatti la sera prima si era controllato e l’ematocrito risultava intorno ai 47-48% (anche il pomeriggio successivo i valori erano molto diversi). Era stato fermato per due settimane, ma poi rinunciò a partecipare al Tour de France, tornando protagonista solo per un breve periodo al Tour 2000. Fino al ritiro definitivo del 2003.

È noto che su di lui la camorra faceva scommesse clandestine e voleva vincere a tutti i costi, facendolo perdere. Anche al tempo di Maradona le faceva sul Napoli, nel 1988, puntando sulla perdita dello scudetto.

Nel caso di Pantani non ci voleva molto per minacciare un medico, costringendolo ad alterare i test e far risultare Pantani fuori norma. Ma non si arriverà mai a un processo e non ci sarà mai una verità giudiziaria: i reati sono prescritti e l’inchiesta non può che essere archiviata. In fondo l’aveva già detto Renato Vallanzasca dal carcere in cui si trovava per scontare quattro ergastoli: “Un membro di un clan camorristico in carcere mi consigliò fin dalle prime tappe di puntare tutti i soldi che avevo sulla vittoria dei rivali di Pantani”.

 

Le scuole paritarie in Italia sono 12.564 (contro le 40mila statali) e accolgono 866.805 studenti (a fronte dei 7,5 milioni iscritti al pubblico): la fetta principale, 524.031, sono nel segmento della scuola dell’infanzia (compresi asili e materne). Il settore impiega circa 160mila unità di personale alle dipendenze, tra docenti (90mila) e tecnici-amministrativi (70mila) e tutto sommato ha retto al grande “esodo” di insegnanti che hanno colto al volo le varie tornate di stabilizzazioni iniziate nel 2015-16, optando per il posto fisso negli istituti statali.

Il finanziamento pubblico al mondo delle paritarie negli anni è salito: ora ammonta a 512,7 milioni annui; a cui si aggiungono i 35,9 milioni previsti per inserire gli studenti con disabilità (circa 12mila alunni). Le rette a carico delle famiglie oscillano dai 2mila ai 4-5mila euro, suddivise in 10 mensilità, a seconda del grado di istruzione; ma è prevista una detrazione, al pari delle scuole statali, del 19% fino a 800 euro di spese. Su quanto i genitori spendono, beneficiano anche di detrazioni fiscali.

Nel Decreto legge “Rilancio” (19 maggio 2020) è stato previsto un finanziamento ad hoc per le paritarie di 120 milioni. Lo giustificano dicendo che se non si stanziano ora le risorse necessarie, lo Stato dovrà garantire almeno 2 miliardi di risorse aggiuntive in più. Le paritarie svolgono un servizio pubblico, caratterizzato da un progetto educativo e da un programma, permettendo al bilancio dello Stato un risparmio annuale di circa 7mila euro ad alunno.

Oggi nelle scuole private circa 200mila studenti rischiano l’esodo forzato verso le scuole pubbliche per cause economiche di forza maggiore. Ci si meraviglia di questo, ma chi li obbliga a iscriversi nelle scuole confessionali? Non lo sanno che per Costituzione è vietato finanziarle con soldi pubblici?

I dirigenti delle scuole private dicono che svolgono un servizio sociale, per la collettività. Ma di sicuro non svolgono un servizio culturale, poiché sono scuole contrarie alla laicità dello Stato. Che senso ha che cittadini di altre religioni o di nessuna religione debbano finanziare con le proprie tasse le scuole dei cattolici?

Si lamentano dicendo che in questa maniera ci sarebbero migliaia di lavoratori che perderebbero il posto. Ma ha senso che questi lavoratori ottengano un punteggio statale con cui poi entrare nelle graduatorie della scuola statale? magari portando via il posto ai precari dello Stato?

Le scuole private avrebbero senso se non fossero ideologiche o di tendenza, ma allora dovrebbero fare una selezione del personale completamente diversa e dovrebbero sottostare a controlli da parte dello Stato, il quale potrebbe tollerarle in via provvisoria, in attesa di garantire a tutti i docenti e studenti un posto nella scuola statale.

I dirigenti di queste scuole spesso dicono che anche la scuola statale è ideologica, in quanto trasmette una cultura antireligiosa. Ma questi difetti si devono combattere dentro la stessa scuola statale: uscendone, vengono dati per scontati.

Che poi la scuola debba essere davvero “pubblica”, gestita a livello locale, e non “statale”, ci può anche stare, ma dovrebbe esserci uno Stato federale come quello svizzero, dove le scuole vengono pagate con le tasse dei cittadini. Ma anche se fosse “pubblica”, dovrebbe restare fermo il principio che ognuno si paga per i propri figli le scuole che vuole e non quelle degli altri (di cui non condivide le idee di fondo sulla laicità o sulla religiosità).

 

La Corte Suprema americana ha dato luce verde all’amministrazione Trump per ripristinare la pena di morte a livello federale, mediante iniezione letale di pentobarbital. Le esecuzioni potrebbero riprendere per la prima volta dal 2003, anno in cui furono di fatto congelate durante l’amministrazione Bush. Solo due giudici si sono opposti.

A Trump non interessa lo Stato di diritto né gli interessano i diritti umani in generale. Ha già fatto giustiziare sette persone quest’anno e prevede di eseguire altre tre condanne a morte prima di Natale. Questo significa che avrà messo a morte più persone in un solo anno di qualsiasi altro presidente.

Le prossime esecuzioni in programma sono quelle di Lisa Montgomery l’8 dicembre, che rischia d’essere la prima donna giustiziata a livello federale dal 1953. Il 10 dicembre rischia d’essere giustiziato Brandon Bernard per l’omicidio di una coppia del Texas nel 1999, quando aveva 18 anni. L’ultima volta che il governo degli Stati Uniti ha eseguito una condanna a morte di una persona di diciotto anni al momento del crimine è stato nel 1952. La terza persona che rischia d’essere giustiziato è Orlando Hall, un nero condannato a morte da una giuria di soli bianchi nel 1994 per il rapimento e lo stupro di una ragazza di 16 anni.

Un sondaggio condotto da Gallup nel 2019 ha mostrato che il 60% degli americani ritiene l’ergastolo senza possibilità di libertà condizionale una punizione più appropriata per l’omicidio rispetto alla pena di morte.

Questi americani non si rendono conto che anche l’ergastolo è una mostruosità, e meno ancora capiscono che il problema della violenza va gestito in altra maniera, affrontando con coraggio i problemi etnico-razziali, di genere sessuale e di proprietà privata. Ma si potrebbe semplicemente partire eliminando le armi dai mercati, cioè modificando la Costituzione. Una maggiore sicurezza non la si ha se si è tutti armati, ma se si è tutti disarmati.

 

[1 luglio] Neolitico. Cina, virus

 

Gli scienziati dell’Accademia polacca delle scienze hanno affermato, studiandone i denti, che gli antichi che vivevano nel sud della Polonia moderna durante il Neolitico erano vegetariani. La loro dieta conteneva anzitutto latticini, orzo e grano. Se avevano bestiame, venivano usati prevalentemente lana, pelle e latte.

I ricercatori hanno anche scoperto che gli antichi sono stati vegetariani per circa cinque millenni. A conclusioni simili sono arrivati altri studiosi su ciò che mangiavano gli antichi africani diverse migliaia di anni fa: piante e ortaggi a radice, che venivano cotti sul fuoco.

Perché questa cosa è sorprendente? Perché si è sempre pensato che gli uomini preistorici fossero carnivori, una volta usciti dalle foreste.

Alcuni scienziati di Stoccolma hanno anche affermato che la scarsità d’acqua potrebbe trasformare l’umanità moderna in vegetariani. Questo perché per coltivare ad es. un chilogrammo di cereali sono necessarie da 0,4 a 3 tonnellate di acqua, mentre per coltivare un chilo di carne ne sono necessarie 15 tonnellate. Pertanto, la mancanza di acqua in futuro potrebbe costringere le persone a riconsiderare la propria dieta nella direzione degli alimenti vegetali.

Il cerchio si sta per chiudere. Torneremo a come eravamo. Ovviamente con una consapevolezza delle cose ben diversa.

 

Secondo Giorgio Palù, ex presidente delle Società italiana ed europea di virologia, in Cina ci sono grandi allevamenti intensivi di maiali, spesso ai bordi delle risaie, dove trasmigrano le anatre, che possono portare virus influenzali.

I maiali hanno recettori dell’influenza sia per i virus aviari sia per quelli umani. Funzionano come una sorta di provetta, in grado di mescolare i virus dell’uomo e degli uccelli, dando origine a nuovi patogeni. La sorveglianza dei questi allevamenti, non solo in Cina ma in tutto il mondo, è fondamentale.

Non solo, ma abbattendo le foreste abbiamo indotto i pipistrelli, che in genere infettano gli animali selvatici, a entrare nelle nostre case, come è avvenuto con Ebola in Africa, con Sars-Cov-1 e Sars-Cov-2. Il problema, quindi, è il nostro impatto sul pianeta: il cambiamento climatico, la deforestazione, la globalizzazione che fa spostare grandi masse di persone e merci. Ma anche le coltivazioni massive di animali esposti a tutto.

I virus sono la forma di vita più diffusa sul pianeta. Avremo sempre nuove forme pandemiche, perché cambiamo il clima del pianeta e non controlliamo quello che facciamo, o lo controlliamo troppo tardi.

Questo quanto ha detto. Ma se le cose stanno così, i vaccini sono solo un effetto placebo. Non ha neppure senso, quando li testano sui volontari, distinguere il vaccino vero e proprio dal placebo. Cioè i problemi sono a monte, e non sarà certo la medicina a risolverli.

Da notare che il Covid-19 è un virus zoonotico, che dagli animali, in questo caso selvatici, si trasferisce all’uomo. E non è il solo: il 60% delle malattie infettive dell’uomo e il 75% di quelle infettive emergenti, sono sempre zoonotiche. Va da sé che i maggiori contatti tra uomo e fauna selvatica, dovuti allo sfruttamento della stessa, aumentano il rischio di contrarre virus pericolosi per la nostra salute.

 

[2 luglio] Italia e India.

 

Il tribunale internazionale dell’Aja ha detto che è l’Italia ad avere la giurisdizione per il caso dei due marò. Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, cioè rientrano sotto il principio di immunità in quanto funzionari dello Stato italiano all’opera, all’epoca dell’uccisione di due pescatori indiani (Valentine Jelastine e Ajeesh Pink) che si trovavano a bordo del peschereccio.

L’Italia però, siccome ha violato la libertà di navigazione sancita dagli articoli 87 e 90 della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare del 10 dicembre 1982, dovrà compensare l’India per la perdita di vite umane, i danni fisici, il danno materiale all’imbarcazione e il danno morale sofferto dal comandante e altri membri dell’equipaggio del peschereccio indiano Saint Anthony.

Una notizia che non ha provocato le stesse reazioni esultanti per quanto accaduto qualche mese fa dopo il rilascio di Silvia Romano, quando i sovranisti attaccarono il governo e la stessa giovane cooperante rapita in Kenya per via del riscatto pagato (con cifre che non sono mai state rese note).

Come al solito, due pesi e due misure.

 

[4 luglio] Turchia, diritti umani. Mutazioni genetiche. Regno Unito, inquinamento

 

Si è chiuso con una sentenza scandalosa oggi a Istanbul il processo a carico di 11 difensori dei diritti umani i cui arresti erano avvenuti tre anni fa. Taner Kılıç, ex presidente e presidente onorario di Amnesty International Turchia, è stato giudicato colpevole di “appartenenza all’organizzazione terroristica Fethullah Gülen” e condannato a sei anni e tre mesi di carcere. İdil Eser, ex direttrice di Amnesty International Turchia, Özlem Dalkıran e Günal Kurşun sono stati giudicati colpevoli di “assistenza all’organizzazione terroristica Fethullah Gülen” e condannati a 25 mesi di carcere. Dopo 12 udienze, era emerso in tutta evidenza che ogni singolo elemento di accusa era privo di sostanza. Il verdetto del tribunale di Istanbul sfida ogni logica e rivela l’obiettivo iniziale inseguito per tre anni: ridurre al silenzio le voci indipendenti.

La Turchia andrebbe espulsa dall’ONU, o per lo meno dovrebbe essere sottoposta a embargo commerciale.

D’altra parte l’Egitto non è da meno. Sul caso vergognoso di Giulio Regeni non è servito neppure ritirare l’ambasciatore, che poi fu rimandato dal governo Gentiloni, nonostante il rifiuto di collaborare alle indagini.

Tanti, invece, gli accordi economici e commerciali (anche aventi per oggetto armi e sistemi software che consentono di spiare a distanza dati e informazioni personali) tra il nostro Paese e l’Egitto. Pecunia non olet.

 

Ho firmato una strana petizione, di cui non sapevo nulla. Parlava di impedire la liberazione negli ecosistemi di organismi creati attraverso il gene drive. Si tratterebbe di organismi geneticamente modificati, in grado di trasmettere i loro geni a tutti i loro discendenti, mettendo a rischio la catena alimentare e spazzando via gli esemplari naturali, rendendoli sterili.

Gli scienziati stanno lavorando sulle zanzare, per renderle innocue, ma potrebbero farlo anche p.es. con le farfalle, uccidendo in massa gli impollinatori, mettendo a rischio raccolti, piante e interi ecosistemi.

La maggior parte dei finanziamenti destinati a questo progetto proviene dall’esercito statunitense e dalla Bill & Melinda Gates Foundation.

Allo stato attuale della conoscenza, una volta liberati nell’ecosistema, gli organismi creati con il gene drive non possono essere recuperati e la loro diffusione non può essere limitata in termini di spazio e tempo. I confini nazionali e geografici non vengono identificati come barriere da questi organismi.

Gli organismi geneticamente controllati sono stati testati soltanto in laboratorio. Ma anche questo di per sé è un fattore di rischio, in quanto basterebbe che fuggissero anche solo alcuni organismi per innescare una reazione genetica a catena.

Peraltro gli strumenti di ingegneria genetica quali CRISPR/Cas9 che riescono a modificare i geni di molteplici organismi sono soggetti a errori.

Pertanto risulta complicato, se non impossibile, prevedere tutti gli effetti ecologici di questi esperimenti: gli organismi geneticamente modificati sono progettati per avere effetto nelle popolazioni naturali nell’arco di generazioni e per essere ereditati in modo dominante. Non è possibile prevedere i cambiamenti delle catene alimentari e le modifiche dei comportamenti di alcune specie animali in seguito all’estinzione di altre specie.

Ad oggi non esistono linee guida per la valutazione dei rischi sugli essere umani e l’ambiente.

I gene drive possono anche essere utilizzati per scopi militari: l’istituto di ricerca DARPA dell’esercito americano è uno dei principali sostenitori della ricerca sui gene drive. Da diversi anni la Convenzione sulle armi biologiche delle Nazioni Unite discute su come limitare i potenziali pericoli derivanti dall’uso dei gene drive come arma biologica.

 

Un’azienda inglese, Frugalpac, ha creato una bottiglia da 75 cl in cartone riciclato al 94%, più leggera (pesa 83 grammi contro il mezzo chilo di media delle controparti in vetro) e sostenibile ecologicamente perché cartone e plastica possono essere separati. Il rivestimento interno è in materiale plastico per alimenti, impermeabile e adatto a conservare tanto il vino quanto i superalcolici.

La Frugal ha un’impronta di carbonio fino a 6 volte più bassa rispetto a una bottiglia di vetro e di 1/3 in meno rispetto a una bottiglia di plastica riciclata, e inoltre la sua produzione richiede un minore consumo di acqua. Il costo finale è paragonabile a quello delle bottiglie di vetro etichettate.

Che senso ha questa cosa, quando basterebbe lavare le bottiglie di vetro, come si faceva una volta?

 

[5 luglio] Noor Inayat Khan. San Marino

 

Su “Internazionale” un bell’articolo su Noor Inayat Khan, una donna poco conosciuta nella memoria storica dell’ultima guerra mondiale. Il suo nome in codice era Madeleine: una spia al servizio dei britannici a Parigi sotto l’occupazione nazista. Lavorando come operatrice radio, trasmetteva a Londra i messaggi delle varie cellule della resistenza diffuse sul territorio francese.

Dopo lo scoppio della guerra, nel 1939, Noor, la madre e i fratelli, temendo che Hitler avrebbe occupato la Francia, si erano trasferiti nel Regno Unito. Lei e suo fratello Vilayat decisero che avrebbero partecipato attivamente alla resistenza contro i nazisti. Erano stati educati secondo i princìpi del sufismo (una corrente islamica), che insegna ad affrontare le avversità della vita con integrità e forza di volontà. Naturalmente erano consapevoli dell’ironia della sorte che li portava a combattere i nazisti in nome del Regno Unito, proprio quando tutto il subcontinente indiano lottava contro il colonialismo britannico.

Noor cominciò a lavorare nello Special operations executive britannico, che operava nella Parigi occupata attraverso missioni di spionaggio. Trasportando la sua strumentazione in una enorme valigia che pesava 13 chilogrammi, il suo compito era di trovare luoghi adatti per montare la postazione e trasmettere i messaggi.

Alla fine Noor fu catturata dai nazisti, imprigionata per un anno e infine uccisa nel campo di concentramento tedesco a Dachau.

 

Da quando non è più l’El Dorado degli evasori e delle triangolazioni societarie la Repubblica di San Marino ha perso la sua grande ricchezza. In dieci anni il PIL è calato del 28% e negli ultimi mesi del 12% per il lockdown. Il mini-Stato si sta facendo carico anche della grave crisi bancaria, ma chiede soccorso a Roma affinché venga comprato il suo debito di 360 milioni di euro, altrimenti lo faranno russi e cinesi, con perdita di sovranità politica.

Ha messo sul mercato internazionale dei capitali un “Titano bond” da 500 milioni di euro sotto l’egida di JPMorgan, per dare liquidità alle famiglie e pagare le pensioni, senza disturbare la BCE. In ballo c’è perfino l’ipotesi di introdurre l’Iva, che non s’è mai vista da quelle parti.

Aiutare questi paradisi fiscali senza porre rigide condizioni mi pare assurdo. Quanto meno dovrebbero smettere di considerarsi uno Stato sovrano. Che poi è lo stesso problema del Vaticano.

 

[8 luglio] Lourdes

 

Uno dei luoghi simboli della superstizione cristiana, Lourdes, una città che si regge quasi esclusivamente sui pellegrinaggi e sul business del turismo religioso, rischia seriamente di andare in fallimento a causa della pandemia da coronavirus.

Il deficit attuale ammonta a 8 milioni di euro, cui si aggiungono i 340 milioni di mancati introiti del 2020. Hanno perso 6 milioni di visitatori annuali. A rischio di licenziamento i 2.500 lavoratori stagionali della filiera del santuario.

 

[15 luglio] USA, assicurazioni

 

Dopo la comparsa della pandemia negli Stati Uniti, tra febbraio e maggio 5,4 milioni di lavoratori hanno perso la propria assicurazione sanitaria. Se si allarga lo sguardo anche ai familiari che godevano della copertura assicurativa, grazie all’impiego di uno dei membri della famiglia, si arriva all’incredibile cifra di 27 milioni gli americani. Questo perché un gran numero di persone ha perso il lavoro, che garantiva anche l’assicurazione. Non si era mai vista una cosa del genere. È peggio che durante la recessione del 2008-2009, quando 3,9 milioni di lavoratori persero la loro assicurazione.

Questa è la peggiore recessione economica dalla II guerra mondiale. Dovranno per forza convincersi che la sanità va data gratuitamente, facendo pagare le tasse a tutti i cittadini, in proporzione al reddito. Non possono pensare che uno si paghi le cure, costosissime negli USA, privatamente.

 

[16 luglio] Italia, pensionati. Italia, demografia

 

Trasferirsi all’estero per pagare meno tasse in pensione è un’opzione sempre più gettonata tra gli italiani. Adesso tra i Paesi da considerare c’è anche la Grecia, che propone l’aliquota al 7% per l’intero reddito imponibile dall’estero agli stranieri che trasferiscono la loro residenza fiscale. Affinché i pensionati possano beneficiare dell’aliquota vantaggiosa, non devono aver avuto la residenza fiscale in Grecia per almeno 5 dei 6 anni fiscali precedenti al loro passaggio di residenza da un Paese con cui la Grecia ha un accordo di cooperazione amministrativa sulle questioni fiscali. Una volta accettata la domanda di residenza fiscale il pensionato straniero in Grecia godrà della flat tax al 7% sui redditi provenienti da pensioni, investimenti, attività commerciali per i prossimi 10 anni. L’imposta è pagabile ogni anno in un’unica soluzione.

Finora Portogallo, Malta, Italia e Cipro, ma anche Bulgaria e Spagna sono stati i principali membri dell’Unione Europea ad aver introdotto speciali incentivi fiscali per i pensionati stranieri, e in misura minore anche Romania e Francia. I pensionati non guardano solo le questioni economiche ma anche quelle climatiche, lo stile di vita, la cultura, l’assistenza sanitaria, la governance e il costo della vita.

Anche il Sud Italia prevede la tassazione agevolata al 7% per i pensionati stranieri. Fuori dall’Europa il podio spetta a Panama, Costa Rica e Messico.

 

L’Italia avrà un crollo demografico entro il 2100. Lo dice uno studio di modellizzazione pubblicato su “The Lancet” sull’evoluzione della popolazione mondiale. Nel 2064 sul pianeta si dovrebbe arrivare al picco con 9,7 miliardi, poi dovrebbe iniziare una inversione di marcia che farà scendere la popolazione mondiale a 8,8 miliardi entro la fine del secolo. Ma se al livello globale la diminuzione non sarà così evidente, ci saranno 23 Paesi, tra cui l’Italia, in cui gli abitanti verranno letteralmente dimezzati.

Gli esperti segnalano che entro il 2100 sui 195 Paesi del mondo protagonisti dello studio, 183 non avranno tassi di fertilità abbastanza alti (trovandosi al di sotto del livello di sostituzione di 2,1 nascite per donna) da mantenere le popolazioni attuali senza politiche di immigrazione liberale. Per l’Italia si stima un tasso di fecondità totale a 1,2, in Polonia intorno a 1,17.

Nello specifico la popolazione dell’Italia, che si è già lasciata alle spalle il picco di 61 milioni di abitanti raggiunto nel 2014, crollerà a circa 30,5 milioni nel 2100. Destino condiviso con la Spagna (da 46 milioni nel 2017 a circa 23 milioni di persone nel 2100).

Mentre si prevede che Regno Unito, Germania e Francia rimarranno tra i primi 10 Paesi per PIL, entro fine secolo si prevede che Italia e Spagna scenderanno di molto nelle classifiche del 2100: intorno al 25-28 posto. Del resto le previsioni degli esperti vedono la popolazione del Regno Unito in crescita dai circa 67 milioni del 2017 a circa 71 milioni nel 2100, con un’aspettativa di vita che da 81 anni del 2017 è destinata a salire a quasi 85 nel 2100.

Fra i 23 Paesi che vedranno dimezzarsi le popolazioni figurano anche il Giappone (da 128 milioni a 60 milioni) e la Thailandia. In Portogallo nel 2100 potrebbero esserci solo 5 milioni di persone. Ma si prevedono cali drastici nelle popolazioni in età lavorativa anche in Paesi come l’India e la Cina.

Ma nel frattempo si prevede che la popolazione dell’Africa sub-sahariana triplicherà nel corso del secolo. Anche il Nord Africa e il Medio Oriente avranno una popolazione più ampia nel 2100 rispetto al 2017.

Questo per dire che le politiche d’immigrazione liberale potrebbero aiutare a mantenere la dimensione della popolazione e la crescita economica, nonostante il calo della fertilità.

Il nuovo studio prevede enormi cambiamenti anche nella struttura dell’età globale, con una stima di 2,37 miliardi di over 65 nel mondo nel 2100, rispetto a 1,7 miliardi di under 20, mentre si prevede che il numero di persone di età superiore a 80 anni aumenterà di 6 volte (da 141 a 866 milioni).

 

[19 luglio] Iran

 

In Iran è stata introdotta la legge del taglione per le persone che nascondono di essere positive al coronavirus. Il termine “Qesas” significa vendetta e la pena inflitta si basa proprio sull’applicazione del concetto “occhio per occhio, dente per dente”.

La “Qesas” rientra all’interno della giustizia penale islamica, nella quale la sharia permette di attuare una ritorsione di pari livello, come punizione. La legge del taglione nei Paesi islamici può essere inflitta contro l’imputato dalla vittima o dai suoi eredi e può comportare delle lesioni o dei danni alla proprietà, ma anche la morte nel caso di omicidio.

Che povertà di cultura mostra questa religione! La legge del taglione la si ritrova nel codice di Hammurabi, che regnò dal 1792 al 1750 a.C., e nell’Antico Testamento degli ebrei. Come si può pensare di ripristinare oggi una norma pubblica, nata per impedire le faide private, che sul piano umano è una aberrazione? Persino Maometto era più favorevole a un risarcimento in denaro.

D’altra parte bisogna dire che la situazione in Arabia Saudita è anche più drammatica, non per il Covid ma per il diritto in generale. Qui infatti si vuole addirittura condannare alla paralisi un certo Ali-Khawahir, da dieci anni in carcere dopo aver pugnalato un amico, quando aveva 14 anni, rendendolo paraplegico. La giustizia del Regno saudita avrebbe deciso che il ragazzo accusato venga reso paralitico nel caso in cui non riesca a pagare un indennizzo di un milione di riyals (circa 250mila euro). La condanna per fortuna è riuscito a evitarla, pagando l’indennizzo.

In Arabia Saudita (Paese che dovrebbe essere espulso dall’ONU) vigono altre forme di punizioni corporali, tra cui fustigazione, amputazione ed estrazione di occhio o dente.

 

[20 luglio] UE, Paesi frugali

 

I cosiddetti “Paesi frugali” (Olanda, Austria, Svezia, Danimarca, Finlandia) sono apertamente ostili a sostenere i governi del sud Europa nella lotta alla crisi scatenata dalla pandemia.

Noi li abbiamo definiti “egoisti e sovranisti”, ma non è possibile dargli torto. Temono di gettare soldi in un pozzo senza fondo, quale è il nostro debito pubblico, peraltro afflitto da una bassa crescita economica negli ultimi decenni.

Prima dell’arrivo del Covid il rapporto tra occupati e popolazione residente in Italia si attestava al 38,6%, il più basso tra quasi tutte le economie occidentali. In Germania era del 54%. Il debito pubblico per occupato in Italia vale 3,49 volte il PIL pro-capite, mentre in Svezia si scende ad appena 0,59. Questo significa che un lavoratore italiano dovrebbe teoricamente privarsi di 3 anni e mezzo del proprio reddito per azzerare il debito pubblico, mentre a un collega svedese basterebbero 7 mesi. Ed ecco che rispetto a uno scandinavo avremmo 3 anni in più di sacrifici da compiere.

 

[23 luglio] Yanis Varoufakis

 

Yanis Varoufakis resta molto scettico sugli aiuti europei chiamati “recovery fund”, poiché secondo lui seppelliscono l’idea di “eurobond”, proposti dall’Italia, dalla Spagna, dalla Francia e gli altri Paesi più colpiti dal Covid. È vero che il pacchetto anti-crisi (750 miliardi di euro) contiene “un’idea di debito comune”, ma è solo “una tantum”. Non si esce dalla direzione sbagliata dell’austerity, dettata da Berlino. Quindi secondo lui verrà riattivato il “Patto di stabilità e crescita” e l’Italia verrà trattata come la Grecia.

Alternativa? I leader UE “avrebbero dovuto discutere dalla sospensione del Patto di stabilità e crescita a tempo indeterminato”.

L’economia italiana subirà un calo del PIL del 15%. L’anno prossimo Bruxelles sarà spinta da Berlino a fare pressione sul governo italiano per riequilibrare il bilancio. E anche se nel 2021 ci sarà il “recovery fund”, non sarà sufficiente per eliminare il deficit di bilancio. Magari potrà portarlo a -8%, ma non di più. Per riequilibrare il bilancio ci vorranno rigide regole di austerity.

Inoltre ha detto che gli Stati dovranno ripagare una parte del costo totale del “recovery fund”. La Commissione europea non ha soldi. I soldi che darà a Italia, Spagna, Grecia saranno presi in prestito su garanzia degli Stati. Più del 50% del prestito deve essere conteggiato nel debito italiano e deve essere restituito, seppure nel giro di molti anni.

Ho una gran stima di Varoufakis, ma ritengo anche che un’Italia con un debito così colossale non possa avere alcuna voce in capitolo in Europa. Tanto per fare degli esempi: la Germania ha un debito pubblico del 62% del PIL, la Francia del 98%, l’Olanda del 52%, l’Austria il 74%, la Svezia il 39%. Noi abbiamo superato la soglia del 100% nel 1992, col governo Andreotti-Amato, e da allora non siamo più tornati sotto. Siamo terzi al mondo, dietro Giappone e Grecia, ma considerando che il Giappone si gestisce il proprio debito al 95% tutto internamente, siamo in realtà secondi dietro la Grecia, il Paese di Varoufakis.

 

[24 luglio] Germania, islam. Inquinamento. Italia, infermieri. Sigarette

 

Il governo del Baden-Württemberg (uno dei 16 Stati Federati della Germania) ha deciso di vietare l’uso del burqa e anche del niqab agli studenti nelle scuole. Nello Stato Federato già da tempo vigeva il divieto per gli insegnanti di indossare questi indumenti, in cui sono praticamente visibili solo gli occhi e che sono utilizzati della donne islamiche di stretta osservanza ortodossa.

Tuttavia il divieto di indossare questi indumenti a scuola riguarderà unicamente le scuole primarie e secondarie che in Germania coinvolgono gli studenti non maggiorenni e compresi nella fascia d’età tra i sei e i sedici anni. Sono soprattutto le forze conservatrici a chiedere il divieto di indossare il “velo integrale” non solo a scuola ma in tutto il Paese.

Certamente non ha alcun senso vietare nelle scuole pubbliche qualunque abbigliamento che qualifichi l’appartenenza a una religione. Tuttavia il soggetto deve essere riconoscibile o identificabile.

 

Della serie “Altra scoperta dell’America”. Uno studio condotto in Olanda da un team di ricerca dell’IZA - Institute of Labor Economics ha scoperto che l’esposizione a lungo termine a sostanze inquinanti come il cosiddetto PM2.5, il biossido di azoto (NO₂) e il biossido di zolfo (SO₂) possono ridurre la funzione polmonare e causare malattie respiratorie. Questi agenti inquinanti hanno anche dimostrato di causare una risposta infiammatoria persistente anche nelle persone giovani e di aumentare il rischio di infezione da virus respiratori. Un aumento delle concentrazioni di polveri sottili di 1 µg/m3 era collegato a un aumento fino a 15 casi di Covid-19, 4 ricoveri ospedalieri e 3 decessi.

Anche nelle aree rurali l’allevamento intensivo di bestiame può essere un fattore cruciale che contribuisce alla maggiore diffusione del virus. Qui sono concentrati i più grandi allevamenti di suini e di polli del Paese, e si sa che la produzione zootecnica intensiva produce grandi quantità di CO2. I campioni di aria prelevati nel sud-est dell’Olanda mostrano infatti concentrazioni di particolato ai massimi livelli.

 

A causa del coronavirus la Germania (ma anche il Regno Unito) sta rubando gli infermieri all’Italia offrendo stipendi quasi raddoppiati. Gli infermieri italiani, pur non avendo nulla da invidiare in termini di competenza e professionalità agli altri colleghi europei, hanno stipendi al di sotto degli standard europei e lavorano in condizioni più precarie. I nostri connazionali sono invece molto apprezzati all’estero, tanto da ricevere proposte sempre più allettanti sia dal punto di vista economico che di crescita professionale.

Si parla di uno stipendio minimo di 1.600 euro lordi prima del riconoscimento del titolo di studio, con un impiego di 32 ore settimanali e la possibilità di accedere gratuitamente a un corso di lingua di 7 ore a settimana. Non è necessaria la conoscenza della lingua per potersi candidare. Una volta riconosciuto il titolo, la retribuzione varia da un minimo di 2.883 euro fino ad un massimo 3.599 lordi, a fronte di 38,5 ore settimanali, pari quindi a un salario orario che va da circa 75 a oltre 93 euro.

Noi li formiamo e all’estero li utilizzano. Poi quando sono in pensione ritornano, perché il “primo amore” non si scorda mai.

 

Dicono che le sigarette stiano per sparire dalla circolazione, cioè non verranno più vendute in molti Paesi entro i prossimi 10-15 anni. Motivo? 40 milioni di fumatori adulti, di cui la metà nei Paesi Ocse, passeranno ai dispositivi IQOS per il tabacco riscaldato entro il 2025, senza nicotina bruciata. Già adesso il nostro Paese ha il più alto numero di non fumatori che usano l’e-cig.

Il riscaldatore elettronico di tabacco appare meno rischioso delle sigarette normali, poiché riduce significativamente la produzione di sostanze chimiche dannose grazie al fatto che riscalda il tabacco senza bruciarlo.

Chissà quanti Paesi del Terzo Mondo che nel passato abbiamo obbligato a produrre tabacco da esportare falliranno? Certo non fallirà la Cina (primo produttore mondiale), né il Brasile o l’India o gli USA, e forse neppure l’Indonesia e l’Argentina (li sto citando in ordine di importanza). Ma che ne sarà dello Zimbabwe (il maggior produttore africano di tabacco) o del Malawi, uno dei Paesi più poveri al mondo, in cui il tabacco rappresenta uno dei settori che generano maggiori introiti?

 

[25 luglio] Grande distribuzione, frutta. Inquinamento. Italia, militarismo. Italia, conflitto d’interessi

 

Perché la frutta della grande distribuzione è insipida? Perché viene colta immatura dall’albero, altrimenti arriva invendibile al consumatore: infatti tra la raccolta e la distribuzione passano almeno una decina di giorni. La maturazione avviene in celle frigorifere, in cui basta una variazione di 0,5 gradi al di sotto della soglia critica, per provocare effetti nefasti. L’ortofrutta produce spontaneamente anche un gas chiamato etilene, che va poi eliminato con un depuratore catalitico, avente anche funzione battericida. Vi sono poi gli assorbitori di anidride carbonica, il principale strumento di gestione delle celle, nonché i generatori di azoto, che separano l’azoto dall’ossigeno. Si usano anche delle resine polimeriche applicate alla superficie interna delle celle, per garantire la tenuta ermetica e agevolare la conservazione in atmosfera controllata. E qui tralasciamo di parlare di tutti gli additivi chimici conservanti (antimicrobici, antiossidanti) e miglioranti (correttori di acidità, addensanti, emulsionanti e stabilizzanti, aromatizzanti e coloranti) che si utilizzano su molti cibi.

Insomma questo è sufficiente per capire che va mangiata solo frutta di stagione, a chilometro zero, possibilmente acquistata direttamente da un produttore fidato.

 

L’inquinamento da plastica è come un iceberg: degli 8 milioni di tonnellate che ogni anno finiscono in mare, solo una minima parte è visibile. Il resto è composto da microplastiche: frammenti minuscoli, che hanno invaso e contaminato tutto il Pianeta. Si generano dai rifiuti in decomposizione, ma si trovano anche nei detersivi, cosmetici, vernici e tanti altri prodotti dove sono legalmente usate. Poiché misurano meno di 5 millimetri, le microplastiche in gran parte sfuggono agli impianti di depurazione e, una volta finite nell’ambiente, sono impossibili da rimuovere e possono diventare cibo per pesci.

Uno studio americano ha scoperto che le microplastiche possono essere trasportate dalle gocce di pioggia e dall’aria. E con la pioggia o il vento la plastica si deposita persino sulle vette alpine e sulle calotte polari. Tant’è che è stata rinvenuta plastica persino in aree remote, inclusi i ghiacci dell’Antartico.

Solo in Europa più di 40 mila tonnellate di microplastiche che inquinano direttamente i mari, ogni anno, provengono da prodotti commerciali come cosmetici, detergenti, vernici, fertilizzanti ma anche dall’industria petrolchimica in forma di granuli.

Solo 70 anni fa la plastica non esisteva, ora è ovunque. Questo spiega il motivo per cui l’ecologia va considerata più importante dell’economia. E per tutelare la natura occorre l’autogestione delle risorse produttive locali. In questa maniera la responsabilità ricade direttamente sulla comunità territoriale.

 

Attualmente esistono 40 missioni militari italiane in Europa, Africa, Medio Oriente e Asia. Sono state prorogate le principali “missioni di pace” in corso da decenni sulla scia delle guerre USA/NATO (cui ha partecipato l’Italia) nei Balcani, in Afghanistan e in Libia, e di quella israeliana in Libano facente parte della stessa strategia.

A queste ne sono state aggiunte alcune nuove: l’Operazione militare dell’Unione Europea nel Mediterraneo, formalmente per “prevenire il traffico di armi in Libia”; la Missione dell’Unione Europea di “appoggio all’apparato di sicurezza in Iraq”; la Missione NATO di potenziamento del sostegno a Paesi situati sul Fianco Sud dell’Alleanza.

Viene accresciuto fortemente l’impegno militare italiano nell’Africa subsahariana. Forze speciali italiane partecipano alla Task Force Takuba, schierata in Mali sotto comando francese. Essa opera anche in Niger, Ciad e Burkina Faso, nell’ambito dell’operazione Barkhane, in cui sono impegnati 4.500 militari francesi, con blindati e bombardieri, ufficialmente solo contro le milizie jihadiste.

In Mali l’Italia partecipa anche alla Missione dell’Unione Europea Eutm, che fornisce addestramento militare e “consulenza” alle forze armate di questo e altri Paesi limitrofi.

In Niger l’Italia ha una propria missione bilaterale di supporto alle forze armate e, allo stesso tempo, partecipa alla missione dell’Unione Europea Eucap Sahel Niger, in un’area geografica che comprende anche Nigeria, Mali, Mauritania, Chad, Burkina Faso e Benin.

Il Parlamento italiano ha inoltre approvato, senza opposizione alcuna, l’impiego di “un dispositivo aeronavale nazionale per attività di presenza, sorveglianza e sicurezza nel Golfo di Guinea”. Scopo dichiarato è “tutelare in quest’area gli interessi strategici nazionali (leggi quelli dell’Eni), supportando il naviglio mercantile nazionale in transito”.

Non a caso le aree africane, in cui si concentrano le “missioni di pace”, sono le più ricche di materie prime strategiche – petrolio, gas naturale, uranio, coltan, oro, diamanti, manganese, fosfati e altre – sfruttate da multinazionali statunitensi ed europee. Il loro oligopolio è però ora messo a rischio dalla crescente presenza economica cinese. Non riuscendo a contrastarla solo con mezzi economici, e vedendo allo stesso tempo diminuire la propria influenza all’interno dei Paesi africani, gli Stati Uniti e le potenze europee ricorrono alla vecchia ma ancora efficace strategia coloniale: garantire i propri interessi economici con mezzi militari, compreso il sostegno a élite locali che basano il loro potere sulle forze armate. Il contrasto alle milizie jihadiste, motivazione ufficiale di operazioni come quella della Task Force Takuba, è la cortina fumogena dietro cui si nascondono i veri scopi strategici.

Naturalmente gli interventi militari espongono le popolazioni locali a ulteriori rischi e, rafforzando i meccanismi di sfruttamento, aggravano il loro impoverimento, con un conseguente aumento dei flussi migratori verso l’Europa.

Per mantenere migliaia di uomini e mezzi impegnati nelle missioni militari, l’Italia spende direttamente in un anno oltre un miliardo di euro, forniti (con denaro pubblico) non solo dal ministero della Difesa, ma anche da quelli dell’Interno, dell’Economia e Finanze, e dalla Presidenza del Consiglio. Tale somma è però solo la punta dell’iceberg della crescente spesa militare (oltre 25 miliardi l’anno), dovuta all’adeguamento delle intere forze armate a tale strategia.

 

Esiste una legge sul conflitto d’interessi in Italia? No, non esiste.

Da noi è del tutto normale trovare politici che fanno gli interessi dell’azienda di famiglia piuttosto che quelli dei loro elettori. O trovare funzionari pubblici che non lavorano per il bene della collettività, ma per il tornaconto di un amico o di un parente. È del tutto normale che un rappresentante delle istituzioni abbia un rapporto molto stretto o comunque qualche aderenza con un gruppo di potere, una lobby, una corporazione o persino con la criminalità organizzata.

Dietro un comportamento corruttivo c’è sempre un conflitto di interessi. La corruzione non significa forse anteporre gli interessi privati a quelli pubblici?

Ma non è facile identificare tutti i potenziali conflitti di interessi personali o dei congiunti (ad esempio, quote societarie, interessi finanziari, ruoli e incarichi professionali ricoperti). L’importante è che, una volta che un ente o un’istituzione ha stilato una lista precisa dei rischi, gli eletti, i nominati, i funzionari pubblici dichiarino pubblicamente gli interessi privati che potrebbero entrare in conflitto con la loro attività pubblica. Poi starà ai cittadini controllare, e ovviamente alle autorità preposte.

Ovviamente la pubblicazione (a tutti accessibile) degli interessi personali di chi ricopre cariche pubbliche non è di per sé sufficiente. Questo perché alcuni incarichi non possono proprio essere ricoperti da un imprenditore o un dirigente pubblico. Che senso avrebbe che diventasse ministro dei trasporti chi possiede quote di controllo di una compagnia ferroviaria o di navigazione? O che uno diventasse funzionario comunale addetto ai servizi sociali, quando la moglie dirige una importante cooperativa locale? Come minimo dovrebbe essere trasferito ad altro ufficio. Difficilmente un imprenditore edile potrebbe fare l’assessore all’urbanistica del Comune in cui la sua azienda opera, perché sarebbe evidente il rischio che possa favorire il suo business mentre prende decisioni pubbliche. Oppure potrebbe sfavorire concorrenti scomodi e distorcere le buone pratiche del mercato e degli appalti pubblici.

Dovrebbero essere anche introdotte delle misure per frenare il fenomeno delle porte girevoli (revolving doors) in politica, ovvero la pratica sempre più frequente e pericolosa della “ricollocazione” di ex politici in ruoli apicali all’interno delle partecipate, delle grandi aziende private che operano in settori strategici o addirittura nelle vesti di lobbisti. Questi passaggi avvengono spesso nei settori direttamente collegati all’attività o al ruolo ricoperto dal politico durante il suo precedente mandato con le aziende private pronte ad accoglierlo ben felici di poter accedere al suo prezioso “bottino” di contatti e informazioni riservate. È sotto gli occhi di tutti come questo potrebbe incentivare le aziende ad assumere ex ministri o parlamentari per ottenere un vantaggio rispetto ai propri concorrenti. Ma anche gli stessi politici potrebbero favorire, nel corso del mandato, determinate aziende o gruppi di pressione in cambio della promessa di una futura ricollocazione. Sarebbe meglio, in tal senso, far passare un periodo di “raffreddamento” (cooling off) di almeno due anni, prima di poter effettuare il “salto” dal settore pubblico a quello privato.

Infine la legge sul conflitto d’interessi dovrebbe prevedere sanzioni reali per chi dovesse fare dichiarazioni false, astenendosi dal rendere pubblici dati sui propri interessi privati (e di quelli dei congiunti), in potenziale contrasto con l’attività pubblica.

 

[26 luglio] Ghana. Rimozione simboli. Inquinamento

 

I discendenti degli schiavi africani che partivano con le navi dei negrieri europei (portoghesi, inglesi, francesi e olandesi) dalle coste dell’Africa Occidentale come forza lavoro per le colonie delle Americhe, a partire dalla fine del Quattrocento, ora sono invitati a rientrare in Ghana. Un po’ come avvenne coi coloni israeliani nel secondo dopoguerra dopo l’Olocausto.

Già adesso molti afroamericani vi tornano per visitare i loro luoghi di origine, ricordare e visitare i memoriali della tratta, patrimonio dell’umanità dell’Unesco.

Il governo ghanese vuol mettere a disposizione più di 200 ettari di terreni edificabili per ospitare circa 1500 famiglie. La garanzia è il superamento di ogni forma di razzismo, quindi qualcosa di più di quel che si può trovare negli Stati Uniti.

Il piano del governo offre ai turisti la possibilità di convertire il loro visto turistico in residenziale, con un percorso che accompagna le persone a espatriare, ottenere la cittadinanza, dei permessi speciali per i terreni dove costruire le loro case e alla fine diventare cittadini del Ghana.

Il Ghana (27 milioni di abitanti) è una delle nazioni con maggiore stabilità e crescita economica in Africa, un ottimo sistema di scuole e università, bassi tassi di corruzione, connessioni internet veloci e disponibili ovunque.

Il numero di turisti che lo scorso anno ha visitato il Ghana è salito del 45%: 237mila persone nei primi nove mesi del 2019, di cui la gran parte arriva dagli Stati Uniti.

ll flusso di ritorni nel Ghana è cominciato subito dopo l’indipendenza ottenuta dagli inglesi il 7 febbraio nel 1957. Il Ghana è stato il primo Paese africano a ottenere l’indipendenza. Il governo socialista di Kwame Nkrumah lanciò un programma di sviluppo dell’economia locale, riformando l’agricoltura, rilanciando l’industria estrattiva e creando una industria manifatturiera locale (è il secondo maggior produttore mondiale di cacao e uno dei maggiori per quanto riguarda l’oro, e sta per diventare tra i maggiori produttori di petrolio).

Nkrumah divenne un simbolo in Africa e nel mondo intero negli anni del decolonialismo. Martin Luther King, Malcolm X e Muhammad Ali, i leader delle rivendicazioni per i diritti civili dell’America di allora, tornarono in Ghana per visitare la nuova repubblica indipendente e riscoprire le loro origini africane. Da allora gli americani che hanno espatriato per tornare in Ghana si stima siano circa tremila.

Gli arrivi di stranieri sono visti di buon grado in un Paese dove il 30% della popolazione vive ancora con meno di 3 dollari al giorno (il PIL pro-capite nominale è basso, 1.300 dollari, perché il settore agricolo, condotto da piccoli proprietari terrieri, rappresenta il 37,3% del PIL e impiega il 56% della forza lavoro). Molti afroamericani pensano di trasferirsi là quando saranno in pensione, usufruendo della doppia cittadinanza.

 

Non vi sono solo quelli che chiedono la rimozione delle statue confederate negli Stati Uniti che ricordano personaggi in odore di razzismo, ma anche quelli, come l’attivista Shaun King, che chiedono di rimuovere i murales e le opere d’arte che rappresentano “Gesù bianco” con tratti europei.

Persino l’arcivescovo di Canterbury ha chiesto di riconsiderare il ritratto di Gesù come un uomo bianco.

Molto probabilmente, infatti, Gesù aveva gli occhi e la pelle castani di altri ebrei del I secolo, anche se dalla Sindone non si può certo capire il colore della pelle.

Furono comunque gli europei che, mentre colonizzavano terre sempre più distanti dalle loro, portarono con sé un Gesù europeo. I missionari gesuiti istituirono scuole di pittura che insegnarono ai cristiani a convertire l’arte cristiana in modo europeo. Anche la Madonna doveva essere bianca ed europea.

Nell’America Latina coloniale le immagini di un Gesù bianco rafforzavano un sistema di classe in cui gli europei cristiani bianchi occupavano il livello superiore, mentre quelli con la pelle più scura che si mescolavano con le popolazioni native, erano notevolmente inferiori.

 

La plastica riempirà gli oceani entro il 2040 con oltre 1,3 miliardi di tonnellate di rifiuti. L’allarme arriva da uno studio condotto dall’Università di Leeds, nel Regno Unito.

Abbiamo già centinaia di isole di plastica nei mari. Si stima anzi che, al di là del grado d’impegno ecologico dei governi, nei prossimi 20 anni almeno 29 milioni di tonnellate di plastica finiranno comunque nei mari.

L’aumento della plastica monouso, stimato del 40% per i prossimi 10 anni, ha fatto registrare una decisa accelerazione durante la pandemia di coronavirus.

Al momento la principale fonte d’inquinamento deriva dai rifiuti urbani prodotti dalle famiglie: infatti la maggior parte degli imballaggi in plastica, con cui si acquistano derrate alimentari e quant’altro, viene utilizzata solo una volta, per poi diventare rifiuto.

Una delle maggiori preoccupazioni è legata ai rifiuti bruciati all’aperto. La combustione, infatti, se limita lo scarico negli oceani, emette però gas serra che pesano sul riscaldamento globale e rilascia nell’aria sostanze tossiche e cancerogene come diossine, mercurio e gas stirene.

Cina, Indonesia, Filippine, Vietnam e Thailandia contribuiscono al rilascio della maggior parte dei rifiuti in plastica negli oceani.

 

[27 luglio] USA, multinazionali. Eutanasia. Cina. Italia, Ilva. Convenzione di Istanbul

 

In un rapporto stilato dall’ONG Oxfam viene evidenziato che le grandi imprese multinazionali hanno guadagnato molto dalla pandemia. Infatti 17 di loro (p.es. Microsoft, Johnson & Johnson, Pfizer, Facebook, Apple, Google e Visa), con sede negli Stati Uniti, nei primi mesi del 2020 hanno avuto extra-profitti per almeno 85 miliardi di dollari rispetto alle medie degli anni 2016-2019. I maggiori guadagni ovviamente saranno distribuiti agli azionisti e non serviranno per aumentare gli stipendi dei loro lavoratori.

Tassare temporaneamente queste imprese in relazione alla pandemia è impensabile. Nessun governo lo farebbe.

 

Mina Welby e Marco Cappato sono stati assolti dalla corte di assise di Massa, perché il fatto non sussiste, dall’accusa di aiuto al suicidio per la morte di Davide Trentini, il 53enne da 30 anni malato di sclerosi multipla, deceduto il 13 luglio 2017 in una clinica Svizzera, dove ricorse al suicidio assistito. Mina Welby e Marco Cappato, rispettivamente copresidente e tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, si presentarono presso la stazione dei carabinieri di Massa per autodenunciarsi.

Il pm Marco Mansi aveva chiesto una condanna a 3 anni e 4 mesi, ma aveva aggiunto: “con tutte le attenuanti generiche e ai minimi di legge. Il reato di aiuto al suicidio sussiste, ma credo ai loro nobili intenti. È stato compiuto un atto nell’interesse di Davide Trentini, a cui mancano i presupposti che lo rendano lecito. Colpevoli sì ma meritevoli di alcune attenuanti che in coscienza non mi sento di negare”.

Tutto perché, per colpa della destra, non abbiamo una legge per il verso.

 

Entro il 2024 il PIL cinese sarà superiore a quello americano. Poi ci saranno altri tre Paesi asiatici: India, Giappone e Indonesia. La Germania sarà superata dalla Russia. E il Brasile supererà Regno Unito e Francia. Lo dicono la Banca mondiale e il FMI. Già oggi due dei 25 miliardari più ricchi del mondo sono cinesi.

La crescita economica della Cina è stata brusca a partire dagli anni ’90 in poi. A livello demografico la politica del figlio unico della Cina, attuata nel 1979, è stata abbandonata a partire dal 2016.

 

Da quando, nel 2012, gli impianti dell’Ilva di Taranto (la più grande acciaieria d’Europa, cuore pulsante della siderurgia italiana) furono posti sotto sequestro per disastro ambientale, sono passati otto anni inutilmente. Piani di rilancio mancati, svolte ambientaliste e bonifiche mai viste, continui licenziamenti, infiniti morti di cancro. Il dilemma salute-lavoro non è mai stato risolto e non lo sarà mai in ambito capitalistico.

 

Il ministro polacco della Giustizia Zbigniew Ziobro ha detto di volersi dissociare dalla Convenzione di Istanbul, il testo più avanzato e il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e le ragazze e alla violenza domestica. La Convenzione, adottata dal Consiglio d’Europa nel 2011, sottoscritta dalla Polonia nel 2012 e poi ratificata nel 2015, stabilisce un quadro normativo completo per garantire il diritto di ogni donna a vivere libera dalla violenza.

Ziobro aveva già definito la Convenzione di Istanbul “un’invenzione femminista volta a giustificare l’ideologia gay”. Ha citato il concetto di “genere” dicendo che nega la differenza di sesso tra uomini e donne, e ha detto che la Convenzione viola “i diritti dei genitori”, chiedendo alle scuole di insegnare ai bambini che il sesso è una scelta. Ziobro ha fatto dunque riferimento alla cosiddetta “ideologia gender”, oggetto di critiche da parte del papa, delle associazioni cattoliche e dei movimenti conservatori e di estrema destra di tutto il mondo, che viene presentata come una tesi che nega la differenza biologica tra uomini e donne. Anche l’Ungheria sembra non intenzionata a non ratificarla.

Mi chiedo se sia la cultura cattolica a condizionare questi Paesi. Non può più essere infatti quella comunista. Non capiscono l’importanza di riconoscere alle donne la legittimità dei difensori dei diritti umani e la necessità di supportare pubblicamente il loro lavoro, proteggendole dalla discriminazione e dalla violenza di genere.

 

[28 luglio] USA, Siria. Svizzera, criminalità organizzata. Turchia, Santa Sofia

 

Gli Stati Uniti hanno iniziato i lavori per espandere una base illegale nella città di Al-Shadadi, zona petrolifera di Jibseh e provincia siriana di Hasaka (nord-est Siria), nonostante il rifiuto da parte dei siriani. Vogliono sfruttare il loro petrolio. Ecco perché erano interessati a cacciare Assad. Vi è anche un campo di addestramento militare su un’area di 35 chilometri quadrati e con una striscia di sicurezza di due chilometri per addestrare i mercenari di Washington.

Attualmente hanno schierato forze in 11 basi militari in Siria, cinque delle quali si trovano ad Hasaka, quattro a Deir Ezzor e due ad Raqqa, tutte in aree ricche di petrolio.

 

Sarebbero 20 le cellule mafiose attive nella Confederazione svizzera, cui fanno capo circa 400 persone. Il fenomeno tuttavia è molto più complesso e i legami tra affiliati sono più liquidi e meno definiti.

Peraltro nel gergo ‘ndranghetista non si parla mai di cellule, ma delle “locali”, ossia di gruppi (società) di almeno 49 affiliati. Se fossero 20 le locali presenti in Svizzera ci potrebbero quindi essere quasi 1.000 mafiosi. Le decisioni strategiche vengono prese in Italia.

 

Articolo molto interessante (qui riassunto) di Mariano Giustino su “Huffingtonpost”.

Esultano gli ultra-nazionalisti e i massimi esponenti dell’Islam politico turco per la riapertura al culto islamico di Santa Sofia, l’antica basilica greco-ortodossa (la più grande del mondo per quasi mille anni) diventata prima moschea con la Conquista di Costantinopoli nel 1453 e poi museo, nel 1934, con Atatürk, il quale voleva tranquillizzare l’Europa sul fatto che non sarebbero state cancellate le storiche impronte della cultura cristiana e bizantina nel Paese, al fine di facilitare l’accettazione della nascente repubblica di Turchia da parte dei Paesi occidentali.

Al termine del sermone, il presidente del Diaynet, Ali Erbaş, è salito sul sul pulpito, dove erano state innalzate due bandiere verdi, il colore dell’Islam, e ha impugnato la spada nella mano sinistra a rappresentare l’Islam come religione di pace. Secondo la tradizione islamica la spada, come simbolo di conquista nella mano destra, serve invece a spaventare il nemico. “Nell’Islam la conquista non è intesa come un’occupazione – sostiene Erbaş – ma è conquista dei cuori’’.

Da notare che la data della riapertura a moschea è simbolica: è l’anniversario del Trattato di Losanna (1923), che definì i confini della Turchia, ancora oggi contestati dalle componenti nazionaliste turche e da quelle islamiste. Erdoğan vede il Trattato di Losanna più come una limitazione del potenziale espansivo della Turchia che come un trionfo diplomatico che coronò la Guerra d’indipendenza guidata da Atatürk per la liberazione dell’Anatolia dalle potenze occidentali.

Dopo 18 anni di potere, il presidente turco è intenzionato a riscattare il risentimento conservatore/islamista che cova tra i partiti di estrema destra fin dalla morte di Atatürk, che considerano il suo processo di secolarizzazione come un tradimento storico dell’identità musulmana della nazione.

In questi ultimi 14 anni, Erdoğan ha fatto un uso strumentale della religione per rafforzare il suo potere, accentuando la sua retorica con richiami alle glorie del passato ottomano con l’evidente scopo di riportare nel gioco politico lo scontro con l’opposizione sul terreno della identità islamica da difendere, nel tentativo di relegare in un angolo della storia la fase kemalista della repubblica fondata da Atatürk.

Vuole inoltre provocare una reazione ostile da parte dei Paesi europei, come p.es. la Grecia, per spostare la questione sul piano della difesa della sovranità nazionale e fomentare i sentimenti nazionalisti molto diffusi e trasversali nella società turca per compattarla attorno alla sua persona nella veste di difensore del proprio Paese dalle ingerenze straniere.

I partiti di opposizione – oggi nel mirino di una forte repressione come non mai – sapevano che la conversione della basilica bizantina sarebbe stato un errore storico, ma hanno scelto di non dividersi e hanno dichiarato di non opporsi a tale decisione, preferendo concentrare le energie nella lotta per contrastare il fuoco di leggi liberticide che si sta per abbattere sui media indipendenti, sui social, sugli Ordini professionali e sugli stessi partiti. In ogni caso nessun leader dell’opposizione ha partecipato alla cerimonia religiosa del ritorno a moschea di Santa Sofia.

 

[30 luglio] NATO

 

La Casa Bianca sta per ritirare dalla nazione tedesca quasi 12.000 truppe in quello che hanno descritto come un riposizionamento strategico delle sue forze in Europa. Il presidente Trump ha affermato che la mossa è stata una risposta alla mancata realizzazione da parte della Germania degli obiettivi della NATO sulla spesa per la difesa.

Delle 11.900 truppe che abbandoneranno il suolo tedesco (oltre il 25% del totale statunitense), circa 6.400 torneranno in patria.

Le altre 5.400, invece, faranno parte di un nuovo piano di ricollocamento, nel quale è coinvolta anche l’Italia. Nel nostro territorio arriveranno due battaglioni dell’esercito e la squadriglia di caccia F-16, nello specifico alla base di Aviano, in Veneto. Un altro commando USA potrebbe essere dislocato a Napoli, dove si trova una base della Marina militare statunitense.

Altri Paesi interessati al ricollocamento saranno Polonia, Belgio, forse Spagna. Il Governo polacco esulta, visto che spera in una presenza militare importante, anche a scopo di difesa dalla Russia.

Trump si lamenta da tempo che i membri europei dell’alleanza atlantica non spendono abbastanza per la difesa e che devono smetterla di fare affidamento sugli Stati Uniti per sostenere i costi di mantenimento dell’alleanza.

Chissà perché da quando è stato smantellato il Patto di Varsavia a nessuno è mai venuto in mente di smantellare anche la NATO. Eppure quel Patto nacque come ritorsione alla nascita della NATO.

 

[3 agosto] UE, vantaggi. Strage di Bologna. Parigi, inquinamento

 

È vero che l’Italia versa al bilancio UE tra i 12 e i 15 miliardi di euro all’anno (a seconda degli anni), ricevendone indietro soltanto 9 o 10. Ma è anche vero che molti benefici spesso non sono quantificabili.

I Paesi UE versano alle casse dell’Unione una quota (pari a circa l’1% del PIL) per avere in cambio benefici o “beni pubblici europei”, come il poter aderire a un mercato unico di 450 milioni di persone, come le opportunità di muoversi senza ostacoli all’interno di questo spazio comune in qualità di turisti, lavoratori o studenti, come la possibilità di affrontare uniti sfide come il clima, l’intelligenza artificiale o il terrorismo, o come le direttive europee che permettono all’aria di essere più pulita, ai giocattoli e agli elettrodomestici di essere più sicuri, al nostro patrimonio culturale di essere più protetto, ecc. Si calcola un beneficio annuale per l’Italia di 80 miliardi di euro solo per la sua partecipazione al mercato unico!

Facciamo un esempio. Se un progetto di ricerca europeo coordinato in Svezia sviluppa un nuovo farmaco o una nuova fonte di energia, grazie al lavoro congiunto di scienziati di Paesi diversi, come si può calcolare il beneficio? Dal punto di vita contabile questi fondi vanno attribuiti alla Svezia, Paese in cui il progetto è coordinato, ma il beneficio andrà a tutti i cittadini europei (e non solo) che un giorno potranno beneficiare di quel farmaco o di quella invenzione. Che probabilmente non sarebbero stati scoperti se non ci fossero stati il partenariato e il finanziamento europei.

Secondo esempio: con fondi UE attribuiti a un Paese X, una ditta italiana si aggiudica un appalto per un nuovo aeroporto in quel Paese. Sotto il profilo contabile, questi fondi vanno al Paese X. Nella realtà il beneficio va anche all’impresa italiana e, soprattutto, a tutti i viaggiatori che utilizzeranno quell’aeroporto, che siano cittadini di quel Paese oppure no.

 

Giorgia Meloni ancora nega che la strage di Bologna fu fascista.

In quegli anni i fascisti, in nome dell’anticomunismo, erano enormemente collusi coi servizi segreti, la loggia massonica P2 e perfino con la criminalità organizzata. Tutti responsabili della stagione delle stragi, che prima hanno tentato di attribuire agli anarchici, poi – nel caso di piazza della Loggia a Brescia – tentarono perfino di dare la colpa alle Brigate Rosse (responsabili di altri efferati crimini ma non delle stragi di cittadini inermi). Per quella della stazione di Bologna da anni cercarono di dare corpo ai depistaggi fatti da ufficiali dei servizi segreti in combutta con Licio Gelli, che hanno sempre cercato di accreditare una pista palestinese. L’ex capo della P2 è stato in realtà considerato uno dei mandanti e finanziatori della strage di Bologna e uno che fece di tutto perché Moro fosse eliminato, così come chiedevano gli americani, dei quali la P2 rappresentava una sorta di longa manus.

La Meloni ha chiesto al premier Conte di desecretare gli atti relativi a quel tragico periodo storico. Bene, lo si faccia, ma con l’accortezza di passare al vaglio critico ogni singolo atto, poiché gli stessi servizi segreti hanno prodotto una enormità di falsi patentati.

Questo poi senza considerare che quando la destra era al governo al tempo di Berlusconi, non ha fatto assolutamente nulla in proposito.

A proposito: l’avvocato Sandro Clementi, difensore di Ilich Ramirez Sanchez, il terrorista filo-palestinese detto “Carlos lo Sciacallo” che sta scontando l’ergastolo in Francia, ha detto queste testuali parole: “Il mio assistito ha ripetuto più volte che i mandanti della strage di Bologna sono i servizi segreti, la CIA, il Mossad e anche Gladio. E che una parte delle istituzioni ne era a conoscenza”. Perché non lo interrogano?

 

Raffaello ha soltanto 10 anni ma ha già ripulito la Senna di 7 tonnellate di rifiuti. Verso la fine del 2019, dopo aver visto un video dello Youtuber Chrisdetek, si era procurato dei magneti, un gancio, una corda e dei guanti, chiedendoli come regalo di Natale. E ha iniziato a utilizzarli per recuperare i rifiuti dispersi nel fiume, che negli anni ’60 era considerato morto dal punto di vista biologico e ancora oggi resta molto inquinato.

Accompagnato dal padre, aggancia il magnete all’estremità di una corda con gancio, e lo getta in acqua: quando sentono che le cose si muovono, lanciano un artiglio, che è una specie di grande gancio che afferra una parte dell’oggetto e li aiuta a tirarlo su.

Il bambino ha recuperato persino una baionetta del 1874, un’urna funeraria e una motocicletta Yamaha. La maggior parte degli oggetti finisce nei centri di riciclaggio, fatta eccezione per quelli più interessanti, collezionati da padre e figlio nel loro piccolo museo personale.

 

[5 agosto] Svizzera. Turchia, femminicidi

 

La Svizzera è il primo paradiso fiscale al mondo. La pressione fiscale sulle società è crollata al 13,5% (secondo una media tra i vari Cantoni). A seguito della riforma fiscale approvata lo scorso anno, in Svizzera erano stati eliminati numerosi vantaggi fiscali concessi ai gruppi di multinazionali, ritenuti illegali secondo le regole OCSE e UE. Tuttavia, al fine di mantenere la propria attrattività internazionale, la riforma ha portato a una riduzione delle aliquote che tagliano il peso fiscale portando il Paese davanti a Hong Kong e Singapore.

 

In Turchia negli ultimi decenni i femminicidi sono in continuo aumento, ma per il governo di Erdoğan non è un problema. Solo nel 2019 sono stati 474. Nel periodo 2008-2017 i casi di femminicidio sono stati 2.025.

Nel 62% dei casi a uccidere la donna è stato l’ex marito, il marito o il fidanzato, nel 28% è stato un familiare, mentre nel 10% si è trattato di un uomo che non aveva legami parentali o affettivi con la vittima.

Ad evidenziare la gravità della situazione in Turchia è stato anche uno studio redatto dall’ONU nel 2009 secondo cui il 42% delle donne turche tra i 15 e i 60 anni ha subìto una qualche forma di violenza fisica o psicologica da parte del proprio partner.

Un altro dei problemi che il governo si rifiuta di affrontare correttamente è il matrimonio combinato con minori, che viola una legge statale che fissa a 18 anni l’età minima per contrarre matrimonio. Secondo un report pubblicato dallo stesso governo nel 2018, 482.908 bambine sono state costrette a sposarsi negli ultimi dieci anni, ma si sospetta che il numero reale dei casi sia molto più alto in mancanza di dati sulle unioni celebrate unicamente dalle autorità religiose e di cui raramente si ha notizia.

Alla base dei femminicidi e più in generale delle forti disparità esistenti nella società sulla base del genere vi è una cultura patriarcale e maschilista che la stessa classe politica continua a sostenere. Infatti tanto le forze dell’ordine quanto i giudici non rispondono adeguatamente alle richieste di aiuto delle donne e i casi di uomini che ricevono una pena ridotta perché simulano un comportamento rispettoso davanti alla Corte sono talmente numerosi che per loro è stato coniato un apposito termine: “la riduzione della cravatta”. Lo stesso trattamento molto spesso è riservato a coloro che affermano di aver agito in un momento di rabbia a causa di un comportamento tenuto dalla donna, addossando quindi colpa sulla controparte e cercando di presentare il proprio operato come un episodio isolato.

È ancora forte l’idea secondo cui le donne sono inferiori agli uomini, per cui si può giustificarne la repressione sia fisica che psicologica, oltre che la condanna al ruolo di madri e casalinghe. Lo stesso presidente Erdoğan in più occasioni ha affermato che le famiglie (ossia le donne) turche dovrebbero avere almeno tre figli, mentre altri politici hanno ripetutamente criticato chi non ha mai avuto bambini e definito le madri che lavorano anche durante la maternità delle “mezze persone”.

Nel gennaio del 2020 il governo del partito Libertà e Giustizia ha cercato nuovamente di far passare una legge per reintrodurre il cosiddetto “matrimonio riparatore”. La proposta prevede che chi è accusato di violenza sessuale contro un minore, può evitare il carcere, sposando la sua stessa vittima se quest’ultima ha meno di 18 anni e se la differenza di età tra i due non supera i 10 anni.

 

[6 agosto] Convenzione di Istanbul. Italia, laicità

 

Il governo di Erdoğan vuole ritirarsi dalla Convenzione di Istanbul, adottata per prevenire le violenze contro le donne e le violenze domestiche, col pretesto che le leggi europee sono una minaccia ai valori della famiglia. In ogni caso la Convenzione non è mai stata applicata a dovere in Turchia.

La Convenzione prevede:

Collocazione delle donne vittime di violenza e dei loro bambini in un luogo sicuro.

Protezione temporanea dei soggetti che rischiano la vita.

Allontanamento da casa di chi causa violenza e impedimento a questi soggetti di avvicinarsi ai luoghi frequentati dalle proprie vittime come case, scuole o luogo di lavoro.

Divieto per i molestatori di contattare le donne via telefono, mail e social media.

Occultamento dell’indirizzo della donna vittima di violenza.

Possibilità di cambiare posto di lavoro se richiesto dalla donna.

Il molestatore ha l’obbligo di consegnare alle forze dell’ordine le proprie armi da fuoco se ne possiede (e questo vale anche se il molestatore appartiene alle forze dell’ordine).

Sostegno finanziario temporaneo alle vittime di violenza.

Impossibilità di messa in vendita della casa delle vittima di violenza da parte del marito o compagno.

Affidamento temporaneo alla donna della prole.

Possibilità per la vittima di violenza di cambiare identità.

 

Il mondo cattolico (non quello democratico ma quello bigotto e clericale) è assolutamente contrario alla proposta di 27 senatori pentastellati d’introdurre nell’art. 1 della Costituzione la parola “laica” alla definizione “Repubblica democratica”. Questi cattolici integralisti sono convinti che in tale maniera si favorirebbe l’idea di un “ateismo di stato” (come nella Costituzione albanese del 1978), in quanto la religione non può diventare un fatto di coscienza, ma deve avere rilevanza pubblica, cioè politica. Non vogliono neppure che si tuteli il diritto all’ateismo. Per loro un autentico laico fu Benedetto Croce, quando disse “Perché non possiamo non dirci cristiani”.

 

[7 agosto] NATO. Italia, inquinamento

 

Secondo una ricerca dello scorso novembre di Hans Kristensen, autorevole componente della Federation of American Scientists, gli Stati Uniti hanno 150, forse 100, ordigni nucleari stoccati in Europa e l’Italia rimane il Paese europeo col più alto numero di bombe e l’unico con due basi nucleari: Aviano e Ghedi.

Kristensen ha stimato che ci siano 20 armi nucleari ad Aviano e 20 a Ghedi. Inoltre ha detto che esiste un accordo bilaterale segreto, ma noto da anni col nome in codice Stone Ax, che consente agli americani di stoccare le loro armi nucleari nel nostro Paese, e che nuove bombe arriveranno in Italia probabilmente tra il 2022 e il 2023.

A 75 anni da Hiroshima risultano circa 13.400 armi nucleari in tutto il mondo. Più che sufficienti per farci morire tutti.

 

Nel solo 2017 l’industria chimica in Italia ha scaricato in mare 4,18 tonnellate di arsenico; 5,96 tonnellate di cromo; 13 tonnellate di benzene e innumerevoli altri inquinanti, spesso autorizzati in deroga dal governo.

 

[8 agosto] Lombardia, sanità. Fusione Fca-Peugeot. Covid-19, matematica. Turchia, economia. dom Pedro Casaldáliga

 

In data 5 agosto, la Giunta Regionale Lombarda (con la delibera n. 3518) ha stabilito di farsi carico del 50% dei costi del rinnovo contrattuale della sanità privata con interventi relativi alle tariffe e ai budget nei limiti delle risorse disponibili.

Questo significa che, ad es., un ospedale come il San Donato che nel 2019 ha fatto un fatturato di 170 milioni di euro con un utile netto di quasi 34 milioni di euro, riceverà dei fondi extra per pagare i propri dipendenti. In cambio di questa arbitraria elargizione (in quanto si trasferiscono risorse al privato togliendole al pubblico), la Regione non impone neppure a questi imprenditori (il San Donato è guidato da Angelino Alfano) di applicare il Ccnl della sanità pubblica. Perché non impone di assumere i medici anziché tenerli a partita Iva? Il San Donato ha solo un medico assunto. Perché impegnarsi ad aumenti di tariffa e di budget nei confronti di chi fa già enormi utili per pagare i dipendenti? Non possono usare i margini che hanno per pagare i dipendenti e diminuire gli utili?

 

La fusione Fca-Peugeot (Psa Groupe), che prenderà il nome Stellantis, sarà a vantaggio dei francesi non degli italiani. L’amministratore delegato sarà espressione di Parigi. A Torino, invece, toccherà una poco più che simbolica presidenza.

Sono circa 6,6 – tra dividendo ordinario e cedola extra – i miliardi che finiranno nelle tasche degli azionisti: 1,9 alla Exor, la finanziaria della famiglia Agnelli (29% di Fca) e, a cascata, circa 1 miliardo alla Giovanni Agnelli & Co (53% di Exor). Se parliamo solo dell’extracedola le cifre si riducono, anche se di poco: 1,45 alla Exor e all’incirca 770 milioni alla Giovanni Agnelli. È questa l’entità con cui gli Agnelli e rampolli si congedano dal business dell’auto.

Si prevedono ovviamente chiusure di stabilimenti e rinuncia a piani di investimento per l’Italia. E questo nonostante che il settore automobilistico valga ancora – tra Fca, altri marchi e indotto – il 6,2% del PIL con 93 miliardi di fatturato e 250mila addetti (circa il 7% dell’intero settore manifatturiero).

La fusione Fca-Peugeot garantirà dai 3 ai 4 miliardi di risparmi. Per chi? La Peugeot (di cui il governo francese detiene il 12,2%) è in grado di camminare sulle proprie gambe facendo registrare numeri di ottimo livello. Impossibile pensare che si possa tagliare negli USA, dove la politica industriale ha un’importanza superiore alla nostra. Neppure la Germania, dove Peugeot controlla Opel, verrà toccata: l’accordo con governo e sindacati impedisce licenziamenti fino al 2023.

Resta quindi soltanto l’Italia, con una Fca già sottoposta a una cura da cavallo ai tempi di Marchionne. Con qualche scusa, magari di tipo ambientalistico, finiranno sul lastrico migliaia di operai. Solo attorno a Torino parliamo di un migliaio di imprese di indotto per oltre 50mila dipendenti, che collaborano in un’amplissima rete di fornitura e subfornitura. È l’ennesimo capitolo di una deindustrializzazione in atto. Il problema è che non si vedono alternative all’orizzonte.

E non illudiamoci che il prestito concesso di 6,3 miliardi di euro da parte di Intesa Sanpaolo, garantito dallo Stato all’80% se Fca non sarà in grado di restituirlo, salverà la patria. Il sostegno alle oltre 10.000 piccole e medie imprese che costituiscono il settore automotive in Italia durerà al massimo tre anni.

 

I modelli statistico-matematici sono stati incapaci di predire la diffusione del coronavirus e l’incidenza della malattia COVID-19, perché le variabili che governano questi fenomeni sono troppo complesse. I matematici e i fisici da sempre vorrebbero descrivere i sistemi biologici coi metodi matematici con cui descrivono i sistemi fisici. Ma questo non funziona. Fatevene una ragione e smettetela di metterci nel panico. Secondo un modello matematico utilizzato dal Comitato tecnico-scientifico e dall’Istituto Superiore di Sanità si rischiava di avere 150.000 persone ricoverate in terapia intensiva a Giugno. Niente di più falso.

Di fatto il più semplice sistema biologico, quello di un virus e la sua diffusione, è regolato da un tal numero di variabili complesse, in gran parte non conosciute e descritte, che rendono impossibile la loro inclusione in un modello che necessariamente deve ridurre le variabili basandosi su assunzioni e semplificazioni che ne inficiano la capacità predittiva. Se questo è vero per qualunque virus, ancor più lo è per il coronavirus sars-cov-2, che ha comportamenti altamente variabili a seconda della genetica della persona che infetta e delle condizioni ambientali. Oltre ad essere un virus nuovo la cui biologia è poco conosciuta.

 

La Turchia è al collasso economico e finanziario. Ci vogliono 7,4% lire turche per un dollaro e 8,7 per un Euro. Una perdita di oltre il 45% in poco più di due anni! La lira turca ha perso il 18,7% contro l’euro da inizio 2020.

Erdoğan è visceralmente contrario all’aumento dei tassi di interesse, perché teme che ciò causi inflazione e che la gente comune faccia fatica a pagare debiti e mutui. A tale scopo impedisce alla Banca Centrale qualunque autonomia. Né vuole perdere il consenso della grande imprenditoria, fortemente indebitata con l’estero, che è stata sempre molto legata al partito di governo, dal quale ha tratto grande nutrimento in questi 18 anni di potere.

In realtà l’inflazione su base annua sta salendo lo stesso: è intorno al 12%. Se i tassi d’interesse restano al 8,25%, cioè del tutto negativi per i depositi in lire, si avrà non solo il calo repentino della valuta locale, ma anche l’esodo degli investitori stranieri, i quali hanno già ritirato la cifra record di 7 miliardi di dollari dal mercato obbligazionario della lira turca e 4,3 miliardi di dollari in azioni nei primi sei mesi di quest’anno per l’elevato rischio che comporta l’investimento in attività turche.

La Banca Centrale ha dovuto bruciare decine di miliardi di dollari, esaurendo le riserve, per mantenere la lira al di sotto del limite critico di 7 punti rispetto al dollaro, ha inoltre perso il suo surplus delle partite correnti e non sa come affrontare le spese relative alla pandemia in corso (che ha quasi distrutto il settore turistico). Finirà con lo smettere di stampare denaro e chiuderà il rubinetto sui crediti a basso costo.

A chi si rivolgerà il governo per avere prestiti esteri? Al Qatar o alla Cina, come ha già fatto in precedenza? Di sicuro non al FMI, poiché non ama dover sottostare a forti restrizioni e controlli per onorare il debito. E anche con gli USA i rapporti sono pessimi: le sue alleanze al di fuori della sfera NATO, le tensioni geopolitiche in Libia, Mediterraneo, Siria, Iraq e nel Caucaso stanno minando la fiducia della Casa Bianca necessaria per poter beneficiare di prestiti finanziari. Solo che rifarsi sulle imprese nazionali è impossibile: Erdoğan ha già detto che non vuole aumentare le tasse, anche se non le vuole neppure dilazionare.

Da tutto ciò comunque si capisce perché Erdoğan voglia ricostruire l’impero ottomano, assumendo atteggiamenti molto autoritari. La svolta si è verificata quando ha accusato il predicatore islamico Gülen di aver orchestrato il tentato golpe del 15 luglio 2016 (che, come tutti sanno, fu orchestrato dallo stesso Erdoğan, su cui però abbiamo taciuto perché la Turchia stava ospitando 3,6 milioni di profughi in fuga dalla guerra civile siriana. Lui ci disse che li avrebbe spediti in Europa se non l’avessimo aiutato finanziariamente. E noi lo facemmo).

È da questa angolazione che vanno viste le decisioni di tipo nazionalistico e islamistico prese da Erdoğan per recuperare il consenso perduto: dalla riconversione a moschea dell’ex basilica bizantina di Santa Sofia alle sue reiterate minacce di effettuare prospezioni dei fondali marini al largo dell’isola greca di Kastelorizo per la ricerca di petrolio e gas, dalla guerra anti-kurda fino al varo della legge che imbavaglia i social.

Il suo partito (AKP) ha già subito due scissioni con la fuoriuscita di leader fondatori e vive ora una faida interna tra varie correnti. Senza l’alleato di estrema destra (Partito del movimento nazionalista) il governo non avrebbe la maggioranza in Parlamento.

 

È morto dom Pedro Casaldáliga, vescovo emerito di São Félix de Araguaia, profeta dell’Amazzonia dal 1968 e appassionato difensore dei diritti dei suoi popoli. Aveva 92 anni. Era stato un seguace della Teologia della Liberazione. Si è spento proprio alla vigilia della giornata che l’ONU dedica ai popoli nativi. Catalano di nascita, Casaldáliga è stato missionario per 52 anni in Brasile, dove ha incarnato con coraggio l’opzione preferenziale per gli ultimi, a partire dagli indios, vittime di abusi ed emarginazione. Durante la dittatura militare in Brasile, fu minacciato di morte diverse volte da parte dei latifondisti e dei loro alleati: clamorosa la sera dell’11 ottobre 1976, in cui fu ucciso padre João Bosco Burnier. Fu minacciato di espulsione dal Brasile. In sua difesa si schierò l’allora arcivescovo di San Paolo, Paulo Evaristo Arns. Le ultime minacce di morte le subì nel 2012, costringendolo a trascorrere mesi nascosto. Le intimidazioni non sono mai riuscite a turbarlo. Del resto, il suo motto è sempre stato: Nada possuir, nada carregar, nada pedir, nada calar e, sobretudo, nada matar, cioè Non possedere niente, non chiedere niente, non tacere niente e, soprattutto, non uccidere niente. Un vescovo così in tutto l’occidente dov’è?

 

[9 agosto] Bonus INPS

 

Cinque deputati hanno richiesto il bonus INPS da 600 euro destinato a lavoratori autonomi e partite Iva. L’INPS i nomi li sa, li faccia! Vogliamo vedere di che partito sono e se i leader di questi partiti li cacciano. Nella vicenda sarebbero coinvolti addirittura duemila persone tra assessori regionali, consiglieri regionali e comunali, governatori e sindaci.

 

Anche Ubaldo Bocci, coordinatore del centrodestra a Firenze, ha chiesto e percepito il bonus per i professionisti in difficoltà a causa dell’emergenza Covid. Ha spiegato di non aver problemi di finanze ma di averlo fatto “per dimostrare che il governo stava sbagliando non dando soldi ad hoc per disabili e tossicodipendenti” e di aver “dato tutto in beneficenza”. Ha poi aggiunto, mentendo: “Il commercialista mi disse che avrei potuto averli anch’io, visto che si trattava di denari a pioggia, dati in maniera sbagliatissima, senza distinguere reddito e posizione di ciascuno”. “Ho i bonifici che testimoniano che li ho dati in beneficenza”.

Ma io mi chiedo: perché fare beneficenza con soldi pubblici invece che con quelli privati?

 

[11 agosto] Scuole private. Andreotti, diari

 

La destra vuol far cadere il governo perché si è rifiutato di distribuire gli studenti delle scuole statali nelle scuole private.

Feltri ha scritto che senza gli edifici e la didattica specialmente dei preti non avremo le classi a sufficienza per dare ospitalità a tutti gli alunni.

Un giornalista che dice una cosa del genere è sufficiente che si limiti a chiedere scusa all’Azzolina per come l’ha trattata?

 

I figli di Andreotti hanno pubblicato i diari del padre che vanno dal 1979 al 1983.

Quelli del 78 no? Quelli in cui spiega perché lui e Cossiga han voluto far morire Moro, no?

Ha poi detto il figlio: “Mio padre aveva vera stima soprattutto verso personaggi come Paolo VI”.

Infatti fu proprio Andreotti a scongiurare Montini a dire che le BR dovevano liberare Moro “senza condizioni”. Un’affermazione che per le BR equivaleva a una condanna a morte. Queste cose le dice Andreotti nel suo stesso libro: “A ogni morte di papa”, edito dalla Rizzoli nel 1980.

I figli dovrebbero rendere pubblici tutti gli archivi del loro padre, e non limitarsi a consegnare quelli purgati alla Fondazione Sturzo.

 

[30 agosto] Destra italiana

 

A Sutri, comune del Viterbese, verrà multato chi indossa la mascherina senza necessità: lo prevede un’ordinanza di Vittorio Sgarbi, che della cittadina della Tuscia è il sindaco. “Solo ladri e terroristi si mascherano il volto”, afferma, in una nota. Siamo alla follia.

 

L’ultimo sondaggio del “Corriere della Sera” su 930 persone che parlano a nome di 5 milioni di campani, riguardo alle regionali in Campania, dà la Lega in caduta libera al 3,3% (rispetto al 19,2% ottenuto alle Europee del 2019), ma la Lega annuncia querela da mezzo milione di euro. Cioè Salvini denuncia l’Ipsos di Pagnoncelli solo per le sue previsioni sfavorevoli. Prove di regime?

 

Con l’attuale “Rosatellum bis” non basta avere circa il 40% dei voti per ottenere la maggioranza in Parlamento ma occorre vincere anche nel 70% dei collegi uninominali (infatti il proporzionale si riferisce solo al 61% dei voti ottenuti da coalizioni che hanno superato la soglia del 3%): la conquista del Sud è per Salvini la conditio sine qua non. Possibile che la Lega venga premiata dai razzisti del nord e dagli ingenui del sud?

 

“Il Movimento 5Stelle si sta rivelando erede della peggiore sinistra del ’900”. L’ha detto Berlusconi. Cioè lui ha riconosciuto che i 5Stelle sono di sinistra e, siccome aggiunge che sono l’erede peggiore, e tu sai che lui mente sempre, cosa ne deduci?

 

[2 settembre] Stipendio di un notaio. Charlie Hebdo. Luca Cavazza

 

Stando ai dati raccolti dal portale JoobyDoo, un notaio guadagna in media 265 mila euro lordi all’anno circa, ovvero all’incirca 10.790 euro netti al mese, un importo superiore del 596% rispetto alle retribuzione media in Italia. Lo stipendio minimo di un notaio si aggira comunque attorno ai 60.000 euro lordi annui, mentre lo stipendio massimo può arrivare (e anche superare) a 600 mila euro lordi annui, in particolar modo superati i 20 anni di esperienza.

 

Il 2 settembre si aprirà il processo per la strage jihadista del 2015 che causò 12 morti alla redazione della rivista satirica “Charlie Hebdo”, che aveva pubblicato vignette caricaturali su Maometto.

Ha detto il presidente Macron: “Penso che il Presidente della Repubblica in Francia non debba mai qualificare le scelte editoriali di un giornalista, di una redazione, mai. Perché c’è una libertà di stampa a cui si è giustamente così legati, in maniera profonda. In Francia la libertà di blasfemia è collegata alla libertà di coscienza”.

“Non chineremo mai la testa”, ha spiegato il direttore di “Charlie Hebdo”, Riss, nel numero in edicola, ove sono state ripubblicate le vignette su Maometto.

Sapete cosa vi dico, a voi che pensate d’essere i campioni della libertà d’espressione? Che ha ragione il Ministero degli esteri pakistano: “Un simile atto deliberato che mira a urtare i sentimenti di miliardi di musulmani non può essere giustificato come esercizio della liberà di stampa. È una minaccia alle aspirazioni mondiali di coesistenza pacifica”.

 

Festini con coca e baby prostitute a Bologna, sei indagati. Tra le persone coinvolte un avvocato e un agente immobiliare, aspirante politico, molto noto negli ambiti ultras della Virtus pallacanestro: Luca Cavazza, 27 anni, candidato per la Lega con Lucia Borgonzoni alle ultime elezioni regionali, è ai domiciliari per induzione e sfruttamento della prostituzione minorile, atti sessuali con minore, cessione di cocaina aggravata dalla minore età della vittima. Tutto è partito dalla denuncia di una madre che aveva intercettato dei video nel cellulare della figlia di 17 anni.

Cavazza nel 2016, a 23 anni, fu il più giovane in corsa per Forza Italia alle elezioni comunali per eleggere il nuovo sindaco di Bologna. Fece rumore, all’epoca, la sua visita sulla tomba di Mussolini e il post su Facebook: “Tutto quello che fu fatto non potrà essere cancellato. A noi!”.

Era tra quelli che ripeteva che “Bibbiano è insabbiata dalla sinistra, giù le mani dai bambini”. Non lesinava sforzi quando doveva ripetere che l’unica famiglia è quella “composta da mamma e papà”. Voleva “liberare l’Emilia-Romagna dalla sinistra dopo 70 anni”.

È chiaro il concetto di “fascioleghismo”?

 

[3 settembre] TG2

 

C’è una speaker del Tg2 che ha un gran catenone con un gran crocifisso. Io capisco che una fanatica della fede abbia bisogno di esibirsi ovunque si trovi, senza distinguere pubblico e privato. Ma questa rete non aveva radici socialiste?

Ma cosa dici? Il direttore Gennaro Sangiuliano è stato vicedirettore del quotidiano Libero, sotto Feltri, e del TG1 dal 2009 al 2018. Più a destra di lui non c’è nessuno. Dal 1983 al 1987 è stato persino consigliere circoscrizionale del Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale nel quartiere Soccavo di Napoli. E dal 1996 al 2001 è stato direttore del quotidiano Roma di Napoli (vicino a Giuseppe Tatarella).

Sì ma Andrea Barbato, che ha fondato questo Tg, le sa queste cose?

 

[7 settembre] Linkiesta

 

“Linkiesta” è un giornale di destra, cui collaborano persone di destra e persino la Fornero. Il direttore è un ex radicale che ha lavorato nel “Foglio” di Ferrara, nel “Sole24ore” e in “Vanity Fair”. Odia a morte i 5Stelle, per partito preso. Chiede continuamente al PD di staccarsi da loro.

 

[8 settembre] Willy Monteiro Duarte

 

Willy Monteiro Duarte, 21 anni, nato a Roma, da due genitori di Capo Verde, è stato ucciso da un branco di balordi a suon di calci e pugni, per aver difeso un suo amico oggetto di bullismo.

Colleferro, un amico di Willy, ha detto dei criminali: “Li conoscevano tutti. Sono stati autori di altri pestaggi”. Palestrati, picchiatori, pugili...

E si parla di omicidio preterintenzionale? Per me dovrebbero dare una medaglia al valor civile di quel ragazzo.

 

[10 settembre] Lega, Salvini

 

Una ragazza del Congo strappa il rosario dal collo di Salvini a Pontassieve.

Sicuro che fosse lei in stato di alterazione?

E quando gli ha detto: “Io ti maledico!”, sicuro che non esprimesse una chiara volontà popolare?

E quando lui ha risposto: “Provo pena per lei, avanti col sorriso”, sicuro che la sua pena sia condivisa? Davvero dobbiamo andare avanti col “sorriso”, ascoltando lui?

 

[11 settembre] Alessandro Maiorano

 

La bozza del nuovo libro appena pubblicato, L’usciere ‘maledetto’ di Palazzo Vecchio, edizioni Albratos, di Alessandro Maiorano, il principale accusatore di Matteo Renzi, che da anni ha aperto una guerra personale contro l’ex premier toscano, è stata sequestrata prima della pubblicazione.

Ottimo per un lancio pubblicitario di sicuro successo.

 

[13 settembre] Campania, ecologia

 

In Campania è nata una nuova lista civica per le Regionali: “Terra”, l’ennesima lista ecologista. Come se l’ecologia dovesse essere tutelata da un gruppo specifico e non dai partiti istituzionali. Han detto di essere una coalizione di tanti attivisti che da anni si spendono contro inquinamento ed eco mafie, in difesa del suolo, dell’acqua pubblica, dei beni comuni, dell’aria, dei diritti violati dei cittadini del Sud.

Han detto che la terra non è un regalo scontato, ma la posta in gioco di una guerra contro chi l’avvelena in nome del profitto.

Son parole impegnative. Lasciano pensare che l’ecologia sia molto più importante dell’economia. Bisognerebbe essere disposti a morire per difendere la propria madre.

 

[15 settembre] Berlusconi

 

Berlusconi ha detto, a proposito del Covid che si è beccato: “Ho superato la prova più difficile della mia vita”.

No, la devi ancora superare: è quella di non mentire e di diventare onesto.

 

[7 agosto-21 settembre] Referendum taglio parlamentari

 

Sul referendum costituzionale confermativo (senza quorum) del 20-21 settembre, relativo al taglio dei parlamentari, il cui esito fu il seguente: Sì 69,96% e No 30,04%, riunisco tutti i post in un unica sequenza di date. Punto di riferimento privilegiato furono gli interventi di Marco Travaglio. I commenti sono stati una enormità. Si farebbe un libro solo con quelli. Non li ho riportati perché la vittoria del Sì è stata più che netta. I post sono in ordine cronologico. Ricordo che la legge sottoposta a referendum era stata votata alla Camera dei deputati con una maggioranza schiacciante: 553 voti a favore, 14 contrari e due astenuti.

 

Il taglio dei parlamentari è il taglio della nostra democrazia, ha detto il deputato di Forza Italia Simone Baldelli. Che scemenza! Rispetto ad altri Paesi con molti più abitanti abbiamo un numero enorme di parlamentari.

 

Rinunciare a 345 parlamentari risparmiando 100 milioni di euro l’anno non è poco. Meno male che non c’è quorum. Grazie all’assurdo quorum quanti giusti referendum sono falliti? Uno deve assumersi le proprie responsabilità, anche per evitare che i contrari abbiano sempre due possibilità, come nei referendum precedenti, di cui una è quella di non andare a votare.

 

Gli USA hanno più di 330milioni di cittadini e 435 deputati più 100 senatori. Noi abbiamo 60 milioni di abitanti e 630 deputati più 315 senatori più altri 5 a vita. Se facciamo la proporzione, noi in tutto dovremmo avere circa 100 parlamentari. Perché ne abbiamo 10 volte di più? Inoltre perché il Senato deve fare le stesse cose della Camera? I no sostengono che più riduciamo i parlamentari più ci avviciniamo alla dittatura. Ma quando le dittature si formano, il numero dei parlamentari non c’entra niente. Semmai potremmo dire che l’unica vera alternativa alla democrazia delegata è quella diretta.

 

Ci stiamo scannando come poveri esseri per un sì o un no al prossimo referendum quando sappiamo benissimo che comunque vada non cambierà nulla. In realtà dovremmo dire basta alla democrazia meramente delegata, quella che garantisce l’immunità parlamentare anche di fronte ai propri elettori, quella che non prevede il vincolo di mandato, quella che assicura stipendi e privilegi favolosi. Questo sistema politico non funziona da quando è nato e noi siamo ancora qui a discuterne. L’unica alternativa è la democrazia diretta. Sugli esempi storici di questa democrazia dovremmo confrontarci. In particolare andrebbe studiata bene la stranezza secondo cui l’unico Paese del mondo contemporaneo, la Russia, che ha conosciuto, seppur per un breve periodo, l’esperienza della democrazia diretta coi soviet, è stato anche quello che con lo stalinismo li ha traditi nella maniera più vergognosa possibile. Il parlamento doveva essere supportato dai soviet, altrimenti sarebbe stato una riedizione della duma. Su questo Lenin era chiarissimo. La dittatura del proletariato fu la conseguenza della guerra civile. Fu poi Stalin a trasformarla in dittatura “sul” proletariato da parte di una cricca di burocrati senza scrupoli.

Purtroppo però l’assenso alla democrazia rappresentativa esclusivamente nazionale l’ha dato anche tutta la sinistra riformista europea, che della democrazia diretta non ha mai capito nulla. Se esistesse uno Stato federale, con un’autonomia impositiva a livello regionale e comunale, chi sentirebbe ancora la necessità di credere in una rappresentanza nazionale per risolvere i problemi materiali? Ci si limiterebbe a chiedere cose trasversali alle Regioni, che ognuna per conto proprio non potrebbe risolvere. Si realizzerebbero partnership interregionali. È in fondo un’idea molto semplice, che però alla sinistra radicale non entra in testa: continua ad aggrapparsi allo Stato come se fosse una divinità. Perché non leggono la critica di Marx alla filosofia del diritto pubblico di Hegel? Con questo non nego la necessità di una rappresentanza nazionale: questa però dovrebbe essere limitata nel tempo, su un obiettivo specifico e con poteri ridotti al minimo. A meno che non si sia in guerra, quando il coordinamento centralizzato garantire la migliore autodifesa.

 

Chi vota no al referendum dà l’impressione di farlo non per favorire la democrazia ma per far cadere questo governo. Questo però aprirà le porte ai fascioleghisti. Il sì serve soltanto per diminuire i componenti della casta. La democrazia reale non è certo quella delegata a livello nazionale ma è solo quella diretta e locale, dove ci si controlla a vicenda.

 

Molti si lamentano che la parola “casta” non può essere applicata ai parlamentari di un sistema democratico. In effetti la parola “casta” l’hanno inventata i giornalisti del “Corriere della sera”, Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, che scrissero nel 2007 un libro-inchiesta, che aveva per sottotitolo Così i politici italiani sono diventati intoccabili. Da allora la situazione è leggermente migliorata grazie ai 5Stelle, che han voluto ridurre i privilegi dei parlamentari, proponendo un limite massimo di mandati, mettendo in discussione il principio dell’immunità parlamentare e quello dell’assenza di un vincolo di mandato. Gli unici a pretendere che i candidati non avessero la fedina penale sporca o delle pendenze giuridiche non ancora risolte. In Parlamento sono ben presenti, s’impegnano, non fanno i “pianisti”, votando anche per il collega assente, seduto a fianco. Vivono il mandato in maniera esclusiva, senza avere stipendi che si accumulano da più fonti. Inoltre una parte del loro stipendio finisce al microcredito e ad altre situazioni di bisogno. Cosa che nessun partito ha mai fatto. Al massimo una parte finiva nelle casse dei partiti, poi quando la politica è diventata molto cara ci si affidava alle offerte private, denunciate da Mani pulite e proseguite nonostante Mani pulite.

Ma tutto ciò non è che una goccia nel mare della corruzione. Il sistema è sempre più marcio e i 5Stelle s’illudono di migliorarlo dall’interno. Quando parlano di democrazia diretta, seppur gli unici a farlo, dovrebbero essere molto più radicali, ma da quando sono entrati in Parlamento han smesso di farlo. Ecco perché bisogna far pesare molto di più le esigenze del Paese reale.

Cerchiamo poi di essere seri. Per poter pagare molto meno i parlamentari ci vorrebbe almeno una democrazia diretta a livello locale, dove i costi dell’esercizio della politica sarebbero minimi, in quanto sostenuti dalla cittadinanza locale, che controllerebbe i propri eletti. Infatti a livello nazionale, anche se prendessero la metà di quello che prendono adesso, gli eletti troverebbero comunque il modo di fare affari, proprio perché sanno di non poter essere controllati.

 

Nel 2019 i radicali si misero a cercare le firme tra gli italiani per indire il referendum contro la legge di riduzione dei parlamentari. Ne occorrevano 500mila. Quante ne ottennero? 669! Questo referendum è stato voluto da 71 senatori, di destra e di sinistra, di cui 42 di Forza Italia e UDC. Forza Italia è quel partito abituato a sperperare soldi pubblici e a finanziare realtà private, il cui leader era totalmente privo di etica, si faceva le leggi a proprio uso e consumo e a momenti mandava in bancarotta l’intero Paese.

 

Il taglio del numero dei parlamentari ha incontrato il voto favorevole di M5Stelle, Partito Democratico, Liberi e Uguali e Italia Viva, mentre a destra i favorevoli sono Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia. Che senso aveva fare un referendum del genere? Solo perché l’han chiesto 71 senatori? Quanti soldi buttati! Una volta i senatori erano scelti dalla monarchia per tutelare se stessa e i nobili. Oggi che senso ha il senato in uno Stato democratico-repubblicano e per di più centralista? È solo un retaggio del passato, come le monarchie europee, inclusa quella assoluta del papato. Dovrebbero abolirlo tout-court, visto che rappresenta solo se stesso.

 

Non è ridicolo che la sinistra radicale, per dimostrare che se passano i sì di questo referendum avremo un risparmio dello 0,007% della spesa pubblica, si serva dello studio di Carlo Cottarelli, Direttore del dipartimento Affari fiscali del FMI? Uno che se potesse ci metterebbe tutti alla fame...

 

Calderoli nel 2008 aveva individuato oltre 1.600 enti da eliminare perché dannosi: era riuscito a scrivere 29 decreti, ma il Consiglio di Stato glieli bocciò perché scritti male.

Questi enti costano al contribuente 12-13 miliardi di euro l’anno. Secondo il Codacons sono ancora attivi 500 enti (altri hanno cambiato nome). La prima legge “taglia-enti” risale addirittura al 1956, e da allora tanti governi ci hanno provato, ottenendo risultati molto deludenti.

Chiediamoci: per caso non è che tutti questi enti inutili non siamo riusciti a eliminarli proprio perché con un numero così spropositato di parlamentari, mettere d’accordo tutti è quasi impossibile?

 

Non è ridicolo sostenere, come fa la sinistra radicale, che chi vota sì al referendum, diminuendo il numero dei parlamentati, favorisce la formazione di una dittatura? Sotto il fascismo, nel 1939, i deputati erano 681, cioè più di oggi, anche se ovviamente non eletti liberamente. E il re poteva, per legge, nominare i senatori che voleva (nel 1939 erano 212). La democrazia si era svuotata nel suo significato dall’interno, non aveva bisogno di essere ridotta di numero. Infatti la dittatura fascista poteva tranquillamente tenersi tutti i parlamentari che voleva, tanto il 100% delle decisioni fondamentali venivano prese dal Gran Consiglio. Ciò a significare che il numero degli eletti di per sé non conta niente. Qui non è la quantità che fa la qualità. Qui è il sistema che non funziona, proprio perché fuori controllo.

Questa sinistra non capisce neppure che una repubblica presidenziale non è di per sé più antidemocratica di una parlamentare. Chi avrebbe il coraggio di dire che la repubblica presidenziale francese non è una democrazia parlamentare? Che uno Stato sia federale o centralizzato non fa differenza sulla sua natura parlamentare. I parlamenti son sempre presenti e hanno titolo a legiferare. In Italia solo il Vaticano non è uno Stato parlamentare ma monarchico-assolutistico (non ereditario però come quella inglese): eppure questo non impedisce all’attuale papa di dire cose più “democratiche” di tanti politici.

 

Votare sì o no al referendum non avrà alcun effetto sulla democrazia sostanziale. Votare sì servirà soltanto a ridurre l’entità numerica della casta. Tanto che i parlamentari siano pochi o molti, sono pochissimi quelli che risultano decisivi nella democrazia rappresentativa.

È assurdo che che l’unico argomento della sinistra radicale che sento è che diminuendo la rappresentanza nazionale dei parlamentari diminuisce la democrazia. Così si fa della democrazia rappresentativa nazionale un deus ex-machina, un qualcosa di assolutamente insostituibile, come se lo Stato fosse più importante della società civile, quando invece – come già diceva Marx quando criticava Hegel – è proprio il contrario. La società non può essere legittimata dallo Stato! Questo è abuso di potere. La democrazia rappresentativa deve essere un concetto il cui valore non può essere inferiore a livello locale-regionale rispetto al livello statale-nazionale, proprio perché a livello locale-regionale si affrontano problemi concreti, quotidiani... Ricordiamo tutti quando Andreotti diceva di dedicare almeno un’ora al giorno per ascoltare le istanze della gente comune. Quel povero essere temeva di perdere il contatto con la realtà. Lui che mentiva come apriva bocca!

 

Dal 1963 ad oggi la Costituzione è stata modificata 16 volte. Gli unici tre referendum costituzionali sono avvenuti nel 2001 sul Titolo V, approvato, nel 2006 sulla devolution che gli italiani hanno bocciato e quello del 2016 contro Renzi. Dopo il fallimento delle bicamerali le revisioni della Costituzione sono sempre state fatte a colpi di maggioranza.

Nel 1993 i parlamentari, terrorizzati da Mani pulite, votarono a favore di una estesa immunità parlamentare. Con l’art. 68 gli abbiamo dato carta bianca.

 

Come noto l’Italia ha un parlamentare ogni 63mila abitanti, mentre la Francia uno ogni 70mila e la Germania uno ogni 106mila. L’unico grande Stato europeo che ci supera è il Regno Unito, con un rappresentante ogni 46mila ab., avendo 1432 parlamentari, di cui però i Lord della camera alta non sono eletti e politicamente non contano nulla, per cui in realtà hanno 650 deputati.

Quindi, sostenitori del NO, fatemi capire: fino ad oggi Francia, Germania e Inghilterra sarebbero state meno democratiche di noi? Davvero il numero dei parlamentari conta molto ai fini dell’importanza della democrazia? La Cina ne ha quasi 3.000: possiamo definirla un Paese ultra-democratico? Visto che da noi i parlamentari non si riducono spontaneamente alcun privilegio, non è meglio ridurli di numero?

 

Mi si citi un caso di Parlamento, in cui, prima di trasformare la democrazia rappresentativa in una dittatura, vi era stata una significativa riduzione dei suoi componenti. Vediamo se almeno una delle ragioni del no ha senso. Per me la riduzione dei parlamentari fu, sotto il fascismo, una conseguenza della dittatura non una causa, come invece temono che avvenga i sostenitori del no al referendum. E comunque nel 1939 i deputati erano di numero superiore a quello odierno, anche se ovviamente nessun eletto.

 

Alle ultime elezioni politiche 13 milioni di italiani in un modo o nell’altro si sono rifiutati di votare. Quelli che hanno votato sono stati meno di 33 milioni. Davvero si pensa sia sufficiente votare no al referendum per invertire questa mancanza di fiducia verso la democrazia rappresentativa nazionale? Non è un po’ ridicolo il parlamentare che dice: “Lo vogliono gli italiani”? Gli italiani in realtà vogliono contare e possono farlo solo là dove vivono, a contatto coi problemi che sanno di poter affrontare in prima persona.

 

I sostenitori del no al referendum dicono che se vincono i sì avremo meno possibilità di essere rappresentati in Parlamento. Però quando loro potrebbero esserlo, cercando un’intesa coi partiti maggiori, perché preferiscono crearsi un proprio partitino, per poi lamentarsi se non si supera nemmeno la soglia del 3%?

Supponiamo per un momento che vinca il no, nonostante che il referendum sia stato voluto solo da 71 senatori. Sappiamo che in Parlamento non si vuol mettere in discussione il maggioritario (che è così dal 1993 col “Mattarellum”, che comunque è un misto di maggioritario al 75% dei seggi e di proporzionale per il restante 25%). Chi ci dice che dopo la vittoria del no non vogliano mettere uno sbarramento non del 3%, come adesso, che resta comunque sufficiente a non far entrare la sinistra radicale, bensì del 4%, come già facciamo per le europee, o addirittura del 5%, come in Germania. Dunque che senso avrebbe avuto vincere, quando il potere troverà comunque i mezzi e i modi per difendere se stesso? Chi si opporrà a un aumento della soglia di sbarramento, visto che in Parlamento non c’è nessuno intenzionato a farlo? Non era meglio spostare i termini del dibattito referendario su altri argomenti? Perché dobbiamo sempre fare battaglie di retroguardia?

 

Anche prescindendo dal fatto che oggi la democrazia rappresentativa subisce condizionamenti internazionali molto più forti che al tempo della Costituente, quando mai essa ha affrontato dei problemi sociali spontaneamente, prima che la gente scendesse in piazza a protestare?

È quindi evidente che quando quando ci riferiamo alla democrazia rappresentativa nazionale, che è formale per sua natura, dobbiamo sempre scegliere il meno peggio. I puristi della sinistra, come p.es. quelli della rivista “n+1”, non vanno neppure a votare.

 

Ci si chiede se i sostenitori del no al referendum non appartengano a quella sinistra radicale che voterebbe contro qualunque governo in cui essa non fosse presente, a prescindere dalle leggi che emana.

 

Nelle due Camere del Parlamento il Gruppo Misto è il gruppo nel quale vengono inseriti d’ufficio tutti quei parlamentari che non sono iscritti a nessun altro gruppo. Openpolis ha messo in evidenza che il Gruppo Misto sta diventando “una vera e propria babele di componenti parlamentari”. Domanda (banale): Che ci fanno in Parlamento dei parlamentari che, non avendo un proprio gruppo politico di riferimento, non conteranno nulla?

Domanda (retorica): Perché un parlamentare non lascia il Parlamento quando non si riconosce più nel partito che lo ha eletto?

 

I sostenitori del no al referendum dovrebbero smettere di pensare che i parlamentari hanno il dovere di legiferare su ogni più piccola cosa, per cui quanto più alto è il loro numero tanto meglio è rappresentata la nazione. La nazione, attraverso i propri enti locali territoriali, è in grado di rappresentarsi da sola, per cui bisognerebbe chiedere che al diminuire del numero dei parlamentari faccia da contrappeso un aumento della responsabilità politica, amministrativa ed economica degli organi periferici dello Stato. Solo così si può scongiurare una deriva autoritaria dello Stato centralista.

 

Rappresentativa, parlamentare e nazionale sono i tre aggettivi dell’attuale democrazia che la rendono del tutto formale, antitetica alla democrazia diretta, l’unica reale e sostanziale, in quanto locale. Ma la sinistra che cos’ha di radicale quando sostiene il no al referendum per salvaguardare la democrazia borghese? Lo si sarebbe fatto negli anni ’70?

 

Ricordo che quando il Parlamento volle la morte di Aldo Moro era stato eletto col sistema proporzionale. Questo per dire che quando si sostiene che il maggioritario o la riduzione dei parlamentari uccidono la democrazia, bisognerebbe saper relativizzare.

 

D’Alema diceva che l’imbarbarimento della politica nazionale è causato anche dal fatto che ci si improvvisa dei politici professionisti senza aver fatto alcuna scuola di partito. Può darsi. Ma è anche vero che i politici professionisti della I Repubblica avevano compiuto omicidi di stato, avevano svenduto l’Italia agli americani, erano collusi con la criminalità organizzata e si facevano finanziare in modo occulto. E lo facevano in un sistema elettorale proporzionale. Lo stesso D’Alema, insieme a Prodi, aveva inaugurato alla fine degli anni ’90 la stagione dei “bombardamenti umanitari”, permettendo alla NATO di usare le basi in Italia per “punire” la Serbia di Milosevic e disintegrare definitivamente la Jugoslavia. In nome della comunità internazionale si violava la legalità internazionale e l’art. 11 della nostra Costituzione. Da allora l’involuzione della sinistra ha favorito la rinascita della destra più reazionaria. La democrazia rappresentativa parlamentare è diventata incontrollabile, sia essa proporzionale o maggioritaria. Votare no al referendum senza chiedersi in che modo creare una democrazia più vera, più diretta, non servirà alla società. In attesa che si capisca come creare un’alternativa, meglio ridurre le spese di una democrazia che rappresenta solo se stessa.

 

400 deputati + 200 senatori fa 600 parlamentari. Supponiamo che il Senato fosse quello delle Regioni in un’Italia federale, per superare l’idea di Stato centralista. Supponiamo che avesse compiti del tutto diversi dalla Camera (p.es. poteri di controllo sugli atti dello Stato che hanno ripercussioni a livello territoriale). Non sarebbe stato accettabile avere 500 deputati e 100 senatori? Anche gli USA hanno 100 senatori. E i 500 deputati rientrerebbero nella media europea. Inoltre dobbiamo stipendiare 705 deputati europei (di cui 76 italiani). Cosa che i sostenitori del no spesso dimenticano. In ogni caso non credo proprio che, in presenza di uno Stato federale, le nostre Regioni, già piene di eletti, li aumenterebbero ulteriormente.

Per il resto si potrebbe riservare alla sola Camera il rapporto fiduciario col governo ed eliminare al presidente della repubblica il potere di scioglimento del Senato. E tutto ciò senza pensare alla repubblica presidenziale.

 

Un anno fa fu rilevato che delle 146 commissioni d’inchiesta chieste in Parlamento dai partiti, solo 6 erano state concesse. Eppure sono importanti, visto che hanno gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria. La composizione deve rispecchiare la proporzione dei Gruppi parlamentari. Chissà, forse quando i parlamentari saranno di meno, faranno prima a mettersi d’accordo.

 

Da inizio anno ad oggi sono state avviate 371 nuove procedure d’infrazione contro il nostro Paese da parte della commissione europea, portando così il totale delle pendenti a nostro carico a 1.761. Si tratta di un aumento del 10%. Peggio di noi solo il Portogallo. Lo sanno i sostenitori del no al referendum che rischiano di conservare uno status quo parlamentare indecente e di buttare a mare centinaia di milioni di euro?

 

I parlamentari sono così furbi che costringono chi fa indagini sulla loro effettiva produttività a non capire se sono assenti fisicamente in aula (perché malati o in missione) o se lo sono nel senso che non votano o non contribuiscono a determinare il numero legale nella votazione. Cioè i regolamenti non prevedono la registrazione del motivo dell’assenza al voto del parlamentare. Né si può distinguere l’assenza ingiustificata da quella, p.es., per ragioni di salute.

I parlamentari non presenti alle sedute almeno al 60% andrebbero espulsi dal partito. Che senso ha pagare profumatamente dei nullafacenti? Che esempio danno alla nazione? Ci lamentiamo dei furbetti del cartellino da timbrare, ma loro sono peggio. Quando poi fanno i “pianisti”, votando anche per i colleghi, verrebbe da rinchiuderli in galera.

 

La Michela Brambilla di Forza Italia, quella che protegge gli animali, ha battuto tutti i record di assenteismo in Parlamento: 98,76% di assenze e 0% di missioni su 6304. E poi qualche sostenitore del no al referendum dice che non vanno chiamati “casta” perché rappresentano il popolo.

 

Che cos’è un voto ribelle dato in Parlamento? È un voto dato in maniera non conforme al gruppo parlamentare di appartenenza. Ebbene nella legislatura 2013-2018, guardando solo i deputati, i primi 60 che hanno votato come gli pareva appartenevano tutti al centro-destra, con un massimo di 306 voti ribelli (Sgarbi) fino a un minimo di 32. Questa è la democrazia parlamentare: l’eletto rappresenta anzitutto se stesso. E poi mi sento dire dai sostenitori del no al referendum che imporre il vincolo di mandato è incostituzionale.

A costoro vorrei rispondere: gli elettori sono generici, il partito no. È il partito che candida l’eletto e i voti che prende dagli elettori del partito sono molto più importanti di quelli che prende dagli elettori generici. La Costituzione premia l’individualismo, ovvero una rappresentanza parlamentare astratta. Se un intero gruppo parlamentare non rispettasse il programma elettorale (ipotesi molto remota), l’intero gruppo dovrebbe dimettersi, senza permettere a un eletto di passare a un altro partito o al gruppo misto dei senza partito. Il mandato che si riceve è un vincolo serio, che va rispettato. Non si va in Parlamento per un interesse personale, ma perché si rappresenta anzitutto un collettivo di riferimento che ha un progetto sulla società. Eliminare il vincolo di mandato, temendo la dittatura del partito, è stato un errore dei costituenti, che si erano lasciati condizionare dalla passata dittatura fascista. Nella I Repubblica il vincolo di mandato era implicito in qualunque parlamentare ed era rarissimo vedere i passaggi da un partito all’altro. Fino al 1993 i gruppi misti comprendevano soprattutto i politici delle minoranze linguistiche.

 

Assolutamente straordinario è il caso del senatore Dieter Steger che nella precedente legislatura, pur essendo molto presente in aula, ha dato ben 1627 voti non conformi al proprio gruppo parlamentare Per le autonomie. Le sue competenze sono ancora più straordinarie. Si occupava di Costituzione della Repubblica, crescita economica, risoluzione regione di frontiera, minoranze etniche e linguistiche, veicolo, assistenza sociale, organizzazione senza fini lucrativi, regione trentino-alto adige, spazio economico europeo, società senza fini di lucro, apparecchio elettrodomestico, attrezzatura elettronica, parafiscalità, emendamento Regioni a statuto speciale, vita istituzionale, festività, vita politica, referendum e altri 149 argomenti! Curioso che i sostenitori del no al referendum si lamentino che le piccole Regioni, se vincono i sì al referendum, avranno meno rappresentanti. Se hai dei tuttologi del genere, di cosa preoccuparsi?

 

Non ho capito: il PD non ha il coraggio di votare no al referendum perché teme di non riuscire a riformare un governo coi 5Stelle? Quindi non è una questione di principio ma di pura tattica. È forse un partito senza princìpi? Ma non è un partito “democratico”? Non è mica come la destra becera, che vota convinta di sì perché ama il maggioritario e la repubblica presidenziale, convinta d’aver numeri sufficienti per governare da sola, come nei tempi magici del berlusconismo, benché per arrivare alla scaltrezza del Cavaliere non basterebbero cento Salvini e cento Meloni.

Questo per dire che quando si va in Parlamento bisogna essere disposti a tutto. Proprio perché i partiti rappresentano solo se stessi, al massimo le coalizioni e le lobby di riferimento. Purtroppo il peggio lo dà sempre la destra, forse perché non ha un’etica cattolico-popolare alle spalle, forse perché di estrazione più borghese, forse perché è cresciuta in contesti autoritari, o forse perché più deprivata sul piano culturale. Fatto sta che, quando va al potere, la destra ha sempre la caratteristica di farsi le leggi a proprio uso e consumo (o liberticide o bigotte per avere il consenso del Vaticano) e ne paga il prezzo l’intera nazione per anni e anni. Chi comanda politicamente fa gli interessi di chi comanda economicamente e insieme dispongono di tutti i mass-media che fanno l’opinione dominante.

E le stelle (cioè gli elettori) stanno a guardare – avrebbe detto Cronin.

 

Tutti conosciamo il senatore Pier Ferdinando Casini. È entrato in Parlamento nel 1983 e non ne è più uscito. Di tutti i parlamentari è il più longevo. Pur di restare incollato alla poltrona, ha cambiato o fondato vari partiti, a partire dalla DC, in cui è rimasto fino al 1994. Poi quando la DC va a picco con Mani pulite e il processo per mafia ad Andreotti, crea il CCD (1994-2002) e l’UDC (2002-2016), mettendosi con la destra di Berlusconi, Fini e Bossi. Dopo aver giudicato finito Berlusconi, appoggia Monti, Letta, Renzi e Gentiloni. Infine crea i Centristi per l’Europa (dal 2017), che hanno al Senato un unico seggio, il suo. E lui si iscrive al gruppo parlamentare Per le Autonomie, quello dei sudtirolesi e valdostani. Ora tende a simpatizzare per il PD. Un curriculum del genere, quintessenza dell’opportunismo più bieco della politica, può essere considerato un’eccezione nella democrazia rappresentativa parlamentare, o è la regola? La domanda ovviamente è retorica. Però mi chiedo: in attesa che la democrazia diventi una cosa seria (cosa che non può certo dipendere dai parlamentari ma solo dal popolo italiano), non è meglio cercare di ridurre al minimo dei soggetti di questo genere?

 

È dal referendum costituzionale del 2001 che si cerca di creare uno Stato federale o di attribuire al Senato delle competenze legate al territorio, come generalmente succede negli Stati federali di tutto il mondo. La stessa riduzione dei parlamentari dovrebbe servire per velocizzare la promulgazione delle leggi da parte della Camera dei deputati e per avere tempi certi di approvazione delle leggi, limitando così l’uso della decretazione d’urgenza e il ricorso sistematico (e patologico) alla questione di fiducia su maxi-emendamenti.

Questo vuol dire che gli italiani dovrebbe concentrare la loro attenzione più che sul contenuto dell’attuale referendum (ché, tanto, prima o poi, una riduzione vi sarà), sul tema di uno Stato federale, in cui gli enti locali territoriali giochino un ruolo di primo piano a tutti i livelli.

In ogni caso dovremmo smettere di pensare che i parlamentari hanno il dovere di legiferare su ogni più piccola cosa, per cui quanto più alto è il loro numero tanto meglio è rappresentata la nazione. La nazione, attraverso i propri enti locali territoriali, è in grado di rappresentarsi da sola, per cui bisognerebbe chiedere che al diminuire del numero dei parlamentari faccia da contrappeso un aumento della responsabilità politica, amministrativa ed economica degli organi periferici dello Stato. Solo così si può scongiurare una deriva autoritaria dello Stato centralista.

Peraltro le leggi nazionali sono così dettagliate e contraddittorie tra loro che vengono per lo più disattese. Inoltre a ogni cambio di governo spesso e volentieri vengono smentite quelle precedenti. Questo per dire che non è solo il governo ad aver bisogno di stabilità, ma anche la società civile. Occorre attribuire al Parlamento soltanto il dovere di limitarsi a coordinare o raccordare le istanze locali e di dare indicazioni di massima, indirizzi di carattere generale, che poi a livello locale si applicheranno a seconda delle esigenze.

In ogni caso le leggi, per essere davvero efficaci, dovrebbero essere semplici, chiare e distinte. Si parla tanto di semplificarle, ma non ci si riesce mai, e per conoscerle bisogna avere una competenza mostruosa, da ultraspecialisti, salvo poi dire che l’ignoranza della legge non è ammessa. Come se la giurisprudenza fosse alla portata di tutti! Come se tutti avessero i mezzi economici per pagarsi avvocati e commercialisti!

Inoltre è assurdo parlare di uniformità nazionale quando le differenze locali sono spesso abissali (specie in un Paese così complesso e variegato come il nostro, che avrebbe dovuto optare per il federalismo di Cattaneo sin dall’inizio, quello che lui vedeva funzionare in Svizzera). La democrazia si garantisce rispettando le diversità, altrimenti è dittatura. Non possiamo optare per l’uguaglianza astratta in luogo di quella concreta.

 

Il sistema del proporzionale puro l’abbiamo sperimentato durante la I Repubblica e abbiamo visto che macelli ha fatto. I governi si contavano per il numero non degli anni ma dei giorni, e la DC faceva compromessi con tutti, anche con la mafia, pur di non avere i comunisti tra i piedi. Quanto alla sinistra radicale, è rimasta come sempre spezzettata in tanti minuscoli partiti che in Parlamento non hanno mai contato nulla.

Il passaggio dal proporzionale al maggioritario è avvenuto nel 1993 col “Mattarellum” (dal nome del nostro Presidente della Repubblica). È avvenuto dopo il terremoto di tangentopoli e Mani pulite, quando i partiti della I Repubblica s’illudevano di poter durare in eterno dopo la fine del socialismo reale nel 1991. Il passaggio è avvenuto perché improvvisamente tutti i valori della I Repubblica erano crollati. Non era più possibile andare in Parlamento sulla base di quegli stessi valori. Ci voleva una specie di “forzatura” e fu trovata nel maggioritario, con uno sbarramento addirittura del 4% alla Camera. Era morta la classica democrazia rappresentativa basata sul proporzionale. Da allora è stato un calvario, soprattutto a causa delle liste bloccate, volute dal “Porcellum” di Calderoli (2006-13). I parlamentari si sentivano liberi di fare quel che volevano. E in questo la destra berlusconiana, con le sue leggi ad personam e i suoi irrisolti conflitti d’interesse, diede a tutti il “miglior esempio” da imitare.

Ora che si fa? Si torna al proporzionale? Nessun partito, tra i maggiori, lo vuole, perché non garantisce governabilità. Si organizza un bel colpo di stato, chiudendo le discussioni su Facebook e Twitter? Ridicolo. Le alternative non sono molte. E tutte devono prevedere il decentramento dei poteri. Gli Enti locali territoriali devono autogestirsi, anche finanziariamente. I poteri da concedere al Parlamento, che non riusciamo a controllare, devono essere ridotti al minimo. Lo Stato va espropriato delle sue prerogative. La piramide va rovesciata. La società civile deve stare in alto e lo Stato in basso. Se non saremo capaci di ricostruire la democrazia in questi termini, la destra riuscirà a ottenere la repubblica presidenziale, che verrà concepita come l’anticamera della dittatura.

 

Pietro Ingrao, negli anni ’80, si espresse per l’abolizione del Senato, perché non gli piaceva che alle lungaggini della promulgazione delle leggi si sostituisse la decretazione d’urgenza del governo, col ricorso allargato al meccanismo del voto di fiducia.

- Come come, ma Ingrao non era di sinistra?

- Sì, ma voleva il proporzionale, non il maggioritario!

- Eh beh, ma ancora non c’era stata tangentopoli! Il Parlamento era guidato da una DC mafiosa, che aveva convinto tutti a far morire Moro sull’altare della ragion di stato... Oggi è diverso: gli ideali della I Repubblica sono finiti.

 

Quanto più il nostro Paese è diventato complicato sul piano sociale, tanto più la politica ha cercato di semplificarsi a favore del bipolarismo. La riduzione del numero dei parlamentari rientra in questo trend, così come il premio di maggioranza, la soglia di sbarramento e domani la fine del bicameralismo perfetto o paritario (che prevede due Camere aventi gli stessi identici poteri). Votare no al referendum non servirà a invertire questa tendenza, sorta a partire dalla fine della I Repubblica. Si dovrebbe piuttosto pensare a come favorire una democrazia extraparlamentare, a livello degli enti locali territoriali. Questo per evitare di restare inermi verso la tentazione di un presidenzialismo autoritario, la cui legittimità non verrà certamente sottoposta a referendum.

 

Che il Senato sia destinato a diventare un organo delle Regioni in uno Stato federale sarà il passo successivo all’attuale referendum. Non possiamo rischiare di fargli fare la fine che sta facendo in Francia per colpa del suo centralismo: un ripiego per i politici di fine carriera.

Si potrebbe addirittura lavorare sulle Province, ancorché vadano eliminate in quanto strumenti del controllo statale a livello locale (dai tempi napoleonici!). Ne abbiamo 80, che fanno parte di 107 divisioni territoriali. Forse potremmo suddividere il territorio nazionale in 100 distretti da utilizzare per i 600 parlamentari che avremo. Un distretto è sufficiente, a livello logistico o geografico, perché un elettore conosca il candidato proposto dal partito.

Un candidato dovrebbe sapere di appartenere a un unico distretto, cui deve rendere conto. Lo stesso partito che lo candida deve rendere conto al distretto. Proprio perché il popolo è sovrano, non come adesso, che a essere sovrano è lo Stato, che rende del tutto formale la democrazia. Partiti o movimenti sono i rappresentanti effettivi del popolo non solo al momento del voto ma tutti i giorni. Dovrebbe essere il distretto a pagare i propri rappresentanti, così il vincolo sarebbe maggiore e anche la rendicontazione periodica. Quanto più l’eletto si allontana dal proprio distretto, in quanto delegato a rappresentarlo a livello centrale, tanto meno forti devono essere i suoi poteri (o quanto meno, se sono forti, devono essere temporanei). Proprio perché può essere controllato di meno.

 

Craxi sapeva bene di rappresentare solo il 12% dell’elettorato, ma di avere un gradimento del 60% della sua leadership. I sostenitori del no al referendum non è che daranno il voto sulla base del fatto che Di Maio risulta sgradito, come Renzi la volta scorsa, vero? Lo sanno che è proprio dai tempi di Craxi che diciamo che questo Parlamento rappresenta solo se stesso? La vicenda di Mani pulite lo dimostrò eloquentemente. Ma nella sostanza è cambiato poco.

Il rispetto delle minoranze politiche o dell’opposizione c’è stato fino a Craxi. Poi col trionfo della destra di Berlusconi, del maggioritario, della quota di accesso... c’è stata solo l’arroganza del potere, mitigata di tanto in tanto da soluzioni istituzionali di dubbia legittimità (quelle di Napolitano). Il maggioritario è piaciuto a tutti perché garantisce stabilità (soprattutto dopo il terremoto di Mani Pulite), nel senso che chi governa può non tener conto delle critiche o delle proposte delle opposizioni. Il vero dramma in tutto ciò è stata la scomparsa della sinistra radicale dal Parlamento. Prima si è lasciata scippare dalla Lega il tema del federalismo (lo diceva Cacciari), poi dai 5Stelle il tema della democrazia diretta e persino della giustizia in generale. Questo perché, se si escludono gli anni ’70, i dirigenti del PC sono sempre stati centralisti. Se si univa il federalismo (dando molti più poteri alle Regioni), la democrazia diretta (riconoscendo ai Comuni un’identità politica autonoma), una forte tutela ambientale (senza anteporre alle esigenze della natura quelle del lavoro industriale) e la piena laicità dello Stato (abolendo l’art. 7 della Costituzione) avremmo avuto una sinistra imbattibile. Invece adesso continuano a fare discorsi ideologici come se fossimo ancora in quegli anni. E si sfogano su Facebook, come se qui si potesse realizzare la vera democrazia. Qui si possono fare solo chiacchiere da bar.

C’è invece da scommetterci che quando da noi riconosceranno il federalismo, la destra imporrà nello stesso tempo il presidenzialismo. Così il federalismo, invece d’essere l’anticamera della democrazia diretta, sarà la premessa della dittatura. E non ci sarà Costituzione che potrà impedirlo. Al potere andranno i fascioleghisti, che sfrutteranno il centralismo statale per rubare a piene mani (come già han fatto al tempo di Bossi).

 

Se nella Costituzione la sovranità fosse davvero esercitata dal popolo, i Costituenti avrebbero dovuto scrivere nell’art. 1 che la Repubblica è fondata sulla proprietà sociale o collettiva dei mezzi di produzione (e non anzitutto sul lavoro). Non è sufficiente essere lavoratori o cittadini per esercitare un’effettiva “sovranità”. La sovranità politica è una diretta conseguenza di quella economica e sociale. Là dove manca la proprietà comune dei mezzi produttivi, la sovranità politica si esercita unicamente nel momento della scadenza periodica del voto o in un referendum. In tal modo la vera sovranità politica non viene esercitata dal popolo ma dai suoi delegati parlamentari, i quali tendono a fare gli interessi solo di quella parte di popolazione che dispone di proprietà privata, a cui, peraltro, non devono neppure rendere conto, in quanto esercitano le loro funzioni senza alcun vincolo di mandato. Questo fa capire la fondamentale differenza tra “democrazia diretta” (esercitata dal popolo) e “democrazia rappresentativa” (esercitata dal Parlamento). Naturalmente è scontato che una qualunque democrazia diretta è possibile solo a un livello locale, non statale.

Nel Medioevo sovrano coincideva con monarca, ma il popolo era suddito non cittadino. Con Rousseau si è stati chiari: il popolo è sovrano e il monarca (sovrano per diritto divino) deve riconoscere questa sua prerogativa politica. Di qui le monarchie costituzionali. Poi quando si è visto che queste monarchie portavano gli Stati a guerre assurde e perdenti, si è detto che il popolo è sovrano in una repubblica. I monarchi han perso la loro sovranità politico-religiosa. Solo che anche nelle repubbliche la sovranità popolare viene esercitata nella forma della democrazia rappresentativa, che di per sé toglie sovranità, essendo solo delegata. Quindi si potrebbe dire che ancora la sovranità vera, quella diretta, ancora non esiste in nessuna parte del pianeta, se non nelle comunità dell’Amazzonia, che devono difendere il loro territorio contro i cercatori d’oro e tutti gli altri colonialisti, nazionali e stranieri.

La proprietà dei mezzi produttiva deve essere collettiva o sociale, non statale, appartenente a comunità locali, che vivono senza sfruttare risorse o lavoro altrui. L’abbiamo avuta sino a 6000 anni fa, quando nacque lo schiavismo. Da qualche parte esiste ancora. E queste comunità non si chiedono di chi sia la sovranità: la danno per scontata. Cosa che noi non possiamo fare minimamente.

Il fatto di votare sì o no al referendum non ci fa uscire dalla mera democrazia rappresentativa. È illusorio sostenere che votando no si difende la vera democrazia, quella sostanziale. L’indebolimento del principio della sovranità popolare sta proprio nella riduzione della democrazia alla sola rappresentanza parlamentare-nazionale, in totale dispregio delle altre rappresentanze istituzionali a livello locale-regionale, le quali, qualunque cosa facciano, devono rendere conto a istanze superiori, in quanto lo Stato italiano non ha mai smesso di rinunciare al proprio centralismo né di considerare le realtà periferiche come semplici strumenti esecutivi di decisioni governative. Da questo punto di vista i sistemi elettorali basati sul proporzionale o sul maggioritario sono relativi nella loro importanza, cioè possono essere considerati equivalenti. Come per Lenin era del tutto secondario che uno Stato borghese fosse centralista o federalista. Uno dei peggiori omicidi di stato, quello di Aldo Moro, fu compiuto da parlamentari eletti col sistema proporzionale. Invece sotto il maggioritario abbiamo permesso alla NATO di usare le basi italiane per bombardare la Serbia.

 

Se dovessi fare un bilancio della democrazia rappresentativa della I Repubblica, che ha prodotto mostri di inaudita gravità (es. stragi di stato o complicità dello Stato nelle stragi della destra, collusioni Stato-mafia, P2, Gladio, caso Moro e i tanti omicidi eccellenti in nome della ragion di stato, servizi segreti deviati, tentativi di colpi di stato, finanziamento illecito dei partiti, copertura degli illeciti vaticani e via dicendo), devo dire che, guardando il tasso di eticità e di democraticità che ha gran parte dei parlamentari odierni, forse sarebbe meglio mandare al governo qualche rappresentante delle Brigate Rosse, qualcuno che abbia interamente pagato per i propri crimini, qualcuno che abbia saputo reinterpretare criticamente tutto il proprio percorso, tutta l’evoluzione della nostra povera repubblica. Sicuramente avrebbe una grande competenza. Sarebbe una persona con un certo spessore morale. E molto probabilmente farebbe in modo di superare la mera democrazia rappresentativa a favore di una democrazia più sociale, più diretta, più vicina alle esigenze della gente comune, lontana dai luoghi del potere istituzionale. Prevedo però che se facesse parte del governo, diventerebbe come gli altri. Si corromperebbe. Quindi ritiro tutto quello che ho detto.

 

È dal 1983 che in Parlamento si discute come ridurre il numero dei parlamentari. Camera e Senato approvarono una Commissione bicamerale presieduta dal liberale Aldo Bozzi, per formulare proposte di riforme costituzionali. Nella relazione conclusiva del 1985 due furono le ipotesi: 514 deputati e 282 senatori, la prima; 500-480 deputati e 250-240 senatori la seconda. Le proposte di legge ispirate a questa relazione non furono neanche discusse in aula, nonostante che all’inizio fossero contrari solo MSI-DN, Sinistra indipendente, Democrazia Proletaria e Union Valdôtaine.

Il tentativo fu ripetuto con la Bicamerale De Mita-Iotti (1993-1994). Nella relazione conclusiva si parlava di un accordo sulla riduzione dei deputati a 400 e dei senatori a 200, ma la fine anticipata della legislatura bloccò ogni progetto di revisione costituzionale.

Nella Bicamerale presieduta da D’Alema (1997-98), composta 35 deputati e 35 senatori di tutti i partiti, la riforma costituzionale voluta da Pds, Ppi, An e Forza Italia, per una Repubblica semi-presidenziale e una legge elettorale a doppio turno di coalizione, prevedeva tra i 400 e 500 deputati e 200 senatori sempre elettivi (su base regionale).

D’Alema aveva in mente anche una trasformazione federalista della Costituzione, con un semipresidenzialismo alla francese, un bicameralismo differenziato a vantaggio della Camera. Il progetto di revisione si arenò per lo scontro tra centrodestra e centrosinistra: in sostanza per colpa di Berlusconi.

La riforma costituzionale del centrodestra, detta devolution, prevedeva una riduzione dei deputati a 518 (500 più 18 nella circoscrizione estero), più tre deputati a vita che andavano a sostituire tutti i senatori a vita. I senatori invece scendevano a 252. Il taglio naufragò con tutta la riforma, bocciata dagli italiani nel referendum costituzionale del 2006.

Il fallimento della devolution del governo Berlusconi spinse i partiti a riprendere la via parlamentare per le riforme costituzionali. Nasce da qui la bozza Violante, approvata in commissione Affari costituzionali della Camera nel 2007 con il sì del PD guidato da Walter Veltroni e della coalizione di Silvio Berlusconi. Prevista una Camera con 512 deputati (12 eletti all’estero) e un Senato di 186 membri (6 all’estero). La bozza naufragò assieme al governo Prodi poco dopo, ma fu resuscitata come testo base per la discussione sulla riforma della seconda parte della Costituzione nella successiva legislatura. Cosa proponeva? Fine del bicameralismo perfetto con la fiducia accordata al governo dalla sola Camera e con un Senato delle Autonomie eletto dai Consigli regionali. Interveniva anche sulla forma di governo dando al premier il potere cogestito con il capo dello Stato di nomina e di revoca dei ministri (su questo neanche la riforma Renzi-Boschi aveva osato). In particolare prevedeva la riduzione dei deputati da 630 a 512 (dodici dei quali eletti dagli italiani all’estero), mentre il Senato (composto da 225 eletti) diventava simile al Bundesrat austriaco, perché non eletto dai cittadini ma dai Consigli regionali e dai rappresentanti degli altri enti locali.

Una passo più in là l’ha compiuto nel 2012 il disegno di legge parlamentare di riforma costituzionale bipartisan, che prevedeva 508 deputati e 250 senatori. La proposta fu approvata dal Senato, ma si è arenata alla Camera.

Falliti i tentativi parlamentari, ci riprovò il governo Renzi, che voleva un Senato dei 100: 74 scelti dai consiglieri regionali, 21 tra i sindaci e 5 di nomina presidenziale per sette anni. La proposta è stata bocciata nel referendum costituzionale del 2016, portando alla caduta di Renzi.

Sembra che il Parlamento cerchi a tutti i costi di recuperare una credibilità perduta sin dai tempi del delitto Moro. Da un lato mostra di voler ridurre la consistenza di una casta divenuta insopportabile. Dall’altro tenta di ridurre la rappresentanza allo stretto necessario, optando per il maggioritario. Mentre fa una cosa buona, ne fa un’altra cattiva. E alla fine non riesce mai a mettersi d’accordo con se stesso. È la schizofrenia della democrazia rappresentativa, da cui dobbiamo uscire.

Oggi in Parlamento l’unica opposizione alla destra viene fatta dai 5Stelle e, in subordine, dal PD. Se si vota sì non ci sarà nessuna dittatura esplicita come quella fascista. Semmai si va verso un sistema bipolare più marcato con un crescente assenteismo alle elezioni. Per questo la sinistra dovrebbe lavorare anzitutto fuori dal Parlamento.

 

Riccardo Fraccaro ha detto che i 5Stelle vogliono rafforzare l’iniziativa legislativa popolare, cioè eliminare definitivamente il quorum nel referendum abrogativo o addirittura sostituirlo con quello propositivo; rimuovere gli ostacoli alla raccolta di firme necessaria per promuovere un referendum; introdurre il ricorso alla Corte costituzionale per deliberazioni delle Camere in materia di elezioni e cause di ineleggibilità e incompatibilità di deputati e senatori. Insomma che motivi abbiamo per non dare fiducia ai 5Stelle? Quale altro partito dice queste cose?

 

Nella precedente legislatura Salvini era quasi del tutto assente dal Parlamento, così come adesso. Prima era impegnato in “missioni”, ora fa solo campagna elettorale. Eppure ha dichiarato di avere una competenza politica a tutto tondo, che avrebbe potuto usare in qualche commissione: antisemitismo gruppo religioso restrizione all’importazione crimine contro l’umanità omicidio migrazione ebreo risoluzione trasporto ad alta velocità trattamento crudele e degradante democrazia trasparenza amministrativa prigioniero politico trasporto ferroviario linea di trasporto tasse e imposte adesione all’unione europea finanziamento comunitario bei rete stradale e altri 127 argomenti. Un bel frutto della democrazia rappresentativa parlamentare!

 

Il proporzionale o è puro o è una solenne mistificazione. In attesa di creare la vera democrazia, riduci la casta.

 

Per caso non è che i partiti del sì al referendum stanno avendo momenti di esitazione non tanto perché temono di perdere consensi se viene ridotta numericamente la rappresentanza parlamentare, quanto perché temono di perdere le poltrone?

 

Dicono che i sostenitori del no al referendum siano più motivati, per cui andranno sicuramente a votare. Io dico che è assurdo non appoggiare un movimento che ha il 32% dei voti, cioè quanti ne ebbe il PC solo nel 1976, un movimento che sin da quando è nato (nel 2009) ha detto di essere contro la casta, di essere a favore della democrazia diretta, dell’ambientalismo, delle produzioni locali e di tante altre cose che la sinistra può condividere tranquillamente. Semmai ci si dovrebbe chiedere perché non collaborare con una forza del genere. Difficile non vedere in questo atteggiamento di pervicace chiusura un certo malevolo sentimento di “invidia” per il successo incredibile ottenuto in così poco tempo.

 

A fine giugno l’istituto IPSOS aveva realizzato un’indagine per il “Corriere della Sera”: il Sì al referendum era al 46%, il No al 10%. Il 20% aveva dichiarato che non sarebbe andato a votare o avrebbe lasciato la scheda bianca e gli indecisi erano al 24%.

A fine luglio la stessa ricerca diceva che il Sì era cresciuto al 49% contro l’8% dei No.

Qualche giorno fa il sito di “Affaritaliani” ha pubblicato un sondaggio realizzato da Roberto Baldassari, direttore generale di Lab21 e docente di Strategie delle ricerche di opinione e di mercato all’Università degli studi RomaTre: contro la riforma si è espresso il 27,6% del campione, a favore invece il 72,4%.

Sono contrari alla riforma solo alcuni piccoli partiti, come i Radicali e Sinistra Italiana, e numerosi singoli parlamentari sparsi tra vari gruppi. Certo che se uno dovesse basarsi su Facebook direbbe il contrario di tutto ciò.

 

Zingaretti ha già detto che se vince il sì al referendum vuole un proporzionale con uno sbarramento al 5%. Come in Germania. È chiara la tendenza? È chiaro che se la sinistra radicale non si unisce in un unico partito non entrerà mai in Parlamento? Anche Renzi ovviamente non ne vuol sapere. Ma Renzi chi?

 

I sostenitori del NO al referendum dicono che vogliono difendere la democrazia rappresentativa, la Costituzione ecc. ecc.

Vediamo tra i senatori più noti, che hanno promosso il referendum, quali la pensano allo stesso modo: Maurizio Gasparri, Renato Schifani, Paola Binetti, Stefania Craxi...

La sinistra radicale si trova sulla stessa scia di questi campioni della democrazia!

 

Dopo che i parlamentari del Giappone hanno deciso di ridursi l’indennità del 20% per tutto il 2020, a causa della pandemia, sono stati imitati da quelli di Bulgaria, Nuova Zelanda, Grecia, Singapore, Filippine e Thailandia. In Italia? Solo i 5Stelle fanno qualcosa.

 

A tutt’oggi oltre 110 milioni di euro sono stati restituiti dai 5Stelle e usati per aiutare i cittadini. Di recente hanno dato 3 milioni di euro alla Protezione Civile per l’acquisto di strumenti necessari alla terapia intensiva anti-Covid. Hanno un Comitato per i rimborsi e le restituzioni dei portavoce. Al momento stanno pensando, anziché a un’unica restituzione per un’unica iniziativa, di destinare i soldi restituiti ai cittadini a più iniziative sui territori e nelle Regioni che decideranno gli iscritti alla piattaforma Rousseau con un voto online.

Gli altri partiti cosa fanno? Nulla.

 

Trattativa Stato-Mafia (DC-Cosa Nostra)

Trattativa Stato-BR-Sisde (memoriale Morucci)

Trattativa Stato-BR-Camorra (caso Cirillo)

Trattativa Stato-Settembre Nero (terroristi dell’OLP)

Trattativa Stato-P2-Gladio-Stay behind (anticomunismo)

Trattativa Stato-NATO (Ustica, Cermis, Serbia, Libia, Medio Oriente...1,22% del PIL)

Trattativa Stato-Vaticano (Calvi, Sindona, Marcinkus, caso Orlandi-De Pedis...)

Su questi temi, nati durante il sistema proporzionale puro, cos’ha fatto di risolutivo la democrazia rappresentativa parlamentare? Nulla. Quali segreti è riuscita a scoprire in maniera chiara? Nessuno. Dunque trova un’alternativa a questa democrazia formale e intanto riduci la casta.

 

Ricordate quando nel film “Gli intoccabili” Al Capone diceva a Eliot Ness: “Sei solo chiacchiere e distintivo”? Ecco potremmo dire la stessa cosa della democrazia rappresentativa parlamentare. Con la differenza che quel poliziotto riuscì a far qualcosa di utile. È proprio la democrazia meramente delegata che li rende intoccabili, a prescindere dal loro numero. Non esistendo alcuna forma di democrazia diretta, noi non possiamo controllarli minimamente, se non quando andiamo a rivotare. Tra una elezione e l’altra ci dobbiamo soltanto fidare che non facciano abusi oltre il dovuto. Ecco perché meno sono meglio è. In attesa di creare un’alternativa al sistema, non un’alternativa alle persone.

 

Ricordate quando Bersani diceva ai 5Stelle con la loro antipolitica: “Non siamo tutti uguali”? Ecco mi sembra che la sinistra radicale nei confronti del governo e dell’opposizione abbia preso il posto dei 5Stelle. Intese con nessuno. Proporzionale senza soglia di sbarramento. Puri e duri. Bifo negli anni ’70 avrebbe almeno aggiunto: “ma con gioia”. Qui invece è come Sansone coi Filistei: “Se devo morire, morirete con me”. Come se non si sapesse che in Parlamento qualunque opposizione è solo un teatrino, un gioco delle parti. La vera opposizione si fa solo in piazza. È incredibile che la sinistra radicale pensi che la partecipazione popolare possa aumentare attraverso lo strumento del Parlamento nazionale. La gente comune vi partecipa solo quando va a votare. Per il resto, tra una votazione e l’altra, noi diamo agli eletti carta bianca per fare i loro comodi, tutelati come sono dall’immunità parlamentare e dall’assenza di vincolo di mandato. Loro non sono tenuti a rendicontare un bel nulla. Questa devozione quasi mistica per il Parlamento, la democrazia rappresentativa, la Costituzione non è che una forma di compensazione alla mancata capacità di crearsi un consenso sociale.

Insomma sono dell’avviso che un parlamentare non può avere un’assoluta libertà di pensiero, o comunque non può avere una libertà che oltrepassi il mandato che ha ricevuto. La libertà è tale sempre all’interno di limiti, e per un parlamentare questi limiti sono quelli del partito che ha deciso di candidarlo per il Parlamento. Il partito si è assunto una responsabilità nei confronti della nazione. Il partito ha un progetto su questa società e deve poter contare su persone fidate, che rispetteranno il mandato ricevuto. Semmai l’eletto dovrebbe confrontarsi sistematicamente coi propri elettori al fine d’essere sicuro di rispondere in maniera adeguata alla volontà di chi l’ha scelto ed eletto. In caso contrario avremmo a che fare solo con un individualismo senza senso, privo di veri ideali politici. Chi non si adegua a queste condizioni, deve dimettersi, non deve neppure candidarsi. Non gli si dovrebbe permettere neppure di cambiare partito o di finire nel gruppo misto, poiché in Parlamento si entra sulla base di un consenso ottenuto e non si può violare la volontà popolare.

Certamente in aula un parlamentare può usare la libertà di coscienza nell’esprimere il proprio voto. Se molti di loro l’avessero fatto al tempo del caso Moro, invece d’appellarsi alla ragion di stato e allo schieramento di partito, forse l’avrebbero salvato. Voglio dire però che se un parlamentare dimostra sincerità nell’usare la propria coscienza per impedire che si commetta un crimine, l’elettore saprà apprezzarlo, anche se quel gesto comporterà la caduta del governo di cui il suo partito fa parte. Noi che votiamo non siamo tutti dei minus habens che non riusciamo a distinguere i valori umani dagli schieramenti politici. È sufficiente che chi decide di andare controcorrente, ne mostri le ragioni, le discuta pubblicamente. Il popolo ha bisogno di discutere le questioni importanti, quelle su cui sa di poter esprimere una propria opinione.

 

Perché la sinistra a un certo punto ha pensato fosse meglio ridurre i parlamentari?

Iotti: la democrazia è garantita anche dagli enti locali territoriali, che quando fu elaborata la Costituzione neppure esistevano nei modi degli anni ’70.

D’Alema: ridurre i costi della politica, snellire le procedure legislative, garantire stabilità all’esecutivo.

Violante: Una Camera con 400 componenti potrebbe fare le stesse cose che fa una Camera con 630. Ma un Senato con 200 componenti non potrebbe certamente svolgere adeguatamente le stesse funzioni della Camera. Ecco perché occorre una ridefinizione del ruolo del Senato. Infatti ha detto che voterà sì a condizione che facciano una nuova legge elettorale con cui eliminare il bicameralismo perfetto.

 

La Camera dei deputati, eletta a suffragio universale e diretto, avrà una riduzione del numero dei deputati, dagli attuali 630 a 400, 8 dei quali vengono eletti nella circoscrizione Estero. Solo la Camera dà fiducia al governo.

Il Senato della Repubblica, eletto a base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero, avrà un numero dei senatori elettivi di duecento, quattro dei quali eletti nella circoscrizione Estero. Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a cinque; il Molise ne ha due, la Valle d’Aosta uno.

Questa la proposta dei 5Stelle? No, era una proposta di Civati-D’Alema-Gasparri-Quagliariello. I 5Stelle l’han copiata.

 

Chi vota no vuol mandare a casa il governo. Vedrete che all’ultimo momento voterà così anche la destra. Esattamente come la sinistra radicale. Gli opposti estremi che si toccano. La cosa che più mi stupisce nelle motivazioni della sinistra radicale per il NO è che invece di sostenere un partito che c’è già, nato nel 2009 e che oggi ha il 32% di voti, e che lotta contro la casta, i 5Stelle, si preferisce lottare per un partito che non c’è più da molto tempo e che ogniqualvolta si cerca di ricostruirlo non si riesce a superare la soglia del 3%. Il successo dei 5Stelle è paragonabile solo a quello di Forza Italia, che aveva mezzi comunicativi infinitamente superiori. Il vero problema della sinistra radicale è che non è capace di ottenere consenso. Quello che più mi spaventa è che alza la testa in occasione di impegni elettorali, finiti i quali però scompare nel nulla. Non ha la padronanza dei mass-media. Non è capace di creare intese con gli altri partiti...

 

Brunetta a Radio radicale ha detto che se vince il sì i 5Stelle sostituiranno definitivamente il referendum abrogativo con quello propositivo, uccidendo così la democrazia delegata con quella diretta. Mezzo milione di elettori avranno più peso di un intero Parlamento!

Scusate, ma non è assurdo che la sinistra radicale rinunci alla democrazia diretta per accontentarsi di quella rappresentativa?

 

La riduzione del numero dei parlamentari è stata prevista in tutte le riforme costituzionali esaminate dalle Camere negli ultimi vent’anni. Ma sempre inserito nella revisione dell’attuale bicameralismo. Violante dixit.

Rivedere il bicameralismo perfetto vuol dire creare uno Stato delle Regioni. Non vuol certo quella scemenza detta da Calenda, che è favorevole all’abolizione totale del Senato (monocameralismo secco) e contemporaneamente è contro al taglio dei parlamentari. Quanti ne vorrebbe alla Camera? Mille?

 

Sinceramente parlando non capisco molto quando la sinistra radicale ambisce a entrare in un Parlamento borghese, quando difende una fasulla democrazia rappresentativa o una Costituzione che di socialista ha ben poco.

I classici del socialismo rivoluzionario si guardavano bene dall’entrare nei parlamenti. Lenin mandava alla Duma dei militanti sconosciuti non i dirigenti del POSDR, e pretendeva la turnazione perché sapeva bene ch’era facile corrompersi. Negli anni ’70 per la sinistra radicale era un vanto definirsi extraparlamentari. Ancora oggi i bordighiani non vanno neppure a votare e non ne fanno una tragedia. Oggi invece si ritiene fondamentale distinguersi da chi vota sì al referendum sul taglio della casta. Se ne fa una questione di democrazia. Come mi sento vecchio...

 

Il taglio dei parlamentari viene richiesto da un partito-movimento che sin dalla sua nascita ha detto di voler combattere la casta. Non ho motivo di non fidarmi. Sono stati gli unici a tagliarsi gli stipendi, devolvendo una parte al microcredito e ad altre situazioni di bisogno, a parlare di un limite massimo di mandati, a mettere in discussione il principio dell’immunità parlamentare e quello dell’assenza di un vincolo di mandato. Gli unici a pretendere che i candidati non avessero la fedina penale sporca o delle pendenze giuridiche non ancora risolte. In Parlamento sono presenti, si impegnano, non fanno i “pianisti”, vivono il mandato in maniera esclusiva, senza avere stipendi che si accumulano da più fonti.

I giovani 5Stelle sono inesperti? Si faranno, non c’è problema. Nessuno nasce “imparato”. L’importante è che siano onesti, coerenti coi propri ideali di fondo, disposti a migliorarsi, capaci di autocritica: virtù che i partiti tradizionali han perso da un pezzo. Non a caso i 5Stelle sono odiati da tutti, da sinistra e da destra, come se il Parlamento fosse fatto solo per i corrotti. È anche vero che la virtù o appartiene al popolo o non appartiene a nessuno. È raro che i rappresentanti del popolo siano migliori del popolo stesso.

I 5Stelle stanno forse violando la Costituzione? Considerare la Costituzione valida in sé è una sciocchezza, poiché tutto dipende da come la si interpreta e mette in pratica. Per es. essa prevedeva da subito le Regioni, ma abbiamo dovuto aspettare gli anni della contestazione per vederle realizzate. Questo senza considerare che tanti suoi articoli andrebbero completamente riscritti, a partire dall’art. 7.

Stanno minando le basi della democrazia rappresentativa parlamentare? Considerare questo tipo di democrazia come l’unica forma possibile di democrazia è ridicolo. Essa è nata nelle civiltà schiavistiche, in modo particolare ad Atene. Per milioni di anni abbiamo avuto solo quella diretta, gestita a livello locale, senza la presenza di alcuno Stato.

Nessuno si nasconde il rischio che da un taglio così significativo di parlamentari la democrazia rappresentativa possa subire un danno e che il passo successivo sia quello di una repubblica presidenziale. Ma oggi il rischio esiste a prescindere da questo taglio.

Si parla di riduzione dei parlamentari sin dalla commissione Bozzi del 1983. Si parla di trasformare il sistema proporzionale in uno maggioritario a partire dal “Mattarellum” del 1993. Si parla della fine del bicameralismo perfetto soprattutto con la commissione bicamerale di D’Alema del 1997.

È questo tipo di democrazia in sé che ha perso ogni credibilità (soprattutto da quando l’intero Parlamento non fece assolutamente nulla di significativo per liberare Moro). Essa ha bisogno, per sopravvivere, di cambiare forma, e lo farà a prescindere dall’esito del referendum (p.es. se vincono i no, basterà alzare la soglia di sbarramento al 4-5% e la sinistra radicale sarà ancor più tagliata fuori). E in ogni caso una repubblica presidenziale non è di per sé l’anticamera della dittatura, come dimostra l’esperienza della Francia.

Quindi voto sì per motivi politici, anche se mi rendo conto che occorre ben altro per realizzare la democrazia.

 

Per me la democrazia rappresentativa parlamentare è finita col delitto Moro, quando lo Stato e il Parlamento lo sacrificarono in nome della ragion di stato. DC e PC apparivano uguali nella sostanza. Forse l’ultima opposizione alla DC è stata quella di Berlinguer, che pur disse e fece tante scemenze (come p.es. quella relativa all’ombrello protettivo della NATO, o quella di rifiutare la trattativa con le BR per salvare la vita a Moro, ma anche quella di dire che il partito era totalmente indifferente alle posizioni ideologiche in riferimento alla religione). Il PC appariva forte perché in realtà era forte l’opposizione extraparlamentare. Sconfitta questa, anche il suo partito iniziò un declino irreversibile.

Scomparsa la motivazione ideologica, i partiti finivano in Parlamento solo per puro potere, anche se tutti quelli del centro-destra continuavano a sbandierare gli ideali anti-comunisti. E fu il trionfo del craxismo, sostenuto da una DC ultra-corrotta. Poi fu la volta del berlusconismo, erede del craxismo, della P2 e della DC di destra. Nel sistema proporzionale c’erano, in fondo, pochi partiti significativi, poiché le idee di fondo erano poche (soprattutto democrazia, pluralismo, Stato sociale), in quanto si usciva dalla guerra. Tuttavia, con questo sistema i governi non duravano niente, salvo la DC, che governò per mezzo secolo, grazie a Chiesa e mafia.

La sinistra post-berlingueriana si era praticamente disintegrata. Veniva gestita dalla DC di sinistra (Margherita, Ulivo ecc.).

Lo scoppio di Tangentopoli e Mani pulite pose fine a questa orribile corruzione della I Repubblica. Ma fu un fuoco di paglia. I partiti si leccarono le ferite e tornarono ad essere più corrotti di prima, per quanto l’idea di Miglio di costruire uno Stato federale avesse ampie ragioni.

In particolare si cercò, a partire dal “Mattarellum” del ’93, di porre le condizioni per sopravvivere senza il supporto delle ideologie, confidando nel premio di maggioranza e nella soglia di sbarramento. Il maggioritario (limitato) doveva impedire che una pletora di partiti che nascono e muoiono con grande facilità potessero condizionare la formazione del governo, che in teoria dovrebbe durare un’intera legislatura, restando indifferente all’opposizione. Come noto infatti non esiste da nessuna parte un maggioritario (puro o parziale) senza sbarramenti di sorta.

In cambio il sistema partitico prometteva ai cittadini una riduzione della casta (come già con la Commissione Bozzi del 1983) e una trasformazione del Senato in un organo delle Regioni. Si prospettava anche un progressivo decentramento dello Stato a favore degli enti locali territoriali. Tuttavia la rivalità tra centro-destra e centro-sinistra rimase così forte da impedire qualunque riforma del sistema, salvo qualcosa col Titolo V della Costituzione.

Finché dal nulla venne fuori il Movimento dei Cinquestelle, la nuova sinistra, priva di riferimenti ideologici al socialismo scientifico. In Parlamento sembrava l’unico partito in grado di contrastare la destra.

Mi piaceva il discorso ambientalista (contro la plastica, gli idrocarburi, il nucleare ecc.), quello relativo alla democrazia diretta, al ridimensionamento dell’importanza dell’immunità parlamentare, all’imposizione di un vincolo di mandato e a una ricandidatura massima dello stesso mandato, alla periodica rendicontazione in rete del proprio operato in Parlamento, alla trasparenza degli atti e delle procedure, alla incensurabilità degli eletti, all’uso delle risorse locali (km 0, autoproduzione...), al controllo delle basi NATO (che godono di una ingiustificata extraterritorialità e ci costeranno nel 2024 il 2% del PIL), e così via. Tutte cose che si sentivano per la prima volta in maniera così chiara e forte. Si pensi solo all’autoriduzione dello stipendio a favore di situazioni di bisogno. Al massimo i parlamentari lo facevano a favore dei loro rispettivi partiti. E comunque io non ricordo nessuno che abbia mai detto che gli stipendi erano eccessivi o che si sarebbe dovuto rinunciare agli scatti automatici o agli assurdi vitalizi dovuti anche solo a pochissimi mesi di legislatura. I primi a mettere il dito in questa enorme piaga della democrazia rappresentativa sono stati i 5Stelle.

Naturalmente Grillo non era la persona giusta per trasformare il movimento in un partito parlamentare, che, per sua definizione, ha bisogno di intese e mediazioni. I grillini erano giovani e inesperti, ma indubbiamente onesti. Col tempo si sarebbero fatti le ossa. Dal nulla, in pochissimi anni, sono arrivati al 32% con 120.000 iscritti! Hanno ripetuto l’exploit di Forza Italia, ma da sinistra. Nessuno se l’aspettava.

Ora chiedono di ridurre il numero dei parlamentari. Poi dovranno fare una nuova legge elettorale e trasformare il Senato e riconoscere il valore del federalismo. Che motivo ho di non credergli? In fondo sono in linea con quanto la sinistra democratica ha sempre pensato sulla riforma parlamentare e non è mai riuscita a realizzare. Certo, per me l’obiettivo finale resta la democrazia diretta, quella locale, che la sinistra radicale ha capito solo in rari momenti (p.es. quello dei soviet). Penso infatti che tale democrazia sia l’unica che responsabilizzi i cittadini, l’unica che permette di controllare in maniera efficace il comportamento degli eletti.

In ogni caso mi chiedo: una legge elettorale più rispettosa della democrazia può essere fatta da un Parlamento dove i rappresentanti della democrazia sono una casta di intoccabili? Cioè dove gli eletti sono lì senza alcun vincolo di mandato?

 

D’Alema, se ci sei, batti un colpo. Fai capire alla sinistra radicale che nella tua Commissione bicamerale del 1997-98, fallita per colpa di Berlusconi, non c’era Licio Gelli ma 35 deputati e 35 senatori. I testi più importanti allegati alla relazione furono scritti da Francesco D’Onofrio (CCD, ex DC), Cesare Salvi (PDS, ex PC), Marida Dentamaro (CDU, ex DC) e Marco Boato (Verde-Radicale). Devi spiegare che volevate uno Stato federale, con un semi-presidenzialismo alla francese, un bicameralismo differenziato a vantaggio della Camera e soprattutto che i deputati dovevano essere 400 come minimo o 500 come massimo, mentre i senatori, eletti su base regionale, dovevano essere 200. Fai capire alla sinistra radicale che non ha senso paragonare Licio Gelli ai 5Stelle solo perché entrambi vogliono una riduzione dei parlamentari. Questa legge è stata votata da un Parlamento di mille eletti a stragrande maggioranza: non saranno stati tutti piduisti, no? Peraltro Gelli, all’inizio degli anni ’80, voleva il proporzionale come la sinistra radicale, seppur con la variante dell’uninominale, che in genere si usa nel maggioritario. Era contrario alle liste bloccate e voleva conservare quell’organo inutile chiamato Senato, seppur competente solo di bilancio e in rappresentanza regionale. Quindi cose buone e cose cattive, e quelle buone nulla tolgono al fatto che quel fascistone sia stato uno degli uomini più squallidi del nostro Paese, che peraltro il Parlamento nazionale, nel pieno delle sue funzioni, non riuscì mai a mettere in galera. Quanti piduisti ci sono stati in Parlamento a rappresentare istituzionalmente gli italiani?

Comunque fare dei paragoni del genere è vergognoso: può farlo giusto una sinistra radicale frustrata, che invece di parlare di democrazia diretta preferisce illudersi di poter entrare in un Parlamento nazionale, in cui poi non potrebbe far nulla, neanche senza lo sbarramento del 3%. Questa sinistra è solo uno spezzatino immangiabile (almeno 30 partiti), che ancora non riesce a spiegarsi il grande successo dei 5Stelle e che non vede l’ora di sfruttare il referendum per far cadere il governo, come con Renzi. A questa sinistra sembra sia rimasto solo Facebook per farsi sentire. Quando dà la colpa della frantumazione della sinistra ai sostenitori del sì, è semplicemente ridicola: questa sinistra si è distrutta da sola. Ha del tutto scordato che, quando è andato su il fascismo, il Parlamento italiano era nel pieno delle sue funzioni (esattamente come in Germania quando andò su il nazismo): furono i cattolici e i socialisti che, non trovando alcuna intesa politica, non seppero impedire al fascismo di trionfare. Ecco perché Mussolini poté tranquillamente dire che se avesse voluto avrebbe potuto trasformare il Parlamento in un bivacco di manipoli. Sapeva bene che avrebbero potuto fermarlo in un attimo.

Sotto il fascismo la legge Acerbo (voluta da Mussolini), che prevedeva il premio di maggioranza, fu adottata nel 1924, due anni dopo la presa del potere. Prima di quella data il sistema era proporzionale e non ci fu alcuna decurtazione nel numero dei parlamentari. La legge peraltro fu approvata con l’appoggio di buona parte dei popolari. Questo per dire che il Parlamento era già marcio per conto suo, a prescindere dal numero dei componenti e dal sistema elettorale. E comunque dopo il delitto Matteotti il duce se ne fregò anche del maggioritario.

Per maggiori ragguagli si consulti Wikipedia, là dove dice: “Il sistema delineato dal disegno di legge Acerbo andava a modificare il sistema proporzionale in vigore dal 1919, integrandolo con un premio di maggioranza in quota fissa, pari ai 2/3 dei seggi, a beneficio del partito più votato, qualora questo avesse superato il quorum del 25%”. A me non sembra molto diverso da quello che è accaduto nel 1993 col “Mattarellum”, che ha inaugurato il sistema maggioritario e al quale il Parlamento si è sempre attenuto. In entrambi i casi furono dei parlamentari eletti col sistema proporzionale a decidere questa transizione non proprio favorevole alla sovranità popolare. Non fu il popolo italiano a deciderlo. Così poi precisa Wikipedia: “Decisivo [ai fini dell’approvazione della legge Acerbo] risultò il numero degli assenti – ben 53 – che avrebbero potuto orientare in modo diverso l’esito del voto”. Cioè 53 parlamentari furono così opportunisti che non si presentarono nemmeno a votare. Dunque chi ha mandato su il fascismo? Non è forse stata la democrazia rappresentativa parlamentare nazionale? Mussolini non ha avuto alcun bisogno di fare un colpo di stato. Lui stesso disse a Hitler di non far più dei colpi di stato, ma di andare al potere proprio sfruttando la democrazia rappresentativa, come aveva fatto lui un decennio prima. E così fece, e così vinse.

 

Luciano Violante non era iscritto alla P2, eppure nel 2007 la sua bozza di revisione costituzionale fu approvata in commissione Affari costituzionali della Camera da parte del neonato PD guidato da Walter Veltroni e col sì di Berlusconi (la differenza dalla Bicamerale di D’Alema stava soprattutto nel numero di parlamentari da tagliare). La bozza naufragò assieme al governo Prodi poco dopo, ma fu resuscitata come testo base per la discussione sulla riforma della seconda parte della Costituzione nella successiva legislatura. Cosa proponeva? Fine del bicameralismo perfetto con la fiducia accordata al governo dalla sola Camera e con un Senato delle Autonomie eletto dai Consigli regionali. Interveniva anche sulla forma di governo dando al premier il potere cogestito con il capo dello Stato di nomina e di revoca dei ministri (su questo neanche la riforma Renzi-Boschi aveva osato). In particolare prevedeva la riduzione dei deputati da 630 a 512 (12 dei quali eletti dagli italiani all’estero), mentre il Senato (composto da 225 eletti) diventava simile al Bundesrat austriaco, perché non eletto dai cittadini ma dai Consigli regionali e dai rappresentanti degli altri enti locali.

 

La sinistra radicale parla tanto di difesa della Costituzione per giustificare il no al referendum. Ma lo sa che nel periodo 2000-15 nove (su dieci) sono state le leggi di revisione della Costituzione approvate coi soli voti della maggioranza parlamentare, senza cercare larghe intese all’interno delle forze politiche? E si è sempre trattato di modifiche di grande importanza. Considerando invece che la sovranità appartiene al popolo e solo indirettamente al Parlamento e che la Costituzione è la legge fondamentale di una nazione, anche il più piccolo comma, per poter essere modificato, dovrebbe richiedere il consenso popolare. In questa maniera, p.es., ci saremmo risparmiati l’articolo sul pareggio di bilancio, sotto il governo Monti, che ci lega mani e piedi nei confronti della UE.

 

Se vince il no e il governo inizia a entrare in crisi, come in altri referendum è successo con altri governi, quale altra maggioranza si formerà? Sicuramente una fascioleghista, poiché non vi sono alternative, checché ne pensi la sinistra radicale, che in Parlamento non è neppure presente e che si aggrappa a una Costituzione che dal punto di vista del socialismo andrebbe riscritta in toto.

Votare sì vuol dire dare fiducia a un governo che deve gestire la difficile transizione economica del dopo-Covid. Con la destra al potere sappiamo bene come andrà a finire nella gestione dei fondi che stanno per arrivare: sprechi, abusi, malversazioni... E non si pensi che la destra voterà sì. All’ultimo minuto diranno il contrario, oppure diranno dopo il voto che si erano sbagliati. Sono abituati a mentire.

 

Ha detto Prodi, l’unico che riuscì a battere Berlusconi due volte: “Nella Prima Repubblica i governi duravano un anno perché al cambio degli equilibri interni alla DC cambiavano ruoli e ministri. Era un modo lungimirante per evitare il consolidamento degli interessi: governava un solo partito, e così, pur nella instabilità degli esecutivi, si registrava una sostanziale continuità di linea politica. Oggi è venuta meno anche quella. Perciò serve stabilità.”

 

La stabilità è un valore decisivo per i sistemi democratici. La mancanza di governi stabili impedisce scelte strategiche, comporta frequenti cambiamenti delle regole con conseguente incertezza dei diritti, fa perdere credibilità al Paese, soprattutto nelle relazioni internazionali. Cambiare troppo spesso presidente del Consiglio e ministri rende il Paese e i suoi rappresentanti poco ascoltati e poco credibili. Se prevalesse il SÌ verrebbe favorita la stabilità, cesserebbero i decreti legge omnibus, i cittadini avrebbero diritto al referendum propositivo, le decisioni parlamentari diventerebbero più rapide.

Le ragioni del sì non sono istintive come quelle del no.

 

Il sì al referendum consentirà all’Italia di allinearsi al resto dell’Europa. Siamo infatti il Paese con il numero più alto di parlamentari direttamente eletti dal popolo (945); seguono la Germania (circa 700), la Gran Bretagna (650) e la Francia (poco meno di 600).

La classifica dei Paesi col maggior numero di parlamentari non cambia di molto neppure se si tiene conto anche delle Camere non elettive. In questo caso il numero dei parlamentari sarebbe secondo soltanto alla Gran Bretagna, che sconta per ragioni storiche peculiari la numerosità della Camera dei Lord, i quali però rappresentano solo se stessi e la corona.

Se vince il sì l’Italia, in riferimento ai deputati, passerà in quinta posizione, dietro a Germania, Regno Unito, Francia e Polonia. Quanto al Senato invece saremo in quarta posizione.

È un problema? È davvero questo il problema?Nel maggio 2019 il Governo francese ha presentato all’Assemblea nazionale un disegno di legge organica che prevede la riduzione del 30% sia dei deputati che dei senatori. Non vorremo far vedere che la Francia ha più coraggio o è più intelligente di noi? E qualcuno non vorrà mettere in dubbio la democraticità della Francia, no?

 

Sono gli stessi parlamentari che vogliono ridursi di numero. Nessuno li obbliga a farlo. I sostenitori del no credono nel valore della democrazia rappresentativa? E allora perché si oppongono ai parlamentari che hanno eletto? L’elenco è lungo: commissione Bozzi del 1983, commissione De Mita-Iotti del 1992, commissione D’Alema del 1997, il progetto di revisione costituzionale di Calderoli del 2005-2006, la bozza di Luciano Violante del 2008, il gruppo di lavoro sulle riforme istituzionali del 2013. Il governo Letta propose 450 membri alla Camera e 200 al Senato. Poi ci fu la proposta di riforma costituzionale Renzi-Boschi del 2016 che prevedeva, oltre alla ridefinizione del ruolo del Senato della Repubblica, che il numero dei senatori eletti fosse ridotto da 315 a soli 95 membri nominati dai Consigli regionali fra i loro stessi componenti e fra i sindaci dei propri territori; nessuna modifica numerica era invece prevista per la Camera dei deputati. Tutte proposte respinte dai referendum o irrealizzate a causa della caduta dei governi.

Renzi aveva messo troppe cose nella sua proposta di revisione costituzionale e non aveva dato il tempo necessario agli elettori per pensarci. Personalmente quello che mi ha dato più fastidio era il fatto che sarebbero rimasti validi il divieto di vincolo di mandato e l’immunità parlamentare, che per me sono i due princìpi fondamentali che negano la democrazia diretta. Inoltre non ho digerito il fatto che per avere una legge d’iniziativa popolare il numero di firme necessario per la sua presentazione sarebbe stato aumentato da 50.000 a 150.000.

Alla fine molti votarono contro il referendum perché in realtà si voleva far cadere il suo governo.

 

Con l’istituzione ufficiale delle amministrazioni regionali (1970) e poi del Parlamento europeo (1979), ci si rese conto che il numero di politici da eleggere era aumentato notevolmente, per cui si iniziò a ipotizzare una diminuzione dei seggi parlamentari all’interno della Commissione parlamentare per le riforme costituzionali.

È chiaro il concetto? I no si preoccupano tanto che la democrazia rappresentativa verrà compromessa se si riducono i parlamentari. Ma la democrazia viene tutelata anche dagli eletti negli enti locali territoriali e nel Parlamento europeo. Di cosa avete paura?

 

L’attuale legge di revisione costituzionale che riduce il numero dei parlamentari è stata approvata in doppia lettura da entrambe le Camere a maggioranza assoluta. Alla Camera addirittura, in seconda deliberazione, i voti favorevoli sono stati 553 (88%). Dal momento però che in seconda deliberazione la legge non è stata approvata a maggioranza qualificata dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, 1/5 dei senatori (71) ha potuto richiedere il referendum confermativo, dopo che non erano riusciti a farlo i radicali. Al Senato i favorevoli non hanno mai superato i 185 (59%). Sono quindi i senatori che temono di perdere la poltrona. Infatti, mentre per la Camera il rapporto eletto/elettore aumenterà da 96.006 a 151.210, per il Senato invece il rapporto passerà da 188.424 a 302.420. E considerando che solo dieci comuni superano i 300 mila abitanti e che circa seimila comuni hanno meno di cinquemila abitanti e che quindi un collegio comprenderebbe circa sessanta di questi comuni, per diventare senatore diventa difficile.

Cioè in pratica hanno preteso un referendum quanti fanno parte di un organo obsoleto dello Stato, le cui funzioni dovranno essere sottoposte a una necessaria revisione costituzionale, essendo divenuto un’assurdità il bicameralismo perfetto.

 

Nel 1963 con una revisione costituzionale parlamentare si cristallizzò il numero dei parlamentari in 630 deputati e 315 senatori, rendendo ininfluente sulla dimensione del Parlamento il mutamento della consistenza demografica del Paese. Questo fu fatto in violazione della Costituzione in cui era stato fissato il rapporto di un deputato ogni 80.000 abitanti o frazione superiore a 40.000, e di un senatore ogni 200.000 abitanti, o frazione superiore a 100.000 abitanti. Quando si violò il principio di una rappresentanza di tipo incrementale, che mutasse nel numero dei rappresentanti al variare della consistenza della popolazione, il sistema elettorale era proporzionale puro. Quella fu la prima violazione della Costituzione e tutti i partiti furono d’accordo. Questo per dire che i partiti, se si mettono d’accordo, fanno quello che vogliono della Costituzione. Siccome oggi son più litigiosi, han bisogno del maggioritario.

Questo poi senza considerare che è quanto meno assurdo che vi sia un deputato ogni 80.000 abitanti o, peggio, un senatore ogni 200.000. Come fanno a conoscerli tutti? Come fanno a soddisfare le loro istanze? Come fanno a rendicontare periodicamente? Ci sarà stata pure una ragione del fatto che il comunismo di Marx e Lenin ha sempre considerato formale la democrazia borghese? A me fa specie che uno come D’Alema affermi che un parlamentare deve fare gli interessi della nazione (cioè di una cosa astratta) e non delle realtà locali, che sono molto concrete. Non capisce che in un Parlamento nazionale ci si dovrebbe andare solo quando la situazione lo richiede, cioè quando il problema non può essere risolto a livello locale. Teme che i parlamentari facciano del clientelismo. Ma almeno col clientelismo esiste un vincolo di mandato. Nella situazione di oggi l’eletto fa quello che gli pare. Può passare con disinvoltura da un partito a un altro o finire nel gruppo misto, tanto non si dimetterà mai fino alla prossima legislatura (e se una legislatura dura un quinquennio, uno arriva a prendersi circa un milione di euro!). Sono stati proprio l’assenza di vincolo di mandato, unitamente al crollo degli ideali politici negli anni ’90, che han dato la stura al peggior individualismo tra i parlamentari. Su questo do ragione a Grillo.

Parlare di aumento di notabilato locale è ridicolo, poiché la crisi della rappresentanza parlamentare nazionale investe le democrazie occidentali in generale, sempre più soggette a condizionamenti internazionali, a poteri lobbistici, a tentazioni autoritarie che nessuna Costituzione potrà mai scongiurare, meno che mai in assenza di un contro-potere da parte della piazza. Quello che manca è l’impegno popolare extraparlamentare. Se ci fosse (anche un minimo), si chiederebbe la democrazia diretta del potere reale contro quella delegata del potere legale.

Oligarchia (cioè casta) e dittatura della democrazia rappresentativa esistono già da un pezzo. Riduciamone intanto il peso, poi se ne riparla. Tanto in Italia siamo fatti così: non essendo capaci di democrazia diretta, ci accontentiamo di votare l’opposizione quando il governo ci opprime, per poi rifare la stessa cosa la volta dopo. Tra l’una e l’altra decisione, indipendentemente dal sistema elettorale in vigore, dovremmo almeno puntare sul risparmio dei costi della politica. Con le tasse dei contribuenti non finanzierei neppure la stampa. Chi vuol leggersi i quotidiani se li compra.

In ogni caso la tendenza al maggioritario non la si cambia difendendo giuridicamente la Costituzione. Le strade qui sono due e non in alternativa: ci si deve fidare dei 5Stelle, perché ancora non abbiamo veri motivi per non farlo; si lotta per un sistema federale che dia ampi poteri agli enti locali territoriali, che devono iniziare a concepirsi in antagonismo rispetto allo Stato centralista.

 

Mi è stato contestato l’uso del termine “oligarchia”, in quanto in nome della democrazia chiunque può essere eletto. Il termine, secondo me, può essere inteso come “governo di pochi”, rispetto alla stragrande maggioranza del popolo (che è priva di qualunque potere effettivo), ma anche come “governo di pochi ricchi”, in quanto i parlamentari fruiscono di privilegi inusitati. Nell’antica Grecia oligarchia indicava il “governo dei ricchi” (come variante del governo aristocratico, basato su legami di sangue): lo si ritrova usato in questo senso sia da Platone nella Repubblica (550c) sia da Aristotele nella Politica (1290b). “Ricchi” o “pochi” sono equivalenti. Oggi in parlamento se entri da povero, perché la campagna elettorale te l’ha pagata il partito, dopo diventi ricco, perché hai privilegi che nessuno si può permettere. Quindi rispetto alla stragrande maggioranza dei cittadini, fai parte di una ristrettissima minoranza di ricchi. In tal senso “casta” (usato dai giornalisti) è solo un sinonimo metaforico di “oligarca” o di “privilegiato”. È evidente che in Parlamento non ci si entra perché appartenente a una casta aristocratica effettiva (blasonata): i titoli nobiliari non sono più riconosciuti dalla Costituzione del 1948.

 

Da notare che alla Camera dei deputati quando si trattò di votare la legge sulla riduzione dei parlamentari, che avrebbe modificato la Costituzione, erano presenti in 569 su 630, cioè il 90%. I favorevoli sono stati 553, ma già da questo si può capire che il numero dei parlamentari va ridotto. In due poi non hanno neppure votato e altri due si sono astenuti! Una legge di revisione costituzionale presa così alla leggera...

 

Il Parlamento italiano, tra il 1963 e il 2012, ha approvato 16 leggi di revisione costituzionale. A partire dal 1999 le maggioranze parlamentari hanno approvato in maniera unilaterale 9 diverse leggi di modifica della Costituzione. L’ultima risale al 2012. Il trend è chiaro e non lo si risolve né difendendo la Costituzione né rievocando il proporzionale puro, che non ci sarà mai più. Le strade qui sono due e non in alternativa: ci si deve fidare dei 5Stelle, perché ancora non abbiamo veri motivi per non farlo; si lotta per un sistema federale che dia ampi poteri agli enti locali territoriali, che devono iniziare a concepirsi in antagonismo rispetto allo Stato centralista.

 

Se vince il sì al referendum, i senatori a vita non potranno essere più di 5, mentre al momento sono 5 i senatori a vita che ogni presidente della Repubblica può nominare (non è previsto un numero massimo di senatori a vita che siedono in Palazzo Madama).

Lo vedi che il Senato, così com’è, è un’assurdità? Il luogo del privilegio per eccellenza, il luogo dei non eletti, come quando c’era la monarchia.

 

La carica di senatore a vita esiste, oltre che da noi, in Ruanda, Burundi, Congo e Paraguay. Anche i Lords inglesi sono nominati a vita dalla corona: sono 787 e spesso vengono conteggiati dai sostenitori del no al referendum insieme ai deputati per far credere che in England i parlamentari hanno maggiore rappresentanza. Come quando dicono che non possiamo paragonarci agli USA perché le nostre Regioni non sono paragonabili ai loro Stati federali. Intanto i consiglieri regionali spesso prendono stipendi che gli americani se li sognano. Inoltre il Titolo V ha dato ampi poteri alle Regioni, per cui alla fine la differenza non è poi così grande (in tanti campi gli stati americani rispetto al potere centrale non contano nulla). Se avessimo uno Stato federale non credo che i nostri Consigli regionali cambierebbero molto nel numero dei componenti: al massimo aumenterebbero le competenze. Questo poi senza considerare che se dovessimo commisurare la democrazia al numero dei parlamentari, dovremmo dire che gli inglesi sono i più democratici d’Europa. Peccato che dell’importanza della UE non capiscano nulla e che anzi stiano sempre dalla parte degli USA.

In ogni caso il titolo di “senatore a vita” è abbastanza ridicolo, in quanto non è detto che una persona di pur altissimi meriti artistici o scientifici sia in grado di votare con cognizione di causa sulle proposte di legge. Non a caso son quasi sempre assenti in aula.

Insomma l’istituto andrebbe abolito ma per i sostenitori del no la Costituzione non va toccata. È la più bella del mondo!

 

I sostenitori del no pensano che la democrazia rappresentativa parlamentare coincida con la democrazia tout-court. Non parlano mai di enti locali territoriali e soprattutto non credono nel valore della democrazia diretta. Non hanno alternative al sistema. Si fanno paladini di una Costituzione che dal punto di vista del socialismo andrebbe riscritta completamente.

 

Disse Berlusconi nel febbraio 2018: “Quando sono sceso in campo il pericolo erano i comunisti, oggi i Cinque stelle, una setta che prende ordini da un vecchio comico genovese. La loro regola sono l’opportunismo e la convenienza, sono incompetenti, non saprebbero amministrare un’edicola. Un governo 5Stelle è una barzelletta.”

Sembra di sentir parlare uno della sinistra radicale, che oggi al referendum vota no. Peccato che con lui trionfò il peggio del peggio: leggi ad personam, soldi buttati, ministri inquisiti, conflitti d’interesse, giornalisti silenziati, inchieste su magistrati di Mani pulite, promesse assolutamente non mantenute, rischio di fallimento economico del Paese, ecc.

 

Se i 27 Stati nazionali della UE venissero considerati come i 50 Stati degli USA, di quanto dovremmo diminuire il numero dei parlamentari? Perché dobbiamo avere un doppione? Magari senza saremmo anche molto più efficienti.

 

I sostenitori del no son quelli che non riescono a entrare in Parlamento perché con una soglia di sbarramento al 3% non ce la fanno. Ma cosa farebbero se questa soglia fosse al 4% come per le elezioni europee o al 5% come in Germania? E se anche riuscissero a entrare in Parlamento, quale governo riuscirebbero a formare, visto che si fa fatica anche con un 30%? Il sistema elettorale è già maggioritario, cioè già favorevole alla dittatura della politica. Non si garantisce più democrazia mantenendo 1.000 parlamentari invece che la metà. Non esiste neanche un caso di Parlamento, in cui, prima di trasformare la democrazia rappresentativa in una dittatura, vi sia stata una significativa riduzione dei suoi componenti.

Noi dobbiamo chiedere il decentramento decisionale della politica a livello di enti locali territoriali, se vogliamo garantire un minimo di democrazia. Quanto più i parlamentari sono lontani da tali enti tanto meno grandi devono essere i loro poteri.

 

I sostenitori del no dicono che se vince il sì, un singolo parlamentare rappresenterà una fetta di popolazione maggiore e le minoranze saranno meno rappresentate.

Ma una minoranza, se vuole diventare maggioranza, deve costruirsi un consenso fuori del Parlamento, nella società civile. Non è obbligatorio entrare in Parlamento per essere visibili. Ci sono anche gli enti locali territoriali

 

I sostenitori del no son quelli che non vogliono realizzare intese coi partiti maggiori per entrare in Parlamento. Sono i puri e duri delle passate ideologie, capaci solo di destabilizzare il sistema. Infatti se lo volessero davvero rovesciare, non si porrebbero neppure il problema di entrare in Parlamento.

 

I sostenitori del no danno i numeri sul numero dei parlamentari. L’Italia in Europa ha il maggior numero di parlamentari “eletti” direttamente dal popolo. Non è vero che è superata dal Regno Unito, poiché qui non si devono contare i lords, che non sono eletti. La Germania, che ha 83milioni di ab., ne ha 709 direttamente eletti, ben al di sotto dei nostri 945. Il Regno Unito, con 66milioni di ab., ne ha 650, e la Francia 577 con 67milioni di ab. Si dirà che là dove gli Stati sono federali il Senato svolge una funzione diversa dal nostro. Bene, allora prima di dare i numeri, dateci uno Stato federale, poi ne riparliamo.

In ogni caso, anche se dovessimo guardare l’insieme dei parlamentari, eletti e non eletti, prima di noi ci sono solo gli inglesi (1430) e continuano a venire dopo i francesi (925) e i tedeschi (778).

I sostenitori del no pensano che la matematica non sia un’opinione. Invece sbagliano anche qui.

 

Tra i Paesi OCSE un testo di legge deve essere approvato in identica formulazione da entrambe le Camere solo in Italia, Canada e Australia, ma solo in Italia un governo deve ricevere la fiducia da entrambe le Camere e può essere sfiduciato da un voto di entrambe.

Praticamente siamo unici al mondo. E poi ci si dice che i sostenitori del no al referendum vogliono solo difendere la Costituzione e non affossare il governo.

 

Ben 15 Paesi europei sono unicamerali: Bulgaria, Croazia, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Grecia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Portogallo, Slovacchia, Svezia. E non sono certo meno democratici di noi. O forse sì? Chiediamolo ai sostenitori del no al referendum, perché sembra siano gli unici a intendersi di democrazia.

 

In Romania l’equivalenza dei poteri tra le due camere è stata oggetto, nel 2009, di un referendum popolare che ha approvato a larga maggioranza l’abolizione del Senato e il passaggio a un sistema unicamerale. Tuttavia, ad oggi i risultati di quel referendum non sono stati messi in pratica.

Si vede che anche là si ama conservare le cose inalterate, nonostante l’evidenza voglia il contrario. In fondo la Romania è un Paese latino.

 

L’Italia è uno dei tre soli Paesi OCSE (oltre Canada e Australia) – e l’unico europeo – in cui un testo legislativo passa dall’una all’altra delle due Camere fino a quando non è approvato in identica formulazione. Oltre a questo, l’Italia è l’unico Paese OCSE in cui sia Camera che Senato hanno un rapporto fiduciario col governo.

Perché dobbiamo essere sempre così diversi dagli altri? Perché la politica da noi è concepita come un affare? Perché siamo un popolo di parolai litigiosi e inconcludenti? Chiedilo ai sostenitori del no al referendum, che vogliono lasciare le cose come stanno.

 

I Paesi più piccoli sono quelli dove gli abitanti sono maggiormente rappresentati: a Malta c’è un deputato ogni 7 mila abitanti, in Lussemburgo uno ogni 10 mila, a Cipro uno ogni 11 mila.

Lo vedi che piccolo è meglio? Se le nostre Regioni avessero un potere equivalente a quello dello Stato, tutte queste discussioni sarebbero inutili. Basta col centralismo. La vera democrazia è solo quella che puoi vivere in un territorio ristretto, dove ci si può controllare a vicenda, e se le cose non vanno, devi dare la colpa a te stesso.

Quindi la democrazia diretta è possibile solo a livello comunale. Al massimo intercomunale o regionale. Se avessimo un paese federale, l’eletto non avrebbe bisogno di recarsi a Roma tutti i giorni. Potrebbe farlo come in Svizzera, 4 volte l’anno per 3 settimane ciascuna, a discutere di problemi interregionali. Quanto più l’eletto si allontana dal proprio distretto, tanto meno forti devono essere i suoi poteri. Proprio perché può essere controllato di meno.

 

Sinceramente parlando non capisco quanti temono che la democrazia diretta possa provocare linciaggi da parte di approfittatori o di violenti o di “gruppi non-pensanti”. È terribile questo modo di considerare il proprio vicino di casa o chi partecipa a un Consiglio di quartiere o comunale. Se la criminalità organizzata inquina le istituzioni, è evidente che i cittadini devono organizzarsi autonomamente, finanche armandosi. Non possono aspettare l’intervento dello Stato, che spesso fa trattative segrete coi mafiosi. Fino ad oggi il peggio l’abbiamo avuto dalla democrazia parlamentare-nazionale, coi suoi diktat dal sapore dogmatico, al punto che per poterli mettere in discussione bisogna sempre scendere in piazza. Pensiamo solo a tutte le guerre locali e regionali che, in nome di una presunta “legalità internazionale”, ci hanno imposto dal secondo dopoguerra, in spregio dell’art. 11 della Costituzione, ma anche a tutte quelle missioni “colonialistiche” di pace che facciamo in mezzo mondo, spesso solo per supportare l’imperialismo yankee.

 

Nel discorso del 3 luglio 2017 il neoeletto Macron diceva di voler ridurre di un terzo il numero dei parlamentari (da 577 a 403 i deputati e i senatori da 348 a 244), al fine di porre termine al fenomeno della “proliferazione legislativa”, attraverso il miglioramento dell’efficacia dei lavori parlamentari, anche perché il Parlamento potesse destinare il tempo risparmiato in sede legislativa al controllo e alla valutazione. Per accelerare l’attività legislativa aveva proposto di riconoscere alle Commissioni parlamentari la possibilità di esprimere “un voto sulle leggi nei casi più semplici”. Inoltre pensava di accrescere il numero dei collaboratori a disposizione di ciascun deputato e senatore. Voleva una riforma della legge elettorale in senso proporzionale per 61 deputati su 404 sulla base di un’unica lista nazionale con soglia di sbarramento al 5%, nonché l’introduzione di un limite massimo di tre mandati parlamentari, destinato a garantire il ricambio delle classi politiche.

Com’è che a noi queste idee non vengono mai in mente? Per forza abbiamo i sostenitori del no favorevoli allo status quo.

Lo sbarramento è ormai diventato una “legge naturale”. La tendenza al bipolarismo esiste dai tempi del “Mattarellum” (1993) e da allora non si è più tornati indietro. La politica ha avuto paura di Mani Pulite e si è tutelata nella propria governabilità.

In ogni caso la soglia non supera il 5% in nessun Paese europeo. Noi italiani, abituati ad essere anarchici, abbiamo col “Rosatellum bis” il 3% (o il 10% in caso di coalizioni di cui almeno un partito deve avere il 3%). Se la sinistra radicale non riesce a entrare con una soglia del genere, ha solo due alternative: o cerca compromessi coi partiti forti, oppure lavora a livello locale, rinunciando al Parlamento, almeno finché non è in grado di avere significativi consensi. Quando si va al governo di un Parlamento borghese, di uno Stato borghese, non si può pretendere che il partito si comporti come se fosse in uno Stato socialista. Bisogna accontentarsi del meno peggio. Anzi, a dir il vero anche in uno Stato socialista il Parlamento andrebbe tenuto in subordine rispetto al valore locale-regionale della democrazia diretta, cioè andrebbe utilizzato solo per ciò che è trasversale alle Regioni e quindi non avrebbe bisogno d’essere convocato quotidianamente.

Anche per le elezioni europee la soglia al 5% è stata accettata da Francia, Germania, Polonia, Romania, Repubblica Ceca, Ungheria, Slovacchia, Croazia, Lituania, Lettonia.

Al 4% da Italia, Svezia, Austria.

Al 3% dalla Grecia.

Non hanno clausola di sbarramento: Paesi Bassi, Belgio, Portogallo, Bulgaria, Danimarca, Finlandia, Slovenia, Estonia, Lussemburgo, Irlanda e Malta (c’era anche Regno Unito).

 

“La campagna per un no insincero è un trappolone per destabilizzare il governo”. Lo ha detto Bersani, un politico che in un qualche governo di centro-sinistra avrebbero dovuto far lavorare di più, perché onesto, competente e soprattutto concreto.

Per me resta vero anche se il no è sincero, come quello di chi vuole difendere la Costituzione.

 

È che la democrazia rappresentativa parlamentare è alla frutta. Tagliare i parlamentari è una goccia in un oceano di problemi.

Se fossimo davvero propositivi dovremmo dire: il partito è espressione di un popolo. Il popolo è suddiviso in comunità locali, ognuna delle quali, attraverso la propria sezione del partito, propone un proprio candidato, che rappresenta quindi la comunità locale. In genere non è il popolo che tradisce il partito, ma il contrario. Se un eletto si dovesse trovare nella condizione di scegliere tra la fedeltà al proprio partito che l’ha candidato o alla comunità locale che l’ha eletto, dovrebbe scegliere la comunità locale.

Ma questa è un’ipotesi remota. Un partito che si pone contro la comunità locale non dovrebbe avere alcun futuro. Un partito che impone i propri candidati alla comunità locale farà inevitabilmente aumentare l’astensionismo. I militanti devono costruirsi sul territorio, in un rapporto con la comunità locale, il diritto alla propria candidatura. Un partito che non tenesse conto di questo rapporto avrebbe il fiato corto e la vista da miope.

 

Italia Viva di Renzi non vuol sentir parlare di sbarramento al 5% nella riforma elettorale da farsi.

Non siamo in Germania. Là sono seri, noi no. Oppure vogliamo sostenere che la Germania, con lo sbarramento del 5% che esclude i partitini, è un paese totalitario? O vogliamo forse sostenere che in forza di quel 5% la qualità degli eletti è piuttosto scarsa?

Personalmente non sono affatto convinto che riducendo il numero dei parlamentari, la qualità del loro senso etico e democratico aumenterà. Anzi, sono convinto che, sotto questo aspetto, votare sì o no sarà del tutto indifferente. Voglio solo dire che la democrazia rappresentativa ha avuto molto tempo per riflettere sulla propria corruzione, e non sembra proprio che l’onestà dei singoli parlamentari sia servita granché a ridurla o a eliminarla. Forse gli unici, tra i partiti con più voti, che si sono spesi a favore di un rinnovamento sono stati i 5Stelle, ancora troppo giovani per essere definiti “corrotti”. Ma è indubbio che, stando al governo di una democrazia meramente rappresentativa, anche loro saranno sempre più costretti a ridurre la radicalità delle loro proposte. Inevitabilmente si adegueranno al trend della casta. Il problema è che non si riesce a discutere di proposte o soluzioni che vadano al di là della democrazia delegata, neppure al cospetto di un referendum politico che cambierà la Costituzione. L’unico argomento dei no è l’onestà dei singoli parlamentari che vi possono accedere mantenendo lo status quo, quando in realtà in Parlamento contano soltanto i rapporti di forza.

 

D’Alema diceva che l’imbarbarimento della politica nazionale è causato anche dal fatto che ci s’improvvisa dei politici professionisti senza aver fatto alcuna scuola di partito. Può darsi. Ma è anche vero che i politici professionisti della I Repubblica avevano compiuto omicidi di stato, avevano svenduto l’Italia agli americani, erano collusi con la criminalità organizzata e si facevano finanziare in modo occulto. E lo facevano in un sistema elettorale proporzionale. Lo stesso D’Alema, insieme a Prodi, aveva inaugurato alla fine degli anni ’90 la stagione dei “bombardamenti umanitari”, permettendo alla NATO di usare le basi in Italia per “punire” la Serbia di Milosevic e disintegrare definitivamente la Jugoslavia. In nome della comunità internazionale si violava la legalità internazionale, nonché l’art. 11 della nostra Costituzione. Da allora l’involuzione della sinistra ha favorito la rinascita della destra più reazionaria. La democrazia rappresentativa parlamentare è diventata incontrollabile, sia essa proporzionale o maggioritaria. Votare no al referendum senza chiedersi in che modo creare una democrazia più vera, più diretta, non servirà alla società. In attesa che si capisca come creare un’alternativa, meglio ridurre le spese di una democrazia che rappresenta solo se stessa.

 

“Io, assieme a molti altri a sinistra, ho sempre proposto la riduzione dei parlamentari. Non certo per anti-parlamentarismo, ma per l’efficienza e l’autorevolezza della rappresentanza. Tutto questo naturalmente in un quadro di condizioni coerenti e necessarie.”

Lo ha detto Bersani. Sta parlando di efficienza e autorevolezza della rappresentanza, pur in presenza di una riduzione dei parlamentari. Il numero attuale dei parlamentari non è un totem da adorare. Di per sé non vuol dire nulla. 15 Paesi della UE hanno una sola Camera e non sono delle dittature.

 

Il recente disegno di legge di Federico Fornaro di Leu chiede l’allineamento elettorale attivo (18 anni) e passivo (25 anni) del Senato a quello della Camera. Chiede di eleggere i senatori su base circoscrizionale, anziché su base regionale, con l’obiettivo di impedire che le Regioni più piccole abbiano troppo pochi candidati (e quindi poca rappresentanza dei partiti minori) rispetto a quelle più grandi. Chiede che per l’elezione del capo dello Stato si abbassi da tre a due i delegati di ogni regione, in modo da bilanciarne il peso rispetto al Parlamento.

Passeranno delle cose così semplici? Prima alla Camera, poi il Senato farà una piccola variante, ritorna alla Camera, che forse mette un’altra variante conseguente alla precedente, così ritorna al Senato... Sembra un partita di ping pong. Si chiama bicameralismo perfetto. Un’assurdità che oggi condividiamo solo con la Romania e che i sostenitori del no vogliono difendere.

 

Costantino Ferrara scrive che col taglio dei parlamentari si risparmia ben poco rispetto a quanto si risparmierebbe eliminando gli enti statali e para-statali inutili (come noto ci costano 12-13 miliardi l’anno). Calderoli ne aveva individuati 1.612. Monti circa 500. Solo una cinquantina sono spariti.

Ferrara dice che si risparmierebbe di più chiudendo il Senato, anch’esso giudicato inutile a causa del bicameralismo perfetto (ci costa ogni anno 550milioni circa).

O addirittura si potrebbe ridurre il numero degli eletti in base alle percentuali dell’assenteismo. Ad es. se si dovessero votare 100 deputati e si fosse presentato alle urne il solo 50% degli elettori, allora i parlamentari eletti potrebbero essere solo 50, anziché i 100 previsti.

 

Lo si ammetta una volta per tutte. Si vuol far cadere il governo dicendo no al referendum per mandare su Draghi.

Draghi? Con lui altro che taglio dei parlamentari!

 

Per essere davvero autorevole un Parlamento dovrebbe essere composto di pochi membri, riconoscibili e controllabili dai cittadini, non da qualche decina (forse meno) di rappresentanti che decidono, più una pletora di peones, che schiacciano il bottone a seconda del pollice del capogruppo. Oltretutto la prevalenza numerica dei peones è stata nelle recenti legislature messa a repentaglio dai transumanti, vergogna cui ci si è assuefatti, ma che rende ogni discorso numerico sulla dignità del Parlamento una cornucopia di ipocrisia o cecità.

Lo dice, non senza la sua solita retorica, Paolo Flores d’Arcais su “MicroMega”.

 

“MicroMega” 34 anni fa chiedeva una sola Camera, formata di pochi deputati (un centinaio) e un collegio unico nazionale, che scoraggerebbe il deputato dalla presentazione di leggine a sfondo localistico.

Questo sarebbe giusto a una sola condizione, che i veri poteri legislativi, utili a livello territoriale, sulla base delle specificità locali, venissero affidati alle Regioni.

Al Parlamento dovrebbe spettare un compito di indirizzo generale (sulla base di un testo costituzionale condiviso), di coordinamento delle sperequazioni regionali, di progettazione su opere trasversali alle Regioni.

 

L’Italia ha oggi, con 945 parlamentari eletti e 60,4 milioni di abitanti, un rapporto di 1 eletto ogni 64 mila persone. Se passasse la riforma costituzionale, con 600 parlamentari eletti, avrebbe un rapporto di un eletto ogni 101 mila persone.

Anche dopo la riforma costituzionale, avrebbero un rapporto “peggiore” la Germania (1/117 mila), la Francia (1/116 mila) e l’Olanda (1/115 mila) e uno molto simile il Regno Unito (1/102 mila).

Gli altri Paesi hanno una rappresentanza “migliore”: Malta addirittura ha un parlamentare ogni 7 mila abitanti!

 

I dati della Camera, con riferimento al 2018, rilevano che essa ha speso 144,9 milioni di euro per i suoi parlamentari, tra indennità e rimborso delle spese. Un totale di circa 230.000 euro l’anno per ogni deputato. Questa cifra, moltiplicata per 230 parlamentari tagliati, produrrebbe un risparmio di 52,9 milioni di euro annui.

Prendendo sempre a riferimento il bilancio 2018-2020, il Senato spenderebbe 249.600 euro l’anno per ogni senatore. Se dalla prossima legislatura scattasse il taglio di 115 senatori, il risparmio sarebbe di 28,7 milioni l’anno. In totale il taglio dei parlamentari di Camera e Senato produrrebbe un taglio di 81,6 milioni annui.

Si tratterebbe rispettivamente del 5,5% delle spese totali di Montecitorio e del 5,4% sul totale di quanto spende Palazzo Madama.

Questa stima tuttavia è da considerarsi imprecisa, perché non tiene conto dei possibili risparmi che avrebbero le due Camere per il semplice fatto di dover ospitare e mantenere coi loro smisurati privilegi 345 persone in meno.

Quindi alla fine han ragione i 5Stelle a parlare di 100 milioni l’anno, e non Cottarelli, cui i seguaci del no si rifanno.

 

I fascioleghisti voteranno no al referendum. Questione di giorni. Me l’ha detto quella buonanima di Moro in una seduta spiritica. Questa volta Prodi non c’era. Mi ha detto anche che la sinistra radicale, per avere la conferma, deve evocare lo spirito di Gallinari.

 

Se tutti i partiti dal 1983 ad oggi han cercato di ridurre il numero dei parlamentari, e i partiti rappresentano la volontà popolare, perché esiste ancora una larga fetta della popolazione che si oppone a questa riduzione? Perché questa fetta rappresenta l’antipolitica, per cui tende a bocciare qualunque cosa facciano i partiti di diverso dalla Costituzione. O forse perché dentro questa fetta c’è qualcuno che ambisce a entrare in Parlamento, anche a costo di non contare nulla? Il popolo si illude che la Costituzione sia l’ultimo baluardo contro la partitocrazia.

 

Quando li tocchi sul vivo saltano sulla poltrona, urlano e stramazzano. Siamo nel luglio 2016. Si vota il bilancio della Camera. Il M5Stelle presenta una serie di proposte per un taglio radicale dei costi della politica. Tutte bocciate. Cosa chiedevano?

– Tagliare 805mila euro di spese sanitarie che paghiamo a favore degli onorevoli;

– Eliminare indennità di carica dei deputati;

– Stipendio da 5mila euro lordi, rimborsi solo con rendicontazione da pubblicare sul sito della Camera;

– Rendicontare, in ogni caso, le spese “per l’esercizio del mandato” e pubblicarle sul sito della Camera;

– Riduzione del contributo ai gruppi parlamentari del 20 per cento (vi costano 32milioni di euro l’anno);

– Rimborso spese viaggi solo se in diretta connessione con il mandato parlamentare (8.450.00 euro la spesa complessiva);

– I deputati si paghino di tasca propria i pasti (attualmente c’è un contributo di 3.145.000 euro a favore dei parlamentari per i loro pasti alla mensa della Camera);

– Equiparare il trattamento pensionistico dei deputati a quello dei dipendenti della PA, passando al modello contributivo e fissando il tetto di 3mila euro massimi degli assegni (attualmente ci costano 135.360.000 euro);

– Sopprimere l’assegno di fine mandato (303.373 euro spesi nel 2015) o uniformarlo al trattamento di fine rapporto;

– Vitalizi per condannati: inserire abuso d’ufficio e comprendere condanna sopra i due anni per delitti colposi, consumati o tentati, con pena massima a 4 anni ed escludere la riabilitazione e la reversibilità;

– Procedere all’eliminazione dell’autorimessa della Camera lasciando una sola auto di servizio a disposizione del presidente qualora non abbia già una scorta predisposta dal ministero dell’Interno (costo 210mila euro) e stipulare convenzioni con compagnie di car sharing a cui attribuire i posti nel parcheggio della Camera senza che, però, i parlamentari abbiano diritto di prelazione.

Il costo di un deputato è quasi 10 volte il PIL pro-capite, mentre quello di un inglese è solo 6,6 volte. Sono anni e anni che ci diciamo che la politica costa troppo. Craxi ammise d’aver rubato proprio perché la politica ha costi insopportabili, anche se aggiunse che tutti i partiti sono costretti a farlo. Perché è così difficile accettare l’idea di ridurre il numero dei parlamentari in un Paese che ne ha in Europa più di tutti gli altri? E anche pagati più di tutti gli altri...

Inoltre non ho capito perché i sostenitori del no mettono la spesa risparmiata per ogni parlamentare in meno (se vincono i sì) in relazione al numero totale degli italiani (nel senso che ogni cittadino risparmierebbe una scemenza)? Per me quella spesa andrebbe rapportata al numero effettivo dei contribuenti, cioè di coloro che pagano le tasse (è da queste tasse che i parlamentari ricavano i loro stipendi e privilegi), oppure in rapporto alla effettiva spesa pubblica complessiva dello Stato (che include scuole, burocrazia, tribunali ecc.), oppure alla spesa che lo Stato sostiene per tenere in piedi il Parlamento (che poi i Parlamenti sono due: l’altro è quello europeo). Questo per dire che fanno dei conteggi, sulla scia di Cottarelli, che non hanno alcun senso. Quanti disprezzano il risparmio di 97 milioni all’anno, facciano un piccolo calcolo e avranno 95.000 pensioni di sopravvivenza di 600 euro (circa la pensione minima). Non fate i puristi della democrazia delegata. I poveri non vi capiranno.

 

Tra i 27 Paesi UE solo 12 hanno due Camere, mentre 15 sono unicamerali. Dei 12 con due Camere, solo 4 le eleggono entrambe a suffragio universale (Italia, Romania, Repubblica Ceca e Polonia) e di questi solo Italia e Romania hanno il bicameralismo perfetto. Tuttavia in Romania la riforma costituzionale del 2003 ha stabilito aree di competenza separate per le due Camere per l’approvazione dei progetti di legge e delle proposte legislative. Quindi quell’assurdità chiamata bicameralismo perfetto esiste di fatto solo da noi.

E poi uno non deve parlare di ridurre la casta.

 

Ma perché la Meloni lavora così poco in Parlamento? Perché non le fanno delle trattenute sullo stipendio? E pensare che potrebbe contribuire a fare proposte su tanti argomenti nelle commissioni. Le sue competenze sono sterminate: migranti accoglienza migranti asilo politico soppressione di posti di lavoro banca donna lotta contro la criminalità pensionato violenza sessuale diritti umani diritto migrazione illegale gestione flussi esterni sicurezza pubblica terrorismo inchiesta giudiziaria società risoluzione università vittima e altri 748 argomenti! Questa donna ne sa più di Wikipedia!

Il problema è che la partecipazione alle commissioni non è obbligatoria. Invece dovrebbe esserlo. Come quando a scuola si dice a uno studente: devi frequentare almeno i tre quarti delle ore di lezione, altrimenti sei bocciato d’ufficio. Quante ore fa Salvini in commissione visto che è continuamente in campagna elettorale? Quante ore faceva al suo Ministero quand’era al governo coi 5Stelle? Praticamente niente. Non è capace di lavorare assiduamente.

E pensare che molti parlamentari sembrano tuttologi di natura: possiedono competenze mostruose in molti campi dello scibile umano. Potrebbero tranquillamente passare da una commissione all’altra, da un ministero all’altro, anche se tanti, in realtà, non partecipano ad alcuna commissione, e stanno lì, da 20 anni, a pensare se davvero conviene ridurre il Senato a un organo rappresentativo delle Regioni, con funzioni del tutto diverse dalla Camera.

Io so solo che non possiamo trasformare il Senato in quell’obbrobrio che hanno i francesi per colpa del loro centralismo: un ripiego per i politici di fine carriera.

 

Nel periodo 2013-17 ci sono stati parlamentari che hanno detenuto record di assenze:

– per quanto riguarda i deputati il meno presente è stato Antonio Angelucci, assente nel 99,6% delle sedute, seguito da Marco Martinelli assente nell’88% delle votazioni (entrambi di Forza Italia). Al terzo posto Filippo Piccone di Ap-Ncd con 86% di assenze e poi Giorgia Meloni leader di Fratelli d’Italia assente nell’85% delle votazioni.

– Tra i senatori il meno presente è stato Niccolò Ghedini con 99,2% di assenze, seguito da Denis Verdini con il 90% di assenze e da Giulio Tremonti con l’81%.

Io vorrei chiedere ai sostenitori del no. Sei sicuro di votare per difendere la Costituzione e non invece perché speri un giorno di avere una carica politica che ti permetta di fare la bella vita?

Taglia la casta e non illuderti sulle loro intenzioni. È il sistema che li rende indifferenti ai problemi della gente.

 

Lo sai quanto lavora in media un parlamentare? Te lo dice Openpolis. Per i deputati la media lavorativa è di 20,7 ore settimanali. Per i senatori è di 12,5 ore. Il dato si amplia per chi lavora nelle commissioni (27 ore alla Camera e 22,6 al Senato).

Per me dovevano anzitutto chiedere l’abolizione del senato, visto che 15 Paesi su 27 nella UE non l’hanno e quelli che l’hanno rifiutano l’assurdo bicameralismo perfetto. E non è che quei Paesi siano meno democratici di noi. Ma capisco che l’obiettivo sarebbe stato infattibile.

Almeno però chiedete che si lavori dal lunedì al venerdì, altrimenti è meglio farla finita con una democrazia rappresentativa che rappresenta solo se stessa.

Taglia la casta. Non ti fidare delle loro promesse.

 

Ecco l’elenco dei benefici dei parlamentari italiani:

STIPENDIO: 26.150 € al mese (lordi)

PORTABORSE: circa 5.030 € al mese (generalmente parente o familiare);

RIMBORSO SPESE AFFITTO: circa 3.900 € al mese;

INDENNITÀ DI CARICA: (da 335 € circa a 9.455 €);

TUTTI ESENTI DA TASSE

Più:

TELEFONO CELLULARE: gratis;

TESSERA DEL CINEMA: gratis;

TESSERA TEATRO: gratis;

TESSERA AUTOBUS gratis;

METROPOLITANA: gratis;

FRANCOBOLLI: gratis;

VIAGGI AEREO NAZIONALI: gratis;

PEDAGGI AUTOSTRADE: gratis;

PISCINE E PALESTRE: gratis;

FERROVIE DI STATO: gratis;

AEREO DI STATO: gratis;

AMBASCIATE: gratis;

CLINICHE: gratis;

ASSICURAZIONE INFORTUNI: gratis;

ASSICURAZIONE MORTE: gratis;

AUTO BLU CON AUTISTA: gratis;

RISTORANTE: gratis (nel 2018 hanno mangiato e bevuto gratis per 2.472.000 €).

Inoltre: Intascano uno stipendio e hanno diritto alla pensione dopo 35 mesi in Parlamento. Circa 193.000 euro li incassano col rimborso spese elettorali (in violazione alla legge sul finanziamento ai partiti), più i privilegi per quelli che sono stati Presidenti della Repubblica, del Senato o della Camera (es.: hanno a disposizione e gratis un ufficio, una segretaria, l’auto blu e una scorta sempre al loro servizio). La sola Camera dei deputati costa al cittadino 3.215 euro al minuto!

Taglia la casta prima che la casta tagli te!

 

Il Parlamento regala a ogni senatore un plafond supplementare da 1.500 euro l’anno per farsi “una depressoterapia intermittente”. Una somma che può essere spesa anche per “una idrochinesiterapia” (si fa in piscine termali) e pure – se si tiene alla linea – per “drenaggio linfatico manuale”.

Il tariffario di Palazzo Madama prevede anche “sedute individuali di training per dislessici”, e prevede risarcimenti di quasi mille euro al mese per pagare un infermiere in caso di bisogno (il servizio si può estendere anche ai genitori del senatore).

Il senatore può presentare anche fattura per un paio di scarpe ortopediche da 600 euro e se colto da attacchi d’ansia può spendere 5 mila euro l’anno per sedute dallo strizza-cervelli.

I parlamentari hanno la tessera che permette di viaggiare gratis.

E le leggi non le fanno più Camera e Senato, ma queste si limitano ad approvare quelle di iniziativa del governo.

 

In Svizzera i parlamentari esercitano la loro funzione rappresentativa in base al sistema di milizia, ossia assumono il mandato politico quale attività accessoria, generalmente a fianco di un’altra attività lavorativa.

Un parlamentare svizzero percepisce uno stipendio che corrisponde più o meno allo stipendio di direttore di una piccola impresa informatica. Cioè circa 110mila euro l’anno, contando i rimborsi spese. Senza questi rimborsi ha una retribuzione di circa 60mila euro.

In Italia, contando i rimborsi, un parlamentare arriva al doppio, se non al triplo. I conteggi di Cottarelli sono ridicoli. Neanche lo stesso parlamentare sa quantificare finanziariamente sin dove arrivano i suoi privilegi.

I politici italiani rimangono tra i più pagati in Europa. Bisogna tagliare la casta perché la casta non si taglia da sola i privilegi.

Infatti un parlamentare americano prende sui 153.000 euro, un nipponico 124.000 euro, un austriaco 120.000 euro, un brasiliano 110.000 euro, un tedesco 109.000 euro, un inglese 95.000 euro.

 

Retribuzione di un parlamentare in Svizzera, privo di incarichi rilevanti. Per i lavori preparatori una retribuzione annua di 26.000 franchi. (1 franco=0,93 euro). Per ogni giorno di presenza alle sedute delle Camere è versata una diaria di 440 franchi. Le Camere si riuniscono in genere 4 volte l’anno. Ogni sessione dura tre settimane. Sono possibili sessioni speciali e straordinarie.

Ai parlamentari che, su incarico di una commissione, presentano una relazione orale al Consiglio è versata un’indennità supplementare pari a metà della diaria.

I parlamentari che abitano lontano e devono effettuare lunghi tragitti per recarsi a Berna ricevono anche un’indennità di percorso di 22,50 franchi per ogni quarto d’ora di viaggio tra il domicilio e Berna che supera i 90 minuti.

A copertura delle spese di personale e di materiale connesse all’adempimento del mandato parlamentare, ai membri delle Camere è versata un’indennità annua di 33.000 franchi.

Vi è anche l’indennità per il vitto di 115 franchi per giorno di seduta; l’indennità di pernottamento di 180 franchi, versata per ogni pernottamento tra due giorni di seduta consecutivi, sempre che la distanza dal luogo di domicilio non possa essere percorsa in 30 minuti al massimo utilizzando i mezzi pubblici o sia superiore a dieci chilometri in linea d’aria. Per le attività all’estero l’indennità per il vitto e quella di pernottamento ammontano complessivamente a 395 franchi al giorno.

A copertura delle spese di viaggio i parlamentari possono scegliere di ricevere un abbonamento generale di prima classe o un contributo forfettario di importo corrispondente al costo dell’abbonamento generale; per le manifestazioni all’estero la Confederazione rimborsa i costi di viaggio effettivi.

Le indennità per il rimborso delle spese non sono imponibili e su di esse non vanno versati contributi sociali.

Il parlamentare deve assicurarsi a sue spese contro le malattie e gli infortuni che possono sopravvenire durante l’attività parlamentare. Nel caso in cui si trovi all’estero le spese sono a carico dalla Confederazione, sempre che non siano assunte dall’assicurazione contro le malattie e gli infortuni del parlamentare. Se è impossibilitato a partecipare a una seduta in seguito a malattia o infortunio, ha diritto a un adeguato importo sostitutivo della diaria persa. La parlamentare in congedo maternità riceve un importo pari al 100% della diaria.

L’importo sostitutivo della diaria è imponibile e su di esso sono dovuti i contributi sociali.

A titolo di compensazione per le perdite finanziarie che un parlamentare con un’attività professionale subisce nell’ambito della previdenza professionale a causa del mandato parlamentare, la Confederazione gli versa fino all’età di 65 anni compiuti un contributo previdenziale pari a 13.652 franchi. Il parlamentare finanzia l’indennità di previdenza in ragione di un quarto. Sui versamenti effettuati in un istituto di previdenza non sono dovuti i contributi sociali. Il contributo della Confederazione alla previdenza privata per la vecchiaia costituisce reddito imponibile.

La Confederazione versa ai parlamentari una prestazione complementare agli assegni familiari cantonali se questi ultimi sono inferiori a:

373,45 franchi per il primo figlio che ha diritto all’assegno,

241,15 franchi per ogni ulteriore figlio che ha diritto all’assegno,

262,70 franchi per ogni ulteriore figlio che ha diritto all’assegno, ha compiuto il sedicesimo anno d’età e segue una formazione.

Gli assegni familiari sono imponibili ma su di essi non sono dovuti i contributi sociali.

 

In Italia ogni parlamentare ha a disposizione fino a 62.000 euro all’anno per coprire le sue spese. Oltre ai rimborsi per spese del personale (da giustificare, ma solo nella misura del 50%), telefoniche o di trasferimento, i deputati hanno pure una tessera per la libera circolazione ferroviaria, marittima e aerea sul territorio nazionale e diversi privilegi, come un parrucchiere gratuito (o meglio i parrucchieri, ve ne sono infatti quattro) a Montecitorio.

In Francia la cosiddetta “indennità rappresentativa per i costi di mandato” ammonta a quasi 70.000 euro all’anno, mentre per i collaboratori vi sono a disposizione 114.000 euro. E naturalmente treni gratuiti in prima classe su tutto il territorio nazionale e fino a 80 voli interni.

In Gran Bretagna, oltre a un forfait per le spese di 14.500 euro annui, ogni deputato può farsi rimborsare tutti gli esborsi legati alla sua attività parlamentare. In media 115.000 euro all’anno. La Gran Bretagna è però anche uno dei Paesi più trasparenti: tutte le singole voci di spesa di ogni parlamentare possono infatti essere consultate su un sito internet. Londra è corsa ai ripari nel 2009, dopo un articolo che svelava l’uso non proprio virtuoso del denaro dei contribuenti da parte dei membri della Camera dei Comuni.

Una trasparenza che regna anche negli Stati Uniti, ma che non impedisce ai deputati USA di conquistare il titolo di campioni in materia di rimborsi per le spese di personale, di viaggi e di materiale vario. Oltre a un salario annuo di 153.000 euro, i rappresentanti del Congresso possono spendere senza troppo contare: nel 2012, ogni deputato ha infatti ricevuto in media 1,15 milioni di euro. Se paragonati ad alcuni dei loro pari stranieri, i 246 membri del Parlamento svizzero hanno quindi ancora un certo margine prima di poter essere tacciati di spendaccioni.

 

Quanto ai deputati europei, complessivamente guadagna almeno 150.000 euro all’anno. Inoltre il Parlamento europeo versa un forfait di 306 euro per giorno di presenza e rimborsa le spese di viaggio su presentazione di un documento giustificativo.

 

Giorgio Napolitano incassò nel 2010 un appannaggio complessivo di circa 239 mila euro. Un bello stipendio che impallidisce di fronte ai 259 mila euro lordi che può arrivare ad incassare ogni anno un semplice stenografo parlamentare, e miseramente si inchina al confronto dei 370 mila euro percepiti da un consigliere parlamentare all’apice della carriera.

Pure i commessi possono portare a casa più dei magistrati e le segretarie (8 mila netti mensili) quasi il doppio (4.500 netti) del primario di un reparto di neurochirurgia del Sistema sanitario nazionale.

A Palazzo Madama per il personale di ruolo e quello in quiescenza si spendono complessivamente (dati 2011) 236 milioni di euro l’anno. Di questi, 136 se ne vanno per pagare gli stipendi dei dipendenti in servizio e più di 97 milioni per fare fronte alle pensioni degli ex.

Ancora più costoso si rivela il personale della Camera (1.642 persone) che, nello scorso anno, ha assorbito 256 milioni per le retribuzioni e oltre 204 per le pensioni.

A Montecitorio gli stipendi del personale sono onnicomprensivi (sommano straordinari e lavoro notturno) e pagati per 15 mensilità. Gli operatori tecnici (operai, barbieri, autisti) iniziano con uno stipendio di 2 mila 300 euro lordi per arrivare a 9.461 euro all’apice della carriera con 35 anni di anzianità.

Un gradino sopra ci sono gli assistenti (commessi e addetti alla vigilanza) che, pur iniziando con una paga mensile di 2.600 euro, finiscono poi con la stessa retribuzione degli operatori. Seguono i collaboratori tecnici (2.319 euro il primo stipendio, quasi 11 mila al top della carriera), quindi i consiglieri, che entrano nei ruoli con 5 mila euro e finiscono con la bellezza di 23.825 euro lordi al mese. Al top, ovviamente, il segretario generale con i suoi 28.152 euro mensili.

Accanto allo stipendio, a chi svolge ruoli dirigenti viene riconosciuta un’indennità di funzione che si traduce in altri 410 euro netti mensili per l’assistente superiore, 1.198 per il consigliere caposervizio,1.450 per il vicesegretario e ben 2.207 euro per il segretario generale.

Al Senato, per funzioni pressoché identiche, i dipendenti guadagnano ancora di più. Gli assistenti parlamentari (compiti manuali e di vigilanza) arrivano a riscuotere quasi 10 mila euro lordi al mese; i coadiutori (segreteria e archivistica) circa 12 mila; i segretari (ricerca e progettazione) più di15 mila; gli stenografi oltre 17 mila, i consiglieri ben 24.672 che, in un anno, fanno 13 mila in più rispetto ai colleghi della Camera.

Taglia la casta prima che la casta tagli te!

 

Ho l’impressione che i 5Stelle siano un po’ ingenui a pensare che siccome in Parlamento hanno ottenuto una maggioranza schiacciante sul taglio dei parlamentari, dovranno per forza averla anche nel referendum. Come se non sapessero che la casta rappresenta solo se stessa e che all’ultimo minuto, se la destra vuol far cadere il governo, può cambiare facilmente idea. Quelli han votato sì solo perché per un momento si sono vergognati di sentirsi dire ch’erano dei privilegiati da un movimento che in nome dell’antipolitica è riuscito ad andare al governo. Prima del tradimento “scolorocci il viso”.

E comunque temo che i 5Stelle, pur essendo nati in nome dell’antipolitica, una volta entrati in Parlamento cominceranno a ridurre le loro pretese. Diventando poi partito di governo si rovineranno del tutto. È il sistema che non funziona più. I politici devono essere periodicamente controllati, rendicontando ciò che fanno, altrimenti non ne usciamo. Questo lo possono fare solo a livello locale, o con delle piattaforme virtuali, ma bisogna farlo.

 

I deputati usufruiscono di tessere per la libera circolazione autostradale, ferroviaria, marittima ed aerea per i trasferimenti sul territorio nazionale. Per i trasferimenti dal luogo di residenza all’aeroporto più vicino e tra l’aeroporto di Roma-Fiumicino e Montecitorio, è previsto un rimborso spese trimestrale pari a 3.323,70 euro, se il deputato deve percorrere fino a 100 km per raggiungere l’aeroporto più vicino al luogo di residenza ( 3.995,10 euro se la distanza da percorrere è superiore a 100 km).

Ma Cottarelli le sa queste e tante altre cose sui privilegi parlamentari? Perché non le ha aggiunte ai suoi ridicoli conteggi? La gente pensa a un risparmio equivalente a una tazzina di caffè.

Taglia la casta! E taglia anche l’Osservatorio di Cottarelli!

 

I privilegi dei parlamentari sono enormi, non si possono guardare solo stipendi e indennità.

Il computo di Cottarelli, ripreso da tutti i maggiori quotidiani e dai sostenitori del no al referendum fa ridere. Persino quello dei 5Stelle andrebbe maggiorato di molto. È che quando si fanno i calcoli ci si vergogna di come stanno effettivamente le cose.

P.es. ciascun deputato ha diritto ad accreditare due collaboratori. Gli stipendi sono pagati con fondi della Camera. I servizi bancari sono offerti dal Sanpaolo Banco di Napoli. Ci sono quattro uffici, di cui uno riservato esclusivamente ai deputati, i quali godono di condizioni di favore sia per i conti correnti sia per i mutui. Ci sono due uffici postali: uno a Montecitorio e un altro nel palazzo dei gruppi in via Uffici del Vicario. A ciascun deputato spetta un plafond per le spese postali. Alla Camera ci sono tre agenzie di viaggi, gestite dalla Carlson Wagon lits. A ciascun deputato vengono rilasciate speciali tessere per usufruire gratuitamente del trasporto aereo e ferroviario e per viaggiare in autostrada senza pagare il pedaggio. I deputati ed i loro familiari possono iscriversi a un fondo per l’assistenza sanitaria integrativa. A palazzo Montecitorio c’è un ambulatorio della Asl RMA e un’ambulanza sempre pronta per le emergenze. Nei sotterranei della Camera c’è anche una sauna riservata ai parlamentari. La barberia di Montecitorio è riservata a deputati e, quando non c’è seduta, ai giornalisti parlamentari. Per le deputate, la Camera mette a disposizione buoni da utilizzare nei parrucchieri convenzionati. A disposizione dei deputati un patrimonio bibliografico di oltre un milione di volumi e 5mila periodici raccolti nella biblioteca di San Macuto. Una sala a palazzo Montecitorio è a disposizione dei deputati che possono richiederne l’uso per incontrare i giornalisti. I deputati hanno diritto a corsi gratuiti e personalizzati di informatica e di lingue straniere. Disponibile anche un servizio di interpreti. In Piazza del Parlamento c’è un parcheggio per i parlamentari, ma i posti sono limitati. A tutti i deputati spetta il permesso per l’accesso alla zona a traffico limitato di Roma. I deputati hanno un ristorante a Montecitorio a loro riservato. Per il caffè e uno spuntino veloce c’è la buvette in Transatlantico. La ristorazione è assicurata anche dai self service di Montecitorio, di Palazzo Marini e di palazzo San Macuto. Da tutti gli apparecchi nelle sedi della Camera è possibile chiamare i numeri della zona di Roma. Ciascun deputato ha a disposizione un plafond di scatti telefonici. Quelli dei deputati hanno sede a Palazzo Marini e sono assegnati dal presidente del gruppo di appartenenza. Ogni ufficio è attrezzato con postazioni informatiche connesse a internet, telefoni e televisori per seguire le sedute dell’Aula. Le agenzie di stampa italiane e le principali agenzie straniere sono tutte consultabili da computer interni alla Camera e anche dall’esterno, tramite intranet. Nella sala di lettura attigua al Transatlantico sono disponibili i maggiori quotidiani e periodici italiani, i cui arretrati sono consultabili su richiesta. Ogni giorno viene predisposta una rassegna stampa disponibile via internet. Distribuisce tutti gli atti e le pubblicazioni di Camera e Senato che su richiesta vengono spediti al domicilio del deputato. Un ufficio aiuta i deputati a compilare le dichiarazioni dei redditi. Eccetera.

Non basta parlare di indennità parlamentare, diaria, rimborso delle spese per l’esercizio del mandato, assegno di fine mandato, pensione... Neppure i parlamentari sanno esattamente l’importo complessivo dei loro privilegi.

 

Alla Camera dei Deputati gli stipendi del personale non parlamentare possono contare su aumenti biennali del 2,5% e interessano 1.494 dipendenti, divisi in 5 livelli retributivi in base alla complessità del lavoro, alla sfera di autonomia e alle connesse responsabilità. Il segretario generale è ai vertici della piramide retributiva (406.399,02 euro, in aumento del 2,5% ogni due anni) così composta:

176 consiglieri parlamentari: stipendio d’ingresso pari a 64.000 euro e dopo 40 anni può raggiungere la cifra record di 358.000 euro.

4 interpreti e traduttori: al netto 2.445,20 euro, ma lo stipendio massimo può superare i 3.600 € netti al mese.

288 tra documentaristi, tecnici e ragionieri: stipendi tra 40.000 euro e 237.000 euro.

397 segretari parlamentari: stipendi tra 34.000 euro e 156.000 euro.

156 collaboratori tecnici audio o video: dopo 10 anni possono godere già di uno stipendio superiore ai 61.000 euro, che superano i 101.000 dopo 20 anni, i 136.000 dopo 30, i 145.000 dopo 35 e i 152.000 dopo 40 anni.

411 assistenti parlamentari (commessi): retribuzione d’ingresso supera i 34.000 euro.

59 operatori tecnici (centralista, elettricista, barbiere...): stipendio d’ingresso pari a 30.351,39 euro, che possono diventare più di 50.000 dopo 10 anni, oltre 89.000 dopo 20, superare i 121.000 dopo 30, i 127.000 dopo 35 e addirittura raggiungere quota 136.000 dopo 40 anni in attivo.

A ciò vanno aggiunte:

- indennità di funzione;

- indennità contrattuali;

- indennità di lavoro festivo e notturno.

Sono 520 i dipendenti che guadagnano più dei nostri 630 rappresentanti a Montecitorio.

Anche questa è una casta da tagliare.

 

Col taglio dei parlamentari saremo i primi, perché gli italiani sono lungimiranti, e gli altri Paesi europei stanno già pensando di imitarci. In Germania la grande coalizione di CDU e SPD ha trovato un accordo sul taglio graduale del numero dei parlamentari che si completerà fino al 2025. Per la Merkel era insopportabile vedere un Bundestag composto da 800 componenti. In Francia un progetto di legge presentato dal governo di En Marche è intenzionato a ridurre il numero dei parlamentari di un quarto: da 577 a 404 membri.

 

Enrico Letta vota come i 5Stelle perché ha visto che han copiato dalla sinistra sul taglio dei parlamentari.

 

Renzi è sulla stessa linea di Rutelli: non si esprime sul referendum. Ma come, proprio lui che voleva portare i senatori a meno di 100 e quasi a costo zero!

Mettete la soglia di sbarramento al 5%, così ci liberiamo anche di lui... Uno che è riuscito a distruggere l’ultima linea di sinistra del PD, dopo aver ottenuto alla Camera ben 388 seggi e alle europee il 40% dei voti, non merita d’essere definito “democratico”.

 

La solita sinistra ingenua, che pensava di vincere facilmente il referendum, visto che in Parlamento la maggioranza era stata schiacciante. Ora si è accorta che esiste una serpe in seno che vuol far cadere il governo, nella speranza che Draghi diventi premier. Tutti giochini ridicoli che manderanno su i fascioleghisti. Come gli appelli alla Costituzione da parte della sinistra radicale, che non è entrata in Parlamento col proporzionale, figuriamoci se vi riesce col maggioritario. Ancora non ha capito che prima deve creare un vero partito extraparlamentare, esattamente come han fatto i 5Stelle.

I 5Stelle han preso il 32% dei voti perché hanno usato non gli strumenti istituzionali, ma le piazze, i meeting, un blog e altre piattaforme virtuali (meetup, Rousseau). Si sono autofinanziati e in nome dell’antipolitica sono diventati il primo partito a livello nazionale. Cosa manca alla sinistra per ripetere questo clamoroso successo? Un leader o la capacità di comunicare alle grandi masse?

 

Nel recente dossier dell’istituto Cattaneo è scritto: “Anche estendendo lo sguardo oltre ai confini della UE, i parlamentari italiani sono e resterebbero di più, in rapporto alla popolazione, dei parlamentari di tutti gli altri grandi Paesi democratici extra-europei. Con 945 membri il Parlamento italiano risulta terzo al mondo, solo dopo l’Assemblea nazionale del popolo cinese (che non è un vero e proprio Parlamento, in quanto i suoi componenti si riuniscono in plenaria per una sola sessione annuale e sono sostanzialmente chiamati a confermare le scelte adottate dai vertici del partito comunista) e del Parlamento britannico, se si contano anche i circa 800 Lord a vita che ovviamente non sono stati eletti”. A eccezione di questi due casi peculiari, chiarisce l’Istituto, “quello italiano risulta quindi oggi il Parlamento nazionale con il più alto numero di componenti al mondo”.

È scritto anche questo: “Anche Francia e Germania lavorano per tagliare il numero dei parlamenti. Il progetto del presidente Macron prevede un taglio del 25% dei componenti sia dell’Assemblea Nazionale che del Senato. A Berlino la Camera bassa (Bundestag) è composta da un minimo di 598 membri, che possono crescere per effetto dei seggi eccedenti conquistati dai partiti maggiori nei collegi uninominali e dei seggi dati per compensazione proporzionale ai partiti minori. Nel 2017, a causa dell’elevata frammentazione, si è arrivati a 709, un numero considerato in Germania unanimemente eccessivo, tanto che sia la Cancelliera Merkel sia i socialdemocratici hanno proposto una revisione del sistema elettorale per evitare che si ripeta il caso di un Parlamento di taglia XXL”.

È scritto anche questo: “Oggi in Italia abbiamo 16 parlamentari per ogni milione di abitanti. Se passasse la riforma diventerebbero 10. Sarebbero un po’ meno che in Polonia (15), Francia (14), Spagna (14), Canada (13), ma per ottenere questi risultati dovremmo conteggiare anche i senatori che all’estero non svolgono funzioni di rappresentanza popolare e hanno un ruolo del tutto marginale nel processo legislativo”. “Se invece confrontiamo solo i parlamentari a tempo pieno e con pieni poteri legislativi, l’Italia post-riforma si colloca in linea con questi altri Paesi europei”. In Italia “le funzioni di rappresentanza popolare, controllo del governo, partecipazione al processo legislativo sono condivise – perfettamente alla pari – da deputati e senatori”. Per questo bisogna contarli entrambi per fare paragoni con i parlamenti stranieri.

“In Gran Bretagna e Canada i i senatori sono nominati a vita. In Francia, Germania e (in parte) in Spagna sono espressione di amministratori locali o governi regionali. In Gran Bretagna, Polonia, Francia, Spagna, Canada hanno un ruolo effettivo nel processo legislativo quasi esclusivamente con riguardo alla modifica di norme di rango costituzionale”.

Visto? I numeri dei sostenitori del no sono fasulli, perché mettono insieme capra e cavoli. Senza poi considerare che, siccome va a votare il 70% degli elettori (elezioni 2018), il numero degli eletti dovrebbe essere il 70% di quello attuale. Almeno così la smetterebbero di parlare in nome di tutto il popolo.

 

La deputata 5Stelle Mara Lapia, di Nuoro, è passata al gruppo misto perché non vuole votare sì al referendum. Sembra che abbia paura di non essere rieletta se cade il governo. Infatti ha detto, prima ancora che venga fatta la riforma elettorale: “Si rischia l’accorpamento tra Regioni e io non posso accettare che la Sardegna, che già è accorpata alla Sicilia alle europee, abbia meno rappresentanti del Trentino.”

Non ha capito che il referendum è anche contro questo privilegio di passare liberamente da un partito a un altro o al solito gruppo misto dopo che si è stati eletti, alla faccia di chi ci ha votato.

Vuoi essere coerente? Dimettiti. Tanto sei una giurista, il lavoro ce l’hai.

 

Enrico Letta, quel premier serio pugnalato da quel ridicolo di Renzi, ha detto che se passa il Sì i 600 parlamentari previsti sono esattamente il numero che la sinistra ha sempre auspicato.

Ha poi aggiunto, lui che di Europa s’intende alla perfezione: “Se noi passiamo a 600 parlamentari avremo comunque un numero superiore agli altri Paesi, la Francia o la Spagna ad esempio”. I calcoli li sa fare, non come i sostenitori del no che mettono insieme capra e cavoli, cioè eletti con suffragio universale e diretto con parlamentari di altro tipo, tirando poi fuori delle somme inventate.

Ha poi concluso dicendo, forte della sua esperienza di deputato: “Ho sempre pensato che, per le attività che si svolgono alla Camera, 630 deputati sono troppi. 400 fanno benissimo il lavoro che la Camera deve svolgere”.

Chissà perché la sinistra radicale, che in Parlamento non c’è dai tempi di Rifondazione Comunista, ritiene invece che 400 deputati non siano assolutamente sufficienti.

 

Possibile che solo la destra abbia capito che l’unico partito di sinistra rimasto in Parlamento sono i 5Stelle?

 

La sinistra radicale mi sembra come quella coppia veneta che, convinta seguace della teoria terrapiattista, voleva approdare a Lampedusa durante il lockdown, col segreto sogno di poter saltare via dal pianeta piatto ormai infettato dal Covid-19. Stavano cercando il “bordo” del mondo piatto, che secondo loro era proprio vicino all’isola siciliana. A Termini Imerese avevano venduto la loro macchina e comprato una barchetta. A questo punto il problema era arrivare dal Tirreno al Canale di Sicilia circumnavigando l’isola e raggiungendo Lampedusa. La cosa divertente è che si orientavano con la bussola, strumento che funziona sulla base del magnetismo terrestre, principio che loro, da terrapiattisti, dovrebbero rifiutare.

Ma anche la bussola non li ha particolarmente aiutati visto che la coppia si è ritrovata a Ustica, isola siciliana di fronte a Palermo.

La coppia sfinita dalla traversata è stata fermata e portata in quarantena a Palermo a scopo precauzionale a bordo della barca. A questo punto i terrapiattisti irriducibili hanno anche tentato la fuga. Ma gli uomini della Capitaneria di porto, senza nessuna fretta, li hanno recuperati tre ore dopo la loro partenza.

Ora sostituisci queste parole: il Covid 19 è il capitalismo, il terrapiattismo è l’ideologia, Lampedusa è il socialismo reale, la bussola è la Costituzione.

Cosa c’entra la Costituzione?

Anch’io me lo chiedo. Votare no al referendum in nome di una Costituzione che di socialista non ha quasi nulla è proprio come fare i terrapiattisti con la bussola in mano.

Ma Ustica cosa rappresenta? La destra al governo, cioè l’obiettivo opposto a quello prefissato.

 

Ha detto il prof Pietro Ichino: Il mio timore è che, dopo le bocciature del 2006 e del 2016, da una terza bocciatura consecutiva possa derivare una delegittimazione del Parlamento come istituzione rappresentativa (per la terza volta il referendum cancellerebbe una legge costituzionale approvata per due volte, a maggioranza assoluta degli aventi diritto al voto, da ciascuna delle Camere). Aggiungo solo che l’esperienza delle tre legislature nelle quali sono stato parlamentare mi hanno convinto che, soprattutto alla Camera la riduzione di un terzo dei parlamentari gioverebbe alla qualità del dibattito politico.

Mi chiedo: non è curioso che la sinistra radicale voti no per difendere la rappresentanza parlamentare, quando è dal 2006 che boccia la volontà di questa rappresentanza?

 

Diego Fusaro, il filosofo della piccola-borghesia, ha detto che la dittatura di un uomo solo è il governo che costa meno. Lui vota no.

Vorrei dirgli che le dittature ci sono costate tantissimo nel 900, più di qualunque altro sistema politico. E che il sì al referendum non riguarda semplicemente i costi della politica, ma è il primo passo per rendere più efficiente il sistema.

 

Ha detto Carlo Fusaro, ordinario di diritto pubblico comparato, uno dei massimi esperti di riforme costituzionali ed elettorali:

Col taglio dei parlamentari il lavoro di Camera e Senato sarà più snello. Saranno meno quelli che fanno proposte, interrogazioni, che devono parlare e intervenire. Le commissioni avranno al Senato 15-20 componenti e alla camera 30-35 (dipende dal numero delle Commissioni) e quindi si ragionerà meglio e le votazioni saranno più rapide e semplici. In aula cambia meno.

Mi chiedo: perché queste cose dette dalla sinistra parlamentare sin dai tempi della commissione De Mita-Iotti non vengono accettate dalla sinistra radicale? Forse perché quest’ultima non riesce a entrare in Parlamento? In tal caso di che si preoccupa? Che i parlamentari siano mille o un terzo di meno cosa cambia?

Ha poi detto: Col taglio dei parlamentari avremo meno rappresentanti in rapporto al numero di abitanti, rispetto a Polonia e Spagna, ma più di Germania e Regno Unito. Un po’ meno della Francia (che sta però riducendoli e ne avrà quindi meno ancora di noi). Ovviamente infinitamente più degli USA (ma è un altro sistema).

Mi chiedo perché i sostenitori del no al referendum non sappiamo che la matematica non è un’opinione e si inventino dei numeri fantascientifici mescolando capra e cavoli, cioè eletti a suffragio universale e diretto con nominati dalle corone o senatori di altro tipo.

Ha infine aggiunto:

Sono 25 anni che tutte le forze politiche e ancor più i cittadini chiedono un Parlamento più snello. Si sarebbe potuto fare di meglio con una riforma più incisiva (per esempio rendendo la Camera prevalente sul Senato e trasformando il Senato in camera delle Regioni): ma gli elettori nel 2016 dissero di no a un’ipotesi del genere. Quindi bisogna contentarsi di questa che è una riforma, in fondo, marginale. Ma non vedo perché si dovrebbe improvvisamente fare gli schizzinosi. E smentire un Parlamento che dopo tutto ha votato per la propria autoriduzione (e l’ha fatto ben 13 volte!). È un’occasione da non perdere per ridare qualche legittimità in più al Parlamento.

Mi chiedo: chissà perché la sinistra radicale dà un voto di legittimità costituzionale invece che di opportunità politica, ben sapendo se al governo vanno i fascioleghisti faranno della Costituzione ciò che vogliono.

 

Ha detto Zingaretti: “Il No al referendum diventa clava per colpire la maggioranza e il governo. Basta ipocrisia, chi vuole le elezioni lo dica”.

Mi chiedo: Quando mai in politica uno dice quello che pensa? La stessa sinistra radicale, che si trincera dietro la tutela di una Costituzione che di socialista non ha quasi nulla, è evidente che vota no per mandare su la destra e giocare al tanto peggio tanto meglio. Per loro l’importante è che i 5Stelle escano di scena, perché troppi loro argomenti sono stati rubati alla sinistra.

 

Disse nel 2011, in un’intervista a “Il Giorno”, il grande giurista napoletano Francesco Borrelli, capo del pool di Mani Pulite: “Non valeva la pena buttare all’aria il mondo precedente per cascare poi in quello attuale”. Poi però aggiunse: “La mia voleva essere, ovviamente, una battuta. Non devo chiedere scusa a nessuno per aver fatto il mio dovere di magistrato. La differenza fondamentale è che, allora, chi era colto con le mani nel sacco si vergognava. Oggi non si sa più cosa sia la vergogna”.

Una ragione in più per tagliare la casta, no? Quanto meno avremo meno ladri e disonesti.

 

Pierferdinando Casini, da 37 anni alla Camera e al Senato, fa propaganda per il No al referendum.

Vorrei capire se le motivazioni che ha sono molto diverse da quelle della sinistra radicale.

Lui dice che i 5Stelle vogliono solo tagliare delle teste, alla Robespierre.

Strano che la sinistra radicale sia contro Robespierre.

Lui dice che non possiamo assecondare l’antipolitica.

Strano che anche la sinistra radicale, che ora sta fuori del Parlamento, non voglia assecondarla. Che cosa ci guadagna? Lui almeno la poltrona ce l’ha.

 

Votare sì al referendum è anche una questione di opportunità politica.

Non votate sulla base della legittimità costituzionale, tanto la Costituzione viene continuamente modificata in Parlamento, senza che i cittadini possano fare alcunché. Dal 1963 lo è già stata ben 16 volte. Solo nel 2006 e nel 2016, attraverso la democrazia diretta del referendum (l’ultima rimasta), siamo riusciti a bloccare grossi rivolgimenti.

Votate considerando che a questo governo non vi è alternativa democratica in Parlamento, almeno non in questo momento, non con questa legge elettorale. Se cade il governo, andranno su i fascioleghisti, che sono infinitamente peggio del più sprovveduto dei pentastellati.

Diamo fiducia a un governo che, per quanto sgangherato sia, ha promesso una nuova legge elettorale, una diversa configurazione del Senato, una significativa riduzione dei privilegi della casta, una gestione onesta dei fondi pubblici. In fondo tutti i partiti han votato a larga maggioranza il taglio dei parlamentari perché sapevano benissimo di doversi vergognare dei loro assurdi privilegi. È stato il Movimento Cinquestelle a mettere il dito nella piaga, sin da quando è nato. È un merito che gli va riconosciuto.

 

Sembra che i sostenitori del no al referendum non sappiamo che insegnare in una classe di 20 studenti è molto molto diverso che farlo in una di 30.

I parlamentari andrebbero ridotti di numero anche se non fossero una casta.

La sinistra ha sempre sostenuto che la Camera può funzionare tranquillamente con 400 deputati.

 

Se la democrazia dipendesse dal numero degli eletti, il Parlamento cinese, coi suoi 3.000 deputati, dovrebbe essere il più democratico del mondo. Peccato che il 70% siano affiliati al partito di governo, per avere una sicura maggioranza. Peccato anche che il Parlamento sia convocato una sola volta l’anno, per due settimane, per ratificare scelte fatte dal partito. Quando il Parlamento è chiuso, fa tutto il Comitato permanente, composto da 150 membri. Poi ci sono altri sottocomitati aventi funzioni specifiche.

Questo vuol dire che si può ridurre tranquillamente il numero dei nostri delegati.

 

Quanti precedenti ci sono stati in Italia di referendum confermativo o costituzionale?

Nel 2001 sul titolo V (vinse il sì). Nel 2006 sulla devolution (vinse il no). Nel 2016 su riforma Renzi (vinse il no).

Questo significa che il Parlamento ha smesso di rappresentarci come una volta. Nelle aule si approva a maggioranza assoluta e nelle urne si boccia clamorosamente. Sotto questo aspetto ha senso mantenere la situazione inalterata votando no al referendum? Non è meglio pensare che col sì ci siano più possibilità che cambi qualcosa?

 

La riforma del Titolo V della Costituzione e la devolution del centrodestra sono stati il tentativo di far capire agli italiani che uno Stato centralizzato come il nostro non ha più senso. Occorre decentrare i poteri e le funzioni. Votare sì al referendum favorirà sicuramente questo processo. La società deve sapersi imporre sullo Stato, ma non può pensare di farlo solo attraverso il referendum.

 

Se il Parlamento italiano dovesse funzionare come Facebook, dove ognuno sta chiuso nel proprio gruppo autoreferenziale, con idee tutte uguali, e dove quando ci si confronta, prima di tutto ci si insulta, quante leggi riuscirebbe a fare, e soprattutto quante sarebbe in grado di far applicare? Noi stessi vorremmo fare una riforma per essere di meno e non dover ricorrere ai meccanismi estremi di autodifesa come ti blocco, ti metto in pausa, non ti seguo più ecc.

Anche se non esistesse nessuna casta in Parlamento, il sì serve per sfoltire, per ridurre all’essenziale, per velocizzare le decisioni... Un Paese moderno non può avere il più grande Parlamento del mondo per numero di eletti a suffragio universale e diretto. Ci sarà pure un limite alla megalomania degli italiani?

 

Secondo i sondaggi elettorali Euromedia Research, a votare sì per la riduzione dei parlamentari è il 42% mentre i no sono il 15,8%. Il 41,2% degli italiani afferma di non sapere ancora come comportarsi. Dovrebbero leggersi i post di Facebook: i sostenitori del NO non hanno delle vere motivazioni. D’altra parte per conservare lo status quo che motivazioni occorrono?

 

Secondo un’analisi di OpenPolis durante la XVII legislatura (governi Letta Renzi Gentiloni) le nuove leggi erano state mediamente approvate in 237 giorni, ma i disegni di legge governativi in 172 giorni, contro i 504 giorni per le proposte d’iniziativa parlamentare. In pratica le leggi d’iniziativa dell’esecutivo costituivano circa l’80% del totale!

Il rimbalzo da una Camera all’altra si era verificato per una legge su cinque, e solo un numero molto limitato aveva richiesto più di tre approvazioni camerali.

Quindi, come si può vedere, i governi tendono ad aggirare il bicameralismo perfetto. Ma come fanno, visto che è costituzionale?

Per velocizzare i tempi ricorrono spesso ai maxi-emendamenti, alla fiducia e alla decretazione d’urgenza. Tra il 2008 e il 2015 circa il 26,5% delle nuove leggi sono state infatti conversioni di decreti, mentre per il 27% l’approvazione aveva richiesto almeno un voto di fiducia.

Di tutto ciò si era già accorto in abundantiam la bicamerale D’Alema del 1997. Da allora la situazione è andata peggiorando.

Lo vogliono capire i sostenitori del no al referendum che siamo in presenza di un trend? Quello per cui si ha bisogno di velocizzare i momenti decisionali. Mille eletti che discutono delle stesse cose non hanno più senso.

 

L’accordo raggiunto dalla attuale maggioranza prevede che chiunque abbia 18 anni possa votare in entrambe le Camere, mentre sia di 25 anni il minimo per poter varcare le porte del Parlamento.

Oh mamma, vogliono cambiare l’articolo 58 della Costituzione! Presto, un altro referendum da 300 milioni di euro!! Non lo sanno che la Costituzione non si può toccare? Ma se l’han già modificata 16 volte senza dirci niente. Vai tu a parlare coi sostenitori del NO al referendum... Ma tanto non passa, lo so, la cosa va approvata due volte per ciascuna Camera, e figurati se i vecchioni del Senato vogliono mettersi in concorrenza coi giovincelli.

 

Che cos’è la “sfiducia costruttiva”? Consiste nell’impossibilità da parte del Parlamento di votare la sfiducia al governo in carica se, contestualmente, non concede la fiducia a un nuovo esecutivo. In questo modo un governo, nonostante abbia perso la maggioranza parlamentare, può continuare a rimanere in carica nel caso in cui le forze politiche in Parlamento non riescano ad accordarsi per formare un nuovo governo. Il che permette anche di sostituire un governo in carica con un altro, cambiando maggioranza parlamentare ma non il Premier.

Questa regola si trova in Albania (dal 2008), Belgio (dal 1993), Germania, Israele, Lesotho, Polonia, Slovenia, Spagna e Ungheria. Wikipedia dixit.

Da noi non c’è questa regola ma la maggioranza la vuole introdurre. Così come vuole concedere al presidente del Consiglio il potere di revocare i ministri.

Altolà chi va là! Questa è l’anticamera del fascismo! L’esecutivo non può avere tutti questi poteri. Le forze anarcoidi del Paese pretendono che il Parlamento lo controlli. Sono anche disposte a votare NO al referendum, pur di tenersi il più numeroso Parlamento del mondo che non fa governare nessun governo.

 

Landini è un grande, indubbiamente, ma per il ruolo che ricopre la sua esplicita dichiarazione a favore del no al referendum mi pare una scelta inopportuna. Che cosa hanno ottenuto i lavoratori ultimamente dalla casta? Solo pugni in faccia: riforma Fornero, art. 18, Jobs Act... Per un sindacato che un Parlamento sia ridotto di 1/3 non dovrebbe costituire, di per sé, una minaccia ai diritti dei lavoratori. È dai frutti che si capisce il valore di una pianta.

Magari l’idea che ha la CGIL di proporre l’istituzione di un nuovo Statuto dei Lavoratori, la Carta dei Diritti Universali del Lavoro, una raccolta di norme volte a proteggere tutte le tipologie lavorative e contrattuali, non solo di quelle di tipo dipendente, otterrà il benestare proprio da parte del nuovo Parlamento. Se succedesse, Landini, che figura ci faresti?

 

“Il taglio proposto, se da una parte non produrrebbe alcun significativo risparmio di spesa pubblica (stimato dello 0,007%) – argomento che in ogni caso non può sussistere in relazione all’esercizio della democrazia – dall’altro avrebbe numerose conseguenze sulla rappresentanza politica e la funzionalità del Parlamento”.

L’ha detto la CGIL. Che così prosegue: “Numeri tanto ridotti (400 e 200) renderanno impervia l’attività delle Commissioni Parlamentari - motore dell’attività legislativa - che si potranno trovare ad operare, anche in sede deliberante, in assenza di tutti i gruppi politici o con la difficoltà di adempiere efficacemente e con competenza alla funzione legislativa assegnata. Una tale riduzione produrrà quindi, contrariamente agli intenti dichiarati, inefficienza nei lavori parlamentare e limiterà l’agibilità e la capacità ispettiva e di controllo delle opposizioni (quelle che riusciranno ad essere elette)”.

Non ho capito Landini: il sindacato vuole entrare anche in Parlamento? Bene, ma bisognerà cambiare la Costituzione, perché non lo prevede. Se l’intento della dichiarazione non era però questo, che c’azzecca, direbbe Di Pietro, quello che hai detto? Ripetere le amenità della sinistra radicale quando la sinistra parlamentare dai tempi della Iotti sostiene il contrario, non è un buon viatico per entrare in Parlamento.

 

È ridicolo pensare che il taglio dei parlamentari possa compromettere la rappresentanza democratica. La garantiscono anche 705 parlamentari europei (di cui 73 nostri), che ci costano 15 miliardi l’anno, e una infinità di eletti negli enti locali territoriali, di cui quelli regionali sono 884 e hanno potere legislativo.

 

La Costituzione non è un totem da adorare. Da quando è nata è già stata cambiata 16 volte e solo per 3 volte le modifiche sono state sottoposte a referendum. I partiti si pongono il problema di ridurre i parlamentari sin dalla Commissione Bozzi del 1983. Evidentemente per loro il Parlamento è troppo numeroso, intralcia l’azione dell’esecutivo, che infatti è sempre più costretto a ricorrere alla decretazione d’urgenza e alla fiducia. Non è detto che il popolo sappia meglio dei parlamentari come rendere più efficiente il Parlamento.

In ogni caso i 5Stelle non si sarebbero impegnati sull’argomento del taglio dei parlamentari se non avessero visto che se ne parla sin dal 1983? La richiesta del taglio va da destra a sinistra, da quando c’era il proporzionale ad oggi che c’è il maggioritario (seppur parziale). È una vera e propria tendenza, non una fissazione di qualcuno. È la conseguenza della fine dei partiti ideologici, della fine della I Repubblica, della fine della credibilità del sistema parlamentare dopo il delitto Moro e dopo Tangentopoli. Dovremmo piuttosto chiederci come compensare questo trend, come controbilanciarlo con altri poteri. Non a caso chi promuove il taglio ha sempre parlato di Stato federale o di ampio potere agli enti locali territoriali. Purtroppo la sinistra radicale non riesce a capire né l'esigenza di uno Stato federale, né l'importanza della democrazia diretta a livello locale. S’intestardisce su una fittizia democrazia rappresentativa parlamentare e sulla tutela di una Costituzione che di socialista non ha quasi nulla.

Persino LeU si sta sciogliendo. Il berlusconismo ha fatto piazza pulita di tutta la sinistra, che oggi, se vogliamo, è rappresentata proprio dai 5Stelle. Capisco che alla sinistra radicale ciò dia fastidio, ma bisogna essere realistici e cercare compromessi, intese con questo Movimento, che è l’unico in Parlamento, insieme all’appoggio del PD, a porre un argine al fascioleghismo. In fondo stare dentro il Parlamento con idee radicali è molto più difficile che starne fuori.

 

Ci fosse stato uno, dico uno, della sinistra radicale o dei sostenitori del no al referendum che in Facebook abbia proposto di valorizzare gli strumenti della democrazia diretta previsti dalla Costituzione, anzi di ampliarne la portata, di facilitarne la fruibilità o persino di aumentarli di numero, verificando altre Costituzioni. Difendono a spada tratta la Costituzione contro il Parlamento e il Parlamento contro il governo, ma non sono capaci di difendere la democrazia diretta contro quella rappresentativa. Anzi quando la vedono applicata sulla piattaforma Rousseau, si mettono a strepitare come galline in un pollaio.

 

Non è ridicolo che un parlamentare dell’opposizione chieda al governo di ridurre le tasse? Quando si prendono 20.000 euro al mese, ridurre le tasse può servire solo per garantire i propri privilegi. Sarebbero più credibili se chiedessero di proporzionare le tasse al proprio reddito.

 

In Italia il principio di sussidiarietà è entrato nella Costituzione solo nel 2001, regolato dall’art. 118, e messo in pratica solo nel 2003 (questo per far capire come siamo lenti a livello esecutivo-parlamentare e maniaci del centralismo sul piano politico).

In Svizzera questo principio ce l’hanno dal 1848. Negli USA dal 1791.

Che dice in soldoni? Un’entità di livello superiore (p.es. lo Stato) non deve agire in situazioni nelle quali l’entità di livello inferiore (p.es. la Regione) è in grado di agire per proprio conto. Cioè non si riconosce un’autonomia giuridica vera e propria, come in Svizzera coi Cantoni e i Comuni, ma solo una relativa autonomia di fatto. Oppure se viene riconosciuta quella giuridica, non viene riconosciuta quella economica e finanziaria. Oppure se viene riconosciuta quest’ultima, è solo sul piano gestionale, non impositivo, nel senso che le Regioni possono anche chiedere di gestire in proprio risorse riscosse dallo Stato, ma non hanno il potere di riscuotere in proprio tali risorse.

Cioè da un lato si è stati costretti a riconoscere che le istanze territoriali hanno una loro ragion d’essere; dall’altro però non si vuol perdere la facoltà di far capire chi effettivamente comanda.

Se non è paternalismo questo, che cos’è?

 

Potere al Popolo cosa sta chiedendo in questi giorni per giustificare il no al referendum?

Una legge elettorale proporzionale pura senza sbarramenti (che non abbiamo più dai tempi del “Mattarellum” e che non avremo mai più, perché per la prossima legislatura è sì previsto il proporzionale con le preferenze ma anche col 5% di sbarramento, cosa che per la sinistra radicale è off-limits se non si unisce in un unico partito).

Ridurre il potere delle Regioni e dire NO all’autonomia regionale differenziata, perché la regionalizzazione della sanità col Covid ci è costata già migliaia di vite umane. (Invece di chiedere ancora più potere agli enti locali territoriali chiedono più centralismo, senza rendersi conto che quanto più centralismo chiedi tanto meno puoi pretendere un proporzionale puro).

Rompere i Trattati europei che hanno esautorato le prerogative del Parlamento. (Non si rendono conto che, guardando il livello di corruzione dei nostri parlamentari, verrebbe quasi da chiedere che il nostro Paese venisse gestito solo ed esclusivamente dal Parlamento europeo, che pur in questo momento appare come un sistema ibrido tra l’intergovernativo e il sovranazionale. La UE non è ufficialmente una “federazione”, sebbene vari osservatori accademici sostengano ch’essa abbia le caratteristiche di un sistema federale.).

Ridimensionare la decretazione del Governo ai soli effettivi casi di necessità e urgenza. (Sembra che non capiscano che la decretazione d’urgenza è diventata un effetto dell’impossibilità di creare dei governi stabili a fronte di una minoranza parlamentare che tende a bloccare l’esecutivo con migliaia di emendamenti, avendo come unico scopo di mettere il governo in condizione di dimettersi).

 

La Landsgemeinde (“comunità rurale”) è un’istituzione di democrazia diretta e un processo partecipativo che viene tutt’oggi ancora utilizzata nei cantoni svizzeri dell’Appenzello Interno e di Glarona. Tutte le cittadine e i cittadini della comunità rurale che godono del diritto di voto si riuniscono in assemblea in una piazza e votano per alzata di mano per eleggere gli amministratori e deliberare leggi locali. In passato le Landsgemeinde si tenevano anche in altri cantoni: Uri (dal 1231), Svitto (dal 1294), Untervaldo (dal 1309), Zugo (dal 1376), Appenzello (dal 1378), Glarona (dal 1387) e anche diversi altri territori e valli dipendenti dai cantoni, incluse Bellinzona, Riviera e Einsiedeln.

Perché questa cosa da noi non esiste? Cosa abbiamo politicamente di meno degli svizzeri?

 

Vedrete che dopo la vittoria del sì al referendum, si procederà all’abolizione del bicameralismo perfetto, facendo diventare i 200 senatori rappresentanti delle Regioni, con compiti differenziati rispetto ai deputati. Abbiamo 20 Regioni: 10 senatori a testa e les jeux sont faits! Saremmo meglio degli USA, che hanno solo 2 senatori per ogni Stato.

Oppure si tenta di creare uno Senato simile a quello tedesco, che ha solo 69 senatori, sulla base del numero degli abitanti di ogni Lander. Questi senatori non sono eletti a suffragio universale e sono vincolati al mandato ricevuto dai governi dei Lander. Anche in Francia i senatori sono eletti in rapporto al numero degli abitanti.

Ultima chance: creare un Senato simile a quello della Romania, un Paese che fino a poco tempo fa aveva un bicameralismo perfetto come il nostro. Ora nella UE siamo rimasti solo noi.

 

Ha senso votare no al referendum quando chi vuole farlo sta fuori del Parlamento a chiedere una cosa che dai tempi del “Mattarellum” non esiste più: il proporzionale puro? Che cos’è il vostro, il sospiro della creatura oppressa? Il proporzionale puro non l’avremo mai più. Dovrebbe scoppiare un’altra guerra mondiale, visto che fu una scelta del dopoguerra.

 

Votare no con l’illusione di entrare in Parlamento, guadagnare un bel po’ di soldi e non contare politicamente nulla, non avendo percentuali molto alte, non è un po’ meschino? Soprattutto non è in contraddizione con l’alto ideale della Costituzione che si sbandiera ai quattro venti? Mi sa che chi vota no, spera in realtà di far cadere il governo.

 

Basta con questo assurdo cameralismo perfetto e ripetitivo, basta con mille parlamentari (“quanti ne ha la Cina, ma lì sono un miliardo e trecento milioni”) sono sufficienti assai meno; federalismo istituzionalizzato trasformando il Senato in una Camera delle Regioni e dei poteri locali (“Perché il Senato non potrebbe diventare come il Bundesrat tedesco?”) e poi i controlli, che oggi sono troppo scarsi e che devono essere invece uno dei cardini del lavoro parlamentare.

Chi parla così è Nilde Iotti.

 

Se il popolo vota per un taglio drastico dei parlamentari e gli stessi parlamentari in sovrannumero di 300 vogliono tirare in lungo per andare ad eleggere un presidente della Repubblica con numeri diversi da quelli richiesti dal popolo, mi sembrerebbe una lesione della democrazia.

Così ha detto Salvini. Cioè quest’uomo senza princìpi chiede di votare sì solo per delegittimare il Parlamento e impedire che voti il successore di Mattarella, il cui mandato scade nel gennaio 2022. Sicché il governo, nato nel settembre 2019, sarà costretto a dimettersi.

La Meloni gli fa da sponda: vuole che siano i cittadini a votare il presidente della Repubblica. Cioè vota sì solo per realizzare il presidenzialismo, concepito come una dittatura. È un mantra di La Russa. Non hanno mai smesso d’essere fascisti, anche se ora si sono trasformati in fascioleghisti e sovranisti. Che poi per la destra andrebbe bene anche una monarchia costituzionale (quella che vorrebbe Tajani, con la sua passione per i Savoia): cosa che anche a Trump piacerebbe moltissimo, invidiano le posizioni di Putin e Xi Jinping, che praticamente sono già diventati presidenti a vita.

Comunque Salvini e Meloni sono grandi assenteisti in Parlamento. Salvini poi non ha alcun rapporto con la propria base: infatti è stato eletto senatore in Calabria! Magari coi voti della criminalità...

 

In Svizzera il Consiglio degli Stati, cioè il Senato, ha solo 46 seggi. I Cantoni non hanno particolarmente bisogno d’essere rappresentati a livello nazionale, poiché sono completamente autonomi. Anche le nostre Regioni, se lo fossero, si accontenterebbero di una rappresentanza formale in Parlamento.

In Svizzera i Cantoni sono così indipendenti che le sedute dell’intero Parlamento si svolgono in 4 sessioni annuali di 3 settimane l’una, e le decisioni che vengono prese sono sempre secondo la volontà dei Cantoni, i quali si sentono così liberi di autogestirsi che il Consiglio federale (il governo nazionale), eletto dal Parlamento, è composto da solo 7 persone, non destituibili e con un mandato individuale che in media dura un decennio. La carica del Premier è puramente rappresentativa. Molta autonomia e poche chiacchiere. Tutto il contrario che da noi.

 

Quello di Conte è il 65° governo in quasi 73 anni di storia repubblicana: ciò vuol dire che, in media, la durata dei governi italiani si attesta attorno a 1 anno e due mesi. La Merkel è al potere dal 2005. Vorrà pur dire qualcosa. Votare no al referendum è come votare per una cronica instabilità.

 

Mattarella, in neanche 5 anni di presidenza, ha visto come premier Renzi, Gentiloni, Conte I e Conte II. E ha firmato due leggi elettorali, “Italicum”, giudicata incostituzionale, e “Rosatellum bis”. E c’è ancora chi vuol votare no al referendum. No vuol dire instabilità, altro che difesa della Costituzione e della rappresentanza democratica. Peraltro, a proposito di rappresentanza, pongo una domanda: di quei 1.000 eletti quanti ne vediamo nei mass-media? Quanti sono veramente importanti? Quanti fanno da portavoce dei loro partiti? 40-50? A che serve averne così tanti quando della stragrande maggioranza di loro non sappiamo assolutamente nulla di ciò che fanno? Probabilmente quei 40-50 parlamentari saranno gli stessi che conteranno qualcosa anche con un parlamento dimezzato. In questo caso però avremmo ottenuto il vantaggio di non buttar via i soldi a mantenere una pletora di eletti che non fa nulla di utile al Paese.

 

Nelle commissioni parlamentari le votazioni elettroniche, per verificare le presenze, non sono istituzionalizzate come nelle Camere. Questo non permette di capire chi sia responsabile di quali decisioni, e impedisce di analizzare i dati delle presenze nelle commissioni. Il lavoro delle commissioni parlamentari rimane quindi escluso dalla possibilità di monitoraggio completo e di analisi. Nelle commissioni della Svizzera la presenza dei parlamentari è verificata dalle segreterie delle due Camere e registrata su una lista delle presenze.

 

Nella scorsa legislatura, in media, alla Camera i deputati sono stati assenti al 21,68% delle votazioni elettroniche. Il gruppo con la media più alta è Forza Italia (39,98%), seguito da Fratelli d’Italia (32,31%) e il gruppo Misto (30,32%). I deputati più assenti alle votazioni furono Antonio Angelucci (Fi – 99,57%), Marco Martinelli (Fi – 90,75%) e Francantonio Genovese (Fi – 90,45%).

Al Senato la media delle assenze è stata leggermente inferiore: 17,53%. Il gruppo con il dato medio più alto è Ala-Sc (30,49%), davanti a Forza Italia (28,59%) e Gal (28,25%). I tre senatori con la percentuale più alta di assenze alle votazioni elettroniche sono stati Nicolò Ghedini (Fi – 99,21%), Denis Verdini (Ala-Scclp – 89,91%) e Giulio Tremonti (Gal – 81,70%).

Nel sito di Openpolis si trovano centinaia di casi. In Parlamento ci vanno assai poco (meno che mai quelli che, come Salvini e la Meloni, sono perennemente in campagna elettorale); e quando ci vanno, non s’impegnano nelle commissioni o in missioni parlamentari, o non votano. Averne 1.000 o 600 non cambierà nulla. Meglio quindi pagarne il meno possibile.

Da notare, peraltro, che tra i personaggi che popolano il fronte del “NO” al taglio dei parlamentari, ci sono alcuni deputati e senatori eletti all’estero. Secondo loro il taglio rappresenterebbe una “violazione della democrazia” e un danno alla rappresentanza. Peccato che proprio i suddetti eletti si siano distinti in aula per il loro assenteismo.

 

Per evitare conflitti di interessi e una gestione sbagliata del potere, il nostro sistema legislativo prevede una serie di norme per rendere la vita delle istituzioni più equa e trasparente. In particolare tre concetti chiave delineano dei chiari limiti di accesso alle cariche pubbliche: l’incandidabilità, l’ineleggibilità e l’incompatibilità.

Sono riusciti mille parlamentari a risolvere i loro conflitti di interesse?

Cos’è, una domanda retorica?

Taglia la casta, che fai prima! E ricorda che i nostri parlamentari sono i più pagati d’Europa. Altro che i banali conteggi di Cottarelli. Neanche gli stessi parlamentari sanno effettivamente quantificare tutti i loro privilegi.

 

Il No al referendum è strettamente correlato al titolo di studio, nel senso che più le fasce hanno lauree e diploma, più c’è una propensione a votare No piuttosto che Sì.

Il taglio dei parlamentari non interessa al 70% degli elettori e se l’affluenza alle urne non ne sarà condizionata sarà il risultato dell’abbinamento con le elezioni regionali in sei Regioni e alle comunali in oltre mille Comuni grandi e piccoli.

Ne deriva che, se è vero che la vittoria del Sì è quasi certa, nondimeno il suo valore politico è tutto nelle percentuali di sconfitta del No: se fossero attorno al 20% dei consensi, confermerebbero il suo valore di battaglia anti-casta nell’opinione pubblica, ma se dovessero superare il 30%, rivelerebbero la debolezza di una riforma che resta solo una bandiera a 5Stelle, nonostante Di Maio nelle ultime ore abbia sostenuto che questa non è una riforma del M5Stelle, ma di tutti. In realtà in tutte le Regioni c’è una prevalenza del 97% del Sì tra gli elettori del M5Stelle, quindi siamo di fronte a una riforma che sostanzialmente è bollata M5Stelle.

Così scrive Italia Laica.

Io mi limito a fare un piccolo appunto. Ci si poteva pensare prima però! Non c’era bisogno di arrivare a un taglio dei parlamentari se si fossero ridotti i vergognosi privilegi di cui fruiscono da sempre, per non parlare del fatto che in Parlamento da molto tempo esiste una banda bassotti di ladri, criminali, inquisiti, corrotti, depravati, collusi con la mafia e proni agli americani... Prendetevela con voi stessi, prima di stare a dire che il taglio è lineare e ringraziate che al potere non ci sono i giacobini. Chissà, forse proprio questo taglio ci risparmierà una dittatura conseguente a una rabbia popolare che sta montando sempre più forte.

 

Il fatto che siano stati 71 senatori a chiedere un referendum su una legge approvata quasi all’unanimità, ci fa capire quanto questo organo dello Stato abbia fatto il suo tempo e sia giunto il momento di modificarlo radicalmente.

Da tempo l’idea di fondo è quella di trasformarlo in un Senato delle Regioni, ponendo fine per sempre al bicameralismo perfetto. Ma questo vuol dire che le Regioni devono avere molti più poteri, come gli Stati federali insegnano.

 

In Germania ogni membro del Bundestag riceve 52.000 euro all’anno di rimborso spese forfettario e ben 250.000 euro all’anno per i salari dei suoi collaboratori. Contrariamente all’Italia, è però l’amministrazione del Bundestag che versa direttamente gli stipendi e non il deputato.

Chiaro il concetto? Loro han capito che della casta non ci si può fidare. Il denaro è lo sterco del demonio. Noi invece siam costretti a dire chiaramente sì a quei 71 senatori che pur di conservare la loro poltrona han costretto i cittadini a ricorrere all’ultima democrazia diretta rimasta, quella del referendum, a dispetto della stragrande maggioranza che in Parlamento ha votato a favore della riduzione dei parlamentari.

 

Le proposte di legge di riduzione dei parlamentari che vennero fuori dalla Commissione Bozzi nel lontano 1983 trovarono subito contrari i partiti minori: MSI-DN, Sinistra indipendente, Democrazia Proletaria e Union Valdôtaine.

Cioè oggi dovremmo votare NO per favorire la frammentazione della rappresentanza parlamentare? Che è proprio quella che impedisce al governo di governare? E che fa durare i governi da Natale a Santo Stefano? E poi ci si meraviglia che i partiti maggiori mettano la soglia di sbarramento, il premio di maggioranza, usino il sistema maggioritario, ricorrano alla decretazione d’urgenza...

Perché la storia non insegna mai nulla? È un problema specifico di noi italiani? Ma se siamo così tanto divisi, non era meglio uno Stato federale, dove Comuni e Regioni hanno effettivi poteri politici ed economici come in Svizzera? Abbiamo l’esempio a due passi e per colpa dei Savoia abbiamo creato uno Stato centralista sul modello francese.

Le Regioni, pur previste dalla Costituzione, furono rese effettive solo negli anni ’70 grazie alla contestazione operaio-studentesca. La DC, erede del fascismo, non ne voleva sapere. I cattolici erano federalisti al tempo del Partito popolare di Sturzo, contro lo Stato centralista dei Savoia e del Duce. Il PC lottò a favore del regionalismo per un periodo degli anni ’70; poi, ad un certo punto, ha smesso, preferendo puntare sul compromesso storico nazionale. Oggi le Regioni contano pochissimo, anzi sempre meno. E non si vede a livello regionale una resistenza ai processi centralistici dello Stato. Fino a ieri era solo la Lega di Miglio che chiedeva l’autonomia impositiva, sacrosanta per affermare un’autonomia politica. Oggi la Lega di Salvini pensa solo a sparare scemenze e a sfruttare lo Stato per rubare (in linea, con questo, alla Lega di Bossi).

 

Ha detto Mara Lapia, coerente deputata 5Stelle che in Parlamento ha votato sì:

“Aver lasciato indietro la legge elettorale è stato un errore. Io voto no e non lo faccio per salvare la poltrona, come insinua qualcuno. Ho una professione, faccio l’avvocato, un lavoro ce l’ho. Vivo di ideali, non di politica”.

E allora perché non si è dimessa dal suo ruolo di rappresentante dei 5Stelle e non è uscita dal Parlamento, invece di rifugiarsi nel solito Gruppo misto?

Per inciso: la legge elettorale è in dirittura d’arrivo, si chiamerà Germanicum.

 

Nel Regno Unito la House of Commons, composta da 650 membri (20 in più dei nostri deputati) ha avuto, nel 2016-17, risorse pari a 226,9 milioni di sterline, corrispondenti a circa 260 milioni di euro. Poco più di un quarto di quanto l’Italia spende per la Camera.

In Francia la Assemblée Nationale, composta da 577 membri, nel 2017 ha avuto risorse pari a 517,89 milioni di euro. La metà delle nostre spese.

Infatti quanto spendiamo noi per la Camera? Un miliardo di euro!

In Spagna il Congreso de los Diputados, composto da 350 membri, nel 2017 ha avuto risorse pari ad appena 85,517 milioni di euro.

Bene, teniamo come punto di riferimento la Spagna se vince il sì. Ma non veniteci a dire che la casta non esiste.

 

In media ogni cittadino italiano (inclusi i neonati) spende 24,71 euro all’anno per mantenere il Parlamento, una spesa che è enormemente più alta rispetto alla Gran Bretagna, dove l’House of Commons prevede una spesa pro-capite di 3,74 sterline. Per il Congresso americano un americano spende solo 3,88 dollari all’anno. In Francia, l’Assemblé Nationale costa 7,74 euro a testa. In Spagna addirittura il Congreso de Los Deputados costa soltanto 1,8 euro a testa.

Altro che una tazzina di caffè, come diceva quel grande economista chiamato Cottarelli. Quella se la pagava Fred Bongusto.

 

Sappiamo già che il costo della Camera dei Deputati è di oltre un miliardo di euro. Ma forse non tutti sanno che le pensioni degli ex dipendenti pesano per oltre un quarto del totale. Per forza. Una volta per averla bastavano 5 anni di legislatura. Gerry Scotti, deputato del PSI dal 1987 al 1992, disse a Renzi che per non aver fatto niente in Parlamento si vergognava di prendere 1.400 euro al mese e che se non erano in grado di revocare il vitalizio, l’avrebbe girato interamente alle famiglie che avevano perso un congiunto sul posto di lavoro. Un caso più unico che raro in mezzo alla casta.

 

Ha detto Giorgia Meloni: “Mi pare che stia prendendo piede il no al referendum, che sarebbe una cosa incredibile. Io sono per il sì, abbiamo sostenuto la legge e penso che il 99% degli italiani, sulla carta, sia favorevole al taglio dei parlamentari. Però l’idea che magari la vittoria del no possa creare un sommovimento nel governo, rischia di avere la meglio”.

E quindi? Darai un voto secondo un principio o secondo la convenienza?

“Non penso che ci si possa sempre girare dall’altra parte di fronte a quello che vuole la gente, perché la democrazia alla fine è corrispondenza tra quello che vogliono i cittadini e quello che fa la politica”.

Ecco, brava, fai vedere alla gente che voterai no solo per destabilizzare il governo, perché l’unica vera cosa che ti interessa è il potere. Lascia che siano gli ingenui a votare no per motivi ideali.

 

La Meloni vuole togliere il reddito di cittadinanza a chi fa fatica a arrivare alla fine del mese... Lei nel frattempo incassa 40.000 euro al mese, frutto di 3 stipendi, come parlamentare, come consigliera al comune di Roma, come parlamentare europea.

 

Chi è che non ricorda la casta diplomatica denunciata dall’ex ambasciatore che scrisse un libro-denuncia: “Dietro le quinte della Farnesina. Cinquant’anni di illegalità, sperperi e intrallazzi”? (Aracne editore)

Calogero Di Gesù, quando andò in pensione, raccontò la profonda corruzione del Ministero degli Affari Esteri: i privilegi oltre il limite del pudore, le nomine clientelari, le carriere dinastiche dei rampolli, gli sprechi mostruosi per tenere una rete e servizi inefficienti. E poi la nomina del presidente del sindacato autonomo dei diplomatici (Sndmae) Paolo Serpi a “inviato speciale” per i Caraibi.

La proposta di riforma per salvare la situazione prevedeva: via le sedi inutili, abolizione del concorso-farsa e incarichi a esterni alla carriera diplomatica.

Taglia la casta e, se continua così, prepara la mannaia.

 

Col taglio dei parlamentari si ridurrà finalmente anche l’esercito di auto blu.

In tutta Italia le auto blu sfiorano le 100 mila unità per una spesa pubblica che supera i 4,5 miliardi di euro ogni anno. Di queste auto più di 3.000 stanno a Roma, a disposizione di ministri, sottosegretari, parlamentari e familiari al seguito. Tutte ad uso gratuito, cioè a spese dei contribuenti, senza che nessuno dica nulla.

Le auto dei politici costano 150 mila l’una: sono 18-20 mila e hanno almeno due autisti. È una cifra enorme. Il costo principale non sono le auto in sé, ma gli autisti. Il costo del personale incide infatti per il 75% della spesa. Si spende infatti un miliardo di euro per consumi, manutenzioni e assicurazioni. Oltre tre miliardi di euro costa invece il personale addetto (40 mila autisti in senso proprio, più 20 mila addetti amministrativi e generici).

È quell’indotto della politica che Cottarelli non ha voluto prendere in considerazione e che ci costa forse anche più degli stessi parlamentari.

In Danimarca i parlamentari e i ministri si spostano con mezzi pubblici, in bicicletta, in metrò e non hanno la scorta. Solo le più alte cariche dello Stato costituiscono un’eccezione.

Sveglia Cottarelli, rifai bene i conti e taglia la casta anche te!

 

In Italia i parlamentari sono i più pagati al mondo. Secondo lo studio inglese (Independent Parliamentary Standards Authority) i veri “paperoni” sono i parlamentari italiani con uno stipendio medio di oltre 120 mila sterline annue (1 sterlina=1,09 euro). Subito dietro troviamo Australia e USA con circa 117 e 114 mila sterline annue. All’interno della UE, solo l’Austria è poco sotto, ma per il resto dell’Unione gli italiani guadagnano il 60% di euro in più rispetto alla media europea.

Tra stipendio, diaria, rimborso spese di soggiorno, budget per lo staff, rimborso per telefonate e spese informatiche, un parlamentare italiano può portare a casa anche 17.000 euro al mese. Lo stipendio base ammonta a circa 10.500 euro al mese a cui bisogna poi aggiungere circa 3.500 euro di diaria riconosciuta per la presenza in aula. Quest’ultima è decurtata proporzionalmente per ogni giorno di assenza. E si arriva così a 14.000 euro al mese. A ciò bisogna poi aggiungere i vari rimborsi previsti per gli spostamenti e i soggiorni per motivi istituzionali. Deputati e senatori, poi, si muovono gratuitamente coi mezzi pubblici e lungo le autostrade per tutta la durata del loro mandato. A ciò si devono aggiungere infine i rimborsi per le corse in taxi (fino a 3.300 euro a trimestre), per le spese telefoniche e di internet (fino a 3.100 euro all’anno). Anche l’assistenza sanitaria è gratuita e poi c’è l’assegno di fine mandato. E, come se non bastasse, qualcuno ha pensato bene di ritagliarsi anche il bonus INPS da 600 euro per emergenza Covid.

A sollevare polemiche è stata anche al decisione della Commissione Contenziosa del Senato che ha bloccato la riforma del taglio dei vitalizi ai parlamentari. Una manovra fatta in piena estate, di notte, in perfetto stile italico in difesa di privilegi di altri tempi.

Lenin diceva che lo stipendio di un parlamentare non poteva essere superiore a quello di un operaio qualificato. Quindi dimezzare quelli attuali sarebbe troppo poco visto che tra un privilegio e l’altro arrivano a 20.000 euro lordi al mese. Insomma la casta va tagliata senza scrupoli. È impossibile fidarsi di questa gente. I 5Stelle sono otto anni che chiedono di ridurre i privilegi, ma quelli non ci sentono. Di sicuro quelli che non vogliono ridurli non credono nella democrazia diretta ma solo in quella delegata. Quando il nostro Parlamento è nato, era davvero espressione di una rappresentanza locale e ideale, basata sulla Resistenza e su valori antifascisti. Oggi sembra essere una banda a delinquere e di incapaci che si improvvisano politici, salvo eccezioni naturalmente.

 

Il 75% delle leggi approvate dal 2008 ad oggi sono state presentate dal governo. Una quota che negli ultimi mesi, anche in conseguenza dell’emergenza Covid-19, è ulteriormente aumentata.

Un altro aspetto del ridimensionamento delle prerogative delle Camere è l’abuso della decretazione d’urgenza. I decreti legge, da strumento eccezionale offerto dalla Costituzione per “casi straordinari di necessità e d’urgenza”, sono diventati quasi la modalità ordinaria con cui il governo sottopone le proprie proposte alle Camere. Gli ultimi 7 governi hanno varato una media di quasi due decreti legge al mese.

Tutti i governi dal 2008 hanno posto almeno una fiducia al mese, in media.

Come mai una svalutazione tale del Parlamento?

Lo diceva già la Commissione D’Alema: governare con un Parlamento di mille deputati e senatori, la maggior parte dei quali è rissosa e unicamente preoccupata a far cadere il governo, obbliga quest’ultimo a prendere delle contromisure. Ecco perché quella Commissione voleva il ridimensionamento del numero dei parlamentari. Anche per ridare dignità al Parlamento.

La democrazia in Italia probabilmente non esiste più dai tempi della DC, collusa con la mafia, o, se si preferisce, dai tempi del crollo della I Repubblica, che non ha portato ad alcuna rivoluzione socialista, bensì al trionfo del berlusconismo, con le sue leggi ad personam. E quando abbiamo avuto il Cavaliere, l’opposizione in parlamento era gestita da Prodi, che lo sconfisse varie volte. E fuori dal Parlamento? Da Mani pulite e dalla magistratura in generale. La sinistra radicale dov’era? Frantumata (p.es. il Partito comunista dei lavoratori ha 700 iscritti; il Partito comunista di Rizzo ne ha 5.000; Sinistra Italiana ne ha poco più di 19.000). Eppure esisteva la possibilità di entrare tranquillamente in Parlamento. Oggi la destra quale partito teme di più? I 5Stelle. E cosa fa la sinistra radicale pur di far sentire la propria voce in Facebook? Vota contro qualunque cosa venga dai 5Stelle. Questa per me è anarchia della peggior specie.

 

La nuova legge elettorale che si sta discutendo viene chiamata “Brescellum” (da Giuseppe Brescia che lo ha proposto). È un sistema elettorale proporzionale, con soglia di sbarramento al 5% e il cosiddetto “diritto di tribuna” per i piccoli partiti che non superano lo sbarramento del 5%. Si prevede che alla Camera siano eletti i candidati di quelle formazioni che ottengono almeno tre quozienti in almeno due Regioni, mentre al Senato siano eletti i candidati che ottengono almeno un quoziente nella circoscrizione regionale

Viene eliminata la quota maggioritaria del “Rosatellum”, cancellando i collegi uninominali e anche il collegamento tra liste, cioè le alleanze in coalizione prima del voto. Si elimina quindi il numero massimo di quattro candidati previsto oggi, consentendo invece un numero di candidati pari al numero dei seggi assegnati nel collegio plurinominale.

Non viene ancora affrontata la questione della lunghezza delle liste, se si opterà per listini bloccati o, invece, si ritornerà alle preferenze, come chiede M5Stelle.

Una seconda soglia di sbarramento, del 15%, vale di fatto solo a livello regionale per la Camera, per le liste rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute, come la Svp.

Le circoscrizioni rimangono 28 come nel “Rosatellum”. Sono in tutto 391 i seggi proporzionali che vengono assegnati a Montecitorio. A questi si aggiungono 8 seggi per gli eletti all’estero (in tutto 4 circoscrizioni), e 1 collegio uninominale per la Val d’Aosta. Al Senato invece sono in tutto 195 i seggi proporzionali assegnati. A questi si aggiungono 4 seggi per gli eletti all’estero e 1 seggio per la Val d’Aosta.

Infine, la proposta prevede una delega al governo, da esercitare entro 60 giorni dall’entrata in vigore della nuova legge, per la determinazione dei collegi elettorali plurinominali.

 

Nelle Camere i leghisti votarono compatti per il sì, oggi invece il no è un’occasione per dare una spallata al governo. L’altra occasione sono le Regionali.

Un pezzo influente e di peso della Lega ha deciso di fare campagna elettorale e di votare contro il taglio dei parlamentari. Apparentemente in aperto disaccordo rispetto alla linea ufficiale del partito, ma allo stesso Salvini giocare su due tavoli può fare molto comodo: “La Lega vota sì. Ma noi non siamo una caserma e se qualcuno vuole votare in modo diverso lo faccia“, ha ripetuto più volte il segretario.

L’ultimo a uscire allo scoperto è stato il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana: “Penso proprio di votare no“. Giancarlo Giorgetti è stato ancora più esplicito e ha giustificato apertamente il suo no parlando proprio del rischio di fare “un favore al governo”. Quello che non può dire Salvini, lo racconta Roberto Castelli, ex ministro della Giustizia leghista: “Lui – dice riferendosi al leader – deve essere coerente, per questo voterà sì, ma io credo che l’80% dei nostri elettori voterà no”. I deputati e i senatori? “Lì penso al 100% per il no“, dice Castelli.

Nella stessa condizione c’è FdI, Meloni: “Se prende piede il no non ci si può girare dall’altra parte”.

I sostenitori del sì che cos’hanno sempre detto? “Cosa c’entra questo referendum con la tenuta del governo?”. “Chi vota no non difende la casta ma la Costituzione e la rappresentatività democratica”.

E brava questa sinistra radicale, che vota come la destra per mandarla al governo. Non lo sa che le buone intenzioni a volte portano a risultati opposti a quelli desiderati? La sinistra radicale non dovrebbe neppure entrare in un Parlamento nazionale. Deve piuttosto porsi il compito di come superarlo con la democrazia diretta. Se il dibattito si spostasse sulla tipologia di democrazia diretta avremmo già fatto un enorme passo avanti. Non staremmo qui a fare i manichei tra un sì e un no che in definitiva non cambieranno nulla del marcio sistema politico in cui viviamo (peraltro totalmente privo di etica). Dobbiamo smetterla di votare qualunque cosa purché sia contro il governo. In Facebook poi domina ampiamente il manicheismo, proprio perché si agisce a distanza e ci si sente liberi di dire qualunque cosa. Ormai Facebook è rimasto l’unico luogo in cui la sinistra radicale spera di esercitare un qualche potere. Ed è un luogo del tutto virtuale, che in realtà non conta nulla. Quel che non capisco nella sinistra radicale e nei sostenitori del no è la pretesa di votare secondo princìpi e non per schieramenti astratti. Poi però quando si parla dei 5Stelle, che pur sono stati gli unici a combattere la casta, si diventa subito manichei. Invece di spronarli a essere più coerenti con l’idea di democrazia diretta, si evita qualunque confronto. L’importante è far cadere il governo. Ma morto un papa se ne fa un altro...

 

Dice Giorgetti, della Lega: “Il sì sarebbe un favore a un governo in difficoltà e quindi voterò no”.

Il governatore Fontana invece prova ad argomentare, per quanto può naturalmente: “Io sono preoccupato quando si fanno delle modifiche costituzionali con degli strappi, perché si rischia poi di creare un vulnus in un’altra parte della Costituzione“. Che della nostra Carta non si preoccupava un anno fa, quando c’era in gioco il futuro del governo: “Noi siamo coerenti e pronti subito al taglio dei parlamentari prima di andare al voto”, diceva allora.

Stessa parabola dell’ex ministro Centinaio. “Non ho partecipato a nessuna votazione in Aula, al Senato, per non mettere in imbarazzo i colleghi e il partito”, si difende. Che però era stato tra coloro che avevano proposto al M5Stelle il sì al taglio dei parlamentari: “Si vota il taglio e poi si dà potere al popolo”, diceva il 13 agosto scorso, pur di evitare un accordo tra 5Stelle e PD.

Questa gente non ha etica. Misura tutto in termini di schieramento. Mira pervicacemente alle poltrone.

E la sinistra radicale, votando come loro, si mette dalla loro parte, contro le proprie stesse intenzioni. Come se gli opposti debbano per forza coincidere.

 

Secondo i sostenitori del No, con meno eletti si ridurrebbe il potere delle Camere e il bilanciamento tra Parlamento e governo. Il Senato sarebbe comunque troppo piccolo per poter esercitare appieno tutte le sue funzioni, con meno parlamentari si ridurrebbe la possibilità di un rapporto diretto, quindi di un effettivo rendiconto, tra elettori ed eletti in ogni specifica porzione del territorio; si ridurrebbe la proporzionalità del sistema elettorale.

Bene. Provate a chiedere a uno di loro il nome di un paio di parlamentari eletti nella sua circoscrizione di residenza. Se va bene citerà qualche eletto nella stessa regione, ma confonderà deputati e senatori. Chiedetegli allora per quali proposte, posizioni o battaglie parlamentari sono riconoscibili. Farà scena muta.

Molti di noi conoscono il nome del sindaco del proprio comune e si fanno più o meno un’idea di come svolge il mandato. Lo stesso capita agli elettori americani per i senatori del proprio stato. Perché sono pochi, uno o due per territori ampi o chiaramente identificabili, e perché sono abbastanza influenti da “fare una qualche differenza” nelle istituzioni in cui operano.

Vota sì per ridurre un Parlamento pletorico.

 

A fronte di pochissimi super-competenti iperattivi, buona parte dei 945 parlamentari italiani svolgono invece funzioni routinarie, votano a comando dei segretari d’aula e dei capigruppo di commissione del loro partito, sottoscrivono progetti di legge e interrogazioni elaborati da altri, hanno rapporti con segmenti quantitativamente irrilevanti dell’elettorato.

Questo non avviene solo per la loro scarsa competenza, ma anche perché sono troppi rispetto alle funzioni del Parlamento nazionale, prosciugate dalle Regioni, dall’UE e dal governo. Per lo più, e nel migliore dei casi, rileggono, emendano e approvano progetti di legge prodotti in qualche ministero.

Se voti sì dimostri di capire che più piccolo è il numero dei legislatori, più è probabile che ciascuno di loro possa “fare la differenza”, più forte il “bilanciamento” del legislativo nei confronti dell’esecutivo. Quindi, anche più probabile che gli elettori riescano a ricordarsi come si chiamano, cosa hanno fatto i parlamentari del loro territorio e a giudicarli.

Chi ha orecchi da intendere, intenda...

 

Se i 100 senatori americani possono coprire tutto il lavoro legislativo, di servizio al collegio e di controllo sul governo della più grande potenza mondiale, in un regime presidenziale, in aula e nelle commissioni, non c’è alcun dubbio che potranno farlo anche i 200 senatori italiani.

 

Se si parte dal presupposto che un partito del 10% debba avere eletti ovunque, anche in Molise, allora servirebbe una Camera composta da 2.000 persone. È ovvio che la proporzionalità può essere garantita solo al livello nazionale. Duecento senatori + 400 deputati bastano e avanzano per consentire, volendo, la presenza in Parlamento anche dei partiti minori col diritto di tribuna.

 

Se passa la riforma sul taglio dei parlamentari, il numero degli eletti per milione di abitanti scenderà da 16 a 10, sotto il livello di Polonia, Canada, Francia, Spagna. Ma in questi Paesi i componenti delle seconde Camere hanno poteri ridotti e molti tra loro non sono eletti direttamente dai cittadini. Se si considerano i parlamentari eletti direttamente, a tempo pieno e con pieni poteri, l’Italia, dopo la riforma, si colloca perfettamente in linea con gli altri Paesi europei medio-grandi.

La Camera bassa tedesca (il Bundestag) è composta da un minimo di 598 membri, che possono diventare circa 700 per effetto dei seggi eccedenti conquistati dai partiti maggiori nei collegi uninominali e dei seggi dati per compensazione proporzionale ai partiti minori. La Camera alta (Bundesrat) è composta da delegati dei governi regionali che esprimono in blocco i voti a disposizione del loro Land. In Germania i parlamentari sono oggi meno di 9 per ogni milione di abitanti. Diventerebbero 9,5 se i 69 “voti” esprimibili nel Bundesrat venissero erroneamente considerati alla stregua di 69 senatori. Nell’Italia post-riforma avremmo più di 10 parlamentari per ogni milione di abitanti.

Perché allora qualcuno dice che in Italia, con la riforma, diventeremmo il fanalino di coda in Europa? Perché imbroglia sui numeri. Per esempio, i 400 deputati italiani post-riforma vengono messi a confronto con gli attuali 709 componenti del Bundestag tedesco, senza considerare che in Italia ai deputati si aggiungono 200 senatori a tempo pieno e con pieni poteri, mentre in Germania i senatori semplicemente non esistono.

 

Nella graduatoria mondiale desumibile dai dati dell’Inter-Parliamentary Union, il Parlamento italiano risulta terzo per numero assoluto di componenti, ma i due casi che lo precedono sono parecchio sui generis: l’assemblea nazionale del popolo cinese (circa 3.000 componenti) si riunisce in plenaria solo una volta all’anno per ratificare le decisioni prese dai vertici del partito comunista; il Parlamento britannico somma 1.445 componenti solo grazie allo spropositato numero di Lord a vita (circa 800), non eletti dai cittadini ma nominati dalla regina, che possono mantenere il titolo anche se si fanno vivi a Westminster saltuariamente.

Il nostro Parlamento nazionale è il più affollato del mondo, se consideriamo gli eletti a suffragio universale e diretto. Quello degli Stati Uniti è di 531 eletti con 306 milioni di abitanti, quello del Brasile è di 510 con 193 milioni di abitanti, quello del Giappone è di 710 con 127 milioni di abitanti.

945 parlamentari erano già troppi nel 1948. Sono diventati un numero abnorme da quando sono stati istituiti i Consigli regionali e il Parlamento europeo. Innovazioni che hanno portato a oltre 1.880 il numero complessivo dei nostri “legislatori”.

Prendiamo tutti i Paesi democratici con più di 20 milioni di abitanti, cioè quelli con cui ha più senso paragonare l’Italia, quindi escludendo dal computo i Lord. Le Camere basse hanno in media 418 componenti, le Camere alte 143.

Quindi di cosa stiamo parlando? Guardiamo anche solo la percentuale della rappresentanza. Noi fino ad oggi avremmo dovuto essere i più democratici di tutti. Infatti lo si vede dall’alta corruzione, dalla diffusa criminalità organizzata, dagli inciuci in Parlamento, dalla destra becera e fanfarona e da tante altre bellissime cose, tra cui anzitutto l’enorme evasione fiscale.

Questo per dire che non conta tanto il rapporto percentuale tra parlamentare ed eletto (in rete i numeri contraddittori si sprecano), quanto piuttosto la qualità di questa rappresentanza. Nessun vincolo di mandato, piena immunità parlamentare, nessun obbligo di rendicontazione agli eletti, che possono essere cercati ovunque (Salvini andò addirittura in Calabria), stipendi favolosi, privilegi vergognosi, non si dimettono mai quando compiono reati o crimini di varia natura, passano da un gruppo all’altro (o finiscono nel gruppo misto) con incredibile disinvoltura, si lasciano comprare per far cadere i governi. Che gente è questa? Meglio che siano pochi: forse riusciremo a controllarli meglio, anche se io ne dubito. Per me la rappresentanza migliore è quella della democrazia diretta.

 

In questo momento abbiamo 751 deputati europei di cui 76 italiani, 884 consiglieri regionali con potestà legislativa, nessun Paese dittatoriale nella UE, che è composta da 27 Paesi con 446 milioni di abitanti, e ci dobbiamo preoccupare se riduciamo il nostro Parlamento a 600 eletti a suffragio universale e diretto?

Cerchiamo di essere realistici e di evitare piuttosto che i fascioleghisti vadano al governo.

 

Se la sinistra radicale fosse realista e non idealista voterebbe non per tutelare la Costituzione ma proprio per modificarla, rendendola più conforme ai tempi. Invece vuol far cadere il governo e illudersi che ritorni il proporzionale puro.

Gli ideali c’erano negli anni ’70, quando venivano vissuti non solo in Parlamento, ma anche e soprattutto nelle Case del popolo, nelle sedi del PC, nelle feste dell’Unità... Oggi il parlamentare sembra affetto da autismo, preso com’è a coltivare i propri interessi. Ricordiamo tutti Renzi quando diceva “Se perdo il referendum rinuncio alla politica”! La democrazia rappresentativa rappresenta solo se stessa. Dobbiamo uscire da questo stallo, partendo dal basso (dagli enti locali, anzi dai consigli di quartiere), altrimenti ci sarà sicuramente una svolta autoritaria. Dobbiamo togliere potere allo Stato. In questo momento mi accontenterei di un passaggio dallo Stato centralista a quello federale. Meglio che niente. Il centralismo statale è una forma di paternalismo, quando non di insopportabile autoritarismo, pari a quello della Chiesa romana. Il centralismo lo accetto solo a livello di partito e solo fino a quando non si abbatte lo Stato centralista.

 

C’è da preoccuparsi che i sostenitori del no rivendichino il rispetto della Costituzione italiana e non spendano mai una parola nel dire che tutte le Costituzioni nazionali della UE dovrebbero sottostare a una moderna Costituzione europea, che ancora purtroppo non abbiamo per colpa di due referendum popolari in Francia e in Belgio del 2005.

 

Grazie ai 5Stelle il Parlamento ha iniziato a rinunciare ai suoi privilegi. Prima sono stati cancellati i vitalizi. Ora è la volta del taglio dei parlamentari, da 945 a 600. Un taglio che i cittadini chiedono a gran voce da anni.

Il 98% dei parlamentari han votato a favore del taglio. Oggi invece attaccano questa riforma per paura di perdere altri privilegi, altro potere.

 

Con 945 parlamentari l’Italia ha un eccesso di rappresentanti rispetto alla media europea. Il Reichstag, sede del Parlamento tedesco, conta 709 deputati, l’Assemblea nazionale francese 577 membri. Secondo i dati dell’Istituto Cattaneo, l’Italia oggi ha 16,1 parlamentari per ogni milione di abitanti, contro i 12,1 della Polonia, i 10,4 del Regno unito, i 9 della Francia, i 7,8 della Spagna e gli 8,7 della Germania.

Con il sì alla riforma costituzionale per ridurre il numero di deputati e senatori, l’Italia si allineerà alla media europea. Non è vero dunque che questo taglio penalizzerà i territori e non ci sarà una carenza di rappresentatività. Anche se il numero dei parlamentari italiani diminuirà di un terzo, abbiamo 76 eurodeputati e un migliaio di consiglieri regionali, che legiferano per le materie di loro competenza.

Negli ultimi venti anni la politica ha sempre chiesto sacrifici e tagli ai cittadini, è giusto che adesso sia la politica a stringere la cinghia.

 

L’inferno è lastricato di buone intenzioni. Come quella di mandare al governo i fascioleghisti votando a favore dell’integrità della Costituzione. Come se non fosse lo scorrere del tempo a rendere inevitabile il mutamento delle cose. Come se per garantire la rappresentanza democratica non ci si fidasse del fatto che, oltre al nostro Parlamento, abbiamo anche oltre 700 parlamentari europei e oltre 800 consiglieri regionali, senza poi considerare che ben 15 Paesi UE su 27 sono addirittura monocamerali.

 

Io penso che, come è avvenuto in altre occasioni, anche questo referendum si stia trasformando in un voto pro o contro il governo e le motivazioni del Sì e del No stiano passando in secondo piano, purtroppo. Era in fondo lo scopo di quei 70 parlamentari che con la faccia di bronzo, dopo avere votato a favore della legge per il timore di essere antipopolari, senza un minimo di dignità hanno firmato per richiedere il referendum, sperando proprio che si trasformasse in un voto contro il governo: non a caso i firmatari sono quasi tutti leghisti e forzisti.

E credo proprio che ci stiano riuscendo e la testimonianza di un noto personaggio pubblico come Billy Costacurta che candidamente ha annunciato il suo No solo “per non vedere gioire Di Maio e Toninelli” ne è la conferma, svelando quello che comunque era il segreto di Pulcinella. Tutto ciò ha un fondamento perché è fin troppo evidente che una vittoria del No metterebbe in grande difficoltà la tenuta del governo... anzi io credo proprio che sancirebbe la fine di questa alleanza PD-5Stelle che bene o male è riuscita a tenere lontano dal potere questa destra becera, fascioleghista e razzista.

Spero che tanta gente di sinistra non cada in questo tranello, o come meglio l’ha definito Bersani “il trappolone” fascioleghista del “No insincero”. Naturalmente rispetto chi ha scelto convintamente di votare No e mi riferisco soprattutto ai tanti ancora indecisi che tali sono perché vedono ragioni buone per il Sì e per il No.

 

Come si votava negli Stati Generali prima della rivoluzione francese? Per ordine non per testa. Il terzo stato veniva facilmente messo in minoranza da clero e nobiltà, che rappresentavano la casta. I due ceti privilegiati non volevano ridurre i loro poteri e furono spazzati via dalla rivoluzione. Oggi è la stessa borghesia che rappresenta la casta e vuole conservare il proprio potere in Parlamento. Non è curioso che la sinistra radicale, invece di ridurla il più possibile, ne confermi la piena legittimità? Con chi fare la prossima rivoluzione?

La rivoluzione francese ha sostituito la sovranità regale (e aristocratica) con quella democratico-popolare, ma sarebbe meglio dire che l’ha sostituita con quella statale e parlamentare. Guardando certe repubbliche presidenziali, vien quasi voglia di parlare di “monarchie repubblicane”. In ogni caso la vera sovranità popolare non è mai esistita, poiché solo la democrazia diretta può realizzarla.

Oggi possiamo soltanto dire che la sovranità al popolo viene teoricamente (in via di principio) riconosciuta come un “diritto naturale, civile e politico”, mentre per i re la sovranità proveniva da una tradizione militaresca (su cui era stata fondata una pretesa nobiliare): era una sorta di privilegio che si attribuivano da soli, ereditariamente, per diritto divino (secondo l’ideologia feudale).

Tuttavia le Costituzioni borghesi affermano che la sovranità popolare può essere esercitata entro i limiti imposti dalle leggi, le quali vengono formulate in Parlamenti che solo formalmente rappresentano il popolo. Un popolo si dovrebbe attribuire da solo la propria sovranità, cioè non dovrebbe aspettare che gli venga riconosciuta da uno Stato, che è, per sua natura, una forma di astrazione politica, un’astrazione che nega di per sé la concretezza della sovranità popolare.

 

Il tasso di disoccupazione è salito al 9,7% e, tra i giovani, al 31,1% (+1,5 punti).

E voi, che potete tagliare 1/3 dei parlamentari, votate no?

 

In un Paese di cicale cosa vuoi che sia risparmiare al giorno 300.000 euro per colpa di 71 senatori che non volevano perdere la poltrona.

È che uno non ha la percezione delle cose. Forse dovevamo fare il referendum quando c’era la lira. Si sarebbe capito subito che risparmiare oltre mezzo miliardo al giorno sarebbe stata una gran cosa.

 

Dice Zagrebelsky sul “Fatto quotidiano”: “I deputati e i senatori non sono i rappresentanti dei territori. Questa idea è una reminiscenza dell’Antico Regime. La rappresentanza agli Stati generali riuniti a Versailles nel 1789 era quella corporativa dei territori locali. La rappresentanza territoriale significa oggi soprattutto favorire i faccendieri locali che dispongono di pacchetti di voti clientelari, i lobbisti che intrallazzano a Roma.

Deputati e senatori rappresentano la Nazione senza vincolo di mandato. Non lo dice solo la Costituzione, ma lo dice la concezione moderna della politica come cura di interessi generali.”

Per queste ragioni lui sostiene il sì. Strano, perché per queste stesse ragioni la sinistra radicale sostiene il no.

Io sostengo il sì, ma siccome non mi fido di un parlamentare lontano dal territorio che lo ha eletto, pretendo che egli si senta vincolato al territorio di appartenenza. Cioè in Parlamento uno può fare l’idealista come vuole, curando gli interessi generali della nazione, ma anzitutto deve dimostrare di non tradire gli interessi di chi a livello locale gli ha attribuito un mandato.

Se uno vive a Milano ma viene eletto in Calabria, cosa mi fa pensare immediatamente? O che ha sfruttato una legge elettorale che impediva ai calabresi di comportarsi diversamente, oppure che con loro ha realizzato un patto sotto banco.

L’unica alternativa praticabile a questo rischi per la democrazia sarebbe quella di creare uno Stato federale in cui gli enti locali territoriali hanno la pienezza dei poteri politici e dove il Parlamento nazionale viene convocato solo per discutere di problemi nazionali o internazionali o interregionali. Certo, lo Stato è un organismo da superare, ma, dovendo scegliere tra uno centralizzato come il nostro e uno federale, preferisco il secondo, almeno i poteri sono un po’ più decentrati.

E la si smetta per favore di dire che gli enti locali territoriali sono corrotti come lo Stato. Oggi questi enti sono soltanto organi periferici dello Stato centralista, per questo sono corrotti. Ma quando decideremo di contrapporli allo Stato e continueranno ad essere corrotti, le colpe saranno del cittadino che non pretende i controlli sui propri eletti locali.

 

[19 settembre] Luca Palamara. Minigonne

 

“Sono stato travolto dalla fiumana e mi sono perso, ma non sento di essere stato moralmente indegno”, spiega l’ex presidente Anm, Luca Palamara, ma l’Assemblea vota per l’espulsione.

Viene in mente quanto diceva Craxi: Tutti i partiti rubano per autofinanziarsi. Non si capisce perché non dovremmo farlo noi.

Domanda: può uno non ritenersi moralmente indegno solo perché così fan tutti?

 

Le allieve riunite nel collettivo “Ribalta femminista” hanno risposto con lo slogan “Non è colpa nostra se gli cade l’occhio”.

Invece è colpa anche vostra. La libertà di espressione ha senso solo nei limiti della libertà di associazione. E nella scuola devono vigere regole di decenza e di buon costume per tutti.

Chi non sa distinguere gli ambienti, le circostanze deve ricominciare il percorso formativo da zero.

Sto dalla parte della vicepreside del “Socrate” di Roma. Un liceo con un nome prestigioso: non infangatelo con atteggiamenti anarcoidi che con l’emancipazione sessuale non c’entrano niente.[3]

 

[20 settembre] UE, sovranismo

 

La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha avuto ieri un duro scambio di opinioni coi gruppi sovranisti e di destra del Parlamento europeo in merito all’immigrazione.

Quelli sostenevano che nella UE “l’asilo è diventato una filiera per l’immigrazione clandestina” e che i richiedenti asilo “non vengono qui per sfuggire alle guerre”, bensì “per ragioni economiche e sanno che potranno rimanere qui a causa del vostro lassismo”. Ecco perché servono “espulsioni sistematiche, anche per evitare le morti nel Mediterraneo”.

“Noi – ha replicato la von der Leyen – siamo convinti che ogni essere umano ha una dignità, che non può essere toccata, indipendentemente dalla sua provenienza. L’estrema destra ha un’altra visione: ci sono diversi tipi di esseri umani. Ci siamo noi e ci sono loro, gli altri. E gli altri devono essere affrontati con l’odio. Voi predicate l’odio, noi vogliamo soluzioni. Vogliamo un approccio costruttivo alle migrazioni, perché saranno sempre con noi. Ogni anno circa 2 milioni di persone vengono in Europa e 140 mila sono i rifugiati. È la normalità: dobbiamo essere in grado di gestirla”.

A volte mi chiedo: ma perché non eliminiamo il nostro Parlamento e ci teniamo solo quello europeo? Le cose che si dicono sono le stesse. Anzi, forse l’opposizione alla destra è superiore a quella che vediamo da noi.

 

[21 settembre] Italia, suolo consumato

 

Secondo i dati 2019 in Italia il suolo consumato (di terreno netto) è pari al 7,1% del terreno totale. Ci stiamo avvicinando al raggiungimento dell’obiettivo UE 2050, cioè ZERO.

Solo che nel nostro Paese si fanno statistiche che a livello nazionale non valgono nulla.

Infatti ci sono Regioni, come Lombardia e Veneto, che arrivano al 12% di suolo consumato e altre, come Sardegna, Trentino, Basilicata e Val d’Aosta, che s’aggirano sul 3% o anche meno.

Perché non abbiamo uno Stato federale, così ragioneremmo scientificamente per singole Regioni? E quella lombarda si dovrebbe per forza chiedere come mai nella provincia di Monza e Brianza più di un terzo del suolo è consumato!

 

[22 settembre] Palamara

 

Tra le chat intercettate tra Mancinetti e Palamara c’è quella del febbraio 2018 in cui il primo si esprime sul collega Luciano Panzani: “Cmq leggendo nota di panzani ce da ridere. Lo dovete asfaltare è un matto”.

Si noti quel “ce”. Qui abbiamo a che fare con laureati. Questi non corrompono solo l’etica...

 

Forse non tutti sanno che a incastrare Palamara è stato WhatsApp. L’accusa ha potuto ricavare un’enorme mole di carte dalle chat del suo cellulare, con cui imbastire ben 3 procedimenti penali e 6 disciplinari.

Non è ingenuo uno a pensare che quando si usano degli strumenti digitali la privacy possa essere garantita al 100%?

 

Secondo il CSM Luca Palamara avrebbe fatto tutto da solo. Lui naturalmente nega. In ogni caso ha nominato 84 colleghi al vertice di uffici giudiziari.

Non ho capito: sono 84 complici tutti assolti in via preventiva, perché se no si rompe il giocattolo?

Mattarella è rimasto “sconcertato e molto contrariato” per il mercato delle toghe emerso dall’inchiesta di Perugia. La crisi è senza precedenti. Si sono già dimessi 6 su 16 consiglieri togati del CSM, che, come minimo, andrebbe sciolto.

 

[23 settembre] Vincolo di mandato o Mandato imperativo. M5Stelle

 

Oggi la sinistra radicale, nei suoi deliri estremistici e autoritari, inorridisce di fronte al principio del mandato imperativo del parlamentare. Ciò dipende dal fatto che detesta la democrazia diretta di Rousseau e con lui la piattaforma telematica dei 5Stelle. Vuole uno Stato centralizzato. Questo perché pensa che quando lo occuperà con una rivoluzione, le sarà più facile gestire l’intera società civile. Il bello è che anche il potere del capitale odia il popolo che pensa in proprio. Non a caso la Costituzione prevede la democrazia diretta solo in casi molto limitati, quelli di iniziativa popolare e di referendum. Tutti i dittatori sotto il capitalismo o il socialismo statale sono nati mentre era in vigore la democrazia delegata a livello nazionale. Non esiste neanche un caso in cui una democrazia rappresentativa nazionale sia riuscita a impedire la formazione di una dittatura esplicita, a meno che non abbia potuto avvalersi dei proventi ricavati dal proprio colonialismo o imperialismo (come è successo in Inghilterra, Francia e Stati Uniti, dove una dittatura esplicita non è mai esistita, essendo sufficiente un benessere generalizzato).

Al giorno d’oggi negli Stati ove vige il divieto di mandato imperativo per i parlamentari, si cerca di estenderlo persino ai rapporti tra eletto e partito che lo ha fatto eleggere. La giustificazione più utilizzata è che un vincolo troppo stretto tra eletto, partiti ed elettori può favorire la formazione di esecutivi non democratici, o addirittura la nascita di regimi dittatoriali, in cui il potere dei parlamenti è esautorato e dato in mano a singoli partiti.

Tuttavia c’è poco da fare: senza un mandato imperativo il parlamentare, se non possiede grandi ideali politici, tende a fare quel che gli pare. Non siamo più negli anni del dopoguerra, quando i parlamentari erano schierati ideologicamente e assai raramente avrebbero cambiato schieramento politico. Al massimo uscivano da un partito per fondarne un altro.

Osserva Luigi Di Maio: “Non dico che dobbiamo modificare la Costituzione sul vincolo di mandato, però degli strumenti interni al Parlamento per far sì che uno non cambi casacca 7-8 volte, è legittimo che vengano introdotti.”

I Cinque Stelle da sempre vogliono introdurre forme di vincolo di mandato per contrastare il crescente fenomeno del trasformismo parlamentare, favorito anche dal fatto che negli Stati odierni il divieto di mandato imperativo per i parlamentari viene esteso anche ai rapporti tra eletto e partito che lo ha fatto eleggere. La giustificazione più utilizzata è che un vincolo troppo stretto tra eletto, partiti ed elettori può favorire la formazione di esecutivi non democratici, o addirittura la nascita di regimi dittatoriali, in cui il potere dei parlamenti è esautorato e dato in mano a singoli partiti.

Nella nostra Costituzione non esiste un obbligo giuridico tra chi viene eletto e chi l’ha votato, ma soltanto una responsabilità politica che idealmente è valutata in sede di voto: se gli elettori non sono soddisfatti di un eletto, non lo voteranno più. In questo modo, i parlamentari fanno gli interessi del Paese, e non del singolo partito o movimento che li ha portati in Parlamento.

L’art. 67 della Costituzione prevede che “ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. Non è dunque obbligato ad andarsene dal proprio gruppo se esprime un voto in dissenso rispetto alla linea indicata.

La domanda è: può un singolo parlamentare avere maggiore consapevolezza degli interessi nazionali di quanta ne può avere il partito che l’ha candidato e la popolazione che l’ha eletto? Perché non fa una dichiarazione preliminare in cui assicura che in caso di conflitto di coscienza sottoporrà i termini di tale conflitto a un confronto col proprio partito ed elettorato di riferimento prima di prendere qualunque decisione in Parlamento?

Il partito è una cosa seria. Ha un progetto sulla società. Deve avere dei leader carismatici. Non ci si iscrive a un partito per meri interessi personali. Gli obiettivi pubblici sono prioritari su tutto. Gli elettori, iscritti a un partito, sono infinitamente più importanti di quelli non iscritti. In parlamento ci si entra, salvo eccezioni, tramite i partiti. Chi tradisce dovrebbe andarsene, non cambiare bandiera o finire nel gruppo misto.

In Italia i cambi di gruppo parlamentare nella XVI legislatura (2008-2013) son stati 261, poco più di 4 al mese. Un fenomeno che ha coinvolto 180 parlamentari (120 deputati e 60 senatori), il 19% dell’aula. Nella XVII legislatura il fenomeno è esploso, ci sono stati 566 cambi di gruppo, quasi 10 al mese. Circa 1 eletto su 3 ha cambiato casacca almeno una volta dalle politiche del 2013. Alcuni hanno avuto persino 9 cambi di gruppo nel corso della stessa legislatura. Sono dati di OpenPolis.

Berlusconi disse più volte d’essere favorevole all’introduzione di un vincolo di mandato. Lui che aveva pagato 3 milioni di euro al senatore Sergio De Gregorio per passare dal centrosinistra al centrodestra votando la sfiducia al governo Prodi nel 2008.

Prima di elencare le proposte che sono state fatte, facciamo un breve excursus storico.

L’idea di usare un vincolo di mandato nei confronti degli eletti esiste sin dall’antica Grecia ed è andata avanti sino alla rivoluzione francese. P.es. nella Spagna del XIII secolo i rappresentanti delle città nel Regno di Castiglia e León dovevano addirittura giurare di rispettare nelle Cortes le istruzioni dei loro elettori.

L’idea di rinunciarvi fu proposta per la prima volta da Burke, famoso per la sua dura opposizione alla rivoluzione francese. Ma poi fu ulteriormente elaborata da Sieyès, uno dei teorici di quella stessa rivoluzione. Così fu inserita nella Costituzione francese del 1791: “I rappresentanti eletti nei dipartimenti non saranno rappresentanti di un dipartimento particolare, ma della nazione intera, e non potrà essere conferito loro alcun mandato”.

L’articolo venne messo per evitare pressioni e/o ricatti esterni. Infatti nell’Ancien Régime, cioè negli Stati generali francesi, vigeva un vincolo di mandato che instaurava, tra eletto ed elettori, un rapporto di rappresentanza analogo a quello privatistico.

Nella Spagna del XIII secolo i rappresentanti delle città nel Regno di Castiglia e León dovevano addirittura giurare di rispettare nelle Cortes le istruzioni dei loro elettori.

Tuttavia a questa teoria si contrapponeva quella della sovranità popolare, elaborata da Rousseau, secondo cui ciascun cittadino detiene una parte della sovranità: ne segue che l’esercizio della stessa non può che avvenire con forme di democrazia diretta o, se non è possibile, tramite rappresentanti eletti a suffragio universale e soggetti a mandato imperativo. Cioè se gli elettori non controllano gli eletti, la democrazia diventa solo formale. È stupido dire che con la democrazia diretta faremmo un salto nel buio. I piccoli sostanziosi passi possono essere fatti solo a livello locale. È quando si vota per un Parlamento non controllabile che si fanno i salti nel buio. Qui è l’abitudine che va superata.

Il mandato imperativo del parlamentare è associato ad alcune esperienze politiche e costituzionali di sinistra, come p.es. la Comune di Parigi, che affermava: “I membri dell’assemblea municipale, incessantemente controllati, sorvegliati, discussi per le loro opinioni, sono revocabili in qualunque momento, responsabili e tenuti a rendere conto al popolo”. Ma in quella esperienza politica il corpo elettivo concentrava in sé il potere legislativo e quello esecutivo, due poteri separati nella tradizione liberale dello Stato di diritto.

Naturalmente il vincolo di mandato era un postulato irrinunciabile della democrazia diretta dei soviet, dotata sia del potere legislativo sia di quelli esecutivo e giudiziario, che eleggeva per via diretta funzionari pubblici vincolati da una forma di mandato imperativo, rigidamente sottoposti a procedure e codici di condotta stabiliti deliberativamente in assemblea e, su diretta proposta di qualunque dei costituenti, revocabili dalle loro cariche in qualsiasi momento.

Ora vediamo come si regolano all’estero.

In Spagna han cercato di contrastare il fenomeno del trasformismo in Parlamento attraverso un patto tra le forze politiche. A partire dal 1998 i rappresentanti dei partiti politici spagnoli e il ministero delle Amministrazioni pubbliche hanno ciclicamente sottoscritto un accordo per impedire che singoli politici cambino schieramento in Parlamento. Un accordo che però non ha la stessa forza di una norma costituzionale. Infatti il partito liberale Ciudadanos ha deciso di non sottoscriverlo.

In Colombia la revoca del mandato parlamentare è stata introdotta nella Costituzione del 1991 per combattere la corruzione, che è a livelli abnormi. La prima legge prevedeva che bisognasse raccogliere il 40% dei voti ottenuti dal candidato e che il giorno del referendum si raggiungesse un quorum del 50% degli elettori. Fino al 2015 ci sono stati 161 tentativi di revoca che hanno portato a 41 referendum, ma nessuno di questi ha mai raggiunto il quorum necessario. Così, la nuova legge del 2015 ha abbassato rispettivamente al 30% ed al 40% le percentuali necessarie.

L’articolo 14 della Costituzione della Lettonia prevede la possibilità per gli elettori di revocare il mandato a tutto il Parlamento! Servono il 10% di firme del corpo elettorale e, per essere valido, devono partecipare almeno i 2/3 dei votanti alle ultime elezioni.

La Costituzione tedesca, all’art. 38, afferma che gli eletti al Bundestag, ossia il Parlamento federale, sono “i rappresentanti di tutto il popolo, non sono vincolati da mandati né da direttive e sono soggetti soltanto alla loro coscienza”. Ma un discorso diverso vale per il Bundesrat, il Consiglio federale, composto da 69 membri, che rappresenta i singoli Stati federali. La loro elezione non è diretta e il numero di delegati per Stato cambia a seconda della popolazione. Ogni eletto è espressione della coalizione (o del partito) che governa il singolo Stato e deve votare in modo uguale agli altri rappresentanti del suo Stato di appartenenza, altrimenti può essere sostituito e sollevato dal suo incarico. In questo caso si potrebbe parlare di vincolo di mandato, ma non si tratta di rappresentanti eletti, e dunque non c’è un vero e proprio “mandato” popolare da rispettare. In ogni caso ciò sembra confermare che in uno Stato federale i senatori sono più vincolati dei deputati.

Attualmente tra i Paesi non socialisti il mandato imperativo per i parlamentari è previsto solo in Portogallo, Panama, Bangladesh e India, dove chi cambia gruppo politico decade automaticamente. Tuttavia in Portogallo la Costituzione stabilisce che un parlamentare, una volta abbandonato il proprio partito, non perde il seggio se non si iscrive in un altro schieramento. Basta semplicemente che resti indipendente. Una formula simile all’iscrizione nel gruppo misto in Italia. Da aggiungere il Nicaragua, dove la Costituzione prevede che il deputato che entri in conflitto con il partito nelle cui liste è stato eletto passi dalla condizione del titolare a quella di supplente.

Il vincolo di mandato è stato vigente nella Costituzione dell’Ucraina per circa sei anni, dopo la riforma costituzionale del 2004: i parlamentari erano vincolati per legge a rimanere nel partito o nel gruppo per il quale erano stati eletti. Nel 2009 la Commissione di Venezia, organo consultivo del Consiglio d’Europa su questioni giuridiche, pubblicò un report, intitolato “On the imperative mandate and similar practices”, in cui criticò duramente questa iniziativa. Cosa che confermò il Consiglio d’Europa, il quale disse che il divieto di mandato imperativo, salvo limitate eccezioni, è incorporato in quasi tutti i sistemi costituzionali di Paesi a democrazia rappresentativa. Di fatto però, dopo essere stata cancellata dalla Corte costituzionale dell’Ucraina nel 2010, la modifica è stata reintrodotta nel 2014 con un voto del Parlamento, in un tentativo più articolato per limitare i poteri presidenziali e ampliare quelli del governo.

In alcuni Paesi esiste la formula del recall election. È una procedura che permette agli elettori di revocare il mandato a un proprio eletto se non soddisfatti del suo operato. L’eletto può essere un politico o un funzionario di un pubblico ufficio, scelto attraverso una votazione diretta. Si può far questo prima che il suo mandato sia terminato. Oggi è presente in 18 Stati degli Stati Uniti, in Venezuela, Argentina, Colombia, Lettonia, Taiwan e in 6 Cantoni svizzeri. In Svizzera però i cittadini tendono a preferire i referendum propositivi come strumento di controllo e prevenzione della malapolitica.

Nella storia degli Stati Uniti solo due governatori sono stati revocati: nel 1921 Lynn Frazier del Nord Dakota e nel 2003 Gray Davis della California, quando al suo posto divenne governatore Arnold Schwarzenegger. Oltre a loro due nel 1988 fu approvata una richiesta di revoca contro il governatore dell’Arizona Evan Mecham, che però si dimise prima del voto.

Negli Stati socialisti i membri delle assemblee ai vari livelli territoriali, fino al Parlamento a livello nazionale, sono soggetti a mandato imperativo e possono essere revocati dagli elettori o dai partiti comunisti al potere. Corea del Nord, Vietnam, Cina e Cuba mantengono esplicitamente l’istituto giuridico del mandato imperativo.

In Bangladesh l’art. 70 della Costituzione dice che un parlamentare perde il seggio se vota contro il suo gruppo parlamentare oppure se si dimette dal proprio partito, ma può presentarsi alle elezioni successive. Procedura analoga è costituzionalizzata in India e a Panama. Sistemi simili vigono anche in Nigeria, Nepal, Figi e Pakistan.

Ora, supponendo di non dover ricorrere al vincolo di mandato, quali possibili soluzioni vi sono per risolvere il problema del trasformismo dei parlamentari, che passano con disinvoltura da un gruppo politico all’altro o al gruppo misto?

Modifica dei regolamenti parlamentari. In Senato, a partire dall’attuale Legislatura, si è limitata la possibilità di creare nuovi gruppi parlamentari rispetto ai partiti e alle coalizioni che si sono presentati alle elezioni. Si possono fondere gruppi già esistenti, ma chi abbandona il proprio gruppo può farlo spostandosi solo nel gruppo misto. Il nuovo regolamento prevede che ogni gruppo parlamentare, pur mantenendo la soglia minima di dieci senatori, deve rappresentare un partito o movimento politico, anche frutto dell’aggregazione di più sigle, che abbia presentato alle elezioni per il Senato propri candidati con lo stesso contrassegno. Nuovi gruppi potranno essere costituiti, anche in corso di legislatura, solo se corrispondono a partiti o movimenti politici che si siano presentati alle elezioni uniti o collegati. Questo perché il Senato è da anni caratterizzato da un maggior trasformismo. Italia Viva, ad es., ha potuto formare un proprio gruppo grazie al collegamento coi socialisti. Per disincentivare al massimo i cambi di casacca il Senato ha introdotto anche un’altra norma: la decadenza automatica dall’incarico di vicepresidente o segretario nel caso in cui si lasci il gruppo in nome del quale si è stati eletti. A meno che non sia stato il gruppo a decidere di sciogliersi.

Legge elettorale. Una legge elettorale in linea con la Costituzione può rafforzare la responsabilità politica che esiste idealmente tra chi vota e chi viene votato, senza la necessità d’inserire vincoli giuridici. Ma questa legge non è mai stata fatta.

Regolamenti dei singoli partiti. Le scissioni di schieramenti politico-parlamentari non possono avvenire con uno scarso coinvolgimento delle basi elettorali. Maggiore democraticità, trasparenza e coinvolgimento dei cittadini permetterebbero di comprendere meglio i processi politici del Paese; di creare un dialogo più costruttivo tra le parti e di limitare le scissioni e il conseguente aumento dei gruppi parlamentari.

Sia come sia, oggi appare chiaro che non ha più senso che i parlamentari svolgano il loro incarico senza obblighi nei confronti di partiti, programmi elettorali o dei cittadini stessi. Un eletto, se sa di non dover tener conto di un mandato politico da parte dei suoi elettori, che non gli possono impartire istruzioni né lo possono revocare, tenderà a sentirsi completamente libero di fare ciò che vuole in Parlamento. L’elettorato è come se gli firmasse una cambiale in bianco per l’intero arco della legislatura. Ormai è solo in teoria che il parlamentare rappresenta la Nazione. In pratica sembra ch’egli rappresenti più che altro se stesso.

Di questo si sono accorti anche i nostri senatori che hanno elaborato nella XVII legislature (N. 2759/2017) una proposta per modificare l’art. 67. – “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni con il vincolo di mandato popolare. I deputati e i senatori che nel corso della legislatura si iscrivono ad un gruppo parlamentare diverso da quello per cui sono stati eletti sono dichiarati decaduti e incandidabili.” Decaduti si può capire. Incandidabili è però eccessivo.

 

Alessandro Di Battista è rimasto sconvolto dalla sconfitta dei 5Stelle alle regionali. E dice che bisogna convocare subito gli Stati Generali mettendo all’ordine del giorno non il problema delle alleanze ma quello dell’identità del movimento.

Il fatto è che dopo mesi e mesi di lockdown, in cui non si poteva far nulla di nulla, è evidente che la partecipazione politica, promossa dai 5Stelle, ha subìto una grave flessione. Non ci vuol molto a capire che in una situazione del genere tornano a riemergere le posizioni qualunquiste o conservative, che gli stessi mass-media alimentano, perché nella loro visione delle cose solo il peggio del peggio, solo ciò che demolisce fa notizia.

Sì, forse i 5Stelle, stando al governo col PD, han perso di mordente. Ma è molto più facile darsi un’identità radicale stando all’opposizione che non al governo. In ogni caso gli italiani non sono così scemi da non capire che un governo di centrodestra avrebbe fatto molto peggio.

 

Di Battista incolpa il “clan” dei campani della sconfitta dei 5Stelle alle regionali, che hanno perso 8 milioni di voti. Ha detto: “In Campania due anni fa alle politiche abbiamo sfiorato il 50%. È campano il ministro degli Esteri, il presidente della Camera, il ministro dell’Ambiente, il ministro dello Sport eppure abbiamo preso il 10%”.

A differenza di lui, i campani vogliono un Direttorio e un’alleanza col PD. Dice infatti Roberto Fico: “È chiaro che per una forza che arriva in Parlamento nel 2013 e che tutti abbiamo definito anti-establishment, nel momento in cui entra in questi luoghi e inizia a governare le cose cambiano. Abbiamo avuto anche delle alleanze che per noi erano impensabili, ma che hanno portato risultati importanti come il Reddito di cittadinanza, quota 100, il reddito per le pensioni dei cittadini, anche assunzioni nella scuola. Abbiamo dovuto modificarci e la modifica può essere non compresa”.

Ma io dico: se uno vuol fare l’estremista, perché non si rivolge alla sinistra radicale, che è in cerca di un leader nazionale capace di unire tutti i gruppuscoli? Cioè se uno vuol fare la rivoluzione che ribalti il sistema non può considerare il Parlamento più importante dell’attività extraparlamentare, non può pretendere di costruire una forza di governo in un sistema non ancora rivoluzionato. Siccome non ci sono le condizioni per una rivoluzione del sistema, sto dalla parte dei campani.

 

[24 settembre] Lega. USA, nativi. Beppe Grillo e David Sassoli. Sergio Mattarella

 

Salvini si è reso conto d’essere un incapace, per cui sta cercando di coinvolgere nella segreteria della Lega più esponenti di rilievo.

Gli pesano soprattutto i giudizi di Toti, governatore della Liguria, che gli rinfaccia di non avere una visione d’insieme del centrodestra e di avere l’ossessione di far cadere il governo Conte-bis.

Anche la Meloni, a cui Salvini ha addossato la responsabilità della candidatura inefficace di Fitto in Puglia, sembra pronta a mettere in discussione il suo ruolo di leader dell’alleanza, dichiarando che “a Palazzo Chigi andrà chi prende più voti”.

Soprattutto l’ha scioccato il fatto che la Lista di Zaia ha preso il triplo della sua Lega nel Veneto.

Finita la fase in cui se la cantava e se la suonava... Un altro degli effetti di un referendum storico.

 

Il giudice federale Boasberg si è schierato dalla parte della tribù Standing Rock Sioux e Cheyenne River Sioux in lotta da anni insieme ad altre 15.000 persone provenienti da tutto il mondo, e ha ordinato la chiusura del gasdotto Dakota Access, della Sunoco Logistics, costato 3,8 miliardi di dollari, fino a quando non sarà effettuata una più ampia revisione ambientale. Greenpeace e un gruppo di oltre 160 scienziati ambientali si erano espressi contro il gasdotto, a causa delle inevitabili perdite di greggio che potrebbe avere ogni anno.

Il gasdotto sotterraneo di 1.886 km trasporta petrolio dal Nord Dakota attraverso il Sud Dakota e Iowa e verso un terminal nell’Illinois. Appena a nord della riserva di Standing Rock, passa sotto il fiume Missouri. La tribù attinge le sue acque dal fiume e ne teme l’inquinamento.

Nel 2016 l’amministrazione Obama aveva negato i permessi per l’oleodotto per attraversare il fiume Missouri e aveva ordinato una revisione ambientale completa per analizzare percorsi alternativi e l’impatto sui diritti sanciti dai trattati con la tribù Sioux.

Tuttavia nella sua prima settimana in carica, Donald Trump aveva firmato un ordine esecutivo per accelerare la costruzione senza revisione ambientale.

La costruzione è stata completata a giugno 2017.

Le tribù han contestato i permessi e adesso han vinto. Il tribunale ha ordinato di chiudere e svuotare la linea che trasporta 570.000 barili al giorno entro 30 giorni. Di conseguenza, alla compagnia che gestisce Dakota Access è stato ordinato di ripetere la sua analisi ambientale.

Dubito che andrà a finir bene per gli indiani. Anche perché l’impresa è gestita da manager senza scrupoli. P.es. invece di offrire i posti di lavoro inizialmente promessi per i residenti locali, le compagnie che hanno realizzato ed effettuano la manutenzione del gasdotto istituiscono campi per i propri lavoratori itineranti che si spostano da un sito all’altro, e questi campi portano alti livelli di traffico di stupefacenti, crimini legati all’alcool, violenze sessuali contro le donne.

 

Ha detto Beppe Grillo a David Sassoli: “Quando usiamo il referendum, usiamo il massimo dell’espressione democratica. Io ho contribuito alla democrazia diretta, quindi non credo assolutamente più in una forma di rappresentanza parlamentare ma nella democrazia diretta, fatta dai cittadini attraverso i referendum”. E ancora: “Alle elezioni ormai ci va meno del 50%, è una democrazia zoppicante”.

Impossibile dargli torto. Il problema dei 5Stelle è che sono nati grazie alle performances di un comico, che ha saputo utilizzare grazie a Casaleggio tutti gli strumenti della rete. Non avevano radici locali come la DC, il PC e i repubblicani al tempo della I Repubblica. Ma questo non vuol dire che l’idea di democrazia diretta sia sbagliata. Anzi, è proprio in assenza di questa democrazia che è nata quella delegata. Il potere ci illude di essere decisivi nei momenti dei referendum, l’unica forma di democrazia diretta rimasta. Qui sono gli enti locali territoriali che devono rivendicare un potere reale contro quello centralizzato.

Negli Stati Uniti e nel Regno Unito (con sistema maggioritario) i partiti di vecchia data possono conquistare il controllo formale del Parlamento con il sostegno di appena il 25% degli aventi diritto al voto, a spese dei partiti minori. Questo perché la partecipazione al voto è tra il 50-55%. Cioè un partito può ottenere un governo di maggioranza convincendo appena 1/4 dell’elettorato.

Quelli della sinistra radicale però non credono nella democrazia diretta e pensano che l’unica alternativa alla democrazia rappresentativa sia la dittatura di un duce. Come se fosse normale che una sinistra radicale vada al governo di un parlamento che appartiene a uno Stato borghese. Al massimo potrebbe entrarvi per fare opposizione. Ma è penoso vedere in Facebook dei comunisti che difendono il parlamento votando no al referendum, nella convinzione che la democrazia rappresentativa parlamentare e nazionale rappresenti la “vera democrazia”.

Bisognerebbe invece dire, sulla scia di Rousseau, che la democrazia, per essere davvero diretta, deve essere locale. A livello nazionale la democrazia è per forza delegata o rappresentativa. Ora, là dove essa è delegata, occorre, se non vogliamo che diventi una presa in giro, che i poteri concessi all’eletto siano pochi, circostanziati e di breve durata. Siamo pronti a questa svolta epocale? Sarà possibile affermarla in maniera pacifica? La democrazia diretta non è un’idea politica senza senso o valida solo per realtà sociali molto piccole. Certo, l’abbiamo avuta nei kibbutz israeliani, ma anche nelle comuni agricole cinesi, nei soviet russi, nei consigli operai ungheresi, nell’autogestione jugoslava, nella Comune francese, tra i livellatori della rivoluzione inglese, nel progetto per la Corsica di Rousseau, nella democrazia ateniese, nel Comune medievale, nella esperienze del socialismo utopistico, tra i nativi nordamericani, nell’essenismo di Qumran, e in tutte quelle esperienze preschiavistiche (comunità tribali) sparse nel mondo. Oggi è un argomento solido degli anarcoprimitivisti (p.es. in Zerzan).

La democrazia reale o sostanziale sarà il prodotto della società basata sull’autoproduzione, sull’autoconsumo, sulla democrazia diretta, sull’autogestione delle risorse locali, sul primato del valore d’uso, sul rispetto integrale delle esigenze della natura... Libertà e democrazia il popolo se le deve garantire da solo, e se non è capace di farlo, non lo faranno certo i parlamentari, che di regola rappresentano uno Stato autoritario.

 

“Parlano di crescita, ma la crescita non è sviluppo”, ha detto Beppe Grillo a David Sassoli. E se la prende col sistema sul quale si poggia il recovery fund: il debito pubblico. “Chi decide è la politica, ma la politica non può più essere sotto scacco del debito. Bisogna cambiare modello di sviluppo, ma abbiamo un problema: le idee vecchie non vogliono morire”.

Difficile dargli torto. Il debito pubblico italiano, che è salito a 2.560 miliardi (circa il 160% del PIL): oltre 42.000 euro a testa, è fuori controllo, come gli eletti nella democrazia rappresentativa, che in Parlamento fanno quello che vogliono, non avendo alcun vincolo di mandato.

Un nuovo modello di sviluppo lo avremo quando comprenderemo che l’ecologia è più importante dell’economia. Ma per comprendere questo, dobbiamo affermare il principio dell’autogestione delle risorse locali. Le quali risorse vanno tutte socializzate, altrimenti è impossibile gestirle in maniera sana e democratica. Autogestione economica e democrazia diretta o vanno di pari passo o nessuna delle due è in grado di realizzarsi. E sono le uniche che responsabilizzano veramente i cittadini.

Ora, poiché la sinistra non capisce nulla di tutto questo, e men che meno quella radicale, ancora ferma sulle tesi del vecchio marxismo, mi chiedo quale forza politica potrà portare avanti questo progetto per il futuro. Non voglio pensare neanche per un momento che realizzare qualcosa che appare razionale si debba attendere l’apocalisse.

 

Chi prende Grillo alla lettera mi sa che non capisca nulla né di politica né di comicità. Non è contrario alla democrazia rappresentativa ma all’uso della matita per andare a votare. No, mi sono sbagliato: è contrario alla democrazia rappresentativa perché ha capito che quella diretta è più vera. Dipende come lo vedi.

 

“Anche noi italiani amiamo la libertà ma abbiamo a cuore anche la serietà”. Così Sergio Mattarella risponde a Johnson che due giorni fa, durante un botta e risposta alla Camera dei Comuni, aveva parlato dell’aumento dei contagi nel Regno Unito a causa dell’amore per la libertà degli inglesi.

Ognuno ha il Salvini che si merita. Il nostro poi, oltre a sopportarlo per le tante scemenze che dice, se provasse a buttarci fuori dalla UE, lo impiccheremmo.

 

[25 settembre] Danielle Frederique Madam. Formazione scolastica

 

Danielle Frederique Madam ha 22 anni, vive a Pavia ed è stata 5 volte campionessa italiana di getto del peso.

La sua famiglia è originaria del Camerun e lei vive nel nostro Paese dall’età di 7 anni. Ha frequentato tutte le nostre scuole e attualmente studia Comunicazione, innovazione e multimedialità presso l’Università di Pavia. Quindi parla perfettamente italiano.

Non può indossare la maglia azzurra perché non ha la cittadinanza italiana.

Per ottenere la cittadinanza serve dimostrare di aver vissuto almeno 10 anni nel nostro Paese. Cosa che per Danielle è impossibile. Negli ultimi dieci anni, infatti, a causa di una situazione familiare difficile, ha dovuto vivere in una casa famiglia. Questo comporta il diritto ad avere il domicilio ma non la residenza.

Dovrebbe chiedere a Mattarella la cittadinanza per meriti sportivi.

Siamo impazziti o facciamo sul serio?

Dobbiamo venire a sapere cose così assurde solo per uno scandalo legato al nome del calciatore Suarez?

Non abbiamo forse un governo democratico?

 

Di recente in un esame per diventare magistrati due bocciati han preteso di vedere i temi dei 301 vincitori. Si sono accorti di un certo uso sbagliato dei congiuntivi, di frasi di senso incompiuto, di difficoltà con l’analisi logica. Alcuni di questi temi presentano stranezze grafiche che potrebbero averli resi riconoscibili da parte della commissione.

Uno potrebbe chiedersi perché la corruzione è un male così endemico nel nostro Paese.

Invece la domanda è un’altra: perché nelle nostre scuole la grammatica è diventata un optional?

 

Gregorio De Falco mi era piaciuto quando diceva a Schettino: “Torni a bordo, cazzo...”. E quello: “È buio, ho paura”. Ma secondo me è uscito di testa a dire che la vittoria del Sì è stata una truffa elettorale.

Non sei in grado di fare politica. Sei entrato in Parlamento grazie ai 5Stelle. Ora che ne sei fuori, dimettiti ed esci del Parlamento, se vuoi fare bella figura.

 

[26 settembre] Charlie Hebdo. Vaticano, caso Becciu. Italia, NASA

 

“Charlie Hebdo” ha rotto. Che bisogno aveva di ripubblicare le vignette con le caricature di Maometto alla vigilia dell’apertura del processo per strage in redazione? Non ha ancora capito che offendono la sensibilità dei credenti islamici? I due recenti feriti da un pachistano armato di mannaia sono, a questo punto, a carico della redazione, che non può continuare a fare la vittima. Semplicemente deve smetterla con le sue oscenità e volgarità. Non fa ridere nessuno. Anzi per la sua blasfemia scatena sentimenti di odio e di risentimento di cui non abbiamo alcun bisogno. Meno che mai in una Europa così fortemente pluriconfessionale.

“Si tratta, chiaramente, di un atto di terrorismo islamista. È un nuovo sanguinoso attacco contro il nostro Paese, contro dei giornalisti”, ha detto il ministro francese dell’Interno, Gerald Darmanin. Questo povero essere non si rende conto che le sue affermazioni sono un milione di volte più terroristiche, poiché attribuiscono a una religione in sé la motivazione del gesto del pakistano.

Quando il direttore della rivista, Riss, fa affermazioni del genere: “Non chineremo mai la testa, non rinunceremo mai”, mi chiedo solo se non faccia parte di una trama complottistica intenta a destabilizzare la Francia, che ha bisogno di cercare un capro espiatorio per poter affermare una dittatura governativa. Come spiegare altrimenti la frase insensata del presidente Macron: “In Francia c’è libertà di blasfemia.”? Invece di smorzare i toni, li accentua.

Poi per forza che il governo pakistano si è sentito in dovere di affermare che quelle vignette blasfeme “mirano a urtare i sentimenti di miliardi di musulmani e non possono essere giustificate come un esercizio della liberà di stampa o di opinione, anzi minacciano l’aspirazione mondiale alla coesistenza pacifica tra le confessioni”.

Se Di Maio avesse letto questa dichiarazione, non avrebbe detto che “l’Italia è vicina al governo e al popolo francese”. No, l’Italia è vicina al mondo islamico e farà di tutto perché non si pongano in essere insensate istigazioni a delinquere.

 

Secondo quanto riporta “L’Espresso”, l’allora sostituto della Segreteria di Stato, Giovanni Angelo Becciu, cui ieri il papa ha chiesto di dimettersi da prefetto della Congregazione delle cause dei santi e rinunciare ai diritti del cardinalato, ha dirottato più volte i soldi della CEI e dell’Obolo di San Pietro in direzione di alcuni suoi fratelli. Almeno 700mila euro a fondo perduto per la cooperativa pro-migranti Spes, soprattutto per un forno di giovani disoccupati, che la CEI avrebbe regolarmente concesso. La cooperativa è braccio operativo della Caritas di Ozieri, in provincia di Sassari, diocesi originaria di Becciu, di cui titolare e rappresentante legale è il fratello Tonino. Darebbe lavoro a 60 famiglie.

Ma Becciu si dice pronto a querelare il settimanale accusandolo di aver scritto “falsità assolute”. Avrebbe infatti detto: “Non ho dirottato i soldi. La diocesi di Ozieri ha fatto tre richieste di aiuto. Dov’è il male? Tanto più che quello che entra va nel fondo Caritas e quindi è controllato dal vescovo. In 7-8 anni non avevo mai fatto un’opera di sostegno per la Sardegna.” Da notare che la segnalazione di possibile peculato è arrivata dalla Guardia di Finanza italiana dopo la richiesta di indagine da parte dei magistrati vaticani. Becciu infatti avrebbe utilizzato fondi del Vaticano per favorire anche la “Angel’s SRL”, che ha come rappresentate legale e socio di maggioranza al 95% il fratello Mario, professore di psicologia all’Università Salesiana di Roma. L’azienda si occupa di consulenza e distribuzione di cibi e bevande, e ha prodotto una birra chiamata Pollicina, che viene distribuita soltanto in alcuni locali e su commesse opportunamente indirizzate da parte di enti ecclesiastici. Già una ventina d’anni fa aveva ottenuto che un appalto per l’arredo e l’ammodernamento di diverse chiese in Angola e Cuba venisse assegnato alla ditta del fratello Francesco, falegname.

Strano che il papa l’abbia dimesso seduta stante, senza dargli neanche il tempo di giustificarsi. Che sia perché Becciu era finito nell’inchiesta sul palazzo di lusso a Londra, acquistato dalla Segreteria di Stato per alcune centinaia di milioni di euro, su cui è da tempo in corso un’inchiesta della magistratura d’Oltretevere? Si sta forse coprendo uno scandalo maggiore? Eppure Becciu ha dichiarato che “per il palazzo di Londra l’Obolo di San Pietro non è stato utilizzato. La Segreteria di Stato aveva un fondo, doveva crescere”. Becciu, che è tra i prelati più influenti in Vaticano, è anche accusato di aver affidato l’intera cassa vaticana al finanziere Enrico Crasso, ex Credit Suisse, il quale avrebbe indirizzato gli investimenti vaticani verso fondi speculativi con sede in paradisi fiscali.

C’è del marcio in Vaticano. Lo diciamo da un pezzo. Perché stupirsi di questo ennesimo scandalo? Semmai dovremmo chiederci: che ci fa uno Stato che gode dell’extraterritorialità dentro lo Stato italiano? Non è ora di chiuderlo? Che ci fa l’art. 7 nella Costituzione italiana? Non è ora di abolirlo?

 

Io mi chiedo se sia davvero così indispensabile per un Paese così disastrato come il nostro spendere gran parte delle proprie risorse per realizzare con la NASA dei sistemi di allunaggio sul nostro satellite e di ulteriori moduli abitabili di superficie.

Se c’è una cosa che di astronomico dovremmo preoccuparci è il nostro debito pubblico. Abbiamo inoltre 1,8 milioni di famiglie in condizioni di povertà assoluta, e altre 3 milioni in condizioni di povertà relativa. Lo dice l’ISTAT non Cassandra.

 

[27 settembre] Svizzera, stranieri. Ornella Muti. Profughi. Immigrati. USA, Corte Suprema. INPS, caso Tridico

 

In Svizzera gli elettori hanno respinto a larga maggioranza una proposta di legge della destra sovranista e populista per porre fine alla libera circolazione delle persone con l’UE. La Svizzera non tornerà a decidere autonomamente quali stranieri accettare e quali no.

Se i sì avessero prevalso, Berna sarebbe stata costretta a rinegoziare un nuovo accordo con Bruxelles per poter commerciare liberamente con la UE.

Gli svizzeri non sono stupidi.

Però 4 Cantoni han dato la vittoria ai sì; tra questi il Ticino dove lavorano oltre 60.000 italiani. Strano. Forse perché è il Cantone più vicino all’Italia dove da sempre ci sono frizioni coi lavoratori che ogni giorno passano il confine. Non a caso il governo del Canton Ticino ha avviato un’accanita verifica su tutti i permessi (di residenza o di lavoro) rilasciati a italiani: la Rsi – il canale di lingua italiana della tv pubblica – ha rivelato che la polizia ha effettuato perquisizioni domiciliari, appostamenti, indagini sul passato dei possessori del permesso.

La Svizzera ha poco più di 8,6 milioni di abitanti, di cui più di due milioni di residenti stranieri. Gli italiani sono più di 640mila, più della metà dei quali con la doppia cittadinanza, senza contare i 76mila frontalieri che ogni giorno varcano il confine per andare al lavoro. Il governo elvetico non ha mai bloccato il loro ingresso, neanche nei giorni dell’epidemia di coronavirus in Lombardia. Senza i medici e gli infermieri provenienti dall’Italia, la sanità del Ticino si sarebbe trovata in grave difficoltà.

 

L’anno scorso la Cassazione confermò la condanna di Ornella Muti a sei mesi di reclusione e 500 euro di multa per tentata truffa aggravata e falso. All’attrice si contestava di aver cancellato uno spettacolo al Teatro Verdi di Pordenone, nel dicembre 2010, presentando un certificato medico per laringo-tracheite acuta con febbre, tosse e raucedine, con la prescrizione di cinque giorni di riposo e divieto di far uso della voce. Si era invece recata in Russia per partecipare a una cena di beneficenza con Vladimir Putin e Kevin Costner. Ha dovuto anche risarcire il Teatro di 30 mila euro.

In questi casi mi chiedo: perché i dottori che fanno certificati falsi non vengono radiati dall’albo?

 

Il numero totale di persone che sono costrette a fuggire da guerre e persecuzioni ha ormai raggiunto gli 80 milioni: come se fosse tutta la popolazione di Italia, Austria e Grecia. Un numero raddoppiato rispetto ai 41 milioni del 2010. Circa il 40% sono bambini.

Da dove vengono? Soprattutto da Congo, Burkina Faso, Siria, Venezuela e Yemen.

I Paesi che ospitano il maggior numero di rifugiati sono Turchia, Colombia, Pakistan, Uganda e Germania. Solo il 15% dei rifugiati è ospitato in Regioni economicamente sviluppate.

Come dire: chi sta bene non vuole aver a che fare coi rompiballe, anche se i rompiballe sono una creazione di chi vuol stare bene.

Ma allora cosa c’entra la Germania? Lì sono furbi: li fanno lavorare.

 

Il sondaggio Eurobarometro pubblicato a giugno 2019 indicava l’immigrazione come il quinto tema in ordine di importanza a influenzare le decisioni elettorali degli europei. Le altre questioni considerate più importanti erano: economia, cambiamento climatico, diritti umani e democrazia e futuro dell’Europa. Tuttavia, secondo l’ultimo sondaggio Parlemeter del 2019, c’è stato un calo nell’importanza data alle questioni di immigrazione da parte dei cittadini europei.

Insomma la Lega di Salvini, che basa al 99% il proprio consenso sulla questione dell’immigrazione, è destinata a estinguersi entro pochi anni.

 

La scelta fatta da Trump per la successione al giudice Ginsburg alla Corte Suprema è chiara: vuole distruggere la riforma sanitaria di Obama e reintrodurre il divieto dell’aborto.

Infatti la Amy Coney Barrett è particolarmente conservatrice.

Questa nomina porterà la Corte ulteriormente a destra per una generazione e colpirà milioni di americani. Un uomo totalmente privo di etica come Trump sceglie una magistrata bigotta solo per avere un certo consenso elettorale. E questa democrazia sarebbe un prodotto da esportare?

Biden ha detto che il Senato non dovrebbe dare il consenso fino a quando gli americani non hanno scelto il loro prossimo presidente e il loro prossimo Congresso, cioè prima del 3 novembre.

A parte tutto, non è curioso che la Corte Suprema, la più alta Corte federale degli Stati Uniti, l’unico tribunale specificamente disciplinato dalla Costituzione, abbia dei componenti a uso e consumo dei presidenti della Repubblica? Eppure secondo gli americani la Corte gode di un grande prestigio, derivante dalla sua fama di indipendenza e autorevolezza.

 

Pasquale Tridico, presidente INPS, si è visto aumentare lo stipendio dagli attuali 62mila a 150mila euro annui, anche con effetto retroattivo sotto forma di bonus una tantum, grazie a un decreto interministeriale firmato lo scorso 7 agosto dalla ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo (5Stelle) e dal ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri (PD).

Ci abbiamo messo quasi due mesi a scoprirlo.

Io, se fossi in Conte, dimetterei tutti, ministri e presidente. Coi tempi che corrono (con migliaia di italiani che attendono ancora la cassa integrazione) nessuno può avere lo stipendio aumentato del doppio da un giorno all’altro, anche se l’INPS nega alcun compenso retroattivo. Anche perché la destra va a nozze con notizie del genere. E poi Tridico s’è rivelato un incapace già nei controlli delle domande per il reddito di cittadinanza.

Lo so, fa ridere che dei parlamentari a 20mila euro al mese e che fanno ricorso per avere i vitalizi pregressi, se la prendano per un caso del genere, ma se guardiamo queste cose alla fine giustifichiamo tutto.

E comunque un manager, quando accetta un incarico, dovrebbe saper contrattare sullo stipendio. Per un posto come quello prendere 62.000 euro è ridicolo, e non è che ci si può basare su quello che qualcuno gli avrà sicuramente detto: “Guarda che strada facendo te lo aumentiamo”.

 

Il caso riguardante l’INPS e il suo presidente Pasquale Tridico arriva anche a “Otto e Mezzo” su La7, dove Lilli Gruber ospita Tito Boeri, che ha dichiarato che prendeva 103mila euro lordi. Inoltre ha detto: “Quando si era previsto di aumentare il compenso del presidente, il Consiglio di amministrazione aveva deciso di prendere i soldi da alcuni settori legati alle spese postali. Io credo che sarebbe stato più trasparente prenderli dalle spese per la dirigenza”. Poi Boeri ricorda quello che aveva tentato di fare durante il suo periodo alla guida dell’INPS: “Avevo ridotto i dirigenti dell’Istituto da 48 a 36, invece la nuova gestione li ha aumentati nuovamente e ha impedito che quei risparmi venissero distribuiti adeguatamente”.

Insomma se Tridico si dimettesse sarebbe meglio. Tutte queste polemiche finirebbero di colpo. Ha dato l’impressione di aver accettato l’incarico prestigioso per uno stipendio irrisorio, nella convinzione però che di lì a poco gliel’avrebbero aumentato del doppio.

Doveva contrattare la cifra sin dall’inizio, accettando poi degli aumenti normali col passare degli anni. È stato ingenuo? Non lo so, so solo che l’INPS non può essere diretta da un ingenuo anche se non è mai stato indagato come tanti altri dirigenti di quell’Istituto.

 

[28 settembre] Regolamento di Dublino. Eleggibilità. Brexit. Trump. Codacons, caso Ferragni

 

In questi giorni si parla tanto della necessità di riformare il regolamento di Dublino. Ma cosa prevede di così sbagliato?

La Convenzione sull’accoglienza dei rifugiati firmata da 12 Stati dell’Unione Europea a Dublino nel 1990, entrata in vigore nel 1997, prevede che in assenza di legami familiari pregressi e accertati, lo Stato che si fa carico della domanda e dell’accoglienza del rifugiato è il primo in cui egli mette piede.

Questo ovviamente penalizza i Paesi “di frontiera”, come Italia, Spagna e Grecia.

Ma in Europa ce l’hanno con noi? No, si voleva evitare che un richiedente asilo potesse far domanda in più Stati dell’Unione, creando confusione e conflitti di responsabilità.

Queste regole furono accettate da tutti i Paesi UE, assieme a Norvegia, Islanda, Svizzera e Liechtenstein.

Negli anni però è diventato evidente che la maggior parte dei rifugiati entra nell’Unione Europa illegalmente, senza documenti e cercando di non farsi identificare nel primo Paese in cui mette piede, poiché in genere è meno ricco dei Paesi dell’Europa centro-nord dove spesso gli stranieri sono diretti e dove vogliono chiedere asilo.

La maggior parte dei richiedenti asilo che arrivano in Italia, Grecia e Spagna non ambisce a rimanerci, ma a spostarsi nei Paesi in cui si parla una lingua che conosce, dove il mercato del lavoro è meno rigido, e dove ha già una rete di connazionali fra parenti lontani e amici.

Nel 2015 arrivarono così tante persone dal Medio Oriente e dal Nord Africa, in fuga dalla guerra e dalle violenze, che le autorità greche e italiane smisero temporaneamente di registrare gli arrivi.

In particolare il nostro Paese si è stufato a sopportare tutti gli oneri per gestire i richiedenti in arrivo, esaminare le loro pratiche, ospitarli per mesi o anni in attesa della decisione definitiva, ecc. Nel 2017 l’Italia spese per l’accoglienza dei richiedenti asilo circa 4,3 miliardi di euro, prima che il governo Gentiloni decidesse di affidare il compito di fermare i migranti alle milizie armate in Libia, che però non fermano come dovrebbero o lo fanno come fossero dei nazisti.

Ora la proposta principale è quella relativa alle quote diverse tra i vari Paesi UE, in base al PIL e alla popolazione.

Tuttavia i Paesi ex comunisti non hanno intenzione di accettare alcuna quota obbligatoria. Mezzo secolo di socialismo reale li ha resi particolarmente altruisti.

 

Invece di abbassare il limite di età per eleggere i senatori da 25 a 18 anni, uniformandolo a quello previsto per Montecitorio, avrei innalzato da 18 a 25 quello per la Camera, permettendo a deputati e senatori di essere eletti solo a 40 anni.

Infatti mi chiedo: davvero i giovani, i più penalizzati da questa società, che pensa solo agli adulti, avranno voglia di votare? E se lo faranno, siamo sicuri che sceglieranno un partito democratico e non uno estremista? Basterà l’aver reintrodotto l’educazione civica nelle scuole per farli sentire maturi? Come potranno scegliere il giornalismo più qualificato, per avere le informazioni più attendibili? E soprattutto avranno voglia di lasciarsi coinvolgere personalmente in qualche movimento politico? E nel caso in cui lo facciano, quanto sarà forte in loro la tentazione di sistemarsi economicamente?

Insomma estendendo il regolamento valido per il Senato anche alla Camera avremmo potuto dare per scontato un minimo di maturità. E saremmo stati più vicini alle direttive di Platone, che di politica se ne intendeva.

 

Si terrà questa settimana a Bruxelles il nono round negoziale tra Regno Unito e Unione Europea dedicato a un accordo di partenariato che non vuole nascere.

Il Regno Unito è uscito ufficialmente dalla UE il 31 gennaio scorso. Da allora il Paese è ancora in via temporanea nel mercato unico e nell’unione doganale fino al 31 dicembre. Dal 1° gennaio 2021 non potrà più continuare a commerciare con i 27 come se niente fosse.

E Londra vuole continuare ad avere libero accesso al mercato unico, ma senza rispettare le regole previste. E intanto non vuole permettere ai pescatori europei l’accesso alle sue acque territoriali. Giusto per far vedere che sono gli europei ad avere bisogno degli inglesi.

Invece gli economisti danno per scontato che gli inglesi avranno uno shock economico il 1° gennaio 2021. Una uscita senza accordo dal mercato unico penalizzerà soprattutto il Regno Unito e molto meno l’Unione Europea.

Non ho capito: gli inglesi vogliono capra e cavoli e noi europei dovremmo metterci a 90 gradi? Meno male che i 27 sono tutti uniti contro Londra.

Mi sembrano come Salvini: prima fanno scemenze grandi come una casa e poi danno la colpa agli altri. I bambini piccoli si comportano così...

 

Donald Trump, durante un comizio in Pensylvania, è tornato ad attaccare i media e il mondo delle fake news per aver completamente ignorato quelli che ha definito i suoi “due premi Nobel”.

Come noto però egli ha soltanto ricevuto due nomination: una da parte del deputato dell’estrema destra norvegese Christian Tybring-Gjedde, per l’accordo tra Israele ed Emirati Arabi, e una da parte del deputato cristiano democratico svedese Magnus Jacobsson, per l’accordo di cooperazione tra Serbia e Kosovo firmato alla Casa Bianca.

Confonde la fantasia con la realtà. È tipico degli egocentrici. In Italia lo vediamo soprattutto negli esponenti di destra: Berlusconi, Salvini, Meloni... S’inventano le cose come se nulla fosse, convinti che tutti ci credano. Son come forme di autismo...

 

Il Codacons ha denunciato Chiara Ferragni per blasfemia e offesa al sentimento religioso. L’associazione dei consumatori ha avviato l’azione legale dopo la diffusione di una immagine in cui la nota influencer appare raffigurata come una Madonna con bambino dipinta da Giovanni Battista Salvi detto il Sassoferrato. In sostanza viene detto che sfrutta la figura della Madonna e la religione a scopo commerciale, essendo noto come la Ferragni sia una vera e propria macchina da soldi finalizzata a vendere prodotti, sponsorizzare marchi commerciali e indurre i suoi follower all’acquisto di questo o quel bene.

L’immagine sarebbe apparsa in origine su Vanity Fair, poi rilanciata sul suo profilo Instagram.

Ma dov’è la blasfemia? Non c’è oscenità o volgarità. È stato sostituito un volto con un altro, che è bellissimo. Il volto dipinto dal Sassoferrato era puramente convenzionale, non realistico, in quanto il volto della Madonna non lo conosce nessuno. E né lei né il bambino hanno in mano un oggetto commerciale. Su Vanity Fair la scritta che appare è filosofica: “La perfezione non esiste, la perfezione è un ostacolo”. Che è quanto di più vero si possa dire. Un messaggio rivolto alle donne, che per affermarsi non devono essere perfette, perché neppure gli uomini lo sono.

Mi sa che sia il Codacons a volersi fare pubblicità.

 

[29 settembre] Povertà mondiale. Lega. Destra europea. UE, paradisi fiscali. Cina, adultera. PIL. Zoo

 

Considerando la soglia di povertà un reddito di 5,50 dollari al giorno, la Banca Mondiale prevede che in tutta l’area dei Paesi in via di sviluppo dell’Asia Orientale e del Pacifico 38 milioni di persone in più potrebbero scendere al di sotto di quel livello di reddito nel 2020 per colpa del coronavirus.

Quali soluzioni auspica la Banca? Una rapida azione dei governi per liberalizzare le loro economie.

Liberalizzare naturalmente vuol dire privatizzare. Un bel suggerimento. Così, invece di avere 38 milioni di poveri, ce ne saranno il doppio. Ma a che serve la Banca Mondiale?

 

Dopo la vittoria del sì al referendum sul taglio dei parlamentari Salvini si era schierato contro le liste bloccate, spiegando al “Fatto Quotidiano” che “se mi portano una legge elettorale come quella delle Regioni, che la sera del voto ti dice chi ha vinto e ci sono le preferenze a livello provinciale, io la voto in tre secondi”. Oggi invece ci ripensa: e chiede di tornare al voto anche col “Rosatellum”, l’attuale legge elettorale che prevede le liste bloccate. “Si può anche andare a votare con questa legge elettorale, basta ridisegnare i collegi perché ci saranno meno senatori e deputati”, ha detto alla trasmissione Aria Pulita di 7Gold Tv.

Ma quest’uomo ha un principio nella testa? Una qualunque idea su cui si possa fare affidamento? Sono tutti così nella Lega o lui la dirige proprio perché è così?

 

Perché la destra europea apprezza così tanto la Meloni, tanto da volerla alla guida dei Conservatori europei (ECR)?

Per quale motivo la sua candidatura è stata sostenuta da polacchi, spagnoli, svedesi, bulgari e approvata all’unanimità?

C’era voglia di una leader giovane e carismatica, capace di rilanciare i Conservatori europei dando un messaggio chiaro: c’è una Destra di governo critica con l’attuale assetto dell’UE ma non pregiudizialmente ostile all’Europa, che vuole difendere sovranità, confini, identità, famiglia e sicurezza.

Il Ppe ha un’agenda politica al traino di socialisti, liberali e verdi e le poche forze rimaste coerentemente di centrodestra sono marginalizzate.

Ecco quello che ha detto Carlo Fidanza, capo-delegazione di Fratelli d’Italia al Parlamento europeo e responsabile Esteri del partito, ad Affaritaliani.it.

I democratici, i 5Stelle, inclusa tutta la sinistra radicale, dovrebbero trovare un terreno comune per difendere la UE contro questa nuova forma di fascismo strisciante. Anche perché lei è più furba di Christian Lüth, quel neonazista del gruppo parlamentare del partito di estrema destra tedesco, Alternative für Deutschland, cacciato perché in un’intervista aveva affermato che nei confronti dei migranti arrivati in Germania “possiamo sempre sparargli dopo, non è un tema, oppure li gasiamo, come vuoi, per me è uguale, tanto peggio va la Germania, tanto meglio per l’Afd”.

 

Nella UE i paradisi fiscali, in ordine d’importanza, si trovano in Olanda, Irlanda, Lussemburgo, Germania, Francia e Italia.

Molti di questi Paesi pretendono rigore nei conti pubblici italiani ma sono tolleranti in casa propria sugli aspetti fiscali. Per es. nei PaesiBassi risiedono oltre 15mila società fantasma che spostano ogni anno ricchezze per 4.500 miliardi di euro, cioè una cifra pari a quasi sei volte il PIL olandese e due volte e mezzo quello italiano.

 

Nel sussidiario pubblicato dall’editrice governativa cinese dell’Università di scienza elettronica e tecnologia, che ha l’obiettivo di insegnare negli istituti professionali “la legge e l’etica professionale”, Gesù lapida l’adultera invece di perdonarla, come risulta dal vangelo di Giovanni. Lo dice l’agenzia di stampa dei cattolici in Asia, UCA News, Hong Kong.

Quando la folla rinuncia all’intenzione di punire la donna, spiega il “Vangelo con caratteristiche cinesi”, Gesù le dice: “Anch’io sono un peccatore. Ma se la legge può essere eseguita solo da uomini senza macchia, la legge sarebbe morta”. E poi la uccide.

L’obiettivo di una simile distorsione è far passare il messaggio che tutti devono obbedire passivamente alle leggi, inclusi i cristiani, ovvero che l’ordine confuciano è superiore al perdono cristiano.

Curioso, perché se davvero fosse andata così, chi arrestò la donna non sarebbe dovuto andare da Gesù a chiedere come comportarsi. Infatti la motivazione di Gesù favorevole alla lapidazione avrebbe potuto averla chiunque.

In ogni caso nel nostro Medioevo, quando la Chiesa comandava, le donne che avevano relazioni extraconiugali subivano il taglio del naso, per privarle del potere della loro bellezza, oppure venivano frustate o recluse in monastero, perdendo la dote, ma potevano anche essere messe sul rogo, oppure il marito, se scopriva la moglie e l’amante in flagrante adulterio, li poteva tranquillamente uccidere, come fece Gianciotto Malatesta nell’Inferno dantesco.

 

La Parietti, scontrandosi con Salvini, ha detto il 27 settembre nella trasmissione di “Live-Non è la d’Urso”: “Ma il PIL chi lo paga?”.

Come ha commentato questa frase il quotidiano “Libero”? “Proprio nessuno. Evidentemente la showgirl dimentica che il Prodotto interno lordo non si paga. Il PIL non è altro che è il principale indicatore di salute di un sistema economico, dato che rappresenta la capacità del sistema stesso di produrre e vendere beni.”

Sbagliato. Il PIL dei Paesi occidentali viene pagato in buona parte dal Terzo mondo, altrimenti il fenomeno delle migrazioni di massa sarebbe inspiegabile. Ma soprattutto viene pagato, a livello mondiale, dalla natura, sempre più devastata.

 

Un gorilla di 200 Kg ha attaccato una dipendente dello zoo di Madrid che gli stava dando da mangiare, spezzandole entrambe le braccia e ferendola alla testa.

Li vogliamo chiudere questi zoo? Quante volte dobbiamo ripeterlo? È inutile che ci venite a dire che Malabo è stato cresciuto a contatto di umani fin dalla sua nascita e normalmente i gorilla mantengono un comportamento “di vicinanza e protezione” nei confronti del personale addetto alle sue cure.

Non ce ne frega assolutamente niente.

Gli zoo sono una vergogna e l’uso strumentale degli animali nei circhi o nei laboratori medici anche.

 

[30 settembre] Lega. Svizzera, militarismo. Vaticano. Retribuzioni parlamentari e Cottarelli. Polizia francese

 

Salvini sembra non aver ancora capito che con la pandemia e l’emergenza nazionale che ne è seguita, le sue parole d’ordine – “sicurezza” e “immigrazione” – hanno perso totalmente di efficacia. Dopo il Covid-19, l’immigrazione ha smesso di essere un tema politico su cui costruire il proprio consenso. E la sicurezza, come quella sanitaria, è diventato uno dei punti di forza del governo. Salvini si è trovato spiazzato, e non ha ancora saputo rinnovare i propri temi.

Se restituisse i 49 milioni di euro certamente un po’ di credibilità la riacquisterebbe. Ma non li deve versare a 600mila euro all’anno, senza interessi, perché questa è una presa in giro.

 

Il partito socialista svizzero, pur avendo ottenuto 4 risultati su 5 nel recente referendum, si sente alquanto amareggiato per non essere riuscito a dire no all’acquisto degli inutili aerei da combattimento e di un sistema di difesa terra-aria, per un costo di 8 miliardi di franchi. Hanno partecipato al voto solo il 59,4% e di questi purtroppo il 49,9% ha avuto la peggio. E si lamenta dicendo che il Consiglio federale spende miliardi per oggetti di lusso come i caccia, e trascura le vere lacune nella sicurezza causate da attacchi informatici e minacce terroristiche.

Non so se avete capito il senso del post. Il popolo elvetico è stato chiamato a decidere se acquistare o no degli strumenti militari di attacco e di difesa. Quando mai da noi è successa una cosa del genere?

 

Il cardinale Oscar Maradiaga sostiene su “Repubblica” che una serie di persone americane di altissimo livello detestano profondamente il papa: il segretario di Stato Pompeo, Steve Bannon, l’ex nunzio apostolico negli USA Viganó... Questa rete non vuole cambiamenti in Vaticano e soprattutto è contraria al rinnovo dell’accordo tra Chiesa e Cina. Inoltre ha detto che parte della Chiesa USA fa finta che l’enciclica ecologica di Francesco non esista: preferiscono le donazioni dei petrolieri.

Eppure uno degli ultimi scandali del Vaticano riguarda proprio lui. Papa Bergoglio ha scoperto che il suo amico e primo consigliere, acceso sostenitore di una Chiesa povera e pauperista, coordinatore del Consiglio dei cardinali, aveva ricevuto per un decennio circa 35 mila euro al mese (a cui aggiunge una “tredicesima” da 54 mila euro a dicembre) dall’università cattolica di Tegucigalpa, di cui era Gran Cancelliere.

Vari testimoni, sia ecclesiastici sia laici, accusano Maradiaga per alcuni investimenti milionari in società londinesi poi scomparse nel nulla. E la Corte dei Conti dell’Honduras sta indagando sull’utilizzo di enormi somme di denaro girate dal governo honduregno ad alcune Fondazioni facenti capo allo stesso Maradiaga. Lo dice l’“Espresso”.

Hai presente quando uno, dopo essere stato scoperto con le mani nella marmellata, accusa un altro, per giustificarsi, di avere le mani nella cioccolata? Vuoi che non abbia ragione? Palamara non ha fatto forse la stessa cosa?

Povero papa. Solo qualche tempo fa il cardinale australiano George Pell, chiamato da Sydney per mettere mano alla riforma degli enti economici del Vaticano, era finito sotto processo davanti a un tribunale australiano per vicende legate alla pedofilia, anche se ora l’Alta Corte in Australia l’ha rimesso in libertà.

Bergoglio è circondato da una corruzione a 360 gradi. Non farebbe prima a chiudere il Vaticano? Cifre non confermate e sicuramente sottostimate parlano di un patrimonio che si aggira sui 9-10 miliardi di euro, tra finanza ed immobili. Ma ogni anno il Vaticano spende più di quello che entra. Un deficit dietro l’altro causati da posti di lavoro in eccesso (circa 5mila dipendenti), appalti superflui, parco macchine sovradimensionato e proprietà immobiliari gestite in perdita. Tutti quelli che han provato a capire qualcosa delle finanze vaticane non han cavato un ragno dal buco: Enrico Bondi, Mario Canzio, Carlo Cottarelli, Yoram Gutgeld. Ora il papa si affida a Marx. No, non quello, ma al cardinale Reinhard Marx.

 

Entrambe le Camere prevedono delle decurtazioni sulla diaria per i deputati che non partecipano ai lavori.

A quella dei deputati la diaria (pari a circa 3.500 euro al mese) viene tagliata di 206,58 euro per ogni giorno di assenza. A cui si possono aggiungere fino a 500 euro mensili in caso di assenza in commissioni e giunte. Anche al senato sono previste decurtazioni analoghe, sebbene in misura non specificata sul sito.

Tuttavia un parlamentare che partecipa ad almeno il 30% delle votazioni in aula viene comunque considerato presente. A questo si aggiunga che, allo stato attuale, monitorare in modo puntuale le presenze e assenze in giunte e commissioni è impossibile. Non possono bastare le votazioni elettroniche in aula.

In questa legislatura 105 deputati e 27 senatori erano assenti oppure in missione a un voto in aula su 2. Un altro dato riporta che 38 deputati erano assenti o in missione in oltre il 70% dei voti. Non è troppo?

Ma cosa sappiamo sulle penalità effettive a carico di chi non assolve alla funzione per cui è stato eletto? Nulla.

Gli onorevoli che vogliono eclissarsi hanno il potere di sdoppiarsi. assentandosi dalle Camere figurando come fossero presenti. Gli basta marcar missione. Il regolamento infatti consente agli eletti di figurare come “assenti giustificati” qualora – con un semplice fax alla Presidenza – comunichino di avere impegni legati al loro mandato.

Chi dichiara la missione percepisce la diaria intera, oltre lo stipendio e relativi contributi, senza decurtazioni di sorta. Il Servizio assemblea si limita a registrare l’evento passivamente, senza alcuna verifica. Deputati o senatori non sono tenuti in nessun modo a motivare e giustificare l’assenza per le asserite “funzioni”. E la verifica, mancando quell’informazione, può essere fatta solo empiricamente e a posteriori, andando cioè a vedere cosa faceva l’eletto quel giorno, dov’era e così via.

Molti onorevoli non vanno proprio da nessuna parte. Semplicemente si rintanano nei loro uffici e vai a sapere a far cosa. Insomma un esercito di parlamentari è in libera uscita permanente che si dileguano dai lavori d’aula e commissione per farsi i fatti propri o del partito, avendo però cura di farsi pagare come se fossero lì.

La lista di chi marca missione viene sempre letta dal presidente al termine di un voto, e pubblicata nell’allegato di seduta. Ma non viene mai esplicitato il motivo e la durata.

 

“OpenPolis” ha dimostrato che i calcoli di Cottarelli, a favore dei sostenitori del no al referendum, non valevano nulla e la situazione resta ancora assai poco chiara. Ancora nessuno sa quanti soldi si risparmieranno esattamente dal taglio dei parlamentari, perché il sistema di rendicontazione di indennità e rimborsi erogati agli eletti continua a restare vago, opaco e con zone d’ombra tali da consentire anche piccole astuzie e calcoli di convenienza.

I regolamenti parlamentari lasciano quel margine di incertezza, di accidentalità che si traduce in concreto nella non-conoscibilità del dato.

Manca un riepilogo puntuale di ogni componente variabile della retribuzione che è quasi metà di quanto percepiscano: vale a dire l’indennità vera e propria, quella di funzione, la diaria per le spese di soggiorno a Roma, i rimborsi per l’attività politica sul territorio e altre spese (dai trasporti al telefono). Ecco, su queste voci e relativi importi non c’è alcuna pubblicità e dunque nessuna trasparenza. Altro che un caffè all’anno pro capite!

 

È da poco uscito nelle librerie Police, un’opera collettiva pubblicata dalla casa editrice La Fabrique, in cui viene analizzata la natura storica e sociale della polizia francese. Si parla soprattutto della sua crescente violenza e della fascistizzazione dei suoi agenti. L’abbiamo visto con la dura repressione dei Gilets Jaunes. Forse anche per questo solo il 43% dei francesi si “fida” della polizia.

Ci meravigliamo molto della polizia yankee, che ammazza come se si sentisse impunita, ma tutto il mondo è paese. E quando sentiamo Macron che dà alla blasfemia pieno diritto di cittadinanza, permettendo a “Charlie Hebdo” di fare ciò che vuole, capiamo anche da dove viene questa esigenza autoritaria.

 

[1 ottobre] USA. Finanze vaticane. UE, fondi strutturali. Mediterraneo orientale. Regno Unito. Russia, vaccino. Trump-Biden

 

Il Segretario di Stato americano Mike Pompeo ha detto a quello vaticano, cardinale Pietro Parolin, che il papa deve avere nei confronti della Cina lo stesso coraggio che Wojtyla ebbe nei confronti dell’URSS.

Non ha capito che Bergoglio non è uno sfegatato anticomunista come l’altro. Infatti ha già deciso di rinnovare l’accordo con la Cina sulla nomina dei vescovi.

La cosa curiosa è che lo stesso governo cinese vorrebbe tenere la Chiesa cattolica completamente sotto controllo.

Mi sa che né i cinesi né gli americani han capito con chi hanno a che fare.

Sentire poi Pompeo dire al “Washington Post” che gli USA non vogliono che ci siano violazioni dei diritti umani in Cina, e poi aggiungere, con tono molto minaccioso, che “Tutti gli attori che possono mettere fine a questo regime autoritario del partito comunista cinese, devono farlo”, ha un che di comico.

 

Ha detto il prefetto vaticano per l’Economia, il gesuita Juan Antonio Guerrero Alves, presentando il bilancio 2019 della Curia Romana, ha detto:

“Abbiamo avuto entrate per 307 milioni di euro, abbiamo speso 318 milioni di euro. Abbiamo un patrimonio netto pari a 1.402 milioni di euro”. Il deficit 2019 è comunque molto inferiore a quello del 2018, pari a 75 milioni. “La Curia però non è tutto il Vaticano. Aggiungendo il bilancio del Governatorato, dell’Obolo, dello Ior, del Fondo pensioni e delle Fondazioni che aiutano la missione della Santa Sede, si ottiene un patrimonio netto di circa 4.000 milioni di euro. Se dovessimo consolidare tutto, nel 2019 non ci sarebbe deficit, né c’è stato nel 2016, l’ultimo anno in cui tutti questi conti sono stati consolidati”.

“È possibile che, in alcuni casi, la Santa Sede sia stata truffata”.

Poi ha aggiunto una cosa che lascia senza parole, in riferimento ai recenti, gravissimi, scandali finanziari: “Credo che stiamo imparando da errori o imprudenze del passato. Ora si tratta di accelerare, su impulso deciso e insistente del Papa, il processo di conoscenza, trasparenza interna ed esterna, controllo e collaborazione tra i diversi dicasteri”.

Non gli è venuto in mente neanche lontanamente che una Chiesa che si comporta come un’azienda capitalistica non ha nulla di religioso.

 

La Segreteria di Stato vaticana ha finanziato l’acquisto del palazzo londinese di Sloane Avenue, ex sede di Harrods, con linee di credito del Credit Suisse e della Banca della Svizzera Italiana per 200 milioni di dollari garantite attraverso la Costituzione del pegno di valori patrimoniali posseduti dalla Segreteria di Stato e rinvenienti nelle donazioni dell’Obolo di San Pietro. Ma il valore dell’immobile è lievitato enormemente, anche per le costosissime consulenze finanziarie di vari faccendieri, tanto che si parla di un saccheggio di 454 milioni di euro.

Il papa è stato espropriato persino dei soldi con cui fa la carità!

È un disastro economico senza precedenti in Vaticano, che tra l’altro è oggetto, in questi giorni, di un controllo da parte dei valutatori di Moneyval, il Comitato del Consiglio d’Europa che valuta l’aderenza dei Paesi membri agli standard finanziari internazionali al fine di prevenire il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo. La Santa Sede ha aderito a Moneyval nel 2011, e da allora ci sono stati quattro rapporti del Comitato, di cui quello del 2017 aveva notato che i risultati nella applicazione delle leggi e l’attività giudiziaria restavano modesti.

Nel 2016 era stata creata una sezione speciale contro i crimini economici e finanziari nell’ufficio del Promotore di Giustizia vaticano. Ma risulta che, al 2018, in 6 anni sono state 27 le segnalazioni di violazione dell’antiriciclaggio da parte dell’Autorità di Informazione Finanziaria vaticana al Promotore di Giustizia dello Stato della Città del Vaticano.

C’è del marcio in Vaticano, che dipende proprio dal fatto che si sente una sorta di Stato libero di fare quel che vuole. Alla faccia non solo delle leggi ma anche del vangelo.

 

Il Consiglio dell’Unione Europea vuole introdurre un meccanismo che colleghi l’accesso ai fondi europei al rispetto dello stato di diritto, il quale diritto al momento non è garantito in diversi Paesi europei a guida semi-autoritaria come Ungheria e Polonia. Ma mettiamoci dentro anche Repubblica Ceca, Bulgaria e Romania, perché tutti questi Paesi hanno notevoli problemi nel rispettare l’indipendenza della magistratura e dei tribunali, nel garantire la trasparenza riguardo le misure prese dal governo, e nel proteggere i diritti di minoranze e oppositori politici.

Cioè cerchiamo di capire: quelli vogliono ricevere miliardi di euro dall’UE e fare i loro porci comodi in materia di diritti umani, civili, politici. Anzi, coi nostri soldi andiamo a sostenere le stesse semi-dittature al potere.

Ma quando abbiamo chiesto loro di entrare nella UE cosa abbiamo guardato? Solo il fatto che volevano rinunciare al socialismo reale? Che ne sappiamo che non l’abbiano fatto proprio per ricevere i nostri soldi?

Il bello è che si sostengono a vicenda. Infatti l’art. 7 del Trattato di Lisbona (la risorsa più potente a disposizione dell’Unione per sanzionare gli Stati che non rispettano gli standard comunitari) prevede sanzioni pecuniarie soltanto in caso di unanimità in sede di Consiglio da parte degli Stati non sottoposti alla procedura: un’eventualità praticamente impossibile, dato che Polonia e Ungheria da tempo hanno annunciato che in caso di votazioni del genere nei confronti dell’altro Stato porrebbero il diritto di veto.

Praticamente ci siamo dati la zappa sui piedi. Tant’è che la “Relazione sullo stato di diritto”, che si è inventata la Commissione di Ursula von der Leyen, non prevede alcuna sanzione concreta per i Paesi che non rispettano lo stato di diritto.

 

Nel Mediterraneo orientale, nei cui fondali sono stati scoperti grandi giacimenti offshore di gas naturale, è in corso un aspro contenzioso per la definizione delle zone economiche esclusive, al cui interno (fino a 200 miglia dalla costa) ciascuno dei Paesi rivieraschi ha i diritti di sfruttamento dei giacimenti.

I Paesi direttamente coinvolti sono Grecia, Turchia, Cipro, Siria, Libano, Israele, Palestina (i cui giacimenti, nelle acque di Gaza, sono in mano a Israele), Egitto e Libia. Particolarmente teso è il confronto tra Grecia e Turchia, ambedue membri della NATO.

In tale quadro si inserisce l’EastMed, il condotto che porterà nella UE gran parte del gas di quest’area. La sua realizzazione è stata decisa al summit, svoltosi a Gerusalemme il 20 marzo 2019, tra il premier israeliano Netanyahu, il premier greco Tsipras e il presidente cipriota Anastasiades.

Netanyahu ha sottolineato che «il gasdotto si estenderà da Israele all’Europa attraverso Cipro e Grecia» e Israele diverrà così una “potenza energetica” (che controllerà il corridoio energetico verso l’Europa),

Tsipras ha sottolineato che «la cooperazione tra Israele, Grecia e Cipro, giunta al sesto summit, è divenuta strategica».

Al summit di Gerusalemme ha presenziato il segretario di Stato USA Mike Pompeo, sottolineando che il progetto EastMed varato da Israele, Grecia e Cipro, «partner fondamentali degli USA per la sicurezza», è «incredibilmente tempestivo» poiché «Russia, Cina e Iran stanno tentando di mettere piede in Oriente e in Occidente».

La strategia USA è dichiarata: bloccare le esportazioni russe di gas in Europa, sostituendole con gas fornito o comunque controllato dagli USA. Nel 2014 essi hanno bloccato il SouthStream, che attraverso il Mar Nero avrebbe portato in Italia gas russo a prezzi competitivi, e tentano di fare lo stesso con il TurkStream che, attraverso il Mar Nero, porta il gas russo nella parte europea della Turchia per farlo arrivare nella UE.

Allo stesso tempo gli USA cercano di bloccare la Nuova Via della Seta, la rete di infrastrutture progettata per collegare la Cina al Mediterraneo e all’Europa.

In Medio Oriente, gli USA hanno bloccato con la guerra il corridoio energetico che avrebbe trasportato, attraverso Iraq e Siria, gas iraniano fin sul Mediterraneo e in Europa.

A questa strategia è accodata l’Italia, dove (in Puglia) arriverà l’EastMed che porterà il gas anche in altri Paesi europei.

Ne fa parte anche la Giordania, che non ha giacimenti offshore di gas non affacciandosi sul Mediterraneo, ma lo importa da Israele. Sono invece esclusi dal Forum Libano, Siria e Libia, cui spetta parte del gas del Mediterraneo orientale. Hanno preannunciato la loro adesione Stati uniti, Francia e UE.

La Turchia non vi partecipa per il contenzioso con la Grecia, che la NATO però è impegnata a dirimere.

 

L’esecutivo guidato da Boris Johnson ha deciso di vietare l’utilizzo nelle scuole inglesi di materiale proveniente da gruppi anticapitalisti. Dopo il tentativo – in parte fallito – dell’ex ministro dell’Istruzione Micheal Gove di riscrivere il curriculum di storia in chiave patriottica, adesso – a pochi mesi dall’inizio ufficiale della Brexit – il governo sembra intenzionato a proteggersi anche dai “nemici” interni e da ideologie ostili.

Per il governo infatti l’anticapitalismo è un’ideologia estrema, come il razzismo e l’antisemitismo.

Siamo a livelli di maccartismo. Certo, ciò non vuol dire che sarà vietato lo studio degli scritti di Marx o di Bakunin, ma soltanto che il governo non vuole che nelle scuole si utilizzi materiale prodotto da gruppi marxisti.

P.es. un gruppo come Extinction Rebellion, movimento ambientalista nato a Londra che propone appunto di rivedere fondamentalmente l’organizzazione dell’economia, va messo sullo stesso piano di un movimento che predica il suprematismo bianco.

 

Per il prestigio conquistato in termini di ingegneria genetica, Cuba è stata scelta per produrre il vaccino russo Sputnik V contro il coronavirus.

Già più di un miliardo di dosi sono state ordinate da 20 Paesi stranieri e il Centro Nazionale di Epidemiologia e Microbiologia di Mosca ha la capacità di produrre circa 500 milioni di dosi del vaccino in un anno.

E noi perché non ne prendiamo una partita, giusto per verificarne l’efficacia?

No, no, quelli son comunisti! Sei pazzo? Ci ammazzano tutti!

Siamo proprio scemi. La virologia è una scienza che hanno inventato i russi nel 1892!

Contro il Covid hanno utilizzato gli adenovirus presenti nelle adenoidi umane e che normalmente trasmettono il comune raffreddore.

Cioè? In pratica hanno estratto il gene dell’adenovirus che causa l’infezione, inserendogli un gene con il codice di una proteina di un altro virus. Questo elemento inserito è piccolo, non è una parte pericolosa di un virus ed è sicuro per il corpo, ma aiuta comunque il sistema immunitario a reagire e produrre anticorpi che proteggono gli esseri umani dalle infezioni.

Chiaro? No, ma si potrebbe provare. Putin l’ha somministrato alla figlia!

 

Il dibattito Trump-Biden è stato il peggiore della storia americana: “puro caos” è stato definito. Trump lo sappiamo che è un esaltato, ma ci si aspettava di più da parte dell’anziano Biden. Invece non ha fatto altro che insultarlo: “clown”, “burattino nelle mani di Putin”, “la persona sbagliata nel momento sbagliato”, “razzista”, “il peggior presidente che l’America abbia avuto”, “bugiardo”, “ha mentito al popolo americano sulla portata della pandemia da coronavirus”.

Si pensa di evitare i prossimi due dibattiti. Non è ridicolo che venga Pompeo a dirci come dobbiamo comportarci con la Cina e con la Libia? Ma soprattutto non è indecente che si dica che ci sentiamo legati ai valori della democrazia americana e che non usciremo mai dalla NATO?

 

[2 ottobre] Piero Longo. Nunzia de Girolamo. Matteo Salvini. Brexit. Veronica Lario. Nino Spirlì. Legge elettorale. Pier Ferdinando Casini

 

L’avvocato Piero Longo, 76 anni, è stato aggredito nell’androne di casa, in Riviera Tiso da Camposampiero, nel centro di Padova, da tre persone, due donne e un uomo che hanno suonato al campanello riuscendo a farsi aprire la porta circa un’ora prima della mezzanotte.

Due dei tre protagonisti dell’aggressione – una donna di 47 anni di Padova, commercialista, e un trentino di 49 anni, il fidanzato elettricista e maestro di sci – lo hanno affrontato duramente, mentre la seconda donna (pure padovana) è rimasta all’esterno a fare da palo.

Ne è seguita una accesa discussione che pare sia degenerata, visto che l’ex parlamentare ha estratto una pistola, regolarmente detenuta, e avrebbe sparato due colpi in aria. L’aggressione è durata poco più di un minuto e l’arma è finita nelle mani dei malintenzionati, che evidentemente non avevano intenzione di ucciderlo ma solo di fare una sorta di spedizione punitiva. Se l’è cavata con qualche lesione.

Il legale è uno storico difensore di Silvio Berlusconi e collega di studio di Niccolò Ghedini, nonché ex senatore e deputato di Forza Italia. È stato indagato per corruzione giudiziaria nell’ambito del processo Ruby Ter, a causa delle testimonianze compiacenti che alcune ragazze (le famose Olgettine) avrebbero rilasciato in cambio di soldi. Ma la stessa Procura di Milano ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta sia per l’avvocato Longo che per Niccolò Ghedini, richiesta poi fatta propria dal giudice delle indagini preliminari.

Longo non ha mai nascosto le sue simpatie per la destra, e ha difeso alcuni imputati nel processo celebrato nel 1975 per la riorganizzazione del disciolto partito fascista. Nel 1986 fu incaricato della difesa di Marco Furlan, uno dei due componenti della banda che con il nome di Ludwig venne riconosciuta responsabile di una serie di omicidi.

Alcuni anni fa, durante una puntata della trasmissione La Zanzara, aveva dichiarato: “Ho tre pistole, sparerei per difendermi”.

Mi ha stupito il fatto che l’avvocato abbia aperto a mezzanotte la porta di casa a tre sconosciuti e l’abbia fatto per giunta con una pistola in mano. Quando poi ha detto di avere tre pistole per difendersi, mi son chiesto perché una sola non sia sufficiente. Ma di cosa ha paura quest’uomo? Perché non entra nel PD e si riconcilia con l’esistenza? A una certa età si può anche smettere di giocare ai cow boy.

 

Il Tribunale di Benevento ha chiesto 8 anni e 3 mesi di reclusione per la moglie del ministro Boccia, Nunzia de Girolamo, L’ex deputata di Forza Italia è accusata di associazione a delinquere e altri reati consumati tramite “una Asl asservita al suo potere politico”.

Al Corriere della sera ha dichiarato: “Avessi ucciso una persona me la sarei cavata con richieste minori. L’assassino di Vannini al primo processo di appello aveva preso cinque anni”.

A parte tutto mi sono sempre chiesto come può un politico di sinistra andare d’accordo con una moglie di destra. Chi dei due si è sacrificato di più? Oppure hanno scoperto che tra sinistra e destra non c’è tanta differenza?

 

In un’intervista concessa al “Giornale.it” sull’imminente processo a Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona per il caso riguardante la nave Gregoretti, così ha detto lo scrittore Christian Raimo: “Trovo risibile la difesa di Salvini sulla difesa del territorio italiano, perché le persone che arrivano su dei gommoni e rischiano la vita in mare non ci vogliono fare una guerra. Hanno semplicemente desiderio di una vita migliore”.

L’altro intervistato era il giornalista Piero Sansonetti, che ha detto: “Se la magistratura sapeva che era in corso un sequestro di persona doveva mandare i Nocs a liberare i sequestrati. Se non l’ha fatto, la magistratura, ossia tutti i magistrati competenti sono corresponsabili del sequestro di persona e vanno processati. Hanno il dovere di interrompere un reato in corso”.

Difficile dar torto a questi due, sia sul piano etico che su quello giuridico.

 

Ha detto Boris Johnson, premier inglese: “Appena sarà libera dal giogo di Bruxelles, la Gran Bretagna potrà finalmente coronare la “special relationship” storica e politica che da secoli la lega agli Stati Uniti con una vantaggiosa intesa economica.” E Trump naturalmente ha incoraggiato questa aspettativa.

Cos’è che non ha capito Johnson? Semplicemente che gli USA hanno il terrore di un continente economicamente forte come quello europeo. Come ce l’hanno per l’impetuoso sviluppo economico della Cina. Sanno benissimo che grandi potenze economiche pretendono, prima o poi, di diventarlo anche sul piano politico e militare. E gli inglesi s’illudono di poter avere con loro dei rapporti economici alla pari.

Li facevo più furbi, visto che il capitalismo industriale è nato da loro.

 

Veronica Lario dovrà restituire a Berlusconi 46 milioni di euro più 15 milioni di interessi. Infatti secondo la Cassazione, l’assegno elargito da lui durante la causa di divorzio era eccessivo.

Ma quanto le dava? In primo grado il Tribunale di Monza le aveva riconosciuto un assegno mensile di 1.400.000 euro giustificato col fatto che, all’epoca, era ancora in vigore il criterio del tenore di vita. Ma la Corte d’appello di Milano aveva ribaltato la decisione, cancellando l’appannaggio mensile perché, nel frattempo, il criterio del tenore di vita era stato cancellato in favore di quello dell’autosufficienza economica. E, sicuramente, Veronica Lario era dotata di un ricco patrimonio che le permetteva di essere autonoma, dato che ha una liquidità di 16 milioni di euro, gioielli e società immobiliari. I legali del Cavaliere per motivare la loro istanza. A luglio 2018 però la Cassazione aveva cambiato orientamento: via il criterio del tenore di vita, via quello dell’autosufficienza a favore di un criterio “composito”. L’assegno di divorzio deve valorizzare le singole storie familiari, compensare gli eventuali sacrifici fatti da un coniuge in favore dell’altro o della famiglia, tenendo conto anche del contributo dato alla formazione del patrimonio dell’altro o di quello comune.

Ed è applicando questo criterio che i massimi giudici hanno dato ragione all’ex premier, assumendo, da un lato, che i sacrifici di Veronica erano già stati compensati ampiamente dal marito durante la loro lunga convivenza e, dall’altro, che non vi è stato un contributo determinante della moglie alla formazione del patrimonio di Berlusconi, già proprietario di un impero quando i due si sono sposati. La Cassazione ha applicato al caso Berlusconi i criteri che devono essere applicati a tutti i divorzi. E allora, se una moglie si è sacrificata per tanti anni per accudire il marito (e, perché no, i figli) a lei dovrà essere garantito un futuro sereno, mediante la corresponsione di un assegno mensile che valorizzi le rinunzie e le scelte fatte per la famiglia.

Insomma, uomo avvisato mezzo salvato. Forse è meglio convivere o, prima di sposarsi, mettere su carta tutte le possibili condizioni di un ipotetico divorzio. L’attrice Catherine Zeta-Jones per es. ha fatto promettere al proprio coniuge Michael Douglas, che in caso di divorzio le avrebbe fatto guadagnare 3 milioni di euro per ogni anno trascorso insieme. Noccioline...

 

“Ci stanno cancellando le parole di bocca, come se dire ‘zingaro’ sia già un giudizio negativo. Con ‘negro’ è la stessa cosa, perché in calabrese dico ‘nigru’ per dire negro, non c’è altro modo”. È una parte dell’intervento del vicepresidente e assessore alla Cultura della Regione Calabria, Nino Spirlì, che è intervenuto a un dibattito organizzato dalla Lega a Catania. Spirlì si è scagliato contro quella che ha definito “la lobby frocia, che ti impedisce di chiamare le cose col loro vero nome”. Ha concluso il suo discorso mostrando in sala un rosario “che mi hanno regalato le suore”, non prima però di dire che “userò le parole ‘negro’ e ‘frocio’ fino all’ultimo dei miei giorni. Che fanno, mi tagliano la lingua per impedirmelo?”.

Anche noi vorremmo chiamare le cose col loro vero nome: sei un razzista e col rosario in mano fai diventare come te anche il Padreterno. Infatti lo sa giusto Lui come tu possa essere diventato assessore alla cultura.

 

Sulla legge elettorale “l’accordo già c’è e c’era anche prima. È un accordo sul proporzionale puro col 5% di sbarramento e rientrava nelle fasi iniziali dell’accordo di governo”, han detto i 5Stelle per bocca di Vito Crimi.

Per la sinistra radicale è come essere stata sedotta e definitivamente abbandonata. Infatti per tutta la campagna referendaria aveva chiesto il proporzionale puro. Ora con quella soglia di sbarramento non ha scampo per chissà quanto tempo.

 

[3 ottobre] Geovisti. Jeans. Bicameralismo perfetto. Statuto della Camera. Mass-media. Riccardo Bossi. Antonio De Marco. Pensioni

 

Articolo pesante sui Geovisti in chenews.it preso in parte da Fanpage.it

Una volta dentro la congregazione, tutti i testimoni di Geova si allontanano dalle amicizie e affetti precedenti.

Uscire da quella setta non se ne parla proprio. Se hai altri parenti dentro, non li rivedrai più. I seguaci sono talmente plagiati o indottrinati che se domani il corpo direttivo gli dicesse di suicidarsi, sarebbero diversi milioni a togliersi la vita. I dubbi non sono ammessi. Gli uomini in giacca e cravatta e le donne con lunghe gonne da 50 anni annunciano che la prossima settimana ci sarà un’apocalisse.

Il loro lavoro è andare in giro a cercare adepti, e guadagnano denaro per ogni persona che riescono a fare diventare Testimone.

Guai a parlare di trasfusioni di sangue con loro: meglio morire.

Permettono di denunciare alle autorità gli abusi ai minori ma con due testimoni che devono confermare le accuse al presunto pedofilo. Eventualità piuttosto remota.

È come entrare nel tunnel della droga o in una qualche forma di nevrosi. Da solo non ne esci. Ai minori dovrebbe essere vietata la frequentazione di questi ambienti. Attualmente nel nostro Paese i testimoni di Geova sono circa 400.000, appartenenti a 3.000 comunità.

La Corte europea ha ammesso che se i predicatori prendono appunti sulle visite effettuate a persone sconosciute, è facile che gli appunti contengano dati sensibili, p.es. il nome e l’indirizzo delle persone contattate, informazioni sul loro credo religioso e sulla loro situazione familiare. Il tutto raccolto come promemoria per una futura visita, senza che le persone interessate vi abbiano acconsentito o ne siano state informate.

Nel 2019 infatti i Geovisti italiani han deciso che gli oltre 250mila proclamatori attivi non potranno più raccogliere dati personali in relazione al ministero di campo, evitando anche di prendere nota degli indirizzi di persone assenti.

 

Fallisce la Rifle, marchio simbolo del jeans italiano: drammatica la situazione dei 96 lavoratori del quartier generale di Barberino del Mugello. I negozi monomarca in tutta Italia sperano nella buona riuscita della vendita all’asta.

D’altronde anche la Levi’s ha deciso di licenziare 700 persone, il 15% della sua forza lavoro totale.

Anche loro vittime del Covid che ha obbligato a una chiusura eccessiva delle attività commerciali, per non parlare del fatto che una maggiore sedentarietà rende i jeans molto meno adatti della tuta sportiva. Qui non c’è vaccino che tenga. Ha ammazzato più imprese private questo virus che non tutte le rivoluzioni comuniste della storia.

 

La riforma costituzionale proposta dal PD vuole superare l’anomalia tutta italiana del bicameralismo paritario, così da completare quel processo riformatore avviato col referendum sul taglio dei parlamentari.

Al Senato resterebbero in sostanza solo delle prerogative marginali, esercitate per lo più da rappresentanti regionali. Palazzo Madama conserverà il potere d’inchiesta su specifiche materie e un potere di valutazione sull’impatto delle riforme in cantiere.

Questi del PD non capiscono che il Senato può davvero rappresentare degnamente le Regioni solo se lo Stato da centrale diventa federale. Come succede in tanti altri Paesi del mondo.

 

Alla Camera i 5Stelle stanno elaborando un nuovo Statuto di regolamento. Sembra sparire ogni riferimento alla piattaforma Rousseau di Casaleggio. Si fa cenno al blogdellestelle – erede di quello che un tempo era il blog di Beppe Grillo – ma si decreta la fine del suo “monopolio”. Cioè i siti ilblogdellestelle.it e rousseau.movimento5stelle.it non saranno più gli unici “strumenti ufficiali per la divulgazione delle informazioni”.

Il gruppo parlamentare potrà adottare propri strumenti ufficiali con sede a Roma.

Si sentono un partito di governo e vogliono utilizzare canali a tutti facilmente accessibili, più chiaramente istituzionali e non direttamente riconducibili a una gestione extraparlamentare come quella di Casaleggio.

Ragazzini incompetenti eh? Mica tanto...

 

La Commissione UE dice che “l’indipendenza politica dei media italiani resta un problema”. Ricorda che a 15 anni di distanza dai primi allarmi ufficiali, l’Italia non ha ancora una vera legge sul conflitto d’interessi, sicché ci colloca tra i Paesi a rischio “medio” in materia di libertà di stampa.

Per Bruxelles, da noi “l’influenza politica continua a farsi sentire in modo significativo nel settore audiovisivo” (vedi Berlusconi) e, sia pure in “misura minore”, in quello “dei giornali, a causa dei rapporti indiretti tra gli interessi degli editori e il governo, a livello nazionale così come a livello locale”.

Cioè nel nostro Paese la maggior parte degli editori non stampa quotidiani e riviste perché spinta da una sana capitalistica voglia di guadagnare. I grandi editori sono spesso dei signori che fanno i soldi in altro modo: ad esempio con le costruzioni (Caltagirone), con la sanità privata (Angelucci), con le auto (Agnelli-Elkann). Le loro fortune non dipendono dal numero di copie vendute, ma da altri affari molto più remunerativi che dipendono, quelli sì, dalle scelte della politica. Decidere se rendere edificabili o meno delle aree, se accreditare a livello regionale una clinica o se tassare i veicoli più inquinanti fa parecchia differenza nei loro bilanci. Essere proprietari di mezzi d’informazione permette così di condizionate gli amministratori nazionali o locali più vicini ai propri interessi e di stangare gli altri. Come? Non solo con opinioni e commenti, ma anche scegliendo quali notizie pubblicare o non pubblicare, o quale rilevanza dare agli articoli.

Sotto questo aspetto noi siamo un Paese capitalistico di tipo feudale, nel senso che l’imprenditore è come un nobile che col suo grande potere economico decide tutta l’informazione. Ecco perché abbiamo giornalisti così servili. La UE si è però dimenticata di aggiungere che questo rapporto di subordinazione, in forme meno evidenti, esiste anche tra i politici nei confronti degli imprenditori. E questa non è una caratteristica solo italiana.

 

Se ne sarebbe andato via dal ristorante senza pagare il conto: 66 euro per una cena per due in un locale in piazza Beccaria a Firenze. Il cliente si era allontanato con la scusa di andare a prelevare denaro in contanti dopo che la sua carta non aveva funzionato. Questa l’accusa per la quale Riccardo Bossi, 40 anni, primogenito del fondatore della Lega Umberto Bossi, è stato denunciato. La notizia è riportata da Nazione e Corriere Fiorentino.

Ma allora è un vizio di famiglia quello di non pagare i debiti.

 

Quell’Antonio De Marco studente di Scienze infermieristiche, che a Lecce ha fatto fuori con numerose coltellate i suoi ex coinquilini De Santis e Manta, ha detto che il motivo era la vendetta. Ma quale sgarbo gli avevano fatto, visto che non c’erano stati litigi coi due fidanzati uccisi? “Li invidiavo perché erano troppo felici”, ha risposto, senza provare alcun rimorso, pur essendo reo confesso.

Queste cose fan pensare. Un po’ di colpa ce l’hanno anche i mass-media, che, come i maiali, son felici solo nel fango.

 

Pensiamo alle famiglie monoreddito in cui soltanto un coniuge possiede un contratto lavorativo e l’altro no. Oppure a un lavoratore in nero. Quando a 67 anni avrà diritto alla pensione che cifra prenderà senza aver mai versato contributi, senza possedere alcun reddito e vivendo da solo? 459,83 euro per 13 mensilità, ammesso che risieda in Italia.

Si può campare con una cifra così ridicola? Lo si può fare senza diventare un criminale o salvaguardando la propria moralità? Siamo seri.

 

[4 ottobre] Recovery Fund. Svizzera, eutanasia e salario minimo. Vincenzo Paglia. Coldiretti. Viktor Orbán. USA

 

Non ho capito perché destinare un miliardo di euro del Recovery Fund al patrimonio privato di un’organizzazione già miliardaria – la Chiesa – che potrebbe e dovrebbe usare le sue risorse per salvaguardare i propri edifici di culto dai problemi antisismici. Sarebbe come ristrutturare a spese dei contribuenti ville di proprietà privata che sono patrimonio artistico.

Non sarebbe meglio che il governo si concentrasse su scuola, ricerca e patrimonio pubblico?

 

Il 23 Settembre 2020 a Basilea (Svizzera), si è svolta la prima International Convention di EXIT-Italia e EXIT SVIZZERA ITALIANA sulla Legge n. 219/2017 (entrata in vigore il 31/01/2018) riguardante il trattamento sanitario, che non può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge.

Queste associazioni chiedono che, sulla base di questa legge, anche in Italia esista una normativa che regolamenti l’eutanasia e il suicidio assistito. Hanno preparato un Progetto di Legge - Protocollo EXIT, consegnato a tutti i gruppi parlamentari di Montecitorio, ma nessuno l’ha preso in considerazione.

Alla suddetta Convention tre medici hanno dato il loro pieno supporto nel caso servisse il loro intervento nel firmare la ricetta che potrebbe servire per il suicidio assistito a una delle richieste degli associati EXIT-Italia.

Si sono incontrati con l’Associazione di Basilea denominata Pegasos per la morte volontaria assistita, il cui responsabile, dr. Rudolf Habegger. ha dato ampia disponibilità ad accettare pazienti italiani. L’associazione è stata fondata nell’agosto del 2019 dagli stessi professionisti svizzeri che aiutarono a morire il 104enne professor David Goodall a Basilea nel maggio del 2018. Essa opera solo in Svizzera, avvalendosi del codice penale svizzero, che consente il suicidio assistito, purché il movente non sia di stampo egoista. Coloro che aiutano una persona a morire non devono necessariamente essere dei medici, ma devono avere motivazioni altruistiche. La persona che richiede assistenza per morire deve possedere capacità decisionale, avere il “controllo” o “la proprietà dell’azione” sulla propria morte. Cioè la persona deve essere lucida e capace d’intendere e di volere. Se invece è presente una diagnosi di una condizione neurologica o di malattia mentale, sarà necessario un consulto psichiatrico. Il gesto “finale”, cioè l’attivazione di un pulsante o il portare un bicchiere alla bocca, deve essere compiuto dalla persona che desidera morire. Questo è ciò che qualifica una morte assistita volontaria, piuttosto che un’eutanasia gestita da un medico.

Anche se presso Pegasos si esegue una morte assistita volontaria tramite infusione intravenosa e anche se sarà un medico a inserire l’ago nella vena della persona, sarà la persona stessa che dovrà attivare il meccanismo che farà scorrere la sostanza letale.

Per i casi di importanti impedimenti di movimento, Pegasos ha sviluppato un apparecchio con cui è possibile attivare il meccanismo con un semplice gesto.

Il costo complessivo è di circa 10.000 euro.

Mi chiedo: la Chiesa riuscirà mai a capire che il corpo umano non appartiene ai preti?

 

“Non si può vivere con un salario inferiore a 3.500 euro” (4.000 franchi). Questo principio diventa una norma in Svizzera e vige l’obbligo per gli imprenditori e i datori di lavoro di rispettarlo.

Il testo prevede una remunerazione oraria di almeno 23 franchi (21 euro), per 41 ore di lavoro settimanali. Il salario minimo garantito viene approvato in un contesto di pandemia in cui è più facile trovare persone in difficoltà economiche. 1/4 di questi nuovi poveri è di origine straniera.

La riforma andrà a beneficio di circa 30mila lavoratori a bassa retribuzione, 2/3 dei quali donne, molti impiegati come addetti alle pulizie o in ristoranti o parrucchieri. Si tratta del salario minimo più alto del mondo.

 

Non ho capito la nomina di Sua Eccellenza Reverendissima, l’arcivescovo Vincenzo Paglia a presidente della “Commissione per la riforma dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana”, decisa dal ministro della Sanità Roberto Speranza.

È Gran cancelliere del Pontificio Istituto Teologico per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia, ed è Presidente della Pontificia Accademia per la vita. È uno dei più importanti ministri del governo del Papa. Impossibile che non vi siano conflitti d’interesse (fossero anche solo spirituali).

Per quale motivo il ministro della Salute di un governo democratico, per il quale la laicità è una precondizione irrinunciabile, ha l’impudenza di nominare un “ministro” del Papa alla testa di una commissione che dovrà dar vita alla riforma dell’assistenza alla vecchiaia, di cui il Covid ha mostrato le carenze spaventose e per la quale, ovviamente, uno Stato democratico dovrebbe puntare sul servizio pubblico di alto livello e uguale per tutti?

Peraltro lo sa Speranza che Paglia è un intollerante fautore dell’obbligo di vivere anche in condizioni di fine vita che risultino insopportabili, a chi vi è immerso, tra sofferenze fisiche e psicologiche? Basta leggersi il suo libro contro l’eutanasia, “Sorella morte”.

“Speranza sembra guardare a una sanità privata e religiosa – accusa Roberto Grendene, dell’Unione atei e agnostici razionalisti. Evidentemente non bastavano i 35 milioni che la sanità già paga ai preti in corsia con lo stesso stipendio degli infermieri”.

“Neanche il democristiano più radicato avrebbe mai fatto una nomina così” – secondo Maurizio Mori della Consulta Bioetica. La laicità dello Stato è valore fondante della Repubblica e non è il caso di procedere a una vaticanizzazione della sanità italiana”.

 

In occasione delle giornata dell’alimentazione promossa dalla Fao, Coldiretti ha diffuso i numeri relativi alle situazioni di emergenza alimentare in Lombardia, dove sono quasi 229 mila le persone che nel corso del 2018 sono state costrette a chiedere aiuto per mangiare. Di queste quasi 51mila sono bambini e ragazzi di età compresa tra gli zero e i quindici anni.

Se si prendono in considerazione i parametri di Coldiretti a livello nazionale, sono 2,7 milioni gli affamati che lo scorso anno si sono ritrovati a dover chiedere un aiuto per cibarsi, di cui 453mila bambini e quasi 197mila anziani sopra i 65 anni. La Lombardia è al quinto posto tra le Regioni italiane nella classifica riguardante il numero di persone che fa fatica a sfamarsi. In questa graduatoria è preceduta da: Campania, Sicilia, Calabria e Lazio.

E poi ci si chiede perché serve il Reddito di Cittadinanza.

 

Viktor Orbán, premier ungherese, ha appena pubblicato un manifesto in cui rivendica con orgoglio il suo “illiberalismo”.

Questo soggetto un po’ bizzarro afferma che con Bruxelles non è possibile alcuna intesa. Continua a minare le fondamenta dell’odiata Europa, che sarebbe simile alla Russia e sottomessa all’influenza di George Soros, all’istruzione “gender” e alla “propaganda arcobaleno”.

Sembra una caricatura. Chissà perché non spende una parola sui soldi che la UE elargisce al suo Paese e che, secondo diverse inchieste della Commissione, avrebbero arricchito lui e i suoi amici personali.

Insieme ai suoi alleati politici e al governo in Polonia, il premier blocca la ratifica del piano di rilancio europeo da 750 miliardi di euro, chiedendo di rimuovere la clausola che vincola la concessione degli aiuti al rispetto dello stato di diritto.

Mi chiedo: perché di fronte ad atteggiamenti così irresponsabili la UE resta impotente?

 

Gli USA stanno creando pretesti per fare una guerra contro la Cina. Per es. al Giappone stanno chiedendo di limitare l’export in Cina di alcune tecnologie di importanza strategica. Cosa che con più di 38 miliardi di dollari investiti in Cina e quasi 14mila aziende attive nel Paese, per il Giappone sarebbe economicamente disastroso. La Cina è il primo partner commerciale del Giappone e il suo vicino più prossimo.

Gli USA stanno chiedendo anche che il Giappone, in qualità di membro della Quad – un’alleanza che include anche Australia, India e Stati Uniti – partecipi più spesso a esercitazioni navali congiunte per rispondere alle rivendicazioni territoriali di Pechino nel mar Cinese meridionale. Nel 2019, per es., una portaerei giapponese si è unita alle esercitazioni navali coordinate dagli USA in acque rivendicate dalla Cina. Pechino per fortuna non ha reagito.

Il Pentagono è ansioso di posizionare armamenti ai confini con la Cina continentale, e il Giappone è un luogo ideale. Si parla di missili a medio raggio, che rovinerebbero completamente le relazioni di Tokyo con Pechino, ripristinate a fatica nel 1972.

Trump ha poi preteso un contributo maggiore di Tokyo al mantenimento delle truppe americane in Giappone. E non vuole assolutamente che il Giappone acconsenta allo sviluppo delle comunicazioni Huawei finalizzate alla costruzione della rete 5g nell’arcipelago.

Gli yankee stanno chiedendo molte di queste cose non solo al Giappone ma anche a tutta Europa, aggiungendo al nemico cinese quello russo. Vedono solo nemici da abbattere. Come a Risiko. L’intero pianeta deve diventare il cortile di casa loro. Capisco che il Giappone non possa fare granché contro gli USA, ma l’Europa, un continente di 27 Paesi con quasi mezzo miliardo di abitanti, che si estende su oltre 4 milioni di kmq, con un PIL superiore a quello degli USA: 26,6% contro 24,4% dell’intero PIL globale. A una Europa così cosa manca?

Chiunque predichi il sovranismo nazionalistico fa gli interessi o degli USA o della Cina.

 

[5 ottobre] Italia, carceri. Vaticano, caso Becciu. Melanzane. Irlanda

 

Quanto spazio deve avere un maiale secondo le direttive europee? Almeno 6mq.

Un maiale ha diritto a più spazio di uno qualsiasi dei 53.000 detenuti nelle carceri italiane. Per ognuno di loro la legge prevede 3mq. Fino a ieri c’era il dubbio che la brandina dovesse rientrare in questo spazio, ma la Cassazione ha detto che la branda va considerata come extra, per cui si somma ai 3mq.

Fin qui arriva la legge. La realtà è che persino quei 3mq risultano oggi un lusso indisponibile.

La soluzione non è costruire nuove carceri, fabbriche sociali di delinquenti. La soluzione è nelle pene alternative, a partire da quelle 2.000 persone circa che stanno scontando pene inferiori all’anno. Affidamento, servizi sociali, non sono solo questione di “umanità”.

Un detenuto costa 150€ al giorno. Le pene alternative sono assai più economiche; un detenuto che ha finito di scontare la pena in una cella ha il 78% di probabilità di farvi ritorno, mentre chi sconta pene alternative abbassa questa percentuale fino al 10%.

 

In Vaticano gli inquirenti sul caso Becciu hanno fatto venire alla luce una figura femminile, presentata come la nipote del cardinale. Alla 39enne sarda sarebbero stati intestati diversi bonifici, inviati da conti riconducibili a Becciu. A Roma, la giovane donna, Cecilia Marogna, è stata vista proprio in compagnia del cardinale, che però ha precisato: “Posso solo dire che la signora non è una mia familiare”.

Dalle indagini emerge la vicinanza di Marogna al mondo della massoneria. La donna fa parte del Movimento Roosevelt, presieduto da Gioele Magaldi, Gran maestro del Grande oriente democratico. Inoltre ha avuto contatti anche con un altro personaggio in odore di massoneria, Flavio Carboni, condannato a 6 anni e 6 mesi per le attività illecite di una presunta associazione segreta, la P3.

Certo il papa, quando ha scritto l’enciclica “Fratelli tutti”, non aveva in mente soggetti del genere. Di cui però il suo pontificato è praticamente pieno. Come quelli di Wojtyla e Ratzinger. Ormai la figura del papa conta come il due di coppe quando comanda spade.

 

Per mangiar la melanzana bisogna cuocerla, altrimenti è molto indigesta a causa dell’alta quantità di solanina.

Cucinata, è la base di piatti sopraffini come la parmigiana, la caponata o la pasta alla norma. Ed è ricca di proprietà benefiche. Gli viene riconosciuto un basso indice glicemico e ha una grande quantità di acqua e fibre. Inoltre ha anche proprietà depurative e delle caratteristiche che rallentano l’invecchiamento. Alcuni suoi componenti sono efficaci per combattere le malattie cardiovascolari.

Ma da dove viene questo ortaggio?

Fu portata in Europa, in particolare in Spagna, nel VII secolo, dagli Arabi. Proprio perché a diffonderla furono questo popolo, la melanzana si conquistò una cattiva fama, che l’ha accompagnata per secoli.

Gli europei pensavano che gli Arabi l’avessero diffusa per avvelenare i cristiani. Da qui il suo nome di melanzana, ovvero “mela insana”.

Adesso hai capito che più ci mescoliamo e meglio è? Da tutti i punti di vista: gastronomico, genetico, biologico, culturale, etico... Lotta per un mondo plurale, in cui ci si aiuta insieme a comprendere come vivere la vita.

 

L’Irlanda sta esportando circa il 90% dei prodotti caseari e della carne di manzo che produce, principalmente nel Regno Unito, Paesi Bassi, Francia e Cina.

Ma i fertilizzanti usati nella coltivazione delle terre e l’inquinamento organico provocano le cosiddette “fioriture del fitoplancton” che, abbassando il tasso di ossigeno, rendono l’ambiente inadatto per altre specie, come i pesci. È il noto fenomeno della eutrofizzazione.

Un rapporto dell’Agenzia europea per la protezione ambientale aveva già osservato che 21 dei 169 impianti di recupero delle acque di città irlandesi medio-grosse non rispettavano gli standard europei, e gli scarichi fognari di 36 Paesi e cittadine – quelli prodotti da circa 77mila persone – finiscono ogni giorno nei fiumi e nei laghi senza essere trattati in alcun modo.

L’inquinamento dovuto all’allevamento intensivo di bovini per la produzione di carne e prodotti caseari può essere addirittura paragonato a quello prodotto dall’attività mineraria o dall’estrazione del petrolio. Dal 2010, infatti, le vacche da latte sono passate da 400mila a 1 milione e mezzo, e parallelamente c’è stata una crescita delle emissioni di anidride carbonica, nitrati e ammoniaca.

Per la prima volta è stata anche rilevata la presenza di antibiotici e medicinali veterinari nella falda acquifera, e da questa falda deriva più di 1/4 dell’acqua potabile in Irlanda.

Insomma questo è il capitalismo. Vuoi guadagnare molto e in fretta? Non vuoi farlo in fretta e non hai bisogno di guadagnare molto ma sei comunque costretto a usare mezzi e metodi che il sistema ti offre? Comunque la metti, sarai tu a rimetterci poiché avrai inevitabilmente danneggiato l’ambiente. E se lo fai in maniera molto grave, dovrai andartene da lì. Non avrà senso seguire i suggerimenti della UE che ti dicono di favorire altri tipi di coltivazione, come p.es. quella di piselli e fagioli, che garantiscono ai cittadini una fonte di proteine vegetali con un minore impatto ambientale.

Hai voglia dopo a parlare di Green Green Grass of Home.

 

[6 ottobre] “Insieme”. Nagorno Karabakh. USA, ultra-destra e tasse. Giulia Bongiorno. Buchi neri. Negazionista Covid. Minigonne

 

Si chiamerà “Insieme” il nuovo partito di ispirazione cristiana, autonomo e non confessionale, europeista, dedicato a “lavoro e famiglia, solidarietà e pace”, con una leadership collegiale, composta da 21 membri. Il prof Stefano Zamagni è il promotore del Manifesto a cui il partito si ispira. Vi sono anche Ernesto Preziosi di Argomenti 2000 e Domenico Menorello dell’associazionismo cattolico.

Gianfranco Rotondi, deputato di Forza Italia, ha detto che “serve una nuova iniziativa politica capace di dare compimento alle domande che il Santo Padre pone a laici e cattolici”. Naturalmente il partito si oppone ai sovranisti e alla sinistra, al fine di ricomporre la diaspora dei cattolici, superando il bipolarismo dominante degli ultimi 25 anni, che ha portato i cittadini ad allontanarsi dal sistema politico e dalle istituzioni. Insomma l’ennesimo tentativo di rifondare la DC, di cui per mezzo secolo abbiamo patito effetti nefasti.

Come può un partito così essere non confessionale? È aperto anche ai non credenti, basta che non siano di sinistra. Monsignor Gastone Simoni, vescovo emerito di Prato, è tra i promotori del nuovo partito. Ha detto che “c’è bisogno di forze nuove”.

Il cardinale Giovanni Battista Re, durante la Messa che ha dato il via all’assemblea del partito, ha detto che “i cattolici devono impegnarsi con tutti gli altri moderati, superando ogni protagonismo personale e recuperando una vera cultura della legalità e forte senso dello Stato”.

Forze nuove sì, ma anche con idee nuove. Dovrebbero leggersi il vangelo, là dove dice che mettere toppe nuove in un vestito vecchio non serve a niente.

 

Quella del Nagorno Karabakh, una regione di poche migliaia di chilometri quadrati e 140mila abitanti (in maggioranza armeni), la chiamano anche la “guerra dei trent’anni”. Si presenta come un conflitto tra cristiani e musulmani ma anche come l’ennesimo confronto tra la Russia, sponsor dell’Armenia, e la Turchia grande protettrice dell’Azerbaijan.

Ma la Turchia è un Paese della NATO: se gli Stati Uniti decidessero di appoggiare la Turchia in funzione anti-russa ecco che la questione del Nagorno Karabakh diventerebbe assai più rilevante.

E nella vicenda sono coinvolti, più o meno direttamente, la Georgia e l’Iran.

Oltre tutto la regione è attraversata da interessi economici di primo piano legati alle pipeline (tubature di oleodotti): l’Azerbaijan, con il gasdotto che arriverà anche in Italia, punta a diventare un fornitore importante nei Balcani e in Europa, facendo in parte concorrenza anche al gas russo.

Nel 1988 gli armeni del governo del Nagorno chiesero di passare dalla repubblica sovietica dell’Azerbaijan a quella, sempre sovietica, dell’Armenia.

Questo perché gli armeni di questa regione han sempre rifiutato l’“azerificazione” voluta da Stalin negli anni Venti, quando furono obbligati a entrare nella repubblica di Baku (capitale dell’Azerbaigian). Fu così che con la dissoluzione dell’Urss nel 1991 gli armeni del Nagorno si autoproclamarono repubblica indipendente, facendo esplodere la guerra tra l’Armenia e l’Azerbaijan: in sei anni sulle montagne e gli altipiani di questa parte del Caucaso si è combattuto un conflitto che ha fatto almeno 30mila morti, fino alla tregua siglata nel 1994.

Ora lo scontro si è riacceso. Gli azeri hanno ricominciato a soffiare sul fuoco per sostenere un nuovo conflitto e riprendersi il Nagorno: in un decennio le spese militari di Baku sono aumentate del 500%, grazie anche agli introiti delle vendite di gas e petrolio.

Baku si è buttata nelle braccia della Turchia che fornisce assistenza militare diretta, come del resto fa anche la Russia con l’Armenia. L’Azerbaijan ha ricevuto dalla Turchia anche l’invio di mercenari già impiegati in Libia e in Siria, oltre ai droni che hanno cambiato la faccia del conflitto libico, portando alla sconfitta del generale Haftar nell’assedio di Tripoli.

Stati Uniti, Francia e Russia non sono mai riusciti a portare la pace tra Baku e Yerevan, capitale dell’Armenia. La stessa Russia non ha mai riconosciuto la repubblica armena del Nagorno. Agli occhi di Putin un nuovo conflitto con la Turchia potrebbe minacciare gli accordi che Mosca sta tentando di raggiungere con Erdoğan sia in Siria che in Libia, dove russi e turchi vorrebbero spartirsi in zone di influenza l’ex colonia italiana. Inoltre Mosca intrattiene affari importanti con Ankara soprattutto nel settore del gas (Turkish Stream) e non vuole irritare troppo il premier turco.

Il pericolo è che Erdoğan veda nella guerra in Nagorno una nuova occasione per estendere il raggio d’azione della sua politica neo-ottomana anche nel Caucaso e assumere un ruolo sempre più importante.

 

“Proud boys” è il nome dell’organizzazione nella galassia alt–right (ultra-destra) statunitense che oggi va per la maggiore. Di recente si sono riuniti a Portland, Oregon, per manifestare “fedeltà agli Stati Uniti e al presidente” e “mettere fine al terrorismo domestico”. Naturalmente erano tutti ben armati.

I Proud Boys sono nati nel 2016 grazie a Gavin McInnes, ora cinquantenne. L’ex co-fondatore inglese della rivista hipster Vice, si è specializzato nella scrittura di libri razzisti. Ha frequentato la scena punk rock negli anni ’90, è cresciuto in Canada e si è trasferito a Brooklyn. Viene descritto come bevitore accanito, nerd pieno di rabbia, ma lui preferisce parlare di sé come di un autentico “campione dei valori dell’Occidente”. Si sente “orgoglioso di essere bianco”. Ha un piacere adolescenziale nell’insultare donne, gay e transgender, e per il culto delle saghe stile Re Artù. Nell’universo Wasp il movimento non è solo misogino, ma anche islamofobo, antisemita e contro gli immigrati.

Con l’ingresso di Trump alla Casa Bianca il gruppo si è trasformato in milizia armata ai comizi repubblicani e i suoi miliziani in guardie del corpo di controversi blogger tipo Ann Coulter e Milo Yiannapoulos.

Superano ufficialmente le cinquemila unità, ma hanno una sezione in ogni Stato. Sono presenti con alcune “squadre” anche all’estero: Australia, Giappone, Canada, Europa, soprattutto Regno Unito e Germania.

Negli ultimi quattro anni hanno partecipato a scontri contro gli antifascisti anarchici, a Portland, Los Angeles e Berkeley, in California. Uno di loro ha organizzato la marcia neonazista di Charlottesville, Virginia, nel 2017, culminata con la morte di una giovane pacifista. Odiano soprattutto gli attivisti del movimento antirazzista Black Lives Matters. Le forze di polizia non li toccano.

Bannati da Twitter e Facebook, hanno trovato casa nella piattaforma di Telegram. Tra i loro sostenitori c’è Roger Stone, consigliere e amico di Trump, condannato per frode e per aver mentito al Congresso; ma è stato poi graziato dallo stesso presidente.

Dal 2018 il leader del gruppo (a proposito di immigrati!) è Enrique Tarrio, cubano di Miami, appartenente a una famiglia che è dovuta fuggire dall’Avana all’indomani della presa del potere da parte di Fidel Castro.

Questa milizia armata è solo una delle 50.000 che esistono su territorio statunitense.

Trump, per la prima volta nella storia degli Stati Uniti dal 1896, ha dichiarato che se non verrà rieletto non riconoscerà il proprio avversario, definito come “il cavallo di Troia della sinistra radicale americana”. Ecco perché continua a dichiarare ufficialmente che ci sarà una “frode elettorale” e che, onde evitare brogli, chiederà alle milizie di questi suprematisti di sovrintendere e controllare le operazioni di scrutinio. Insomma se vince Biden bisogna prepararsi a una guerra civile.

 

La deputata democratica Ocasio-Cortez, che prima di essere eletta lavorava come cameriera in un bar, ha scritto: “Nel 2016-17 ho pagato migliaia di dollari di tasse facendo la barista, Trump 750 dollari. Ha contribuito a finanziare le nostre comunità meno delle cameriere e degli immigrati senza documenti”.

In effetti, pur avendo un patrimonio di circa 3,7 miliardi di dollari senza i debiti, Trump, l’anno in cui ha vinto le elezioni, ha pagato solo 750 dollari di tasse e nel suo primo anno alla Casa Bianca ha versato al fisco la stessa cifra. Una situazione resa possibile da un decennio e oltre di scappatoie fiscali, complicati accordi finanziari, subdole trattative con partner stranieri, scatole cinesi che rimandano da una società a un’altra. Ha fatto risultare come costi aziendali persino i 70.000 dollari di acconciature!

Ha però anche accumulato un debito di 1,13 miliardi di euro per non aver pagato la tassa sulla proprietà e non sa come ripagarlo (il Covid gli ha ridotto il patrimonio a 2,5 miliardi di dollari), per cui è vitale per lui non uscire dalla Casa Bianca. Non a caso vuole abrogare completamente l’imposta federale sulla proprietà.

In Italia abbiamo avuto uno che gli somigliava molto, ma ora non ricordo il nome... Meno male che durano poco. Sì, ma sempre di più degli imperatori romani, la cui vita media non superava i 60 anni. Grazie: 24 su 70 morirono di morte violenta! Già, chissà perché oggi muoiono di vecchiaia. Forse perché abbiamo capito che il vero potere sta altrove. Nel capitalismo la politica è totalmente sottomessa all’economia.

 

Non la capisco molto la Giulia Bongiorno. Ha fatto cose pregevoli in diversi settori del diritto: dal reato di stalking a quello del femminicidio e del delitto di matrimonio mediante coercizione, dalla disciplina sulle unioni civili per le coppie omosessuali all’istituzione di una legge contro l’omofobia. E tante altre cose di notevole interesse.

Perché difendere casi disperati, totalmente privi di princìpi morali, come Salvini e, prima di lui, Andreotti?

Io mi sarei rifiutato. Se hai un’etica, perché non la dimostri quando indossi la toga? Lo fai solo per questioni economiche? Tra l’altro gli assurdi provvedimenti di Salvini in materia di immigrazione, oggi modificati dal Consiglio dei Ministri, vennero fatti quando la Bongiorno era ministro per la Pubblica Amministrazione nel governo Conte I. Neppure lei disse una parola contro.

 

Il premio Nobel per la fisica è andato ad alcuni scienziati che hanno studiato i buchi neri. Roger Penrose per gli “ingegnosi metodi matematici che hanno esplorato la teoria della relatività generale di Albert Einstein, dimostranfo che la teoria porta alla formazione dei buchi neri, quei mostri nel tempo e nello spazio che catturano tutto ciò che vi entra”.

Reinhard Genzel e Andrea Ghez hanno scoperto che “un oggetto estremamente pesante e invisibile governa le orbite delle stelle al centro della nostra galassia, un buco nero supermassiccio è l’unica spiegazione attualmente conosciuta”.

Scusate ma a noi cosa importa dei buchi neri? Capisco un computer superveloce o un nuovo tipo di laser o cose che si possono utilizzare immediatamente in vari settori scientifici, migliorando di molto la strumentazione precedente.

Ma un buco nero è ciò in cui tutti noi finiremo tra milioni o miliardi di anni, quando del nostro sistema solare non esisterà più nulla.

 

Una pensionata leghista del Veneto ha avuto gravi difficoltà respiratorie e ha chiamato l’ambulanza.

Ma è una negazionista. Dopo una lunga discussione in ospedale le han fatto il tampone, anche se il marito, consigliere comunale, nega che lei abbia accettato.

La donna comunque ha detto che siccome “secondo i medici dovevo stare rinchiusa in una stanza, in isolamento, in attesa del risultato e io mi sono rifiutata e ho preteso di tornare a casa mia. Quindi non so neppure se il campione sia stato analizzato”.

Ecco, questa non si rende conto che può infettare il mondo. Quali provvedimenti prendere a carico di una irresponsabile del genere, che usa il Covid per contestare il governo?

 

“Io mi vesto come voglio, dobbiamo dire e far capire agli uomini che non devono aggredire o violentare”. Lo ha detto una studentessa del liceo “Socrate” di Roma, protagonista nei giorni scorsi di una polemica per come la vicepreside aveva ripreso alcune ragazze recatesi a scuola con le minigonne.

Non ho capito la logica. Siamo in un luogo pubblico. Escludiamo la violenza a priori. Una dice di voler fare quello che le pare. Però pretende che gli altri non lo facciano. È come dire: “Io sono una femminista e ho sempre ragione. Tu sei un maschilista e quindi hai sempre torto.” La mediazione dov’è? Nei libri di filosofia, là dove si parla di Hegel.

 

Questo post ha scatenato l’inferno. Riporto solo sinteticamente le mie precisazioni: Che siano state le studentesse a lamentarsi che i docenti maschi le guardano in maniera morbosa, o che sia stato il docente a lamentarsi dal preside per gli abiti discinti delle sue allieve, non fa nessuna differenza. Qui è il decoro, il buon costume, la decenza che sono in gioco. Non è possibile pensare che questo sia solo un problema maschile, anche perché gli stessi maschi devono entrare a scuola vestiti in maniera decente. La morale non può dipendere solo dalla sensibilità soggettiva del docente e non da regole comuni, altrimenti tutto diventa opinabile. Alla fine arriviamo alle conclusioni di “Charlie Hebdo”, il cui staff si sentiva libero di sbeffeggiare chiunque, salvo poi precisare che se qualcuno non condivideva l’indecenza di certe vignette era un suo problema di arretratezza culturale. A scuola per fortuna “casca solo l’occhio”, non ci sono violenze, però per le ragazze è ugualmente inaccettabile. Ma allora mettiamo regole di decenza che tutti devo rispettare e amen. Non è solo questione di saper gestire i bassi istinti o di psicologia personale. È una questione pedagogica, educativa. In Giappone gli studenti portano tutti una divisa. Viviamo in un mondo in cui qualunque cosa fai può essere interpretata in maniera equivoca. Se una studentessa, quando insegnavo, si fosse messa in minigonne in prima fila cosa avrei potuto pensare? Tu come fai a sapere che una ragazza non si metta la minigonna proprio per irretire il docente, magari sperando di ottenere un voto più alto? Come fa un docente a capire fin dove arrivano le intenzioni di una che entra in classe con una minigonna vertiginosa? L’innocenza la trovi solo nei neonati. Sembra che a scuola l’attrazione sessuale non possa o non debba esserci per definizione. Ma l’attrazione sessuale è un fatto di natura: se non ci fosse attrazione non ci sarebbe riproduzione. È impossibile non provare niente per il sesso opposto, specie se bello, attraente, giovane... Poi uno si deve controllare, specie in luoghi pubblici ed educativi, altrimenti è finita. Le ragazze oggi sanno benissimo cosa fare del loro corpo. E io non posso sapere se una che si mette una minigonna vertiginosa lo faccia solo perché vuole sentirsi emancipata o perché vuole sfruttare questa emancipazione per cercare altro. Per cui nel dubbio chiedo decenza e non solo nel modo di vestirsi ma anche nel linguaggio. La scuola è un luogo pubblico, che appartiene a tutti e a nessuno in particolare. E in ogni caso non è come stare in spiaggia, dove la semi-nudità generale è generalmente accettata. In una società maschilista (e la nostra lo è come quella islamica), mettersi un burka o una minigonna è la stessa identica cosa. È sempre un favore che si fa al macho. Altro che emancipazione femminile. Questi comportamenti scimmiottano esigenze maschili. In ogni caso se il problema sta nella morbosità degli uomini, perché incentivarla? Tu se fossi processata andresti in tribunale vestita come ti pare? Andresti in ospedale a trovare un congiunto vestita come ti pare? E a un funerale lo faresti? E allora perché permetterlo nella scuola, che tra l’altro è il più educativo di tutti gli ambienti? Davvero tutte le responsabilità ricadono sempre sugli altri? Se andassi avanti col tuo ragionamento, dovrei permettere ai ragazzi di usare il turpiloquio, di farsi le canne in bagno, di fare sesso tra di loro durante l’intervallo, tanto non fanno del male a nessuno e anche perché questo rientra nell’emancipazione giovanile. Voglio dirti: se fossimo in una tribù dell’Amazzonia andare in giro tutti nudi non farebbe a nessuno né caldo né freddo, ma siccome purtroppo viviamo in una società maschilista, qualunque abito discinto fa il gioco del maschio. Agli ultimi anni delle superiori le ragazze hanno 19-20 anni e un docente supplente o vincitore di un concorso può avere 25-30 anni e se una ragazza si mette in prima fila scosciata o con ampio decolté, sarebbe ipocrita non notarla, e a lei basterebbe poco per dire che gli cade l’occhio. Si finisce in un giro vizioso da cui non si esce. Per questo ci vogliono regole. Sono donne fatte sotto tutti i punti di vista. Se queste cominciassero a entrare in classe con minigonne vertiginose, magliette trasparenti senza reggiseno, labbra belle rosse, occhi truccati e se poi si mettono scosciate in prima fila, la decenza è andata a farsi friggere. Non esiste solo il reato o il delitto ma anche l’istigazione o l’induzione a fare qualcosa... Che poi alla fine son tutte forme di adescamento o di provocazione o addirittura di prostituzione, a prescindere da qualunque altra cosa pratica, che si faccia o meno. Non a caso vi sono stati insegnanti che si sono pure sposati con le loro studentesse. Ecco perché, in fondo, presa in sé e per sé, la minigonna non c’entra niente. Oppure potremmo dire che se una gonna fosse una semplice gonna, perché portare le minigonne in classe? Sembra che qui non si sappia la differenza tra un atteggiamento normale e uno osé. Parole come decenza, pudore, morale sessuale, buon costume, etica pubblica sembra che non esistano nel vocabolario delle femministe. Ripetono a iosa che vogliono vestirsi come pare a loro, in ogni luogo e momento, senza rendersi però conto che in una società maschilista la donna senza veli o con abiti succinti non fa l’interesse della donna ma del maschio. Anche l’uso delle minigonne vertiginose in classe rientra nel maschilismo, perché risponde a un’esigenza maschile. Per rivendicare un’identità di genere non basta affermare il principio di poter fare ciò che si vuole. La scuola è un luogo pubblico e nessuno può fare quello che vuole. Che poi in realtà a nessuna età e in nessun luogo ci si può comportare in assoluta libertà. Abbiamo tutti delle regole da rispettare, anche tra le pareti domestiche. Certo, la libertà che abbiamo a casa nostra è superiore a quella che abbiamo in società, ma bisogna abituarsi da subito a capire che la libertà è tale nei limiti di una qualche associazione. Non è la libertà individuale che dà le regole all’associazione. Quando si entra in un luogo pubblico le regole esistono già (dovrebbe anzi deciderle il MIUR, così smetteremmo di discuterle). Semmai sarà l’associazione, nel suo complesso, a stabilire nuove forme di comportamento. È assurdo pensare che tutto quanto fanno le donne in opposizione al maschilismo, sia di per sé giusto. Queste femministe non riescono a capire che l’emancipazione sessuale ha il suo senso se fa parte di un’emancipazione sociale più generale, altrimenti diventa uno puro scontro irriducibile non solo tra i generi ma anche tra una volontà individualistica e le istituzioni. Si rivendicano diritti per togliere alle comunità il diritto di darsi delle regole, che poi nella scuola sono soltanto regole di decenza, di decoro, di buona educazione.

 

[7 ottobre] Wernher von Braun. “Fratelli tutti”. Evasione fiscale. Camillo Ruini. George Michael. Acqua. Luca Zaia. Inquinamento

 

Lo scienziato Wernher von Braun sostenne che le leggi fondamentali dell’Universo indicano l’esistenza di un aldilà. Era sicuro che nulla scompare senza lasciare traccia e che l’anima di una persona potrebbe essere in qualche modo immortale. Credere nell’aldilà può dare alle persone una certa forza morale e renderle migliori.

Non è curioso che fu proprio lui a partecipare allo sviluppo del letale missile V2, utilizzato dalla Germania nazista. Dopo la fine della guerra mondiale, Brown iniziò a lavorare con gli americani e divenne direttore del programma di armi balistiche.

Siamo fatti così. A parole diciamo una cosa e nella pratica facciamo l’opposto.

 

Il giornale di ultra-destra “Libero quotidiano” si è alquanto scandalizzato che nella sua ultima enciclica il papa, Fratelli tutti, abbia parlato di fratellanza nel senso giacobino della fraternité, per cui Fratelli diventa sinonimo di Compagni, al punto che il pontefice giunge a definire “non intoccabile il diritto alla proprietà privata”. Che invece è un vero diritto naturale, quasi sacro.

E ancora, la fratellanza viene declinata nel senso della “responsabilità fraterna” verso i migranti. Che invece vanno rimandati a casa o comunque dissuasi con la forza a non mettere piede nel suo italico.

Ma soprattutto, ed è ciò che più inquieta, la fraternità è interpretata dal papa come legame, non paritario ma subalterno, con gli islamici. Non era mai accaduto finora nella storia della Chiesa che un Papa riconoscesse come sua primaria fonte di ispirazione per un’enciclica una delle massime autorità spirituali musulmane, il Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb.

Maledetti musulmani, fonte di tutte le nostre disgrazie, della nostra perdita di identità. Siete tutti terroristi e quindi lo è anche il papa che vi sostiene.

 

Voglio condividere con voi l’analisi di Milena Gabanelli basata sui dati reali, da cui emerge che i circa 110 miliardi di euro che perdiamo a causa dell’evasione fiscale ricadono sulla sanità, sulle infrastrutture e l’istruzione. Questi servizi sono gratuiti per il cittadino perché finanziati dalle tasse che paghiamo. Il problema è che le paghiamo anche al posto di chi non lo fa.

Eppure l’art 53 della Costituzione parla chiaro: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.”

Però chissà perché l’Italia, in termini assoluti, è il Paese europeo con l’evasione fiscale di gran lunga più alta di tutti: lavoratori autonomi e imprese evadono il 70% delle tasse. Anche se la Germania e la Francia non sono molto più indietro di noi. I contribuenti tedeschi hanno accumulato 331 miliardi in Paesi offshore, equivalenti al 13% del PIL nel periodo 2001-2016. Una cifra che va ben al di sopra della media dei Paesi della UE e della stessa Italia. Questo nonostante che per i reati fiscali qui si finisca davvero in carcere: i detenuti per crimini di questo tipo sono 55 volte di più che in Italia.

Anche in Francia han deciso di non scherzare. Ora gli evasori rischiano un’ammenda fino a 500mila euro e fino a 5 anni di prigione. Fino a 3 milioni di multa e 7 anni di carcere se i fatti sono commessi “in maniera organizzata”.

Noi comunque siamo i primi anche per evasione fiscale pro-capite, con una media di 3.156 euro l’anno. In questo caso la Danimarca ci è vicina: conta una media di 3.026 euro evasi pro-capite. Poi il Belgio con 2.676 euro.

 

Ha detto il card Camillo Ruini al “Il Tempo”: “Non mi sono pentito affatto di aver auspicato un dialogo con Salvini. Dialogare bisogna. A Salvini e a Giorgia Meloni, che adesso meritatamente è sulla cresta dell’onda, vorrei dire che se vogliono fare il bene del Paese e arrivare al governo devono sciogliere il nodo dei loro rapporti con le forze che sono stabilmente alla guida dell’Unione Europea”. Ha poi detto di aver votato no al referendum e di essere favorevole al sistema maggioritario, perché garantisce meglio la governabilità (come se in Italia sia davvero avvenuto così! Da noi, a differenza che nel resto dei sistemi democratici basati sul maggioritario, l’opposizione è in perenne campagna elettorale, dicendo tutto e il contrario di tutto pur di far cadere il governo).

Non ho capito. Ha fatto delle affermazioni politiche in riferimento al ruolo dei partiti? E questo cosa c’entra col suo ruolo di prelato e con quello della Chiesa in generale? Ha detto di essere favorevole alla Meloni? Quindi ha dichiarato d’essere un uomo della destra più becera? Di sicuro per lui il cattolicesimo politico di sinistra non ha alcuna rilevanza. Lo sappiamo da un pezzo. Ha orrore dell’idea di permettere ai preti di sposarsi. Magari in questo momento sarà al settimo cielo al sentire che la leghista e consigliera comunale, Silvia Sardine, si è detta contraria alla costruzione di una moschea provvisoria progettata dal Comune di Milano.

Ha poi lanciato un messaggio criptico, come spesso i preti fanno. Non vuole un partito cattolico ad hoc. Gli bastano quelli dell’attuale destra: basta che siano un po’ più cristiani e che sciolgano un “nodo” in Europa. Ma quale nodo? Sembra un messaggio subliminale.

 

Un altro ex ragazzo di George Michael se la prende con la famiglia del defunto cantante e chiede denaro. Dopo Fadi Fawaz, che ha occupato per molti mesi la casa nel centro di Londra dove passava molto tempo con Michael prima della morte di quest’ultimo e prima dello sfratto di qualche tempo fa deciso dalla famiglia di George, ora è la volta di Kenny Goss, il 62enne mercante di arte che con George condivise una relazione lunga 13 anni, prima che si separassero nel 2011. Fu proprio con Goss che George riuscì a superare i suoi problemi di depressione. Tanto che nel 2006 aveva dichiarato l’intenzione di sposarlo ricorrendo alla legge britannica sulla Civil partnership.

Ora, a quasi quattro anni dalla morte di Michael, Goss chiede alla famiglia dell’artista 15mila sterline al mese, circa 17mila euro. Una sorta di assegno di mantenimento. Questo perché Goss sarebbe stato ignorato ingiustamente dal testamento del suo amato George. Che, sempre stando alla sua ricostruzione, avrebbe firmato quel documento di lascito nel 2013, tre anni prima di morire, in condizioni non lucide, sotto l’effetto di alcol, droghe o medicinali, permettendo così ai suoi familiari di tenere fuori lui, ma anche Fawaz e l’ex “collega” dei Wham! Andrew Ridgeley.

Goss aveva lasciato addirittura il lavoro per stare al fianco di Michael, diventando una sorta di “partner casalingo”. Dunque, in base a ciò, egli pretende di ricevere parte della eccezionale eredità lasciati dall’artista alla sua famiglia e qualche amico. In tutto 97,6 milioni di sterline, oltre cento milioni di euro, ma neanche una piccola parte ai suoi compagni e fidanzati. Che ora la reclamano.

E pensare che George Michael fu un attivista progressista e molto generoso nei suoi concerti in beneficenza e nelle sue anonime donazioni.

Insomma quando ci si ama dove sta la differenza tra un rapporto omo e uno eterosessuale al momento di rivendicare una parte dell’eredità? Da nessuna parte. A meno che i rapporti non vengano legalizzati. In quel caso che tu abbia amato sinceramente o no, non conta niente.

 

Presto cadrà uno degli ultimi tabù della finanza. L’acqua sarà soggetta a speculazioni finanziarie come il petrolio.

Ma perché? Perché il cambiamento climatico, l’inquinamento e la crescita demografica la rendono più importante dell’oro.

Anzi, una volta entrata in borsa diventerà un indice benchmark, cioè un parametro di riferimento in grado di segnalare il livello d’allarme della risorsa idrica a livello globale.

Ma l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite non aveva detto che l’acqua è tra i “diritti umani universali e fondamentali”?

È il capitalismo, bellezza! Il prossimo obiettivo riguarderà l’aria!

 

Luca Zaia, governatore del Veneto, ha rilasciato un’intervista importante al “Corriere della sera” del 6 ottobre.

Praticamente ha fatto capire che le Regioni sono stufe del dirigismo del governo in materia di sanità. Ha detto: “Conosciamo meglio noi cosa serve ai territori, non siamo irresponsabili. Le Regioni hanno una competenza quasi esclusiva in materia”.

Naturalmente non ha detto niente della malasanità lombarda, gestita dalla destra. Ma è impossibile dargli torto quando sostiene che il dirigismo dello Stato “è il segno manifesto di una sfiducia nelle Regioni”. Aggiungendo poi: “ci vuole meno Stato dove ci vuole meno Stato. Qualcuno crede forse che il Veneto sia meno efficiente dello Stato?”.

“A Roma forse pensano che se noi prendiamo un provvedimento meno rigido di quello previsto da loro ci comportiamo come irresponsabili?”.

“Già oggi un’ordinanza regionale è soggetta al controllo del governo. Non nego il ruolo fondamentale dello Stato, ma rivendico il diritto di garantire risposte pronte e adeguate secondo le esigenze dei territori che noi conosciamo meglio di chiunque altro”.

“Per noi autonomia significa assunzione di responsabilità. A Roma continuano a viverla come una sottrazione di potere”.

“A Roma ragionano sulla base di tabelle e di carte, noi abbiamo i malati fuori dalla porta. Ho grande rispetto per chi deve governare il Paese, ma vorrei che fosse garantito anche a noi”.

Il problema è che la sinistra ha sempre capito poco di autonomia regionale e praticamente niente di federalismo. Il problema del decentramento è nato nel 1970 con l’istituzione delle Regioni, che pur erano previste nella Costituzione. Da allora il progresso più significativo ha riguardato la riforma del Titolo V della Costituzione, tra il 1999 e il 2001, basato sulla riforma Bassanini del 1997-99, l’uomo più lungimirante della sinistra su questo argomento.

La legge costituzionale n. 3/2001 ha introdotto elementi di federalismo nella Costituzione, quali l’equiparazione tra Stato, Regioni ed enti locali come elementi costitutivi della Repubblica, l’attribuzione della competenza legislativa residuale alle Regioni e il principio di autonomia finanziaria integrale degli enti territoriali (ancora però in attesa di attuazione).

Ora l’art. 117 della Costituzione prevede una lista tassativa di materie soggette alla potestà legislativa statale e un elenco, altrettanto tassativo, di materie sottoposte alla legislazione regionale (nel quadro dei princìpi fondamentali posti dalla legge statale).

Ora sembra che il governo voglia un Senato delle Regioni. Ma senza creare uno Stato federale che senso ha?

In ogni caso la vergogna della destra nella gestione della sanità (soprattutto lombarda) non è dipesa dalla maggiore autonomia rivendicata dalle Regioni nei confronti dello Stato, ma dall’analfabetismo politico dei Lombardi, conseguenza di quell’esasperato individualismo borghese che ha sempre caratterizzato quella Regione.

 

In 25 anni, l’1% più ricco della popolazione mondiale – pari a 63 milioni di abitanti – ha emesso in atmosfera il doppio di CO2 rispetto a 3,1 miliardi di persone, la metà più povera del pianeta. Lo afferma un nuovo rapporto di Oxfam.

Risulta che “il 10% più ricco del mondo è stato responsabile di oltre la metà (52%) delle emissioni di CO2 in atmosfera tra il 1990 e il 2015; l’1% più ricco del 15%, più di quanto non abbiano contribuito tutti i cittadini della UE e il doppio della quantità prodotta dalla metà più povera del pianeta”.

Inoltre “le emissioni annuali sono aumentate del 60% tra il 1990 e il 2015: il 5% della popolazione più ricca ha determinato oltre un terzo (37%) di questo aumento; l’1% più ricco ha aumentato la propria quota di emissioni 3 volte di più rispetto al 50% più povero della popolazione”.

Da quant’è che ci diciamo queste cose? Abbiamo visto significative inversioni di rotta? No. Quindi è il sistema che non funziona, a prescindere dalla volontà politica. Ancora non ci è entrato nella testa che l’ecologia è più importante dell’economia. Anche i sindacati dovrebbero riflettere su questo: difendere il lavoro in un sistema che ti uccide, non ha senso. Bisogna uscire dal sistema.

 

 

[8 ottobre] Caffè. Luca Palamara. Papa Bergoglio. Brexit. Ricchezza mondiale. Marcello Veneziani. Vitalizi. Kirghizistan. ONG

 

Hai fatto male a smettere di fare il caffè con la moka. Non lo sai che le comodità si pagano?

Se sei passato alle capsule, devi sapere che nel mondo ne vengono vendute più di 10 miliardi all’anno. Da cui nascono più di 120 mila tonnellate di rifiuti. E che rifiuti! I materiali che generalmente compongono le capsule sono alluminio e plastica che bisognano di 500 anni per essere smaltite. Alluminio e plastica, a contatto con gli alimenti, rilasciano metalli pesanti e diossina.

In Italia questi scarti sono spesso destinati a inceneritori, termovalorizzatori e discariche.

E questo non è tutto. Infatti nelle capsule del caffè si trovano agenti cancerogeni e tossici, quali il furano o ossido di divilene, l’ocratossina e l’acrilammide.

Per ogni capsula di alluminio sono presenti solo 4-6 grammi di caffè. A quei 4 grammi corrispondono 3 grammi di packaging e altrettanti scarti di arsenico, piombo, cromo necessari per produrre la capsula in alluminio.

 

La Procura generale della Cassazione nel processo disciplinare a Luca Palamara, ex componente del Csm ed ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati, ha chiesto la radiazione dall’ordine giudiziario.

Parla di “particolare gravità dei fatti”, in quanto Palamara ha tentato di condizionare la nomina al vertice del più grande e più importante ufficio giudiziari italiano, la Procura di Roma, per interessi personali, e in più voleva condizionare la nomina del procuratore di Perugia per ottenerne uno che potesse garantire interventi di vario genere nei confronti dei magistrati romani.

A lui si contesta anche un’opera di “denigrazione e delegittimazione sistematica, attivata su più fronti verso alcuni colleghi.”

Oltre a lui sono al momento coinvolti cinque consiglieri allora in carica del Csm e i deputati Cosimo Ferri (magistrato anche lui) e Luca Lotti (imputato nel processo Consip proprio su iniziativa della Procura di Roma).

Mi chiedo: per dei resti così eccezionalmente gravi neanche un giorno di galera?

 

“Gesù ha scacciato dal tempio i mercanti – ha detto il papa – e ha insegnato che non si può servire Dio e la ricchezza. Quando, infatti, l’economia perde il suo volto umano, non ci si serve del denaro, ma si serve il denaro. È questa una forma di idolatria contro cui siamo chiamati a reagire, riproponendo l’ordine razionale delle cose che riconduce al bene comune, secondo cui il denaro deve servire e non governare”.

Per un comunista sembrano parole scontate, quasi delle banalità. Eppure la destra non le sopporta. Una cosa infatti è dirle mentre si ha come obiettivo quello di distruggere il comunismo. Un’altra è dirle quando questo comunismo non esiste più. Uno di destra può sempre chiedersi: “Ma perché dobbiamo ancora star a sentire queste scemenze”?

 

I tempi per il raggiungimento di un accordo tra la UE e il Regno Unito sono sempre più stretti e il rischio di No Deal sempre più alto. Tra i più preoccupati ci sono gli allevatori britannici, con molte attività che potrebbero addirittura chiudere se verranno imposte tariffe alle dogane.

C’è poco da scherzare: l’82% delle esportazioni annuali di carne bovina britannica sono inviate nella UE, insieme a circa il 78% dei prodotti lattiero-caseari non consumati nel Paese e addirittura il 90% di tutte le esportazioni di carne di agnello e di altre carni ovine. Con la Brexit che diventerà effettiva il prossimo primo gennaio alcune stime affermano che ben 2 milioni di carcasse di agnello potrebbero andare sprecate.

E come farebbero a ricollocarle tutte in tempo nel mercato interno del Paese, visto che la tenera carne di agnello è ritenuta una prelibatezza solo nella UE, mente i britannici preferiscono altri tipi di carne? Inoltre la loro sovrabbondanza farebbe crollare i prezzi mettendo in difficoltà il settore. Ecco perché gli allevatori son già pronti a chiedere al governo un supporto finanziario adeguato.

Gli inglesi son sempre stati così abituati a fruire di privilegi ingiustificati che pensavano non sarebbe successo nulla con la Brexit. Che ingenui! Loro che hanno inventato l’economia politica non sono stati capaci di fare i conti della serva.

 

Il patrimonio delle persone più ricche al mondo è aumentato di oltre un quarto durante la pandemia, grazie soprattutto alla capacità di sfruttare le turbolenze dei mercati, proprio mentre milioni di persone perdevano il lavoro o lottavano per tirare avanti. Lo rivela il rapporto annuale della banca svizzera Ubs.

Come dire: Mors tua, vita mea.

 

Marcello Veneziani si lamenta nel suo blog che il papa non abbia speso una parola per condannare il comunismo cinese nella sua ultima enciclica. Si vede che proprio non sa nulla delle grandi difficoltà che il Vaticano ha nel tenere in piedi la Chiesa in quel Paese.

Si è stupito dell’attacco alla proprietà privata. Gli rinfaccia di non aver capito che “il pericolo cinese è una minaccia per la civiltà cristiana e per il mondo ben più imponente e invasiva dei nazionalismi e dei populismi”.

Poi dice una cosa totalmente priva di senso, in cui tradisce le sue simpatie clericofasciste.

Bergoglio, “partito da Cristo arriva alla religione dell’umanità. Rimuove la figura del Padre, converte interamente alla storia e all’umanità la figura del Figlio e vota la Chiesa alla fratellanza universale, cioè in cittadinanza globale, senza confini. L’esperienza della vita ma anche della storia dimostra che ogni fratellanza priva di un Padre degenera in fratricidio o scema nella retorica: è stato il destino del giacobinismo come del comunismo, e di ogni altra frateria (un discorso a parte la massoneria, di cui il bergoglismo a volte pare la versione pop). È il Padre a garantire l’unità dei fratelli prima che il reciproco riconoscimento, è la Madre a soccorrerli prima che intervenga il diritto di cittadinanza; e dal Padre al figlio scorre il filo d’oro della Tradizione. Che Bergoglio spezza, omette, lascia nel dimenticatoio, ritenendo che il Cristianesimo possa ridursi a tre tappe essenziali: l’avvento di Cristo e dunque il cristianesimo delle origini, Francesco e la sua missione di fraternità, il Concilio Vaticano II e il cedimento al proprio tempo. E in mezzo millenni di oscurantismo, superstizione, sopraffazione...”.

Che povertà di pensiero! Invece d’essere contento che il papa parli della fratellanza sul piano laico, lo critica dal punto di vista clericale, quello di Wojtyla e Ratzinger. Per il papa – prosegue questo povero essere – “la legge suprema è l’amore fraterno, per san Francesco invece l’amore supremo è Dio. La Fratellanza, separata da Dio, è la fraternité, è lo spirito comunardo. Ideologia umanitaria, laica, rivoluzionaria”.

Ancora non ha capito che non conta nulla essere credenti o atei ma solo se si è umani o no, democratici o no, ecologisti o no.

 

Gli ex senatori ai quali erano stati tagliati i vitalizi li riavranno tutti indietro, e con gli arretrati. È diventata infatti esecutiva la sentenza di giugno che ha annullato il taglio del 60% dell’ottobre 2018.

Il tribunale interno del senato, formato dal presidente Giacomo Caliendo (Forza Italia), Simone Pillon (Lega), Alessandra Riccardi (ex M5Stelle, ora Lega) e da due giuristi, fra cui il relatore Giuseppe Dalla Torre, ha dovuto ammettere che il taglio voluto dai 5Stelle (approvato da quasi tutti i partiti) “si discosta sensibilmente dai paradigmi costituzionali in materia di certezza del diritto, legalità, eguaglianza, solidarietà, laddove tocca retroattivamente i criteri di calcolo in base ai quali fu a suo tempo determinato, per ciascun parlamentare, il quantum della prestazione dovuta. Il provvedimento infatti incide sull’atto genetico costitutivo del diritto al vitalizio e non sul rapporto in essere, perché non interviene per giustificate esigenze a limitarne l’importo, ma modifica gli atti con cui furono predisposti i provvedimenti di liquidazione per i singoli parlamentari”.

Insomma i diritti, pardon, i privilegi acquisiti non si toccano. La tesi degli “ex parlamentari ladri” è falsa e diffamatoria. Il taglio dei vitalizi viola la Costituzione e l’abc dello stato di diritto.

Ora anche la Camera dovrà adeguarsi.

Cum magno gaudio Claudio Martelli, eletto per quattro legislature, tornerà a percepire 8.455 euro lordi rispetto agli attuali 3.400. Veltroni riavrà i suoi 9.000 euro mensili tagliati a 6.000. Vendola risalirà da 5 a 8.000. Prodi ne recupererà 1.000. Felici anche Gino Paoli e Cicciolina, il cui vitalizio di 3.100 euro lordi per una sola legislatura era stato ridotto a 1.000.

 

In Kirghizistan, ex repubblica sovietica di 6,5 milioni di abitanti, al confine con la Cina, sono bastate poche violente proteste di piazza – almeno un morto e 700 feriti – per annullare le elezioni parlamentari del 4 ottobre, che avevano consegnato la vittoria a due partiti dell’establishment, uno dei quali strettamente legato al presidente in carica Jeenbekov, mentre altri 3 dei 16 partiti in lizza erano riusciti a entrare in Parlamento, superando lo sbarramento del 7%. È bastato questo per dire che vi erano stati brogli elettorali.

Solo che dopo aver occupato il Parlamento, i gruppi dell’opposizione, usciti sconfitti, non sanno cosa fare. Si sono limitati a chiedere le dimissioni del presidente Jeenbekov, dopo aver ottenuto quelle del primo ministro Boronov, rimpiazzato subito da Japarov, liberato dal carcere proprio dai manifestanti, senza che le guardie opponessero alcuna resistenza.

Ma il presidente non demorde e continua a dire che tutto è sotto controllo. Quando si dice che il potere è fuori dalla realtà.

Tre gruppi dell’opposizione hanno proposto ciascuno i propri candidati a primo ministro ad interim, per sovrintendere alla ripetizione del voto nei prossimi mesi.

Hanno fatto una rivoluzione popolare ma non sanno che farsene. Tornano a votare senza cambiare niente! E questa è la terza rivolta popolare negli ultimi 15 anni! Infatti prima hanno avuto quella dei “Tulipani” nel 2005, poi quella “di Aprile” nel 2010. Naturalmente non sono mancati gli scontri etnici. Questa volta l’hanno definita “Rivoluzione d’Ottobre”, come se fare rivoluzioni per loro fosse la cosa più facile di questo mondo.

Intanto gruppi criminali hanno sequestrato diverse miniere d’oro e di carbone, poiché l’economia del Paese è piuttosto traballante.

Guai a fare le rivoluzioni senza aver ben chiaro come procedere! Difficile comunque che il Paese esca dall’area filo-russa. I due maggiori partiti in gara sono entrambi schierati per l’Unione economica eurasiatica tra Bielorussia, Kazakistan, Russia, Armenia e Kirghizistan.

 

Accoglienza ad ampio raggio, protezione umanitaria, divieto di respingimenti con la cancellazione delle sanzioni per le ONG: è questo il fulcro delle nuove norme proposte dal ministro dell’Interno Luciana Lamorgese e approvate in meno di un’ora e mezza dal Consiglio dei ministri. Ecco il colpo di spugna dato ai “vecchi” decreti sicurezza di Salvini.

Adesso per evitare il referendum del fascioleghista occorre organizzare al meglio l’immigrazione, perché ne abbiamo bisogno per varie ragioni.

Per es. in Europa quasi mezzo milione di richiedenti asilo attendono che la loro domanda venga esaminata. Tutto questo costa un sacco di soldi (i richiedenti asilo devono essere alloggiati e sfamati) e fa perdere ai profughi anni preziosi (non possono né lavorare né studiare).

 

[9 ottobre] Debito pubblico globale. Italia. Trump. Bergoglio. Fabrizio Masia. Renato Mannheimer. Paesi Bassi, immigrazione.

 

Quest’anno il debito pubblico globale, a livello mondiale, raggiungerà il livello record del 100% del PIL secondo il FMI, il quale naturalmente gongola, perché coi prestiti che concede può strozzare le economie ancora di più e impadronirsi di una buona fetta del pianeta. A confronto di quella del FMI, l’usura privata è come giocare a monopoli.

 

Stando al rapporto 2020, “L’Italia e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile”, da parte dell’ASVIS, in 9 obiettivi su 17 siamo peggiorati: povertà, alimentazione, salute, istruzione, parità di genere, occupazione, innovazione, disuguaglianze, partnership. Migliorano però i dati relativi all’economia circolare, la qualità dell’aria e i reati.

In 12 casi il nostro Paese appare lontano dai valori di riferimento: dalla riduzione delle vittime di incidenti stradali al numero di giovani che non studiano e non lavorano, dalla definizione da parte delle città di piani per la gestione dei disastri naturali alla difesa della biodiversità.

E voi pensate che la destra fascioleghista possa far meglio dell’attuale governo? Sì, uscendo dalla UE, così smetteremo di sentirci dire che siamo degli incapaci.

 

“Penso sia stata una benedizione di Dio, una benedizione sotto mentite spoglie”: in un video postato su Twitter, Donald Trump ha definito così il suo contagio da Covid che lo ha portato a scoprire il Regeneron e il Remdesivir, farmaci sperimentali che ora vuole promuovere gratis per tutti gli americani.

Senonché entrambi i farmaci sono stati sviluppati con cellule derivate da tessuto fetale, una pratica che il presidente ha ripetutamente condannato, perché la lotta all’aborto gli serve per aumentare i suoi consensi nell’elettorato piu’ conservatore, a partire da quello evangelico. Lo scrive il “New York Times”. Nel giugno del 2019 l’amministrazione Trump aveva già sospeso i fondi federali per gran parte delle nuove ricerche scientifiche che utilizzano tessuti fetali derivati da aborti.

 

Nel 2018 papa Francesco diceva che i cosiddetti credit default swap, cioè i derivati, avevano incoraggiato la crescita di una finanza basata sul gioco d’azzardo e sul fallimento degli altri, il che aggiungeva “è inaccettabile dal punto di vista etico”. Questi strumenti, aveva detto, erano “una specie di bomba a orologeria”.

Ma tre anni prima la Segreteria di Stato aveva deciso di investire una parte dei soldi dei poveri in derivati che scommettevano sulla solvibilità della Hertz, la compagnia di autonoleggio statunitense. Si pensava che essa avrebbe coperto i debiti entro aprile 2020. La società, invece, ha presentato istanza di fallimento il mese successivo, assestando alla Santa Sede un colpo sull’investimento, che ha dovuto pagare per intero.

Quattro riflessioni:

1- Accidenti che competenza finanziaria ha questo papa! Ma non è un uomo di fede?

2- Come mai non riesce a controllare gli investimenti della Segreteria di Stato?

3- Possibile che quelli della Segreteria siano così sprovveduti da investire nei derivati, sapendo benissimo che sono stati questi strumenti finanziari a causare il crollo dell’economia mondiale nel 2008?

4- Ma il Vaticano deve proprio fare investimenti finanziari in borsa?

 

Ha detto Fabrizio Masia: “Il segretario della Lega ha raggiunto l’apice del successo e della popolarità alle europee 2019 e nei mesi successivi, dove i sondaggi lo davano al 34%, con il messaggio chiave della lotta all’immigrazione clandestina e della chiusura dei porti”. Alla luce di ciò l’idea strategica di riportare in auge questa battaglia con un referendum “potrebbe pagare oggi come ha pagato in passato”.

Salvini però non capisce che già oggi i migranti mandano a casa 529 miliardi di euro all’anno. Per l’economia dei Paesi in via di sviluppo sono cifre importanti: in Gambia o in Liberia p.es. le rimesse corrispondono a più del 20% del PIL. Se vogliamo eliminare la povertà e la disuguaglianza, gli aiuti allo sviluppo sono solo una goccia nel mare rispetto ai visti di lavoro temporanei.

Qualcuno dice che più visti di lavoro causerebbero una fuga di cervelli dai Paesi poveri: le persone più capaci verrebbero tutte a lavorare in Europa invece di restare nei loro Paesi, dove ce n’è tanto bisogno. Ma gli studi mostrano che questo non sarebbe un problema, perché i numeri non sono così alti. Inoltre bisogna considerare che le rimesse dei migranti possono finanziare la creazione di piccole aziende e l’istruzione dei familiari.

 

Renato Mannheimer ha detto: “Il tema della sicurezza e in particolare quello dell’immigrazione sono sempre attuali e possono sempre far raccogliere consensi. Per questo credo che la battaglia referendaria annunciata da Salvini per abrogare le norme che di fatto svuotano i suoi decreti sicurezza sia un buon argomento per recuperare voti. Se fossi il suo consulente personale però gli direi di puntare sull’emergenza occupazionale”.

Una cosa che Salvini non capisce è che quando il numero di visti destinati ai Paesi dell’Africa cala, aumenta il numero di migranti che tentano la traversata. Ovvero più visti per motivi di lavoro e di studio vengono concessi, meno forte risulta l’immigrazione irregolare.

 

Una proposta fattibile dai Paesi Bassi sull’immigrazione, presentata alla Camera dei deputati da un rappresentante dei Democratici D66 Maarten Groothuizen.

La Commissione europea stima che tra il 2015 e il 2035 la popolazione europea di lavoratori diminuirà di 18 milioni di unità, più del 7%. P.es. se nel 2012 nei Paesi Bassi c’erano ancora quattro potenziali lavoratori per ogni persona sopra i 65 anni, nel 2040 ne rimarranno solo due.

Nei Paesi dell’Unione Europea ci sono milioni di posti di lavoro vacanti, soprattutto nel settore tecnologico, nell’assistenza, nell’edilizia e in mansioni meno qualificate come quelle di commessi, addetti alle pulizie e autisti. Quasi 1/4 dei datori di lavoro olandesi lamenta la carenza di personale adeguato. E per risolvere questa carenza non è sufficiente l’immigrazione dagli altri Paesi europei, come la Polonia e la Bulgaria.

Un recente studio del ministero degli esteri olandese ha rilevato che negli stessi ambiti lavorativi in cui i Paesi Bassi hanno carenza di personale qualificato, in Paesi come la Nigeria, la Giordania e la Tunisia le persone sono invece disoccupate o fortemente sottopagate.

Eppure i Paesi Bassi hanno delle norme per favorire l’arrivo soltanto dei cosiddetti “migranti altamente qualificati”, vale a dire gli espatriati che guadagnano più di 4.612 euro lordi al mese. Qualcosa di simile esiste anche a livello europeo (la Blue card, un permesso di lavoro che può ottenere solo chi guadagna almeno il 50% in più rispetto al salario medio nel Paese di destinazione).

Ma l’offerta e la domanda riguardano soprattutto i lavori pagati meno. Tecnici, infermieri, personale di vendita. È per questi lavoratori che dobbiamo creare visti.

Quale soluzione a questo problema? L’immigrazione organizzata e temporanea di lavoratori da Paesi a basso reddito. Può salvare le società europee dall’invecchiamento e rendere il sistema di asilo più accessibile per i profughi.

 

[10 ottobre] Cattolici tedeschi. Trump. Travis Clark. Reddito di cittadinanza

 

I cattolici tedeschi vogliono l’abolizione del celibato sacerdotale, l’introduzione del sacerdozio femminile, la trasparenza totale nell’uso delle finanze e nella gestione dei casi di pedofilia (anche passati), con la defenestrazione dei vescovi insabbiatori.

Sperano di colmare il divario tra l’istituzione ecclesiastica e la gente sempre più distaccata e scristianizzata.

Non hanno capito che ormai, anche se queste riforme passassero, la Chiesa è fuori tempo massimo. Non a caso fino ad oggi il Vaticano è rimasto totalmente indifferente al rischio di uno scisma.

Ma il papa non era un progressista? Per niente. Infatti si è lamentato del fatto che la sua “Lettera al popolo pellegrino di Dio in Germania” dell’anno scorso è stata a malapena presa in considerazione. Nella lettera Bergoglio avvertiva che il dibattito sulla riforma della Chiesa in Germania non poteva essere incentrato su questioni strutturali, contrarie al magistero. Deve convincersi che abolire il celibato del clero potrebbe servire a combattere la pedofilia dei preti.

 

Ci voleva il Covid per capire che Trump è un uomo “instabile”. Nancy Pelosi, speaker della Camera, ha infatti detto: “Il presidente Trump prende chiaramente medicine. E chiunque di noi assuma farmaci di quella serietà è in uno stato alterato. Ci sono articoli di professionisti che dimostrano come ciò potrebbe avere un impatto sulla capacità di giudizio di una persona”.

Ecco perché si sta appellando al Venticinquesimo emendamento della Costituzione per poterlo sostituire in attesa delle prossime elezioni.

Figuriamoci se il Senato, controllato dai repubblicani, approverà mai una simile proposta.

Anzi Trump ha detto: “l’unica matta in circolazione è proprio Crazy Nancy”.

E lui, come Berlusconi, ha detto che sta benissimo e intende riprendere i comizi. Il suo medico ha dichiarato che può, ma non ha pubblicato il risultato di un test sulla negatività al Covid, e nessuno sa davvero se l’infezione è passata o no.

 

In una parrocchia di St. Tammany, in Louisiana, un sacerdote di 37 anni, Travis Clark, è stato arrestato con l’accusa di oscenità il 30 settembre 2020, per aver registrato se stesso mentre faceva sesso sull’altare di una chiesa con Mindy Dixon e Melissa Cheng, due attrici di film per adulti, di 41 anni e di 23.

A scoprire cosa accadeva all’interno della chiesa è stata una fedele che ha notato le luci accese nell’edificio in un orario insolito ed è entrata per capirne il motivo. Quando ha raggiunto l’altare ha però trovato il sacerdote nudo insieme alla due attrici mentre registravano un film a luci rosse.

La donna ha raccontato che le attrici erano vestite da dominatrici e l’altare era stato riempito di sex toys. Secondo quanto riporta il Daily Mail, tutti e tre sono stati arrestati per atti osceni in luogo pubblico. Potrebbero rischiare dai 6 mesi fino a 3 anni di carcere se dovessero essere condannati per oscenità. Il sacerdote intanto è stato sospeso dall’arcidiocesi.

Sesso e religione, in un modo o nell’altro, marciano sempre in coppia.

 

Al Nord vive il 43% delle persone povere in Italia, ma questa parte del Paese intercetta solo il 20% della copertura del reddito di cittadinanza. Il resto va al Sud. Perché? Perché i requisiti di accesso al reddito non coincidono con quelli sui quali si calcolano le soglie di povertà. Queste ultime cambiano con il variare del costo della vita nelle diverse aree d’Italia. Invece i criteri per ottenere il sussidio sono uguali ovunque.

 

[11 ottobre] Forza Italia. Covid-19. Portogallo, razzismo. Marco Solimano. Banca mondiale

 

Cento giovani si sono autosospesi da Forza Italia a Torino e provincia perché si lamentano che la dirigenza da anni privilegia solo personaggi dei “cerchi magici” dei vertici. E se ne frega di quanti, quotidianamente, con grande impegno, rappresentano sul territorio il partito.

Sinceramente non pensavo neppure che gente come Berlusconi, Tajani, Gelmini, Brunetta, Gasparri, Carfagna, Bernini e altre totali nullità, di un partito con 100mila iscritti, potessero avere a loro disposizione dei giovani militanti. Infatti di questi giovani non sanno che farsene.

 

Ci rendiamo conto che le sue maggiori scoperte scientifiche Newton le fece nel biennio 1665-66, quando, a causa della peste che stava devastando tutta l’Inghilterra, fu costretto a lasciare il Trinity College di Cambridge? E noi stiamo lì a protestare in piazza per l’uso della mascherina! Aguzziamo piuttosto l’ingegno e cerchiamo di uscirne migliori di prima. Hegel diceva che il positivo viene fuori solo dal negativo. La negazione della negazione è una legge universale e necessaria.

 

“O crescita o declino”. Questo lo slogan che al momento va per la maggiore. Ma se l’indice della crescita è solo quello del PIL, allora è meglio la decrescita. Che poi sia felice o infelice dipende solo da noi. Il Covid avrebbe dovuto indurci a capire che nella vita è più importante la qualità della quantità, ma evidentemente un virus non basta.

 

Negli ultimi mesi c’è stata una preoccupante crescita delle aggressioni razziste d’estrema destra in Portogallo, il che conferma che i messaggi d’odio stanno alimentando tattiche più aggressive, che prendono di mira i difensori dei diritti umani che appartengono a minoranze etniche.

D’altra parte alle elezioni dell’ottobre 2018 l’estrema destra ha fatto la sua ricomparsa col partito Chega (Basta), il cui leader André Ventura ha ottenuto un seggio in Parlamento con appena l’1,26% dei voti. Lo stesso è avvenuto in Spagna col partito Vox.

Ventura ha affidato a ex militanti neonazisti incarichi dirigenziali nel suo partito. Ha anche chiamato “zingara” una candidata rivale e ha auspicato una “drastica riduzione” delle comunità musulmane in Europa. Il suo programma dà molto spazio alla lotta contro il crimine, solitamente attribuito ai rom e agli afroportoghesi.

È tutta retorica, poiché in realtà i dati del governo mostrano che il crimine in Portogallo è calato del 20% negli ultimi 12 anni.

Il movimento Black lives matter sta cercando di aprire un dibattito sul razzismo in Portogallo, una questione che non è mai stata affrontata nel periodo della decolonizzazione cominciata dopo la Rivoluzione dei garofani del 1974. Ventura è il principale avversario di questa iniziativa.

Resta tuttavia preoccupante che, nonostante l’aumento delle denunce di atti di discriminazione e incitamento all’odio e alla violenza, le condanne tra il 2014 e il 2018 sono state solo tre.

Il fatto è che i portoghesi si sentono profondamente offesi quando viene detto loro che vivono in una società strutturalmente razzista. Si sentono insultati personalmente.

Articolo su “Internazionale” 8 ottobre 2020.

 

A Livorno l’amministrazione del PD guidata dal sindaco Salvetti ha nominato nel ruolo di Garante dei diritti dei detenuti Marco Solimano, un ex terrorista dell’organizzazione “Prima Linea” che, dalla seconda metà degli anni ’70, si è resa protagonista di 39 delitti con 16 uccisi e che ha contato negli anni quasi mille inquisiti. Solimano ha già scontato la sua pena.

Fratelli d’Italia, con il suo capogruppo in Consiglio comunale Andrea Romiti e il presidente regionale del dipartimento legalità Lorenzo Baruzzo, insieme alle associazioni vittime del terrorismo hanno denunciato questo fatto, giudicandolo gravissimo.

E perché? Dobbiamo ancora restare fermi agli anni ’70? Ricordo che nel 1970 il Segretario del MSI, Giorgio Almirante, querelò l’Unità perché lo aveva accusato di essere stato un fucilatore di partigiani: il tribunale però diede ragione al giornale. Eppure nessuno impedì ad Almirante di fare il segretario di partito. E poi quanti fascisti conservarono il loro posto nella burocrazia italiana dopo che Togliatti favorì l’amnistia, scatenando numerose proteste da parte dell’associazionismo partigiano?

Fratelli d’Italia ha un minimo di etica o è solo un partito che cerca pretesti per opporsi al PD?

 

Sulla rivista “Internazionale” (n. 1378) c’è un art. sulla Banca mondiale piuttosto preoccupante. Dice che l’indice Doing business di questa Banca (una classifica che elenca i Paesi dov’è più facile fare l’imprenditore) è fasullo e danneggia molto i Paesi in via di sviluppo.

Dopodiché elenca tutta una serie di gravi manchevolezze.

1. La maggior parte dei cambiamenti nella classifica dei Paesi viene influenzata dall’orientamento politico dei governi, i quali vengono penalizzati se sono di sinistra.

2. L’indice sulla “facilità di fare impresa” induce i governi a gareggiare per migliorare la posizione in classifica del loro Paese, nella speranza di attirare più investimenti stranieri e aumentare la loro credibilità sul fronte interno. I politici così fanno volentieri ricorso a misure disperate per beffare il sistema di valutazione.

3. Il Doing business si sbaglia così tanto perché, invece di analizzare un Paese nel suo complesso, si occupa solo delle leggi dei governi.

4. Restano fuori alcune norme che hanno un impatto sulle imprese, come quelle finanziarie, ambientali e sulla proprietà intellettuale.

5. L’indice non considera le condizioni e le politiche macroeconomiche, l’occupazione, la criminalità, la corruzione, la stabilità politica, i consumi, le disuguaglianze e la povertà.

6. L’indice si concentra interamente sulla “facilità” di fare impresa e sui costi che le leggi comportano per le aziende e non prende in considerazione i benefici di queste norme o il fatto che possano determinare un ambiente nel complesso migliore per le aziende.

7. L’indice considera le tasse solo come un costo e non una fonte di entrate che possono essere usate per creare benefici economici come infrastrutture o manodopera qualificata.

8. L’indice non vede di buon occhio le regolamentazioni: meno regole ha un Paese, migliore è la sua posizione in classifica. Quindi di fatto indebolisce il progresso sociale e promuove la disuguaglianza, perché incoraggia i Paesi a ridurre le forme di protezione per l’impiego, a ridurre i contributi previdenziali più bassi e a favorire una più bassa tassazione per le aziende.

Insomma la Banca mondiale provoca solo danni. E il suo slogan “Lavoriamo per un Mondo Libero dalla Povertà” è una presa in giro. Ricordiamoci che il presidente di questa Banca è nominato dal governo degli USA, che rappresentano il più grande azionista della stessa Banca.

 

[12 ottobre] Covid-19.

 

Perché la Francia per sanare i disastri del Covid ha bisogno soltanto di 100 miliardi di euro, mentre noi più del doppio?

Perché l’Italia non funziona? Che sia colpa del debito pubblico? Che sul PIL quest’anno si avvicina al 160%, di cui il 30% è detenuto da istituzioni europee. Siamo facilmente ricattabili.

Oppure da noi la mangiatoia è molto più grande? E per accontentare tutti non basta aggiungere un posto a tavola...

 

[13 ottobre] Vaticano. Norvegia. Democrazia parlamentare. Fratelli d’Italia

 

Apparentemente la curia romana sembra essere una sorta di associazione di liberi professionisti indipendenti, in cui ciascuno fa un po’ quel che gli pare, mentre il papa pensa solo a pregare e a celebrare messa. Quando si concludono affari di centinaia di milioni di euro quest’ultimo non viene nemmeno consultato.

Eppure la Chiesa Cattolica è la più centralizzata e gerarchica delle istituzioni esistenti al mondo. Il monarca che la guida è dotato di poteri immensi e assoluti e la curia è il principale apparato organizzativo al suo diretto servizio.

Possibile che il papa non sappia mai nulla di quel che accade nelle stanze del Vaticano?

 

La Norvegia non è membro dell’Unione Europea, ma fa parte del mercato unico grazie all’accordo sullo spazio economico europeo (che include anche Islanda e Liechtenstein).

Il governo norvegese dà ingenti somme di denaro a quindici Paesi membri dell’Unione economicamente più deboli, tra cui Ungheria e Polonia. Negli ultimi anni però il governo è diventato sempre più esigente per quanto riguarda gli standard richiesti sui diritti umani e sullo stato di diritto per accedere ai fondi erogati.

Nel 2014, p.es., decise di sospendere tutte le sovvenzioni dirette all’Ungheria – 214 milioni di euro – per i successivi sette anni, dopo che il governo del primo ministro ungherese Viktor Orbán aveva usato un trattamento disumano nei confronti dei migranti. A febbraio di quest’anno ha congelato l’erogazione di 65 milioni di euro che avrebbero dovuto finanziare un progetto relativo a tribunali e carceri polacche, a causa della sempre più marcata perdita d’indipendenza del potere giudiziario in Polonia. A settembre ha escluso da un programma di 100 milioni di euro le città polacche che lo scorso anno avevano vietato “l’ideologia LGBT” (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender), così definita dalle autorità locali.

La particolare attenzione della Norvegia al rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto, e la rapidità della sua azione sanzionatoria ha messo ancora più in evidenza la debolezza dell’Unione Europea, che negli ultimi anni ha mostrato grandi difficoltà a prendere misure altrettanto efficaci.

Per avere un senso etico delle cose bisogna star fuori della UE? Possibile che ogni volta che si pone il problema di garantire lo stato di diritto vi siano molti Stati che temono pressioni e ingerenze da parte delle istituzioni europee?

Ma c’è di più. Il governo norvegese dal 2013 è guidato da Erna Solberg, del Partito Conservatore. Ecco un bel esempio di come si può avere una destra normale e non becera come la nostra.

 

Al Senato il governo rischia di perdere la maggioranza assoluta ora che 5 senatori sono risultati positivi e sono a casa in quarantena. Peraltro tre dei sei senatori a vita: Giorgio Napolitano, Carlo Rubbia e Renzo Piano partecipano raramente alle votazioni: è una delle assurdità dell’istituto del senatore a vita. E i cambi di gruppo pesano. Al Senato il governo deve ricorrere continuamente alla fiducia. Già alla Camera è mancato per due volte il numero legale a causa dell’assenza di 41 deputati della maggioranza positivi al virus.

Alla destra non importa nulla che a causa del Covid il Paese si trovi in uno stato di emergenza. Anche se si devono votare importanti decreti di economia e finanza e di scostamento di bilancio, piuttosto minaccia di espellere chiunque si schiererà a favore del governo.

Questa è la politica. Si ragiona solo in termini di schieramento. Quando dicono: “sono gli italiani a volerlo”, “dobbiamo fare gli interessi del Paese”... sanno benissimo di mentire. Questa totale mancanza di etica da dove viene fuori?

È la democrazia rappresentativa parlamentare, quella che impedisce agli elettori di controllare gli eletti, che crea questi mostri? Solo quando si tratta di riavere i vitalizi si trovano tutti d’accordo. Perché il presidente della Repubblica non interviene?

 

Fratelli d’Italia supera il Movimento 5 Stelle nei sondaggi e diventa – virtualmente – il terzo partito italiano, dietro a Lega e Partito Democratico.

Agli italiani piace la dittatura. E deve essere di destra, perché i valori fondamentali restano Dio, Patria e Famiglia. Poi dicono che la Chiesa è superata.

E non gliene frega niente se la Meloni ha il 75% di assenze in Parlamento. Tanto il Parlamento è solo un bivacco di manipoli.

Da questo punto di vista fanno ridere quanti vorrebbero tornare al proporzionale. Il rischio che il Paese sia nelle mani di pochi era già una realtà quando esisteva il proporzionale. Gli esempi si sprecano: P2, Gladio, NATO, Stato-mafia, servizi segreti deviati, stragi di Stato rimaste senza mandanti, Stato-Vaticano, tangentopoli, omicidi di Stato come quelli di Moro, Pecorelli, Ambrosoli... Viviamo nella corruzione, nell’intrigo, nell’illusione della democrazia sin da quando lo Stato nazionale si è formato, e prima ancora lo eravamo negli Stati regionali dei Principati e delle Signorie. È la borghesia, bellezza! Il potere del denaro che si è sostituito a quello dell’ideologia religiosa e del privilegio del sangue blu.

 

[14 ottobre] Luca Palamara. Vaticano, caso Becciu

 

Nel corso di un incontro coi giornalisti Luca Palamara, l’ex presidente dell’Anm, radiato qualche giorno fa dalla magistratura, ha parlato dei magistrati politicizzati. Queste le sue parole: “L’allarme lanciato da Berlusconi sulla politicizzazione della magistratura non era infondato”. Poi ha aggiunto: “Io non sono stato mai contro qualcuno nella mia carriera, mai. E questo lo dico per tranquillità dei cittadini. Io non sono stato un magistrato politicizzato, al di là di quello che può emergere dalle chat, ma ho cercato sempre di battermi per l’affermazione di una giustizia giusta”.

Chi può credere a queste parole? Soprattutto chi può credere che Berlusconi non avrebbe fatto di tutto per avere la magistratura dalla sua parte? Davvero i cittadini possono stare tranquilli di fronte a questo marciume?

 

Carlo Bonomi, il turbopresidente di Confindustria, nel suo ultimo libro, Il coraggio del futuro, dice volere un “mercato del lavoro più libero e leggero”, che in sostanza si traduce in licenziamenti più facili, facendo sempre meno ricorso al giudice del lavoro e sostituendo i diritti con compensazioni economiche.

Detto altrimenti: “i licenziamenti non devono costituire più un evento traumatico ma devono essere vissuti dal lavoratore in un quadro di garanzie tali da renderlo un possibile momento fisiologico della vita lavorativa”. In particolare “lo smart working può essere un terreno ideale per portare avanti questa maturazione culturale”.

I lavoratori maturi sono quelli che non avanzano pretese. Chiaro? Naturalmente il sogno della Confindustria e di Bonomi è il lavoro a cottimo, definito “lavoro in purezza come creatività, sempre più orientato al risultato”.

Andando avanti così, torneremo ai tempi di Marx.

 

È stata arrestata a Milano, con un ordine di cattura internazionale, Cecilia Marogna, denominata la dama del cardinale Angelo Becciu. La 39enne, titolare di una società di missioni umanitarie con sede in Slovenia, avrebbe ricevuto 500mila euro dalla Segreteria di Stato, per volontà dell’allora sostituto Angelo Becciu, al quale il Papa ha recentemente tolto i diritti connessi al cardinalato (ricordiamo che Becciu, nella gerarchia vaticana, era praticamente il numero 3, un papabile).

Ufficialmente il denaro elargito da Becciu a Marogna aveva lo scopo di sostenere missioni umanitarie in Africa e in Asia. Ma i soldi sono stati usati per rinnovare il guardaroba e l’arredamento di casa: borse, scarpe, accessori lussuosi, tra i quali una costosissima poltrona in pelle. L’accusa nei confronti di Marogna è peculato per distrazione di beni. La donna, che ufficialmente ricopriva il ruolo di analista geopolitico e consulente relazioni esterne per la Segreteria di Stato-sezione affari generali, sarà estradata e messa a disposizione dell’autorità giudiziaria vaticana.

La quale autorità, in questi casi, non le farà assolutamente nulla. Altrimenti quelli parlano e dal vaso di Pandora esce il finimondo. Infatti la donna ha già ammesso legami con faccendieri in odore di servizi segreti, coinvolti nei misteri dell’ultimo mezzo secolo. Come Flavio Carboni, contattato per avere informazioni sulla storia dell’Anonima sequestri. Lei è sarda. Ma anche con Francesco Pazienza, il collaboratore del Sismi negli ’70 e ’80. Nel 2010 era già stata denunciata per appropriazione indebita, mentre nel 2002 per furto: precedenti di cui Becciu sarebbe stato all’oscuro.

Becciu ha fatto sapere di sentirsi “truffato” e pronto a sporgere denuncia nei confronti della signora. Ha però ammesso che la Marogna aveva costruito “una rete di relazioni in Africa e Medio Oriente per proteggere Nunziature e Missioni da rischi ambientali e da cellule terroristiche”. Cosa voleva dire con questo linguaggio criptico, tipico del clero, solo il Padreterno lo sa.

 

[15 ottobre] Lega. Irene Pivetti. Grecia, Alba Dorata. Italia e Francia, Covid-19

 

Le indagini sui fondi della Lega prendono la strada verso l’est Europa. Gli inquirenti stanno stringendo il cerchio verso un oligarca ucraino, il cui nome si intreccia ai 49 milioni spariti dalle casse del Carroccio.

L’imprenditore e politico ucraino, già coinvolto in altre vicende giudiziarie, legate a società occultatrici di bonifici, è il protagonista della più enigmatica operazione segnalata come sospetta da Bankitalia e finita nelle indagini delle Fiamme Gialle.

Nel luglio 2018 il notaio Angelo Busani bonifica a un collega milanese 18 milioni e 700 mila euro. E il secondo professionista ne gira subito una parte, 17 milioni e 800 mila euro, su un conto elvetico della Bailican Ltd di Cipro. Società detenuta al 99,9% da Sergii Tigipko. Busani era stato intercettato cinque anni prima mentre discuteva con l’avvocato di Roberto Maroni del patrimonio della Lega e dei metodi per proteggerlo dai sequestri giudiziari.

Ecco a cosa ha portato la fine del socialismo reale: a diventare “capitalisti reali”. Comunque questo ci ha fatto capire che essere o non essere federalisti, ai fini della democrazia reale, è del tutto indifferente.

 

Il Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Milano ha eseguito un sequestro preventivo da 1,2 milioni di euro a carico di Leonardo Isolani, della moglie e della figlia, indagati nell’indagine, che ipotizza i reati di riciclaggio ed evasione fiscale e che coinvolge l’ex presidente della Camera Irene Pivetti.

Nel giugno 2020 il nome di Leonardo Isolani era comparso a fianco di quello di Irene Pivetti nell’inchiesta legata alla fornitura di mascherine alla Protezione Civile per l’emergenza Covid-19. Ma l’accostamento risale a fatti di quattro anni prima, altro filone di inchiesta per presunta evasione fiscale da parte di Isolani e la moglie. Leo Isolani, titolare di una società con sede a San Marino e indebitata con il Fisco per diversi milioni di euro, avrebbe venduto, attraverso una società intermediaria, molti beni, fra cui 3 Ferrari, a una terza società di Hong Kong riconducibile a Irene Pivetti. Quest’ultima avrebbe poi rivenduto i beni a un’impresa cinese. Sotto la lente ci sono i flussi finanziari relativi a tali operazioni commerciali che risalgono al 2016. Anche perché nei vari passaggi i valori dei beni oggetto di compravendita sarebbero stati gonfiati.

Ora le indagini delle Fiamme Gialle hanno permesso di accertare “una complessa condotta di riciclaggio posta in essere da sette indagati”, tra cui appunto la Pivetti. È emerso che Isolani e la moglie avrebbero “simulato la vendita di tre Ferrari della loro società, operante nel settore dell’organizzazione di eventi sportivi” per “sottrarle alle procedure esecutive da parte dell’Erario conseguenti al mancato pagamento di debiti tributari”.

I due imprenditori invece sarebbero rimasti in possesso delle auto, continuando a svolgere la loro attività non più in Italia ma nelle isole Canarie. Beneficiaria della vendita simulata, stando alle indagini, sarebbe stata una società di Hong Kong che, dopo l’acquisto ad un prezzo di poco più di un milione di euro, ha rivenduto le autovetture ad un’altra società di Hong Kong. Nelle varie fasi dell’operazione di riciclaggio sono coinvolti anche la figlia di Isolani, un notaio e due imprenditori (di cui uno cinese).

Ci sono già state perquisizioni a carico della Pivetti, indagata per riciclaggio e che gestisce il gruppo Only Italia.

 

Alba Dorata è un partito politico greco di estrema destra – dalle idee neonaziste e xenofobe – che esiste dal novembre del 1993, ma che è diventato rilevante dopo la crisi finanziaria del 2008, riuscendo anche a risultare il terzo partito del Paese nelle elezioni del 2015.

Oggi sei leader sono stati condannati a 13 anni di carcere dal tribunale di Atene. Il processo, iniziato nel 2015, riguardava 68 gli imputati, tra cui 18 parlamentari. Altri ex parlamentari del partito sono stati condannati a pene dai cinque ai sette anni, sempre per aver fatto parte di un gruppo considerato criminale.

Le accuse erano relative ad alcuni omicidi, al ferimento di diverse persone con armi di vario tipo, a ripetuti attacchi contro immigrati, omosessuali e attivisti di sinistra e minoranze etniche presenti in Grecia. Giorgos Roupakias è stato condannato all’ergastolo per aver ucciso il rapper di sinistra Pavlos Fyssas.

Alla nostra destra più becera manca solo un delitto: il resto è uguale.

 

In tutta Italia sono oltre 200 gli esposti e le denunce sul problema del Covid-19 contro il governo.

La cosa curiosa è che da un lato c’è chi l’accusa d’aver fatto troppo poco nella lotta al virus, ipotizzando i reati di epidemia colposa e di delitto contro la salute pubblica. Dall’altro c’è chi gli addebita misure sproporzionate con il lockdown, ipotizzando quindi abuso d’ufficio e attentato contro i diritti del cittadino. Generalmente la Procura di Roma, cui le denunce vengono girate per competenza territoriale, le trasmette al Tribunale dei Ministri, accompagnandole con una richiesta di archiviazione perché ritenute infondate.

In Italia, patria del diritto, ci si diverte così. La destra spera addirittura di far cadere il governo andando nelle Procure. Si è disposti a sostenere qualunque cosa pur di avere il potere. Si è sempre a un passo dalla guerra civile. Noi che all’estero siamo apprezzati per la nostra diplomazia...

 

Il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato in diretta tv un coprifuoco nelle regioni di Parigi (Ile-de-France), Marsiglia, Lille, Grenoble, Lione, Tolosa, Rouen, Aix-en-Provence e Saint-Etienne per 4 settimane, prorogabile fino al primo dicembre.

Il coprifuoco dovrebbe scattare dalle 21 alle 6 del mattino. In quella fascia oraria non sarà possibile né uscire né visitare o ricevere amici. Chi violerà il coprifuoco riceverà una multa di 135 euro. Per i casi recidivi fino a 1.500 euro. Questo perché vi sono stati 22.591 nuovi casi positivi al Covid-19 nelle ultime 24 ore. I decessi sono stati 104 e il totale ha superato quota 33.000.

Se Conte avesse detto una cosa del genere, l’avrebbero arrestato. L’avvocato Taormina l’ha già chiesto per molto meno.

Ma Taormina chi? Quello che s’è beccato una condanna per aver affermato che non vorrebbe mai come collaboratori delle persone gay? Proprio lui. Quello condannato a dieci mesi per aver falsificato un atto in un processo per diffamazione? Sempre lui.

È che da noi gli italiani, quelli soprattutto che hanno i soldi, quelli abituati a fare gli spacconi non sopportano le istituzioni, e rispettano le leggi solo formalmente. Salvo poi invocare i poteri forti di un duce, che risolve tutto come nei fumetti di Superman.

 

[16 ottobre] Covid-19.

 

Continua a salire il numero di operatori sanitari positivi al Covid. Soltanto nell’ultimo mese sono 2.396, per un totale di 33.587. A luglio ne erano morti 172.

Questa cosa è poco spiegabile oggi, visto che dovrebbero essere i più protetti di tutti, dopo le amare esperienze del lockdown.

 

“La maggior parte dei contagiati esprime una forma di malattia molto blanda, probabilmente perché la carica virale del Sars-CoV-2 è molto bassa. Le mascherine stanno svolgendo un ruolo fondamentale. Bloccano il virus o nella peggiore delle ipotesi ne riducono la trasmissione e questo fa sì che chi si infetta non riporti gravi danni”. Così Francesco Le Foche, immunologo clinico dell’Università La Sapienza, al “Corriere della Sera”, che ha inoltre precisato: “Sì, è vero, entrano più pazienti ma altrettanti vengono dimessi in buona salute. La situazione è sotto controllo. Le uniche difficoltà riguardano le persone positive che devono restare in reparto, in quanto non hanno abitazioni sicure dove trascorrere l’isolamento. Servono in questa fase degli alloggi alternativi, in modo da non ridurre la disponibilità dei posti letto che devono restare liberi. Le Regioni si devono attrezzare”. Insomma “dobbiamo aspettare la primavera, attrezzando gli ospedali meglio di quanto sia stato fatto fino a oggi, e considerando anche che il Covid si mischierà con l’influenza”.

 

[17 ottobre] Alessandro Di Battista. Computer quantistici. Fukushima. Charlie Hebdo

 

Mi ha colpito il punto 32 dell’Agenda 2020-30 di Alessandro Di Battista: Legge sulla prevenzione del suicidio.

Messa così, senza alcuna motivazione, pare una boutade, nonostante la serietà dell’argomento.

Certo, sarebbe una bella cosa che chi istiga qualcuno al suicidio venisse considerato al pari di un assassino. Solo che bisognerebbe specificare prima i tanti casi in cui ciò può avvenire.

In astratto potremmo dire che nessuno può essere indotto a vivere una vita così degradante e umiliante da indurlo a uccidersi. Ma che fare quando sono i poteri economici o politici a spingere a un gesto così estremo? In questi casi una legge non potrebbe certamente sostituire la necessità di compiere una rivoluzione politica che abbatta il sistema.

 

I nuovi computer quantistici saranno in grado di sviluppare farmaci in un battibaleno, ottimizzeranno facilmente qualunque problema logistico, saranno in grado di prevedere qualunque disastro naturale e faranno altre meraviglie: dalla modellazione finanziaria ottimale all’esplorazione del funzionamento dell’universo. E basterà parlarci, senza usare la tastiera, come nei film di fantascienza.

I bit quantistici (o qubit) saranno in grado di eseguire un gran numero di calcoli contemporaneamente: problemi complessi verranno risolti in pochi minuti. Il team di Google ha progettato un algoritmo in grado di eseguire un’analisi in 200 secondi su un piccolo processore quantistico, che richiederebbe al supercomputer più potente di oggi circa 10.000 anni per funzionare.

Ma affinché questi qubit facciano il loro lavoro, centinaia di fili connettivi devono essere infilati dentro e fuori dal frigorifero criogenico dove avviene il calcolo quantistico, a temperature inferiori a pochi kelvin sopra lo zero assoluto, che corrisponde a -273,15 °C!!!

Insomma per stare davanti a una macchina del genere non basterà vestirsi neppure come gli esquimesi.

 

Il governo giapponese è pronto a riversare in mare l’acqua contaminata utilizzata per raffreddare gli impianti danneggiati nella catastrofe nucleare di Fukushima.

Non gli importa un fico secco delle associazioni locali dei pescatori che temono un crollo della domanda di prodotti marini della regione e per le ripercussioni ambientali e sanitarie sull’intera area geografica.

Il governo assicura che l’acqua usata per raffreddare gli impianti è stata filtrata usando un sistema avanzato di trattamento dei liquidi, capace di estrarre 62 dei 63 elementi radioattivi presenti.

L’unico elemento rimasto intonso è il trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno.

In attesa che qualcuno creda in questa super-efficienza nipponica, il sushi ve lo mangiate voi. Anche perché il trizio, prima di decadere, ci mette 246 anni.

 

Aveva 18 anni il killer che ha decapitato un professore liceale di storia in una banlieue di Parigi. Nato a Mosca, era di origine cecena. Era già noto alla polizia per reati comuni ma non era mai stato arrestato e non era sospetto di radicalizzazione, anzi beneficiava dello status di rifugiato. Aveva saputo, tramite i social network, che il professore aveva mostrato vignette satiriche sul profeta Maometto durante una lezione sulla libertà d’espressione.

Fra le nove persone in stato di fermo ci sono due genitori di studenti del professore ucciso che avevano già avuto una lite con lui sulle caricature di Maometto mostrate in classe.

L’aggressore avrebbe urlato “Allah akbar”. Aveva un giubbetto esplosivo e – con il coltello ancora in mano dopo la decapitazione – si sarebbe diretto verso i poliziotti, minacciandoli. Gli agenti gli hanno intimato di fermarsi, inutilmente, poi hanno aperto il fuoco, uccidendolo.

Armi da fuoco (al plurale) contro un’arma bianca e loro si sentivano minacciati. Ormai è un classico e non solo in Francia.

Il professore aveva mostrato in classe agli studenti le caricature di Maometto fatte dalla rivista “Charlie Hebdo”. Alcuni genitori avevano segnalato il professore alla dirigenza scolastica. Non è da escludere che non fosse stato preso alcun provvedimento disciplinare.

D’altra parte le istituzioni sanno di avere dalla loro parte lo stesso presidente della Repubblica Emmanuel Macron, il quale infatti, recatosi sul luogo, ha affermato: “Voglio dire a tutti gli insegnanti di Francia, che siamo con loro, la nazione tutta intera sarà al loro fianco oggi e domani per proteggerli, per permettere loro di fare il loro mestiere che è il più bello che esista”. Poi ha aggiunto, con tono paternalistico: “Il terrorista ha voluto abbattere la Repubblica nei suoi valori, i Lumi, la possibilità di fare dei nostri figli dei cittadini liberi”. Infine il tono si è fatto minaccioso: “Faremo quadrato, non passeranno, l’oscurantismo e la violenza non trionferanno, non ci divideranno”. E naturellement ha promesso “atti di fermezza” contro il terrorismo, cercando così di rafforzare non la democrazia ma il proprio potere autoritario.

Non si spiega infatti perché il presidente di una nazione che ha tra il 5% e il 10% di islamici al proprio interno insista nel dire due idiozie così macroscopiche: la prima che la vittima esercitava la libertà d’espressione, la libertà di credere e quella di non credere; la seconda che ha subìto un chiaro attentato terroristico islamico.

Queste parole sono altamente irresponsabili. Distorcono il concetto di democrazia, che include anche quello di rispettare chi la pensa diversamente, e istigano alla guerra civile, in quanto attribuiscono azioni terroristiche a una intera categoria di credenti.

Si prenda piuttosto atto del fatto che la Francia ha il più grande numero di musulmani nell’Europa occidentale proprio in forza del colonialismo di lunga durata che essa ha praticato in forme aberranti in buona parte del continente africano.

 

Alle molte obiezioni che da varie parti sono state fatte a questo post ho risposto così: Si può sparare prima alle gambe, ma chissà perché non lo fanno mai. Anzi da noi erano le BR che gambizzavano. Quanto all’Islam, non credo sia peggio dell’ebraismo dei sionisti. Se consideriamo che l’islam ha solo 1400 anni, direi che il cristianesimo ha fatto molti più danni, soprattutto dopo che ha sponsorizzato la nascita della civiltà borghese. Tutte le guerre mondiali e molte di quelle regionali sono state causate da Stati che considerano il cristianesimo migliore di qualunque altra religione. I cristiani oggi non usano sgozzare ma solo perché la tecnologia permette di usare altri mezzi (dagli embarghi commerciali a quelli tecnologici, fino all’uso di bombe al fosforo, all’uranio impoverito ecc.). Il modo di uccidere dei terroristi islamici indica il primitivismo della loro cultura, ma noi cristiani occidentali, con tutta la nostra tecnoscienza, possiamo fare ben di peggio. Loro uccidono per difendere Allah e Maometto. Noi lo facciamo in nome dei diritti umani e della democrazia rappresentativa. Tutte le religioni sono oppio dei popoli. Non esistono religioni migliori di altre. Esistono solo culture più ipocrite di altre, che sfruttano le religioni per causare guerre di rapine delle risorse altrui e noi occidentali in questo siamo degli specialisti. Il problema dell’Islam è che fanno della loro religione un modo per essere antioccidentali. Non riescono a costruire un’alternativa al capitale al di fuori della loro religione. Di qui il loro primitivismo. Noi siamo più sofisticati: siamo stati capaci di unire il cristianesimo alla democrazia formale della borghesia e in questa maniera siamo riusciti a dominare il mondo. Se ci pensiamo, quelli dell’ISIS o di Al Qaeda rappresentano quello che in Europa era stata la Controriforma. Son cose che prima o poi finiscono, perché a livello mondiale l’unico vero Dio a comandare è il Capitale, oggi in forma sempre più finanziaria. Se vogliamo indurre gli islamici a diventare atei non possiamo prendere in giro la loro fede. “Charlie Hebdo” era solo un giornale scandalistico privo di qualunque eticità. Ma quello che mi meraviglia è che Macron soffia sul fuoco. È chiaro che vuol portare la tensione a livelli tali da giustificare una repubblica dittatoriale. Ci vuole moderazione e lui non ce l’ha. Guarda come si comporta in Libia. Anche far diventare tolleranti i francesi è un’impresa: nelle loro scuole, per es., non accettano studenti che possano indossare qualcosa che li qualifichi come appartenenti a una religione. Gli arabi atei sono passati dall’8% nel 2013, al 13% nel 2019. In Tunisia si è arrivati al 35% di laici, mentre in Libia, Algeria e Marocco la percentuale si attesta rispettivamente su 25, 13 e 12%.

 

[18 ottobre] Nicolas Sarkozy. Covid-19

 

L’ex presidente della Repubblica francese Nicolas Sarkozy è stato incriminato per associazione a delinquere: avrebbe ricevuto finanziamenti illeciti durante la campagna elettorale del 2007, che portò poi alla sua rielezione: soldi non dichiarati provenienti dalla Libia e dall’ex presidente libico Muammar Gheddafi.

Ma non fu Sarkozy a inaugurare la fine di Gheddafi con un attacco aereo diretto contro le forze terrestri attorno a Bengasi nella prima guerra libica nel 2011?

Ma che c’entra: l’amicizia personale è una cosa, il petrolio tutt’un’altra. Perché Berlusconi nei confronti di Gheddafi non fece la stessa cosa? La politica non è sporca solo per i finanziamenti occulti ma anche perché sugli interessi vitali tradisce subito.

Lo stesso governo francese di Macron non è forse accusato da tempo di portare avanti una politica molto ambigua in Libia? Da un lato appoggia privatamente il maresciallo Khalifa Haftar, che ha lanciato un’offensiva militare contro Tripoli; dall’altro dice di riconoscere il governo legittimo del primo ministro Fayez al Serraj.

Se in Libia scoppierà la terza guerra civile (la seconda fu nel 2014) di chi sarà la principale responsabilità?

 

Nel periodo maggio-settembre 2020, confrontato con gli stessi mesi del 2019, l’incidenza dei nuovi poveri per effetto dell’emergenza Covid è passato dal 31% al 45%: quasi una persona su due che si rivolge alla Caritas lo fa per la prima volta.

Tra le file degli assistiti sono arrivati anche i piccoli commercianti e i lavoratori autonomi. Se durante questa pandemia non avessimo avuto il reddito di cittadinanza ci saremmo ritrovati davanti a una rivolta sociale.

A causa degli effetti negativi del Covid rischiamo di bruciare 160 miliardi di PIL: infatti nella più rosea previsione il PIL di quest’anno dovrebbe scendere, rispetto al 2019, del 10% circa. È come se il Veneto fosse stato in lockdown per tutto l’anno.

È peggio del 2009, annus horribilis dell’economia italiana del dopoguerra. Allora il PIL scese del 5,5% e il tasso di disoccupazione, nel giro di due anni, passò dal 6 al 12%.

Soprattutto per ristorazione, tempo libero e turismo si prevedono tempi molto bui.

Se non si ripensano gli stili di vita che conduciamo e se non si affrontano i problemi sulla base dell’equità sociale, sarà bene prepararsi al peggio.

 

[19 ottobre] Alessandro Di Battista. Olanda, eutanasia. Argentina, nuovi confini

 

Nell’Agenda 2020-30 di Alessandro Di Battista recita il punto 2: “Servizio civile ambientale: programma di lavoro giovanile per la difesa del territorio. I cambiamenti climatici aumenteranno il rischio idrogeologico. Il Servizio civile ambientale consente di investire in prevenzione, difendere il territorio attraverso la messa in atto del piano nazionale per l’adattamento al cambiamento climatico...” ecc.

Bella idea. Bisogna però riempirla di contenuti. P.es. riforestare la nazione e ampliare i parchi naturali. Organizzare percorsi didattici per le scuole al fine di far capire l’importanza della tutela ambientale. Diffondere l’uso dell’orticoltura, permettendo l’affitto di terre incolte. Indurre i centri commerciali ad adottare dispenser che il cliente può gestire in proprio per acquistare acqua, vino, olio, aceto, latte, shampoo, sapone liquido, detersivo, liquido igienizzante, ecc. evitando così l’uso della plastica e del vetro. Una volta esistevano dispenser pure per i grani di caffè, che uno poi macinava in casa. Bei tempi quelli!

 

Il governo olandese ha trovato un accordo per estendere la legge che permette l’eutanasia anche ai bambini malati terminali di età compresa tra 1 e 12 anni, naturalmente previo consenso dei genitori, oltre che il parere favorevole di almeno due medici. Questo perché i medici che li hanno in cura temono di avere problemi legali nel proporre cure che potrebbero in qualche modo avvicinarne la morte. Attualmente per i bambini con malattie terminali ed età compresa tra 1 e 12 anni medici e genitori possono seguire solo due strade: quella delle cure palliative, che hanno il solo fine di dare sollievo dalla sofferenza fisica, e quella della sospensione dell’alimentazione artificiale. Ma anche con la sospensione delle cure, per un bambino con una malattia terminale allo stadio più avanzato possono passare giorni o anche settimane prima del decesso.

I Paesi Bassi sono stati il primo Paese al mondo a rendere legale l’eutanasia, per i soli maggiorenni e con condizioni molto rigide, nel 2002. Il primo Paese a legalizzare l’eutanasia anche per i minorenni è stato il Belgio, nel 2014: il primo caso di eutanasia su un minorenne avvenne nel 2016.

Resta da capire se si possa praticare l’eutanasia a pazienti con problemi psichiatrici, non malati terminali. In Olanda lo fanno se la richiesta parte dallo stesso paziente. Ne è stato eliminato uno che era affetto da una grave forme di autismo, che l’aveva portato più volte a tentare il suicidio. Come lui altri 110 con gravi disturbi mentali sono stati sottoposti a eutanasia in Olanda tra il 2011 e il 2014. In 37 casi i medici hanno somministrato l’eutanasia nonostante i pazienti avessero rifiutato cure potenzialmente benefiche. In 7 casi i medici non hanno chiesto una perizia psichiatrica indipendente, come raccomanda invece l’associazione degli psichiatri olandese. In 66 casi i medici che li avevano in cura non erano tutti convinti che ci fossero i presupposti legali per farlo. In ogni caso adesso anche in Canada si sta discutendo su come applicare una sentenza della Corte Suprema che ha sancito il diritto a una “morte medicalmente assistita” nel caso di “patologie mediche dolorose e incurabili”. Un gruppo di esperti ha già richiesto che la sentenza sia estesa ai disturbi mentali.

In Italia tutto questo è tabù. La parola “eutanasia” non si può neppure pronunciare, perché viene costantemente legata ai nazisti, che l’applicavano ai disabili. Di conseguenza molti vanno in Svizzera. Eppure ognuno avrebbe diritto a cosa fare del proprio corpo, soprattutto quando, in un modo o nell’altro, non gli permette di vivere un’esistenza normale, dignitosa. Non ha senso che i medici o i parenti gli impediscano di esercitare questo diritto solo perché lui non ha la possibilità di esercitarlo da solo. La medicina non può assumere il ruolo della teologia, né i parenti quello del carceriere.

 

Il 21 settembre il presidente argentino Alberto Fernández ha diffuso una mappa in cui il territorio del Paese risulta quasi raddoppiato rispetto a prima: 1,7 milioni di chilometri quadrati, un’area tre volte quella della Francia. L’Argentina ora si estende tra il Sudamerica e l’Antartide, dal Tropico del capricorno al Polo sud. Il suo territorio include alcune delle aree di pesca, e forse anche di estrazione di petrolio e gas. Di questo territorio fanno parte le isole Falkland, che gli argentini chiamano Malvine. Nel 1982 Londra combatté una guerra per espellere le forze armate argentine, che avevano invaso le Falkland. Che succederà ora?

La nuova mappa ufficiale ingloba anche la Georgia del Sud e le Isole Sandwich Australi (un altro territorio britannico d’oltremare). I britannici sono interessati soprattutto alle risorse marine. Vi rinunceranno? Conoscendoli, è assai dubbio. L’Argentina non è la Cina, cui il Regno Unito ha dovuto cedere Hong Kong nel 1997.

 

[20 ottobre] Rapporto Coop 2020. Italia, riciclaggio. Alessandro Di Battista. Charlie Hebdo

 

Il Rapporto Coop 2020 su Economia, consumi, e stili di vita degli italiani afferma che, durante la pandemia, siamo stati costretti, da un lato, a dare più peso al lavoro, allo studio e agli acquisti online, ma dall’altro a riscoprire l’importanza di certe materie prime per il cibo fatto in casa, al punto che i consumi fuori casa sono crollati di tre decenni. Cioè in pratica la casa è diventata un salvagente dove c’è la riscoperta del cibo fatto a mano e dove, complice la paura per la propria salute, aumenta l’attitudine alla sicurezza alimentare.

Sul fronte dell’economia gli italiani mostrano d’essere i più pessimisti d’Europa: il 38% pensa di dover far fronte nel 2021 a seri problemi economici e tra questi il 60% teme di dover intaccare i propri risparmi o di essere costretto a chiedere un aiuto economico a governo, amici, parenti o banche.

Il Covid ci ha riportato a un PIL pro-capite della metà anni ’90. Addirittura la spesa in viaggi ricorda quella di 45 anni fa, cioè del 1975. Ad abbandonare l’idea pianificata di avere un figlio è il 36% dei giovani tra 18 i 34 anni, col rischio di perdere 30 mila nascite nel 2021. Ricordiamocelo quando impediremo agli immigrati di entrare nel nostro Paese.

Matrimoni, trasferimenti, acquisti di case e aperture di nuove attività figurano tra i progetti rinviati o cancellati, scelte che hanno coinvolto in totale l’84% di italiani. Balzano però in avanti lo smartworking (+770% rispetto a un anno fa), l’e-grocery (+132%), la digitalizzazione nella sfera privata ma anche nelle attività professionali (didattica, servizi, sanità). Alla spesa alimentare gli italiani non rinunciano e solo il 31% dichiara di voler acquistare prodotti di largo consumo confezionato più economici (l’anno scorso era il 50%). Insomma si inverte la tendenza rispetto alla fuga dai fornelli registrata negli scorsi anni. Di qui una forte crescita nelle vendite degli ingredienti base (+28.5%).

Lo sviluppo della green economy, infine, è una delle tendenze, con gli italiani al primo posto in Europa (il 27%) per acquisto di prodotti sostenibili ed ecofriendly.

Gli italiani sono ecologisti solo quando di mezzo c’è il mangiare sano. Dovrebbero pretendere di più. Dovrebbero arrivare a capire che l’ecologia è più importante dell’economia (lo dice persino il papa!). E che per quanto riguarda l’economia non si può vivere solo alle dipendenze dei mercati. Là dove è possibile cercare un’alternativa (autoproduzione, autoconsumo, autogestione di risorse locali), bisognerebbe essere più determinati.

 

Quasi 2 milioni di tonnellate di imballaggi in legno hanno attraversato l’Italia nel 2019 per essere riciclati. Con oltre 120mila viaggi di autotreni all’anno, 480 al giorno, hanno raggiunto i centri di riciclo dove cassette di legno per la frutta e la verdura, pallet e vecchi mobili sono diventati nuovi prodotti, a partire dai pannelli truciolari, linfa vitale per l’industria del mobile.

È questo l’esempio concreto di economia circolare raccontato dai nuovi dati di “Rilegno”, il consorzio ambientale per il recupero e il riciclo degli imballaggi.

Questa economia circolare vede l’Italia all’avanguardia in Europa, con una quota di riciclo del 63,11%, più del doppio del target fissato dall’Unione Europea per il 2030, pari al 30%. E ha creato una nuova economia che genera un impatto economico di circa 1,4 miliardi di euro (che salgono a 2 miliardi considerando oltre al recupero e riciclo anche il riutilizzo), 6 mila posti di lavoro e soprattutto un risparmio nel consumo di CO2 di quasi un milione di tonnellate, anche se con tutti quei camion che viaggiano per il Paese alcuni dati sarebbero da rivedere.

Dicono che questa paralisi mondiale dovuta al Covid-19 ci costringe a ripensare i nostri stili di vita a tutti i livelli, orientandoli ai valori e ai principi della sostenibilità, della protezione dell’ambiente e dell’ecosistema in cui viviamo.

Secondo me però una vita ecosostenibile non può dipendere soltanto da questo riciclo industriale degli scarti (derivati dal legno e da qualunque altro prodotto). Noi dovremmo arrivare a chiederci in che misura possiamo vivere un’esistenza in cui gli scarti siano ridotti al minimo. Il problema cioè è a monte. Noi dovremmo sfruttare di più l’emergenza del Covid per non ritornare tranquillamente ai tradizionali stili di vita quando la pandemia sarà finita.

 

Nell’Agenda 2020-30 scritta da Alessandro Di Battista viene detto al punto 3: “Incentivi pubblici per chi – anche grazie alle opportunità di smart working – intende lasciare le grandi città e ripopolare i centri urbani scarsamente abitati.”

Io avrei tolto le parole tra le due lineette. Cioè avrei detto: per chi vuole allontanarsi dalla città e vivere un’esperienza di autoproduzione in campagna, lo Stato metterà in atto delle agevolazioni di varia natura.

Al giorno d’oggi, infatti, sarebbe una gran cosa poter uscire, per quanto possibile, dalle dinamiche infernali dei mercati, dai costosi e spesso antiecologici stili di vita che conduciamo nelle città. Non ha mai avuto senso che per far funzionare un sistema occorre consumare più del necessario. Eppure l’abbiamo sempre fatto.

Dobbiamo ripensare profondamente i concetti di comodità, benessere materiale, velocità, status symbol, intelligenza artificiale... Siamo enti di natura e dobbiamo vivere nel rispetto delle leggi della natura.

 

Il ministro francese dell’Interno, Gérald Darmanin, ha chiesto la chiusura della moschea di Pantin, alle porte di Parigi, in risposta all’assassinio dell’insegnante Samuel Paty. I responsabili della moschea avevano riconosciuto di aver diffuso il video in cui un padre di famiglia si lamentava della scelta del prof ucciso di mostrare agli alunni le caricature della rivista “Charlie Hebdo” nei confronti di Maometto.

Fanno a gara a chi si comporta peggio. Gli uni, invece di allontanarsi dal giustizialismo del singolo, lo giustificano. L’altro, invece di stemperare la tensione tra culture diverse, l’acuisce.

Il colpevole è già stato ammazzato. Ora bisognerebbe evitare il ripetersi non solo del gesto ma anche dell’istigazione a compierlo.

Che senso ha fare della laicità una nuova fede? una nuova ideologia? Non ne abbiamo avuto abbastanza delle guerre di religione o degli scontri di civiltà? Se milioni di credenti son disposti a morire pur di difendere i loro princìpi, che senso ha provocarli a farlo? Cosa risolse l’impero romano a perseguitare i cristiani? Laicità e religione devono confrontarsi sul rispetto dei valori umani, sulla capacità di affrontare i bisogni sociali, su temi e problemi comuni. Bisogna dimostrare nei fatti il valore della propria cultura. Ironia e sarcasmo non sono gli strumenti migliori per confrontarsi.

Il governo francese deve smettere di giustificare l’operato della rivista “Charlie Hebdo” e di chi la sostiene e la divulga. La libertà di espressione non può includere l’offesa dei sentimenti altrui, la denigrazione oscena delle altrui convinzioni. Chi difende queste cose sta cercando un pretesto per far scoppiare la guerra civile, per realizzare un governo dittatoriale, per attribuire a una determinata categoria di persone il fallimento di un sistema sociale, di uno stile di vita. Abbiamo già visto queste cose con l’antisemitismo. Non abbiamo bisogno che si ripetano con l’antislamismo.

 

Su questo post ha risposto Ivano Marescotti: Ma che dici? Libertà condizionata e limitata da religiosi fanatici in nome di che? Posso scherzare su Gesù, dio e la Madonna e non sulle altre credenze religiose tipo Allah, Maometto, Manitou, Budda ecc per paura? Per malinteso rispetto ma in effetti per paura. Siamo dunque già fottuti a questo punto da rinunciare ai principi fondamentali della libertà, della cultura umanistica e laica?

Mia risposta: Il fatto che tu, in quanto ateo (e anch’io lo sono), voglia scherzare su Gesù, Dio e la Madonna non ti autorizza a farlo su Maometto, Allah e quant’altri. Laicità vuol dire rispettare le idee altrui, evitando di toccare argomenti sensibili che facilmente scatenano reazioni scomposte. A meno che gli argomenti non vengano affrontati con l’obiettività della cultura, della scienza, non con le volgarità di una rivista oscena come “Charlie Hebdo”, che immagino tu abbia visto. Dobbiamo vivere in società sempre più pluri-confessionali, dove la laicità deve mostrare d’essere una cultura superiore proprio perché non si richiude in se stessa, ma è disposta ad accettare le diversità di fedi ed opinioni.

Sua replica: La libertà prevede che si possa scrivere il proprio pensiero liberamente rispettando la legge. E non su imposizione di sette religiose qualunque. Cedere su questo è cedere e arrendersi per la paura e non per il rispetto ipocrita delle religioni. La civiltà conquistata da secoli di storia si caga ad sotto perché un idiota minaccia sfracelli. E ci mancherebbe altro. Je suis Charlie Hebdo. A prescindere dai gusti. E se dico parca Madonna in pubblico la legge prevede una multa amministrativa da 30 a 300 euro circa. Che, ora che l’ho scritto, mi attendo che qualcuno lo esiga. (E non che mi venga a tagliare la testa. E non pagherei la multa perché ho scritto parca Madonna che è finta bestemmia, anzi un elogio. È ironia, non sancibile... Vale pure per Maometto? Cioè parco Maometto si può dire? O neanche l’ironia è ammessa per paura non di offendere quella religione, ma di essere decapitato?).

Mia risposta: Non tutto quello che è permesso dalla legge è moralmente lecito. Non tutto quello che è vietato dalla legge è moralmente sbagliato. La legge permette la blasfemia? Ma tu sai che è meglio non offendere i sentimenti dei credenti, perché di sicuro non è questo il modo per indurli a diventare atei. La legge in Francia vieta che gli studenti portino simboli o abbigliamenti che qualifichino la loro appartenenza religiosa, ma tu sai benissimo che per la psicologia adolescenziale questo può aiutare a darsi un’identità (laica o religiosa non importa).

Persino nel peggiore socialismo reale la Costituzione vietava di offendere chicchessia per l’atteggiamento che aveva nei confronti della religione. La fede è una questione di coscienza e, per quanto noi consideriamo qualunque religione una forma di superstizione, ognuno deve risolvere da solo le proprie contraddizioni esistenziali. E non lo farà certamente se si sentirà un perseguitato, anzi, tenderà a diventare ancora più fanatico.

Sua replica: Le religioni sono tutte uguali e vanno considerate in modo uguale. Credenti o non. E non a seconda che una sia più pericolosa. A parità di espressione se uno è permaloso, pazienza, sopporti. Se uno è pericoloso e minaccia, viene perseguito e punito. Non mi censuro per paura. Lo denuncio. Se no siamo fottuti. Anche il crocifisso nei luoghi pubblici è violenza e offesa di altre religioni e degli atei, è un sopruso e dove lo vedo mi permetto di prenderlo in giro (si tratta di un cadavere appeso nelle aule scolastiche. Se Cristo fosse morto impiccato ci sarebbe una forca appesa al muro con un uomo penzoloni appeso per il collo. Insomma un obbrobrio). Viva la libertà.

Mia risposta: A parte che essere blasfemi contro una qualunque religione non va a vantaggio della laicità ma della stessa religione, che così tenderà ad autogiustificarsi e a radicalizzarsi, cioè a non accettare alcun confronto con l’ateismo o l’agnosticismo, e noi avremo perso un’occasione per portare i credenti a diventare non credenti in maniera pacifica e naturale. A parte questo c’è da dire che l’islam si è affermato in territori che in epoca moderna sono stati oggetto del colonialismo europeo, gestito da Stati cristiani (in primis anglo-francesi ma anche italiani, belgi, tedeschi, ispano-portoghesi, olandesi). Quelli non sono credenti solo per vocazione o tradizione, ma anche perché contro l’Occidente. E non sono venuti a vivere da noi spontaneamente ma perché indotti da circostanze sfavorevoli, la causa delle quali generalmente dipende da noi, che non vogliamo rinunciare ai nostri privilegi coloniali di tipo economico. Pertanto ci andrei cauto con questi credenti, anche per motivi politici. Non sono loro che sbeffeggiano Gesù Cristo, considerato un grande profeta. Non capisco perché debba farlo “Charlie Hebdo” con Maometto.

Sua replica: …perché noi rispondiamo a concetti di libertà e libera espressione. La libertà di parola non è censurabile. Se guardando il gruppo di cardinali a conclave mi viene da dire che è una carnevalata, lo posso dire. E questo per ogni religione, o modello sociale. Ognuno poi, singolarmente, ha sensibilità diverse su ogni politica società, religione, sesso ecc. Semplice.

Mia risposta: In una qualunque società la libertà di espressione non è mai assoluta ma sempre limitata da regole condivise. Chi non accetta le regole dovrebbe vivere in un’isola con gente che la pensa come lui. Se i figli dei genitori islamici immigrati avessero a che fare a scuola con docenti intolleranti nei confronti dell’Islam, che in classe facessero vedere vignette blasfeme, come farebbero a emanciparsi dalla cultura dei loro genitori?

 

[21 ottobre] Alessandro Di Battista. Germania, islam. Francia, islam. Censura preventiva. Tecnoscienza. Italia, economia

 

Scrive Alessandro Di Battista nella sua Agenda 2020-30 al punto 15: “Sostegno alle imprese in crisi che decidono di ristrutturarsi garantendo ai lavoratori di concorrere alle gestione delle stesse (socializzazione delle imprese).”

Mi chiedo: perché dobbiamo socializzare solo le imprese in perdita, quelle che per tornare in attivo devono ristrutturarsi e da sole non ce la fanno, per cui hanno bisogno di finanziamenti pubblici?

Io avrei proposto di socializzare (non statalizzare!) tutte le imprese, in quanto i mezzi produttivi che garantiscono la sopravvivenza alle comunità non possono restare in mano ai privati.

Subito dopo però avrei posto all’ordine del giorno la compatibilità della nostra tecnoscienza rispetto alle esigenze riproduttive della natura. Infatti socializzare i mezzi produttivi per continuare a devastare la natura non ha davvero alcun senso.

 

È accaduto in Germania: un tribunale amministrativo dello stato del Baden-Württemberg ha stabilito che a un medico musulmano, di origini libanesi, non andava concessa la cittadinanza dopo che aveva negato la stretta di mano a una donna cui doveva consegnare un certificato. Il medico vive in Germania dal 2002: ha ricevuto qui la sua educazione medica e ora lavora come medico senior in una clinica. Ha chiesto la cittadinanza attraverso la naturalizzazione nel 2012, accettando di firmare una dichiarazione di fedeltà alla Costituzione tedesca e denunciando l’estremismo.

Secondo il tribunale il suo rifiuto era chiaramente una provocazione perché vedeva la donna come “una minaccia di seduzione sessuale”: i giudici hanno spiegato che l’ottenimento della cittadinanza tedesca avrebbe implicato per il richiedente il seguire i valori stabiliti dalla Costituzione, che sancisce l’uguaglianza sessuale.

La stretta di mano, secondo i giudici, è un saluto che esiste indipendentemente da sesso o stato sociale, e sebbene ci siano altri tipi di saluti riconosciuti in Germania come il bacio o il “batti il cinque”, la stretta di mano ha un’importanza speciale anche dal punto di vista formale, perché utilizzata per sancire accordi legali o transazioni commerciali.

Davvero ridicoli questi giudici: in nome dell’uguaglianza di genere negano una comune usanza che ha motivazioni religiose. Sembrano dei razzisti alla rovescia. Non lo sanno che nel mondo islamico è vietato dare la mano al sesso opposto che non appartenga alla propria ristretta cerchia familiare? Quanti altri casi abbiamo già avuto in Europa? Ormai tutti i pretesti sono buoni per negare la cittadinanza. Anche la pretesa di dichiararsi non estremista non è ridicola? Chiedono forse la stessa cosa ai loro neonazisti?

L’ignoranza nei confronti delle culture non occidentali ormai è scandalosa al giorno d’oggi. Se invece d’essere un islamico quel medico fosse stato un ateo cinese come ci saremmo comportati? Non lo sappiamo che tra di loro, se non si è parenti stretti, è vietato toccarsi? Si è mai visto un genitore abbracciare o baciare il proprio figlio davanti a tutti? Si toccano forse la testa tra di loro? Solo i genitori, i nonni e altri parenti anziani possono toccare le teste dei loro piccoli parenti, e solo fino a che non crescono. Puoi forse abbracciare o mettere un braccio intorno alle spalle di un cinese? Per esprimere un sentimento di affetto ti sorridono ma non ti toccano. Che facciamo? Li rimandiamo tutti a casa?

 

Il rettore di Al Azhar, lo sceicco Ahmed al Tayeb, ha reagito con stizza al recente discorso pronunciato dal presidente francese Emmanuel Macron sul “separatismo islamista”, definendolo “razzista”.

Al Azhar è l’antica istituzione islamica con sede al Cairo, generalmente considerata come la massima autorità sunnita.

Lo sceicco ha avanzato una richiesta ben precisa: l’adozione di una legge mondiale contro la “diffamazione delle religioni e dei loro simboli sacri”.

In altri termini, l’omicidio non è accettabile (in riferimento al docente Samuel Paty), ma non lo sono neanche le caricature di Maometto.

Da notare che è con Al Tayeb che papa Bergoglio ha riallacciato nel 2016 il dialogo tra cattolici e musulmani, interrotto sotto Benedetto XVI, ed è sempre con lo sceicco che il papa ha firmato l’anno scorso un “documento sulla fratellanza umana”.

Macron sta alimentando la convinzione nel mondo che vede la Francia ostile non solo all’islam radicale ma anche all’islam nel suo complesso.

 

Su questo post ha reagito Ivano Marescotti (attore, regista teatrale e drammaturgo): Paragonare un omicidio a una caricatura di un personaggio storico o leggendario (che sia un re, un campione di ciclismo, la Madonna, Zeus, un Papa, Gesù Cristo o un religioso qualsiasi) è una bestialità medievale inaccettabile.

Mia risposta: Il problema è che noi sappiamo che se gli tocchi certi argomenti per loro vitali, quelli reagiscono così. Quindi dovremmo evitarlo. Non vorrai fare scoppiare una guerra civile in nome della libertà di espressione? Ci sono tante altre cose che insieme si possono affrontare.

Sua replica: Questa è forte! In nome della libertà di espressione si fanno le guerre, civili e pure mondiali. Anzi si devono fare. Non c’è altra ragione per vivere.

 

Massimo Mantellini nel suo blog ha detto che Twitter e Facebook, da tempo in grande affanno sulle faccende che riguardano fake news e altre forme di disinformazione a casa loro, sono cresciute e prosperate grazie alla famosa Section 230 del CDA del 1996, che prevede l’assenza di responsabilità diretta delle piattaforme sui contenuti postati dagli utenti.

Sia Biden che Trump hanno dichiarato in più occasioni di voler modificare quel comma.

Mi chiedo: può esistere tra adulti una censura preventiva, che filtri a priori i contenuti dei messaggi che si vogliono trasmettere? Secondo me no. Sarebbe una forma di dittatura, una sorta di insopportabile paternalismo.

Semmai è giusto dire che se qualcuno dimostra la falsità o la pericolosità o la violazione di qualche legge o l’indegnità morale di qualche affermazione, questa dovrebbe essere rimossa, specificandone i motivi. Anzi si dovrebbe in qualche modo sanzionare chi l’ha formulata, poiché se anche uno non l’ha fatto intenzionalmente, ha comunque il dovere di controllare la veridicità di ciò che dice. E in ogni caso dovrebbe sempre citare la fonte.

L’importante è che uno capisca i limiti entro cui muoversi. La libertà assoluta non esiste.

 

Un bell’articolo di Ferdinando Boero sul “Fatto quotidiano” del 18 Ottobre 2020 reca il titolo “Quando la scienza è una religione, la fede diventa pericolosa”.

Gli scienziati che studiano gli ecosistemi e la biodiversità (ecologi, zoologi, botanici) dicono: non possiamo crescere all’infinito e dobbiamo cambiare stile di vita, stiamo mettendo a rischio la nostra sopravvivenza.

Altri scienziati sviluppano invece nuove tecnologie, in grado di permettere una crescita senza fine. Le soluzioni proposte per mantenere la crescita consistono in pratiche agricole sempre più efficienti, con organismi geneticamente modificati per crescere in fretta e resistere ai parassiti o ai veleni che usiamo per distruggere i parassiti stessi. Queste pratiche prevedono che la biodiversità sia sradicata e che, al suo posto, crescano soltanto le specie che soddisfano i nostri bisogni immediati. Una minima conoscenza di come funzionano gli ecosistemi dovrebbe far capire che le cose non possono andare in questa direzione.

L’articolista si meraviglia che l’ecologia non sia una formale materia di insegnamento, pur essendo la disciplina che ci spiega meglio come funziona il mondo vivente e quali sono i rapporti tra le specie, inclusa la nostra.

Le Nazioni Unite, intanto, pubblicano documenti che denunciano il rischio che un milione di specie si estingua nei prossimi 30 anni.

Nonostante questo la fiducia che la scienza possa risolvere i problemi permane in molte porzioni della popolazione. Addirittura alcuni scienziati propongono di risolvere il problema dell’esaurimento delle risorse trasferendoci su altri pianeti.

Ecco, questo è scientismo: la scienza diventa una religione. Lo scientismo si è manifestato anche col progetto genoma, quando ci promisero che tutti i problemi sanitari sarebbero stati risolti una volta decodificato il nostro patrimonio genetico.

L’articolista nega che una sola branca della scienza possa farci capire “tutto”, e che la tecnologia possa risolvere “tutto”. Pensa che la tecnoscienza venga vissuta come una forma di religione. Dalla terra promessa siamo ora al pianeta promesso e, ovviamente, alla crescita eterna, senza limiti. Verso l’infinito e oltre!

Avrebbe anche potuto aggiungere che l’ecologia è diventata più importante dell’economia perché quest’ultima è stata una scienza che la classe borghese ha imposto al genere umano, senza preoccuparsi minimamente delle conseguenze sulla natura. Oggi siamo arrivati a un punto che persino la rivendicazione della sinistra di socializzare la proprietà dei mezzi produttivi non ha più senso se non si rimette in discussione la forma tecnologica di questi mezzi.

 

Tra la crisi finanziaria mondiale, scoppiata nel 2008 e durata una decina d’anni, e questa catastrofica pandemia sul piano economico, noi, se non fossimo in Europa, saremmo morti.

Per quest’anno i numeri del bilancio pubblico italiano sono agghiaccianti:

– il PIL che cala del 9%;

– il deficit che schizza a 178 miliardi di euro (una enormità rispetto ai 29 miliardi di deficit del 2019) per finanziare alcuni provvedimenti di emergenza;

– il rapporto debito/PIL che passa dal 134,8% al 158%.

Tra la fine del 2019 e lo scorso settembre il debito pubblico è passato da 2.410 a 2.578 miliardi di euro, con un incremento di 168 miliardi di euro. Non tutto questo maggior debito è stato speso, poiché il Tesoro l’ha usato in parte per incrementare di ben 67,8 miliardi di euro le proprie “disponibilità liquide” (una sorta di salvadanaio).

Unica consolazione: lo spread si è praticamente azzerato.

La BCE ha acquistato nostri titoli di Stato per 142,8 miliardi: quindi il mercato ha dovuto coprire appena 25,3 miliardi di emissioni nette (meno dei 29 miliardi dell’intero 2019).

Certo, così siamo diventati un Paese debolissimo, che dipende dalla BCE. L’alternativa però è la bancarotta. Lo sanno i sovranisti?

 

[22 ottobre] Francia, islam. USA e Cina. Vittorio Sbarbi. Gemelle Kessler. Bergoglio, omosessualità. Russia, Covid

 

Il ministro francese dell’Interno, Gerald Darmanin, ha annunciato che nel corso di questa settimana 51 associazioni, comprese scuole religiose e moschee, saranno ispezionate dalle forze dell’ordine. Soltanto lunedì le autorità hanno perquisito 40 individui e associazioni sospetti e aperto indagini su 80 persone che, sui social network, avevano espresso sostegno alla decapitazione di Paty. Saranno inoltre espulse 231 persone con doppia cittadinanza, francese e di un altro Paese. Cioè verranno espulse delle persone già cittadine francesi solo per un reato di opinione!

Darmanin avrebbe detto: “Dobbiamo smettere di essere naïf, non c’è riconciliazione con l’Islam radicale”.

Accidenti, meno male che è stato ammazzato un docente da un ragazzo sconosciuto! Se uno dell’ISIS avesse sgozzato un politico, ai francesi neanche Giovanna D’Arco avrebbe risparmiato una guerra civile.

Infatti il ministro ha detto, tradendo le vere intenzioni che da tempo il governo cova in seno, che le perquisizioni e i controlli non sono necessariamente legati all’uccisione di Paty: quella del governo è un’iniziativa generale contro l’islam radicale. In cui però – poteva anche aggiungere – ci rimetterà chiunque risulti un minimo sgradito alle istituzioni. Di qui la necessità di chiudere, seppur temporaneamente, la moschea di Pantin, nel sobborgo parigino di Seine-Saint-Denis. Infatti La pagina Facebook della moschea aveva pubblicato un video in cui condannava Samuel Paty per aver mostrato le vignette su Maometto, dicendo che l’insegnante diffondeva un messaggio di “odio”. Il video era stato cancellato poche ore dopo l’assassinio del docente, e il direttore della moschea si era scusato di averlo condiviso, perché non pensava che potesse scatenare una reazione così estrema.

Macron ha annunciato inoltre lo scioglimento di Cheikh Yassine, un’associazione vicina a Hamas, il gruppo radicale palestinese. Ma ne ha in mente altre due: il Collettivo contro l’islamofobia in Francia (CCIF) e BarakaCity, una no profit islamica. Inoltre vuole promulgare una legge per costringere gli islamici ad accettare tutti i valori della Repubblica francese, rinunciando al proprio fondamentalismo. Come se una cosa del genere potesse essere fatta ope legis. Siamo alla follia. Macron sta dicendo le stesse cose di Marine Le Pen, leader populista di destra. Vuole addirittura limitare fortemente l’istruzione a casa dei bambini islamici, rendendo obbligatorio non solo che tutti vadano a scuola, ma anche che la scuola inculchi con la forza i valori della Repubblica, anche a costo di farlo usando la lingua araba. Non è forse questo il modo migliore per far diventare il laicismo una nuova religione?

Saranno ampliate inoltre le ragioni ammesse per lo scioglimento di associazioni e organizzazioni: non più soltanto reati come razzismo o antisemitismo, ma anche l’attentato alla dignità della persona o pressioni fisiche o psicologiche. Macron sta facendo dell’islam quello che appariva il cristianesimo al tempo dei Romani.

Insomma è evidente che tra immigrati islamici e francesi i rapporti sono alle corde. Vien da chiedersi se ciò dipenda da quella religione in sé (nel senso che il governo non ha intenzione di fare differenza tra islam radicale e moderato), oppure dal fatto che in Francia han superato la soglia massima di immigrati entro la quale è possibile convivere pacificamente.

Per la cronaca: in Francia il totale degli immigrati è di circa il 9% della popolazione. In Italia poco più dell’8%.

Vorrei capire però perché in Canada, Paese occidentale e capitalistico come quelli europei, con una percentuale di quasi l’11% di immigrati, non succede nulla di tutto questo. Eppure lì hanno 34 gruppi etnici con più di 100.000 persone ciascuno, e di questi gruppi ben 10 hanno più di 1.000.000 di persone!

 

Su “Internazionale” un bell’articolo di Pierre Haski sui rapporti tra Cina e USA (21 ottobre 2020).

Questa settimana la Cina festeggia il settantesimo anniversario del suo ingresso nella guerra di Corea, nel 1950. Per Pechino la volontà di onorare i vecchi combattenti si aggiunge a quella di inviare un messaggio bellicoso a due potenziali avversari, gli Stati Uniti e Taiwan.

Nella guerra di Corea, tra il 1950 e il 1953, si affrontarono per la prima volta nel XX sec. gli eserciti cinese e americano.

Il messaggio dell’attuale governo è piuttosto esplicito: “abbiamo combattuto quando eravamo deboli e poveri, dunque non esiteremo a combattere ancora oggi”.

Gli eventi del 1950 hanno infatti assunto le forme del mito. All’epoca, l’esercito americano del generale MacArthur aveva salvato l’esercito sudcoreano dalla sconfitta coi comunisti del nord, e avanzava verso la frontiera cinese.

Ma nella notte del 19 ottobre 1950 Mao diede l’ordine a 250mila soldati cinesi di attraversare le acque gelate del fiume Yalu, prendendo di sorpresa le truppe statunitensi. Fu una carneficina, anche se i cinesi erano equipaggiati nettamente peggio degli americani. Mao aveva puntato sui numeri e aveva vinto, pur con pesanti perdite, compresa quella di suo figlio.

Nelle settimane successive gli statunitensi furono costretti ad arretrare fino all’attuale linea di demarcazione tra le due Coree. Per MacArthur fu una mezza sconfitta. Furioso, il vincitore della guerra nel Pacifico chiese a Washington l’autorizzazione a sganciare una bomba atomica sulla Cina. Il permesso fu negato e il generale fu sollevato dall’incarico.

Ora la Cina potrebbe approfittare della confusione dovuta alle elezioni negli Stati Uniti per lanciarsi all’assalto di Taiwan, anche se il rapporto di forze è ancora largamente favorevole agli americani.

Ormai da settimane Pechino aumenta la pressione sull’isola, rivendicata come propria sin dal 1949, in cui si affermò la rivoluzione di Mao.

La Repubblica Democratica Cinese di Taiwan è semi-presidenziale, monocamerale e pluripartitica con oltre 22 milioni di abitanti. È dotata di un governo democraticamente eletto, di un esercito e di tutti i crismi di uno Stato indipendente, fatta eccezione per il riconoscimento internazionale, in quanto vari Paesi non la riconoscono, mentre altri non riconoscono la Cina: Swaziland, Isole Marshall, Nauru, Palau, Tuvalu, Belize, Guatemala, Haiti, Honduras, Nicaragua, Saint Kitts e Nevis, Saint Vincent e Grenadine, Santa Lucia, Paraguay.

Da quando Taiwan perse il suo seggio alle Nazioni Unite in qualità di rappresentante della “Cina” nel 1971 (sostituita dalla Repubblica Popolare Cinese), la maggior parte degli Stati del mondo hanno spostato il loro riconoscimento diplomatico alla RPC, ammettendo che quest’ultima è la sola rappresentante legittima di tutta la Cina, anche se molti evitano deliberatamente di affermare chiaramente quali territori debba includere la Cina comunista.

Il che non impedisce a Taiwan di mantenere relazioni diplomatiche ufficiali con molti Stati sovrani.

La cosa curiosa è che, con la rielezione del KMT (Partito Nazionalista Cinese) al potere esecutivo nel 2008, il governo di Taiwan afferma che “la Cina continentale è parte del territorio della Repubblica Democratica Cinese”. È curiosa perché le domande della RDC di ammissione alle Nazioni Unite sono state respinte per 16 volte fin dai primi anni 1990.

 

L’associazione Patto Trasversale per la Scienza, fondata da Roberto Burioni e Guido Silvestri, ha presentato un esposto penale contro Vittorio Sbarbi per le sue gravi affermazioni negativiste circa la pericolosità del virus e sulle modalità di diffusione del contagio. Cioè egli avrebbe diffuso notizie false rispetto alla prevenzione e ridicolizzato le misure di contenimento adottate dal Governo. Uno non può diffondere proclami che incitano ad abbassare la guardia verso un’infezione così pericolosa.

Era ora che qualcuno lo denunciasse. Nel suo Comune, in cui è sindaco, ha persino disposto di multare chi porta la mascherina senza averne la necessità. Si lamenta dello Stato autoritario e lo fa lui! In Cina l’avrebbero fatto marcire in galera. Lui naturalmente avrebbe obiettato che quella è una dittatura. Ma a volte vien da chiedersi se non sia meglio una dittatura all’anarchia di certi soggetti così egocentrici, abituati a fare i loro comodi...

 

Le gemelle Ellen e Alice Kessler, storiche soubrette del varietà degli anni ’70, vogliono essere conservate in un’unica urna. È questa la disposizione che le due signore di 82 anni hanno lasciato scritta nel loro testamento. “Io e Ellen vogliamo che le nostre ceneri vengano mischiate un giorno con quelle di nostra madre e possano essere conservate tutte e tre insieme”, ha detto Alice Kessler a “Bild”.

Toccante questa decisione. Da condividere.

Poi però ha aggiunto: “L’urna comune fa risparmiare spazio. Al giorno d’oggi si dovrebbe risparmiare spazio ovunque. Anche al cimitero”.

Qui è la tedesca che parla. Quindi a monte della decisione non vi è nulla di sentimentale, ma solo un’esigenza di razionalità.

Un po’ squallido, bisogna ammetterlo.

 

“Gli omosessuali hanno il diritto di far parte di una famiglia. Sono figli di Dio e hanno diritto a una famiglia”: lo ha detto papa Bergoglio in un documentario a lui dedicato a firma di Evgeny Afineevsky. “Quello che dobbiamo fare è una legge sulle unioni civili. In questo modo sono coperti legalmente”, ha aggiunto.

Perché è arrivato a dire questo? Perché i figli delle coppie gay non possono frequentare le parrocchie. Cioè dietro c’è un interesse. Però è un enorme passo avanti da parte di un pontefice. Anche se non ha detto che i gay credenti possono sposarsi in chiesa. Ha semplicemente detto al Parlamento che deve fare una legge sulle unioni civili. Sì, è un po’ curioso questo modo di considerare la laicità dello Stato. D’altra parte cosa ci possiamo fare se tanti parlamentari non fanno nulla che la Chiesa non voglia. Sembra di stare in un Paese islamico o ebraico. Con la differenza che nei loro parlamenti vengono eletti anche i sacerdoti. Perché, Baget Bozzo non fu eletto due volte nel Parlamento europeo? Sì ma siccome era iscritto al PSI di Craxi fu sospeso a divinis dal cardinale Siri, che gli aveva detto: “il clero non può assumere cariche politiche o istituzionali senza esplicito permesso”. Insomma gli mancava il permesso. In teoria non si potrebbe.

A parte questo, se la Chiesa permette ai gay di sposarsi, seppur solo in civile, non si capisce perché continui a imporre ai sacerdoti il celibato a vita.

Curioso il commento di Salvini: “Rispetto le parole del Santo Padre e non mi permetto di commentarle” (quando però “Charlie Hebdo” sbeffeggia Maometto, questo rientra nella libertà di espressione). “A me interessa che non ci vadano di mezzo i bambini che abbiano una mamma e un papà, che vengano adottati da una mamma e un papà”. Cioè cosa voleva dire? Sembra quasi una minaccia. Cosa c’entrano i bambini delle coppie eterosessuali? C’entrano, perché potrebbero scandalizzarsi vedendo altri bambini che hanno due genitori dello stesso sesso. Infatti i figli dei cattolici sono ideologizzati come i loro genitori!

Infine ha concluso con un’espressione indegna di un politico: “Poi la sera ognuno faccia quello che vuole”. Che tradotto eticamente voleva dire: permettiamo ai gay di avere rapporti contronatura (la sera!) ma non dovrebbero avere figli.

Parole nauseabonde.

 

In Russia si sono registrati 317 decessi provocati dal Covid-19 nelle ultime 24 ore: il massimo dall’inizio dell’epidemia. I contagi nel corso dell’ultima giornata sono 15.700 e fanno salire a 1.447.335 il totale dei casi di Covid-19 finora accertati nel Paese di circa 144 milioni di abitanti. Stando ai dati ufficiali, in Russia 24.952 persone sono decedute a causa del morbo.

Ma come, non sono stati loro i primi ad aver prodotto un vaccino? Delle due l’una: o era tutta propaganda oppure il virus è così mutevole che un vaccino non serve a niente. Allora a che pro i russi ne hanno prodotto un altro? Dicono che l’uso di mascherine e distanziamento abbassa già di mille volte la carica virale del SarsCov2. Accontentiamoci.

Questo virus è incredibile. Sembra stia testando l’efficienza dei governi di tutto il mondo. E sotto questo aspetto i migliori sono i cinesi. Da loro nessuna nuova infezione da Covid-19 trasmessa a livello locale è stata segnalata, a parte gli 11 casi provenienti dall’estero, dei quali però nessuno è morto.

Adesso però aspettiamoci che qualcuno dica che il governo cinese mente sempre o che, per fermare la pandemia, adotta misure dittatoriali che nessun Paese occidentale potrebbe accettare.

Intanto la Cina si è già ripresa sul piano economico. Noi invece siamo alla canna del gas. Anche da questo si può facilmente capire che il testimone del capitalismo privato occidentale sta per essere consegnato al socialismo mercantile cinese. Anche Trump l’ha capito, che infatti ha aperto un proprio corrente in quel grande Paese. Che poi sbraiti contro Biden, accusandolo d’essere un socialista, è davvero ridicolo. Le ultime esperienze di socialismo in America le hanno vissute al tempo degli indiani.

 

[23 ottobre] Medjugore. Amelia Leonardo Pimpinelli. Polonia, sessualità e aborto. Alessandro Di Battista. Ecologia. Brexit

 

La Congregazione per la Dottrina della Fede ha emesso un decreto di scomunica nei confronti del francescano Tomislav Vlašić, diventato famoso per essere il “padre spirituale” dei sei ragazzini che nel 1981 cominciarono a riferire di vedere ogni giorno la Madonna a Medjugore. Il suo ruolo lo mantenne fino al 2009, quando fu costretto a dimettersi dallo stato sacerdotale dopo accuse gravissime di “diffusione di dubbia dottrina, manipolazione delle coscienze, sospetto misticismo, disobbedienza verso gli ordini legittimamente costituiti e atti contro il VI comandamento di non commettere adulterio”.

Insomma, la Madonna non l’ha protetto. Intanto per molti anni, insieme alla sua stretta collaboratrice, Stefania Caterina, ha intascato una montagna di soldi sfruttando la credulità popolare. Avevano fondato un gruppo (denominato “Nucleo Centrale”) di 49 esseri prescelti da Dio in tutto l’universo!

 

Il presidente del Consiglio comunale di Amelia Leonardo Pimpinelli (Lega), finito al centro delle polemiche per un post sessista nei confronti della ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, ha presentato ufficialmente le sue dimissioni dalla carica. Ha detto di aver sbagliato e ha chiesto “sinceramente scusa in primis al ministro Azzolina e poi a tutte le donne”.

Lodevole per un leghista. Ma qual era questa battuta: “Ora ho appreso dalla Azzolina che il Comitato Tecnico Scientifico è un ‘organo rigido’... parlerà per esperienza”.

Poi ha aggiunto: “Il mio post è stato sicuramente un errore, la critica politica non deve mai cadere nel volgare, ho provocato indignazione in chi ci ha visto un mio intento sessista e soprattutto ha creato divisione”.

Ottimo, anche se il post era davvero di una volgarità fuori luogo, ma perché precisare di aver “subìto, ritengo oltremodo, attacchi personali che esulano il mio ruolo”?

Lo sai gli italiani come sono fatti: appena possono, parlano male di qualcuno. I maschi poi sono specializzati in queste battute sessiste. Che poi, nei confronti di una bella donna come l’Azzolina, denunciano desideri inconsci che tanto inconsci non sono.

 

Un anno fa la Camera del Parlamento polacco votò a favore di un disegno di legge che voleva criminalizzare la promozione dell’attività sessuale minorile, vietando l’insegnamento dell’educazione sessuale nelle scuole, riconosciuta dalle femministe come uno degli strumenti principali contro la violenza di genere, contro la trasmissione di malattie, per la riduzione di gravidanze indesiderate e della mortalità materna.

Il disegno di legge praticamente metteva sullo stesso piano pedofilia ed educazione sessuale. Educatori, insegnanti o medici se fanno riferimento, o danno consigli o rispondono a domande sul sesso in presenza di minori rischiano il carcere. Ora è in discussione al Senato, nonostante la ferma opposizione del Parlamento europeo.

Le scuole pubbliche polacche non prevedono, formalmente, l’insegnamento dell’educazione sessuale, ma prevedono lezioni di “vita familiare” spesso basate sui cosiddetti valori della famiglia tradizionale, sull’opposizione all’aborto, all’uso dei contraccettivi e ai diritti delle persone LGBTQI e sugli stereotipi di genere.

In diverse città del Paese, guidate da sindaci meno conservatori, sono stati avviati nelle scuole programmi di educazione sessuale, cosa che ha causato pesanti contestazioni da parte del partito di estrema destra al governo, Diritto e Giustizia (PiS), e da parte della Conferenza episcopale polacca, una delle più conservatrici in Europa.

In genere per le associazioni cattoliche l’educazione sessuale precoce porta alla depravazione, stimola l’eccitazione sessuale durante quelle stesse lezioni causando una sessualizzazione forzata, e promuove la cosiddetta “ideologia gender” (che non esiste).

Per queste associazioni l’aborto andrebbe vietato quasi completamente.

Infatti di recente hanno ottenuto dalla Corte costituzionale, attraverso i parlamentari più retrivi, che la malformazione del feto non sia più un motivo per abortire.

Da notare che in Polonia ancora oggi non avviene nessuna cerimonia pubblica a cui non sia presente almeno un membro del clero. Eppure proprio in questo Paese negli ultimi 25 anni sono stati denunciati numerosi casi di pedofilia nella Chiesa. Nel marzo 2019 le autorità ecclesiastiche avevano dichiarato di essere a conoscenza di almeno 382 sacerdoti che dagli anni Novanta a oggi avevano abusato di 625 minori.

Ci vogliono peli sullo stomaco per tenere in Europa un Paese del genere.

 

Il 22 ottobre la Corte Costituzionale polacca ha stabilito che l’aborto per grave malformazione del feto viola la Costituzione. Quindi sono rimasti solo due i casi in cui si può abortire.

Infatti secondo la legislazione del 1993 l’aborto può essere fatto solo in tre casi: pericolo di vita per la madre, stupro e, appunto, grave malformazione del feto. Il 98% delle procedure abortive veniva praticato per quest’ultimo motivo.

Ora la sentenza della Corte stabilisce un divieto quasi totale di interruzione di gravidanza.

I giudici hanno motivato la sentenza, approvata con 11 voti favorevoli e 2 contrari, dicendo che non può esserci tutela della dignità di un individuo senza la protezione della vita.

Soddisfatta la maggioranza governativa guidata dal partito di estrema destra Diritto e Giustizia (PiS), appoggiata da diversi gruppi religiosi cattolici e da molti vescovi. Il leader di questo partito, completamente filo-Trump e anti-Putin, è molto attivo nel Gruppo di Visegrád (Polonia, Ungheria, Cekia, Slovacchia), un gruppo sempre polemico con la UE, pur facendone parte dal 2004. Il premier si chiama Mateusz Morawiecki ed è figlio di uno dei fondatori di Solidarność, il sindacato più anticomunista che la Polonia abbia mai avuto, finanziato coi fondi del Vaticano.

Insomma è il solito problema che i cattolici più retrivi non sanno come affrontare: è “persona” l’embrione? Se sì, si dovrebbe impedire l’aborto anche in caso di stupro. In ogni caso può essere considerata meno importante la volontà di una donna rispetto alla non volontà di un embrione?

Ma forse sarebbero altre le domande scomode cui i polacchi dovrebbero rispondere. Per es.: cosa fanno le istituzioni, la società per indurre le donne a non abortire? Quali sono le garanzie o le tutele di cui una coppia o una donna può beneficiare perché sia indotta a non abortire? Sono facilmente accessibili i mezzi di controllo delle nascite? No, perché sono tantissimi i medici obiettori di coscienza. Esiste la possibilità legale del disconoscimento del neonato? Sì, ma in casi eccezionali. È possibile fruire di ampie agevolazioni sociali ed economiche nel caso in cui si voglia portare avanti la gravidanza? E come potrebbero? La Polonia si caratterizza per stipendi bassi, costo della vita elevato, elevata disoccupazione, scarse o nulle tutele sindacali e ammortizzatori sociali, forte emigrazione, soprattutto da parte di coppie giovani e ben istruite. Esiste una educazione sessuale in ambito scolastico? No, perché l’educazione sessuale viene equiparata alla pedofilia.

Possibile che un problema umano del genere debba essere affrontato solo con strumenti coercitivi di tipo legislativo? Se un problema così grave viene affrontato solo in questi termini, è evidente che la finalità è quella di imporre un controllo del corpo femminile e una dittatura sull’intera società.

Intanto secondo le organizzazioni femministe, sono tra 100mila e 200mila le donne polacche che ogni anno sono costrette a ricorrere all’aborto clandestino o ad andare all’estero per poterne avere accesso: in genere in Slovacchia, Cekia, Germania o Ucraina. Due di questi Paesi appartengono al suddetto Gruppo di Visegrád: non è ridicolo?

 

Al n. 1 della seconda parte dell’Agenda 2020-30 redatta da Alessandro Di Battista è scritto: “Promozione e sostegno all’uso medicale, industriale e commerciale dei prodotti della cannabis”.

Come noto la sostituzione della canapa con le fibre sintetiche e la plastica è stata una delle principali sciagure del nostro Paese a partire dal secondo dopoguerra. Una delle principali forme di devastazione dell’ambiente.

Io però mi sarei spinto sino a legalizzare l’uso di qualunque droga sotto controllo medico e farmaceutico. Cosa che avviene già oggi con gli psicofarmaci somministrati ai pazienti nevrotici o psicotici. Anche il viagra, in un certo senso, è una droga, eppure è legale. Anche gli alcolici, acquistabili ovunque, lo sono.

In questa maniera si sarebbe tolta alla criminalità organizzata una delle principali fonti di reddito.

Avrei inoltre reso del tutto gratuito l’accesso alle comunità terapeutiche per disintossicarsi.

 

In tutta l’Unione Europea la maggior parte dei paesaggi protetti (81%) ha uno stato di conservazione scadente o inadeguato. È quanto emerge dall’ultimo rapporto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (2013-18).

Il 47% delle specie di uccelli ha uno stato buono, ma è una percentuale inferiore rispetto al precedente periodo di riferimento, 2008-2012, quando il dato era del 52%.

La condizione più critica tuttavia è quella dei pesci, con il 38% delle specie in uno stato di conservazione cattivo.

Stiamo ancora perdendo il nostro sistema di supporto vitale, la cosiddetta biodiversità.

L’intensificazione e la specializzazione del settore agricolo hanno contribuito in misura crescente a una perdita e alla distruzione della natura su larga scala, con l’uso di pesticidi e fertilizzanti che hanno avuto un impatto negativo su molti habitat e specie. Di conseguenza il 45% degli habitat agricoli si sta deteriorando, mentre solo l′8% si trova in uno stato di conservazione buono.

L’agricoltura è responsabile dell’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo, che colpisce in modo significativo le acque stagnanti, i fiumi, gli habitat marini e le loro specie. Anche la gestione forestale, l’inquinamento o l’urbanizzazione risultano essere i principali motori della perdita di biodiversità nel blocco.

E pensare che proprio le persone che vivono in aree protette, non minacciate da disboscamenti e cacciatori di frodo, hanno minori problemi di salute, anche se le cause restano in buona parte ignote.

Sappiamo bene invece che le piante contribuiscono a pulire l’aria e a evitare l’inaridimento dei suoli. E sappiamo anche che nella biodiversità aumenta la capacità di adattarsi ai cambiamenti: se, all’interno di un ecosistema, una specie fallisce, ce ne sarà un’altra simile che ce la fa e che permette la sopravvivenza dell’ecosistema stesso.

Non riusciamo a capire che una buona ecologia non è un costo ma una risorsa fondamentale per l’economia.

 

Il premier inglese Johnson è insopportabile: sta tirando la corda con un avversario che guida un camion enorme (la UE ha una popolazione di 450 milioni di persone e un PIL di 16mila miliardi di dollari), mentre lui è al volante di una Mini (il Regno Unito ha 68 milioni di abitanti e un PIL di 2.800 miliardi di dollari). Non vuole ammettere che in caso di mancato accordo commerciale il Regno Unito soffrirà molto di più della UE. Già adesso il suo governo ha mostrato tutta la sua incompetente gestione della pandemia.

Se non ci sarà un accordo commerciale condiviso entro capodanno, l’immenso flusso quotidiano di cibo, medicine, componenti per l’industria e altri beni che attraversa il confine UE-Regno Unito s’interromperà, saranno innalzate barriere doganali e l’inverno sarà molto cupo nel Regno Unito.

 

[24 ottobre] Lombardia, tangentopoli. Lega. Alessandro Di Battista. Australia, razzismo

 

“Report” torna a occuparsi della Lombardia, dove Tangentopoli sembra non essere mai finita. Per entrare nel giro che conta degli appalti pubblici, come confermano anche alcune inchieste giudiziarie, bisogna pagare: imprenditori, politici e amministratori locali raccontano come la corruzione in Lombardia sia diffusa dai piccoli Comuni fino agli scranni del Consiglio regionale. Parlano di finanziamenti occulti alla politica, mazzette sugli incarichi pubblici, bandi sistematicamente truccati. La politica lombarda è avvolta da una ragnatela di imprenditori spregiudicati legati alla ’ndrangheta, faccendieri che pilotano le nomine ed eminenze grigie che, dietro alla Lega, avrebbero fatto man bassa di incarichi e consulenze. Un malaffare che avrebbe condizionato le scelte sulla sanità e in particolare sui test sierologici nel pieno dell’emergenza Covid-19, causando ritardi e aumento dei contagi.

 

A settembre scorso vengono arrestati i due contabili della Lega di Matteo Salvini: Andrea Manzoni e Alberto Di Rubba, con l’accusa di peculato e turbativa d’asta. Al centro dell’inchiesta che li vede coinvolti, c’è l’acquisto per 800mila euro della nuova sede della “Lombardia film Commission”, un capannone a nord di Milano. L’operazione immobiliare sembrava impeccabile, finché lo scorso anno “Report” ci mette il naso. Dopo l’inchiesta “I commercialisti” del 10 giugno 2019 arriva in redazione la telefonata dal Brasile di un uomo che sostiene di aver partecipato anche lui all’operazione immobiliare e di sapere parecchie cose che riguardano i fondi per la campagna elettorale di Salvini. L’uomo al telefono si chiama Luca Sostegni, fa il prestanome e a Montecatini spiega alla redazione di “Report” come avrebbe girato buona parte dei soldi della vendita del capannone su una società panamense con i conti in Svizzera. Le tracce di questa società portano fino a Prado, in Brasile.

 

Al n. 1 della seconda parte dell’Agenda 2020-30 redatta a Alessandro Di Battista è scritto: “Promozione e sostegno all’uso medicale, industriale e commerciale dei prodotti della cannabis”.

Come noto la sostituzione della canapa con le fibre sintetiche e la plastica è stata una delle principali sciagure del nostro Paese a partire dal secondo dopoguerra. Una delle principali forme di devastazione dell’ambiente.

Io però mi sarei spinto sino a legalizzare l’uso di qualunque droga sotto controllo medico e farmaceutico. Cosa che avviene già oggi con gli psicofarmaci somministrati ai pazienti nevrotici o psicotici. Anche il viagra, in un certo senso, è una droga, eppure è legale. Anche gli alcolici, acquistabili ovunque, lo sono.

In questa maniera si sarebbe tolta alla criminalità organizzata una delle principali fonti di reddito.

Avrei inoltre reso del tutto gratuito l’accesso alle comunità terapeutiche per disintossicarsi.

 

Perché l’Australia è uno dei Paesi più razzisti del mondo anglofono? Perché la politica dell’“Australia bianca” (con il rifiuto di tutti gli immigrati non bianchi) è stata ufficialmente abbandonata solo nel 1973.

La politica dell’Australia bianca fu un movimento politico isolazionista e di corrente xenofoba nato nel 1901, intenzionato a bloccare totalmente i flussi immigratori dall’estero.

L’ideatore di questo movimento fu Alfred Deakin, convinto che cinesi e giapponesi costituissero una seria minaccia al progresso del popolo bianco australiano, soprattutto per le proprie caratteristiche di instancabili lavoratori e la loro resistenza allo scarso tenore di vita.

Oggi invece è il gruppo di Murdoch che ha un istintivo atteggiamento islamofobo e xenofobo. Le varie testate della News Corp non si stancano mai di attaccare i musulmani e in generale di veicolare un razzismo spinto. Di recente hanno cominciato a sostenere i concetti del nazionalismo bianco e nel 2018 hanno diffuso ostinatamente il mito del “genocidio bianco” a danno degli agricoltori bianchi del Sudafrica.

Il dominio pressoché assoluto della News Corp nel panorama dei mezzi d’informazione australiani ha pochi eguali negli altri Paesi democratici.

Sono così persuasivi che i profughi soccorsi in mare continuano a marcire in centri di detenzione nei vicini Paesi insulari del Pacifico come Nauru e Papua Nuova Guinea. Oggi questa politica è talmente normalizzata da avere un sostegno bipartisan nel Parlamento australiano.

Ma perché i bianchi australiani sono più razzisti dei bianchi neozelandesi, pur essendo stati i due Paesi colonizzati a distanza di soli cinquant’anni l’uno dall’altro da persone provenienti dallo stesso Paese e della stessa etnia: inglesi, irlandesi e scozzesi? La differenza sta nel fatto che i popoli che hanno incontrato erano molto diversi tra loro.

Gli aborigeni australiani vivevano in piccoli gruppi di cacciatori-raccoglitori, quasi disarmati e divisi da 600 lingue diverse. Non avevano mai sviluppato l’agricoltura, nonostante avessero abitato quelle terre per 65mila anni. I colonizzatori bianchi si limitarono a soggiogarli. Gli aborigeni non hanno ottenuto la cittadinanza e il diritto di voto fino al 1967.

La storia delle violenze razziali in Australia è andata avanti contro i cinesi nell’Ottocento, contro gli italiani negli anni trenta del Novecento e contro i libanesi nel 2005. Per questo motivo i bianchi australiani di oggi non sono preparati a un mondo segnato dal pluralismo culturale. Ma dovranno farsene una ragione, poiché al censimento della popolazione del 2001, soli il 39% della popolazione risultava essere di etnia bianca europea con avi appurati di origine britannica.

I maori neozelandesi, invece, erano arrivati appena cinquecento anni prima dei bianchi ma avevano già fattorie, vivevano in protostati (territori governati dai capi tribù) e avevano costruito fortezze in tutta la North Island.

L’arrivo dei colonizzatori bianchi fu devastante per i maori, ma erano un popolo abbastanza coriaceo da ottenere il rispetto degli invasori. Quando finalmente fu firmato un trattato, nel 1940, il documento era scritto in entrambe le lingue. Gli omicidi andarono avanti per altri trent’anni e i maori furono duramente colpiti, ma oggi il Paese è ufficialmente bilingue e tutti i neozelandesi capiscono che si può vivere insieme a persone diverse.

Oggi le teorie razziste sono sostenute dai media di Murdoch, che hanno sicuramente favorito la strage di Christchurch del 15 marzo 2019, la quale, pur essendo avvenuta in Nuova Zelanda, era nata dal razzismo dell’Australia bianca.

Vi sono state 50 persone morte e il ferimento di altrettante. Furono prese di mira la moschea di Al Noor e il centro islamico di Linwood, entrambi i luoghi affollati da persone di religione musulmana che praticavano la preghiera del venerdì.

L’autore degli attentati di stampo islamofobo, un uomo australiano chiamato Brenton Harrison Tarrant di 28 anni vicino agli ambienti neofascisti, aveva trasmesso il video in diretta Facebook con una videocamera messa sulla testa. Sulle armi da lui utilizzate erano riportati nomi di storiche battaglie in cui i musulmani furono sconfitti (ad esempio quelle di Lepanto e di Tours) e nomi di personaggi storici o contemporanei responsabili di aver fatto guerra (in quanto comandanti militari) a persone di fede islamica e/o di aver ucciso persone di fede islamica.

È stato il più grande omicidio di massa della storia della Nuova Zelanda, un Paese con una popolazione di più di quattro milioni di abitanti dove nel 2019 si sono verificati appena 35 omicidi.

La Nuova Zelanda è simile al Canada, dove il razzismo e i pregiudizi nei confronti degli immigrati e dei musulmani esistono, specialmente nelle aree rurali e nel francofono Québec, ma questa ostilità viene di rado manifestata apertamente, perché il rischio è quello di sembrare ignoranti. La gioventù delle città sembra sostanzialmente indifferente al colore della pelle.

 

[25 ottobre] Turchia. Paradisi fiscali. Francia, laicità. Nucleare militare. Nigeria. Deforestazione. Treno Italo

 

Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha insultato il presidente francese Emmanuel Macron per le misure restrittive contro individui e organizzazioni legate all’Islam radicale dopo l’uccisione di Samuel Paty, l’insegnante decapitato il 16 ottobre nella periferia nord di Parigi, dopo che aveva mostrato vignette satiriche sul profeta Maometto durante una lezione sulla libertà d’espressione:

“Ma che problema ha quel tizio chiamato Macron con l’Islam e con i musulmani? Macron ha bisogno di cure mentali.”

Erdoğan ha aggiunto: “Che altro si può dire di un capo di stato che non comprende la libertà di fede e che si comporta in questo modo nonostante milioni di persone che vivono nel suo Paese abbiano un credo diverso dal suo?”.

Dopo l’intervento di Erdoğan, la Francia ha ritirato il suo ambasciatore in Turchia.

Qui è il bue che dà del cornuto all’asino.

Ma cosa c’è dietro? Diciamo che da mesi i rapporti tra Francia e Turchia sono molto tesi per la guerra in Libia, la questione di Cipro, l’intervento in Siria. In particolare il governo francese appoggia il maresciallo Khalifa Haftar, mentre quello turco ha mandato soldati e armi in aiuto del primo ministro Fayez al Serraj, a capo dell’unico governo riconosciuto dall’ONU, cambiando radicalmente le sorti della guerra e costringendo Haftar a una rapida ritirata.

Non solo ma il 10 giugno scorso, al largo delle coste libiche, la fregata francese Courbet ha cercato di ispezionare la nave turca Cirkin, battente bandiera della Tanzania, per verificare se stesse trasportando armi.

Oltre a ciò va detto che la Francia appoggia la Grecia e Cipro nella disputa con la Turchia per lo sfruttamento del gas naturale nel Mediterraneo orientale. Il governo francese, inoltre, si era duramente opposto all’ultima offensiva militare turca nel nord della Siria, iniziata nell’ottobre 2019 con l’obiettivo di colpire i curdi siriani, che la Turchia accusava di essere terroristi e di essere legati al PKK turco. In quel momento la Francia era presente nel nordest della Siria con circa 200 soldati, che collaboravano proprio con i curdi siriani nella guerra contro l’ISIS.

Insomma non c’è solo il secolarismo della società francese contrapposto alla trasformazione della Turchia in uno stato sempre più religioso durante la presidenza di Erdoğan. C’è anche il solito refrain: la religione usata per fini di potere politico ed economico.

 

Il 30 ottobre è il termine entro cui gli istituti finanziari dovranno comunicare all’Agenzia delle entrate i dati su conti e investimenti dei contribuenti residenti in Antigua e Barbuda, Costa Rica, Grenada, Saint Kitts and Nevis, Saint Lucia e Turchia. Sono paradisi fiscali.

Successivamente l’Agenzia trasmetterà le informazioni sui residenti all’autorità competente del Paese considerato.

Ma il termine ultimo non era il 30 ottobre: era il 30 giugno 2020, poi posticipato al 30 settembre. Così si è dato il tempo a evasori ed elusori di continuare a fare i furbetti in tutta tranquillità.

È il capitalismo, bellezza!

 

Cesare Martinetti su “HuffPost” con fare stucchevole cerca di esaltare il ruolo eroico degli insegnanti francesi, che si lamentano di dover ricorrere continuamente alla correttezza politica e all’autocensura quando affrontano la questione religiosa, l’Islam, i suoi valori, i momenti simbolici della storia, colonizzazione e decolonizzazione. Ma anche materie a sfondo sociale, come l’educazione civica e sessuale.

Certo non avevano tutti questi problemi gli insegnanti quando la Francia colonizzava mezza Africa, imponendo la propria cultura e la propria lingua con la forza delle armi. Non si ponevano neanche il problema di confrontarsi con le culture e religioni non europee, non occidentali.

Adesso invece non sanno come fare a dispensare le ragazze dai corsi di nuoto. Non sanno come fare quando le ragazze vengono a scuola col foulard e con le gonne che arrivano ai piedi.

Poverini questi insegnanti, così attaccati alla loro religione laicistica, che in tutti questi decenni di presenza islamica nel loro Paese, frutto inevitabile del colonialismo, non hanno ancora capito come convivere con una cultura completamente diversa dalla loro.

Come sono orgogliosi della loro rivoluzione borghese! Chissà che non siano proprio i musulmani a far capire loro che la democrazia prodotta da quella rivoluzione è tutta formale, tutta finta, tutta ipocrita.

 

Il trattato sulla proibizione delle armi nucleari entra in vigore dopo la ratifica di 50 Paesi, la soglia minima richiesta. Il trattato, adottato da una conferenza delle Nazioni Unite il 7 luglio 2017, è il primo accordo legalmente vincolante che vieta lo sviluppo, i test, la produzione, l’immagazzinamento, il trasferimento, l’uso e la minaccia delle armi nucleari.

Il 50° Stato a ratificare l’accordo è stato l’Honduras, consentendo che il trattato ora entri in vigore dopo 90 giorni. Le principali potenze nucleari (USA, Gran Bretagna, Francia, Cina e Russia) che avrebbero dovuto dare l’esempio e che per questo andrebbero boicottate, non l’hanno firmato, ma gli attivisti sperano che l’entrata in vigore abbia lo stesso impatto di altri trattati internazionali sulle mine antiuomo e le munizioni a grappolo, che hanno lasciato un segno negativo sui Paesi che le usavano.

 

La Nigeria, ex colonia britannica, la più grande economia dell’Africa, è nella bufera. Il Paese più popoloso e urbanizzato dell’Africa (200 milioni di persone destinate a crescere fino a 440 milioni entro il 2050) è sconvolto dalle proteste che chiedono lo scioglimento della Sars (Special Anti Robbery Squad), una squadra di primo intervento istituita nel 1992 per combattere gli episodi di violenza nel Paese, ma che si è poi macchiata di episodi di corruzione, tortura e violenza generalizzata. Quasi un centinaio di inermi cittadini sono già stati ammazzati.

Al centro c’è la spaccatura tra un’élite vecchia e corrotta e una popolazione giovane e urbanizzata. Circa il 60% della popolazione ha meno di 24 anni e molti giovani si sentono esclusi da un sistema politico che è al servizio degli interessi di una parte ristretta della società.

La Nigeria è il maggiore produttore di petrolio in Africa, scoperto dalla società olandese Shell nel 1956 nel delta del Niger, oggi una delle zone più inquinate, più violente e povere del mondo. Gli introiti statali derivanti dalla produzione di greggio costituiscono più del 50% delle entrate totali del governo federale. Da questo commercio deriva il 90% del reddito statale in valuta estera.

I giganti occidentali del petrolio, Royal Dutch Shell (Paesi Bassi), Total (Francia), Agip (Italia), Exxon Mobil (USA), Chevron (USA), controllano il 95% dell’industria petrolifera della Nigeria attraverso delle joint-ventures. Il 20% del petrolio è destinato ai Paesi europei, il 5% al Canada e all’Australia, mentre agli Stati Uniti è destinata la quota maggiore della torta con il 43%. Mentre quasi tutta la produzione giornaliera di petrolio viene esportata all’estero, la Nigeria deve importare circa 187.000 barili al giorno a prezzi esorbitanti. Una situazione assurda dovuta all’assenza di un’industria nazionale per i prodotti petroliferi. Il governo nigeriano contribuisce a questa situazione in cambio di tangenti.

Un tribunale militare condannò a morte nel 1995 lo scrittore nigeriano Ken Saro-Wiwa e altre otto persone perché lottavano contro i danni ambientali provocati dalla Shell. Infatti negli ultimi 50 anni le multinazionali petrolifere non solo hanno incamerato introiti per oltre 600 miliardi di dollari, ma hanno anche disperso nei corsi d’acqua e nelle terre del Delta 15 milioni di tonnellate di greggio.

Oggi c’è una generazione di giovani donne politicamente agguerrite che fanno capo all’influente Feminist Coalition, un collettivo di nigeriane nato nel luglio 2020 con l’obiettivo di ampliare i diritti e le possibilità delle donne nel Paese africano. Si chiedono possibilità di accesso gratuito ai servizi di base, come sanità e istruzione. Si chiedono lavoro e infrastrutture. Si vuol mandare a casa il governo del musulmano Muhammadu Buhari (ex golpista del 1983, salito al potere nel 2015), che ha imposto il coprifuoco, pur avendo sostituito la Sars con la Swat (Special Weapons and Tactics). Sono 10,6 milioni i nigeriani che vivono in grave stato di necessità. Il loro numero, anche a causa della pandemia, è in continuo aumento.

Fondamentale è il ruolo della diaspora nigeriana, molto forte negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Europa. Fin dall’inizio la diaspora ha supportato anche economicamente il movimento, organizzando manifestazioni in tutto il mondo, inclusa l’Italia.

Ma la tragedia della Nigeria è iniziata ben prima. Sono state 50.157 le morti violente legate a scontri armati avvenuti tra il 1997 e il 2015, con un picco nel 2015 quando le vittime sono state 10.933.

Nel 2016, il 7,8% dei conflitti armati in Africa ha avuto luogo in Nigeria, anche a causa della presenza nel nord-est del Paese di Boko Haram, nato nel 2002, che ha causato 1/4 di tutti i decessi in Africa, rendendo la Nigeria il Paese più pericoloso per i civili africani: si conta che in sette anni di insurrezione armata il gruppo islamista abbia ucciso circa 15mila persone, costringendone all’esilio più di due milioni.

Boko Haram è un gruppo (diviso in due fazioni) a forte connotazione etnica perché intercetta il malcontento dei Kanuri, una popolazione del Nordest molto discriminata che vive in condizioni limite. Vuole trasformare la Nigeria in un emirato dominato dalla sharia. Considera nemici il governo e gli sponsor occidentali, americani, italiani, europei che avrebbero corrotto i costumi islamici dei nigeriani.

L’esercito non ha potuto far niente contro Boko Haram perché la Nigeria ha 139 gruppi etnici differenti e anche se tutti i militari hanno la stessa divisa, quando entrano in una regione di etnia diversa dalla propria vengono percepiti come forze di occupazione.

Vi è inoltre la potente la mafia nigeriana, formatasi agli inizi degli anni ’80, in seguito alla crisi del petrolio, che portò i gruppi dirigenti a cercare l’appoggio della criminalità per mantenere i loro privilegi. Si è poi sviluppata in Niger, Benin e nel resto del mondo. Presente in molti Paesi (Germania, Spagna, Portogallo, Belgio, Romania, Regno Unito, Austria, Stati Uniti, Croazia, Slovenia, Repubblica Ceca, Ungheria, Ucraina, Polonia, Russia, Brasile, Malta e Italia), gestisce oltre al traffico di eroina e di cocaina, la prostituzione delle proprie connazionali tenute in schiavitù col sequestro dei documenti e le minacce ai familiari rimasti nel Paese d’origine. Oggi è capace di gestire anche i flussi di spam informatico e il cybercrime evoluto fino al traffico di esseri umani.

 

Ogni anno si abbattono 15 miliardi di alberi (476 al secondo!). Stiamo decimando le nostre foreste, giungle e boschi per fare sempre più spazio ad allevamenti, olio di palma e soia.

La UE dovrebbe varare una legge che vieti qualsiasi prodotto legato alla deforestazione.

 

Luca Cordero di Montezemolo, in un’intervista al “Corriere della Sera”, chiede soldi allo Stato per il treno Italo, altrimenti sarà costretto a tenerlo fermo. E si permette di dire che “il Paese è bloccato, vive alla giornata, senza una visione”.

Il terzo manager italiano più pagato di sempre viene a chiedere la carità allo Stato. Uno che ha preso buonuscite favolose dalle aziende in cui ha lavorato, si lamenta di non essere assistito. Uno che è indagato dalla Procura di Civitavecchia per bancarotta fraudolenta aggravata, false comunicazioni sociali e ostacolo alle funzioni di vigilanza nella gestione dell’Alitalia.

Chi l’ha obbligato a dedicarsi all’alta velocità, facendo concorrenza a Trenitalia e ai suoi servizi Frecciarossa e Frecciargento? E servendo soltanto 18 stazioni e 13 città? Cosa vuole questo dirigente che nel 2017 ha realizzato col suo treno di lusso un fatturato pari a 455 milioni di euro? Uno che ha saputo privatizzare i profitti, sfruttando tutte le infrastrutture statali, ora vuole socializzare le perdite. Uno che si permette di dire che “la privatizzazione italiana viene citata come esempio in Europa”. Bene, se è così, che si arrangi privatamente a gestire il tuo trenino per pochi, altrimenti glielo requisiamo.

 

[26 ottobre] Francia, laicità. Nucleare militare. Italia, laicità. Legge elettorale. Dubai

 

L’insistenza del presidente francese Macron nel difendere la libertà di pubblicare le vignette contro il profeta Maometto sta provocando uno scontro di portata globale.

Alle proteste del presidente turco Erdoğan si sono aggiunte quelle del premier pakistano Imran Khan, che giustamente ha detto: “Il presidente Macron avrebbe potuto puntare alla pacificazione e negare spazio agli estremisti piuttosto che creare ulteriore polarizzazione ed emarginazione che inevitabilmente portano alla radicalizzazione. È un peccato che abbia scelto di incoraggiare l’islamofobia attaccando l’Islam piuttosto che i terroristi che praticano la violenza, siano essi musulmani, suprematisti bianchi o ideologi nazisti”. Nel suo Paese l’hashtag #ShameOnYouMacron, “vergognati Macron”, è diventato la principale tendenza su Twitter, mentre #boycottfrance è tra le prime cinque.

In effetti i Paesi che si affacciano sul Golfo Persico sembrano intenzionati a boicottare i prodotti “Made in France”.

In Libia è stata organizzata una manifestazione in piazza dei Martiri, nel centro di Tripoli.

Nella località tunisina di El Kamour, alle porte del Sahara, una marcia anti-francese ha riunito poche decine di persone.

Il leader del partito islamista algerino Fronte della Giustizia e dello sviluppo, Abdallah Djaballah, ha chiesto il boicottaggio dei prodotti francesi e la convocazione dell’ambasciatore francese.

Circa duecento palestinesi hanno protestato a Tel Aviv, davanti alla residenza dell’ambasciatore francese in Israele. Nella Striscia di Gaza i manifestanti hanno bruciato le foto di Macron. Hamas, che controlla la Striscia, ha affermato che gli “insulti nei confronti di religioni e di profeti” favoriscono “una cultura dell’odio”.

Una protesta formale viene anche dal governo giordano, secondo il quale la pubblicazione delle caricature “provoca amarezza in due miliardi di musulmani”. Il ministro degli Affari islamici, Mohammed al-Khalayleh, ha affermato che “offendere” i profeti “non è una questione di libertà personale ma un crimine che incoraggia la violenza”.

Un richiamo simbolico al boicottaggio è arrivato anche a Bab al-Hawa, un valico di frontiera nel nord-ovest della Siria, in mano ai ribelli e dove arrivano pochi prodotti francesi.

Il potente movimento sciita Hezbollah ha condannato “con forza l’insulto deliberato” rivolto al profeta, esprimendo in un comunicato il proprio “rifiuto della persistente posizione francese consistente nell’incoraggiare questo pericoloso affronto”.

In Kuwait, il ministro degli Affari esteri, lo sceicco Ahmed Nasser al-Mohammed al-Sabah “ha incontrato” l’ambasciatore francese Anne-Claire Legendre.

Chi obbliga Macron ad assumere una posizione così estrema per combattere quello che lui chiama il separatismo islamico? Gli Stati Uniti? Israele? O è tutta farina del suo sacco demenziale?

Lui dice di non accettare l’incitamento all’odio, ma sta proprio facendo questo.

Ha scritto: “Saremo sempre dalla parte della dignità umana e dei valori universali”. Eppure in nome di questi valori nega la dignità a quelli islamici. Ha assunto le posizioni della destra estrema. Dice infatti Marine Le Pen: “Mai scendere a compromessi con l’islamismo”. C’è forse una strategia occulta dietro questa ostentazione del laicismo più radicale?

Tutti i laici sanno che in ogni religione è possibile trovare il ridicolo, non essendo facile dimostrare ciò che predicano. Ma la satira esaspera errori o situazioni sbagliate per indurre a correggerli. Dileggiare è violenza, non è libertà. Maometto è stato un profeta che ha creato, per le esigenze culturali di molti Paesi mediorientali, un tempo pagani, una fede che mancava. Nessuno ha il diritto di deriderla senza istigare la reazione dei fedeli. Se c’è chi reagisce col terrorismo, conviene continuare a provocarli?

 

Il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari firmato il 24 ottobre 2020 da 50 nazioni dell’ONU impedisce espressamente qualunque tipo di giustificazione per l’uso di armi nucleari nel diritto internazionale. Vieta lo sviluppo, i test, la produzione, l’immagazzinamento, il trasferimento, l’uso e la minaccia delle armi nucleari. Più chiaro di così non poteva essere.

È anche l’unico Trattato che proibisce esplicitamente ai suoi membri di ospitare armi nucleari appartenenti ad altri Stati (un classico esempio è quello della NATO nel nostro Paese). Gli Stati dotati di armi nucleari e non nucleari devono lavorare in cooperazione per ottenere l’eliminazione di tutti gli arsenali nucleari.

Purtroppo nessuna potenza nucleare l’ha firmato, e solo 6 dei 49 Stati europei hanno approvato e ratificato il Trattato: Austria, Irlanda, Malta, San Marino, Liechtenstein e lo Stato del Vaticano. L’Italia non ha firmato né ratificato il Trattato. Non ha partecipato alla negoziazione del Trattato alle Nazioni Unite a New York nel 2017 e quindi non ha votato sulla sua adozione. L’Italia è attualmente uno dei cinque Stati europei che ospitano testate nucleari statunitensi nell’ambito di accordi NATO. Si tratta di circa 40 bombe nucleari B61 presso la basi aeree di Aviano e di Ghedi. Nel 2019 l’Italia ha votato contro una risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite che invitava ad aderire al Trattato.

Siamo un Paese ridicolo. Politici irresponsabili non hanno capito che non solo deve finire la corsa agli armamenti nucleari ma bisogna anche procedere allo smantellamento degli arsenali nucleari già esistenti. Quindi bisogna imporre alla NATO di eliminare l’arsenale nucleare dalle sue basi sul nostro territorio.

L’unico statista a contestare la NATO fu Craxi, opponendosi agli euromissili. Nella II Repubblica siamo diventati così succubi ai diktat militari americani che ci siamo fatti corresponsabili della morte di Gheddafi e di Milosevic, facendo partire gli aerei USA dalle basi italiane, violando così palesemente la Costituzione.

 

Il nuovo DPCM così recita:

Sono sospesi gli spettacoli aperti al pubblico in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche e in altri spazi anche all’aperto.

L’accesso ai luoghi di culto avviene con misure organizzative tali da evitare assembramenti di persone, tenendo conto delle dimensioni e delle caratteristiche dei luoghi, e tali da garantire ai frequentatori la possibilità di rispettare la distanza tra loro di almeno un metro.

Due pesi e due misure dunque. Se il problema è quello di garantire il distanziamento, perché chiudere teatri e cinematografi che, sia detto per inciso, avendo posti numerati sono facilmente gestibili da questo punto di vista, mentre i luoghi di culto restano aperti?

Siamo alle solite. La cronica carenza di laicità della nostra classe dirigente e, purtroppo, temo anche della maggioranza dei cittadini, ha colpito ancora.

Evidentemente non se la sono sentita di mettersi contro un’altra volta la CEI dopo il divieto delle cerimonie religiose in presenza di pubblico del lockdown di marzo-aprile.

Cultura e intrattenimento sono considerati meno importanti delle giaculatorie. Per queste ultime vale la pena il rischio di assembramento. Per Shakespeare no.

 

Se andiamo avanti con questi sondaggi alle prossime politiche, col 5% di sbarramento, dovremmo avere solo 5 partiti: Lega, PD, 5Stelle, Fratelli d’Italia e Forza Italia, in ordine di importanza.

Perché la Lega sia la prima, gestita da un leader che non capisce nulla, resta un mistero.

Che poi debba essere la destra a gestire il Paese è addirittura un buco nero.

 

A Dubai una startup norvegese, Desert Control, ha sperimentato con successo una particolare tecnica che permette di rendere coltivabile anche la sabbia del deserto. Aveva iniziato i primi test in laboratorio nel 2018, con la collaborazione del Centro internazionale per l’agricoltura biosalina di Dubai. E così ha fatto nascere un nuovo orto dove si raccolgono angurie e zucchine.

Il segreto sta nella liquid nanoclay (nanoargilla liquida), un particolare composto di acqua e argilla che, una volta spruzzato sul suolo, avvolge perfettamente ogni granello di sabbia e gli permette di trattenere acqua e sostanze nutritive. Piantato a marzo, nel corso dell’estate l’orto è apparso verde e in ottima salute.

Gli Emirati Arabi Uniti credono molto in questo progetto, visto che sono costretti a importare il 90% del cibo.

 

[27 ottobre] Cile, Costituzione. Germania, vescovi. Joe Biden

 

Dopo molte proteste che chiedevano più welfare e meno oligopoli contro il governo cileno di Sebastián Piñera, le cui forze di sicurezza hanno compiuto abusi d’ogni genere, finalmente il 25 ottobre si è svolto un referendum in cui il 78% del 50% dei votanti si è espresso a favore di una nuova Costituzione, da approvarsi con un nuovo referendum entro giugno 2022.

Viene spontaneo chiedersi come abbia potuto una Costituzione fascista durare così tanto tempo. Semplice: con la dittatura. Non dimentichiamo che i militari di Pinochet, appoggiati dal governo americano di Nixon e Kissinger in funzione anticomunista, fecero un golpe nel 1973, uccisero Salvador Allende, presidente eletto democraticamente, ed eliminarono 3.508 persone (2.298 assassinate o giustiziate, 1.210 sparite nel nulla), mentre altre 28.259 furono vittime di torture, secondo la Commissione Rettig. Ma ancora oggi non si sa l’entità precisa del terrorismo di stato: secondo altre fonti gli internati, esiliati o arrestati in maniera arbitraria sarebbero stati tra 80.000 e 600.000, mentre i torturati e/o vittime di violenza tra 30.000 e 130.000.

Sette anni dopo il colpo di Stato, Pinochet elaborò una nuova Costituzione che favoriva il privato a danno del pubblico, la classe imprenditoriale a scapito dei dipendenti statali, inoltre concentrava nelle mani dell’esecutivo alcuni diritti fondamentali: dall’esonerare le alte cariche pubbliche a quelle militari. Sul piano economico Pinochet si avvalse di un gruppo di giovani economisti cileni iperliberisti, guidati da José Piñera (fratello dell’attuale premier), formatisi a Chicago da Milton Friedman. Sanità, istruzione, trasporti, previdenza furono appannaggio solo dei più ricchi.

Poi Pinochet, in seguito a un crollo finanziario, decise di allontanare quasi tutti i “Chicago boys” dal governo e nazionalizzò numerose aziende cilene, soprattutto quelle del rame, che facevano del Cile il maggior produttore al mondo.

Spinto dalle pressioni estere a una consultazione elettorale regolare, un referendum nel 1988 mise fine alla dittatura, con il 55% dei votanti che si espresse contro Pinochet, e lo costrinse ad avviare la transizione, reintroducendo la democrazia con libere elezioni nel 1989. Lasciò ufficialmente il potere solo nel 1990, rimanendo però capo delle forze armate fino al 1998. Divenne poi senatore a vita, godendo dell’immunità parlamentare fino al 2002. Arrestato nel Regno Unito su mandato del governo spagnolo per la sparizione di cittadini iberici e accusato di crimini contro l’umanità, di corruzione ed evasione fiscale, non fu però mai condannato per motivi di salute: rientrò in Cile, dove riuscì ad evitare i processi e dove morì nel 2006. Ancora oggi ufficialmente il suo regime in Cile non viene definito una dittatura. I delitti commessi dai militari furono “liquidati” con l’attuazione della politica di riconciliazione nazionale.

La prima modifica alla Costituzione avvenne nel 1989, ma le misure anti-terrorismo previste nel testo del 1980 rimasero sempre in vigore. Oltre a queste si continuava a favorire l’attività privata in tutti i settori della vita sociale, facendo diventare il Cile uno dei Paesi con più disuguaglianze nell’America Latina.

Ora la stesura della nuova Carta sarà affidata a una Convenzione costituente, composta interamente da 155 cittadini, scelti in occasione di apposite elezioni nell’aprile 2021, sulla base di un criterio di parità di genere e con una rappresentanza di delegati delle popolazioni indigene. Quindi non ci saranno i parlamentari!

Restano ancora 200 milioni di indigeni a livello mondiale e poi addio al comunismo primitivo, l’unico autentico.

 

L’episcopato tedesco cattolico, preoccupato per la scarsità delle vocazioni, vuole che i preti abbiano la possibilità di sposarsi e che anche le donne possano accedere al sacerdozio.

Sono guidati da un cardinale che di nome fa Reinhard ma il cui cognome è tutto un programma: Marx. È uno degli uomini più fidati della “cerchia” di papa Bergoglio.

Dopo mezzo millennio una parte della Chiesa cattolica sembra che si stia avvicinando a quella protestante. Che poi in quella ortodossa non è mai stato approvato il celibato del clero, se non per le alte gerarchie.

Anche sulla morale sessuale i Teutonici esigono delle aperture, soprattutto per il controllo delle nascite, ma sono anche intenzionati a sposare coppie omosessuali. Pretendono inoltre un rito comune che possa essere considerato valido tanto dai protestanti quanto dai cattolici e chiedono che la gestione degli ambienti parrocchiali possa essere affidata anche ai laici.

Si accontentano di poco. Non una parola su quell’obbrobrio da chiudere chiamato “Stato del Vaticano” e su quell’assurdità da eliminare chiamata “monarchia teocratica assoluta”, che prevede l’infallibilità pontificia. Sono ancora lontani mille miglia tanto dai protestanti quanto dagli ortodossi.

 

Joe Biden, il più anziano candidato alla Casa Bianca, passerà alla storia come il candidato più sicuro alla presidenza degli USA (con uno scarto di 10 punti) che non venne eletto per demenza senile.

Prima sembrava avesse gli auricolari nel confronto de visu con Trump perché non sapeva bene cosa dire. Poi ha guardato l’orologio nel secondo confronto, che costò la sconfitta di George Bush nel 1992 durante il dibattito con Bill Clinton. Inoltre indossa sempre la mascherina, anche quando non serve. Qualche giorno fa ha fatto una dichiarazione allucinante pensando di dire il contrario: “Abbiamo messo in atto la più grande organizzazione di frode nelle votazioni nella storia degli Stati Uniti d’America”, riferendosi alla campagna elettorale di Barack Obama.

Altre cose insensate: “Sono morte duecento milioni di persone di Coronavirus”, e non duecentomila. Durante un dibattito del partito democratico ha dichiarato che “Sono morte più di 150 milioni di persone per colpa delle armi dal 2007 ad oggi”, che vorrebbe dire che metà della popolazione americana sarebbe stata decimata.

Ora durante la sua compagna “virtuale” non ricorda neppure il nome del presidente in carica, chiamandolo George, cioè confondendolo con Bush.

Insomma gli yankee si trovano tra Scilla e Cariddi, uno peggio dell’altro.

 

[28 ottobre] USA, UE. Amazzonia. USA, Italia

 

L’organo di risoluzione delle controversie dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), ha approvato la richiesta fatta dall’Unione Europea di imporre dazi per 4 miliardi di dollari (circa 3,4 miliardi di euro) sui prodotti statunitensi, come compensazione per il danno subito a causa degli aiuti di stato concessi dal governo americano alla Boeing.

L’Unione Europea aveva chiesto di poter imporre 8,6 miliardi di dollari (circa 7,3 miliardi di euro) di dazi ai prodotti statunitensi dopo che gli Stati Uniti avevano alzato le tasse sull’importazione di aerei europei, a causa del sostegno pubblico ad Airbus, uno dei più grandi produttori di aerei del mondo, da sempre in competizione con la statunitense Boeing.

Era stata l’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) a concedere agli Stati Uniti d’imporre dazi su 7,5 miliardi di dollari di merci UE in risposta agli aiuti di Stato forniti ad Airbus.

La disputa legale tra Airbus e Boeing va avanti da 15 anni. Nel 2016 il WTO aveva stabilito che la UE stesse avvantaggiando Airbus con dei sussidi impropri e Trump aveva minacciato di imporre dazi per circa 11 miliardi di dollari all’anno.

Ci sono voluti quattro anni prima di capire che se gli USA mettono i dazi ai prodotti UE, anche la UE può farlo nei confronti degli USA.

L’Unione Europea dovrebbe ora applicare nuove tariffe sulle attrezzature agricole e sui prodotti agricoli statunitensi come patate dolci, arachidi e tabacco.

Lo farà? No. Piuttosto troveranno degli escamotage sottobanco. Questo perché siamo ancora dei nani politici.

 

Dall’inizio di agosto 2020 sono stati registrati quasi 80mila incendi in Amazzonia e più di 45mila incendi nel Cerrado, una vasta savana tropicale che si trova in Brasile. La maggior parte dei roghi è dolosa e le fiamme sono appiccate per espandere i campi coltivabili, destinati in particolare alla coltura della soia e per creare pascoli. Anche il mais, altra coltura in forte crescita in Brasile, sta sottraendo terreni alla foresta pluviale. Mentre in passato l’ha fatto la canna da zucchero, di cui il Paese è primo produttore al mondo. Ma l’Amazzonia brucia anche per cercare pepite d’oro e filoni ricchi di ferro, rame, bauxite e altri minerali, costringendo le comunità locali a lasciare i loro villaggi.

Quasi tutta la soia prodotta in Brasile è destinata all’esportazione (soprattutto europea) ed è usata principalmente per i mangimi degli animali. Il Paese ha strappato agli USA il primato nell’export di soia, e le sue forniture alla Cina, grazie alla guerra dei dazi tra Washington e Pechino, continuano a crescere.

Come noto gli incendi vengono considerati come fatalità stagionali da Jair Bolsonaro, il presidente della Repubblica sudamericana, che ha respinto con sdegno la proposta di un piano del G7 per la difesa dell’Amazzonia, definendola un’ingerenza colonialistica.

Quest’uomo assolutamente irresponsabile, detto il Trump dei tropici, ha invitato gli imprenditori a non preoccuparsi delle leggi a difesa del territorio, assicurandoli sul fatto che lo Stato avrà mano leggera nel punire eventuali violazioni.

Ha favorito lo sfruttamento delle risorse minerarie della Riserva nazionale del rame e associati (Renca), un’area dell’Amazzonia che si estende per oltre 45mila km quadrati, all’incirca quanto la Danimarca.

La deforestazione dagli anni ’70 a oggi in tutta l’Amazzonia ha superato 1,4 milioni di ettari. E i danni si sono verificati fino a 70 km di distanza dalle aree coperte da licenze estrattive.

Si stima che per oltre il 70% la deforestazione sia stata provocata dalla ricerca di pascoli per nutrire le mandrie di bovini, che in Brasile si sono moltiplicate in modo esponenziale, arrivando a contare qualcosa come 200 milioni di capi.

Il Paese è oggi il maggior esportatore di carni al mondo, con circa un quarto del mercato totale. Anche i pellami sono una voce di esportazione sempre più importante.

Qualcuno ha mai pensato di boicottare il Brasile per queste assurdità ambientali? L’unico è stato il ministro dell’Economia finlandese, sull’importazione di carne brasiliana. Nessuno però l’ha ascoltato.

 

Solo perché l’ha detto lui dovremmo restarci. Mi riferisco a Trump e alle sue dichiarazioni sciagurate in un’intervista rilasciata al programma dell’emittente radiofonica britannica Lbc: “L’Italia starebbe molto meglio fuori dell’Unione Europea”.

Noi la UE l’abbiamo fondata. Magari l’avremmo voluta più unita politicamente e culturalmente e meno burocratica, ma si può sempre migliorarla.

Di sicuro sappiamo due cose: che di fronte ai giganti della globalizzazione saremmo molto più deboli senza Europa; che gli USA vogliono un’Europa ridotta ai minimi termini, perché la temono sul piano economico e finanziario.

Semmai dovremmo volere come nazione una maggiore indipendenza dagli USA, che con le loro basi NATO ci condizionano enormemente sul piano sia politico-militare che finanziario (20 miliardi di euro l’anno, cioè 56 milioni di euro al giorno, dieci volte quello che spendono Paesi come Svizzera, Svezia o Finlandia che nella NATO non ci sono, e li spendiamo per un esercito agli ordini di qualcun altro).

Gli USA ci obbligano a essere un Paese nucleare contro la nostra volontà, che abbiamo espresso due volte: le quattro centrali nucleari sono state chiuse a seguito dei referendum del 1987 e col referendum abrogativo del 2011 abbiamo rinunciato definitivamente a riattivarle.

Ci obbligano inoltre a partecipare alle cosiddette “missioni di pace”, che servono solo per la strategia militare degli USA su scala internazionale.

Gli USA ci vogliono fuori dalla UE per fare di noi un Paese con una sovranità ancora più limitata di quella che abbiamo adesso nei loro confronti.

Come apre bocca Trump mente. Infatti ha detto: “Sappiate che in Europa governano persone con le quali è molto difficile negoziare, mentre con me sarebbe tutto più facile: faremmo subito un grande accordo commerciale”.

È stato lui a mettere dei dazi doganali a molti nostri prodotti agricoli. E sempre lui vorrebbe che importassimo i loro OGM. Già adesso tutta la soia che importiamo è OGM.

Gli USA ci hanno anche costretto a mettere l’embargo alla Russia per la questione dell’Ucraina, che ci costa, come ritorsione sui nostri prodotti alimentari, circa 1,2 miliardi l’anno.

 

[29 ottobre] Whirlpool. India. Pandemie

 

La storia della Whirlpool è finita male. Il 31 ottobre chiuderà.

Dopo un anno di scioperi per impedire che i macchinari fossero portati in Polonia o in Cina, dove il costo del lavoro è ridicolo, la multinazionale del Michigan ha approfittato della seconda ondata di pandemia per chiudere definitivamente la sede napoletana.

Costruita dalla Ignis nel 1957, passata alla Philips nel 1972 e finita alla Whirlpool all’inizio degli anni novanta, era diventata un piccolo gioiello con standard tecnologici e produttivi molto alti. L’impianto oggi perde 20 milioni di euro all’anno e quindi non è più sostenibile.

Anche il polo casertano di Carinaro è stato trasformato in un deposito di pezzi di ricambio.

Il ministro Stefano Patuanelli ha dichiarato di non avere strumenti per fermare una multinazionale (che impegna 70 mila lavoratori in tutto il mondo ed è la maggiore produttrice mondiale di elettrodomestici). Il piano industriale 2019-2021, che prevedeva ammortizzatori sociali e incentivi economici, in cambio di un investimento da parte dell’azienda di 17 milioni di euro, non è servito a niente. L’azienda ha ricevuto aiuti pubblici in varia forma per un ammontare complessivo di circa 100 milioni di euro.

Per il 2020 la Whirlpool ha previsto un calo di fatturato tra il 13 e il 18% a causa della pandemia. Per questo l’azienda ha deciso di tagliare 500 milioni di dollari su manodopera e altri settori.

I lavoratori hanno ricevuto una lettera nella quale veniva annunciato il loro trasferimento a un’altra società, la Passive refrigeration solutions (Prs), una start-up svizzera dai finanziatori sconosciuti, che non ha neppure un sito web e non ha mai prodotto niente. La sede è a Lugano. La Prs ha già sciolto ogni trattativa con Whirlpool per la cessione della sede di Napoli, anzi ha dato mandato ai propri legali per denunciare la Whirlpool a causa dei suoi comportamenti.

Intanto 14 operai han già accettato la buonuscita di 75mila euro proposta dall’azienda.

Il lento esodo dei lavoratori è cominciato un anno fa. Erano 420, ora sono 350. Finora nessuno di loro ha trovato un altro lavoro, anche perché a 45 anni (età media nella fabbrica) non è facile. Poi c’è un altro migliaio di persone che lavora nell’indotto.

Quali errori si sono compiuti? Alcuni storici: aver indotto i Paesi comunisti a diventare capitalisti. Altri strategici: non aver occupato la fabbrica. Non avere alcuna idea di come ristrutturare una fabbrica in maniera non capitalistica. Fidarsi delle promesse di una multinazionale, concedendole ampie agevolazioni.

 

L’India ha approvato una norma che consente ai cittadini indiani di acquistare terreni nei territori del Jammu-Kashmir, unico stato indiano a maggioranza musulmana (66%), da 70 anni rivendicato dal Pakistan, cioè da quando nell’agosto 1947 i britannici rinunciarono all’India come loro colonia e accettarono di dividere il territorio in due nuovi Paesi indipendenti: l’India, a maggioranza induista, e il Pakistan, a maggioranza musulmana (da un pezzo del territorio pakistano nacque poi il Bangladesh, nel 1971). Milioni di persone migrarono da un Paese all’altro e ci fu moltissima violenza: i morti furono centinaia di migliaia. Nell’accordo che aveva stabilito la divisione dell’ex colonia britannica non era stata inserita alcuna soluzione per lo stato principesco del Jammu-Kashmir, uno dei 565 domini semi-indipendenti attraverso i quali la corona britannica aveva amministrato i territori indiani non direttamente sottoposti al suo controllo.

A quel tempo il Kashmir era un’area a maggioranza musulmana (contadini poveri) con un sovrano e molti agrari induisti. Nel 1947 sia l’India sia il Pakistan rivendicarono il piccolo stato principesco come proprio sulla base di ragioni religiose e culturali. I pakistani inviarono sul posto un esercito di volontari, mentre il principe locale chiese aiuto all’esercito indiano. Alla fine l’India riuscì a occupare due terzi della regione, mentre il Pakistan si prese il restante terzo.

L’ONU stabilì che la decisione finale doveva spettare alla popolazione locale, ma le elezioni non si tennero mai e la regione del Kashmir rimase divisa in due: da una parte lo stato indiano del Jammu-Kashmir, dall’altra quello pakistano del Gilgit-Baltistan. In mezzo, quella che anni dopo sarebbe diventata la cosiddetta “linea di controllo“.

Ora il nuovo provvedimento cancella il diritto esclusivo per chi è residente permanente nello stato del Kashmir all’acquisto di terreni nello stato stesso.

I politici locali denunciano una costante riduzione dei diritti del popolo del Kashmir da quando, lo scorso anno, è stato abolito lo statuto speciale garantito dalla Costituzione indiana fin dagli anni Cinquanta e che ne faceva una regione autonoma con proprie regole su residenza e proprietà. L’articolo 370 concede allo stato indiano una propria Costituzione, una bandiera separata e la libertà di fare leggi, sebbene gli affari esteri, la difesa e le comunicazioni restino appannaggio del governo centrale.

Nell’ottobre del 2019 infatti il Parlamento indiano ha diviso lo stato di Jammu-Kashmir in due diversi territori: uno che continua ad avere lo stesso nome e un Parlamento statale, mentre l’altro, al confine con la Cina, tra Tibet e Pakistan, chiamato Ladakh, privo di Parlamento. Da allora sono entrambi Territori dell’Unione ma governati direttamente dal governo centrale.

Il primo ministro indiano Narendra Modi vuole uniformare le regole in vigore nel Kashmir col resto del Paese.

Dagli anni Ottanta il Pakistan ha cominciato a incoraggiare movimenti di guerriglia nel Jammu-Kashmir, che insieme alla brutale repressione dell’esercito indiano hanno provocato la morte di più di 40mila persone.

In questa area i due Paesi hanno combattuto altre tre guerre (nel 1965, 1971 e 1999), nelle quali sono morte decine di migliaia di persone: l’ultima si concluse nel 2003.

Nel 2019 Modi ha ordinato un attacco aereo contro il Pakistan, dopo che un miliziano del Kashmir legato a un gruppo pakistano aveva fatto esplodere un’autobomba contro un convoglio militare indiano, uccidendo almeno quaranta soldati.

Durante il primo mandato di Modi il governo indiano aveva iniziato a riscrivere i libri di storia, eliminando molte parti che parlavano dei governanti musulmani, e aveva adottato politiche sempre più favorevoli agli induisti conservatori. Il progetto del premier è quello di cambiare il carattere fondamentale dell’India: da stato laico, voluto dai padri fondatori (tra cui Nehru, il primo capo del governo indiano) a nazione induista. Infatti negli ultimi cinque anni l’India di Modi si è spostata sempre più su posizioni nazionaliste e i gruppi e le organizzazioni indù di destra hanno acquisito sempre più potere.

Molti temono che ora il partito Bharatiya Janata (BJP) di Modi possa adottare nuovi provvedimenti per colpire l’Islam in India, per es. eliminando alcune particolari leggi relative ai matrimoni e alle eredità nelle famiglie musulmane e costruendo un tempio indù ad Ayodhya, sulle rovine di una moschea.

Intanto il governo indiano ha imposto un coprifuoco per evitare manifestazioni, ha interrotto tutte le comunicazioni verso l’esterno, ha arrestato diversi politici locali, anche i più moderati, e ha vietato qualsiasi forma di riunione e protesta.

Il primo ministro pakistano, Imran Khan, che vorrebbe tutto il Kashmir per sé, ha detto che si batterà contro la revoca dello “status speciale” rivolgendosi al Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Teme una pulizia etnica da parte dell’India.

Insomma ci sono tutte le premesse per una nuova guerra tra queste due potenze nucleari. E quella è una delle zone più militarizzate del mondo.

Anche la vicina Cina, che si è presa una parte del territorio nel 1962, ha espresso opposizione alla mossa indiana, schierandosi coi pakistani.

Da notare che il premier nazionalista Modi si sta preparando per le elezioni del prossimo maggio. Probabilmente ha voluto alzare i toni dello scontro con il Pakistan per aumentare i consensi del proprio partito. Ma la situazione potrebbe facilmente degenerare.

In gioco non ci sono solo cospicui giacimenti di rubini, oro, argento, rame, carbone, ferro e manganese, ma anche lo sfruttamento delle foreste e soprattutto delle risorse idriche del bacino dell’Indo (la zona è ricca di ghiacciai e nevi perenni), anche se l’80% della popolazione lavora in campo agricolo e nell’allevamento.

L’India è interessata soprattutto all’acqua, poiché orienta da sempre la propria politica energetica sull’idroelettrico, di cui è settimo produttore mondiale e quarto potenziale, dopo Cina, Brasile e Canada. Le dighe – potenzialmente – sono in grado di bloccare l’80% dell’approvvigionamento idrico dell’agricoltura pakistana.

 

Interessante un art. sull’attuale pandemia apparso sul “New York Times” del 21 maggio e tradotto da “Internazionale”.

La tesi che si sostiene, mettendo a confronto le varie pandemie della storia, è che la conclusione sociale della pandemia arrivi prima di quella medica. Nel senso che le persone potrebbero stancarsi delle restrizioni al punto da “dichiarare” conclusa la pandemia anche se il virus dovesse continuare a colpire la popolazione e prima che sia disponibile un vaccino o una cura.

Alla fine diventa una questione di psicologia sociale.

Per es. l’influenza di Hong Kong del 1968 provocò la morte di un milione di persone in tutto il mondo. Le vittime furono soprattutto anziani. Oggi il virus circola ancora come influenza stagionale, ma quasi nessuno ricorda più il suo impatto iniziale e la paura che ne conseguì.

L’influenza del 1918 uccise tra i cinquanta e i cento milioni di persone in tutto il mondo. Il virus colpiva gli adulti giovani e di mezza età, flagellando le truppe inviate al fronte nel pieno della prima guerra mondiale.

Dopo aver travolto l’intero pianeta, l’influenza perse vigore fino a diventare una variante dell’influenza lieve che si ripresenta ogni anno.

In quel caso ci fu anche una conclusione sociale. La prima guerra mondiale era finita e le persone erano pronte per un nuovo inizio e desiderose di lasciarsi alle spalle l’incubo della malattia e del conflitto bellico. Fino a pochi mesi fa l’influenza del 1918 era solo un ricordo sbiadito.

Naturalmente ci sono anche malattie che arrivano alla loro conclusione medica. Per es. il vaiolo. Ma si tratta di eccezioni. Le epidemie di vaiolo hanno martoriato la popolazione umana per tremila anni, almeno finché si è trovato un vaccino efficace. Inoltre il virus che provoca la malattia non ha un ospite animale, così è stata la scomparsa del vaiolo tra gli esseri umani a debellare definitivamente la malattia. Infine i sintomi sono talmente specifici da essere facilmente associabili al virus, facilitando quarantene efficaci e un tracciamento dei contatti affidabile.

Insomma dobbiamo smettere di vivere nel panico e imparare a convivere col Covid-19.

 

[30 ottobre] Francia, islam. Verifica online. NATO

 

Ecco un elenco dei messaggi di cordoglio che avrebbero meritato delle precisazioni. Ci si riferisce alle tre persone uccise da un tunisino nella cattedrale di Notre Dame, nel centro di Nizza.

Il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin ha riportato le parole del papa: “assicura la sua vicinanza alla Comunità cattolica di Francia e a tutto il popolo francese che chiama all’unità”.

La vicinanza deve assicurarla anche alla comunità islamica di Francia, in quanto milioni di credenti non hanno nulla a che fare con questi atti terroristici, anzi loro stessi ne sono vittime, rischiando facilmente di diventare il bersaglio di chi compie indebite generalizzazioni. Come quella p.es. di chi parla di “terrorismo islamico”, come se chi appartiene a questa religione potesse più facilmente diventare un terrorista.

I cattolici francesi devono in realtà sentirsi uniti agli islamici francesi nella lotta contro ogni forma di estremismo giustizialista in nome della religione.

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio inviato al Presidente della Repubblica Francese, Emmanuel Macron: “Nel condannare quest’ulteriore, deplorevole gesto di violenza, manteniamo ferma la determinazione nel contrastare il fanatismo di qualsivoglia matrice, a difesa di quei principi di tolleranza che costituiscono il tessuto connettivo delle nostre società democratiche”.

Ottimo. Avrei solo aggiunto, dopo le parole “qualsivoglia matrice”, laica o religiosa che sia. Questo perché non siamo così ingenui da pensare che solo un credente possa diventare un fanatico. Non ha senso credere che un laico o un ateo, solo perché tale, abbia la patente della persona tollerante. Il criterio della verità è la pratica.

“Il vile attacco che si è consumato a Nizza non scalfisce il fronte comune a difesa dei valori di libertà e pace. Le nostre certezze sono più forti di fanatismo, odio e terrore. Ci stringiamo ai familiari delle vittime e ai nostri fratelli francesi. Nous Sommes Unis!”. Lo scrive il premier Giuseppe Conte.

Non ho capito: siamo già uniti contro qualcuno? Dobbiamo considerare i nostri “fratelli francesi”, quelli laici o cattolici, migliori degli islamici presenti in Francia? Non sono forse anche quelli nostri “fratelli”? Sono cittadini francesi, anzi europei, pagano le tasse come noi, obbediscono alle leggi come noi. Con chi dobbiamo fare “fronte comune” per combattere “fanatismo, odio e terrore”? Con una parte della società contro l’altra? Rischiando così di far scoppiare dei pogrom razzistici? O delle guerre di religione?

“L’Italia ripudia ogni estremismo e resta al fianco della Francia nella lotta contro il terrorismo e ogni radicalismo violento”. Lo scrive il ministro degli Esteri Luigi Di Maio.

Giusto. E l’Italia soprattutto teme l’istigazione alla violenza, per cui raccomanda prudenza, tatto, diplomazia quando si difendono le ragioni di qualcuno senza considerare le ragioni di chi la pensa diversamente. Non si può dire infatti che le recenti dichiarazioni di Macron, che hanno fatto infuriare due miliardi di musulmani, sia andate in questa direzione.

“Contro il terrorismo dobbiamo essere capaci di unirci come comunità, rispondendo con fermezza e affermando i nostri valori”. Lo scrive il presidente della Camera, Roberto Fico.

Quali “nostri valori”? Quelli cattolici? La Francia è la patria del laicismo. Quelli laici? La Francia cade spesso nella tentazione di trasformare il laicismo in una nuova religione, da contrapporre in questo caso all’Islam. Forse i valori occidentali? Ma anche gli immigrati francesi, dopo un po’ che vivono da noi, e soprattutto se decidono di non tornare ai loro Paesi d’origine, dobbiamo considerarli occidentali come noi. Non possiamo ghettizzarli, anche perché nella UE sono decine di milioni di persone. Dunque non restano che i valori umani. E noi non possiamo certo dire che gli islamici ne siano privi. Li ha riconosciuti persino il papa nella sua ultima enciclica.

La cancelliera tedesca Angela Merkel ha scritto in un messaggio pubblicato dal suo portavoce, Steffen Seibert: “La Germania è con la Francia in questo momento difficile”. Anche il primo ministro britannico Boris Johnson ha scritto: “Il Regno Unito è al fianco della Francia nella lotta al terrore e all’intolleranza”.

Cioè si fa fronte comune tra due Stati contro chi? Anche gli immigrati islamici residenti in Francia sono cittadini francesi. Se dovesse scoppiare una guerra, quanti cittadini islamici francesi contribuirebbero a difendere la loro nazione? È naturale che sia così. Che senso ha che uno Stato dichiari la propria solidarietà a un altro Stato quando non è in corso alcuna guerra contro un terzo Stato? Queste espressioni nazionalistiche non fanno bene alla pace nel mondo.

 

Alunne bendate durante l’interrogazione a distanza per impedire loro di consultare gli appunti. È quanto accaduto nei giorni scorsi al liceo “Caccioppoli” di Scafati (Salerno) dove una insegnante di Latino e Greco ha adottato questa decisione durante una lezione svolta con la didattica a distanza.

Il consigliere regionale della Campania di Europa Verde, Francesco Emilio Borrelli, ha presentato un’interrogazione all’assessore Lucia Fortini.

Ecco a cosa serve il giornalismo: a creare scandali là dove le cose sono del tutto normali. La didattica a distanza ha senso quando si impartiscono lezioni, non quando si fanno verifiche orali o scritte, perché lo sanno tutti che si può copiare. Se si è costretti a fare verifiche, bisogna adottare degli accorgimenti, altrimenti diventa una burletta. O forse il giornalista preferiva, nella sua ignoranza sulla formazione a distanza, che l’alunna rispondesse a ogni item di un test in non più di 30 secondi?

 

Il Segretario di Stato americano Pompeo, già respinto da Papa Francesco, chiede all’Italia di spostare dalla base in Germania a quella di Aviano, destinata a diventare la principale base US Air Force in Europa, uno squadrone di F16 e un ulteriore armamento atomico.

La sudditanza del governo nei confronti degli americani è rivoltante.

 

[31 ottobre] Charlie Hebdo. Covid-19. Whirlpool. Cina

 

Scrive Luca Bottura il 30 ottobre su Repubblica.it: “La diffusa opinione che le vignette di “Charlie Hebdo” rappresenterebbero un brodo di coltura per il terrorismo somiglia a quella di chi pensa che la minigonna faciliti lo stupro. Tra i valori non negoziabili che la Francia ha insegnato all’Occidente c’è quello della laicità, più che del laicismo, e tutti poggiano sull’architrave della libertà di espressione. Dire che Macron se l’è cercata, con la sua difesa del foglio satirico parigino, rappresenta un grave equivoco e un ribaltamento plateale del rapporto di causa-effetto. Nella migliore delle ipotesi. Nella peggiore, è il paravento per una torsione democratica che non solo non dobbiamo permettere, ma non dobbiamo concedere agli estremisti islamici.

Le copertine di “Charlie Hebdo” su Maometto erano orribili? Certo. Specie se sei musulmano. Quelle sull’Italia dopo il terremoto, col sangue dei morti paragonato al sugo, irricevibili? Ovviamente. Specie se sei italiano. I motteggi contro il Papa, le suore, altre religioni assortite, potevano risultare disturbanti? Se sei cattolico, di più. Perché di qualunque evenienza satirica è difficile dire che “non fa ridere”. Spesso fa ridere alcuni, non altri. Dipende da quanto ti tocca.

Ma c’è una differenza ancora più decisiva. Che dopo la pubblicazione, nessun italiano è mai entrato nella sede del giornale che le ha stampate per giustiziarne gli autori. E che nessun cattolico si è messo a sgozzare innocenti per lavare una presunta onta scritta con l’inchiostro.

Delle due, dunque, l’una: l’emancipazione non tanto culturale, ma esperienziale, di chi con la democrazia ha una consuetudine più lunga, va onorata continuando a difendere i valori che da noi sono ben riposti nella Costituzione all’altezza dell’articolo 21.

Oppure, mettiamo un tetto. Fissiamo delle regole di buon gusto, non foss’altro che per paura, a quel che si può dire. Sostituiamo l’opportunità al codice penale, che al momento stabilisce i limiti di ciò che è pronunciabile e cosa no.

A quel punto però si pone la domande delle domande: chi decide questi limiti? Chi decide dove sia la decenza? Chi mette il punto di non ritorno oltre il quale devono valere la censura o l’autocensura? Perché mica ce n’è una sola, di soglia da superare. Che tu sia cattolico, islamico, italiano, sammarinese, persino tifoso del Bologna, la tua percezione del sacro non è la stessa di quello che ti sta accanto. Figurarsi del legislatore. O del giudice.

Ma poi: ne basterebbe uno? Chi dovrebbe stilare il codice di auto-condotta?”

Poi va avanti con altre amenità, quelle tipiche di chi ama l’individualismo delle nostre società liberistiche. Infatti arriva a dire “non riesco a immaginare nulla di più sottomesso che intimare a qualcuno di nascondere i propri disegni perché qualcuno se ne fa schermo per uccidere”.

Perché questi ragionamenti hanno un valore etico prossimo allo zero? Il motivo è molto semplice e lo diceva già Paolo di Tarso duemila anni fa: “Non possiamo fare della nostra libertà un motivo per scandalizzare gli altri”. Cioè in sostanza non basta affermare la laicità dei valori. Occorre anche che i valori siano umani e se sono umani non possono certamente essere imposti. Vogliamo che lo Stato imponga la laicità per tutti? Bene, ma laicità vuol dire rispetto delle idee umane e democratiche. “Charlie Hebdo” rispetta con le sue vignette indecenti la sensibilità, i valori, la fede religiosa degli altri? No, non lo fa. E allora lo si chiuda. Non è utile a nessuno. Non favorisce la convivenza civile. È anti-pedagogico per definizione. È una minaccia alla stabilità di un Paese, anche perché può essere facilmente strumentalizzato da un governo con ambizioni autoritarie. Come appunto quello di Macron.

 

Lo scienziato russo Alexander Chepurnov, di 68 anni, virologo presso il Centro federale di ricerca medica di Novosibirsk, dopo essersi ammalato di Covid nel mese di febbraio, aveva deciso di fare da cavia per una ricerca che verificasse la forza degli anticorpi e stabilire quanto tempo potessero stare in circolo nell’organismo.

Dopo soli tre mesi dalla guarigione le analisi dimostrarono un abbassamento notevole degli anticorpi: se ne contavano il 20% in meno, per scomparire quasi completamente dopo sei mesi. E così, stando volontariamente a contatto con persone infette, il professore era risultato nuovamente positivo al Covid. Questa volta però l’infezione era più grave (polmonite bilaterale), tanto da richiedere il ricovero in ospedale. Guarirà dopo circa due settimane, perdendo di nuovo l’olfatto e cambiando la percezione del gusto.

L’esperimento aveva praticamente dimostrato che se anche la maggior parte della popolazione dovesse contrarre il virus, l’immunità di gregge non ci sarà.

Una recente ricerca dell’Imperial College di Londra ha scoperto che in tre mesi vengono persi il 26% degli anticorpi. La perdita è più veloce negli over 75. Lo studio è stato effettuato su 365mila persone selezionate a caso. A loro era stato inviato a casa il cosiddetto “test pungidito” con cui verificare la quantità di anticorpi al Covid-19 presenti nell’organismo. L’analisi dei dati è partita dal momento di massima diffusione dell’epidemia in Inghilterra e ha monitorato la quantità di anticorpi dopo 12, 18 e 24 settimane. La rilevazione ha avvalorato l’idea secondo cui dopo sei mesi, un anno al massimo, gli anticorpi possono scomparire dal corpo umano.

Domanda: a che serve il vaccino? Di sicuro una somministrazione una tantum non sarà sufficiente a fermare la pandemia.

 

Marc Blizter, il numero uno della multinazionale Whirlpool è stato perentorio col premier Conte: nessun ripensamento. L’azienda si limiterà a pagare gli stipendi sino a fine anno.

A nulla sono valsi gli incentivi messi sul piatto: ancora nuovi soldi, la decontribuzione al 30%, persino i prestiti garantiti dallo Stato attraverso Sace. Whirlpool si è presa 17 milioni di soldi pubblici grazie all’accordo firmato il 25 ottobre 2018, quando ministro dello Sviluppo economico era Di Maio, e chiuderà lo stesso il 1 novembre.

Come minimo i macchinari andavano sequestrati, a titolo di risarcimento del danno subìto per violazione dell’accordo.

In un Paese normale la politica dovrebbe avere più potere sull’economia.

 

Il governo cinese respinge il decoupling con gli USA e punta sempre di più sulla “autosufficienza tecnologica”.

Che significa decoupling? È il disaccoppiamento tra le due maggiori economie del mondo. Già adesso le imprese statunitensi stanno pensando di rilocalizzare la produzione strategica verso altri Paesi. L’esempio più noto è quello della produzione dei prossimi iPhone spostata in India, ma sono molte le liste che includono più di 50 grandi aziende americane che hanno avviato un processo di trasloco.

Gli USA han paura della capacità economica della Cina e non hanno più intenzione di trasferire le loro attività in questo Paese che pur offre grandi vantaggi sul costo del lavoro. Ora temono di perdere la guerra commerciale.

Di qui la decisione del governo cinese di sganciarsi dalla tecnologia americana. Si punta soprattutto su Hong Kong, per farla diventare un centro internazionale di innovazione e tecnologia, che dovrà servire anche per la Nuova via della seta.

Ecco cosa significa “socialismo con caratteristiche cinesi”, cioè capitalismo sul piano sociale, sempre più autonomo sul piano tecnologico, e dittatura su quello politico, ove il premier è un presidente a vita e otto partiti politici legalmente riconosciuti seguono la direzione del Partito Comunista Cinese. Sembra che l’unico problema rimasto insoluto in Cina sia il divario enorme tra le ricche città costiere e le sottosviluppate aree interne.

Intanto questo è stato l’unico Paese al mondo ad aver risentito pochissimo – o addirittura ad avere tratto beneficio – della tragedia del Covid.

Il PIL sfiora il 5% e la disoccupazione è in forte calo.

 

[1 novembre] Laicità. Oscurantismo religioso. Debito pubblico. Francia, laicità

 

Nel 1989 il politologo statunitense Samuel Huntington scatenò un acceso dibattito affermando che dopo la guerra fredda i conflitti nel mondo non sarebbero più stati segnati dalle ideologie, ma da uno scontro tra culture e identità. Huntington fu sommerso di critiche, e quella controversia l’ha accompagnato fino alla morte, nel 2008.

Aveva ragione. Come per es. dimostrano le reazioni alle ultime tragedie in Francia: la decapitazione di un insegnante nei pressi di Parigi e l’assassinio di tre fedeli in una chiesa di Nizza. È forte la tentazione di vedere il mondo come uno “scontro di civiltà”.

È bastato un uso sbagliato della rivista “Charlie Hebdo”, che ha suscitato una reazione abnorme da parte di qualche fondamentalista, per pensare che gli islamisti attacchino soprattutto l’occidente cristiano. Questo è un errore concettuale che si aggiunge al giustizialismo privato.

Infatti ci siamo scordati che la maggioranza delle vittime del terrorismo nel mondo è costituita anzitutto da altri musulmani, uccisi non perché fossero “cattivi fedeli” ma per “terrorizzare” i sopravvissuti e spingerli a sottomettersi. Dall’Afghanistan alla Nigeria, dal Caucaso all’Algeria, la storia degli ultimi quarant’anni è scritta anche col sangue di musulmani che si combattono tra loro.

Il che non vuol dire che per alcune frange estremiste l’occidente cristiano non possa costituire un bersaglio. Ma lo è in quanto forma di egemonia a livello mondiale: il fatto che sia anche cristiano è incidentale. La religione è sempre usata come pretesto per altri contenziosi, economici o politici.

Lo storico israeliano Yuval Noah Harari ritiene che l’integralismo islamico non sia una guerra contro l’occidente, ma una guerra contro qualsiasi civiltà. Una posizione, questa, facilmente interpretabile come razzistica e che lascia trapelare la paura degli ebrei nei confronti degli islamici.

 

La lettera aperta del 30 ottobre che mons Carlo Maria Viganò ha rivolto al presidente Donald Trump, contiene aspetti allucinanti, apprezzati però dal generale Jack Flynn, braccio destro di Trump.

Secondo lui esisterebbe “una cospirazione globale contro Dio e contro l’umanità”. Da parte di chi? In questione sarebbero le “forze del Male in una battaglia senza quartiere contro le forze del Bene; forze del Male che sembrano potenti e organizzate dinanzi ai figli della Luce, disorientati e disorganizzati, abbandonati dai loro capi temporali e spirituali”.

Sta delirando o si riferisce a qualcuno in particolare? Lui dice che è qualcuno che “vuole demolire le basi stesse della società: la famiglia naturale, il rispetto per la vita umana, l’amore per la Patria, la libertà di educazione e di impresa”.

Cioè in pratica qualcuno che vuole legittimare coppie gay, che è favorevole a leggi abortiste, che è contrario al nazionalismo (quindi non è razzista), che ostacola il liberismo economico e che non sopporta le scuole private.

Ma questo strano nemico, non ancora ben identificato, è solo uno o sono tanti? Ecco la risposta del prelato, famoso per altre sue lettere aperte: “Vediamo i capi delle Nazioni e i leader religiosi assecondare questo suicidio della cultura occidentale e della sua anima cristiana, mentre ai cittadini e ai credenti sono negati i diritti fondamentali, in nome di un’emergenza sanitaria che sempre più si rivela come strumentale all’instaurazione di una disumana tirannide senza volto”.

Di chi sta parlando? Sembrano affermazioni deliranti. Finalmente si apre uno spiraglio che fa capire qualcosa. “Un piano globale, denominato Great Reset, è in via di realizzazione. Ne è artefice un’élite che vuole sottomettere l’umanità intera, imponendo misure coercitive con cui limitare drasticamente le libertà delle persone e dei popoli. In alcune nazioni questo progetto è già stato approvato e finanziato; in altre è ancora in uno stadio iniziale. Dietro i leader mondiali, complici ed esecutori di questo progetto infernale, si celano personaggi senza scrupoli che finanziano il World Economic Forum e l’Event 201, promuovendone l’agenda”.

Il Grande Riassetto Mondiale? E chi lo dirige? Il Maestro di tutti gli Ordini, vissuto e cresciuto a pane e svastica, Klaus Schwab, 82 anni, impregnato fin da bambino di una certa cultura nazista. Schwab è il presidente esecutivo del World Economic Forum.

Ma che progetto avrebbe il Great Reset, gruppo paramassonico, fondato nel 1954 da un colonnello delle SS a riposo? Lo spiega l’arcivescovo: “è l’imposizione di una dittatura sanitaria finalizzata all’imposizione di misure liberticide, nascoste dietro allettanti promesse di assicurare un reddito universale e di cancellare il debito dei singoli. Prezzo di queste concessioni del Fondo Monetario Internazionale dovrebbe essere la rinuncia alla proprietà privata e l’adesione a un programma di vaccinazione Covid-19 e Covid-21 promosso da Bill Gates con la collaborazione dei principali gruppi farmaceutici. Al di là degli enormi interessi economici che muovono i promotori del Great Reset, l’imposizione della vaccinazione si accompagnerà all’obbligo di un passaporto sanitario e di un ID digitale, con il conseguente tracciamento dei contatti di tutta la popolazione mondiale. Chi non accetterà di sottoporsi a queste misure verrà confinato in campi di detenzione o agli arresti domiciliari, e gli verranno confiscati tutti i beni”.

In effetti il cinquantunesimo summit annuale del World Economic Forum si svolgerà a Davos a giugno 2021, con partecipazione delle star mondiali di politica, finanza, economia, e una rete di 400 città in collegamento internazionale.

Ma è possibile che un forum del genere riesca a stabilire regole così mostruose? Mons Viganò è preoccupatissimo: “in alcuni Paesi il Great Reset dovrebbe essere attivato tra la fine di quest’anno e il primo trimestre del 2021. A tal scopo, sono previsti ulteriori lockdown, ufficialmente giustificati da una presunta seconda e terza ondata della pandemia”.

Ma a che servirebbero tutti questi lockdown? In pratica il virus servirebbe per “seminare il panico e legittimare draconiane limitazioni delle libertà individuali, provocando ad arte una crisi economica mondiale. Questa crisi serve per rendere irreversibile, nelle intenzioni dei suoi artefici, il ricorso degli Stati al Great Reset, dando il colpo di grazia a un mondo di cui si vuole cancellare completamente l’esistenza e lo stesso ricordo”.

Terribile. Davvero esistono gruppi di persone in grado di avere poteri così forti? E se sì, ha senso rivolgersi a quello squilibrato di Trump per porre un argine a un pericolo del genere? Lui che proprio ieri ha accusato i medici di gonfiare i numeri dei morti per coronavirus solo per fare soldi!

Viganò sta forse parlando a nuora per rivolgersi a suocera? E chi sarebbe questa suocera? Da non crederci: è l’attuale governo Conte. Il Vaticano non vuole un secondo lockdown ed è pronto a mettersi con chi manifesta in piazza. Motivo? Eccolo: “Nessuno, fino allo scorso febbraio, avrebbe mai pensato che si sarebbe giunti, in tutte le nostre città, ad arrestare i cittadini per il solo fatto di voler camminare per strada, di respirare, di voler tenere aperto il proprio negozio, di andare a Messa la domenica. Eppure avviene in tutto il mondo, anche in quell’Italia da cartolina che molti Americani considerano come un piccolo Paese incantato, coi suoi antichi monumenti, le sue chiese, le sue incantevoli città, i suoi caratteristici villaggi. E mentre i politici se ne stanno asserragliati nei loro palazzi a promulgare decreti come dei satrapi persiani, le attività falliscono, chiudono i negozi, si impedisce alla popolazione di vivere, di muoversi, di lavorare, di pregare. Le disastrose conseguenze psicologiche di questa operazione si stanno già vedendo, ad iniziare dai suicidi di imprenditori disperati, e dai nostri figli, segregati dagli amici e dai compagni per seguire le lezioni davanti a un computer”.

Ecco il vero obiettivo della lettera: colpire il governo Conte e condannare tutte le sue restrizioni, giudicate assurde, mostrando che Trump agisce molto diversamente nei confronti di questo virus. Lui è più libero, non ha paura di ammalarsi e difende strenuamente i valori religiosi ed economici dell’Occidente.

Ma Viganò non se la prende solo con Conte. Ha di mira persino l’attuale pontefice, come già fatto in altre occasioni pubbliche. Questo perché “colui che occupa la Sede di Pietro fin dall’inizio ha tradito il proprio ruolo, per difendere e promuovere l’ideologia globalista, assecondando l’agenda della deep church, che lo ha scelto dal suo grembo”.

Immagino che soprattutto il mons non abbia digerito il patto di collaborazione che Bergoglio ha fatto di recente col governo cinese. I cattolici integralisti infatti l’hanno interpretato come una forma di punizione dei martiri della Chiesa cattolica clandestina, e di sottomissione della libertà religiosa e dell’autonomia della Chiesa di Roma ai desiderata dell’ideologia del Partito Comunista Cinese.

Ecco quindi il nuovo messia che deve combattere i figli delle tenebre: “Lei ha chiaramente affermato di voler difendere la Nazione, One Nation under God, le libertà fondamentali, i valori non negoziabili oggi negati e combattuti. È Lei, caro Presidente, colui che si oppone al deep state, all’assalto finale dei figli delle tenebre”. Trump sarebbe “l’ultimo presidio contro la dittatura mondiale”. Come se lui potesse essere la persona più indicata per difendere i valori della cristianità contro “il Nemico del genere umano”.

E di sicuro Biden non è “un personaggio manovrato dal deep state, gravemente compromesso in scandali e corruzione, che farà agli Stati Uniti ciò che Jorge Mario Bergoglio sta facendo alla Chiesa, il Primo Ministro Conte all’Italia, il Presidente Macron alla Francia, il Primo Ministro Sanchez alla Spagna, e via dicendo. La ricattabilità di Joe Biden – al pari di quella dei Prelati del “cerchio magico” vaticano – consentirà di usarlo spregiudicatamente, consentendo a poteri illegittimi di interferire nella politica interna e negli equilibri internazionali. È evidente che chi lo manovra ha già pronto uno peggiore di lui con cui sostituirlo non appena se ne presenterà l’occasione”.

Incredibile che un arcivescovo usi espressioni così farneticanti, che potrebbero trovarsi nel diario di uno psicopatico.

 

Nel 2020 il bilancio della Federal reserve, la banca centrale statunitense, è passato dai 4.159 miliardi di dollari del 24 febbraio ai 7.151 miliardi del 12 ottobre, con un’iniezione monetaria pari a quasi tremila miliardi di dollari in sette mesi, un fatto senza precedenti.

Il bilancio dell’Eurosistema (la rete di banche centrali guidata dalla BCE) era di 4.692 miliardi di euro il 28 febbraio e di 6.705 miliardi il 2 ottobre, con una crescita di duemila miliardi. Ormai vale circa il 60% del PIL dell’eurozona.

A cosa serve tutto questo denaro? Nei periodi di calma, le banche centrali si accontentano di erogare prestiti a breve termine per garantire la liquidità del sistema. Dal momento che le entrate e le uscite delle banche private non si riequilibrano mai nello stesso momento, le banche centrali prestano temporaneamente delle somme che gli istituti rimborsano in seguito. Dopo la crisi del 2008 le banche centrali hanno cominciato a prestare denaro con scadenze sempre più lunghe (prima settimane, poi mesi, poi anni) per rassicurare gli investitori, terrorizzati all’idea che i loro compagni di gioco potessero fallire.

Negli ultimi decenni la finanza è diventata un gigantesco casinò. Tutti hanno dato e preso denaro in prestito in proporzioni mai viste, al punto che il totale di attivi e passivi delle finanze private detenute da banche, aziende e famiglie oggi supera il 1.000% del PIL nei Paesi ricchi, rispetto al 200% negli anni Settanta.

Anche i patrimoni reali (cioè quelli del mercato immobiliare e delle aziende) sono cresciuti molto, passando dal 300% al 500% del PIL.

In un certo senso i bilanci delle banche centrali non hanno fatto altro che seguire (in ritardo) l’esplosione dei bilanci privati, per preservare la loro capacità d’azione di fronte ai mercati. Grazie al loro nuovo attivismo le banche centrali hanno acquistato una quota crescente di titoli di debito pubblico, portando i tassi d’interesse vicino allo zero. All’inizio del 2020 la BCE deteneva il 20% del debito pubblico dell’eurozona, ed entro la fine dell’anno potrebbe arrivare a quasi il 30%.

Negli Stati Uniti c’è una situazione simile. È improbabile che un giorno la BCE o la Federal Reserve decidano di rimettere questi titoli sul mercato o di esigerne il pagamento, quindi potremmo stabilire fin da subito di non conteggiarli più nel totale del debito pubblico.

È forse possibile immaginare che in futuro le banche centrali disporranno del 50 e poi del 100% del debito pubblico e così alleggeriranno il carico finanziario sugli Stati?

Da un punto di vista tecnico non ci sarebbero problemi. La difficoltà sta nel fatto che, se da un lato questa politica risolve la questione del debito pubblico, dall’altro crea altre difficoltà, in particolare in termini di aumento della disuguaglianza. Se si continua a stampare moneta e ad acquistare titoli finanziari viene dopato il valore azionario e immobiliare, con il risultato che i più ricchi diventano sempre più ricchi. Per i piccoli risparmiatori i tassi d’interesse nulli o negativi non sono necessariamente una buona notizia. Ma chi ha i mezzi per prendere in prestito denaro a tassi bassi può fare grandi profitti.

Le cose andrebbero diversamente se lo stampare moneta, invece di alimentare la bolla finanziaria, finanziasse un rilancio sociale ed ecologico. Questo permetterebbe di alleggerire il debito e di ridurre le disuguaglianze, d’investire nei settori utili per il futuro e di spostare l’inflazione verso i salari, i beni e i servizi.

Tuttavia, appena l’inflazione tornerà a essere sostanziale (3 o 4% all’anno) sarà necessario rallentare la creazione monetaria e ricorrere a strumenti fiscali. La storia lo dimostra: stampare moneta non basta, perché genera delle conseguenze incontrollabili dal punto di vista della distribuzione della ricchezza. Furono i prelievi eccezionali sui più ricchi a riportare sotto controllo i debiti pubblici del dopoguerra e a creare il patto sociale dei decenni successivi.

L’autore si è dimenticato di dire che se le banche centrali si prendono tutto il debito delle banche nazionali, l’indipendenza di un governo o di uno Stato si riduce a zero.

“Internazionale” n. 1381/2020

 

Preso dal panico, perché ha capito che dopo le sue farneticanti dichiarazioni di guerra culturale anti-islamica metteva a rischio l’incolumità di tutti i francesi sparsi nel mondo, il presidente Emmanuel Macron ha concesso un’intervista rivolta al mondo arabo, registrata dalla tv Al Jazeera. Pur condannando ovviamente e risolutamente ogni “violenza”, ha finalmente ammesso di “comprendere lo shock provocato dalle caricature di Maometto da parte di Charlie Hebdo”.

Come se quelle vignette non costituissero alcuna forma di violenza! Come se la violenza potesse essere solo fisica e non anche verbale o mediatica o morale!

Va bene che sei cresciuto in una famiglia non religiosa, però tu stesso a 12 anni hai chiesto d’essere battezzato come cattolico romano. E poi hai frequentato il lycée de la Providence di Amiens, gestito dai gesuiti, dove tra l’altro hai conosciuto la professoressa Brigitte Trogneux, coniugata con figli, di cui ti eri follemente innamorato e con la quale, pur essendoci 24 anni di differenza, avevi stabilito una relazione sentimentale, poi addirittura approdata in un matrimonio.

Quindi un minimo di “istruzione religiosa” dovresti averla, anche se ti vanti d’essere un campione della laicità. E allora medita su quanto disse Gesù Cristo ai propri discepoli: “Non sono le cose che entrano dentro che fanno male, perché quelle finiscono nella latrina. Sono le cose che escono dal cuore che feriscono”.

Non ci vuol molto a capire che il cuore può servirsi anche di una matita.

E poi, per favore, non insultare l’intelligenza degli islamici dicendo che le vignette incriminate non sono state prodotte dal governo, quando fino a ieri le hai difese strenuamente.

La libertà d’espressione senza rispetto delle opinioni altrui l’hai fatta diventare un’aberrazione del laicismo. Anzi del “tuo” laicismo, che pur viene osannato da altri politici e statisti irresponsabili come te.

 

[2 novembre] Diritti femminili. Tanzania. Francia, laicità. Toti, Covid-19

 

“La diversità di genere è una priorità per il B20”. “La diversità di genere fa bene agli affari”. “L’emancipazione delle donne dev’essere in cima all’agenda”.

Queste e altre bellissime dichiarazioni si trovano negli atti ufficiali del Business Twenty (B20), “il dialogo ufficiale tra il G20 e la comunità degli affari”, organizzato il 26 e 27 ottobre dall’Arabia Saudita in vista del G20, il forum delle principali economie mondiali che si terrà il 21 e 22 novembre.

Siamo di fronte all’ennesima farsa prodotta dalla narrativa ufficiale delle “riforme” e della “modernizzazione”, le parole d’ordine della campagna di pubbliche relazioni guidata dal principe Mohammed bin Salman. Dietro questi specchietti per le tante allodole che mantengono strettissimi rapporti con la monarchia saudita, c’è una realtà fatta di repressione e di carcere, che vede dietro le sbarre le vere promotrici delle riforme.

Loujain al Hathloul, Nassima al-Sada, Samar Badawi, Maya’a al-Zahrani e Nouf Abdulaziz sono state protagoniste di importanti campagne per i diritti delle donne, tra cui quelle per il diritto alla guida e per la parziale fine del repressivo sistema del tutore maschile. Sono in prigione dalla primavera del 2018, accusate di “aver cercato di minare la sicurezza e la stabilità del regno e l’unità nazionale”.

Loujain, dopo mesi di isolamento, dopo la tortura con le scariche elettriche, dopo le molestie e la violenza sessuale, ha intrapreso negli ultimi giorni uno sciopero della fame per protestare contro il divieto di comunicare con i suoi familiari.

Su ilfattoquotidiano.it

 

Alle recenti elezioni in Tanzania ha vinto il presidente uscente John Magufuli, che cercava il secondo mandato. Il suo Partito della Rivoluzione, che governa il Paese dal 1977, ha ottenuto 12,5 milioni di voti (76%), mentre il suo principale sfidante, Tundu Lissu, del partito Chadema, solo 1,9 milioni (13%). Nel 2015 il rapporto tra i due partiti era di 58% a 40%.

Le opposizioni han parlato di brogli (anche nel 2015 l’avevano fatto) e Lissu ha detto di non accettare il risultato delle elezioni. Lissu è rientrato nel Paese a luglio dopo tre anni di esilio. Nel 2017 era fuggito dopo un tentato assassinio che l’aveva ridotto in fin di vita con una decina di pallottole nel corpo.

Magufuli ha 61 anni ed è presidente dal 2015. È conosciuto col soprannome “Bulldozer” per la sua passione per i grandi lavori pubblici e per la sua capacità di ottenere sempre quello che vuole.

Egli consolida un processo già da tempo in corso: il progressivo allontanamento della Tanzania dagli ideali democratici con cui si era liberata all’inizio degli anni ’60 del colonialismo inglese, e il suo avvicinamento a modelli autoritari (p.es. quello dello Zimbabwe).

Durante i suoi anni di presidenza Magufuli è riuscito a far crescere l’economia del Paese, avviare importanti progetti infrastrutturali, tagliare gli sprechi nella spesa pubblica e rendere gratuita l’istruzione per tutte le scuole statali.

Ha vietato il fumo dell’hashish, l’esportazione di minerali non lavorati, l’uso del suo Paese come bandiera di comodo su navi mercantili straniere che trasportano droghe e armi.

Con uno dei tassi di crescita economica più elevati del continente (circa il 6%), il governo ha favorito particolarmente il settore ferroviario. Il piccolo porto peschereccio di Bagamoyo, per il quale sono stati stanziati 10 miliardi di dollari di investimenti, dovrebbe diventare il più grande porto dell’Africa entro il 2030.

Ha promosso inoltre una legislazione che elimina il diritto delle società minerarie di ricorrere all’arbitrato internazionale. Il contenzioso fiscale con Acacia Mining, accusata di aver sottovalutato per anni la sua produzione di oro, ha portato a un accordo secondo cui la Tanzania ottiene il 16% delle quote delle miniere detenute dalla multinazionale.

È stato però anche accusato di avere aumentato la repressione, arrestato gli oppositori e approvato misure per limitare la libertà di stampa e l’attività dei gruppi che si occupano di difesa dei diritti umani. Una legge del 2018 impone ai blog e ad altri fornitori di news online di detenere licenze governative con limitazioni sui contenuti.

Chi contesta le statistiche ufficiali e soprattutto i numeri del PIL rischia tre anni di galera. La Banca mondiale ha pronosticato solo il 2,5% per l’anno in corso.

Ha favorito la discriminazione per motivi legati al genere e all’orientamento sessuale. Le persone condannate per relazioni omosessuali possono essere incarcerate fino a 30 anni. Ha vietato tutti i progetti di sensibilizzazione sull’HIV e AIDS. Ha minacciato di arrestare e deportare chiunque faccia una campagna per i diritti dei gay, rendendo difficile trovare un avvocato che difenda i casi di violenza contro le persone LGBTQ. Se c’è un omosessuale che ha un account Facebook o Instagram, tutti coloro che lo seguono sono colpevoli come lui.

Da buon cattolico devoto è contrario a contraccezione e aborto.

Si rifiuta di dare dati statistici sulla questione del coronavirus.

Già a partire da gennaio aveva ordinato la sospensione delle attività di sei media tanzaniani, per un periodo fino a undici mesi. Ha obbligato le emittenti di radio e tv a chiedere l’autorizzazione alle autorità per usare qualsiasi tipo di materiale prodotto dai media stranieri. Ha negato a molte testate straniere i permessi per andare nel Paese e seguire le elezioni, e ha imposto a quelle accettate la presenza costante di un funzionario del governo.

Queste news ci possono servire non solo per conoscere i Paesi africani, oggetto di una sempre più marcata migrazione verso la UE, ma anche per capire quanto può essere relativa una democrazia col 76% dei consensi. All’inizio ti presenti come progressista, poi, ottenuto il consenso, fai il contrario. Tutto il mondo è paese.

 

La laïcité n’a jamais tué personne”, ha detto Macron. La laicità non ha mai ucciso nessuno.

In teoria neanche le religioni dovrebbero farlo, poiché non ce n’è una che non voglia pace, amore e giustizia.

Quando lo fanno è perché si lasciano fuorviare da interessi politici ed economici. Ma anche la laicità è soggetta alla medesima strumentalizzazione. L’abbiamo visto nelle rivoluzioni borghesi e nel socialismo statale.

La laicità di per sé non è migliore della religione. Semmai sono le persone ad essere migliori di altre sulla base dei loro comportamenti, cioè a prescindere dall’ideologia, laica o religiosa che sia.

Esistono idee (laiche o religiose) migliori delle persone che le professano, come esistono persone migliori delle loro idee.

Lo vuoi capire Macron che solo la pratica è il criterio della verità? Smettila di arrampicarti sugli specchi. Avresti fatto meglio a usare maggiore tatto e diplomazia nel difendere la volgare libertà di espressione della rivista “Charlie Hebdo”. Non sei uno statista avveduto.

Se gli islamici vinceranno il cristianesimo o il laicismo dipenderà da quanto avranno dimostrato sul piano pratico. E con uno come te non sarà loro difficile in Francia. L’unica fortuna dei laici è che i fondamentalisti islamici reagiscono in maniera spropositata alle offese che subiscono. Ed è questo che li condanna a restare una minoranza, non altro.

 

Il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti ha scritto in un tweet, parlando degli anziani: “Si tratta di persone che sono per fortuna per lo più in pensione, non sono indispensabili allo sforzo produttivo del Paese ma, essendo più fragili, vanno tutelate in ogni modo”.

Molti lo hanno contestato e lui naturalmente ha detto di essere stato frainteso. Anche il suo maestro Berlusconi lo diceva.

Le parole sono stupide non solo sul piano etico ma anche su quello economico. Infatti solo una persona profondamente ignorante in economia può non sapere che proprio i pensionati sono molto utili nei tanti servizi del volontariato sociale, nell’aiutare con le loro pensioni i figli in difficoltà, nell’accudire i nipoti...

E poi l’età media dei contagiati, in questa seconda ondata di pandemia, si è notevolmente abbassata: 42 anni! E non sono i pensionati che contagiano i lavoratori ma il contrario. Non a caso il 78% dei focolai si sviluppano in famiglia. Semmai sono i pensionati a morire di Covid.

 

[3 novembre] Campania. Disturbi alimentari. Israele. Norvegia, banca dei semi. Svizzera, Covid-19

 

La situazione a Napoli è tragica, perché l’economia della città, dalla fine degli anni Novanta, si fonda prevalentemente sugli introiti dovuti al turismo: bed and breakfast, hotel, ristoranti, trattorie, bar, taxi, guide turistiche. Molti preferiscono morire di Covid che di fame.

Durante la prima crisi sanitaria solo nel territorio di Napoli i volontari e il Comune hanno distribuito la spesa a circa seimila famiglie in condizione di forte necessità.

Ora la Campania è una delle Regioni più colpite dalla seconda ondata con quasi quattromila contagi al giorno.

Il governatore Vincenzo De Luca aveva annunciato un lockdown regionale, che poi però ha dovuto sospendere per l’esplosione delle proteste di piazza.

Nelle proteste non ci sono bandiere politiche, perché di regola sono eventi spontanei, organizzati sui social network da parte di gruppi e categorie di lavoratori che di solito non scendono in piazza o che non scendevano in piazza da tempo.

Non è da escludere che siano presenti soggetti appartenenti a organizzazioni criminali di tipo camorrista, che sostengono i commercianti, perché da loro prendono il pizzo. I camorristi fingono d’interessarsi alla sofferenza economica delle categorie più deboli, perché questo è anche un modo per reclutare affiliati a buon mercato. Inoltre hanno la possibilità di infiltrarsi nelle attività economiche facendo affari di varia natura (dagli acquisti sotto costo all’usura). I momenti di emergenza sono una manna caduta dal cielo per la criminalità organizzata.

Chiudere poi le scuole in una città dove l’abbandono scolastico è già alto e dove molti ragazzi non hanno la possibilità di collegarsi via internet per seguire le lezioni a distanza, pare del tutto insensato. Senza poi considerare che molti bambini vivono in alloggi che sono al di sotto degli standard nazionali.

Un’altra categoria che scende in piazza da mesi a Napoli è quella dei lavoratori precari dello spettacolo, che spesso svolgono la loro attività in nero, a chiamata o con contratti di collaborazione che non prevedono ammortizzatori sociali.

Ma la categoria più numerosa nelle piazze delle ultime settimane è stata quella dei ristoratori e dei baristi, colpiti direttamente dalle ultime misure che impongono chiusure anticipate.

La situazione rischia di esplodere perché ci sono troppe persone che lavorano in nero e in grigio, per le quali bisognerebbe pensare a un reddito universale e a una sospensione di tasse e affitti.

Queste categorie di lavoratori (dalle lavoratrici domestiche ai parcheggiatori fino ai lavoratori della ristorazione e del turismo) hanno fatto fatica ad accedere ai sussidi (dai buoni spesa alla cassa integrazione), proprio per l’impossibilità di formalizzare le loro richieste a causa del lavoro che svolgono.

Su “Internazionale” del 2 novembre.

Forse il Covid-19 è una prova da superare, non solo di resistenza personale ma anche in funzione di un ripensamento degli stili di vita, dei modelli sociali. Sta mettendo allo scoperto un sistema che non funziona o che non può continuare a funzionare con le mezze misure, i sotterfugi, la cronica precarietà quotidiana, la mancanza di prospettive...

 

Sono oltre 3 milioni in Italia le persone che convivono con disturbi del comportamento alimentare. Tra queste 2 milioni e 300 mila sono adolescenti.

Lo dice “Hangry Butterflies”, il documentario della regista Maruska Albertazzi, presentato ad “Alice nella Città alla Festa del Cinema” di Roma, in sala dal 23 al 25 novembre con un’uscita evento distribuito da Blindspot, anche produttore con Rai Cinema.

Parla anche di Instagram, dove esiste un mondo di profili creati da ragazze intenzionate a vincere la battaglia contro i disturbi del comportamento alimentare (come anoressia, bulimia ma anche binge eating, cioè le abbuffate compulsive). Ragazze tra i 14 e i 22 anni che si fanno forza a vicenda.

Il documentario segue il primo incontro dal vivo a Firenze della community online legata dall’hashtag #larivincitadellefarfalle di Instagram.

Come è facile intuire, questi mesi di pandemia e di lockdown hanno aggravato i disturbi alimentari del 30-40%. E questa è la prima patologia mentale per mortalità.

 

Hallel Rabin, 19 anni, della comunità antroposofica di Harduf, si rifiuta di arruolarsi nell’esercito israeliano perché contraria a qualsiasi forma di violenza.

Avrebbe potuto far finta di essere religiosa o di essere affetta da disturbi mentali per essere esonerata. Invece ha chiesto che l’esercito riconosca la legittimità della sua obiezione di coscienza.

Ha ribadito il suo desiderio di fare il servizio civile volontario, ma è stata rinchiusa in prigione, poiché si ha l’impressione che la ragazza si opponga alla violenza dello Stato israeliano nei confronti dei palestinesi. E in Israele questa non è una motivazione valida per esercitare il diritto all’obiezione di coscienza, ma è una presa di posizione politica.

Tuttavia le motivazioni della Rabin riguardano la società israeliana non il rapporto di Israele con i palestinesi.

Lei dice che non ha intenzione di lavorare “in un sistema basato sulla disuguaglianza, la paura e l’incapacità di vedere l’altro. Per un giovane israeliano questo è spaventoso quanto lo è per un giovane palestinese”.

Su “Internazionale” n. 1381

Se tutti la pensassero come lei, probabilmente non esisterebbero neppure gli eserciti. Oggi però in nessuna parte del mondo esiste un Paese che abbia rinunciato spontaneamente a un proprio esercito. Là dove manca, è perché la difesa è stata affidata a qualche altro Stato. Eppure ci sentiremmo tutti più sicuri se fossimo tutti disarmati. Invece di pensare il contrario.

 

Lo Svalbard global seed vault (Deposito globale di semi delle Svalbard) è un deposito che si trova vicino alla cittadina di Longyearbyen, nell’isola norvegese di Spitsbergen, nel remoto arcipelago artico delle isole Svalbard a circa 1200-1300 km dal Polo Nord.

È una banca dei semi inaugurata nel 2008, che ha la funzione di fornire una rete di sicurezza contro la perdita botanica del patrimonio genetico tradizionale delle sementi dovuta a guerre e calamità naturali. In particolare si cerca di preservare le 21 colture più importanti della Terra, quali il riso, il mais, il frumento, le patate, le mele, la manioca, il taro e la noce di cocco con le loro varietà, garantendo così la diversità genetica.

Ha già ricevuto più di un milione di campioni da tutto il mondo. Che sono protetti da un centro di tre sale con porte d’acciaio di notevole spessore: la struttura è costruita in calcestruzzo in modo da resistere a una eventuale guerra nucleare o a un incidente aereo.

In un certo senso si può dire che il governo norvegese è proprietario dell’edificio mentre le banche del gene lo sono dei semi.

Ora la struttura è a rischio, perché il clima sta cambiando e il terreno ghiacciato che la circonda ha cominciato a sciogliersi.

Ormai non abbiamo neanche più bisogno delle guerre per autodistruggerci. È sufficiente la tecnologia eco-insostenibile.

D’altra parte nelle regioni polari, e in particolare nell’Artico, il cambiamento climatico dovuto alle emissioni di gas serra sta procedendo molto rapidamente, a causa del fatto che ghiacci e nevi, essendo bianchi, riflettono molta più luce (e quindi calore) rispetto all’oceano e alla terra nuda. Il riscaldamento accelera lo scioglimento, che a sua volta accelera il riscaldamento. Non se ne esce.

In Siberia l’inizio dello scioglimento del permafrost, lo strato di terreno che nelle regioni circumpolari resta ghiacciato per tutto l’anno, sta liberando nell’atmosfera grandi quantità di anidride carbonica, metano e altri gas serra, che favoriscono la diffusione degli incendi, responsabili nel 2019 di oltre 3 milioni di ettari di foresta andati in fumo.

 

La Svizzera, subissata dal Covid in proporzione marcatamente più grave dell’Italia e della Germania, ha deciso scientemente di lasciare morire i propri vecchi a favore delle generazioni giovani. Una direttiva emessa dall’Accademia Svizzera delle Scienze Mediche e dalla Società Svizzera di Medicina Intensiva, dal titolo “Triage dei trattamenti di medicina intensiva in caso di scarsità di risorse”, risponde esplicitamente a una domanda che viene posta in molti ospedali, precisando le tipologie di pazienti destinati a non essere soggetti ad “alcuna rianimazione cardiopolmonare” in caso di scarsità di posti in Terapia Intensiva: “Età superiore a 85 anni o età superiore a 75 anni se accompagnata da almeno uno dei seguenti criteri: cirrosi epatica, insufficienza renale cronica stadio III, insufficienza cardiaca di classe NYHA superiore a 1 e sopravvivenza stimata a meno di 24 mesi”.

Pure altre condizioni incurabili, come la “demenza grave”, possono bloccare l’accesso alle cure. Si tratta comunque di scelte da farsi solo in casi di particolare emergenza.

Il triage arriva dalla medicina militare ed è utilizzato come meccanismo per assegnare le priorità ai pazienti sui quali intervenire quando non tutti possono ricevere cure, come appunto in una guerra, quando i feriti vengono divisi in tre gruppi: “gli spacciati”, “i feriti minori” e, in mezzo, quelli che si può forse salvare con le risorse disponibili, lasciando gli altri ai rispettivi destini.

Ovviamente le risorse disponibili per salvare un generale rispetto a un soldato semplice potrebbero essere maggiori. Gli anziani oggi sono invece meno rari e meno preziosi, forse perché sono tanti. L’ampliamento della categoria, attraverso l’accresciuta speranza di vita, ne ha minato il livello “qualitativo”.

Non mi assumo la responsabilità di quanto scritto, perché non riesco a immaginare chi prenderà decisioni così imbarazzanti per la coscienza. Dico soltanto che se uno è anziano ed è stato colpito dal Covid, è bene che sappia prima come andranno le cose. Così è pronto al peggio.

 

[4 novembre] Suicidio. Messico. Debito pubblico. Sean Connery. Oscurantismo religioso

 

Il suicidio, nel mondo, è la seconda causa di morte tra giovani e giovanissimi. In Italia, su 4.000 suicidi l’anno, oltre il 5% è compiuto da ragazzi sotto i 24 anni. Cresce anche il fenomeno dell’autolesionismo tra gli adolescenti. In Europa oltre 1/4 degli adolescenti (età media 14 anni) mette in atto comportamenti autolesivi occasionali o ripetuti nel tempo. In Italia il fenomeno riguarda circa il 20% dei ragazzi.

Il suicidio dovrebbe essere una tragedia degli adulti, con le loro speranze frustrate e il loro disincanto.

È che gli adulti si abituano allo schifo, si fanno gli anticorpi grazie alle delusioni subite. I giovani invece sono più idealisti. Gli uni vorrebbero uscire da un sistema ritenuto immodificabile. Gli altri (se sono davvero idealisti e non cinici) non vedono l’ora di entrarci per modificarlo.

I giovani che si ammazzano lo fanno perché non sono riusciti a farsi una posizione o perché, avendo capito tutto in anticipo, non se la vogliono proprio fare?

 

“Il Post” del 2 novembre scrive che il Messico è il Paese in cui si bevono più bevande zuccherate al mondo e 3/4 dei suoi abitanti sono in sovrappeso, per non parlare del fatto che circa 1/6 dei casi di diabete può essere collegato al consumo di queste bevande. In valori assoluti ogni anno i morti per cause legate al consumo di bibite sono circa 30-40mila.

Un’indagine ha dimostrato che tra il 1999 e il 2006 il consumo tra gli adolescenti è più che raddoppiato e tra le donne è addirittura triplicato. Nello stesso arco di tempo c’è stato un aumento del 40% dell’obesità nei bambini dai 5 agli 11 anni. Rispetto al 2000 l’incidenza del diabete era raddoppiata.

Solo di recente è entrata in vigore una legge sulle etichette degli alimenti che impone di segnalare più chiaramente le bevande e i prodotti che hanno un alto contenuto di zuccheri, grassi, sodio e calorie.

La principale responsabile di questo disastro alimentare è la Coca Cola.

Nel 2012 ciascun messicano beveva in media il doppio della Coca Cola consumata dalle persone degli altri Paesi.

Secondo il “Guardian” in alcune zone remote del Chiapas – dove si registrano alcuni dei consumi più alti di Coca Cola – vi sono persino dei neonati che bevono la bibita dai biberon; delle volte la Coca Cola viene utilizzata anche durante i riti religiosi, perché secondo chi li pratica aiuterebbe ad allontanare gli spiriti maligni.

Negli ultimi decenni la dieta dei messicani è cambiata parecchio: il consumo di fagioli, un alimento tipico del Paese, si è dimezzato. Si mangia il 30% di frutta e verdura in meno rispetto a 20 anni fa.

La cosa è dovuta al North American Free Trade Agreement (NAFTA), un grosso accordo commerciale tra Paesi americani, che entrò in vigore nel 1994 per agevolare il libero scambio di merci con Stati Uniti e Canada senza pesanti dazi. Da quel momento in tutto il Messico iniziarono a diffondersi moltissimo prodotti alimentari raffinati e confezionati, oltre appunto alle bibite zuccherate.

I vari impianti di imbottigliamento e distribuzione della Coca Cola impiegano direttamente 100mila persone nel Paese, e indirettamente questa multinazionale dà lavoro a 1 milione di persone e contribuisce all’1,4% del PIL del Messico.

Neanche la tassa del 2014 sulle bevande zuccherate e sul cosiddetto “cibo spazzatura”, che ha fatto aumentare il costo di questi prodotti più o meno del 10%, è servita a qualcosa di significativo.

Nel 2018 la Coca Cola ha tagliato di 1/3 la quantità di zuccheri nella ricetta della bevanda distribuita in Messico e per non perdere una grossa fetta di mercato, ha promesso di comprare più materie prime dal Paese, si è impegnata a prestare più attenzione all’impatto ecologico dell’azienda, ha sviluppato un programma per il microcredito e ha distribuito disinfettante e dispositivi di protezione individuale in diversi punti vendita per vincere il Covid-19.

Quali lezioni trarre da questo post?

Mai fare business con le multinazionali quando se ne può fare a meno.

Mai aprirsi al libero scambio quando rispetto al concorrente si è debolissimi.

Mai credere alla pubblicità commerciale.

Mai drogarsi di “Coca”.

 

Scrive Emilio Barucci, professore di finanza matematica al Politecnico di Milano, nel suo blog: “Da che mondo è mondo ci sono soltanto tre strade per uscire da un elevato debito pubblico senza ricorrere a misure straordinarie: avanzi primari di finanza pubblica, elevata crescita, inflazione. Nel primo caso lo Stato risparmia (incassa di più di quanto spende) e così facendo riduce il debito pubblico. Negli ultimi venti anni, a causa anche dei vincoli europei, l’Italia ha battuto soprattutto questa strada.”

E abbiamo visto tutti a cosa è servito: produttività bloccata e debito pubblico rimasto inalterato. Col Covid poi è salito al 160% del PIL.

Secondo Barucci però “Affrontare il primo problema contribuisce a risolvere il secondo, ma purtroppo la crescita dei Paesi sviluppati negli ultimi venti anni – e in Italia in particolare – è sempre stata debole. È difficile pensare che si possa tornare al livello degli anni ’60.”

Idea, questa, completamente sbagliata, poiché sviluppo e debito marciano su binari superati. Il nostro debito pubblico è frutto soprattutto di corruzione della politica, che non ha impedito al nostro Paese di assestarsi tra i primi 10 più ricchi al mondo. Semmai da noi manca una vera redistribuzione del reddito ed è presente un’ampia evasione fiscale.

Sulla terza strada conclude l’accademico: “Un’inflazione moderatamente elevata aiuta, in quanto riduce lo stock del debito non indicizzato al livello dei prezzi e rende i tassi di interesse reali negativi (quello che effettivamente paghiamo al netto del rincaro del costo della vita) rilanciando l’economia. Per capirsi: se ho un titolo che mi consegna 100 euro tra due anni e l’inflazione viaggia al 5% annuo, allora il mio denaro tra due anni varrà in effetti soltanto 90 euro in termini di beni che potrò acquistare. L’inflazione agisce in modo subdolo, diminuendo il valore del nostro salario e del denaro che abbiamo in tasca”.

Strano questo modo di considerare positivamente l’inflazione. La gente comune di solito è molto preoccupata quando i prezzi salgono. Ricordiamo tutti l’inflazione terribile degli anni ’70 e la svalutazione della lira. Siamo entrati nella UE anche per avere maggiore stabilità. È vero che entro il 2050 nessun Paese della UE sarà più tra le sette principali economie mondiali. Ma l’Unione Europea unita sarà ancora in testa alle classifiche.

Forse sarebbe stato meglio dire che il capitalismo in sé è un disastro, soprattutto in occidente, dove gli aspetti finanziari stanno affossando quelli economico-produttivi. Ci lamentiamo che la Cina, col suo ridicolo costo del lavoro, sta mandando in rovina le nostre aziende (salvo quelle che si trasferiscono là). Ma le crisi finanziarie, borsistiche, bancarie non è certo la Cina a crearle.

 

Sui social sono tornate a circolare vecchie interviste, in cui Sean Connery, il più grande 007 di sempre, morto il 31 ottobre, parlava della violenza sulle donne, senza condannarla totalmente.

Era il 1965 e Connery dichiarava a Playboy: “Non credo ci sia nulla di particolarmente sbagliato nel colpire una donna, anche se non consiglio di farlo nello stesso modo in cui colpisci un uomo”. Per l’attore uno “schiaffo a mani aperte” è “giustificato” se “tutte le altre alternative falliscono e ci sono stati molti avvertimenti”. Inoltre ha detto: “Se una donna è stronza o isterica allora io lo farei”.

In un’altra intervista, nel 1987, disse: “Le donne vogliono avere l’ultima parola, e tu dai loro l’ultima parola, ma non sono contente neanche di quello. Vogliono provocare”.

Sei anni dopo affermò d’essere stato frainteso: “Intendevo che schiaffeggiare una donna non è la cosa più crudele che puoi farle. Molto più crudele è far loro del male psicologicamente, ridurle ad una situazione tale che comincino a odiare se stesse. Diciamo la verità: talora ci sono donne a cui piace tirare la corda. Donne che cercano l’ ultimo affronto, che vogliono un ceffone”.

L’ultima rettifica risale al 2006: “Nessun tipo di abuso nei confronti delle donne è mai giustificato. Punto”. Quello stesso anno la prima moglie, Diane Cilento, lo accusò in un’autobiografia di averla più volte picchiata. Lui ha negato. Non avrà però potuto negare che negli ultimi suoi anni di demenza senile sia stata la seconda moglie ad assisterlo. Bisogna comunque riconoscergli l’impegno per l’ambiente (protezione della vita marina tutelata dalla Sea Shepherd Conservation Society) e per l’indipendenza della Scozia dall’Inghilterra.

Tutti abbiamo visto i suoi film. Ci piacevano per svariati motivi, tra cui la sua interpretazione. Due cose però erano assolutamente insopportabili: la superiorità dell’uomo bianco britannico su chiunque altro (con l’annesso anticomunismo della Guerra fredda) e la donna trattata come oggetto sessuale (addirittura in certi film ritratta in maniera demenziale e caricaturale). In fondo lui era bravo perché recitava se stesso.

Così come Ian Fleming aveva elaborato un personaggio che gli assomigliava. Non a caso si mise a scrivere i suoi romanzi per “sfuggire alle noie della vita coniugale”, come viene detto in Wikipedia. L’altro modo era quello di bere molti alcolici e di fumare talmente tanto una miscela speciale di tabacco, prodotta appositamente per lui a Londra, che morì prematuramente.

 

“Aborto più grave della pedofilia”, urla in chiesa dell’Immacolata Concezione, durante la messa del 27 ottobre, il vicario del vescovo di Macerata, don Andrea Leonesi, che ha elogiato la Polonia per “la legge in cui anche il feto malformato non può essere abortito” e ha ricordato la sottomissione della moglie nel matrimonio cristiano. Ha poi concluso dicendo: “Il Signore ci conceda una nuova generazione di politici cristiani”.

Si dice tanto dell’oscurantismo islamico. Perché, qual è la differenza dal cattolicesimo romano? Se non ci fosse stata la riforma protestante e la rivoluzione industriale che ha laicizzato i costumi, saremmo ancora in pieno clericalismo feudale.

 

[5 novembre] Omotransfobia. Sistema elettorale USA. Bergoglio, unioni civili. Droga. Nucleare

 

La Camera ha approvato con scrutinio segreto la legge per contrastare l’omotransfobia, la misoginia e le violenze contro le persone disabili. I sì sono stati 265, i no 193, gli astenuti 1. La legge passa ora in Senato.

Dentro Forza Italia sono stati cinque i dissidenti che, in disaccordo con quanto deciso dal gruppo, han scelto di schierarsi a favore.

La destra non si smentisce mai. Pur di contestare il governo, si rifiuta di ammettere l’evidenza di una scelta favorevole ai diritti umani.

Mi meraviglio che Conte abbia chiesto a questa gente di collaborare per affrontare la pandemia. Ma forse l’ha fatto solo per una correttezza formale.

 

Il sistema elettorale per scegliere il presidente degli USA è piuttosto complicato e contiene aspetti demenziali. Non sono i cittadini che eleggono direttamente il presidente. Il loro voto finisce nel Collegio elettorale, che è composto da 100 senatori e 435 rappresentanti più 3 elettori eletti dal Distretto di Columbia. In tutto 538.

Per diventare presidente ci vuole una maggioranza di 270 voti. Se non si realizza una maggioranza assoluta su un candidato alla presidenza, è la Camera dei rappresentanti ad assumere le funzioni di organo elettore del presidente e del vicepresidente: in questo caso ogni gruppo di rappresentanti che esprime uno stato conta un voto (ad esclusione del Distretto di Columbia).

Ogni stato federato elegge un numero di delegati in rapporto al numero della propria popolazione e pari ai rappresentanti dello stesso stato al Congresso.

Gli elettori del Collegio, selezionati da ogni singolo stato, dovrebbero sentirsi obbligati a votare per il candidato presidenziale risultato vincitore in ogni singolo stato. Ma possono non farlo, poiché votano a scrutinio segreto e senza vincolo di mandato elettorale. Legalmente non sono tenuti a rispettare le indicazioni di voto della lista con la quale vengono eletti. Nella Costituzione non sono presenti obblighi per cui un grande elettore debba votare il candidato che rappresenta.

Solitamente il voto del Collegio elettorale esprime la maggioranza che si è realizzata nel voto popolare. Tuttavia vi sono stati casi in cui ciò non è avvenuto, come nelle elezioni presidenziali del 2016, quando ci sono stati vari Grandi elettori “infedeli” che hanno fatto vincere Trump. Quindi questo sistema può dar vita a differenze di risultato tra voto popolare e voto del Collegio elettorale. Hillary Clinton ebbe quasi tre milioni di preferenze in più di Trump, eppure lui ebbe il 56,5% dei Grandi elettori dalla sua parte.

In 26 stati e nel Distretto di Columbia ci sono leggi statali che prevedono sanzioni amministrative o penali per l’elettore che non rispetta il proprio mandato (in Carolina del Sud, Carolina del Nord e Michigan è previsto l’annullamento del voto e la sostituzione del Grande elettore). Ma nei restanti 24 stati non ci sono leggi che obbligano il grande elettore.

Che democrazia popolare è?

 

“Papa Francesco è un eretico che deve essere convertito”, parola di Don Ragusa, vice parroco di Borgio Verezzi, in provincia di Savona, che i fedeli hanno sentito durante una messa. Molti dei quali avevano minacciato di non frequentare più la parrocchia.

È stato allontanato urgentemente dal vescovo di Albenga-Imperia, mons. Guglielmo Borghetti, visto che non aveva ascoltato i suggerimenti alla prudenza del suo parroco di origine indiana, Joy Thottamkara, devoto a Maria Vergine, stando al suo profilo Twitter.

Il prete si riferiva a ciò che il papa aveva detto sulle unioni civili.

Nel mondo cattolico, gerarchico per definizione, il papa non può mai essere contestato, meno che mai dal clero, che è pecora per vocazione. Semmai si aspetta che se ne faccia un altro.

Neppure i giornalisti o i politici si azzardano a criticare una figura che da sempre è oggetto di culto della personalità. Figuriamoci se può farlo un cappellano che non conta nulla.

Ma il vero problema per quel prete è un altro: non conosce i diritti umani, non capisce nulla di democrazia e di tolleranza civile. E ha detto di non essere stato frainteso, come molti fanno in questi casi.

 

Il mercato degli stupefacenti sta diventando sempre più capillare sul territorio, con costi delle droghe sempre più bassi. Dall’inizio dell’epidemia Covid c’è una nuova forma di approvvigionamento, quella dei siti web. Nuove sostanze illegali hanno affiancato le tradizionali, ma i servizi territoriali sono rimasti gli stessi con pochi fondi per la prevenzione, soprattutto da quando il fondo nazionale antidroga è confluito nel fondo delle politiche sociali nazionali. Questo perché si pensava che il problema fosse sotto controllo.

La legge risale al 1990, poi modificata nel 1995, senza strumenti adeguati per aiutare questi ragazzi, visto che il sistema è rimasto ingessato sulla figura dell’eroinomane.

Secondo i dati ufficiali relativi al 2018, si parla di 880mila ragazzi che hanno dichiarato di aver fatto uso di sostanze illegali, pari a 1 ragazzo su 3 tra quelli che vanno a scuola tra i 15 e i 19 anni.

Ma il fenomeno è in continuo aumento e l’età si è abbassata tra gli 11 e i 14 anni. Pochissimi i giovani che vanno nei centri pubblici spontaneamente. Su 300mila persone che si rivolgono ai servizi pubblici per dipendenze legate al consumo di sostanze stupefacenti meno del 10% ha un’età inferiore ai 25 anni.

Esiste inoltre una fascia di adolescenti soggiogata dalle sostanze legali: alcool, analgesici oppiacei, benzodiazepine ed altri psicofarmaci assunti in mix.

Il Covid naturalmente ha creato ulteriori problemi relazionali.

E la criminalità organizzata continua liberamente a speculare su questa dipendenza.

 

L’Italia ha generato elettricità da centrali nucleari tra il 1963 e il 1990. Il primo impianto è stato quello di Latina, avviato nel ’63, il più potente d’Europa per l’epoca. Sono seguiti gli impianti di Sessa Aurunca e Trino nei due anni seguenti e quello di Caorso del 1977. Tra gli anni ’60 e ’70 il nucleare italiano conobbe il periodo di massimo sviluppo: nel 1966 l’Italia era il terzo Paese occidentale per potenza nucleare installata.

L’incidente di Chernobyl del 1986 portò però a un drastico cambio di rotta. Risalgono al 1987 i tre referendum abrogativi che diedero inizio alla scomparsa del nucleare in Italia. I quesiti si concentravano su localizzazione degli impianti, abrogazione del compenso dovuto ai Comuni che ospitavano centrali nucleari e il divieto per l’Enel di svolgere attività inerente al nucleare all’estero.

La vittoria schiacciante del sì diede inizio al declino del comparto nel nostro Paese. Tra il 1988 e il 1990 le centrali ancora attive vennero chiuse.

Tuttavia nei primi anni del nuovo millennio, Enel ha cominciato a reinvestire in questa tecnologia, avviando dapprima la costruzione di nuovi reattori in Slovacchia.

Poi nel 2009 il governo Berlusconi firmò con la Francia un accordo per la costruzione di quattro nuovi impianti da parte di Enel in collaborazione con Edf (la maggiore società elettrica francese). La prima centrale sarebbe dovuta essere completata proprio nel 2020.

Nel 2010 l’Italia dei Valori propose un nuovo referendum sul tema, questa volta incentrato sulla costituzionalità o meno di una legge che permetteva di ignorare eventuali istanze regionali in materia di identificazione dei nuovi siti nucleari.

La Corte costituzionale decise di fissare la data del referendum al 12-13 giugno 2011.

L’11 Marzo 2011 tre reattori nucleari furono gravemente danneggiati da uno tsunami di 14 metri nel sito giapponese di Fukushima.

A soli tre mesi da un incidente nucleare di tale portata, la vittoria dell’abrogazione fu schiacciante: 94% dei votanti, per un quorum raggiunto del 55%. Questa volta l’abbandono del nucleare da parte dell’Italia fu davvero irreversibile, tant’è che l’Enel decise di disinvestire nel giro di pochi anni tutte le risorse mobilizzate.

Ora però dobbiamo smantellare tutti gli impianti, che sono molto diversi tra loro a livello tecnologico e che naturalmente non sono stati progettati tenendo conto della necessità di un loro smantellamento. Chi mai avrebbe dovuto pensare che la scienza può anche essere pericolosa, se applicata in una certa maniera?

Dove mettere ora le scorie radioattive per i prossimi millenni? Come demolire le strutture senza provocare inquinamenti, anzi riportando il terreno su cui sorgeva ogni centrale allo stato originario? Come recuperare i materiali riutilizzabili (ferro, calcestruzzo e rame)?

Per fortuna abbiamo due imprese all’avanguardia in grado di farlo, almeno sulla carta: Ansaldo Nucleare e Sogin (Società Gestione Impianti Nucleari). Siamo i primi al mondo in questo campo.

Le due imprese sperano comunque di fare affari col nucleare in Cina, India, Russia, non per demolire gli impianti vecchi ma per costruirne di nuovi. Vi aggiungeranno soltanto le competenze ambientalistiche maturate in Italia.

Non è curioso questo modo di ragionare? Il peggio lo si va a costruire all’estero, solo perché gli italiani non lo vogliono nel loro Paese.

Non solo, ma continuiamo a sfornare ingegneri nucleari che per trovare lavoro dovranno per forza andare all’estero. Le università italiane che offrono corsi di laurea magistrale in ingegneria nucleare di alto livello sono il Politecnico di Milano e Torino, la Sapienza di Roma e l’Università di Pisa. Dagli anni ’60 sono stati formati diverse migliaia di ingegneri nucleari (più di 8.000 fino al 2010).

Tuttavia, stando ai dati del Politecnico di Milano, nel 2018 meno del 10% ha trovato occupazione all’estero. Chi rimane in Italia è spesso costretto a reinventarsi all’interno di società di consulenza tecnologica, enti di ricerca o consulenza aziendale.

Siamo gli unici al mondo a far perdere tempo alle nostre menti più capaci.

 

[6 novembre] USA. McDonald. Africa, Covid-19. Etiopia. Arabia Saudita. Discriminazioni sessuali

 

Certo che sarebbe forte, da veri gentlemen, quando i Paesi son così divisi sul piano elettorale, mettere d’ufficio l’alternanza di governo.

Quattro anni la destra e quattro la sinistra. Quattro i repubblicani e quattro i democratici. Cinque son troppi.

Sai che risparmio sui soldi e sullo stress per le elezioni! Magari si potrebbero fare ogni 8 anni, giusto per vedere se il Paese è ancora spaccato in due.

 

Una professoressa americana di scienze ha mostrato in un video un vecchio menù di McDonald’s acquistato nel 1996. Hamburger e patatine sono rimasti per tutto questo tempo in una scatola di scarpe e ora, riaprendo il tutto 24 anni dopo, la sorpresa: sono perfettamente conservati! Esattamente come quello in Islanda, dove l’ultimo panino venduto sull’isola da parte del fast food, che ha poi definitivamente chiuso i battenti nel 2009, si è conservato in una teca ancora tutto intero.

Il panino della professoressa non è più freschissimo ma neppure consumato o ammuffito.

Qual è il segreto di questa incredibile conservazione, che avrebbe fatto invidia ai sacerdoti egizi? Sono i conservanti chimici!

 

È curioso che in tutto il continente africano i malati di coronavirus siano solo 1,7 milioni, con circa 43mila decessi, di cui 20mila in Sudafrica, il Paese più colpito.

Rispetto al resto del mondo il tasso di mortalità è piuttosto basso: il 4%. Gli esperti dicono che la giovane età della popolazione, che in media ha 19 anni, può spiegare in parte questi numeri. Ecco un buon motivo per favorire l’immigrazione: ringiovanire la nostra vecchia Europa.

L’altra motivazione riguarda l’igiene: non avendo le fissazioni che abbiamo noi, sviluppano naturalmente più anticorpi.

 

L’Etiopia (110 milioni di abitanti) non ha pace, nonostante l’assegnazione del premio Nobel per la pace al presidente Abiy Ahmed per aver stretto un accordo di pace con la vicina Eritrea, e per aver fatto partire una serie di riforme: parziale privatizzazione di alcune grandi imprese statali, liberazione di migliaia di prigionieri politici, fine dello stato d’emergenza, denuncia dell’uso della tortura da parte dei servizi di sicurezza, licenziamento dei funzionari carcerari accusati di violazione dei diritti umani.

Gli scontri etnici continuano però a essere molto violenti, soprattutto tra gli Oromo, il più grande gruppo etnico dell’Etiopia (pretende più poteri per il governo centrale), e gli Amhara, il secondo più grande. Il Fronte di liberazione degli Oromo ha trascorso diversi anni in esilio e solo di recente è stato autorizzato a tornare in Etiopia. Ma vi sono scontri cruenti per questioni di confine anche tra altri due stati regionali etiopi, quello di Somali e quello di Afar.

L’Etiopia è una repubblica federale i cui nove stati sono divisi su base grosso modo etnico-linguistica. Lo stato di Oromia è il più popoloso, con circa 33 milioni di abitanti e comprende anche Addis Abeba, la capitale. Lo stesso premier Abiy Ahmed è di etnia Oromo, ma ha sposato una donna di etnia Amhara.

A causa delle continue violenze e della pandemia di coronavirus le elezioni sono state rimandate indefinitamente.

In particolare le violenze maggiori sono di nuove scoppiate il 29 giugno, dopo l’assassinio di Hachalu Hundesa, un famoso cantante e attivista politico di etnia Oromo, le cui canzoni erano diventate celebri durante le proteste del 2015-2018, che avevano portato alla caduta dell’ex premier Hailemariam Desalegn (di etnia tigrina) e al potere Abiy Ahmed.

Ora sta per scoppiare una guerra nel Tigray, un altro Stato regionale, con capitale Mekele, governato dal Fronte di liberazione popolare del Tigray (TPLF) che si oppone ad Addis Abeba. La popolazione pretende maggiore autonomia.

Il Fronte fu nel 1991 la forza dominante nella coalizione di governo multietnica composta da quattro partiti che ha guidato il Paese per quasi 30 anni prima che Abiy Ahmed salisse al potere nel 2018. Da allora si rifiuta di far parte della nuova coalizione di governo. E a settembre ha tenuto le elezioni in barba al governo federale, il quale però ha definito “illegale” il voto. La popolazione del Tigray costituisce il 5% dei 109 milioni di abitanti dell’Etiopia, ma è molto più ricca e influente di altre regioni del Paese, e poi dispone della milizia locale meglio armata e organizzata.

Al momento il problema più importante che deve affrontare il governo di Abiy Ahmed è quello di trovare una mediazione con Egitto e Sudan per la costruzione del più grande sistema idroelettrico africano, dal costo di circa 4,6 miliardi di dollari, che dovrebbe generare più di 6.000 megawatt di elettricità. Il progetto della grande diga sul fiume Nilo Azzurro si chiama Grand Ethiopian Renaissance Dam (GERD) e fino adesso non è stato trovato alcun accordo. I colloqui tra i tre Paesi sono mediati dal Sud Africa, l’attuale detentore della presidenza dell’Unione Africana.

Le domande chiave cui rispondere riguardano ancora quanta acqua l’Etiopia dovrebbe rilasciare a valle se si verificasse un periodo di siccità pluriennale.

La controversia riguarda soprattutto il Cairo e Addis Abeba. Quest’ultima ha avviato la realizzazione della diga, ma l’Egitto teme danni significativi ai Paesi situati a valle e pretende che il riempimento della diga avvenga in maniera graduale, così da non far scendere drasticamente il livello del fiume. Per l’Etiopia, invece, i serbatoi vanno riempiti adesso, durante la stagione delle piogge e pretende la piena operatività della diga entro il 2022.

Una volta terminata la costruzione, l’Etiopia diventerà uno dei principali produttori di energia della regione dell’Africa orientale.

Trump ha detto che gli egiziani faranno saltare la diga. E per questa ragione ha approvato un taglio dei fondi GERD fino a 130 milioni di dollari.

La diga serve all’Etiopia anche per risolvere i suoi cronici problemi idrici. Infatti anche quest’anno è stata invasa dalle locuste del deserto, che causano immensi danni alle colture del Paese. Gli agricoltori cercano di combatterle utilizzando i pesticidi.

Insomma si ha l’impressione che Abiy Ahmed punti tutte le sue carte sulla diga, in quanto è consapevole d’aver fallito nei suoi intenti di riforma sociale ed economica: il che lo porta a scivolare di nuovo nell’autoritarismo violento dei suoi predecessori, rischiando di destabilizzare anche i rapporti con Sudan, Eritrea e Somalia.

 

Il 4 novembre il governo saudita ha annunciato una riforma del sistema kafala, che sottopone circa dieci milioni di lavoratori stranieri a bassa retribuzione a una serie di restrizioni para-schiavistiche. La riforma fa parte di un piano più ampio noto come Vision 2030 guidato dal principe ereditario Mohammed bin Salman per rendere il regno più attraente per gli investitori stranieri, espandere il settore privato e diversificare l’economia dipendente dal petrolio.

A partire dal marzo 2021 i lavoratori immigrati (circa 1/3 della popolazione totale dell’Arabia Saudita) non avranno più bisogno dell’autorizzazione del loro datore di lavoro per cambiare impiego e per lasciare il Paese. Anche il Qatar vuol fare la stessa cosa.

Infatti i datori di lavoro requisivano i passaporti dei lavoratori, costringendoli a lavorare ore eccessive e offrendo loro salari ridicoli. Ciò aveva portato migliaia di lavoratori a fuggire dai loro datori di lavoro e a diventare clandestini.

Ora resta naturalmente da vedere se queste modifiche al diritto del lavoro si applicheranno a tutti i lavoratori migranti, compresi i lavoratori domestici come cameriere e tate.

In quel Paese la ricchezza è stata creata soprattutto dai lavoratori stranieri. Da noi invece la destra becera è convinta che lo straniero ce la toglie. Almeno dicesse che la ricchezza non può essere ottenuta sfruttando le categorie più deboli. No, ce l’ha proprio con l’immigrato in sé, a prescindere da qualunque altra considerazione. Già da questo si può vedere il livello culturale della destra.

 

Lega e Fratelli d’Italia hanno votato contro il ddl del deputato del Partito democratico, Alessandro Zan, contro discriminazioni e violenze per orientamento sessuale, genere e identità di genere.

Quali motivazioni hanno dato? La stessa del Vaticano: “più che sanzionare la discriminazione si finisce col colpire l’espressione di una legittima opinione”.

Questa gente non riesce a comprendere che sul piano dell’orientamento sessuale, quando non si offendono diritti altrui, deve vigere la libertà di coscienza. Non ci può essere libertà di espressione contro la libertà di coscienza: la si rispetta e basta.

 

[7 novembre] Israele, palestinesi. Vaticano. USA. Meloni. Etiopia

 

Le forze israeliane sono arrivate il 3 novembre nella comunità palestinese della Cisgiordania di Khirbet Humsa e han demolito 76 strutture. È la più grande demolizione negli ultimi 4 anni nei territori occupati.

Più di 70 palestinesi sono rimasti senza casa, compresi 41 bambini, per un totale di 11 famiglie. Tre quarti della popolazione della comunità ha perso i propri rifugi.

Israele ha distrutto 30 tonnellate di foraggio per il bestiame e sequestrato anche veicoli e trattori di tre residenti.

Israele ha dichiarato che più della metà della Valle del Giordano in Cisgiordania è una zona militare chiusa. Ai palestinesi che vivono in tali zone, inclusa Khirbet Humsa, viene ordinato di lasciare le loro case quando Israele conduce esercitazioni di combattimento militare.

Hanno anche demolito una scuola elementare palestinese finanziata dall’Unione Europea e dal Regno Unito.

Siamo alle solite: la UE finanzia progetti e strutture palestinesi nella Cisgiordania occupata, Israele minaccia di demolire tali strutture, la UE occasionalmente esprime “preoccupazione” per i piani di Israele, le forze israeliane eseguono demolizioni intenzionali, la UE premia Israele con una cooperazione e investimenti più stretti.

 

Il cardinal Robert Sarah ha scritto: “L’islamismo è un fanatismo mostruoso che va combattuto con forza e determinazione. Non interromperà la sua guerra. Noi africani lo sappiamo purtroppo troppo bene. I barbari sono sempre i nemici della pace. L’Occidente, oggi la Francia, deve capirlo”.

Perché il cattolicesimo anticomunista, filo-fascista, imperialista di Wojtyla e Ratzinger che cos’era? Non lo diceva forse Wojtyla che “il riconoscere esplicitamente le radici cristiane dell’Europa nel testo del Trattato costituzionale, diventa per il Continente la principale garanzia di futuro”? Come se l’Europa avesse radici solo cristiane. E poi di quale cristianesimo? In ordine cronologico dovremmo citare l’ortodossia, il cattolicesimo e il protestantesimo: tre confessioni cristiane molto diverse tra loro, tanto che non è mai stato possibile alcuna pacificazione.

I cattolici non hanno forse fatto santo Wojtyla? Lui che tra i papi contemporanei è stato sicuramente il più integralista di tutti...

 

Decapitare l’immunologo a capo della task-force anti-Covid USA, Anthony Fauci, e il direttore dell’FBI, Christopher Wray, impalando le loro teste ai cancelli della Casa Bianca, come al tempo dei Tudor. Giusto per dare un avvertimento ai burocrati federali: “Se non sei d’accordo, sei finito.” Così dovrebbe iniziare l’eventuale secondo mandato di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti secondo l’ex stratega braccio destro del tycoon, Steve Bannon.

Parole violente che sono state censurate da Twitter e Youtube: il primo social ha deciso di cancellare definitivamente il profilo di Bannon, in quanto sono state violate le regole della non-violenza, mentre il secondo ha rimosso il video in cui chiedeva la decapitazione del virologo simbolo della lotta contro il coronavirus negli Stati Uniti.

Bannon è un pazzo. Vuole la fine della democrazia, la morte della UE, la guerra contro la Corea del nord, ha appoggiato l’ISIS nella guerra contro la Siria e ha chiesto a Trump di rompere l’accordo sul clima a Parigi. Indusse Trump a sospendere tutti i viaggi negli Stati Uniti da parte di cittadini di sette Paesi a maggioranza musulmana. Considera Trump un uomo di cuore, un buono. E, quel che è peggio per noi italiani, è amico della Meloni. Anche se sostiene che “Fratelli d’Italia è uno dei vecchi partiti fascisti” italiani, in realtà lo finanzia. Fascista, per Bannon, è un complimento. E lei (“Il volto razionale del populismo di destra”, secondo Bannon), ha il culto dell’uomo forte.

Non a caso Bannon ha contribuito a fondare l’associazione internazionale The Movement per promuovere il nazionalismo economico e le idee della destra radicale, che negli USA si rifà alle idee del suprematismo bianco. È in stretto contatto non solo con quella irresponsabile della Meloni, che ha subito aderito al suddetto Movimento, ma anche coi fascioleghisti di Salvini e con il Rassemblement National di Marine Le Pen.

Alla nascita del Governo sostenuto da Lega e Movimento 5Stelle, Bannon si vantò in un’intervista al “New York Times” di aver avuto un ruolo fondamentale nel convincere Salvini a formare l’alleanza con il M5Stelle, proprio per far vedere che il populismo è il nuovo principio organizzatore.

Al momento Bannon è accusato dalla procura federale di New York, insieme ad altre tre persone (Brian Kolfage, Andrew Badolato e Timothy Shea), di essersi appropriato di oltre un milione di dollari dei 25 raccolti dalla campagna online “We build the wall” per costruire un pezzo del muro anti-migranti alla frontiera con il Messico, malgrado l’opposizione del Congresso. L’accusa di cospirazione per frode informatica (attraverso il sito The Hill) e associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio di denaro dovrebbe metterlo in galera per almeno 20 anni. È stato arrestato a bordo di uno yacht da 28 milioni di dollari, il Lady May, di proprietà del miliardario cinese Guo Wengui, uno degli uomini più ricercati da Pechino per frodi e tangenti.

 

Stando a un’inchiesta fatta dall’“Espresso” alla fine del 2019 il partito di Giorgia Meloni prende soldi dal peggio del peggio a livello mondiale, europeo e nazionale. Solo a elencare tutti i nomi, le associazioni, le multinazionali vien male.

Fino a ieri detestava la UE, ma ora che ha un manipolo di propri deputati ha smesso di farlo. Basti pensare ai suoi rapporti con Raffaele Fitto, spesso implicato in reati come associazione a delinquere, peculato, concussione, corruzione, falso, abuso d’ufficio e illecito finanziamento ai partiti.

Nel 2019 è diventato europarlamentare di Fratelli d’Italia, poi vicepresidente di New Direction, costola strategica dell’ECR per convogliare tutti i finanziamenti possibili.

L’ECR, di cui la Meloni è leader, è il gruppo Conservatori e Riformisti Europei, dove sono presenti molti partiti di estrema destra della UE. È nato nel 2009 ed è il quinto per numero di membri (62) nell’emiciclo, ma è tra i più ricchi per sovvenzioni dell’EuroParlamento e per le donazioni private che arrivano dalla galassia degli ultra-conservatori nordamericani. Prendono svariati milioni di euro e fanno gli euroscettici e gli antifederalisti.

È possibile che la Meloni abbia un fiuto così forte per gli affari? Lei che ha soltanto imparato francese, inglese e spagnolo nel liceo linguistico che ha frequentato e che per il resto non sa nulla di nulla?

Dice d’essere contro le multinazionali e le lobby, quando poi larga parte delle finanze e delle donazioni al suo partito giungono proprio da quelle aree.

Ma un minimo di etica della politica ce l’ha questa donna?

 

In Etiopia sta per scoppiare la guerra civile. Il governo di Abiy Ahmed è ai ferri corti con la capitale regionale del Tigray, Macallè.

Questo perché nel Tigray han fatto le elezioni politiche contro la volontà del governo, che le aveva rimandate a causa di violenze e della pandemia del Covid.

Abiy Ahmed ha confermato l’adozione dello stato d’emergenza per sei mesi e l’adozione di provvedimenti atti a ristabilire l’ordine attraverso l’impiego delle forze armate, dichiarando definitivamente conclusa ogni ipotesi di compromesso con le autorità ribelli nel Tigray.

La popolazione tigrina vuole la piena autodeterminazione e quindi il distacco formale dalla federazione etiopica.

Il modello federale su base etnica non ha funzionato.

Con la vittoria politica del premier Abiy Ahmed (di etnia Oromo) nel 2018, il dominio di governo quasi trentennale della componente Tigrina è stato interrotto, provocando crescenti tensioni tra il governo centrale di Addis Abeba e la regione del Tigray.

La crisi ha subito un’accentuazione nel corso del 2020, in conseguenza della decisione del premier di spostare la data delle elezioni politiche nazionali a causa della diffusione della pandemia del Covid-19, strumentalmente utilizzata dalle autorità del Tigrai per respingere la decisione federale, non riconoscere la continuità di governo del primo ministro e organizzare una propria tornata elettorale nello scorso mese di settembre, vinta con schiacciante maggioranza dal locale partito di governo, il TPLF.

La crisi del federalismo etnico non riguarda solo i rapporti tra Addis Abeba e Macallè, ma si estende anche alle regioni dell’Oromia, dell’Amhara e dei Somali (o Ogaden), con un crescendo di violenze, anche perché Abiy Ahmed, di etnia oromo, non sa gestire con intelligenza le proteste.

A questo si aggiungono le tensioni con l’Egitto in merito allo sviluppo della diga etiope Grand Ethiopian Reinassance Dam (costruita anche con il contributo dell’italiana Salini spa), e quelle tra l’Eritrea e le autorità regionali del Tigray per la questione dei confini geografici.

 

[8 novembre] Vaticano. Portagallo, droga. Trump. Francia, laicità

 

Il Vaticano continua a sfornare beati provenienti dalla tragica guerra civile spagnola. Ora è la volta di Giovanni Roig y Diggle, martire della “lotta per Cristo”, ucciso “in odium fidei” a soli 19 anni.

Sono circa duemila i martiri della guerra civile spagnola venerati dalla Chiesa cattolica: sacerdoti, religiose, addirittura vescovi e anche molti laici, padri, madri o giovani.

Queste cose sono assolutamente indecenti. Sono il segno della totale mancanza di obiettività storica che affligge le alte gerarchie vaticane. Quella guerra civile, infatti, vide la morte di centinaia di migliaia di cittadini democratici, repubblicani, socialisti, comunisti e anarchici. I franchisti eliminarono 400.000 persone nel corso della guerra, 100.000 sommariamente dopo la fine della guerra e altri 400.000 dopo una sentenza capitale. Gli esiliati furono oltre 500.000 e i carcerati circa 1,2 milioni. Se si considerano anche gli elementi civili accusati semplicemente di complicità, di appartenenza a partiti di sinistra, si arriva alla cifra di oltre 2 milioni di ex repubblicani da tenere sotto controllo: praticamente su una popolazione totale di 24 milioni di abitanti, ben 7-8 milioni venivano coinvolti direttamente o indirettamente nella repressione.

Franco fece eseguire sentenze capitali per motivi politici fino a un anno prima di morire. L’ultimo garrotato fu l’anarchico Salvador Puig Antich nel 1974. Per lui chiese la grazia anche papa Montini. In nessuna nazione la vendetta dei vincitori fu così spietata e duratura. Fino al 1969 la legge sulle Responsabilità non fu abrogata. La parola riconciliazione non fu mai pronunciata dal regime.

La Chiesa cattolica spagnola non aveva nulla di democratico. Era un’istituzione di potere temporale sempre a fianco degli agrari-allevatori e della monarchia. Durante la guerra civile si mise dalla parte dei fascisti. Certo, ci fu un incredibile e violentissimo anticlericalismo, ma le cause van cercate sul piano storico. Continuare a fare beati soltanto quelli che si sono messi da una parte serve soltanto per riaffermare una verità ideologica.

 

Negli anni ’90 il Portogallo aveva un grave problema con il consumo di droghe, in particolare di eroina. Il Paese ha cercato una nuova strategia per affrontare il fenomeno e dal 2001 è entrata in vigore una legge che considera il possesso e il consumo di tutte le sostanze stupefacenti non più un reato, ma un illecito amministrativo.

La legge mira alla riduzione del rischio e del danno, prevedendo programmi di supporto medico e sociale per i tossicodipendenti.

La particolarità delle politiche scelte dal Portogallo è stata quella di trattare il problema come un’emergenza sanitaria.

Non è più un problema della droga in sé ma delle persone.

I critici della norma prevedevano un forte aumento dei consumatori, ma l’esperienza col tempo ha dimostrato che in una società in cui le droghe non vengono stigmatizzate, i tossicodipendenti si sentono meno isolati e tendono più facilmente a cercare di disintossicarsi.

In Italia siamo ancora lontani anni luce da questa strategia pedagogica.

 

Purtroppo il “metodo Trump” di screditare gli avversari non finirà solo perché Biden ha vinto.

Trump entrò in politica cavalcando le teorie complottiste secondo cui Barack Obama non sarebbe nato negli Stati Uniti. Lo disse così tante volte che alla fine 1/3 degli statunitensi, tra cui il 72% degli elettori repubblicani, lo considerava un presidente illegittimo.

Trump arrivò a far credere che l’intero sistema politico, giudiziario e mediatico degli Stati Uniti, compresa la Casa Bianca, il Congresso, i tribunali federali e l’FBI, fossero complici di un piano colossale per spingere l’opinione pubblica ad accettare un impostore come presidente.

Chi gli ha creduto, ha continuato a farlo a prescindere dal suo comportamento. Infatti se tutto è un imbroglio, allora non importa che il presidente sia un bugiardo. Se tutti i politici sono corrotti, perché storcere il naso se anche il presidente è corrotto? Se tutti, da sempre, hanno infranto ogni regola, perché mai non dovrebbe farlo anche il presidente?

Per questo non sorprende che gli elettori non abbiano fatto una piega quando Trump ha ignorato i mandati di comparizione emessi dal Congresso; o quando ha usato il dipartimento di giustizia per mettere in pratica le sue vendette personali; o quando ha ignorato le raccomandazioni etiche e le regole sull’accesso alle informazioni riservate; o quando ha licenziato i funzionari del governo incaricati di vigilare sul rispetto delle regole; o quando accusava la CIA e il Dipartimento di stato di far parte dello “stato profondo”; o quando ha detto che i giornalisti sono “nemici del popolo”.

Molti statunitensi (forse il 50%) avevano perso la fiducia nelle istituzioni ben prima che Trump entrasse in politica. Oggi 1/5 di loro vorrebbe vivere in uno stato governato dai militari.

Trump non è mai stato capace di governare, ma con l’istinto tipico dei truffatori aveva capito come usare questa sfiducia collettiva a proprio vantaggio.

Il motivo per cui ha sempre attaccato i mezzi d’informazione era molto semplice: screditarli tutti, così quando avrebbero scritto cose negative sul suo conto nessuno gli avrebbe creduto.

Fece la stessa cosa anche con vari funzionari pubblici.

Ora ha teso una serie di trappole destinate a screditare anche il sistema elettorale (il voto postale truccato) in modo che molti americani perdano la fiducia nel suo funzionamento.

Questi non sono comportamenti casuali ma è una strategia terroristica.

Trump non ammetterà mai che le elezioni sono state regolari e nei prossimi anni la sua base elettorale potrebbe ancora tornare utile al presidente e al suo partito, screditando anzitutto l’amministrazione Biden.

Se la gente si convince d’essere governata da un presidente illegittimo, farà di tutto per eliminarlo.

In questa maniera Trump potrà anche affrontare meglio i molti problemi giudiziari e finanziari che lo attendono: i milioni di dollari di debiti, più le indagini in arrivo sui contributi fiscali e sulle truffe.

 

Importante art. di “Internazionale” (n. 1382) sul dibattito culturale in Francia riguardo al concetto di laicità.

La Francia è sicuramente capace di “fabbricare” dei cittadini laici e di difendere l’universalità del suo modello, ma è anche incapace di comprendere tutto quello che non aderisce completamente a questo modello.

La stampa nazionale oggi critica all’unisono le tante rinunce che hanno portato a fare il gioco dell’islam radicale e chiede di difendere più che mai i princìpi e i valori della repubblica.

Ma i temi vengono affrontati da un’unica angolazione.

La Francia dice di essere in guerra, ma non si è presa il tempo necessario per identificare chiaramente il nemico. Tutti però sono d’accordo nel dire che il nemico è in casa.

L’avversario visibile, quello contro il quale la Francia è già in guerra da anni, sono i gruppi o le persone che si rifanno al jihadismo e che commettono atti terroristici in territorio francese.

Il jihadismo è un’ideologia che, attraverso una lettura totalizzate dell’islam, divide il mondo tra i bravi fedeli e tutti gli altri (ivi inclusi altri islamici) contro i quali è legittimo combattere.

I fondamentalisti e i salafiti quietisti (la corrente più numerosa del salafismo che s’ispira agli insegnamenti del teologo Nasil al Din al Albani ed evita l’impegno politico attivo) condividono parte della visione del mondo jihadista, ma sono in disaccordo su diversi aspetti. E questo è solo un esempio. In realtà esistono diverse scuole islamiche che si scontrano tra loro.

Si possono chiudere delle moschee o delle associazioni, ma le idee potranno comunque trasmettersi attraverso altri canali, privati o illegali o semplicemente telematici.

Come reagire, per es., davanti al comportamento degli islamici che non stringono la mano a persone di sesso opposto con cui non sono imparentati? È un atteggiamento contrario ai valori della repubblica francese ma non costituisce di per sé un reato.

Una donna perfettamente integrata che porta il velo negli spazi pubblici – un comportamento che non è contrario alla legge francese ma che può sembrare incompatibile con alcuni princìpi repubblicani (quello dell’uguaglianza tra uomo e donna) – dal punto di vista dei difensori della repubblica deve essere considerata una promotrice dell’islam radicale?

Come reagire al fatto che alcuni islamici sviluppano un discorso vittimista nel quale l’occidente è sempre l’aggressore e il musulmano sempre l’oppresso? Ancora oggi la Francia ha atteggiamenti colonialistici in molti Paesi africani. Ma questo non vuol dire che si possa lasciare agli islamici il monopolio della lotta contro le discriminazioni derivanti dal passato coloniale francese.

Una persona integrata che si sente a disagio quando vengono diffuse le caricature del profeta Maometto ma non mette in discussione neanche per un secondo il diritto di pubblicarle può essere considerata repubblicana?

In ogni caso non è possibile emarginare i musulmani quando la lotta contro il terrorismo e l’intolleranza ideologica è una battaglia comune.

In Francia c’è una visione quasi religiosa della repubblica, che ha il merito di emancipare l’individuo, ma questa visione ha difficoltà a includere le persone non bianche o non cristiane. Come nel passato si cercò di imporre il laicismo per sottomettere il cattolicesimo. Di qui la decisione di fare della blasfemia un diritto, retaggio di una storia anticlericale originata dall’illuminismo francese, un diritto che può sembrare aggressivo a chiunque non abbia fatto propria quella storia o quei valori.

Per la Francia non si tratta di rinunciare alla propria storia, ai propri valori o ai propri princìpi, ma di ridefinire cosa rende un insieme di individui di diverse culture cittadini della stessa nazione. La repubblica dev’essere un blocco omogeneo a cui consacrarsi come a una chiesa, o può accettare correnti diverse che però poi si ricongiungono sui valori essenziali?

 

[9 novembre] Debito pubblico. Danimarca. Animale selvatico. Berlusconi. Violenza sessuale. Biden

 

L’agenzia di rating S&P Global Ratings diceva nel 2018, quando il debito pubblico era del 128% del PIL, che il nostro Paese era da buttare nel gabinetto.

Oggi invece che l’abbiamo al 160%, a causa della pandemia, si mostra più indulgente. Anzi sulla ripresa è più ottimista dello stesso governo.

Non si capisce perché. Il suo giudizio si basa sul motto “mal comune mezzo gaudio”? Oppure sa benissimo che il capitale, per rigenerarsi in maniera proficua, di tanto in tanto ha bisogno di comportarsi in maniera devastante, come diceva Marx?

Dicono anche che con un debito così colossale il Paese, per riprendersi, sarà costretto a ospitare le imprese straniere a condizioni fiscali molto vantaggiose.

Le agenzie di rating svolgono la funzione della spia per le multinazionali. Ricordiamo tutti che davano le tre A alle banche americane che han causato la crisi del 2008.

D’altronde se è sostenibile il debito giapponese (al 230% del PIL nel 2019) e quello degli Stati Uniti, che dovrebbe salire al 135% del PIL nel 2020, non si capisce perché noi dovremmo essere trattati come i figli della serva.

Insomma il debito pubblico non è più un costo ma un’opportunità epocale che non va sprecata. Diventa sostenibile anche grazie al fatto che le banche centrali sono ricchissime, cioè sono in grado di accollarselo. Almeno in parte.

Già oggi la BCE (tramite Banca d’Italia) è in grado di detenere il 30% del nostro debito pubblico espresso in titoli. Quindi dovremmo limitarci a considerare il nostro debito non al lordo ma al netto, il che vuol dire soltanto il 110% del PIL.

Sembra che le banche centrali svolgano il ruolo del salvatore della patria. Possono prestare enormi capitali a costi ridicoli o persino a fondo perduto. Anzi si arrabbiano quando non accetti i loro favori. E minacciano di non darti più niente.

Adesso dovremmo aver capito cosa significa l’espressione “capitale finanziario”. A gestire l’economia e quindi la politica sono le banche centrali, divenute più importanti delle singole multinazionali. Sono loro che decidono il nostro destino. Le differenze tra un leader politico e un altro diventano irrilevanti.

A questo punto non si capisce perché dovremmo rifiutare il MES, visto che ha un tasso d’interesse attorno allo zero.

 

Su “La Stampa” del 7 novembre un articolo di Fulvio Cerutti sulla strage di 17 milioni di visoni in Danimarca. Era stata l’OMS a segnalare la presenza del coronavirus negli allevamenti di visoni di sei Paesi, tra cui anche l’Italia. Tale mutazione che si trasmette all’uomo potrebbe ridurre l’efficacia di un eventuale vaccino per combattere il Covid-19.

A dir il vero il virus non è partito dal visone, ma dall’uomo che lo ha trasmesso all’animale, che ne è diventato veicolo indiretto.

La Danimarca è il primo produttore al mondo di pellicce di visoni. Alla faccia degli animalisti.

Gli allevamenti intensivi andrebbero chiusi. Per gli animali sono dei lager. Vivere in spazi minimi fino al giorno in cui si è abbastanza cresciuti per essere ammazzati non è umano. Anche gli animali hanno dei diritti.

Negli allevamenti intensivi le condizioni di privazione estreme fanno insorgere negli animali tali livelli di stress da indurli a provocarsi automutilazioni: episodi di infanticidio, aggressione e cannibalismo sono all’ordine del giorno.

Per una pelliccia di un metro perdono la vita circa 60 visoni. Oggi non abbiamo bisogno di questi animali per scaldarci. La UE dovrebbe vietare assurdità del genere.

Oggi i visoni, ma domani la minaccia si potrebbe chiamare “peste suina africana”, di cui in questi giorni sono stati scoperti dei focolai in Germania, ma che nel 2018 ha registrato numeri catastrofici in Cina. Due anni fa il 15% dei maiali da allevamento di tutto il mondo sono morti per il virus africano o soppressi per fermarne la diffusione. Nella sola Cina quella percentuale era salita al 50% dei 440 milioni di esemplari. Come se quattro volte la popolazione italiana venisse sterminata.

Prima ancora era stata l’influenza aviaria a fare strage: negli ultimi anni questo virus ha colpito 10 Paesi in tutto il mondo portando alla morte o soppressione circa 50 milioni di volatili.

Per fortuna la peste suina africana si trasmette solo fra suini e cinghiali, non all’uomo. Peccato però, qualcuno potrebbe dire.

 

Commovente una news apparsa l’8 novembre su “La Stampa”.

Un infermiere, Ahmed Flaty, che lavora in un ospedale egiziano in turni di 12 ore per 20 giorni di fila a causa del Covid, mentre era in pausa, fuori dall’ospedale, seduto su un muretto a parlare con un collega, una gattina selvatica gli si è avvicinato, senza miagolare, e poi gli è salita in grembo. Lo ha guardato per un po’ e poi si è addormentata sulle sue gambe. Dopo 15-20 minuti si è svegliata e se n’è andata.

Lui ha detto che gli animali randagi in Egitto sono generalmente trattati molto male. Quindi un gattino o un cane che si avvicina a un essere umano in questo modo, specialmente quando non c’è cibo da offrire, è molto strano.

Nei giorni successivi Flaty l’ha cercata e l’ha aspettata sullo stesso muretto sperando di rivederla, ma inutilmente. “Onestamente è stato davvero il momento migliore che ho vissuto in tutto quest’anno”, ha detto.

 

Ah se il povero Trump avesse interpellato il nostro Berlusconi per capire come comportarsi quando si perde per una manciata di voti! Quanti Maalox in meno avrebbe preso!

Se lo chiede il giornalista Ugo Magri di “Huffington Post”.

Come noto il cavaliere venne cacciato da Palazzo Chigi per meno di 25mila voti su 40 milioni il 10 aprile 2006. Anche lui, convocando il suo ministro dell’Interno, Beppe Pisanu, gli aveva intimato di bloccare lo spoglio delle schede (ma quello non gli obbedì). Rifiutò (proprio come Trump) di ammettere la sconfitta, chiese invano di ricontare tutte le schede.

Sfrattato da Palazzo Chigi andò avanti per mesi a sgolarsi contro i brogli dei “comunisti” ma non riuscì a dimostrare alcunché, e perfino Forza Italia dovette riconoscere la correttezza del voto accettando una sconfitta che per il cavaliere si rivelò inaspettatamente una botta di vita. Già, perché con soli 7 senatori di vantaggio il governo Prodi visse di stenti, e dopo soli due anni traballanti cadde, spalancando la strada al ritorno del centrodestra.

“Una brutta vittoria non sempre è meglio di una bella sconfitta”, potrebbe assicurare Berlusconi a Trump se questi lo chiamasse.

Il problema però – aggiungiamo noi – è che Trump è una persona squilibrata. Non ha fatto le scuole dai salesiani, imparando la doppiezza, la dissimulazione... Dice quello che pensa e questo in politica è un errore grave.

 

Fermato per violenza sessuale Alberto Maria Genovese, il fondatore 43enne della start-up assicurativa Facile.it, poi ceduta nel 2014. È accusato d’aver stuprato una 18enne durante una festa a casa sua, dopo averle fatto assumere cocaina e ketamina. Al gip ha detto:

“Chiedo di disintossicarmi perché da quattro anni sono dipendente dalla cocaina. Quando sono sotto gli effetti della droga non riesco a controllarmi e non capisco più quale sia il confine tra ciò che è legale e ciò che è illegale. Ho bisogno di curarmi”.

Forse non è solo da una droga che si deve disintossicare. Anzi, considerando le sostanze che le ha fatto assumere, per me si configura un reato molto grave. La ragazza avrebbe anche potuto morire. E forse per quello che ha subito, moralmente lo è già. Direi di non avere molti scrupoli nei confronti di soggetti del genere, anche perché quando si giustificano dicendo che erano drogati, fanno capire di non avere alcun senso etico della realtà a prescindere dalle sostanze che assumono.

 

Stupisce che Biden dica che la spina dorsale degli USA sia la classe media. Come se gli operai non contino nulla. Come se Trump non avesse contato sulla medesima classe.

In realtà la vasta maggioranza degli americani si considera “classe media”, anche se nessuno riesce a mettersi d’accordo su cosa significhi.

Alcuni stabiliscono un range che va dal barista part-time e single che vive con 13.000 dollari all’anno alla coppia benestante che porta a casa 230.000 dollari.

Alla gente non piace pensarsi come poveri o come proletariato. Se gli Stati Uniti hanno una coscienza di classe, questa tende a coincidere più o meno con la classe media.

Eppure questa classe media è sempre più in crisi: guadagna sempre meno. Il divario tra la classe media e i super ricchi continua ad allargarsi. Quattro anni fa mandò al potere Trump, oggi Biden. È la stessa classe che pretende maggiore ricchezza. Dunque chi rappresenta Biden? Un Trump moderato?

 

[10 novembre] Biden. Debito pubblico. Cina. Myanmar

 

I russi non hanno una gran stima di Joe Biden e temono una riedizione della Guerra Fredda. Lo vedono come un “Cold Warrior” che vuole far quadrato contro Mosca. Infatti negli anni dell’amministrazione Trump egli ribadì in più occasioni che la sua politica verso Mosca avrebbe fatto uso di molte più sanzioni e che avrebbe potenziato molto di più la NATO.

Non a caso Biden appoggiò la decisione di Trump di inviare armi all’Ucraina e si espresse a favore dell’ingresso di Georgia e Ucraina nell’Alleanza Atlantica. Ma anche quando era vice-presidente di Barack Obama si era opposto al ritorno di Mosca nel G7.

Si narra che nel 2011 in una importante riunione Biden abbia detto a Putin: “Ti guardo negli occhi e non credo che tu abbia un’anima”. E Putin gli avrebbe risposto sorridendo: “Allora ci capiamo”.

Anche nei confronti della Cina Biden ha più volte riconosciuto la necessità di essere duri, difendendo maggiormente il settore delle alte tecnologie, gli standard del commercio internazionale, i diritti umani e la proprietà intellettuale di tutta l’impresa americana, in maniera da contrastare l’eccessiva crescita cinese. E a tale scopo Biden vuole ripristinare l’America nel suo ruolo di arbitro del sistema internazionale facendo una cosa che Trump non sapeva fare: costruire delle relazioni ottimali con gli alleati storici. Cioè istituire un fronte unito sotto l’egemonia yankee, evitando una politica estera isolazionista.

Tuttavia dopo la sua vittoria alle presidenziali, gli alleati europei sperano di non sentir più parlare di “America first”, soprattutto sul piano commerciale.

Bisognerà inoltre vedere che posizioni assumerà la UE nei confronti della NATO, perché con Trump i rapporti erano nettamente peggiorati.

D’altronde quando un presidente metteva in dubbio il ruolo della NATO proprio perché vedeva gli europei come nemici commerciali, tanto da imporre sanzioni sull’import di acciaio e alluminio, c’era poco da discutere. Particolarmente detestata era stata la posizione di Trump di favorire i movimenti populisti ed euroscettici e di caldeggiare apertamente la Brexit. Per questo si prevede che su molti temi le divergenze fra le due sponde dell’Atlantico si colmeranno presto. Anche se la Francia, che da sempre mantiene un atteggiamento relativamente distaccato dalla NATO, sta pensando di guidare la UE verso una maggiore indipendenza in materia di sicurezza e difesa.

Ma su altri temi è difficile pensare che la politica americana cambierà. Biden cercherà di fermare la costruzione del gasdotto NordStream2, che collega la Russia alla Germania; non vede di buon occhio la cosiddetta “via della seta” proposta da Pechino nei confronti della UE e insisterà sugli alleati NATO perché aumentino le spese militari e utilizzino effettivamente i loro eserciti nel Mediterraneo orientale o in nord Africa.

La UE però non vuole guerre in Medio Oriente, perché sa benissimo che quella regione è troppo difficile da gestire. Il fatto che Trump abbia voluto puntare tutto sui tradizionali alleati di Washington nella regione, Arabia Saudita e Israele, lavorando alla creazione di un fronte anti-iraniano e sacrificando la causa palestinese, non è stato visto favorevolmente. Biden confermerà l’insensata decisione di trasferire l’ambasciata USA a Gerusalemme? O il ritiro americano dall’accordo sul nucleare iraniano? O le ingenti commesse di armi americane all’Arabia Saudita, che fomenta il terrorismo islamico?

Ci si aspetta inoltre che Biden rispetti l’idea di multilateralismo, rientrando nelle istituzioni da cui l’amministrazione Trump si è ritirata – o ha minacciato di farlo – come l’Organizzazione mondiale della sanità, l’Unesco e la Commissione ONU sui diritti umani, e rilanciando accordi internazionali come quello di Parigi sul clima.

In particolare l’Italia non vuole interferenze sulla decisione di aderire al memorandum d’intesa con la Cina, detto “Belt and Road Initiative” o “Nuova Via della Seta”, che assegnerebbe ai porti di Genova e Trieste un ruolo fondamentale nelle rotte commerciali che collegano le industrie asiatiche ai mercati europei.

Agli americani non piacciono queste aperture verso i cinesi, ivi inclusa quella di una nostra partecipazione alla realizzazione delle reti 5G da parte di Huawei. L’ha fatto capire chiaramente l’ex Segretario di Stato americano Mike Pompeo, recentemente in visita da noi.

 

“Il grande sogno franco-tedesco è mettere le mani sul risparmio privato degli italiani”. L’ha detto Giulio Sapelli, economista e storico della Statale di Milano. In particolare i francesi vogliono prendersi Unicredit e le Assicurazioni Generali di Trieste.

La strategia è quella di assumersi una parte del debito pubblico (i titoli statali acquistati da banche e assicurazioni), assorbendo il risparmio privato degli italiani depositato in questi istituti.

Abbiamo gli strumenti per difenderci? Il Copasir pensa a una Cassa depositi e prestiti (Cdp) pronta a operare come un fondo sovrano. Ma Sapelli dice che Cdp dovrebbe avere un capitale quattro volte superiore per avvicinarsi ad alcune consorelle europee.

 

Secondo i dati forniti da Banca d’Italia, i flussi di investimento diretti esteri provenienti dalla Cina sono in costante incremento nel nostro Paese, da 573 milioni di euro nel 2015 a 4,9 miliardi di euro nel 2018. Gli stessi dati mostrano una sensibile diminuzione dei flussi di rimesse verso la Cina (da 237,7 milioni del 2016 a 1,4 milioni nel 2020).

Questi son dati ufficiali. Poi bisognerebbe considerare che le rimesse inviate dall’Italia verso Paesi terzi sono in buona parte frutto anche di un’economia sommersa (attività lavorativa in nero, proventi non dichiarati al fisco, attività criminali, riciclaggio di denaro contante...).

In ogni caso gli investitori cinesi si stanno radicando sempre più nel tessuto produttivo nazionale, decidendo di reinvestire in Italia i proventi delle proprie attività.

Lo fanno in tre maniere:

– investimenti in aziende fondate in Italia da soci italiani e che hanno visto successivamente l’ingresso di soci cinesi nel capitale azionario con partecipazioni di rilievo;

– investimenti in aziende fondate in Italia da cittadini (o aziende) di nazionalità cinese e che sono diventate filiali di grandi società cinesi;

– investimenti finanziari in società italiane quotate in borsa, che, pur costituendo investimenti in quote di minoranza, permettono all’investitore di avere un peso negli assetti societari.

Nel complesso gli affari sono già colossali, anche perché coinvolgono 1500 imprese di qualunque settore economico (soprattutto di quelli a più alto valore aggiunto o più strategici).

I 4/5 di queste imprese sono dislocate nelle Regioni settentrionali (in Lombardia oltre il 46%).

Insomma ci stanno comprando o noi ci stiamo svendendo e non ce ne accorgiamo.

 

Anche in Myanmar (Birmania) l’8 novembre si sono tenute le elezioni. Il governo al potere di Aung San Suu Kyi è stato riconfermato. La Lega nazionale per la democrazia ha conquistato ancora più seggi di quelli ottenuti alle elezioni, stravinte, del 2015, per cui ha la maggioranza assoluta. Deve comunque fare i conti col potere di veto dell’esercito, a cui la Costituzione riserva il 25% dei seggi.

Ancora una volta al voto non sono state ammesse le minoranze perseguitate, compresa quella islamica dei Rohingya. A causa dei conflitti in corso tra centro e periferie etniche le elezioni sono state annullate in 51 collegi elettorali, lasciando senza diritto di voto 1,5 milioni di persone.

Proprio la persecuzione della minoranza dei Rohingya ha rappresentato negli ultimi anni motivo di forti critiche per Suu Kyi e il suo partito. Nonostante siano stati costretti a fuggire dal Myanmar, Suu Kyi ha sempre negato la loro persecuzione.

Da notare che il titolo ufficiale di Suu Kyi è “Consigliera di stato”, in quanto l’esercito ha scritto la Costituzione del 2008 appositamente per escluderla dalla presidenza: Suu Kyi ha due figli nati nel Regno Unito, e la Costituzione impedisce alle persone con familiari stranieri di ricoprire tale incarico. È comunque lei che ha deciso il nome del premier, Wu Myint, che governa con deleghe su affari esteri ed energia.

È vero però che nel 2016 c’è stata una sorta di riconciliazione formale con l’esercito, in quanto il capo di stato maggiore birmano, il generale Min Aung Hlaing, è andato a trovarla a Yangon, dove Suu Kyi aveva trascorso quindici anni agli arresti domiciliari.

I Rohingya (4% della popolazione totale) sono discendenti delle truppe musulmane che aiutarono la dinastia buddista locale a risalire sul trono del regno Rakhine, finito nelle mani degli invasori birmani nel 1430. Il re Narameikhla li incoraggiò a stabilirsi nello Stato Rakhine, al confine col Bangladesh.

Oggi, secondo la legge sulla cittadinanza della Birmania, risalente al 1982, i Rohingya non fanno parte delle 135 etnie riconosciute dallo Stato e non hanno pertanto diritto alla cittadinanza birmana. Prima delle repressioni del 2016-17 vivevano in Birmania circa un milione di Rohingya, ma alla fine del 2017 circa 730.000 si sono rifugiati in campi profughi in Bangladesh. Secondo i rapporti ONU sono una delle minoranze più perseguitate al mondo, oggetto di un vero e proprio genocidio.

Sono perseguitati anche perché la maggioranza buddista della Birmania è piuttosto preoccupata che l’islam possa diffondersi nel Paese, come è già successo in Pakistan, Bangladesh, Malaysia, Indonesia, dove molti hanno rinunciato all’induismo o al buddismo. Ma i Rohingya vengono anche usati come capro espiatorio per i problemi irrisolti del Paese.

Se Suu Kyi avesse criticato l’esercito per il genocidio, di sicuro avrebbe perso le elezioni dell’8 novembre, proprio perché lei è vista come l’incarnazione della maggioranza della popolazione birmana, quella di etnia burmese e di religione buddista. Lo scorso dicembre si è persino presentata di fronte alla Corte internazionale di giustizia dell’Aja per difendere l’esercito e negare il genocidio. In tutta la Birmania sono comparsi manifesti che la ritraggono insieme a importanti generali, con la scritta “Siamo con te”.

Però così sarebbe forse meglio revocarle il premio Nobel per la pace che le era stato riconosciuto nel 1991 per la sua lunga battaglia contro il regime militare, che aveva governato il Paese dal 1962 grazie a un colpo di stato e che accettò le prime vere elezioni democratiche solo nel 2015. Avrebbero dovuto darlo a suo padre, il generale Aung San, che ebbe un ruolo chiave nella lotta per l’indipendenza del Myanmar dal Regno Unito (1948) e contro le pretese nipponiche sulla sua nazione (1945). Fu assassinato il 19 luglio 1947 da sicari dell’avversario U Saw, che aveva aiutato l’invasione giapponese della Birmania. U Saw fu condannato a morte per questo crimine.

Sul piano commerciale il primo partner commerciale del Myanmar è Singapore, poi la Cina, il cui premier, Xi Jinping, vuole unire il suo Paese ai porti birmani del Golfo del Bengala.

 

[11 novembre] Vaticano. Inquinamento. Amazon. Retribuzioni parlamentari. Fondi strutturali. Astronomia

 

Il presidente della Conferenza episcopale polacca si è detto favorevole a che la Santa Sede possa istituire una commissione indipendente per chiarire il ruolo dell’ex segretario personale di papa Giovanni Paolo II, il cardinale Stanislaw Dziwisz, 81 anni, da tempo sospettato di nascondere gli abusi sessuali dei sacerdoti in tutto il mondo, compresi gli affari di McCarrick o della Legione di Cristo, così come gli affari pedofili nella Chiesa polacca.

Resta da mettere a fuoco anche il suo ruolo nell’insabbiare la vicenda scabrosa di padre Marcial Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo, abusatore seriale, corruttore e mai punito dalla Chiesa per i suoi legami con diversi amici in curia.

Il Vaticano ha già annunciato sanzioni contro un cardinale polacco di 97 anni, Henryk Gulbinowicz, cui è stato vietato di esercitare il suo ministero e di usare i simboli vescovili a seguito di un’indagine su presunti abusi sessuali.

Il Vaticano dovrebbe rendere noti i risultati di un’indagine interna sulla carriera dell’ex cardinale statunitense Theodore McCarrick, punito solo nel 2019 dopo le accuse di abusi sessuali. Questo perché Wojtyla non si fidò delle voci sulla pedofilia.

Il dossier dovrebbe chiarire chi l’ha aiutato e coperto in tutti questi anni, facendolo diventare prima vescovo, poi arcivescovo e, infine, cardinale, attraversando indenne tre pontificati, nonostante le denunce nei suoi confronti.

Nel mondo cattolico il clero è ormai diventato una categoria sociale molto pericolosa. O gli si concede di sposarsi o è meglio tenere i propri figli lontani da questi soggetti. Anche perché fanno le inchieste quando ormai i colpevoli sono talmente anziani da finire in un ospizio.

 

Tra il 2008 e il 2017 l’Italia ha violato in maniera sistematica i valori limite della UE sulle concentrazioni di particolato PM10 (polveri sottili) nell’aria in diverse zone del nostro territorio. L’ha deciso la Corte di Giustizia europea. Che ha denunciato per lo stesso motivo anche Ungheria e Romania. Peraltro nel 2019 abbiamo superato anche i limiti di legge del biossido di azoto (NO2), andando a fare compagnia a Francia, Germania e Regno Unito.

La Corte non ha creduto alle nostre giustificazioni relative all’estensione delle aree di superamento dei limiti, concentrate nella Pianura Padana. Che è però una delle zone più inquinate d’Europa.

D’altra parte da noi i Verdi sono scomparsi non perché la loro consapevolezza è stata fatta propria da tutti gli altri partiti, ma al contrario, perché si è capito che conciliare ecologia ed economia è impossibile nell’ambito del capitalismo. A meno che...

Già, a meno che non si facciano investimenti significativi sul comparto delle auto, sugli impianti di riscaldamento e su molti impianti industriali. La transizione dagli idrocarburi all’elettricità perché procede così a rilento? E che dire dell’uso della bicicletta nelle grandi città? Perché le piste ciclabili non sono mai sufficienti? Perché l’uso dei pannelli solari non è massivo nel nostro Paese? Perché si è abbandonata l’idea delle auto a idrogeno? Perché costruire metropolitane è così complicato? Perché gli italiani non vengano obbligati a usare mezzi pubblici o non inquinanti nei loro spostamenti? Perché ci rifiutiamo di sostituire i camion coi treni? Perché da noi non esiste il trasporto fluviale?

Perché non arriviamo ad accettare l’idea che molte cose si possono fare online e non c’è alcun bisogno di spostarsi? Perché è così difficile capire che per tantissimi beni dovrebbe valere il principio del “km 0”?

 

La Commissione europea ha messo formalmente sotto accusa Amazon per l’utilizzo improprio dei dati aziendali non pubblici dei venditori indipendenti, una pratica con cui creerebbe un vantaggio per le proprie attività di vendita al dettaglio.

Per me si stanno arrampicando sugli specchi. Amazon è efficiente, veloce e garantisce, in genere, prodotti di sufficiente qualità a prezzi contenuti (anche perché il più delle volte provengono dalla Cina). Inoltre, prima di acquistarli, permette di consultare i pareri di altri acquirenti.

Certo, può sfruttare eccessivamente la propria manodopera, può mandare in rovina gli esercenti locali e persino nazionali che per vari motivi non sono competitivi. Ma questi sono altri problemi, che vanno affrontati separatamente. È il meccanismo in sé della vendita online che funziona. E noi italiani non ne siamo stati capaci.

 

Un’indagine comparativa di Bruxelles ha rilevato che i deputati e i senatori eletti a Roma guadagnano in media 40 mila euro più degli omologhi tedeschi, 56mila euro più dei francesi, 35mila più degli americani, il doppio esatto dei lord inglesi e 10 volte più degli ungheresi.

Per l’ex presidente della Camera Laura Boldrini le retribuzioni dovevano rimanere tali perché “garantiscono autonomia, disciplina e onore”. Per il leghista Borghi sono così alti perché “le eccellenze bisogna pagarle”.

È che quando si è abituati al lusso, si pensa che sia una normalità.

 

Secondo la Corte dei conti della UE l’Italia non è capace di fare progetti per utilizzare i fondi strutturali. Nel 2019 è arrivata a stento a superare quota 30%, rispetto a una media europea del 40%. Vuol dire perdere o non investire il 70% dei fondi messi a disposizione. Perché?

Comuni, Regioni, Province, Enti, Università non riescono a elaborare progetti aderenti ai criteri che Bruxelles indica. E soprattutto non siamo capaci di sottoporci al monitoraggio.

Sembriamo un Paese di cialtroni e parolai. E poi diamo la colpa alla UE di tutte le nostre incapacità. Nel nostro caso sarebbe meglio dire: “Più Europa e meno Italia”.

 

Gli scienziati, grazie a telescopi e radiotelescopi sempre più grandi ed avanzati, hanno calcolato che l’Universo osservabile si estende per 92 miliardi di anni luce e contiene 2.000 miliardi di galassie. Hanno anche detto che potremmo non sapere mai fino a che punto esso è esteso.

Che scoperta! Bastava rivolgersi alla coscienza e chiederle: “Quanto sei profonda?”. Quella avrebbe di sicuro risposto: “Non ho limiti”. Sai quanti soldi ci saremmo risparmiati in telescopi, satelliti e navicelle spaziali?

Quelli del CERN dicono che coi nostri mezzi capiamo solo il 4% della materia. Ma non bastava guardarsi negli occhi?

 

[12 novembre] Covid-19. Nagorno Karabakh

 

La sperimentazione del vaccino delle aziende farmaceutiche Pfizer (USA) e Biontech (Germania) contro il Covid-19 ha raggiunto l’ultima fase necessaria prima della richiesta di autorizzazione. L’Authority americana Fda può autorizzare l’impiego di emergenza di un vaccino quando la sua efficacia supera il 50%.

Meccanismo dell’antidoto: al sistema immunitario viene insegnato a riconoscere il virus e a respingerlo, utilizzando il messaggio dell’Rna (acido ribonucleico).

Occorre fare due punture a distanza di un mese. Ha un’efficacia superiore al 90% (gli antinfluenzali hanno un’efficacia tra il 40 e il 60%). Dura un anno.

Effetti collaterali: febbre alta, spossatezza, emicrania e dolori in tutto il corpo, simili a quelli dell’influenza. La seconda volta la situazione è più pesante, ma il tutto si risolve nel giro di pochi giorni.

Pfizer e BioNTech forniranno 50 milioni di dosi di vaccini nel mondo nel 2020 (da intendersi per 25 milioni di soggetti) e fino a 1,3 miliardi nel 2021. La Commissione europea firmerà un contratto con loro per avere fino a 300 milioni di dosi.

I volontari che hanno partecipato alla sperimentazione erano circa 44mila. A metà di loro è stato somministrato il vaccino, all’altra metà un placebo, senza che il personale medico coinvolto né i volontari sapessero il gruppo di appartenenza.

Per valutarne l’efficacia, gli esperti han dovuto attendere che un sufficiente numero di volontari (94) si fosse ammalato di Covid-19. Poi sono andati a vedere, persona per persona, chi avesse ricevuto il vero vaccino. I risultati di questa prima analisi parlano di un’efficacia del 90%, il che significa che ad ammalarsi di Covid-19 erano nel 90% dei casi nel gruppo dei controlli non vaccinati e nel 10% nel gruppo dei vaccinati.

La sperimentazione comunque non è terminata e un aggiornamento sulle capacità del vaccino Pfizer arriverà quando verrà raggiunto il numero di 164 casi di Covid-19 tra i volontari. Ovviamente la vera efficacia potrà essere verificata solo quando milioni di persone saranno vaccinate.

A tutt’oggi non è possibile dire se il vaccino prevenga l’infezione da Sars-Cov-2 o prevenga solo l’insorgenza di forme gravi di Covid-19. I dati della sperimentazione non consentono di dire se la protezione conferita dal vaccino nelle persone anziane sia sufficientemente robusta.

I test sulla popolazione minore di 18 anni sono iniziati più tardi e ci vorrà ancora del tempo per poterli valutare. La sorveglianza sui volontari continuerà per un paio d’anni.

Ricordo che il vaccino russo Sputnik V ha un’efficacia del 92% nel proteggere dal Covid-19. Solo 20 dei 16.000 volontari che hanno ricevuto entrambe le dosi del vaccino o del placebo hanno contratto il virus.

 

La guerra scatenata dall’Azerbaigian (Paese musulmano a maggioranza sciita) per mettere fine al “conflitto congelato” sul Nagorno Karabakh, territorio situato all’interno del Paese ma popolato da armeni, è finita. Da trent’anni la situazione era ormai bloccata, in seguito a una guerra vinta dall’Armenia (Paese cristiano ortodosso) negli anni ’90. È bastato un mese per rovesciare la situazione.

L’Azerbaigian, forte delle ricchezze derivate dagli idrocarburi e di una popolazione tre volte più numerosa di quella armena, ha modernizzato il suo esercito e si è imposto sul campo. Le armi moderne in possesso degli azeri sono state fornite dalla Turchia, ma anche da Israele. E hanno fatto la differenza.

Per evitare una sconfitta totale, il governo armeno ha accettato un piano umiliante proposto dalla Russia.

Il presidente turco Erdoğan si è assunto il rischio di operare in una zona d’influenza russa, rompendo lo status quo. Pur inviando armi, consulenti e perfino mercenari al fianco dell’esercito azero, ha evitato uno scontro diretto con la Russia. La conclusione della guerra ha trasformato la Turchia in una potenza dal ruolo cruciale nel Caucaso del sud.

Putin ha lasciato che la guerra facesse il suo corso, limitandosi a dichiarare intoccabile il territorio dell’Armenia propriamente detta.

L’accordo di pace prevede la presenza di truppe russe per garantire l’apertura di un corridoio tra l’Armenia e il Nagorno Karabakh privato delle zone circostanti.

L’Europa non ha proferito parola. Siamo troppo presi dal virus.

 

[13 novembre] Pfizer. Berlusconi. Cina. Laicità

 

Lunedì i mercati sono schizzati al rialzo per l’arrivo di una notizia bomba. La società farmaceutica statunitense Pfizer ha testato un vaccino anti-Covid con una efficacia del 90%. Alla notizia i prezzi delle Borse sono esplosi al rialzo, ivi inclusi quelli del titolo Pfizer, che in apertura ha guadagnato il 15% rispetto alla seduta precedente.

Oggi però lo stesso titolo è al 10%. Come mai? Semplice. Il CEO di Pfizer, Bourla, ha venduto azioni per 5,5 milioni di dollari lo stesso giorno dell’annuncio che il vaccino era quasi pronto.

Un vero “burlone”.

 

Fra Salvini, Meloni e Berlusconi è stato stipulato un patto per portare quest’ultimo alla Presidenza della Repubblica.

Vogliono fare un regalo a una vittima della magistratura politicizzata. Cioè a un soggetto che per una colossale evasione fiscale è stato condannato a quattro anni di galera, diventati poi grazie ai benefici uno e mezzo scontato a ridicoli “servizi sociali”, che ha poi usufruito di nove prescrizioni per reati che percorrono quasi l’intero Codice penale (corruzione di magistrati, falso in bilancio, finanziamento illecito, falsa testimonianza e in almeno tre di questi casi la Cassazione appurò che quei reati erano stati effettivamente commessi ma era passato il tempo utile per giudicarli) e che ha quattro processi in corso.

Un grande esempio di etica.

 

È passata con 645 voti favorevoli, 22 contrari e 18 astensioni l’intesa tra Bruxelles e Pechino che protegge i prodotti UE dalle imitazioni.

Per l’Italia si parla di 26 specialità su 863 prodotti Ig (299 Dop e Igp, 526 vini e 38 bevande). La lista non contiene nessun prodotto di Sicilia e Sardegna.

L’accordo tutela quindi solo il 3% dei prodotti italiani a indicazione di origine, con troppe e importanti esclusioni.

Nel 2018-19 l’80% dei sequestri europei di merci contraffatte e usurpative ha avuto origine in Cina, causando perdite pari a 60 miliardi di euro per i fornitori UE.

 

Il cancelliere austriaco Sebastian Kurz ha detto che “Dobbiamo essere coscienti che non c’è una battaglia fra cristiani e musulmani o tra l’Austria e i migranti. Questa è una lotta tra le molte persone che credono nella pace e alcuni che auspicano la guerra”.

Ottimo! Soluzioni? Kurz ha annunciato una serie di provvedimenti come la possibile istituzione del reato di “islam politico” o un’estensione dei poteri istituzionali per chiudere luoghi di culto che favoriscono la radicalizzazione. Infine il cancelliere ha prospettato misure per prosciugare i flussi finanziari che alimentano le organizzazioni terroristiche.

Cerchiamo quindi di capire. Il cattolicesimo romano può fare tranquillamente politica e l’islam no?

Cioè qualunque forma di politicizzazione dell’islam va considerata pericolosa?

Chiudiamo le moschee quando radicalizzano i fedeli e le riapriamo quando li rendono moderati e filo-occidentali? Dobbiamo quindi dare per scontato che all’interno di certe moschee tutti i fedeli possono diventare fanatici?

Permettiamo inoltre al governo di sbirciare nei conti correnti di chi può essere sospettato di fondamentalismo? E di chi evade le tasse no? In genere gli islamici le pagano e contribuiscono a tenere in piedi i nostri sistemi previdenziali.

Stando sul concreto: il velo è una forma di fanatismo? Il venerdì festivo? Il rifiuto della stretta di mano a persone dell’altro sesso non imparentati? Il divieto della carne di maiale? La poligamia? La circoncisione? Ecc.

Sentiamo cosa dice su “Internazionale” del 12 novembre Younis Tawfik, intellettuale e scrittore di origine irachena, laico, che da molti anni vive in Italia: “In generale si può dire che la laicità è un valore nuovo, dell’Europa moderna, mentre i musulmani si aggrappano a valori molto antichi. Ora, qualcuno intende la laicità come una sorta di libertà estrema all’interno della quale è anche possibile denigrare oppure offendere i simboli religiosi e i valori degli altri. E questo è un errore molto grave, perché l’affermazione di certi diritti fondamentali, tra i quali la libertà di espressione, non deve diventare una forma fanatica di libertà estremista, che calpesta il credo o i simboli dell’altro”.

Poi fa leva sulla propria esperienza e dice: “la maggioranza dei musulmani che arriva in Europa, per esempio in Italia, ‘fisicamente’ si trova qui, ma con la testa è rimasta nel Paese d’origine”.

Sicché è naturale che, di fronte alle vignette pubblicate da “Charlie Hebdo”, si indigni. D’altronde “Cosa aggiunge all’arte, alla libertà o alla laicità prendere la figura di Maometto e sbeffeggiarla? Ho visto delle caricature di Gesù e della Madonna e a me, che sono laico e vivo in Italia da tanti anni, hanno fatto orrore”.

È possibile che il senso della laicità possa essere insegnato da un intellettuale proveniente da un Paese islamico?

Se per questo ce lo insegna anche un nostro gesuita. Secondo padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, l’organizzazione gesuitica occupata ad accogliere i rifugiati, “la libertà di espressione deve tener conto delle circostanze, dei tempi in cui ci si esprime; non tutte le cose si possono dire in ogni momento e non per questo si deve parlare di bavaglio. C’è bisogno invece di grande intelligenza. È essenziale capire che viviamo in società multiculturali e multireligiose”.

La laicità, per questo gesuita, necessita di una grande “onestà intellettuale”, deve essere capace di “riconoscere l’altro anche nelle differenze di cui è portatore. Il credente e il non credente devono e possono riconoscere le peculiarità che appartengono a ciascuno senza mettere tra parentesi alcune caratteristiche come appunto l’appartenenza religiosa”.

Infatti uno degli aspetti del problema è “la reciproca scarsa conoscenza che lascia spazio a chi strumentalizza la fede”.

Insomma se si accetta un terreno di confronto con l’altro, anche l’islam ne trarrà benefici, aprendosi a una laicità non ideologica o escludente. L’islamofobia dicono che sia nata l’11 settembre 2001 e da allora non ha fatto che svilupparsi.

Da parte musulmana permane invece la tendenza a coprire ogni problema con una sorta di ideologia del vittimismo rispetto alle colpe dell’occidente colonialista.

 

[14 novembre] BTP. Droga. Brexit. Medicina femminile. Femminicidio. Iraq

 

Che fine hanno fatto gli ultimi due BTP statali (BTP Futura 2028 e il BTP Futura 2030 dello scorso luglio), entrambi sponsorizzati dal governo e dai sovranisti di casa nostra (di maggioranza e di opposizione), che, nelle loro intenzioni, avrebbero dovuto dimostrare come l’Italia ce la può fare da sola a trovare tutte le risorse necessarie per finanziare la crisi da pandemia, ricorrendo ai generosi risparmi delle famiglie italiane?

La richiesta complessiva dei due titoli è stata di meno di 12 miliardi di euro, nonostante i rendimenti completamente fuori mercato. Sono risorse pari a nemmeno 1/3 di quelle che si sarebbero potute avere accedendo al prestito MES, pari a 36-37 miliardi di euro, subito disponibile dallo scorso maggio, a tassi prossimi allo zero.

 

L’Oregon è diventato il primo stato del Paese a depenalizzare il possesso di qualunque tipo di droga. Arizona, Montana, New Jersey e South Dakota hanno legalizzato la vendita e il possesso di cannabis a scopo ricreativo, aggiungendosi al District of Columbia e ad altri 11 stati che già avevano preso questa decisione. A livello federale, invece, l’uso della sostanza è ancora illegale.

In Colorado, primo stato del Paese a decidere per la legalizzazione della marijuana, il primo punto vendita ha aperto nel 2014. Tutte le persone al di sopra dei 21 anni possono comprarla in uno dei 37 negozi in tutto lo stato che hanno la licenza per venderla. Basta mostrare un documento d’identità valido.

Migliaia di persone si sono messe in fila per comprare cannabis. Molti negozi hanno esaurito in poco tempo le scorte, e secondo la polizia tutto si è svolto senza incidenti.

Da allora l’industria della cannabis ha versato nelle casse statali oltre un miliardo di dollari in tasse e ha anche portato un significativo incremento del turismo.

In un sistema capitalistico, dove l’etica è solo formale, per convincere le autorità a fare una cosa giusta bisogna far vedere che c’è un vantaggio economico.

 

Joe Biden è di origine irlandese e, al contrario di Trump, è sempre stato contrario alla Brexit e ha dichiarato che gli Stati Uniti non sigleranno un accordo commerciale con la Gran Bretagna se Johnson non troverà un accordo con la UE. La sua priorità è tutelare gli accordi di pace in Irlanda del Nord che sono minacciati da un possibile ritorno del confine interno tra le due Irlande.

Incredibile il potere delle proprie origini. Gli USA han sempre fatto capire di avere tutto l’interesse a commerciare con un’Europa debole. Difficile che alla prova dei fatti Biden agirà diversamente.

 

Su “Internazionale” dell’11 novembre un art. di Claudia Torrisi è dedicato alla medicina vista al femminile.

Tradizionalmente gli studi sulle malattie che colpiscono uomini e donne – e sui farmaci per curarle – sono stati condotti quasi esclusivamente sugli uomini e poi sono stati applicati alle donne. In pochi casi è avvenuto il contrario, mentre sono quasi totalmente assenti studi clinici condotti a seconda del genere.

Prendiamo ad es. l’infarto. È sempre stato considerato una patologia maschile, nonostante rappresenti la prima causa di morte per le donne. Nelle quali però può presentare sintomi diversi rispetto a quelli che si manifestano negli uomini: non fitte al petto e al braccio, ma ansia, dispnea, mal di stomaco. Le stesse pazienti trascurano questi segnali, e talvolta negli ospedali i medici le mandano in codice verde o ne dispongono il ricovero in medicina interna, perdendo del tempo prezioso per salvargli la vita.

Per questo negli ultimi anni si sta sviluppando una medicina che tiene conto del genere sessuale.

Ci si è resi conto che sintomi, terapie, prevenzione ed effetti dei farmaci sono molto diversi tra uomo e donna.

Esistono casi di segno contrario come l’osteoporosi o la depressione, associate di più alle donne e studiate su di loro, sebbene colpiscano anche gli uomini. Ma in genere i corpi femminili sono i grandi esclusi dalla ricerca sulle malattie e dalla sperimentazione dei farmaci.

Fino al 1993 le donne sono state escluse dagli studi sulla sperimentazione dei farmaci. Questo perché, per quanto sia assurdo, la donna è sempre stata considerata un essere inferiore all’uomo dal punto di vista biologico.

Un’altra questione riguarda la maggiore complessità degli organismi femminili come oggetti di studio. Dalle prime mestruazioni in poi le donne hanno un sistema molto variabile dal punto di vista ormonale. Questi cambiamenti influenzano anche il livello di risposta o di assorbimento dei farmaci.

Un altro esempio è quello dell’aspirina, un farmaco usato sia nelle terapie antinfiammatorie sia in quelle cardiovascolari per prevenire infarti o ictus. Condotto a cavallo degli anni ’80, il test ha coinvolto circa ventimila persone in tutto il mondo. Solo uomini.

Ancora oggi nelle fasi iniziali di uno studio su un farmaco (sulla sua sicurezza) le donne non superano il 20-25% delle persone coinvolte.

Anche in campo oncologico si prende un farmaco studiato sugli uomini (persone che pesano in media 70 chilogrammi), e si rimodulano le dosi in base al peso delle donne, anche se i metabolismi sono diversi.

Non si considera neanche che le donne in media assumono più farmaci degli uomini, e dunque sono più soggette a effetti nocivi.

Solo nel 2018 in Italia è stata approvata una legge che per la prima volta in Europa impone di tenere conto del genere in medicina, nella sperimentazione clinica dei farmaci, nei percorsi diagnostico-terapeutici, nella ricerca, nella formazione di tutti gli operatori sanitari e nelle comunicazioni ai cittadini.

Ora c’è bisogno che le università si mettano a lavorare bene, che le Regioni prendano in mano la situazione e obblighino le aziende sanitarie locali a fare formazione su questo argomento. L’Agenzia italiana del farmaco non accetta più protocolli di ricerca se non c’è la giusta attenzione al genere; stessa cosa l’agenzia europea.

Il problema è riemerso con l’attuale pandemia. La donna ammalata di Covid-19 muore molto meno dell’uomo, il rapporto è quasi di 1 a 3 fino agli 80 anni.

Come mai? Pare che il sistema immunitario delle donne sia più forte di quello degli uomini. Anche in Cina la stessa cosa.

 

Una donna è stata nominata alla guida della Banca centrale giapponese, di Facebook in Africa, di una squadra di pompieri in Francia, dell’università Ca’ Foscari di Venezia, è stata eletta perfino alla vicepresidenza degli Stati Uniti.

Eppure in Italia una donna muore ogni due giorni, uccisa dal marito o dal compagno.

Anzi in tutto il mondo una delle prime cause di morte delle donne tra i 16 e i 44 anni è l’omicidio compiuto spesso da persone conosciute. Infatti la richiesta di separazione è spesso uno dei principali fattori di rischio di femminicidio.

Secondo l’ISTAT una donna su tre ha subìto qualche forma di violenza nel corso della sua vita, specialmente in famiglia. Questo vuol dire che in Italia poco meno di 7 milioni di donne tra i sedici e i settant’anni hanno subìto violenza fisica (20,2%) o sessuale (21%): dalle forme meno gravi come lo strattonamento o la molestia a quelle più gravi come il tentativo di strangolamento o lo stupro (5,4%).

Gli autori delle violenze più gravi sono prevalentemente i partner o gli ex partner (62,7%). Gli sconosciuti invece nella maggior parte dei casi commettono molestie sessuali (76,8%).

Sempre secondo l’ISTAT, solo il 12% delle violenze è denunciato. Nella maggior parte dei casi la donna è vittima del controllo psicologico esercitato dal marito: un processo di soggiogamento che precede spesso la violenza fisica.

Dalla relazione finale della commissione parlamentare del 2017 è emerso che la violenza contro le donne tra il 2006 e il 2014 è diminuita, ma solo perché sono in calo le forme meno gravi della violenza. In realtà risulta che le aggressioni che hanno causato ferite aumentano addirittura dal 26,3% al 40,2% (se commesse da partner). Il numero di donne che hanno temuto per la propria vita è raddoppiato, passando dal 18,8% del 2006 al 34,5% del 2014.

Anche le violenze commesse da sconosciuti o da persone con cui non si è legate da relazioni affettive sono più gravi.

Le donne devono denunciare con più fermezza e convinzione. Solo 43.467 donne in Italia si sono rivolte ai centri antiviolenza nel 2017. Ma deve cambiare anche la cultura e la mentalità del nostro Paese. Per es. le autorità dovrebbero intervenire anche in assenza di una denuncia formale o esplicita.

In molti uomini intervistati dall’ISTAT resiste una cultura radicata della violenza: l’8,7% dei giovani maschi ritiene accettabile rinchiudere la donna in casa o controllarla nelle sue uscite e telefonate, il 9,2% ritiene che in alcune circostanze sia accettabile qualsiasi imposizione di coinvolgimento in rapporti sessuali senza consenso, dentro e fuori la coppia.

E in Italia non siamo neanche quelli messi peggio. Da noi il tasso di femminicidi oscilla intorno allo 0,5 per centomila donne, pari a meno della metà di quello medio di Europa e Nordamerica. Gli Stati Uniti presentano un valore quadruplo di quello italiano, insieme a Paesi come Lettonia, Estonia e Lituania. Il Canada, la Finlandia e la Germania registrano un valore doppio. La Grecia, la Spagna e il Portogallo invece hanno un valore simile al nostro. Nel mondo si verificano 137 femminicidi ogni giorno. L’Asia è quella più pericolosa.

In Italia la distribuzione territoriale è sostanzialmente omogenea, con percentuali più alte, in termini assoluti, in Regioni come la Lombardia, l’Emilia-Romagna e la Campania. Mentre in termini relativi (cioè in rapporto alla popolazione femminile residente) si registrano numeri più alti in Umbria, in Calabria e in Campania.

Abbiamo una trentina di associazioni che si occupano di violenza sulle donne e tutte si lamentano del fatto che tra le norme adottate e la loro applicazione in concreto vi è un abisso. Inoltre esiste notevole disparità, nell’applicazione delle norme, tra i vari territori nazionali. Vi è infine una mancanza strutturale di finanziamenti e di servizi per la prevenzione del fenomeno e per la protezione delle vittime come la presenza dei centri antiviolenza e delle case rifugio.

Secondo la Convenzione di Istanbul dovrebbe esistere un centro antiviolenza ogni 10mila abitanti. Al 31 dicembre 2017 in Italia erano attivi 281 centri, pari a 0,05 centri per 10mila abitanti.

 

In Iraq i curdi (12% della popolazione totale) sperano che Biden abbia una politica diversa da quella di Trump, che ha consegnato gran parte del Kurdistan alla Turchia di Erdoğan, acerrimo nemico.

Anche i sunniti che vivono a nord e a ovest di Baghdad preferiscono Biden, perché nel 2006 fu lui uno degli ispiratori di un piano per dividere l’Iraq in tre Regioni, una sciita, una sunnita e una curda. Se questa divisione fosse mai messa in atto, i sunniti (35% dei musulmani iracheni) avrebbero diritto a una loro quota delle ricchezze petrolifere e si sottrarrebbero al controllo delle milizie sciite.

L’Iraq è la dimostrazione più eloquente della disastrosa politica mediorientale degli anglo-francesi dopo la fine della prima guerra mondiale. Una politica ereditata dagli USA, che l’han resa ancora più disastrosa.

Saprà Biden invertire la tendenza? Difficile. I presidenti americani sono in genere fantocci in mano agli interessi economici delle grandi imprese. Che in Iraq riguardano anzitutto il petrolio.

 

[15 novembre] Covid-19. Pfizer. Zambia

 

La ricercatrice Maria Rosaria Capobianchi, docente di Biologia Molecolare e alla guida del Laboratorio di Virologia dell’Istituto Spallanzani, ha detto che la pandemia di Covid-19 ha aperto una nuova visione della scienza. Ci ha fatto capire che “l’essere umano è un elemento di un sistema in cui a definire una situazione planetaria concorrono animali, microrganismi, ambiente e fattori sociali”. “Nel XIV secolo l’avanzata dell’epidemia di peste nera aveva impiegato 10 anni per raggiungere l’Europa, facendo un numero di vittime molto elevato, circa 20-25 milioni. Oggi nel giro di poche settimane la nuova epidemia nata in Cina ha fatto il giro del mondo e ha raggiunto dimensioni planetarie”. “La pandemia ha dimostrato che le frontiere in sanità non esistono”.

Insomma è tutto integrato: natura cultura società. Viviamo in un mondo interconnesso, in un villaggio globale. Il globalismo si sviluppa sia nel bene che nel male. Praticamente abbiamo acquisito la stessa consapevolezza dei popoli primitivi. Abbiamo riscoperto l’America.

 

Si è scoperto che non è stato solo il CEO di Pfizer, Albert Bourla, a vendere azioni del colosso farmaceutico per l’incredibile cifra di 5,6 milioni di dollari (il 62% di tutte le azioni che aveva nella società che guida), il giorno stesso in cui l’impresa aveva annunciato che il vaccino aveva raggiunto un’efficacia del 90%, ma l’ha fatto anche Sally Susman, vicepresidente della stessa Pfizer, che ha venduto 43.662 azioni, per 1,8 milioni di dollari.

Una portavoce di Pfizer, interrogata su queste strane vendite di titoli, ha dato come unica risposta la seguente: sono “piani predeterminati gestiti da un amministratore di terze parti”. Cioè le azioni sono state vendute perché avevano raggiunto un prezzo predeterminato previsto da un precedente piano di vendita già autorizzato lo scorso 19 agosto.

Ma la coincidenza degli eventi è davvero sospetta: se questa non è una precisa intenzione di lucrare sul vaccino, che cos’è? Questi signori hanno consapevolmente manipolato il mercato (insider trading).

In un anno Bourla ha ricevuto 17,9 milioni di dollari di remunerazione diretta dal suo laboratorio.

A settembre anche i vertici di Moderna, società biotecnologica americana in corsa per il vaccino contro il Coronavirus, avevano venduto azioni per 1,3 milioni di dollari subito dopo la pubblicazione dei risultati che annunciavano promettenti sperimentazioni cliniche.

Ricordiamo che Pfizer prevede fino a 50 milioni di dosi del vaccino prodotte quest’anno e fino a 1,3 miliardi di dosi nel 2021.

 

Lo Zambia, che fino a non molti anni fa era considerato uno dei Paesi africani emergenti dal punto di vista economico, sta per fallire. Ha un debito estero di oltre 12 miliardi di dollari (di cui 11 con la sola Cina), che mette a rischio la proprietà delle più importanti imprese statali. È il 47% del PIL! E il debito estero potrebbe anche essere il doppio di quello ufficiale.

Ora la pandemia ha peggiorato le gravi condizioni economiche del Paese, il cui 70% della popolazione vive sotto la soglia di povertà (tra loro oltre il 40% è in stato di indigenza estrema). La vita media è sui 49 anni, a causa dell’infezione da HIV / AIDS, che nel Paese assume risvolti drammatici.

Lo stipendio medio annuale pro-capite si aggira sui 395 dollari, pur essendo il Paese il secondo produttore di rame al livello mondiale. Già adesso il governo non riesce a pagare per intero salari e stipendi dei dipendenti pubblici.

Il premier Edgar Lungu, che ha speso cifre assurde negli armamenti, ha chiesto di posticipare ad aprile 2021 il pagamento di oltre 40 milioni di dollari, ma gli investitori non ne vogliono sapere. Il “periodo di grazia” concesso allo Zambia per il pagamento del debito internazionale è scaduto.

Pare che la Cina voglia appropriarsi dell’aeroporto internazionale di Lusaka. Al momento ha già il controllo dell’emittente radio-televisiva di stato ZNBC, e sta per acquisire anche la società ZESCO, fornitrice statale di energia elettrica.

Il FMI non è più disposto a concedere finanziamenti a quegli Stati africani già sovra-indebitati con la Cina per la realizzazione di infrastrutture dai costi esagerati.

In un modo o nell’altro l’Africa continua a essere oggetto di dinamiche imperialistiche. Poi ci meravigliamo dei loro flussi migratori...

 

[16 novembre] Radio Maria. Covid-19. Cile. Coerenza politica. Doppio mandato

 

Altro scandalo in Vaticano. Questa volta dettato da parole insensate, anzi irresponsabili da parte di don Livio Fanzaga, direttore di Radio Maria. Il quale avrebbe detto l’11 novembre, nella sua rubrica “Lettura cristiana della cronaca e della storia” (la più seguita trasmissione di Radio Maria), che l’attuale pandemia è “Un progetto volto a fiaccare l’umanità, metterla in ginocchio, instaurare una dittatura sanitaria e cibernetica, creando un mondo nuovo che non è più di Dio Creatore, attraverso l’eliminazione di tutti quelli che non dicono sì a questo progetto criminale portato avanti dalle élites mondiali, con complicità magari di qualche Stato”. E qui il riferimento esplicito va alla Cina: “ho insistito sul fatto che la Cina abbia testato un’arma tecnobiologica, che sarebbe proibita, ma la Cina non ha firmato la Convenzione di Ginevra”.

Tutto per creare “il mondo di Satana, dove saremmo tutti degli zombie. È un progetto, non una cosa campata per aria. Vorrebbero realizzarlo entro il 2021, a mio parere”. A detta di don Fanzaga, “si vuole creare un passaggio repentino, dopo la preparazione ideologica, politica e mass mediatica, per un colpo di Stato sanitario o massmediatico”.

Per quanto riguarda infine l’elezione negli USA del neo-presidente Joe Biden, questa, per il direttore di Radio Maria, sarebbe “la ciliegina sulla torta”.

Si può capire che a una certa età (80 anni) uno si senta un po’ frustrato a ridurre di molto le proprie attività sociali e culturali, ma quando si coprono ruoli di una certa responsabilità, bisognerebbe stare attenti a ciò che si dice, soprattutto quando si possono influenzare, solo in Italia, 1.644.000 ascoltatori medi giornalieri. Quest’uomo andrebbe rimosso immediatamente dal suo incarico.

Anzi, visto che è divenuto direttore di Radio Maria in seguito ad un pellegrinaggio a Međugorje, diventando uno dei più appassionati sostenitori delle apparizioni mariane, non gli si sarebbe dovuto affidare il compito di gestire un network radiofonico di livello mondiale, con 78 emittenti in più di 50 Paesi che trasmettono in lingua locale.

Era già stato sospeso nel 2017 per 6 mesi dall’ordine dei giornalisti perché aveva augurato di morire alla senatrice Monica Cirinnà, autrice del disegno di legge sulle unioni civili.

 

Molti nostri quotidiani insistono nel dire che il modello svedese nella gestione del Covid fa acqua da tutte le parti. Eppure il dato nel lungo periodo sulla curva e sulla mortalità svedese resta ampiamente sotto quello italiano.

Il governo ha deciso di proteggere le fasce più deboli, e sin dall’inizio si è raccomandato coi cittadini di rispettare le regole igieniche ed evitare assembramenti, senza per questo pretendere la cessione di quote di libertà personale.

Ha pianificato una gestione del Covid sulla base dell’interpretazione che ha dato del virus, che da noi sarebbe stata piuttosto discutibile: nell’80% dei casi non dà alcun tipo di sintomo, nel 15% dei casi una sintomatologia influenzale e soltanto nel 5% necessita di accesso in ospedale per le cure.

In particolare da loro l’età media dei pazienti Covid in terapia intensiva è di 63 anni perché ritengono non abbia senso preoccuparsi di persone che non sarebbero in grado di cavarsela per motivi di età e di patologie pregresse.

Da noi il solo pensiero di un comportamento del genere sarebbe una forma di nazismo. Eppure anche in Svizzera la pensano allo stesso modo.

Degli svedesi che sono morti di Covid-19, una grande maggioranza non è mai passata per la terapia intensiva. Solo una piccola percentuale di ultra-ottantenni ha effettivamente ricevuto cure intensive.

Di recente hanno avuto molti decessi nelle case per anziani, dove le visite dei parenti erano state vietate (una delle poche restrizioni del Paese). Questa cosa non sanno spiegarsela.

Per loro pensare di aprire e chiudere continuamente le porte in un mondo globalizzato resta infattibile. Anzi han dato per scontato che col virus dovranno convivere per almeno un biennio.

Per il resto si vantano di avere una sanità pubblica di alto livello. La spesa sanitaria è quasi il 10% del PIL.

Confidano nella responsabilità dei cittadini, che non si sentono in antagonismo con le istituzioni.

La Svezia è uno dei Paesi più sviluppati del mondo, con una speranza di vita fra le più alte al mondo (81 anni). Ha oltre 10 milioni di abitanti, un PIL pro-capite elevato (53.000 euro) e un indice ISU di 0,913, che è molto alto.

 

Il 25 ottobre il Cile ha deciso di sostituire la sua Costituzione del 1980, ultima eredità della dittatura del generale Augusto Pinochet, con la prima Costituzione al mondo che sarà scritta in forma paritaria, cioè da un’assemblea costituente formata per metà da uomini e per metà da donne.

La nuova assemblea, composta da 155 persone, sarà eletta l’11 aprile 2021 e avrà un anno per presentare il nuovo testo. Naturalmente la precedente Costituzione era già stata emendata e riformata in vari articoli, ma continuavano a permanere forti discriminazioni di genere.

Considerando che le donne cilene oggi rappresentano solo il 20% del Parlamento, può essere considerato un grande risultato del movimento femminista.

In Cile l’aborto terapeutico (in caso di stupro, rischio di morte della madre e d’impossibilità di sopravvivenza del feto) è stato introdotto solo nel 2017.

Fino a poche settimane fa le donne cilene non potevano sposarsi prima che fossero passati almeno 270 giorni dal divorzio o dalla morte del marito, per evitare dubbi sulla paternità dei figli.

La conquista delle donne ha il sapore del successo anche per il movimento transnazionale nato nel 2015 in Argentina con “Ni una menos” (Non una di meno), un collettivo che ha attirato l’attenzione dei mezzi d’informazione sul femminicidio, che nell’immaginario maschile di quella regione viene equiparato a una sorta di “delitto passionale”.

 

Ha detto il premier Conte all’assemblea degli Stati generali dei 5Stelle: “Governare è anche intelligenza e coraggio di cambiare idea. La coerenza delle proprie idee è senz’altro un valore, ma quando governi devi affrontare la complessità. Quindi bisogna avere il coraggio e l’intelligenza di cambiarle, le idee, e a volte questo diventa un obbligo morale. L’obbligo morale si impone quando la coerenza delle stesse idee fa male al Paese, e la prova del nove è spiegare con chiarezza e in trasparenza perché il cambiare idea è una cosa giusta”.

Parole molto importanti queste, che valgono non solo in politica ma ovunque. Fanno capire la differenza tra ideologia e pragmatismo. L’incoerenza non è una forma di cinica indifferenza ai problemi della gente, o l’atteggiamento di chi è interessato unicamente al potere, ma è senso del realismo, aderenza alla realtà mutevole. Lenin diceva che in politica la coerenza è un difetto, a meno che non si ponga come un tradimento di fondamentali princìpi.

Nei vangeli si dice che il sabato è fatto per l’uomo e non il contrario.

 

Il limite massimo del doppio mandato per consiglieri e parlamentari, di cui si continua a parlare nei 5Stelle, francamente lo trovo un po’ populistico (come si dice oggi, senza sapere che in Russia il populismo fu una gran cosa). Rischia d’indurre un eletto dei 5Stelle a cambiare partito, pur di restare in politica, una volta scaduto il secondo mandato. Rischia di trasformarsi in una moralistica gara relativa all’onestà delle proprie intenzioni con cui dedicarsi alla politica.

Se è questione di non farsi corrompere dagli elevati stipendi parlamentari, si agisca su questi e in maniera convincente per tutti. Non ha senso impedire che le competenze maturate sul piano politico debbano terminare solo per timore che se ne abusi. Chiediamoci cosa sarebbe stata la Germania senza la Merkel, al governo dal 2005.

Anche quando negli anni passati si diceva che non si può fare della politica un mestiere, il motivo era sempre quello di impedire il privilegio di una vergognosa carriera.

Noi in teoria dovremmo uscire dal concetto di “democrazia delegata”, poiché in questa democrazia anche il parlamentare più onesto si corrompe, e se si corrompe, è meglio che lo facciano nel minor numero possibile.

Fare politica è una vocazione etica. Ci si deve dedicare al bene comune, subordinando a questo l’interesse personale. Tutti dovrebbero farla, sino alla fine dei loro giorni. Se fosse così, sarebbero gli stessi cittadini a eleggere nei ruoli apicali solo i più capaci e meritevoli.

Finché ci saranno problemi da risolvere, la politica sarà inevitabile e quella della democrazia diretta sarà la migliore in assoluto, l’unica che permette di controllarsi a vicenda, andando oltre la durata dei mandati. Uno non può impedire a se stesso di partecipare con passione alla gestione degli affari generali di una determinata collettività.

Senza poi considerare che nessun politico nasce “imparato”: ci vuol tempo per capire come i problemi possono essere affrontati nel migliore dei modi. Semmai si faccia un altro ragionamento, quello relativo al modo di controllare l’operato dell’eletto, parlamentare o consigliere che sia. Si punti di più sul mandato imperativo e sul fatto che per realizzare la democrazia diretta occorre decentrare al massimo i poteri del Parlamento, trasformando Comuni e Regioni da semplici organi amministrativi dello Stato a veri organi politici di governo, dotati di autonomia legislativa e impositiva (senza quest’ultima non può neppure esistere l’autonomia politica). La democrazia diretta non può certo ridursi all’uso dello strumento referendario o all’uso della piattaforma Rousseau. Democrazia vuol dire esercizio della responsabilità personale e collettiva, e il miglior ambito per verificarla è quello locale.

Si potrebbe addirittura dire che, visto che il paese reale è più importante di quello legale, i poteri politici devono essere inversamente proporzionali alla distanza dalla comunità locale. Quanto più il parlamentare è distante da chi lo può controllare periodicamente, tanto meno potere deve avere. Quindi l’immunità parlamentare va tassativamente vietata, se non nelle missioni in politica estera: un eletto deve poter essere rimosso immediatamente se compie reati, crimini o tradimenti. Obbligatorio invece dev’essere la rendicontazione assidua, inerente al vincolo di mandato, e quindi la revocabilità in qualunque momento. Se i politici in ambito locale fanno quello che vogliono, la colpa è dei cittadini locali che non li controllano, pur avendone tutti i mezzi. Quando invece fanno i loro comodi i politici nazionali, la colpa è del sistema in sé, che non funziona perché la democrazia è meramente delegata, cioè esclusivamente rappresentativa. La corruzione della casta non dipende anzitutto dalla volontà dei singoli eletti. E non è che i cittadini possono continuare a fidarsi della buone intenzioni di chi dice d’essere onesto. È il sistema che corrompe. E questo non è un problema che può essere risolto riducendo a due i mandati elettorali, come vogliono alcuni pentastellati: non vogliamo essere moralisti. Uno può anche avere un triplo mandato se dimostra di meritarlo sul piano etico o professionale. Il problema semmai sta nel chiarire come poterlo dimostrare. Che senso ha che per le prossime elezioni non si possano candidare quasi 100 parlamentari pentastellati? Lenin pretendeva soltanto una periodica turnazione, perché, anche se gli stipendi erano ridicoli, temeva che i propri delegati potessero comunque corrompersi.

 

[17 novembre] Ungheria, Polonia. Simone Cantaridi. Turchia. Pasolini

 

L’Ungheria e la Polonia, dopo le proteste dei premier Viktor Orban e Mateusz Morawiecki contro la nuova clausola sulla condizionalità legata al rispetto stato di diritto, ricorrono al potere di veto e bloccano l’accordo sul prossimo bilancio europeo. Per una ritorsione indegna di due premier antidemocratici, ritenuti colpevoli di violazioni di princìpi fondamentali come la separazione dei poteri e la libertà d’espressione e d’informazione, rischiamo chissà quali ritardi sul Recovery fund.

Scommetto che la nostra destra fascioleghista sarà contenta. Avrà un motivo in più per chiederci di uscire dalla UE.

In fondo Meloni e Salvini han sempre detto di stare dalla parte di Orban, del tutto contrario agli stranieri che migrano in Europa. È lo stesso premier accusato di un uso improprio dei fondi dell’UE a beneficio dei propri alleati politici.

L’altro premier invece si lamenta che la Germania voglia controllare la Polonia. Vorrei vedere la Polonia, che è poverissima, senza i fondi strutturali europei.

 

È morto Simone Cantaridi, 46 anni, esattamente alla vigilia del 21mo anno dalla strage in famiglia da lui commessa: il 14 aprile 1999 a Piombino (Livorno) aveva ucciso la moglie 24enne, la figlia di 4 anni e la sorella 27enne, dopodiché aveva tentato di suicidarsi col gas, riuscendo a far saltare in aria la casa in cui vivevano. Un materasso, però, caduto dal piano di sopra l’aveva protetto dai detriti, creando la sacca d’aria necessaria a resistere fino a quando non arrivarono i soccorsi.

La sua auto si è schiantata contro un albero alla periferia di Prato. Andava troppo forte. Non risulta che l’uomo fosse ubriaco o avesse fatto uso di stupefacenti. Dentro l’auto non c’era alcun documento: si è risaliti a lui dalla targa della macchina.

A quel tempo, di fronte alla casa in macerie, tutti avevano pensato a un incidente, ma i carabinieri si erano insospettiti al vedere la bombola del gas nella camera da letto, accanto a dove era stato ritrovato Simone ferito, staccata dalla stufetta cui doveva essere collegata. Inoltre c’erano macchie di sangue sulle pareti, incomprensibili in un’esplosione per fuga di gas. Infine una testimone diceva di aver sentito gridare la bambina.

Il giorno prima della sepoltura il magistrato richiese le autopsie dei corpi, sui quali erano già state individuate ferite sospette, che potevano essere state provocate da schegge o vetri rotti, ma anche da un coltello.

Messo alle strette, aveva confessato di averle uccise. Il coltello infatti fu trovato dai vigili del fuoco in camera da letto, chiuso in un cassetto del comodino.

Non disse però nulla sul motivo, che non venne mai scoperto. Si ipotizzavano storie di debiti, difficoltà economiche diventate insostenibili. Ma l’uomo aveva un posto sicuro come autista all’azienda municipalizzata di Piombino.

Fu condannato con rito abbreviato e col riconoscimento della semi-infermità a 16 anni. Dopo averne scontati 10, fu scarcerato nel 2009 grazie alla buona condotta e all’indulto. Lavorava in un supermercato. Si era anche sposato, nel 2012. A celebrare il matrimonio il cappellano del carcere che l’aveva anche aiutato a laurearsi in Teologia durante la reclusione.

Il prete ha dichiarato: “Da quando è uscito dal carcere sino a quando si è sposato è stato ospite a casa mia. Era un ragazzo estremamente sereno per come io lo conoscevo. Sono sconvolto. Anche a me ha fatto riflettere la data del suo incidente, ma ultimamente lo sentivo poco”.

Non ha capito che è stato ucciso dal rimorso.

 

Il governo della Grecia, in un webinar organizzato dalle ambasciate americana e polacca presso il Vaticano sul tema della libertà religiosa, ha definito “inaccettabile” la conversione a moschea della basilica di Santa Sofia, a Istanbul, ormai museo dagli anni Trenta e posta sotto la tutela dell’UNESCO. Il ministro spera che l’Europa possa intervenire.

In parallelo un gruppo di cristiani ortodossi in Turchia, appartenenti alla minoranza greca di Costantinopoli, ha avviato un’azione legale contro la conversione di Santa Sofia in moschea, appellandosi al Consiglio di Stato.

L’azione legale si basa sul fatto che la conversione in moschea viola di fatto la Convenzione dell’UNESCO sulla protezione del patrimonio dell’umanità, che impone agli Stati di garantire la tutela del sito, mantenerlo integro e fruibile.

Per quasi un millennio Santa Sofia è stata una cattedrale ortodossa. Fu trasformata in moschea dopo la conquista di Costantinopoli nel 1453. Alcuni dei mosaici raffiguranti scene tratte dai vangeli furono ricoperti di gesso per consentire ai musulmani di praticare il culto. L’Islam, infatti, non permette la presenza di immagini nella preghiera. Attualmente per coprire le figure degli angeli e del Cristo si usano tende e tessuti pieghevoli che vengono aperti o chiusi a seconda delle circostanze.

Un altro elemento che ha scatenato la rabbia dei cristiani ortodossi è avere installato delle toilette nel complesso architettonico.

Ricordiamo che è stato nello scorso luglio, per volere del partito al governo, che la basilica è ritornata aperta al culto islamico e quindi nuovamente trasformata in moschea. I mosaici e le raffigurazioni cristiane restano visibili solo quando non si prega.

Anche questa moschea, come tutte le altre, rimane gratuitamente aperta tutti i giorni dall’alba al tramonto, ma non è visitabile durante gli orari di preghiera. Tali orari non sono fissi e variano di giorno in giorno essendo legati al sorgere del sole. Le preghiere avvengono 5 volte al giorno e ogni volta per 30 minuti.

L’amministrazione degli orari del culto è sufficiente per scoraggiare qualunque turista.

Erdoğan vuol ripristinare l’antico impero ottomano. Figuriamoci se può farsi impressionare dalle esigenze dell’UNESCO.

 

Tre delle persone che avrebbero partecipato all’omicidio di Pier Paolo Pasolini sono ancora vive, e non sono mai state sottoposte a un accertamento del DNA con le evidenze trovate dagli investigatori sugli indumenti del poeta ucciso all’Idroscalo di Ostia 45 anni fa.

L’afferma Simona Zecchi nel suo libro fresco di stampa, L’inchiesta spezzata di Pier Paolo Pasolini, ed. Ponte alle Grazie, rivelando di alcuni di loro nomi e cognomi.

Tredici sarebbero gli individui coinvolti nelle varie fasi dell’agguato mortale.

Il manipolo di persone che aggredì Pasolini era composto da neofascisti, elementi di Avanguardia Nazionale e Ordine Nuovo, alcuni dei quali provenienti da Catania. Ma vi erano anche elementi provenienti dal mondo delle mafie. Tutti ingredienti presenti nelle dinamiche della strage di Piazza Fontana del 1969 e di tutta la strategia della tensione.

Nel libro un nuovo testimone parla del ruolo svolto anche dalla ’ndrangheta nello schema ordito contro il giornalista, poeta, regista e intellettuale di spicco a quell’epoca.

In sostanza quello che fece decidere la morte di Pasolini fu la sua corrispondenza epistolare col neofascista Giovanni Ventura, che gli scriveva dal carcere di Bari. Pelosi fu solo la pedina consapevole di una trappola decisa a tavolino senza possibilità di fuga. In sostanza fu ammazzato perché Pasolini aveva scoperto, con prove alla mano, che dietro la strage di Piazza Fontana, la madre di tutte le stragi, vi era la stessa Democrazia cristiana.

Insomma sarebbe ora di varare una Commissione d’inchiesta. Lo Stato dovrebbe avere il coraggio di processare se stesso. E bisognerebbe processare anche il giornalismo, poiché nessuno degli intellettuali e dei giornalisti, venuti a conoscenza di trame sospette dietro Piazza Fontana e dietro quell’omicidio, volle mai indagare sino in fondo.

 

[18 novembre] Macedonia del Nord. Brexit. Contraccettivi. Calcio

 

La Bulgaria non ne vuol sapere di far entrare la Macedonia del Nord nell’Unione Europea. Teme che essa avanzi una rivendicazione per la minoranza di lingua macedone in Bulgaria.

Il governo di Sofia vorrebbe che nei documenti ufficiali dell’Unione, per evitare di menzionare direttamente la “lingua macedone”, si dicesse che deriva dal bulgaro.

Per cercare di aderire alla UE la Macedonia ha già dovuto accettare di aggiungere la parola “Nord” al suo nome ufficiale, risolvendo così uno scontro decennale con la Grecia che ha una sua regione settentrionale con quel nome.

Adesso invece il problema è linguistico. Cioè la Bulgaria vuole che la Macedonia del Nord riconosca che la lingua parlata dalla maggioranza slava macedone nella Macedonia del Nord non è il “macedone” ma il “bulgaro” o un suo dialetto.

In questa maniera Skopje sarebbe costretta a riconoscere le origini bulgare della nazione macedone e a rinunciare a qualsiasi pretesa sulla presenza della minoranza macedone separata in Bulgaria. È separata perché Sofia considera bulgari tutti i macedoni presenti nel proprio territorio nazionale, cioè non riconosce i macedoni come un gruppo etnico distinto.

Eppure i macedoni di etnia macedone non sono pochi: costituiscono il 10% della popolazione bulgara.

Inoltre le lingue bulgara e macedone sono due lingue diverse, per le quali la comunicazione incrociata richiede una traduzione, a differenza delle lingue serba e croata.

Il governo bulgaro di centrodestra si sta in realtà arrampicando sugli specchi. Sta cercando pretesti nazionalistici per distogliere l’attenzione della popolazione, che da tre mesi sta protestando contro la corruzione del governo. I manifestanti chiedono al primo ministro Boyko Borissov e al massimo procuratore del Paese, Ivan Geshev (consigliere per la sicurezza e la difesa del Paese), di dimettersi, essendo accusati di collusione con una mafia oligarchica.

L’anno scorso Bruxelles ha ritenuto che i progressi della Bulgaria nella riforma del sistema giudiziario, nella lotta alla corruzione e nella lotta alla criminalità organizzata sono stati appena sufficienti.

Il premier Borissov deve ringraziare il Partito popolare europeo, che ha mantenuto nei confronti della Bulgaria (come nei confronti dell’Ungheria di Viktor Orban) una linea molto morbida.

Ricordiamo che Montenegro, Serbia, Repubblica di Macedonia del Nord e Albania sono candidati ufficiali per l’ingresso nella UE, mentre Bosnia-Erzegovina e Kosovo sono candidati potenziali.

La Macedonia ha subìto molte modifiche nei suoi confini, tanto che la regione (di 67.000 km² inglobando una popolazione di 5,1 milioni di abitanti) fa parte di sei nazioni balcaniche: Grecia, Macedonia del Nord, Bulgaria, Albania, Serbia, Kosovo.

La Repubblica di Macedonia si è separata dalla Jugoslavia nel 1991.

 

In vista di un collasso dei negoziati Brexit si prevede di utilizzare una lista di tariffe a carico dei prodotti UE.

Su 301,2 miliardi di beni esportati dai Paesi UE verso il Regno Unito, almeno 47,3 miliardi (circa il 16%) potrebbero essere colpiti dalle tariffe. Il totale dei costi aggiuntivi per i prodotti europei ammonterebbe a quasi 5 miliardi di euro.

Questo allo scopo di proteggere l’economia britannica dalla concorrenza UE. Finiti nel mirino 500 prodotti.

Tra i Paesi più colpiti la Germania, con 18,8 miliardi di euro di beni soggetti a tariffe: un valore più o meno equivalente a quello complessivo di Belgio, Spagna, Paesi Bassi e Francia. Noi invece ci rimetteremmo 2 miliardi di euro.

Tuttavia anche per gli inglesi la Brexit, di per sé, costerà cara. La prospettiva è di un calo del 3,9% del PIL entro il 2030, pari a un costo di 100 miliardi di sterline, equivalente a perdere l’intero contributo annuale del Galles o del settore finanziario a Londra.

Peggio ancora sarebbe se la Gran Bretagna uscisse dalla UE senza un’intesa: la contrazione del PIL sarebbe del 5,5% o 140 miliardi di sterline.

Il bello è che, anche se l’accordo verrà approvato, ci sarà comunque una forte riduzione negli investimenti e negli scambi commerciali (-46%), soprattutto nel settore dei servizi.

Secondo gli ultimi studi l’esito del referendum del 2016 e i punti interrogativi sul futuro che ha sollevato hanno già pesato per il 2% del PIL.

Non è curioso che gli inglesi, così attaccati ai soldi, siano anche così incapaci di fare i conti? Così abituati a scommettere, siano così incapaci di prevedere le cose più evidenti?

La Brexit è una lezione significativa per i sovranisti.

 

Per fare pubblicità ai preservativi non ci sarà più bisogno dell’autorizzazione del ministero della Salute, come da decreto legislativo n. 46 del 24 febbraio 1997. L’obbligo è stato abolito con un decreto firmato dal viceministro della Salute Pierpaolo Sileri il 6 ottobre, ed è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 14 novembre.

Il decreto, che entrerà in vigore il 30 novembre, prevede però che, “qualora una pubblicità di profilattici presenti informazioni dalle quali può derivare un rischio per la salute dei consumatori”, il ministero ordinerà “l’immediata cessazione della pubblicità” e “la diffusione, a spese del trasgressore, di un comunicato di rettifica e di precisazione, secondo modalità stabilite dallo stesso ministero”.

Questo perché la pubblicità dei preservativi era fino ad ora equiparata a quella dei “dispositivi medici”, cioè dei prodotti venduti a fini diagnostici, terapeutici, di prevenzione o di controllo di una malattia, e quindi la normativa che la regolamentava era molto severa.

Non è ridicolo sostenere che, pubblicizzando l’uso dei preservativi si possa incorrere in “un rischio per la salute dei consumatori”? Se c’è qualcosa che impedisce la diffusione di malattie veneree o dell’AIDS, non è forse quello? È persino un’alternativa valida all’aborto.

Perché non dire chiaramente che il Vaticano, con la sua idea secondo cui ogni rapporto sessuale deve essere aperto alla vita, ha sempre fatto pressioni negative sull’uso del profilattico?

 

Antonio Conte (Inter) – 12 milioni

Paulo Fonseca (Roma) – 2,5 milioni

Gian Piero Gasperini (Atalanta) – 2,2 milioni

Stefano Pioli (Milan) – 2 milioni

Simone Inzaghi (Lazio) – 2 milioni

Sinisa Mihajlovic (Bologna) – 2 milioni

Andrea Pirlo (Juventus)– 1,8 milioni

Claudio Ranieri (Sampdoria) – 1,8 milioni

Eusebio Di Francesco (Cagliari) – 1,5 milioni

Gennaro Gattuso (Napoli) – 1,5 milioni

Marco Giampaolo (Torino) – 1,5 milioni

Roberto De Zerbi (Sassuolo) – 1,1 milion1

Filippo Inzaghi (Benevento) – 1 milione

Ivan Juric (Verona) – 1 milione

Beppe Iachini (Fiorentina) – 0,9 milioni

Rolando Maran (Genoa) – 0,85 milioni

Luca Gotti (Udinese) – 0,6 milioni

Giovanni Stroppa (Crotone) – 0,6 milioni

Fabio Liverani (Parma) – 0,5 milioni

Vincenzo Italiano (Spezia) – 0,5 milioni

Ha senso che coi tempi che corrono gli stipendi degli allenatori in Serie A siano a questi livelli (per giunta al netto delle tasse, secondo money.it)? Non sarebbe meglio porre un tetto massimo, compatibile col buon senso? Naturalmente questo varrebbe anche per i calciatori. Senza poi considerare che nel calcio non esiste solo la Serie A. Anzi si dovrebbe smettere di favorire solo il calcio.

Peraltro ha senso che tra l’allenatore più pagato e quello meno ci siano ben 11,5 milioni di differenza?

 

[19 novembre] Bielorussia. Covid-19. Neanderthal. Cervello-Universo

 

Alle radici delle proteste popolari in Bielorussia (un Paese di 9,5 milioni di abitanti) c’è l’esigenza di liberarsi delle catene dell’autoritarismo neosovietico del presidente Aleksandr Lukašenko.

La disoccupazione, la corruzione e la mancanza di prospettive hanno alimentato il malcontento. I manifestanti appartengono a tutti i gruppi sociali e a tutte le fasce d’età: a studenti, informatici, artisti e sportivi si sono uniti medici, insegnanti, pensionati e lavoratori delle aziende di stato. Insieme alle donne, sono i giovani il volto delle proteste.

Lukašenko aveva fatto nel 1994 una specie di patto coi cittadini: salari e cibo in cambio delle libertà ottenute dal Paese nel 1991. Questo gli valse il sostegno di ampie fasce della popolazione, che dal crollo dell’Urss non avevano tratto benefici. Accettarono persino ch’egli imponesse nuovamente il russo come lingua ufficiale e sottraesse potere al Parlamento.

Ma proprio l’uso della lingua bielorussa diventò un codice culturale alternativo al regime, soprattutto tra i giovani. Fu dalla fine degli anni ’90 che il governo cominciò a vietare i concerti musicali, alcune trasmissioni radiofoniche e televisive a favore di certi gruppi e musicisti. Molti locali furono costretti a chiudere. La rivista studentesca “Studumka” fu vietata nel 2005.

Cominciarono a scomparire dalla scena pubblica determinati politici e giornalisti d’opposizione.

Lo sviluppo del web ha reso ancora più insopportabile l’ideologia di stato, ed è servito per aggirare in qualche modo le severe regole sugli assembramenti negli spazi pubblici.

Molti giovani han lasciato la Bielorussia, dirigendosi verso l’Unione Europea, gli Stati Uniti, il Canada. Ma altri han cominciato a incanalare il loro desiderio di cambiamento in progetti ecologici, storici, legati all’istruzione e alla tecnologia, realizzando, negli ultimi 15 anni, delle reti solide e abbastanza adattabili da sopravvivere in un ambiente ostile. Le proteste del 2020 devono molto a questo sistema di rapporti e strutture.

Negli anni duemila la forza trainante della nuova cultura della contestazione è stata la scena artistica, che ha affrontato clandestinamente temi come la violenza domestica, la pena di morte e il terrore psicologico in uno stato autoritario. Molti registi e attori sono stati costretti a lasciare il Paese.

Stessa sorte è toccata ai romanzieri che narravano la vita in un sistema repressivo. Quando si arriva a chiudere librerie, case editrici, riviste, obbligando artisti e intellettuali a emigrare, è finita. Quando si arrestano artisti, poeti e musicisti, come Nadežda Sajapina, Uladzimir Liankevič e Jurij Stylskij, il potere comincia ad avere paura di se stesso, diventa paranoico. Non digerisce neppure il principale slogan delle femministe: “il privato è politico”.

Le proteste del 2020 sono state quasi totalmente pacifiche, contro l’arresto di Viktor Babariko, il più noto tra i potenziali candidati d’opposizione, e contro il rapimento di Maria Kolesnikova, che faceva parte del consiglio di coordinamento dell’opposizione. Persino i dj Kirill Galanov e Vladislav Sokolovskij sono diventati simbolo delle proteste.

A Minsk Aleksandr Taraikovskij è stato ucciso dai colpi della polizia il 10 agosto.

Alla fine di settembre gli arrestati erano 12.000. Le Nazioni Unite riferirono di 450 casi documentati di tortura e maltrattamenti. Si è altresì scoperto che gli agenti delle forze dell’ordine che soffocano la proteste portano maschere e uniformi prive di segni di riconoscimento: non vogliono essere identificati.

Se si escludono le proteste di massa del 1995-96, in passato la repressione aveva colpito soprattutto le persone più esposte politicamente: militanti, personale delle ONG, attivisti per i diritti umani e giornalisti. Nel 2020 è stata invece l’intera società bielorussa a essere oggetto di repressione. Le tre donne politicamente impegnate, Svetlana Tichanovskaja, Veronika Tsepkalo e Maria Kolesnikova (quest’ultima in prigione), sono diventate delle eroine. E che dire di Jurij Korzun, il minatore che si è ammanettato a un impianto di trivellazione a trecento metri di profondità, chiedendo di rilasciare tutti gli scioperanti arrestati?

Il governo non può continuare a reprimere impunemente il movimento studentesco, le donne che scendono in piazza vestite di bianco, gli operai delle maggiori fabbriche in sciopero. Peraltro la risposta inefficiente alla crisi del Covid-19 ha gettato ulteriore benzina sul fuoco delle proteste.

Ha detto la Tichanovskaja, espulsa dal Paese: “Credo che le autorità alla fine capiranno che le persone non vogliono cedere, che il loro desiderio di cambiare il Paese e di andare a nuove elezioni non verrà meno. Credo che per la prima volta dovranno ascoltare il popolo, ascoltare i nostri appelli, e che alla fine si siederanno al tavolo delle trattative”. Lei stessa ha assicurato che, in caso di cambio di regime, verrà concessa l’immunità a Lukašenko.

Sono due mesi che contro i manifestanti vengono usati idranti, proiettili di gomma, granate stordenti e gas lacrimogeni. Sono due mesi che vengono caricati a forza su camionette e presi a manganellate.

Se fosse intelligente, Lukašenko si dovrebbe dimettere o almeno permettere nuove elezioni, senza brogli, facendo rientrare in patria tutti gli oppositori che ha espulso o costretto a fuggire. Ma siccome il potere logora chi c’è l’ha, porterà il Paese alla rovina, anche se 15 Paesi l’hanno riconosciuto come legittimo presidente della Bielorussia: Russia, Armenia, Moldova, Turkmenistan, Kazakistan, Uzbekistan, Kirghizistan, Tagikistan, Azerbaigian, Cina, Turchia, Siria, Vietnam, Venezuela, Nicaragua.

Putin avrebbe dovuto evitare di regalargli 1,5 miliardi di dollari per coprire i debiti del Paese con la Russia.

 

Al termine della fase 3 dei test il vaccino contro il Coronavirus sviluppato da Pfizer e BioNTech ha dato un risultato di efficacia pari al 95%. Le due aziende che producono il vaccino hanno comunicato il miglioramento dell’efficacia, in precedenza segnalata al 90%. Il dato del 95% supera quello dell’azienda concorrente, la Moderna il cui dato era del 94%.

Invece di unire le forze le han tenute ben divise. Pecunia olet.

Meriterebbero che il virus diminuisse da solo la propria aggressività. Come peraltro è accaduto nel passato con altri virus.

E comunque voglio vedere se sarà così semplice conservare e soprattutto distribuire il vaccino a una temperatura di 94 gradi Fahrenheit (34,4 gradi centigradi) sotto zero.

 

Alcuni scienziati hanno detto nella rivista “Nature” che la regione sul cromosoma 3, associata al rischio d’insufficienza respiratoria in caso di infezione da Sars-CoV-2, deriva da una sequenza di DNA che comprende sei geni e che è stata ereditata dai Neanderthal circa 60.000 anni fa.

È una sequenza genetica presente nel DNA di circa la metà degli individui in Asia meridionale e nel 16% degli europei.

Questa eredità genetica è legata a un rischio tre volte maggiore di dover ricorrere alla ventilazione meccanica.

La conclusione si basa sull’analisi dei dati genetici di 3.199 pazienti con una forma severa di Covid-19 e sull’osservazione che alcune varianti genetiche presenti sul cromosoma 3 erano troppo frequenti per essere mutazioni casuali.

Ma perché questo frammento del cromosoma 3 aumenta il rischio di malattie gravi? Non lo sanno.

Quindi qual è la conclusione razzista di questa ricerca? Che gli europei devono guardare con sospetto gli asiatici.

Questo poi senza considerare che il razzismo è anche nei confronti dello stesso uomo di Neanderthal, questo straordinario antenato, in possesso di tecnologie litiche elevate e dal comportamento sociale piuttosto avanzato, al pari dei sapiens di diversi periodi paleolitici.

Era un uomo di altezza medio-bassa, perfettamente eretto e muscolarmente molto robusto, con un rapporto superficie/volume inferiore a quello delle altre specie di uomini, il che comporta una minore dispersione di calore e quindi una maggiore resistenza alle basse temperature. Inoltre aveva un volume cerebrale di 1500 cm³ in media, del 10% superiore agli uomini attuali.

I am Neanderthal man. Are you Neanderthal woman?

 

In uno studio pubblicato sulla rivista “Frontiers of Physics”, due ricercatori italiani, l’astrofisico dell’Università di Bologna Franco Vazza e il neurochirurgo dell’Università di Verona Alberto Feletti, hanno indagato come sono organizzati al loro interno e quanto davvero si somigliano due dei più enigmatici e complessi sistemi che esistono in natura: la rete delle galassie che compongono l’Universo e la rete dei neuroni all’interno del cervello umano.

Le funzioni del cervello umano sono determinate da una vasta rete di neuroni, che si stima siano circa 69 miliardi. L’Universo visibile è invece segnato da una “rete cosmica” di almeno 100 miliardi di galassie. Fin qui tutto noto.

In entrambi i casi, però, galassie e neuroni, che occupano solo il 30% della massa dei due sistemi, si organizzano in lunghi filamenti, o nodi tra filamenti. E in entrambi i casi, circa il 70% della distribuzione di massa o energia dei due sistemi è formata da componenti che hanno un ruolo apparentemente passivo: acqua nel caso del cervello, energia oscura per l’Universo osservabile.

I due studiosi hanno scoperto che la distribuzione delle fluttuazioni nella rete neuronale nel cervelletto, su scale da 1 micrometro fino a 0,1 millimetri, ha lo stesso andamento della distribuzione di materia nella rete cosmica, su scale che però vanno da 5 milioni di anni luce fino a 500 milioni di anni luce.

Gli studiosi, inoltre, hanno scoperto che la connettività delle due reti evolve secondo principi fisici simili, nonostante le forze fisiche che regolano le interazioni tra galassie e neuroni siano ovviamente del tutto diverse.

Insomma siamo figli dell’universo, eterno nel tempo e illimitato nello spazio. Siamo gli unici esseri viventi, abbiamo delle potenzialità infinite e non abbiamo bisogno di alcun Dio. Abbiamo avuto conferma di cose che già sapevamo.

A ciò possiamo aggiungere che probabilmente l’universo è piatto come un infinito foglio di carta. Di conseguenza possiamo volare infinitamente lontano in qualsiasi direzione, e l’universo sarà ancora più o meno invariato. È impossibile arrivare al confine di un universo così infinito. Scopriremo semplicemente sempre più galassie. Se invece è una sfera, allora la sfera è così enorme che anche nell’intero universo osservabile è impossibile fissare una qualunque curvatura.

 

[20 novembre] Afghanistan. Australia. Arabia Saudita. Milano. Negazionisti

 

La guerra contro l’Afghanistan è stata disastrosa per l’occidente.

Conquistata l’indipendenza dall’impero britannico nel 1919, l’Afghanistan (oggi con 38 milioni di abitanti) vive un periodo di molta incertezza tra modernizzazione borghese e fanatismo religioso. Il primo re Amānullāh Khān vedeva nel turco Ataturk il proprio modello, ma fu deposto nel 1929 da Habibullāh Kalakāni, un emiro che si opponeva alla modernizzazione. Lo stesso emiro però fu tolto di mezzo dal nuovo re Nadir Shah favorevole a una cauta modernizzazione. Ma anche lui nel 1933 fu assassinato.

Forse il periodo migliore fu quello sotto Zahir Shah, figlio di Nadir Shah, che gli successe al trono e regnò fino al 1973. Sotto il suo regno l’Afghanistan ebbe riforme liberali e rimase neutrale. Non partecipò alla seconda guerra mondiale, né si allineò con i blocchi di potere durante la Guerra fredda.

Ma nel 1973 il cugino del re ed ex primo ministro, Daud Khan, organizzò un golpe incruento e instaurò la Repubblica.

Tuttavia il Partito Democratico Popolare, d’ispirazione marxista-leninista, rovesciò il governo di Daud Khan nel 1978, con un colpo di stato, dando vita alla Repubblica Democratica dell’Afghanistan governata dal leader del partito, Nur Mohammad Taraki.

Il governo avviò una serie di riforme: fece distribuire le terre, requisite al clero, a 20.000 contadini, abrogò la decima dovuta ai latifondisti dai braccianti, impedì l’usura, regolò i prezzi dei beni primari, statalizzò i servizi sociali garantendoli a tutti, diede il riconoscimento al diritto di voto alle donne, legalizzò i sindacati, vietò i matrimoni forzati e lo scambio di bambine a scopo economico, sostituì leggi tradizionali e religiose con altre laiche, mise al bando i tribunali tribali e rese pubblica a tutti l’istruzione, anche alle bambine che in precedenza non potevano andare a scuola. Queste riforme si scontrarono fortemente con le autorità religiose locali e tribali che si opposero alle politiche di Taraki.

I mullah organizzarono un’opposizione armata nel vicino Pakistan. Nel 1979 Taraki venne assassinato, su ordine del suo vice primo ministro Hafizullah Amin, il quale lo sostituì alla guida del Paese. L’URSS non si fidò di Amin, sospettato di legami con la CIA, e decise di invadere il Paese, anche a seguito di un aumento delle rivolte e del conseguente rischio di destabilizzazione della zona. L’Armata rossa entrò a Kabul alla fine del 1979 e mise al potere Babrak Karmal. La guerra coi mujaheddin, finanziati e ben armati dagli Stati Uniti, fu lunga e cruenta e terminò con l’abbandono del Paese da parte dei sovietici nel 1989.

La Repubblica Islamica dell’Afghanistan fu proclamata nel 1992. Il fronte dei Mujaheddin si dimostrò molto disunito e ciò consentì, dal 1996 al 2001, la presa del potere da parte della fazione dei Talebani (espressione dell’etnia maggioritaria pashtun), salvo che in alcuni territori settentrionali controllati dall’Alleanza del Nord dei restanti mujaheddin anti-talebani, guidati dal comandante Massoud, assassinato dai Talebani nel 2001.

Dopo dieci anni di guerra – che si lascia dietro un Paese in macerie, un milione e mezzo di afghani morti, 15 mila caduti russi, tre milioni di disabili e mutilati e cinque milioni di profughi – e il ritiro dell’Armata rossa, l’Afghanistan sprofonda in un’infernale guerra civile tra milizie islamiche che si contendono il controllo del Paese finendo di devastarlo.

Grazie al supporto economico e militare di Pakistan, Arabia Saudita, Emirati e Stati Uniti i Talebani, al potere nel 1996, applicarono al Paese una versione estrema della shari’a e ogni deviazione dalla loro legge venne punita con estrema ferocia. Le donne furono private di ogni diritto politico e civile e addirittura interdette dalla vita sociale. L’ultimo presidente della repubblica democratica, Najibullah, fu assassinato. Furono distrutte tutte le statue del Buddha.

Tra i Talebani più fanatici vi era un giovane sceicco saudita di nome Osama bin Laden, che nel 1988 aveva fondato il suo gruppo, Al-Qaeda, unendosi alle forze dei mujaheddin in Pakistan contro i sovietici in Afghanistan. Esiliato dall’Arabia Saudita nel 1992 perché criticava eccessivamente la dipendenza dei sauditi dalla volontà americana, spostò la sua base in Sudan, finché la pressione statunitense lo costrinse ad allontanarsene nel 1996. Stabilì una nuova base in Afghanistan e dichiarò guerra agli Stati Uniti.

Dopo gli attentati alle ambasciate USA in Tanzania e Kenya (1998), Clinton bombardò i campi di Al-Qaeda in Afghanistan e il Paese venne sottoposto a embargo internazionale.

Bin Laden nel 2001 organizzò gli attacchi alle Torri Gemelle di New York. Bush figlio, di fronte al rifiuto dei Talebani di consegnare Bin Laden, ordinò di conquistare Kabul. Dopo pochi mesi di combattimenti, i Talebani si rifugiarono in Pakistan dove organizzano la resistenza armata. Bin Laden si nascose in Pakistan, dove rimase fino alla sua uccisione da parte di un commando americano nel 2011.

A difendere il nuovo governo filo-occidentale installato a Kabul arrivano nel 2002 decine di migliaia di truppe NATO. Ai soldati italiani (inviati dal governo Berlusconi) viene affidato il comando della regione occidentale. Partecipano a numerose battaglie finendo nel mirino della resistenza (56 caduti e 650 mutilati). Dal 2015 le truppe NATO mantengono solo compiti di assistenza e addestramento, mentre gli USA continuano a fornire copertura aerea all’esercito afghano, che fatica a fronteggiare la sempre più diffusa resistenza talebana.

I 18 anni di guerra sono costati duemila miliardi di dollari (8 miliardi all’Italia). Quasi 1/3 del finanziamento si è perso fra sprechi, abusi e frodi. Le perdite maggiori nei programmi anti-droga e di stabilizzazione.

I morti sono stati oltre 157 mila afgani, compresi 43mila civili, e 7.000 caduti NATO, fra militari USA (oltre 2.400), alleati e contractor. I profughi sono 3 milioni. I talebani continuano a controllare gran parte del Paese e i governativi sono barricati nelle città assediate, Kabul compresa.

La presenza militare straniera, inizialmente ben accolta dalla popolazione, è sempre più malvista, perché considerata causa del prolungarsi di una guerra senza sbocchi (che continua a uccidere migliaia di civili ogni anno) e di una situazione socio-economica drammatica, con un regime corrotto che vive di narcotraffico e si intasca gli aiuti internazionali, e con tassi di povertà, mortalità infantile e aspettativa di vita tra i peggiori del pianeta.

È probabile che l’occidente si ritirerà entro la primavera del 2021.

 

Il giudice militare australiano Paul Brereton ha condotto per cinque anni un’indagine sulle forze speciali australiane durante il loro distaccamento in Afghanistan e ha scoperto 39 casi di omicidio di civili in almeno 23 episodi. Le vittime non erano combattenti afghani.

I commandos più giovani venivano obbligati dai propri sottufficiali a uccidere per sporcarsi le mani di sangue per la prima volta. I sottufficiali mettevano armi in mano agli afghani morti, per giustificare di averli uccisi.

Non è il primo caso di abusi commessi da militari occidentali durante la lunga guerra contro i Talebani. Ma l’inchiesta ha rivelato una cultura della violenza senza precedenti.

Nessuno dei fatti di sangue dettagliati dal rapporto è avvenuto nel corso di una battaglia. Al contrario, hanno avuto tutti luogo in circostanze che, se riconosciute tali da una giuria, rientrerebbero nella categoria di omicidi e “crimini di guerra”.

Venticinque membri delle Special Air Services sono chiamati in causa come esecutori o mandanti delle violenze. Alcuni di essi sono ancora in servizio.

L’ex premier australiano Kevin Rudd, che è stato capo del governo almeno due anni nel periodo fra il 2005 e il 2016 a cui risalgono i fatti, si è detto “disgustato” dal comportamento dei commandos australiani e ha fatto appello alle autorità affinché puniscano duramente tutti i responsabili. Eppure anche lui dovrebbe spiegare perché le denunce fatte in passato da ONG e associazioni dei diritti umani venivano respinte come “propaganda pacifista”.

 

Loujain al-Hathloul, la giovane attivista saudita 31enne in prima fila nella lotta per i diritti delle donne e per il diritto alla guida nel regno wahhabita, è in isolamento e in sciopero della fame dal 26 ottobre contro le condizioni carcerarie. Le sue condizioni di salute sono allo stremo. Le autorità di Riyadh negano contatti con la famiglia. Re Salman è sordo all’allarme lanciato dal Comitato delle Nazioni Unite per i diritti delle donne sul peggioramento progressivo delle sue condizioni di salute.

L’attivista si è battuta in prima persona nelle Campagne per l’abolizione delle medievali restrizioni delle libertà delle donne in Arabia Saudita ed è stata arrestata dalle autorità saudite per aver violato le norme inerenti alla sicurezza nazionale, nel contesto di una più ampia operazione per reprimere i movimenti attivisti, soprattutto quelli femminili. Secondo quanto raccontano i suoi parenti, è stata costretta in regime di isolamento per tre mesi, ed è stata oggetto di elettroshock, frustate e abusi sessuali. I suoi carcerieri le avrebbero addirittura offerto la possibilità di uscire dal carcere se avesse dichiarato di non aver subito torture.

Intanto, fra i capi d’imputazione emersi c’è quello di aver chiesto la fine della tutela maschile, di aver contattato organizzazioni internazionali e diplomatici ONU e stranieri. E comunque, pur restando in carcere, finora i giudici non hanno emesso una sentenza di condanna.

Per questa e per molte altre ragioni l’Arabia Saudita andrebbe espulsa dall’ONU.

 

Al San Raffaele di Milano è possibile richiedere da parte dei pazienti positivi al Covid e in isolamento domiciliare un consulto telefonico oppure anche in video tramite webcam o smartphone al costo di 90 euro. Al costo di 450 euro si può avere anche una visita a domicilio completa, con tanto di prelievo ematico, radiografia toracica, misurazione della saturazione e altro ancora. Il business a Milano si fa anche sul Covid.

E loro dicono che in questa maniera si porta l’ospedale a casa dei pazienti. Il servizio privato mette a disposizione specialisti per 43 specialità cliniche, ivi inclusa quella sul Covid.

Per giustificare i costi il San Raffaele ha sostenuto che una videovisita costa meno di una normale visita a pagamento in un ospedale privato.

È questa la sanità lombarda voluta dalla destra. Abituati da tempo al lusso, hanno smesso di vedere le esigenze di chi il lusso non se lo può permettere.

“Chi non può pagare può crepare, questa è la filosofia che domina nella nostra regione. Le Usca (Unità speciali di continuità assistenziale) non funzionano? Nessun problema, ci pensano i privati”, commenta amaramente Vittorio Agnoletto, medico e responsabile dell’Osservatorio Coronavirus che insegna Globalizzazione e politiche della salute alla Statale di Milano.

D’altra parte di Usca ne sono state attivate meno di 50 rispetto alle 200 preventivate. Persino l’assistenza a domicilio dei casi non gravi è stata realtà solo per pochi fortunati rispetto alle richieste.

Mi chiedo se la Lombardia faccia davvero parte dell’Italia.

 

Diversi malati, anche gravi, continuano a negare l’esistenza della malattia mentre vengono curati. Di recente è accaduto all’Ospedale Sant’Andrea di Vercelli. Insultato i medici, gli infermieri, dicendo “assassini, mi volete uccidere, io non ho il Covid, io sto benissimo”. Si tolgono la maschera, si alzano. Poi ovviamente si sentono di nuovo male, stramazzano a terra e vengono soccorsi nuovamente.

Perché ci comportiamo così? Sembra una posizione ideologica, come quelle di tipo politico o religioso. Si diventa ciechi e sordi, anzi paranoici, poiché si vedono nemici in ogni dove. Ci si incaponisce contro l’evidenza.

 

[21 novembre] Hong Kong. Debito pubblico. Turchia. Francia. Peste. Revenge porn

 

“Hong Kong godeva di un prestigio globale come l’economia più liberale del mondo, ma ora il famigerato governo autoritario ha portato via la nostra libertà di elezione, la libertà di manifestare, la libertà di espressione e di idee”, ha dichiarato l’attivista Joshua Wong.

E ha aggiunto: “Parte dell’enorme prezzo sostenuto nella lotta per la libertà e la democrazia a Hong Kong è rappresentato dall’aumento delle vittime giudiziarie. Ad oggi, più di 10mila persone sono state arrestate da quando ha iniziato il movimento, oltre 100 di loro sono rinchiusi in carcere. Dei 2.300 manifestanti attualmente perseguitati, 700 rischiano condanne fino a dieci anni per accuse di rivolta”.

La Cina è pericolosa non solo perché gestisce uno sviluppo capitalistico senza regole a livello internazionale, ma anche perché lo gestisce con le regole di una dittatura sedicente comunista.

 

La Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza fissa il nostro attuale debito pubblico al 158% sul PIL, il 23,4% in più rispetto allo scorso anno. È tra i più alti al mondo.

Siamo in grado di pagare gli interessi che ammontano a circa 70 miliardi all’anno? Dopo questa disastrosa pandemia sarà molto difficile.

Se tuttavia l’Italia dà buona prova di sé nella gestione delle finanze pubbliche, e nei confronti dell’Europa, lo spread (cioè la determinante della spesa per interessi) resta basso, come sta accadendo in questi giorni, e la situazione può definirsi sotto controllo.

Mario Draghi ha detto che di fronte alla pandemia era necessario un “significativo incremento del debito”. Questo perché non potevano essere i privati a sostenere i costi della crisi. Infatti Draghi ha fatto l’esempio della prima guerra mondiale, quando, anche allora di fronte a un’emergenza non economica, la maggior parte dei Paesi si affidò al debito e non a una maggiore tassazione.

In genere il capitalismo si comporta così. Laddove esistono problemi colossali per tutta la collettività, le ricchezze private restano private e l’aumento del debito pubblico si fa sentire soprattutto sui meno abbienti.

 

Dal 2015 la BCE compra titoli di Stato: lo fa attraverso la Banca d’Italia per il nostro Paese. Non può farlo direttamente, perché è vietato dall’art. 123 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea.

Ora ci si chiede se sia possibile “sterilizzare” almeno una quota di debito, o anche tutto, in maniera da non doverne pagare gli interessi. Oggi gli interessi complessivi sul nostro debito pubblico superano i 70 miliardi.

Fino a prima della pandemia la Commissione europea ci stava col fiato sul collo per la questione del debito. Continuamente ci chiedeva di combattere l’evasione fiscale, di fare riforme strutturali, di ridurre le spese, di pareggiare i bilanci e di rafforzare l’uso obbligatorio di pagamenti elettronici, anche attraverso un tetto legale più basso per i pagamenti in contanti.

Ho l’impressione però che se la BCE si accollasse definitivamente una parte del nostro debito, sarebbe per noi molto forte la tentazione di accumulare ulteriore debito (che già oggi è di circa 40.000 euro a testa). Tanto paga Pantalone. Gli italiani li conosciamo, benché privatamente siano dei grandi risparmiatori. È che per motivi storici non hanno il senso dello Stato.

Questo poi senza considerare che la maggioranza parlamentare della UE potrebbe sempre arrivare a dire: “La goduria è finita, adesso pagate tutto”.

Certo se fossimo fortunati come la Norvegia, non saremmo neppure entrati nella UE. In quel Paese infatti i proventi dell’export di petrolio sono confluiti nel più grande Fondo sovrano del mondo, di proprietà di tutti i cittadini: col risultato che ogni norvegese – neonati compresi – possiede oltre 200mila dollari!

 

La Banca centrale turca ha alzato i tassi di interesse portandoli al 15% dal precedente 10,25%: il rialzo più forte degli ultimi 2 anni e in linea con le attese degli analisti. La lira si è immediatamente rafforzata sul dollaro, arrivando a guadagnare oltre il 3%. Si rompe quindi il tabù di Ankara dove il presidente Erdoğan si è sempre energeticamente opposto a un rialzo dei tassi a causa delle ricadute negative sulla crescita economica. Ma la situazione rischiava ora di finire fuori controllo, con la lira in caduta libera (-22% sul dollaro nell’ultimo anno) e la Banca centrale con le riserve a secco, costretta a farsi prestare valuta estera per continuare ad acquistare lire sul mercato e arginarne la discesa.

La Turchia è un Paese fortemente indebitato in dollari. Per attrarre investimenti dall’estero le aziende locali hanno emesso grandi quantità di obbligazioni denominate nella valuta statunitense. Cioè chi le ha sottoscritte riceve interessi e saldo finali in dollari. Ecco perché il cambio della valuta locale rispetto a quella statunitense è particolarmente importante. Più la lira si svaluta, più le aziende fanno fatica a rispettare i loro obblighi di debitori.

Erdoğan sarà un dittatore ma non è stupido.

 

Il governo francese ha messo al bando il gruppo o movimento ultra-nazionalista turco dei Lupi Grigi. Il gruppo vanta consistenti ramificazioni anche in altri Paesi, Germania e Austria in testa. Trenta europarlamentari chiedono di mettere fuorilegge il movimento in tutta l’Unione.

Il movimento però formalmente non esiste: grazie alle numerose associazioni di immigrati turchi nei Paesi europei, i militanti riescono infatti a perseguire i loro obiettivi senza dare troppo nell’occhio.

La loro ideologia è una sintesi identitaria fra una sedicente superiorità etnica e la dottrina islamica, il loro obiettivo la creazione di un grande impero che riunisca tutti i popoli turcofoni dai Balcani alla Mongolia.

Nel passato i giovani Idealisti si sono organizzati in formazioni para-militari, ricevendo supporto dagli Stati Uniti in funzione anti-comunista. Obiettivi delle loro iniziative violente sono sindacalisti, oppositori politici, minoranze religiose ed etniche come i Curdi o gli Aleviti. Secondo lo storico Nikolas Brauns 5mila persone sarebbero morte in Turchia fra il 1975 e il 1980 a causa delle loro azioni.

Dopo il colpo di Stato del generale Kenan Evren nel 1980, i Lupi Grigi vengono messi al bando in Turchia fino al 1987. Ma nel frattempo sono già arrivati in Europa, diffondendo la loro ideologia fra le comunità di immigrati turchi in Germania. Fra 1978 e 1992 nascono sul territorio tedesco tre associazioni, ADÜTDF, ATIB e ATB, che rappresentano una cassa di risonanza per le idee del partito e una base di reclutamento per nuovi militanti.

I membri dei Lupi Grigi sono molto attivi fuori dalla Turchia: si finanziano con il traffico di eroina, appoggiarono l’invasione turca di Cipro nel 1974 e colpiscono ripetutamente le comunità armene, curde, greche ed ebraiche, che considerano nemici della patria turca.

È un Lupo Grigio, Mehmet Ali Ağca, a sparare a Giovanni Paolo II nel 1981, in quella che è senza dubbio l’operazione terroristica più nota del gruppo a livello internazionale.

Oggi le azioni violente sono diminuite, ma il branco non è sparito, anche perché esistono al momento oltre 20mila ultra-nazionalisti turchi in Germania e 5mila in Austria, con adesioni in crescita.

Le tre suddette organizzazioni sono ancora attive e contano in Germania oltre 300 sezioni locali: i loro membri vengono educati secondo ideali nazionalisti, frequentano le moschee e si esercitano spesso in arti marziali.

Sebbene questi sodalizi rimangano ufficialmente nell’ambito della legalità, l’ambiente culturale che promuovono rischia di favorire tendenze razziste e discriminatorie fra i partecipanti, soprattutto nei confronti di altre minoranze etniche.

I Lupi Grigi sono soliti mettere in atto pratiche intimidatorie e ingaggiare occasionalmente scontri con gruppi di curdi e sostenitori del PKK, risse di quartiere in territori contesi.

Alcuni ultra-nazionalisti sono riusciti anche a infiltrarsi nei principali partiti della Germania: CDU e la SPD.

In Austria il movimento ha portato a diversi episodi di intolleranza, il più noto dei quali è l’attacco a una manifestazione di donne curde nel giugno 2020. L’esecutivo del cancelliere Sebastian Kurz ha vietato nel 2019 l’esposizione della bandiera dei Lupi Grigi e il loro saluto simbolico.

Gruppi di militanti sono attivi anche in Bulgaria e a Cipro, dove la parte nord è di fatto separata dal resto del Paese e controllata dalla Turchia.

In Francia diverse comunità armene del Paese sono state colpite mentre manifestavano il loro sostegno ai connazionali impegnati nel conflitto in Nagorno-Karabakh. Tuttavia anche in Francia il movimento si propaga tramite associazioni culturali perfettamente legali.

Il governo turco sfrutta indirettamente l’operato di queste associazioni, viste come una sorta di alleato informale pronto a difendere i suoi interessi nei Paesi europei.

Infatti negli ultimi anni si registra una convergenza fra gli ultra-nazionalisti e l’esecutivo di Erdoğan. Non a caso Erdoğan, sopravvissuto al colpo di Stato del 2016, ha rimosso dagli incarichi statali gli uomini del suo oppositore Fethullah Gülen, spesso sostituendoli proprio con affiliati dei Lupi Grigi.

Una lettera firmata da oltre 30 deputati al Parlamento Europeo di diversi Paesi e diversi schieramenti politici è stata inviata all’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, chiedendogli un bando immediato da tutti gli Stati dell’Unione per i Lupi Grigi e le organizzazioni “ombrello” in cui si annidano.

 

La peste del ’300 falciò gran parte delle sue vittime fra gli immigrati e i mendicanti che si accalcavano nei quartieri bassi delle città, e fra i braccianti miserabili delle campagne.

Inevitabilmente la disoccupazione scomparve, i salari aumentarono, crebbero i consumi e le corporazioni artigiane ridussero i periodi di apprendistato e facilitarono l’accesso alle professioni.

Tutto ciò al prezzo di circa 1/3 della popolazione falcidiata.

Può ripetersi una cosa così oggi?

– No, perché noi abbiamo una medicina infinitamente superiore, che ridurrà al minimo i morti, anche se con costi di esercizio che ci indebiteranno ulteriormente.

– No, perché lo sviluppo economico delle nostre economie è talmente elevato che non possiamo permetterci il lusso, per colpa di una pandemia, di regredire senza aumentare drasticamente la povertà.

– No, perché oggi non esiste solo l’Europa a fare da locomotiva per lo sviluppo del capitalismo. Se non recuperiamo in fretta i tassi di sviluppo antecedenti alla pandemia, la Cina non avrà rivali di sorta.

 

Sulla rivista “Internazionale” è scritto che in Europa circa 9 milioni di ragazze hanno subìto una qualche forma di violenza online prima dei 15 anni. Dopo i mesi di lockdown dovuti alla pandemia, si è registrato un netto aumento dei casi di revenge porn, termine che indica la diffusione di immagini o video intimi senza il consenso dei protagonisti. L’obbligo di rimanere a casa ha messo a rischio molte persone, soprattutto perché in tanti hanno cominciato a usare strumenti come Zoom o Skype, che offrono nuove occasioni per portare avanti questo genere di abusi.

Il diritto non riesce a tenere il passo con le nuove tecnologie. In Italia il reato per la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate è previsto nell’articolo 612-ter del codice penale, introdotto con la legge n. 69/2019. Prevede fino a sei anni di carcere e una multa dai 5mila ai 15mila euro.

Sì, ma bisogna intervenire con una legislazione internazionale che controlli i provider e li minacci di chiusura.

 

[22 novembre] Svizzera. Giappone. Italia. Nuova Zelanda. Turchia. Senso di colpa

 

In Svizzera i posti letto in terapia intensiva disponibili sono esauriti, tanto che si è deciso di rinviare gli interventi e le cure non urgenti per evitare un calo della qualità della terapia intensiva.

La Società di medicina intensiva ha chiesto ai cittadini elvetici di indicare se davvero desiderano “beneficiare di misure che prolungano la vita in caso di malattia grave. In questo modo, i membri della famiglia, ma anche i team del reparto di terapia intensiva, saranno sostenuti nel processo decisionale, in modo che il trattamento possa avvenire nel miglior modo possibile e secondo i desideri personali del paziente”. È in sostanza un invito a lasciarsi morire.

La situazione è talmente preoccupante che dal dottor Willy Oggier, di Küssnacht, un Comune alla periferia di Zurigo, è arrivata la proposta di rifiutarsi di ricoverare in terapia intensiva, qualora ci fosse scarsità di posti letto, le persone che non indossano la mascherina o che scendono in piazza a manifestare contro le misure restrittive volute dal governo.

 

I nostri sovranisti guardano al Giappone come modello ideale di finanza pubblica, dove con una Banca centrale che fa tutto quello che vuole, è possibile avere il debito più alto del mondo. Considerando il diverso valore delle valute (euro e yen) il Giappone ha, in termini assoluti, un debito superiore di 4 volte il nostro.

Vediamo però le differenze tra noi e loro.

1) Il debito nipponico è 240% del PIL (arriverà a 250% a causa della pandemia), ma la spesa pubblica è relativamente bassa: circa 35,5% del PIL rispetto al nostro 46,36%. Il Giappone spende di più per l’istruzione (7,6% del PIL rispetto al nostro 4%), quanto noi per sanità e sicurezza, ma molto meno (16% del PIL rispetto al nostro 21%) per i trasferimenti correnti per pensioni e spesa sociale assistenziale: cioè fa il contrario di Quota 100 e Reddito di cittadinanza.

2) Le entrate sono di circa 10 punti percentuali inferiori alle nostre. La pressione fiscale è al 31% (in Italia siamo al 43%). Nell’eventualità di una crisi economica il governo nipponico ha ancora spazio per aumentare la pressione fiscale. Noi no.

3) Dalla crisi del 2008 ad oggi il reddito pro-capite a prezzi costanti è cresciuto complessivamente del 14,6%, più di USA e dell’Eurozona, eccetto la Germania (da noi solo lo 0,9%). Questo grazie a una crescita della produttività del lavoro che, a fronte della stasi italiana, è aumentata del 9,8% nel periodo, più di USA ed Eurozona (eccetto la Germania).

4) Il debito pubblico giapponese per il 40% ce l’ha la Bank of Japan (da noi la Banca d’Italia il 20%), il 25% ce l’hanno le Banche ordinarie giapponesi (da noi il 15%), il 22% le Assicurazioni e i Fondi pensione privati e l’8% il Fondo pensionistico nazionale (da noi queste voci arrivano al 34%). Il restante 1% lo detengono le famiglie giapponesi (da noi il 5%). Solo il 5-6% del debito va all’estero (da noi il 37%!).

Per il Giappone il debito è una partita di giro, gestita quasi tutta internamente, al 90-95%. È lo Stato che tiene sotto controllo la politica fiscale e monetaria. Noi per avere una cosa del genere, dobbiamo cedere la nostra sovranità alla BCE.

I titoli di Stato italiani (BTP) posseduti da stranieri (appartenenti però all’Eurozona) ammontano al 78% del totale. Il 46% di BTP è detenuto da BCE, Banca d’Italia e banche italiane finanziate dalla BCE. I BTP sono acquistati anche fuori dalla UE: il 5% si trova in Giappone, il 4% negli USA e il 2% è nelle Isole Cayman e in Gran Bretagna.

5) Tutto il debito detenuto dal settore pubblico giapponese viene incluso nelle statistiche di debito (cosa non fatta per altri Paesi, compresa l’Italia). Quindi al netto delle attività finanziarie detenute dalla pubblica amministrazione giapponese, il debito si attesta al 153% del PIL.

6) La Bank of Japan può stampare moneta e quindi può finanziare la spesa pubblica sottoscrivendo debito pubblico di nuova emissione, ma anche acquistarlo sul mercato (per influenzare i tassi). Facoltà che hanno tutte le principali banche centrali mondiali (FED, Bank of England, Banca Centrale Svizzera), tranne la BCE, che in tempi normali non compra debito italiano. L’ha fatto in passato in situazioni di rischio sistemico. E probabilmente continuerà a farlo finché c’è la pandemia.

7) La disoccupazione in Giappone è al 2,5%. Da noi 4 volte di più.

8) Il Giappone ha avuto solo tre banche fallite alla fine degli anni ’90. Noi tra salvataggi statali in extremis, fusioni per evitare fallimenti, bancarotte dovute alla corruzione e bilanci fasulli siamo un colabrodo.

9) Il Giappone è stato colpito dallo scoppio della bolla speculativa immobiliare-finanziaria nel 1991 (causata dai troppi prestiti concessi a basso tasso d’interesse, che fecero crescere di molto la domanda di beni di lusso e di beni immobili) e successivamente dalle crisi del 2001 e 2008. Ha dovuto fronteggiare anni di fortissima recessione, ma questo non ha mai comportato una crisi di sfiducia da parte dei mercati finanziari. Il Giappone continua a restare una delle economie più forti del mondo. Noi invece siamo costantemente in declino, soprattutto sul piano industriale.

10) Nei confronti dell’attuale pandemia le risorse allocate dal Giappone sono di molto superiore alle nostre nazionali.

Nonostante si preveda che il debito pubblico nipponico possa superare il 250% del PIL, la Bank of Japan ha dato il via a un Quantitative Easing illimitato, rimuovendo così il precedente tetto massimo di 80 trilioni di yen all’anno (circa 690,8 miliardi di euro). Inoltre ha quasi triplicato l’ammontare di obbligazioni aziendali e commercial paper che potrà comprare, arrivando a quota 20 trilioni di yen (172,6 miliardi di euro), in modo da coprire i problemi di finanziamento delle imprese. Il tasso di crescita del PIL è pari all’1,7%, ma, nonostante questo, il governo, a causa della pandemia, ha deciso di aiutare tutti i residenti con una cifra iperbolica di 108,2 trilioni di yuan (934,6 miliardi di euro), pari a circa il 20% del PIL.

La Bank of Japan è stata la prima al mondo a sperimentare il Quantitative Easing. Noi senza la UE probabilmente avremmo già dichiarato bancarotta.

Certo, in Giappone c’è anche un rovescio della medaglia (p.es. soffrono molto le piccole imprese delle aree periferiche rispetto alle grandi città). Ma questi dati servono solo per capire che per noi è assurdo pensare di imitare il Giappone uscendo dalla UE e tornando alla lira. Non solo perché la lira non è mai stata una moneta stabile e il nostro Paese ha sofferto di costanti inflazioni e svalutazioni, ma anche perché è la stessa UE che ci tiene in piedi e ci impedisce di fallire. Noi avevamo, ai tempi della lira, una inflazione costantemente alta (+20%), una spirale salari-prezzi-salari incontrollabile, continui attacchi speculativi, come p.es. nel ’92, dopo l’uscita dallo SME, che dimostrò la nostra incapacità di essere seri con una moneta propria.

 

Del nostro debito pubblico siamo molto preoccupati, anche perché in continuo aumento, ora soprattutto a causa della pandemia. Prima del Covid-19 la Commissione europea ci stressava enormemente, chiedendoci sacrifici enormi. E anche rigore sul piano fiscale. Però su questo versante i nostri governi non sono mai stati all’altezza della situazione, in quanto preferiscono tassare quelli che non possono evadere.

Ora invece la UE è disposta a concederci capitali quasi a costo zero. L’Italia non può fallire. Nessun Paese europeo può farlo. Mamma BCE saprà provvedere a tempo debito, anzi a tempo credito.

Ecco perché alcuni analisti cominciano a chiedersi perché l’assistenzialismo non potrebbe spingersi fino a cristallizzare almeno una parte del debito, in modo da non dover pagare alcun interesse. Si pensa cioè di congelare nella BCE il 20,5% del nostro debito pubblico e quindi di pagare solo i debiti pubblici corrispondenti a creditori differenti dal sistema delle Banche Centrali.

Perché ci sentiamo autorizzati a chiedere questo favore? Perché tutti sanno che le famiglie italiane dispongono di una ricchezza pari circa a 10mila miliardi di euro e di asset finanziari per oltre 4.000 miliardi di euro. Ciò vuol dire che il debito nazionale – che ammonta a 2.560 miliardi di euro – potrebbe essere assorbito dagli stessi cittadini italiani. Inoltre il Paese, ormai da alcuni anni, ha un significativo avanzo delle partite correnti, nell’ordine del 3% del PIL, il che indica un surplus di risparmi domestici prolungato nel tempo.

Fin dagli anni ’90 l’Italia, per ridurre il debito, usa il cosiddetto “avanzo primario”, cioè la differenza tra entrate e uscite al netto degli interessi. Più l’avanzo è positivo e più il debito si contiene. Ebbene, nonostante la pandemia e i miliardi di deficit, l’avanzo primario è fissato a +0,1 nel 2023.

Sembra che non ci debbano essere preoccupazioni eccessive circa la solvibilità del nostro Paese.

Tuttavia col passare dei decenni la situazione è andata progressivamente peggiorando, anche perché in Italia l’evasione fiscale è molto forte. Siamo i primi in Europa. Su più di mille miliardi di tasse, imposte e contributi evasi tra i 2000 e il 2019 ne sono stati incassati appena il 13,3%. L’evasione è stimata dal governo in 110 miliardi annui (l’intera spesa per la Sanità), ma secondo altre fonti raggiunge un totale di 180 miliardi.

Quanto più aumenta l’evasione, tanto più aumenta il debito.

Nel 1926 il debito pubblico viaggiava a quota 84,5% sul PIL e nel 1930 era salito al 116,3 (colpa della crisi del ’29). Nel 2007 eravamo a quota 103,8 del PIL e nel 2013 eravamo balzati a quota 132,4 del PIL (colpa della crisi dei mutui subprime).

In un anno il Covid ha fatto danni sul debito paragonabili per entità alle due drammatiche crisi degli ultimi cento anni crescendo di 23,4 punti percentuali. L’Italia non è un Paese che può permettersi salassi del genere.

 

In Nuova Zelanda la polizia ha introdotto l’hijab, il tradizionale velo islamico che copre la testa e il collo lasciando il viso della donna scoperto, nelle nuove divise delle donne poliziotto. Così si spera di incoraggiare le donne musulmane ad arruolarsi, creando un ambiente che rifletta la diversità del nostro Paese.

Il Parlamento neozelandese oggi è già il più inclusivo al mondo per la presenza di donne, rappresentanti della comunià Lgbtq e minoranze.

La trentenne islamica Zeena Ali, originaria delle Fiji, ha chiesto di unirsi alla polizia neozelandese in seguito agli attacchi terroristici di Christchurch del 2019, quando il suprematista bianco Brenton Tarrant massacrò 51 musulmani, e si è laureata la scorsa settimana. Sarà lei a diventare il primo agente nella storia delle forze dell’ordine a indossare l’hijab ufficiale della polizia.

 

Il regime turco e i suoi mercenari terroristi hanno sequestrato nel 2018 il raccolto delle olive nella città siriana Afrin, a nord di Aleppo, occupata dalla Turchia due anni fa. Così hanno potuto commercializzare 90mila tonnellate di olio d’oliva nel mercato statunitense come se fosse un prodotto turco.

Hanno espulso i loro proprietari originali e sequestrato con la forza i lori raccolti. Poi li hanno trasportati in Turchia utilizzando un valico di frontiera adiacente ad Afrin.

Tra gli americani che le rubano il petrolio e i turchi che le rubano le olive, per la Siria non è mai finita.

 

Dwight Whited, 53enne al quale è stata recentemente diagnosticata una malattia terminale, ha deciso di confessare un omicidio risalente al 1995 e rimasto irrisolto. È avvenuto a Decatur, in Alabama. Vittima e assassino non si conoscevano neppure. Ancora il movente non si sa.

“Non ho mai ricevuto una chiamata del genere”, ha ammesso il detective Sean Mukaddam della divisione crimini violenti. “Mai successo che un sospetto telefonasse dal nulla col desiderio di confessare. Provava rimorso, era imbarazzato da alcune cose. Voleva liberarsi la coscienza”.

Certo, uno si dovrebbe liberare la coscienza senza aspettare d’avere una malattia terminale. Bisognerebbe fare una legge sul rimorso di coscienza: chi è sinceramente pentito di ciò che ha fatto, specificando nel dettaglio tutte le motivazioni del suo crimine, e chiede scusa ai parenti della vittima e contribuisce materialmente a riparare il danno, dovrebbe essere reintegrato nella società o non dovrebbe finire in prigione. Limitarsi a fare il pentito in un’aula giudiziaria, sperando di ottenere dal giudice una riduzione della pena o la possibilità di rifarsi una vita altrove, cambiando identità, come succede con la criminalità organizzata, non è eticamente sufficiente.

 

[23 novembre] Ricchezza. Banche

 

Le famiglie italiane detengono titoli in maniera diretta (comprando BTP) per un valore di circa 100 miliardi di euro, cioè il 5% del debito pubblico, un debito che ammonta a 2.560 miliardi. Tanta parte del debito è nelle mani di intermediari finanziari italiani (banche, società d’assicurazione, fondi di investimento, ecc.), i cui clienti però sono sempre le famiglie italiane. Questi intermediari investono i soldi degli italiani dove sembra loro più conveniente, quindi anche all’estero.

Gli italiani non si fidano molto dello Stato, ma hanno dovuto constatare coi loro occhi che è difficile fidarsi anche delle banche, sia perché rischiano sempre il collasso finanziario a causa di investimenti sbagliati nel passato (vedi i subprime e i derivati), sia perché la corruzione attraversa anche le banche, sia perché gli interessi sui risparmi sono praticamente ridotti a zero.

In ogni caso abbiamo nei conti correnti 1.460 miliardi, pari a oltre 1/3 della nostra ricchezza finanziaria. Polizze assicurative e fondi pensione valgono 1.122 miliardi e rappresentano 1/4 del nostro portafoglio. I fondi comuni d’investimento valgono 480 miliardi.

Nel 2019 i risparmi degli italiani sono cresciuti di 45 miliardi di euro, arrivando così a 4.445 miliardi. Potremmo pagarci tranquillamente tutto il debito e ci resterebbe anche qualcosa.

Gli italiani sono straricchi con un debito enorme causato da politici irresponsabili. I quali p.es. hanno permesso che almeno un 1/3 del nostro debito venisse gestito all’estero.

Gli italiani dovrebbero autogestire i propri risparmi. In che modo? Pagando tutto il debito e ricominciando da capo, senza concedere una cambiale in bianco allo Stato. I soldi vanno gestiti a livello locale, l’unico in cui è possibile controllare come vengono spesi.

 

Le banche italiane sono piene di crediti inesigibili per la somma di circa 350 miliardi di euro. Si calcola che solo un 20% di questi crediti verrà prima o poi riscosso. I crediti inesigibili spesso sono ancora nei bilanci bancari segnati come “crediti” e non come “perdite”. Poi ci sono 73 miliardi di crediti deteriorati, cioè quei crediti in sofferenza di debitori che si trovano in uno stato di insolvenza.

Per arginare la crisi del sistema creditizio italiano (quella più forte è iniziata nel 2008 con la questione dei subprime e dei derivati) alcune banche e il governo hanno creato il Fondo Atlante.

Ricordiamo che la Banca Popolare di Bari, la più grande banca del sud Italia, è commissariata dal 2019.

Il Monte dei Paschi di Siena e Carige sono state salvate dallo Stato. Solo per il MPS lo Stato ha comprato 20 miliardi di euro in azioni, diventando il socio principale con il 60% di azioni di proprietà.

Invece dal 2019 Carige è in amministrazione straordinaria, con un esborso da parte dello Stato italiano di almeno 630 milioni di euro, il taglio di un migliaio di posti di lavoro e centinaia di sportelli chiusi.

Le banche fallite o in liquidazione, spesso cedute ad altre banche per una cifra simbolica, sono le seguenti: Banca Etruria, Banca delle Marche, Carichieti, Cariferrara, le banche venete: Popolare di Vicenza e Veneto Banca e le loro controllate. Oltre a queste le meno importanti Banca Padovana, BCC di Pelaco, Banca Popolare delle Province Calabre, BCC Banca Brutia e Credito cooperativo Interprovinciale Veneto.

Da settembre 2019 i risparmiatori truffati dalle banche fallite hanno diritto a presentare le domande per richiedere il rimborso di almeno una parte di quanto gli spetta (limite massimo 100.000 euro). La Commissione Europea, prima della pandemia, sul risarcimento automatico a pioggia su tutti i risparmiatori truffati, aveva già espresso delle riserve, paventando l’ipotesi che si tratti di una sorta di aiuto di Stato, in violazione delle leggi sul bail-in (salvataggio interno tra banche), opposto a bail-out (salvataggio esterno da parte di organi statali).

La BCE effettua degli stress test periodici per esaminare le banche del continente e capire come queste potrebbero reagire a eventuali scenari di crisi. In questo modo vengono valutate anche le migliori banche italiane per rating, che secondo gli stress test 2019 e 2020 sono state le seguenti:

Intesa Sanpaolo, Unicredit, UBI, Banco Popolare, Credem e BPER.

L’Università Bocconi di Milano ha invece guardato l’andamento in Borsa delle migliori banche nazionali nel 2018, e la redditività sul totale attivo. I risultati sono un po’ diversi: si conferma al primo posto Intesa Sanpaolo, seguita da UBI Banca e Banco Popolare e Credem, ma Unicredit e BPER sono tra le meno sicure. Mediolanum e Mediobanca, sebbene fossero in precedenza ai primi posti, sono escluse da tale classifica, poiché presentano un’offerta non mirata alla clientela retail, cioè quei clienti che devono essere maggiormente tutelati in quanto non in possesso delle competenze proprie dei clienti professionali.

Le migliori banche italiane dispongono di circa 160 miliardi di patrimonio netto.

Ma il vero buco nero che dobbiamo affrontare è la crisi della Deutsche Bank, la più grande banca d’Europa, una delle banche d’affari più grandi del mondo, che ha nell’Italia e nel sistema creditizio italiano il suo partner più importante.

I prodotti derivati a rischio di questa banca ammontano a 42mila miliardi di euro (oltre 12 volte il PIL tedesco)! Già adesso ha annunciato che dovrà licenziare un impiegato su cinque. Se la Deutsche fallirà, farà colare a picco l’Europa. La DB è infatti il maggiore detentore al mondo di obbligazioni di Stato italiane, spagnole, portoghesi e di altri Paesi europei in difficoltà economica. Inutile aggiungere che crollerà anche la Borsa, il cui 16,2% di valore è fatto da banche.

 

[24 novembre] Avanzo primario e debito pubblico. Povertà e ricchezza. Turchia. Islam

 

Che cos’è l’avanzo primario? Si ottiene quando la differenza fra le entrate e le uscite di uno Stato, senza contare gli interessi sul debito pubblico, è positiva. In Italia, per “entrate”, s’intendono soprattutto tasse e imposte (poi vi sono, in misura molto marginale, monopoli, dogane, lotterie...), poiché lo Stato non gestisce più nulla di economicamente produttivo, in senso industriale.

Però, la presenza di un avanzo primario non è sufficiente a far diminuire il debito: se gli interessi pagati per finanziare il debito pubblico sono maggiori dell’avanzo primario, il debito pubblico aumenta.

Se una famiglia guadagna 2.000 euro al mese e per vivere ne spende 1.900, a fine anno genererà un avanzo primario di 1.200 euro (100 euro al mese). Ma se per sostituire l’auto chiederà a inizio anno un finanziamento che comporta il pagamento di 200 euro mensili, si troverà a pagare 2.400 euro. A questo punto la spesa per gli interessi sarà superiore all’avanzo primario e la famiglia avrà due possibilità: 1) intaccare una parte del patrimonio, se disponibile (vedi i grandi risparmi degli italiani), 2) aumentare il debito, finanziandosi ulteriormente. Questa seconda ipotesi è stata quella seguita con preferenza dai nostri governi.

Da noi i governi tendono a tagliare la spesa pubblica e ad aumentare tasse e imposte là dove possono farlo senza problemi, senza mai colpire i grandi capitali, gli evasori fiscali e la criminalità organizzata.

Poiché non esistono Stati con debiti pari a zero, chiediamoci: è davvero sufficiente per un Paese registrare un avanzo primario al fine di ripianare i vecchi debiti o di non accumulare altro debito pubblico con il passare del tempo? No. Il debito pubblico è la somma dei deficit accumulati ogni anno da uno Stato. Il deficit non è dato soltanto dalla differenza tra uscite (spesa per beni e servizi) ed entrate (tasse), ma anche dal peso degli interessi che lo Stato deve pagare ai creditori sul debito pregresso.

Se questi interessi sul debito sono elevati e superiori alla differenza tra entrate e uscite nette, lo Stato potrà rimanere in deficit per quello stesso anno X, anche a fronte di un avanzo primario.

E il nostro Stato dovrà pagare nel 2020 ben 76 miliardi di interessi, il 3,6% del PIL.

Ecco perché il debito pubblico continua a crescere. E se si alzano continuamente le tasse riducendo la spesa, si rischia di deprimere la crescita e l’occupazione.

Come se ne esce? Le alternative, nell’ambito del capitalismo, non sono molte: 1) combattere evasione ed elusione fiscale, che da noi è fortissima (110 miliardi di euro l’anno): imprese e lavoratori autonomi drenano alle casse del fisco oltre 30 miliardi di euro l’anno. L’imposta più evasa rimane l’Iva (oltre 36 miliardi di euro l’anno). 2) Far finta di non avere alcun debito pubblico, quando questo appartiene a organi statali o europei, nella convinzione che tali organi non avrebbero da guadagnare nulla mandando in fallimento un intero Paese solo perché non paga i propri debiti. 3) Impedire il lavoro nero (circa 195 miliardi di euro l’anno), combattere la criminalità organizzata (utile netto oltre 100 miliardi di euro l’anno) e ridurre significativamente le spese improduttive come quelle militari (quasi 50 miliardi di euro l’anno). 4) Male che vada si nazionalizzano le grandi imprese al collasso, secondo il noto principio liberista: privatizzare i profitti e socializzare le perdite.

 

5 milioni di italiani hanno difficoltà a mettere in tavola un pasto decente; 7,6 milioni di famiglie hanno avuto un peggioramento del tenore di vita. Il 60% degli italiani ritiene che la perdita del lavoro, o del reddito, sia un evento possibile che lo può riguardare nel prossimo anno.

Per quanto riguarda il gender gap, tra uomini e donne ci sono 20 punti di differenza nel tasso di occupazione e, in questo periodo, il tasso di occupazione delle donne è diminuito quasi del doppio rispetto a quello degli uomini.

Lo dice il Secondo Rapporto Censis-Tendercapital sui Buoni Investimenti “La sostenibilità al tempo del primato della salute”.

Una volta con numeri del genere si facevano le rivoluzioni. Si vede che mancano leader politici all’altezza.

Forse mancano perché sono più interessati ai 1,5 milioni di persone che detengono un patrimonio finanziario complessivo di 1.150 miliardi di euro, aumentato del 5,2% negli ultimi due anni: una cifra pari a 3/4 del PIL del Paese atteso nel 2020. Sono i benestanti, gli italiani con un patrimonio finanziario superiore a 500.000 euro (valore medio: 760.000 euro).

 

Nuovo appello del presidente turco Erdoğan per la riapertura del processo di adesione del suo Paese, congelato nel 2018. Ha bisogno di noi perché il suo Paese è in recessione.

Ma non ce la farà mai a entrare nella UE. La Francia di Macron non sopporta il suo interventismo militare in Libia e le critiche alla laicità con cui i francesi difendono “Charlie Hebdo”. Il braccio di ferro con la Grecia sui migranti e sui giacimenti di gas nel Mediterraneo sono un altro grosso ostacolo. Erdoğan non vuole andarsene da Cipro e non vuole riconoscere il genocidio armeno. Continua a combattere i kurdi, anche in Siria. Tende a imporre l’islam come religione di stato, tradendo i princìpi della laicità di Ataturk e simpatizzando per la destra fondamentalista. E, dopo il tentativo di golpe del 2016, ha imposto ai giornalisti la più grande prigione del mondo.

Ha solo un’arma con cui può ricattare la UE: i campi profughi. Che di tanto in tanto vorrebbe aprire per spedire in Europa 3,5 milioni di rifugiati, di cui 2,8 milioni siriani. Sono campi per lo più pagati da noi. L’altra arma è di minore importanza, anche se non per gli ecologisti: la UE si è rivolta ad Ankara quando la Cina ha chiuso alle importazioni di plastica da noi in eccesso.

Ma la vera domanda che i politici si pongono è: chi vuole 82 milioni di islamici in Europa, da aggiungere agli attuali 26? Sarebbero superiori agli stessi tedeschi. Potremmo quasi parlare di Eurabia.

 

Remi Brague, rinomato accademico di Parigi e Monaco in filosofia medievale (musulmana, ebraica, cristiana), ha detto che “tutta la terra non soggetta all’islam è minacciata. Anche nei Paesi sottoposti all’islam da secoli si trovano uomini barbuti che spiegano che la società non è ancora abbastanza islamizzata. La Francia è percepita dagli attivisti musulmani come un ventre molle dell’Europa. Innanzitutto per la presenza di un gran numero di uomini e donne provenienti da Paesi musulmani. Non tutti sono violenti, tutt’altro! Ma costituiscono un terreno fertile per le persone suscettibili alla radicalizzazione, bombardate da una propaganda che cerca di far loro credere di trovarsi su terra nemica”.

Lo riporta “il Foglio”, noto giornale di destra, privo di scrupoli morali, che senza finanziamenti pubblici sarebbe morto da un pezzo.

Perché dire cose così assurde? Che neanche nel Medioevo avrebbero potuto avere un senso. Infatti l’espansione aggressiva dell’Islam arabizzato si verificò soprattutto nel periodo 622-750. L’altro Islam aggressivo fu quello turco-ottomano-selgiuchide, che però lo era anche nei confronti degli stessi arabi. Infine vi fu l’impero Moghul, che fiorì dal 1526 al 1707 soprattutto in India: un impero che da solo valeva 1/4 del PIL mondiale, distrutto dall’imperialismo inglese.

Di che islam parla questo emerito professore? L’unico citato è quello dei Fratelli musulmani. Chi sono costoro? Sono nati in seguito alla disgregazione dell’impero ottomano. Sono diffusi soprattutto in Egitto e a Gaza, ma anche in Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Mauritania, Turchia, Sudan, Iraq, Giordania, Somalia e Yemen. È vero, politicizzano l’islam, ma non hanno un proprio Stato come il cattolicesimo-romano e non hanno neppure uno statista che diffonde la loro ideologia. Godono di cospicui finanziamenti e protezione da parte dei governi di Turchia e Qatar. Ma sono già stati dichiarati fuorilegge, in quanto considerati terroristi, da parte dei seguenti governi: Bahrain, Egitto, Russia, Siria, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Tagikistan e Uzbekistan. Tutti di religione islamica ad eccezione della Russia.

Cioè sono gli stessi islamici che, sparsi in varie parti del mondo, non li sopportano.

Fa molta più paura l’Arabia Saudita quando, con l’aiuto degli USA, finanzia i mercenari che vogliono distruggere il governo di Assad in Siria, anch’esso islamico, o quando mira a rovesciare il governo iraniano, anch’esso islamico.

Gli islamici democratici o moderati sono infinitamente di più dei Fratelli musulmani.

Un professore che, per timore di un islam assolutamente minoritario come quello dei Fratelli musulmani, arriva a dire che vanno chiuse le moschee e gli account di Facebook, impedita l’immigrazione, espulsi i clandestini..., come se tutti gli islamici fossero potenziali terroristi o fanatici estremisti, diventa un uomo pericoloso, perché fomenta odio e divisione sulla base di motivazioni esclusivamente religiose.

 

[25 novembre] Debito pubblico

 

La Germania è l’esempio più chiaro di un Paese che nella storia non ha mai ripagato i suoi debiti pubblici. Non l’ha fatto né dopo la prima, né dopo la seconda guerra mondiale. Piuttosto li ha fatti pagare agli altri, sin dalla guerra franco-tedesca del 1870, quando ha strozzato la Francia nella morsa del debito per i decenni successivi.

La storia ci insegna che uno Stato fortemente indebitato ha due strade per saldare i propri conti. La prima è quella mostrata dal regno inglese nel XIX sec. dopo le costose guerre napoleoniche: è il metodo lento, quello che si pretende oggi anche dalla Grecia. Gli inglesi si tolsero i debiti attraverso una rigorosa gestione del bilancio pubblico: funzionò, ma durò molto a lungo. Nel corso di un secolo utilizzarono dal 2 al 3% del loro rendimento economico per riparare il debito, più di quanto abbiano speso per l’istruzione.

La seconda strada è molto più veloce: l’ha sperimentata la Germania nel XX sec. Ma non per merito suo. Lo Stato tedesco nel 1945, alla fine della guerra, aveva un debito pubblico superiore del 200% del PIL. Dieci anni dopo quel debito stava sotto il 20%.

Questa riduzione del debito avrebbero mai potuto raggiungerla con mezzi di politica del bilancio, come quelli che si pretendono dai greci attuali? Assolutamente no. Fu alla conferenza londinese sui debiti nel 1953 che il 60% del debito tedesco verso l’estero venne annullato dagli Stati vincitori e inoltre il debito interno venne ristrutturato.

Forse questo avvenne per la convinzione che le alte pretese di riscossione del debito tedesco dopo la prima guerra mondiale erano state una delle cause fondamentali che avevano scatenati la seconda guerra mondiale?

In realtà nel 1953 si riconobbe giustamente che dopo crisi epocali che hanno come conseguenza un grosso peso del debito, viene il punto nel quale occorre rivolgersi al futuro. Non si può pretendere dalle nuove generazioni di pagare per decenni gli errori dei loro genitori.

Indubbiamente i greci hanno fatto grossi errori. Fino al 2009 i governi in Atene hanno falsificato i loro bilanci. Ma come i tedeschi erano giovani negli anni ’50 e ’60 e non potevano avere colpe per ciò che avevano fatto i loro genitori, così anche la giovane generazione greca non è responsabile, anche se la Germania l’ha invece ritenuta tale.

L’Europa è stata fondata sull’oblio dei debiti e sull’investimento nel futuro e certamente non sull’idea della punizione perenne. Però i tedeschi e non solo loro la pensano diversamente. I debiti vanno pagati a tutti i costi.

Molti tedeschi pensano che i greci non riconoscano gli errori fatti e vogliano semplicemente continuare con le loro enormi spese pubbliche.

Se negli anni ’50 avessimo detto ai tedeschi che non avevano riconosciuto a sufficienza i loro errori, sarebbero ancora qui a pagare i loro debiti. Per fortuna fummo più intelligenti.

Oggi si rischia di colpire il nostro Paese, che ha un debito enorme. Ma chiunque può facilmente capire che se iniziamo a colpire un Paese, la crisi di fiducia in cui versa adesso la zona Euro può solo peggiorare. Rischiamo di sacrificare il modello sociale dell’Europa, che è certamente migliore di quello americano, sull’altare di una politica del debito troppo rigida.

Forse abbiamo bisogno di una conferenza sui debiti complessivi dell’Europa, com’è avvenuto dopo la seconda guerra mondiale. Una ristrutturazione del debito è inevitabile non solo in Grecia, ma anche in molti Paesi europei, tra cui il nostro.

 

Come noto il FMI, il G7 e il G20 (formato dai 19 Stati più industrializzati e dall’Unione Europea) hanno sospeso temporaneamente ma non condonato il debito pubblico dei Paesi più poveri, vista l’emergenza dell’attuale pandemia da coronavirus. Si tratta di 76 Paesi.

Lo stop dei pagamenti ha una durata prevista di otto mesi: dal primo maggio fino al 31 dicembre 2020. Una proroga è però possibile anche il prossimo anno.

Il capitalismo funziona così: l’autoconsumo è vietato, ma stare sul mercato, per poter avere benessere, è costoso, per cui chi è povero deve indebitarsi. Ci si indebita nella speranza di poter diventare meno poveri, e nel frattempo, per timore di non riuscire a saldare i debiti, gli Stati poveri impongono di lavorare come schiavi, aumentano le tasse e riducono le spese (da tutto ciò sono ovviamente escluse le categorie sociali privilegiate). Tuttavia basta un grande imprevisto, come p.es. un’epidemia (ma poteva anche essere una guerra, una catastrofe ecologica, il deprezzamento di un prodotto da esportare o altro), per diventare ancora più poveri di prima, in quanto si è convinti che il debito è troppo alto e non potrà essere ripagato, se non in un periodo lunghissimo. Per andare avanti si è costretti a chiedere dilazioni nei pagamenti, riduzioni degli importi da restituire. Oppure si dichiara il default, come fece l’Argentina nel 2001.

Intanto i creditori cosa fanno? Siccome pretendono delle garanzie, iniziano a condizionare l’economia dei Paesi poveri, dettano legge sulle scelte produttive, entrano nei consigli di amministrazione delle imprese indebitate, sfruttano le risorse del territorio, minacciano sanzioni...

Nel secondo dopoguerra iniziò la decolonizzazione, ma fu solo un processo politico di facciata. Ciò che invece nacque fu una sorta di neocolonialismo finanziario che ha intrappolato i destini dei Paesi più poveri.

 

Secondo il Fondo Monetario Internazionale il debito pubblico mondiale quest’anno per la prima volta supererà il PIL: 101,5%.

Il numero dei Paesi in cui l’indebitamento supererà il PIL crescerà da 19 a 30. E i dati peggiorano di molto se l’analisi si allarga al debito aggregato che include quelli di famiglie e imprese.

È chiaro che quei debiti contratti per la battaglia contro il virus e la creazione del vaccino andranno sterilizzati, resi senza scadenza, o persino cancellati.

Passata la crisi sanitaria, nessuno vorrà parlare di oneri da rimborso o di pagamento di interessi.

Già nel secolo scorso, su 48 casi di cancellazione del debito, le economie hanno sempre tratto beneficio dal congelamento del debito.

Tuttavia l’art. 123 del Trattato UE esclude un’ipotesi del genere. Pensare poi di favorire un Paese come il nostro, col terzo debito pubblico più alto del mondo, pare inverosimile nella UE.

Eppure la Germania ne beneficiò nel 1953 (Accordo di Londra), in quanto non era in grado di pagare i danni che essa stessa aveva causato nella guerra. Non era neppure in grado di pagare i debiti contratti dalla I guerra mondiale, decisi a Versailles. Quindi si pensò di compensarla finanziariamente della suddivisione in due nazioni, con la parte orientale finita in mani russe.

Nel frattempo al governo tedesco venne ordinato di contribuire alle spese per la nascita dello Stato d’Israele.

L’importo dei debiti venne dimezzato, passando da circa una trentina a 15 miliardi di marchi. Per il quinquennio successivo fu stabilito che fossero pagati i soli interessi e non anche il capitale, alleggerendo le casse statali.

Non solo ma gli interessi sarebbero stati pagati solo se nell’export la Germania avesse avuto un avanzo commerciale.

Gli stessi interessi col tempo vennero tagliati o ricalcolati.

Persino i debiti relativi ai piani Dawes e Young, rispettivamente del 1924 e del 1930, vennero posticipati i primi al 1969 e i secondi al 1980. Insomma, la Germania venne fatta rifiatare per il tempo più che sufficiente a rimettersi in sesto.

I creditori s’impegnarono a valutare i rimborsi in marchi come se fossero dollari, a loro volta agganciati all’oro con l’accordo di Bretton Woods.

Infine, la parte dei debiti gravante sull’allora DDR comunista decisero che sarebbe stata ripagata solo a seguito della riunificazione delle due Germanie, qualora fosse mai avvenuta. Cosa che avvenne nel 1990.

Tutti questi enormi favori perché si considerava questo Paese una barriera insostituibile contro l’URSS.

Oggi però la Germania si comporta con gli Stati del Sud Europa, Italia particolarmente, non diversamente dalla Francia nei suoi confronti di un secolo fa.

È vero che nel nostro caso l’altissimo debito pubblico non è stato accumulato per cause esterne, ma è stato generato dalle scriteriate politiche fiscali dei governi nell’arco di un ventennio sotto la Prima Repubblica.

Ma è anche vero che l’Italia si è messa alle spalle i malgoverni di 30-40 anni fa, pur restando un Paese mal gestito, iper-burocratizzato, che spende male i soldi dei contribuenti, incapace di vincere l’evasione fiscale, la criminalità organizzata e il lavoro nero.

Non solo, ma è da quasi 30 anni che lo Stato spende meno di quanto incassa, benché il peso degli interessi, pur molto gravoso, è stato lenito nell’ultimo quindicennio dall’euro.

Se non fosse per gli interessi sui debiti accumulati negli anni ’70 e ’80, avremmo chiuso ogni bilancio sin dal 1992 ad oggi, ad eccezione del solo 2009 e del pareggio nel 2010, in attivo, meglio della stessa Germania.

È quindi falso che spendiamo troppo in relazione alle entrate. Forse l’unica voce squilibrata è quella delle pensioni, ma per le storture dei decenni passati. Ricordo che quando iniziai a lavorare nella scuola, alla fine degli anni ’70, le donne potevano andare in pensione con 10 anni di servizio, sei mesi, un giorno, 4 anni di università e un figlio. Era un modo della DC di crearsi un consenso.

 

[26 novembre] Covid-19. Giappone. Turchia. Regno Unito. Maradona

 

Posso capire che la gran parte dei morti in questa pandemia siano gli ottantenni o chi aveva patologie pregresse, e che in questa seconda ondata chiunque possa infettarsi e che si possa morire anche da molto giovani e che, anche se si guarisce, restino degli straschichi, nel proprio fisico, anche preoccupanti. Quello però che non riesco ad accettare è che in un Paese avanzato come il nostro, con una sanità di tutto rispetto (salvo eccezioni naturalmente) vi siano stati, a tutt’oggi, ben 216 medici morti per Covid-19 in Italia (37 ancora nella seconda ondata). Di questi ultimi, 18 erano medici di medicina generale o pediatri. E la crescita è esponenziale: negli ultimi 10 giorni 27 decessi: una media di quasi 3 al giorno.

Secondo me non si è fatto abbastanza per proteggere questa categoria a rischio. Qui sono i modelli organizzativi adottati dagli ospedali che non funzionano. Questi son davvero degli eroi, dei moderni martiri che dovremmo ricordare per molto e molto tempo.

 

In Giappone nel 2018, per la prima volta dal 1981, il numero totale dei suicidi era sceso sotto quota 20mila. Da dieci anni consecutivi questo dato è stato fortunatamente in flessione, ma quest’anno il trend si è rovesciato.

Il picco era stato registrato nel 2003, quando il numero dei suicidi aveva toccato quota 34.427, quasi 95 al giorno! Il più alto del mondo. Per dissuadere da questa ecatombe il governo aveva imposto ai familiari le spese dei disagi procurati alla collettività, soprattutto se ci si gettava sotto un treno.

Nel mese di ottobre il numero dei suicidi (2.158) è risultato del 40,2% più alto rispetto allo stesso mese dello scorso anno (1.539).

Sono sempre i maschi a togliersi più frequentemente la vita. A ottobre erano 1.306, con un incremento del 21,7% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.

Ma è impressionante il balzo in avanti registrato tra le donne: +82,8% (852 rispetto a 466 di ottobre 2019). E particolarmente preoccupante è il fatto che questo incremento è fortissimo nella fascia tra i 20 e i 40 anni, con un sostanziale raddoppio.

Perché un fenomeno del genere in uno dei Paesi più avanzati del mondo?

Le autorità dicono che col prolungamento nel tempo dell’effetto del coronavirus, è possibile che si siano approfondite le ansie legate al lavoro e alla cura dei figli.

Che senso ha? Sono ormai quattro mesi consecutivi che il dato dei suicidi è in crescita, ma la crisi pandemica è ben gestita in Giappone, assai meglio che in tanti altri Paesi occidentali.

In Italia la media dei suicidi ufficiali (uomini e donne) è di 6.3 l’anno ogni 100.000 abitanti. In Giappone la media è 23.8! C’è da dire però che, mentre in Italia molti suicidi sono nascosti, per non dare ulteriore dolore alla famiglia (gli stessi familiari negano l’evidenza), in Giappone invece non si fanno problemi ad ammettere che una persona si è suicidata.

I motivi pare che siano tutti psicologici. Infatti dai primi anni di scuola fino all’azienda, il giapponese medio va incontro ad aspettative altissime, con ritmi di studio e lavoro fortemente stressanti. A scuola tutti i giorni della settimana; 12 ore al giorno di lavoro; pochissimi giorni di ferie. Non è un caso che nei vagoni delle metropolitane, dove è assolutamente proibito parlare al cellulare, quasi tutti dormano, perfino in piedi. L’ansia quasi maniacale di perfezione, e una gentilezza formale che non lascia trapelare le emozioni, rendono questo popolo spesso incapace di gestire la crisi e l’insuccesso, visto come un’onta.

Dicono che in Giappone il suicidio derivi da un’antica consuetudine dei guerrieri sconfitti in battaglia. Chi si sente sconfitto non vuole essere più un peso per gli altri.

In Italia, se la pensassimo così, metà della popolazione dovrebbe farsi fuori.

 

L’ex vice primo ministro turco Bülent Arınç si è dimesso dall’Alto consiglio consultivo presidenziale dopo una lite col presidente Erdoğan, che aveva escluso la scarcerazione del filantropo e attivista per i diritti umani Osman Kavala e del leader curdo Selahattin Demirtaş, nonostante la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, che ne aveva fatto richiesta, essendo stati privati della libertà per motivi politici.

È l’ultima di una serie di dimissioni, tra cui quella del suo genero Berat Albayrak, ex ministro delle Finanze e del Tesoro. Erdoğan ha anche licenziato il terzo governatore della Banca centrale in soli quattro anni. Dal suo partito se ne sono già andati alcuni leader storici e fondatori.

Il suo partito ha la maggioranza di governo solo perché appoggiato dal partito di estrema destra ultra-nazionalista, xenofoba e islamista (MHP) e dalla struttura di potere controllata dai circoli del nazionalismo militarista e pan-turchista che sostengono un programma irredentista: tutti contrari a qualunque riforma del sistema giudiziario e dello Stato di diritto, poiché ciò comporterebbe la liberazione degli oppositori politici.

L’anziano alleato ultra-nazionalista, Devlet Bahçeli, appare sempre più come una sorta di “leader ombra” del Paese.

D’altra parte la suddetta riforma è solo, nei piani di Erdoğan, un mero cambio di retorica europeista mirante a rassicurare i mercati e gli investitori esteri, dando così respiro all’economia turca in gravissima difficoltà, soprattutto dopo la pandemia.

Il leader carismatico del Partito democratico dei popoli, di sinistra libertaria e filo-curda, Selahattin Demirtaş, è in prigione da più di quattro anni, mentre Osman Kavala, presidente di Anadolu Kültür, è accusato di spionaggio politico e militare e di aver tramato per rovesciare il governo Erdoğan ed è per questo in prigione da più di tre anni in attesa di giudizio.

Le frasi ipocrite di Erdoğan sono semplicemente rivoltanti: “Non immaginiamo per la Turchia alcun posto se non in Europa. Vogliamo disegnare il nostro futuro insieme all’Europa. Ci aspettiamo che l’Unione Europea mantenga le sue promesse, non discrimini e non sostenga posizioni ostili nei confronti del nostro Paese”.

Invece dovremmo fare proprio questo: discriminarlo. Il suo Paese è diventato una prigione per il libero pensiero. E non ci importa nulla se minaccia di allearsi con Cina e Russia in funzione anti-europea.

Solo pochi giorni fa aveva detto che il cammino dell’Europa e quello della Turchia si erano definitivamente separati, e ora non si vergogna di dire il contrario.

Erdoğan è uno dei dittatori islamici più spregevoli al momento: perché non solo difende i gruppi islamisti radicali legati al suo partito conservatore e di quelli del nazionalismo estremo del movimento panturchista dei Lupi Grigi, ma incoraggia anche, in un modo o nell’altro, gli islamisti che ricorrono a efferati cruenti attacchi contro i civili.

L’obiettivo finale di questo comportamento è di ripristinare il passato impero ottomano, come vuole la cosiddetta dottrina della “Patria Blu” (la Mavi Vatan), sponsorizzata dalle alte sfere militari turche, collegate al piccolo partito anti-NATO, Vatan Partisi (Partito della Patria), che, dopo il 2016, ha iniziato a occupare posizioni di rilievo nelle Forze armate.

 

Il Regno Unito avrà una recessione da record, come mai in 300 anni, a causa della pandemia, con 2,6 milioni di disoccupati.

Spicca su tutto il record del deficit di bilancio, salito a un massimo dal dopoguerra alla soglia di 400 miliardi di sterline (1euro = 0.85 sterlina).

Il debito equivale al 19% del PIL, la percentuale più elevata mai registrata in tempo di pace.

E l’emergenza sanitaria non è ancora finita, mentre quella economica è appena iniziata.

Secondo le previsioni economiche il PIL dovrebbe contrarsi dell’11,3% quest’anno, il calo più grande degli ultimi tre secoli. Tale impatto non sarà recuperato fino alla fine del 2022, mentre i segni a lungo termine si tradurranno in una economia inferiore di circa il 3% nel 2025 rispetto alle previsioni a marzo.

Ci vorrà un salvataggio da 280 miliardi di sterline di spesa pubblica per sostenere il Paese.

Gli inglesi hanno scelto proprio il momento migliore per uscire dalla UE.

 

È morto Maradona: davvero era il più grande giocatore del mondo? Se Messi avesse giocato in Italia non l’avremmo detto.

In carriera Messi si è aggiudicato 10 campionati spagnoli, 6 Coppe del Re, 8 Supercoppe spagnole, 4 Champions League, 3 Supercoppe UEFA e 3 Coppe del mondo per club. I 34 titoli vinti lo rendono il calciatore più decorato nella storia del Barcellona. Oltre a ciò, è il miglior marcatore di sempre del club catalano, della Liga spagnola e della nazionale argentina.

Coi mondiali di calcio, giocando con l’Argentina: Argento nel 2014. Oro nel 2008 alle Olimpiadi. Nella Coppa America: Argento nel 2007, 2015, 2016 e Bronzo nel 2019. Mondiali di calcio Under-20: Oro nel 2005.

A livello individuale ha vinto il Pallone d’oro nel 2009 (insieme al FIFA World Player of the Year) e nel 2019. Ha vinto quattro volte il Pallone d’oro FIFA, record assoluto: nel 2010, 2011, 2012 e nel 2015. Nel 2011 e nel 2015 l’UEFA lo ha insignito del riconoscimento come Men’s Player of the Year.

Nel 2013 è stato inserito nella miglior formazione calcistica di tutti i tempi stilata dalla rivista inglese World Soccer.

È stato il miglior giocatore del campionato del mondo Under-20 2005 ecc.ecc.

Wikipedia non finisce più: il miglior marcatore del Mondiale Under-20 (2005), del campionato spagnolo (2010, 2012, 2013, 2017, 2018, 2019 e 2020), della Coppa del Re (2011, 2014, 2016 e 2017), della Champions League (2009, 2010, 2011, 2012, 2015 e 2019) e del Mondiale per club (2011).

Quanto alla sua vita privata, ineccepibile. Lo stesso non si potrebbe certo dire di Maradona, che tra dipendenze da droga, alcol e sesso era al top tra i più grandi calciatori della storia. Peraltro non pagava le tasse, non aveva il senso della sportività e ha fatto ben 5 figli illegittimi. È che i napoletani e molti altri lo considerano il più grande giocatore di sempre perché ha fatto vincere il mondiale a un’Argentina di livello mediocre (però con un gol di mano rubato agli inglesi) e soprattutto ha fatto vincere due scudetti al Napoli, riscattando l’intero sud contro le squadre del nord Italia, che, avendo più soldi, si potevano permettere il meglio. Insomma l’hanno investito di una carica messianica, alimentando un culto della personalità del tutto fuori luogo in termini puramente calcistici.

Quando Messi morirà diremo, più obiettivamente, senza confondere i piani (calcistico e sentimentale e persino politico), che lui è stato il migliore di sempre. Anche nell’esempio di sportività e di tenacia che ha offerto, lui che da bambino soffrì di una grave insufficienza ormonale e che, come Maradona, proveniva da ambienti deprivati. Non a caso è stato dichiarato nel 2011 “Patrimonio storico-sportivo dell’umanità” insieme a Pelé e al messicano Hugo Sánchez.

 

[27 novembre] Afghanistan, Pakistan e India. Inquinamento

 

Su “l’Antidiplomatico” c’è un importante art. di Walimohammad Atai sui rapporti tra Afghanistan, Pakistan e India.

Il presidente afghano Ashraf Ghani si è stancato di sopportare gli attacchi dei talebani, sostenuti dal primo ministro pakistano Imran Khan, che da decenni dilaniano l’Afghanistan.

Gli afghani percepiscono Islamabad come il principale responsabile della forza dei talebani. Infatti sin dagli anni ’80 il Pakistan ha utilizzato fondi pubblici e privati provenienti da Paesi – come p.es. l’Arabia Saudita – desiderosi di sostenere il fanatismo jihadista dei talebani, nato dall’Assemblea del clero islamico, un gruppo politico religiosamente conservatore, che in passato ha fondato scuole nei campi profughi afghani nelle parti meridionale e occidentale del Paese. In queste scuole, gli insegnanti predicavano le virtù della jihad e l’istituzione di un califfato basato sulla Sharia.

Motivo di questa rivalità tra i due Paesi? Le forze talebane sono parte di uno schema più ampio, volto a minare l’influenza dell’India in Afghanistan. Il Pakistan ha infatti una lunga storia di rivalità con la vicina India: vi sono stati quattro grandi conflitti nel corso del XX secolo (1947, 1965, 1971 e 1999) e a tutt’oggi vi sono forti tensioni su tutti i confini comuni, specialmente nei pressi della contestata regione del Kashmir.

Per il governo pakistano minare la stabilità politico-economica afghana significa anche limitare fortemente le mire espansionistiche dei vertici di Delhi, i quali in passato avevano sostenuto l’Alleanza del Nord afghana contro i talebani e lo stesso Pakistan.

Quasi ogni giorno è possibile assistere a schermaglie tra le truppe pakistane e quelle afghane lungo tutto il confine.

Il Pakistan teme anche la “Terra dei pashtun” (Pashtunistan). Le tribù di etnia pashtun si trovano a cavallo del confine afghano–pakistano.

La linea di 2640 km che divide le due nazioni, nota come Linea Durand, è stata contestata sin dalle sue origini. Tracciato dal britannico Mortimer Durand, il confine aveva come obiettivo la divisione dei pashtun al fine di rendere l’Afghanistan uno stato debole. Nella visione degli inglesi, quest’ultimo doveva funzionare come cuscinetto tra l’India britannica (il moderno Pakistan) e l’Impero russo, le cui mire espansionistiche verso il territorio indiano costituivano una minaccia per l’Inghilterra.

I governatori afghani non hanno mai riconosciuto la legittimità della Linea Durant. E l’attuale premier Ashraf Ghani, anch’egli pashtun, non fa eccezione.

La maggior parte dei pashtun afghani sogna una riunificazione con le tribù che si trovano al di là della Linea Durant.

Ma il Pakistan non ne vuol sapere, poiché ciò comporterebbe la perdita di importanti zone territoriali, senza contare che Islamabad dovrebbe privarsi dei porti di Jiwani, Gwadar e Pasni, che, garantendo al Pakistan di affacciarsi sul Golfo dell’Oman e da qui sul Golfo persico, sono d’importanza strategica.

Tuttavia al momento il Pakistan non può scatenare una guerra contro l’Afghanistan, perché il confine indiano ne risulterebbe inevitabilmente indebolito.

A tutto ciò possiamo aggiungere che gli Stati Uniti, che si preparano a ridurre la propria presenza in Afghanistan, non hanno risolto alcun problema. A loro interessa soltanto avere delle forze militari per controllare Cina e Russia.

 

L’Italia è tra i primi Paesi europei per morti legate all’inquinamento atmosferico. Particolato, ossido di azoto e ozono continuano a superare i limiti di legge. Lo dice l’Agenzia Europea per l’Ambiente.

L’Italia è tra i 6 Paesi (con Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Polonia e Romania) ad aver registrato nel 2018 superamenti dei valori limite per il PM2,5, che hanno causato prematuramente 52.300 morti (quanti l’attuale Covid): è il secondo dato più alto in Europa. Si tratta di piccolissime particelle che penetrano nel nostro apparato respiratorio, causando problemi cardiovascolari e polmonari.

Il 40% del PM2,5 primario viene dal settore dei trasporti, che crescerà in maniera esponenziale con lo sviluppo dell’e-commerce.

Un’altra importante causa sono gli impianti di riscaldamento.

A peggiorare le cose c’è poi il fattore meteoclimatico, perché nelle aree con maggiore inquinamento atmosferico, come la pianura Padana, manca il rimescolamento dei gas, cosa che si osserva invece nel Nord Europa.

Inoltre c’è un contributo naturale: le frazioni più fini delle sabbie desertiche che il vento porta per es. dal Sahara.

Con interventi mirati si potrebbe arrivare a una riduzione del 30% del particolato.

L’Italia è anche tra i 16 Paesi che superano i limiti di concentrazione previsti per gli ossidi di azoto: la fonte principale è sempre la combustione legata ai trasporti. La loro reazione con altri inquinanti come monossido di carbonio, metano e composti organici volatili genera anche un’altra sostanza pericolosa per la salute: l’ozono, i cui limiti di legge sono stati superati nel 2018 in 20 Paesi europei, tra cui sempre l’Italia.

Il nostro Paese nel 2018 è stato primo in Europa per morti premature legate all’esposizione agli ossidi di azoto (10.400 decessi) e secondo dopo la Germania per le morti legate all’ozono (3.000).

Siamo già stati multati dalla Corte di giustizia europea per lo sforamento dei limiti massimi per il PM10 e sottoposti ad altre due procedure di infrazione per l’inquinamento da PM2,5 e biossido di azoto.

D’altra parte l’Italia è il Paese europeo con il più alto tasso di motorizzazione (620 auto ogni mille abitanti), con pochi veicoli elettrici, un uso limitato dei mezzi pubblici e poche vie ciclabili e pedonali, quando invece la bicicletta va considerata come un mezzo competitivo utilizzabile in città.

Restiamo anche il Paese in cui si vendono più veicoli diesel, principali responsabili proprio delle emissioni di ossidi di azoto, mentre bisognerebbe puntare sull’elettrico. Mentre in Gran Bretagna Johnson ha di recente firmato un decreto che vieta la vendita di auto a benzina e diesel dal 2030, in Italia si incentivano ancora i veicoli ad alimentazione tradizionale.

L’energia rinnovabile non ci è entrata nella testa. Preferiamo quella che ci entra nei polmoni.

 

[28 novembre] Israele. Medio Oriente. Turchia

 

Il modo più consueto che hanno i sionisti di risolvere i loro problemi di vicinato è quello di farti fuori. Lo fanno spesso coi palestinesi ma l’altro giorno l’han fatto con gli iraniani, assassinando il più esperto tra i tecnici nucleari del ministro della Difesa di Teheran, responsabile del programma nucleare del suo Paese. Mohsen Fakhrizadeh, che già era uscito indenne da un attentato compiuto tempo fa dal Mossad, era il direttore generale del programma “Amad” (speranza), un programma che, secondo i servizi di intelligence israeliani e americani, è legato agli studi che l’Iran starebbe continuando a sviluppare in segreto per sviluppare la bomba atomica. L’aveva già detto il premier israeliano Benjamin Netanyahu che quello scienziato andava considerato pericoloso.

Alcuni colleghi dell’esperto scienziato e almeno tre dei terroristi sono rimasti uccisi o feriti. Anche tra il 2010 e il 2012 vi fu lassassinio di quattro scienziati nucleari iraniani ad opera del Mossad. Il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif ha detto che “L’Iran chiede alla comunità internazionale, e soprattutto all’Unione Europea, di porre fine ai loro vergognosi doppi standard e di condannare questo atto di terrorismo di stato”.

Ma la UE è sottomessa agli USA, i quali proteggono Israele, che svolge la funzione di cane da guardia nella regione per tutelare gli interessi yankee e ampliare il più possibile i propri confini, per cui gli amici dei tuoi alleati sono anche tuoi amici.

Gli israeliani vogliono essere gli unici a possedere l’atomica in Medio Oriente. Israele non è sottoposta ad alcun controllo poiché non aderisce al Trattato di non-proliferazione, sottoscritto invece dall’Iran, cioè si è sempre rifiutata di aderire al progetto di fare del Medio Oriente una zona priva di armi nucleari, come già lo sono, almeno ufficialmente, America latina, Africa, Sud Est asiatico, Asia Pacifico e Asia centrale, le cinque zone costituitesi a partire dagli Anni Sessanta e verso le quali le potenze nucleari si sono impegnate a non impiegare l’arma atomica. Esse coprono oggi la quasi totalità dell’emisfero australe e una piccola parte di quello settentrionale.

Non appartengono però a tale categoria le aree dove il rischio nucleare è maggiore, ovvero il Medio Oriente, l’Asia meridionale, l’Asia Nord orientale e l’Europa. Non è mai decollata una proposta della Polonia comunista negli Anni Cinquanta, il Piano Rapatsky, di creare una zona siffatta in Europa.

Sono anni che si cerca di implementare l’ambizioso progetto di stabilire una zona priva non solo di armi nucleari ma anche di quelle chimiche e biologiche nel Medio Oriente. I Paesi islamici riuscirono a realizzare tale obiettivo quando le potenze nucleari accettarono il rinnovo a tempo indeterminato del Trattato di Non Proliferazione nucleare nel 1995. L’impegno venne rinforzato nel 2010 quando si fissò a dicembre 2012 la scadenza per celebrare una Conferenza per negoziare una siffatta zona. Ma Israele, unico Paese della zona in possesso dell’arma nucleare, non ne vuol sapere.

Il suo arsenale, avvolto da una fitta cappa di segreto e omertà, viene stimato in 80-400 testate nucleari, più abbastanza plutonio da costruirne altre centinaia. Israele produce sicuramente anche trizio, gas radioattivo con cui fabbrica armi nucleari di nuova generazione, simili alle bombe neutroniche, che, provocando minore contaminazione radioattiva, sarebbero le più adatte contro obiettivi non tanto distanti da Israele. Le testate nucleari israeliane sono pronte al lancio su missili balistici che, con il Jericho 3, raggiungono 8-9 mila km di gittata.

La Germania ha fornito a Israele (sotto forma di dono o a prezzi scontati) quattro sottomarini Dolphin modificati per il lancio di missili nucleari Popeye Turbo, con raggio di circa 1.500 km. Silenziosi e capaci di restare in immersione per una settimana, viaggiano nel Mediterraneo Orientale, nel Mar Rosso e nel Golfo Persico, pronti in qualunque momento all’attacco nucleare.

Gli Stati Uniti, che hanno già fornito a Israele oltre 350 cacciabombardieri F-16 e F-15, gli stanno fornendo almeno 75 caccia F-35, anch’essi a duplice capacità nucleare e convenzionale. Una prima squadra di F-35 israeliani è divenuta operativa nel dicembre 2017. Le Israel Aerospace Industries producono componenti delle ali che rendono gli F-35 invisibili ai radar. Grazie a tale tecnologia, che sarà applicata anche agli F-35 italiani, Israele potenzia le capacità di attacco delle sue forze nucleari.

Israele – che tiene puntate contro l’Iran 200 armi nucleari, come ha specificato l’ex segretario di stato USA Colin Powell nel 2015 – è decisa a mantenere il monopolio del nucleare in Medio Oriente, impedendo all’Iran di sviluppare un programma nucleare civile che potrebbe permettergli un giorno di fabbricare armi nucleari, capacità posseduta oggi nel mondo da decine di Paesi. Nel ciclo di sfruttamento dell’uranio non esiste una netta linea di demarcazione tra uso civile e uso militare del materiale fissile.

Le forze nucleari israeliane sono integrate nel sistema elettronico NATO, nel quadro del “Programma di cooperazione individuale” con Israele, Paese che, pur non essendo membro dell’Alleanza, ha una missione permanente al quartier generale della NATO a Bruxelles. Secondo il piano testato nella esercitazione USA-Israele Juniper Cobra 2018, forze USA e NATO arriverebbero dall’Europa (soprattutto dalle basi in Italia) per sostenere Israele in una guerra contro l’Iran. Essa potrebbe iniziare con un attacco israeliano agli impianti nucleari iraniani, tipo quello effettuato nel 1981 contro l’impianto iracheno di Osiraq. Il Jerusalem Post (3 gennaio) conferma che Israele possiede bombe non-nucleari anti-bunker, usabili soprattutto con gli F-35, in grado di colpire l’impianto nucleare sotterraneo iraniano di Fordow. L’Iran però, pur essendo privo di armi nucleari, ha una capacità militare di risposta che non possedevano la Jugoslavia, l’Iraq o la Libia al momento dell’attacco USA/NATO. In tal caso Israele potrebbe far uso di un’arma nucleare mettendo in moto una reazione a catena dagli esiti imprevedibili.

Per come si comporta, Israele, che non ha rispettato alcuna risoluzione dell’ONU relativa alla Palestina, dovrebbe essere sanzionata o posta sotto embargo o addirittura espulsa dall’ONU.

È abbastanza incredibile che nessuna associazione ebraica del mondo prenda le distanze da questi comportamenti disumani dei sionisti. Stanno rischiando di fomentare l’antisemitismo, poiché diventa sempre più difficile distinguere tra ebraismo e sionismo.

 

Tra il 1920 e il 1970 la regione araba del Medio Oriente ha portato a termine imponenti processi di costruzione dello Stato, che hanno gradualmente migliorato la qualità della vita dei cittadini.

Ma dal 1970 al 2020 in quasi la metà degli Stati arabi lo slancio di costruzione dello Stato si è arenato o si è addirittura invertito.

Lo sviluppo economico e sociale ha rallentato dopo il 1990, quando molti dei governi, non sostenuti dalle entrate petrolifere, non sono stati più in grado di migliorare e neanche di mantenere la qualità della vita di ampie fette della popolazione.

Secondo le Nazioni Unite oggi almeno il 70% di tutti gli arabi sono poveri o vulnerabili, e questa cifra cresce ogni giorno a causa dell’impatto economico del crollo del prezzo del petrolio e della pandemia di Covid-19.

Alcuni Stati hanno cominciato a frammentarsi, mentre le autorità locali affermavano il loro potere su un governo centrale indebolito (Sudan, Iraq, Libano, Yemen).

In tutti i Paesi non petroliferi gli attori non statali hanno assunto un ruolo diretto più ampio nel fornire ai cittadini servizi che per le precedenti tre generazioni erano stati garantiti dallo Stato: sicurezza, identità, voce politica, assistenza materiale e servizi essenziali.

In alcune zone gli attori non statali sono diventati così potenti da affiancare gli Stati centrali (Fratelli musulmani in Egitto e a Gaza, Hezbollah in Libano, i gruppi curdi). In altre zone sono arrivati perfino a rimpiazzarli (Hamas in Palestina, il gruppo Stato islamico in Siria e Iraq, il Kurdistan, gli Huthi dello Yemen, i ribelli del Sud Sudan). Alcuni potenti attori non statali – come Hezbollah, Hamas e gli Huthi – sono subentrati allo Stato nel ruolo di garanti della sicurezza nazionale, fornendo allo stesso tempo anche i servizi essenziali.

Altri gruppi armati, per es. le milizie irachene (note come Forze di mobilitazione popolare), hanno assunto una funzione complementare nelle operazioni militari contro minacce come i jihadisti dello Stato islamico.

Invece in Siria, Yemen o Libia attori non statali sono stati creati, finanziati, addestrati e armati da potenze straniere (sia regionali – come Iran, Turchia, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e Israele – sia globali, come gli Stati Uniti).

Centinaia di attori non statali in tutta la regione mediorientale sono gruppi civili non armati, ancorati alle due forze più potenti che esistevano prima dell’arrivo del moderno sistema statale: l’identità religiosa e quella tribale. Lo Stato moderno spesso non è riuscito a controllarle o a cooptarle, e per lo più coesiste con loro. In Siria, Iraq, Libia e Yemen gli attori tribali e religiosi si sono anche politicizzati e hanno cercato di ottenere una quota di potere governativo.

Preoccupa la rapida espansione dei Fratelli musulmani e di altre organizzazioni islamiste radicali. A causarla contribuirono diversi fattori, tra cui: l’umiliazione della sconfitta araba da parte di Israele nel giugno 1967; il fallimento del socialismo, del nazionalismo arabo, del baathismo e del capitalismo nel soddisfare in modo equo i bisogni dei cittadini; la corruzione dei governi, determinata dall’incompetenza di regimi basati sulla forza militare o sulle dinastie familiari; e le pressioni dell’inflazione e dell’alto costo della vita che hanno ridotto in povertà centinaia di milioni di arabi.

Di qui la decisione di tanti cittadini di non dare più fiducia allo Stato ma di affidarsi ad attori non statali per i loro bisogni personali, comunitari e politici.

Gli attori non statali come i Fratelli musulmani e altri gruppi islamici si concentrano direttamente sui bisogni essenziali dei cittadini, sono radicati nelle comunità a cui rivolgono i propri servizi e parlano un linguaggio di giustizia sociale che trova terreno fertile tra i cittadini. Inoltre, in genere non sono corrotti da imponenti flussi di denaro, e mettono in primo piano uno sviluppo socio-economico equo a livello interno e nella lotta alle aggressioni straniere.

Questo in sintesi il pensiero di Rami Khouri, giornalista, su “Internazionale”.

 

Russia e Cina sembrano essere gli attori con cui il premier Erdoğan vuole stringere legami più forti, in una prospettiva eurasiatica.

Il termine “Eurasia” divenne popolare negli ambienti accademici e politici turchi all’inizio degli anni ’90, quando le repubbliche di lingua turca dell’Asia centrale ottennero l’indipendenza dopo la caduta dell’Urss. Un esempio è il lancio del canale televisivo pubblico TRT-Avrasya nel 1992 per trasmettere programmi destinati ai popoli di lingua turca dell’ex Unione Sovietica. Sono anche nati istituti di ricerca ad hoc, come l’Eurasia Center for Strategic Research.

L’Eurasismo è entrato nel vocabolario politico turco come ideologia pragmatica più che come dottrina politica dai contorni chiaramente definiti.

Nel contesto turco questa corrente politica ha sottolineato che la comparsa di un vasto mondo indipendente di lingua turca sarebbe un’opportunità storica per la Turchia, che otterrebbe così un moltiplicatore di potere nella politica internazionale con un hinterland che si estenderebbe all’Asia orientale.

Al momento vi sono tre tradizioni nel pensiero politico turco che si ispirano all’eurasismo dandogli significati differenti: il movimento ultra-nazionalista pan-turkista, gli islamisti neo-ottomanisti e la sinistra nazionalista. Ancora non esiste un grande partito politico che ha adottato esplicitamente l’eurasismo come filo conduttore del suo programma.

Tutte queste correnti attribuiscono alla Turchia un ruolo di leadership sulla scena internazionale, sia coi popoli di lingua turca e col mondo musulmano, sia accanto alla Russia e/o alla Cina come partner su un piano di parità con loro.

La retorica anti-occidentale, il desiderio di rafforzare il potere dello Stato e di unire la nazione attorno a un leader forte che incarnerebbe il destino del Paese rimangono importanti indicatori dell’eurasismo turco. La determinazione a “liberare il Paese dalle sue catene”, affinché possa tornare a essere una grande potenza, rimane un tema demagogico ricorrente nei discorsi del presidente Erdoğan.

Le relazioni con la Cina sono state definite ufficialmente strategiche dal 2010, dopo che la Cina, negli anni 2000, ha iniziato il suo decollo economico. Ora si punta molto sulle cosiddette “Nuove Vie della Seta”.

Nel 2019 la Cina è diventata il terzo partner commerciale della Turchia, dopo Germania e Russia, con un volume di 21 miliardi di dollari.

La Cina acquista principalmente minerali dalla Turchia (marmo, travertino, cromo, rame, ferro, acido borico) e le vende beni di consumo (elettrodomestici, cellulari, prodotti tessili). Le autorità turche stanno cercando d’incrementare l’export in Cina (soprattutto nel settore agroalimentare) e di attrarre maggiori investimenti cinesi, che restano ancora contenuti: meno dell’1% degli investimenti diretti esteri annui.

La Turchia, vivendo una forte recessione, ha bisogno dell’afflusso di investimenti esteri. Non può fare a meno dei mercati internazionali per rilanciare la sua crescita economica, che si attesta allo 0,9% nel 2019, anche perché deve pagare la bolletta annuale di 41 miliardi di dollari per coprire il proprio fabbisogno di idrocarburi, essendo il Paese povero di risorse di petrolio e gas.

Al momento ha un tasso di disoccupazione superiore al 13%, un tasso d’inflazione del 12% e la lira turca ha perso il 16% del suo valore rispetto al dollaro dall’inizio del 2020.

Erdoğan vuole che Pechino includa il cosiddetto “corridoio intermedio” per collegare Cina ed Europa attraverso la Turchia. L’acquisto del terzo porto mercantile della Turchia, Kumport, vicino a Istanbul, nel 2015 da parte di Cosco (compagnia di stato cinese che fornisce servizi di spedizioni e di logistica con sede a Pechino, la cui flotta è composta da più di 800 navi per un tonnellaggio complessivo che supera i 56 milioni di tonnellate), nonché l’acquisto del 51% delle azioni del Terzo Ponte sul Bosforo nel 2019 da un consorzio di sei società cinesi, così come il progetto di costruzione da parte di investitori cinesi di una linea ad alta velocità di 1.700 km che attraversi l’intero Paese da est a ovest, collegando le città di Kars ed Edirne, sono tutti presentati come collegamenti nelle Nuove Vie della Seta.

Altri importanti progetti d’investimento cinesi includono la costruzione della centrale termica Humutlu ad Adana, che dovrà produrre il 4,5% dell’elettricità consumata in Turchia nel 2022; il progetto della terza centrale nucleare del Paese, il cui accordo è stato firmato nel 2016, anche se i lavori non sono ancora iniziati; e l’accordo tra il colosso cinese delle comunicazioni Huawei e Turkcell, principale operatore mobile turco, che mira a installare l’infrastruttura necessaria per il 5G in tutta la Turchia entro il 2021.

Huawei ha già inaugurato nel 2009 in Turchia il suo secondo più grande centro di ricerca e sviluppo al mondo dopo quelli cinesi. Erdoğan è particolarmente interessato alla tecnologia di sorveglianza cinese.

La Turchia vuole anche attirare più turisti cinesi nel proprio territorio (430mila visitatori nel 2019), dato che il turismo è un settore chiave in questo Paese.

Erdoğan avrebbe anche voluto acquisire il sistema di difesa aerea cinese FD-2000 per 3,8 miliardi di dollari, ma alla fine si è rivolto alla Russia per il sistema antimissile S-400, facendo orecchie da mercante alle critiche della NATO.

Tensioni con la Cina restano a causa della minoranza uigura, di lingua turca e religione musulmana, che vive, fortemente discriminata, nella provincia cinese strategica dello Xinjiang.

 

[29 novembre] Padre nostro. Regioni. Glifosato

 

La CEI ha modificato alcune parole del Padre nostro, dal sapore sinistro: non più “non c’indurre in tentazione” ma “non abbandonarci alla tentazione”.

Nella Vulgata latina era “ne inducas nos in tentationem”, in cui il soggetto sottinteso era un Dio simile a quello di Giobbe, il quale viene sottoposto a prove terribili soltanto per verificare se la sua fede religiosa era davvero autentica.

Quella latina era una cattiva traduzione del testo greco, che diceva “kài mé eisenènkes hemàs eis peirasmòn”. Cioè “Non permettere che noi, non superando la prova, cadiamo in tentazione” (finendo nelle mani del maligno). Il soggetto della tentazione è l’uomo non Dio.

Il testo ebraico originale, da cui quella preghiera in greco e in latino proviene, era ancora diverso: “non indurci nella mano del nemico”, cioè non farci tradire la nostra causa, aiutaci a non arrenderci al nemico.

I cristiani sostituirono il nemico esterno con quello interno. San Paolo diceva che non dobbiamo combattere “contro la carne e il sangue” ma “contro le potenze dell’aria”, cioè gli angeli cattivi. Pura astrazione mistica, conforme all’idea revisionista di trasformare il Cristo da liberatore politico-nazionale a redentore morale-universale.

I Valdesi comunque avevano capito da un pezzo l’ambiguità di quella traduzione, preferendo le parole “non esporci alla tentazione”.

Chissà forse tra altri duemila anni si modificherà l’altra assurdità di quella preghiera, quella di far coincidere i peccati coi debiti.

 

Marco Travaglio a “La7” ha detto: “Le Regioni vanno abolite, hanno fallito. Pandemia ha dimostrato che non si può affidare la sanità alle scelte dei governatori”.

Questo perché la gran parte dei governatori ha dimostrato solo incompetenza nel gestire il diritto alla salute. Non pochi sottostanno ad affari e clientelismo.

Il problema non è circoscritto al settore della sanità ma riguarda anche altri ambiti fondamentali, quali ad es. istruzione e lavoro.

Le disuguaglianze tra una Regione e l’altra o, all’interno di ogni Regione, tra i cittadini invece di diminuire, col tempo sono aumentate.

L’abolizione delle Regioni permetterebbe di adottare norme e tutele eguali per tutti su tutto il territorio nazionale, specie in quei settori ove ciascuno deve godere dello stesso trattamento: salute, lavoro e istruzione. In tal senso si dovrebbero eliminare anche quelle concessioni fatte alle Regioni a statuto speciale.

L’abolizione delle Regioni eliminerebbe anche il problema del coordinamento tra enti, riservando allo Stato la competenza esclusiva a legiferare. Per non tacere dei minori sprechi a cui andremmo incontro, essendo le risorse pubbliche gestite ed erogate direttamente dallo Stato, per cui non avremmo più spese folli dei partiti nei Consigli regionali.

Il discorso sarebbe lungo e complesso ma indicativamente direi che dovremmo fare il contrario, cioè il potere alle Regioni andrebbe aumentato non diminuito.

Questo perché lo Stato, a differenza delle Regioni, non è un organo che i cittadini possono controllare. Quanto più un organo legislativo è circoscritto geograficamente, tanto meglio i cittadini possono realizzare la democrazia partecipata o diretta.

Non è stato un caso che per affermare l’importanza delle Regioni i cittadini abbiano dovuto lottare nel 1970 e con la riforma del Titolo V della Costituzione (2001).

La sinistra radicale è stata contraria a tale riforma. Ma non ha senso che per colpa della corruzione o dell’incompetenza di taluni governatori, debba rimetterci il faticoso processo di decentramento delle decisioni politiche e amministrative. Anzi, quella riforma non è stata abbastanza coraggiosa: i poteri dello Stato vanno totalmente decentrati.

Infatti, ormai gli obiettivi dovrebbero essere molto più esigenti:

1) gli enti locali territoriali dovrebbero avere anche la gestione della gran parte delle tasse dei cittadini;

2) lo Stato dovrebbe avere solo una funzione di indirizzo generale e dovrebbe coordinare le esigenze aventi rilevanza inter-regionale;

3) i cittadini devono essere indotti ad assumersi sempre più responsabilità nella gestione del bene comune;

4) il decentramento funziona meglio nell’ambito di uno Stato federale non centralista.

 

Secondo l’analisi del “Salvagente”, condotte in laboratorio, su 20 marche di spaghetti, 7 prodotti presenterebbero tracce di glifosato. In 6 di questi (Divella, Esselunga, Eurospin, Garofalo, Lidl e Rummo), il grano veniva da Paesi extraeuropei.

Il sospetto più forte è che siano arrivati dal Canada: manca la certezza perché la normativa sull’etichettatura consente alle aziende di poter genericamente indicare la provenienza ‘UE’ e/o ‘non UE’.

Il problema è che 9 italiani su 10 mangiano regolarmente la pasta.

Il glifosato è stato trovato anche negli spaghetti Agnesi con grano 100% italiano.

Il glifosato è un erbicida spesso utilizzato prima e dopo la semina. La sua funzione è quella di pulire campi o frutteti da erbe infestanti, ma può portare allo sviluppo di forme tumorali o comunque a danni sul fegato o sul sistema endocrino. E non è l’unico pesticida presente nella pasta.

Le analisi condotte dal “Salvagente” hanno rilevato anche la presenza della micotossina Deossinivalenolo, nota come Don, pericolosa soprattutto per i bambini. Tutti i campioni analizzati sono al di sotto del limite di legge previsto per gli adulti (750 mcg/kg), anche se in tre casi – Garofalo, Agnesi e Lidl – le concentrazioni sono superiori al limite previsto per i bambini sotto i tre anni (200 mcg/kg).

La Lidl, catena tedesca di supermercati diffusa anche in Italia, è stata multata dall’ Abtitrust con un milione di euro di sanzione per aver diffuso informazioni fuorvianti sull’origine del grano duro utilizzato nella produzione della pasta.

Infatti nelle proprie linee di pasta di semola a marchio Italiamo e Combino, Lidl avrebbe utilizzato negli ultimi 30 mesi semola ottenuta da miscele di grani duri provenienti sia dai Paesi UE che non UE, in cui quello italiano rappresentava in media una quota del 40%.

Il grano utilizzato per la produzione della pasta indicato come italiano in realtà arrivava anche da Canada, California, Arizona e, nel caso del marchio Passioni distribuito dall’Auchan, da Argentina, Russia, Francia, Grecia, Messico e altri. Sicché le diciture “Specialità italiana” e “Prodotto in Italia” sulle confezioni risulterebbero ingannevoli. Nel mirino dell’Antitrust sono finite anche le etichette Divella, De Cecco, Margherita Distribuzione (ex Auchan Spa, marchio Passioni), e Pastificio Artigiano Cav. Giuseppe Cocco (marchio Cav Giuseppe Cocco).

Cioè non ho capito: sarebbe forse stato sufficiente dire che il consumatore, quando fa un acquisto alimentare, rischia la propria salute, per non incorrere in alcuna sanzione? Un po’ come avviene quando compra un pacchetto di sigarette, con quelle immagini scioccanti che vi appiccicano sopra.

Il problema starebbe solo nel dire la verità sulle schifezze che si usano nel produrre certi alimenti. Perché il consumatore deve fare una scelta consapevole. Chi non dice la verità viene solo multato. È una questione di etichetta.

Perché non ci diciamo una volta per tutte che non esiste alcun cibo industriale che non conservi degli ingredienti che fanno male alla salute? Davvero stare entro certi limiti di legge rende i cibi meno pericolosi?

A proposito: in un’analisi chimica condotta dall’Università Federico II di Napoli e dall’Università di Valencia sono state trovate tracce di antibiotici e farmaci nel latte di diverse marche. I farmaci riscontrati con maggiore frequenza sono stati dexamethasone (un cortisonico), il neloxicam (antinfiammatorio) e l’amoxicillina (un antibiotico), in concentrazioni tra 0,022 mcg/kg e 1,80 mcg/kg. Vengono utilizzati per curare la mastite nelle vacche.

Mi raccomando però: niente allarmismi.

 

[30 novembre] Cina. Svizzera. Russia. Pinocchio

 

L’esercito cinese è stato esortato dal Partito comunista a modernizzare le teorie militari, le organizzazioni, il personale, le armi e le attrezzature al fine di accompagnare l’impetuosa crescita della Cina, sempre più prossima a sopravanzare gli Stati Uniti in ogni campo, dall’economia alla potenza militare.

Infatti, mentre la Cina è diventata la seconda economia più grande del mondo, la sua capacità di difesa nazionale non corrisponde ancora a questa grandezza.

Potrebbero essere commissionate nuove armi, come il bombardiere strategico a lungo raggio H-20 con capacità stealth, nonché la terza e più avanzata portaerei del Paese, e ci si aspetta che le armi avanzate più attuali, come il caccia stealth J-20 e il grande cacciatorpediniere Tipo 055, entrino nella fase di produzione di massa.

Le autorità comuniste dicono che la Cina persegue una semplice politica di difesa nazionale, ma è difficile crederci.

Intanto il governo ha acceso il suo primo reattore nucleare ad acqua pressurizzata sviluppato a livello nazionale (l’Hualong One, installato in uno stabilimento nella provincia del Fujian, nella Cina orientale) allo scopo di far diventare il Paese meno dipendente possibile dagli alleati occidentali per la sicurezza energetica e la tecnologia fondamentale.

Il reattore durerà 60 anni e può generare 10 miliardi di chilowattora di elettricità ogni anno e ridurre le emissioni di carbonio di 8,16 milioni di tonnellate. La Cina sta lottando strenuamente per uscire dalla sua economia dipendente dal carbone.

Con questo passo si rompe il monopolio della tecnologia nucleare straniera e si entra ufficialmente nell’ambito tecnologico dei Paesi più avanzati.

Gli impianti nucleari locali avevano fornito meno del 5% del fabbisogno annuo di elettricità della Cina nel 2019, ma si prevede di ridurre la dipendenza dagli alleati occidentali nell’high-tech fondamentale, come appunto la produzione di energia, entro il 2025.

I lavori per il reattore nazionale Hualong One sono iniziati nel 2015, coinvolgendo quasi 10.000 tecnici e operai. Attualmente ci sono altri sei reattori in costruzione in patria e all’estero.

Hualong One (HPR 1000) è il marchio di energia nucleare di terza generazione di cui la Cina ha diritti di proprietà intellettuale esclusivi. Ha più di 700 brevetti e 120 copyright del software e tutti i 411 dei suoi componenti sono progettati e fabbricati nel Paese. La Cina diventa qualificata per l’esportazione all’estero di centrali del genere, avendo innalzato la tecnologia nucleare a una posizione di leadership mondiale.

Essa possiede già 47 centrali nucleari locali con una capacità di generazione totale di 48,75 milioni di kilowatt, la terza più alta al mondo dopo Stati Uniti e Francia. Si prevede che la Francia come generatore nucleare verrà superata nel 2022, mentre gli Stati Uniti lo saranno quattro anni dopo. Questo perché il blocco europeo e gli Stati Uniti hanno da tempo rinunciato alla costruzione di centrali elettriche nucleari di nuova generazione, in quanto ciò richiede enormi investimenti, dei quali gli Stati occidentali non dispongono più. In genere gli impianti per le energie alternative non sono economicamente sostenibili, anche perché hanno breve vita operativa e la loro manutenzione ha un costo rilevante.

Le proteste pubbliche in Cina, relative al trend nucleare, sono rarissime. Chissà se sanno che bastano poche centinaia di chilogrammi di plutonio per provocare il cancro ai polmoni ai 7,7 miliardi di abitanti del pianeta, e che il plutonio resta letale per un periodo corrispondente a quasi 10.000 generazioni umane.

I bombardamenti nucleari di Hiroshima e Nagasaki; le oltre 2.000 esplosioni nucleari sperimentali nell’atmosfera, in mare e sottoterra; la fabbricazione di testate nucleari con una potenza equivalente a oltre un milione di bombe di Hiroshima; i numerosi incidenti con armi nucleari e quelli ad impianti nucleari civili e militari: tutto questo ha provocato una contaminazione radioattiva che ha colpito centinaia di milioni di persone.

Una parte dei circa 10 milioni annui di morti per cancro nel mondo documentati dall’OMS è attribuibile agli effetti a lungo termine delle radiazioni. Il Giappone sarà costretto a scaricare in mare oltre un milione di tonnellate di acqua radioattiva dalla centrale nucleare di Fukushima.

 

Un art. di Richard Smith (“Dinamopress”, 3 ottobre) sul rapporto tra capitalismo e socialismo in Cina è abbastanza illuminante. Risponde, contestandolo, a un art. apparso su “Spectre Journal”, intitolato Perché la Cina è capitalista, in cui l’autore, Eli Friedman, spiegava perché la Cina del XXI secolo è diventata un Paese capitalistico al 100%.

Secondo Smith la produzione di merci non è così pervasiva nell’economia cinese. Neanche la forza lavoro è del tutto mercificata, dato che le aziende cinesi fanno ampio uso di lavoro coatto: gli studenti universitari sono stati obbligati dal governo a lavorare nelle fabbriche della Apple Foxconn con salari sotto il minimo, pena la revoca del permesso di laurearsi. Le aziende cinesi producono per l’export grazie al lavoro schiavile nel Xinjiang e in dozzine di campi di lavoro sparsi in tutto il Paese.

Il mercato governa visibilmente beni e servizi dei consumatori urbani e nelle Zone Economiche Speciali costiere a investimento straniero, ma nell’economia statale proprietà pubblica e pianificazione sono ancora al comando.

Inoltre manca la proprietà privata della terra. La abolì Mao nel 1956 e da allora non è mai stata ripristinata. La terra, le risorse naturali e la maggior parte dei mezzi di produzione rimangono di proprietà del Partito-Stato. La classe media urbana può acquistare i propri appartamenti in cui vivere o i capannoni in cui lavorare, ma non può possedere la terra sulla quale sorgono. In realtà, non possiedono neanche gli appartamenti, poiché i governi locali possono requisire arbitrariamente gli edifici residenziali, espellerne i proprietari nominali, abbatterli per fare spazio a nuove infrastrutture, costringendo i “proprietari” precedenti ad accettare un’offerta “prendere o lasciare”.

I capitalisti non possono allestire delle aziende senza il consenso del Partito-Stato. La loro attività può essere loro tolta arbitrariamente, senza possibilità di ricorrere a qualche tribunale.

Insomma la Cina di oggi è piena di capitalismo (statale, clientelare, criminale, normale). Lo si vede anche dal fatto che ci sono più miliardari qui che negli Stati Uniti, e molte aziende statali producono per il mercato, ecc. Tuttavia si tratta di un’economia mista collettivistico-capitalistico-burocratica, nella quale il settore di Stato, collettivistico e burocratico, è predominante.

I dirigenti del PCC non possiedono nulla come capitalisti privati. Lo Stato possiede collettivamente il grosso dell’economia: le banche, la grande industria pesante, l’industria mineraria, la metallurgia, la cantieristica, i settori energetico, petrolifero e petrolchimico, la grande edilizia e la grande manifattura, l’energia atomica e quella aerospaziale, le telecomunicazioni e internet, l’industria automobilistica (in parte in partenariato con aziende straniere), l’aeronautica (in partenariato con Boeing e Airbus), le linee aeree e ferroviarie, la farmaceutica, le biotecnologie, l’industria bellica e altro ancora. Non è il mercato a organizzare la maggior parte della produzione in Cina. L’economia privata cinese, in particolare la componente indigena, ha dimensioni piuttosto ridotte ed è caratterizzata da giri d’affari limitati.

Oggi i dirigenti cinesi controllano un mastodonte industriale e commerciale, che rappresenta la più grande industria leggera del mondo, il maggior esportatore, la seconda economia mondiale, con un PIL di 14 trilioni di dollari. Hanno anche il più grande fondo sovrano del mondo, con 3 trilioni di dollari.

Negli anni ’80 non c’era una sola ditta cinese inclusa nella classifica di “Fortune”. Nel 2017 ce ne sono state 115 fra le prime 500 al mondo, con State Grid, Sinopec e China National Petroleum (CNPC) al secondo, terzo e quarto posto. Sono tutte, eccetto quattro, aziende di Stato.

Nell’industria chiave, le aziende di Stato hanno dal 74 al 100% delle proprietà. Le maggior banche cinesi sono di Stato al 100% (ci sono centinaia di banche private d’affari finanziate dall’estero, ma subiscono restrizioni nella tipologia degli investimenti). Il governo possiede anche dal 51% in su delle migliaia di joint venture orientate all’export, fra cui figurano le compagnie transazionali, dalla Audi alla Xerox, che hanno alimentato la crescita cinese per decenni. Il governo ha anche comprato una caterva di aziende straniere come Volvo, Syngenta, Smithfield Farms, Pirelli Tires e Kuka Robotics, che amministra come se fossero aziende capitalistiche di stato; in più possiede almeno il 10% delle azioni della Daimler (Mercedes Benz) tedesca. Solo nel 2018 è stato consentito alla Tesla di fondare in Cina la prima fabbrica d’automobili interamente di proprietà straniera.

Il comparto capitalistico nazionale nella Cina di oggi consiste in gran parte in una miriade di piccole e medie industrie e del settore autonomo, che in maggioranza consistono in miniere piccole e medie, edilizia locale, manifattura di scarpe, vendita al dettaglio, grandi magazzini, ristoranti, trasporto autonomo, consegne, tassì, aziende familiari, coltivatori diretti ecc. Il settore privato dispone di almeno il doppio degli operai del settore pubblico. Ma non è un settore strategico.

Il settore privato comprende anche grandi aziende come la Baidu (il motore di ricerca che domina internet dopo il ritiro di Google), la Tencent (messaggistica), l’Alibaba di Jack Ma, il gigante delle telecomunicazioni Huawei, l’immobiliarismo con il Gruppo Wanda di Dalian e la SOHO China, la preparazione di cibi con la Wahaha Corp., le assicurazioni con la Anbang.

Le Assicurazioni Anbang, da piccola compagnia d’assicurazioni auto fondata nel 2004 da uno che si era sposato con una parente di Deng Xiaoping, ha denunciato nel 2014 attività quotate in borsa per 295 milioni di dollari, dopo che figli e nipoti di Deng e di altri dirigenti vi hanno investito enormi somme (di provenienza sconosciuta), usando l’Assicurazione per portare i soldi all’estero e comprare proprietà quali il Waldorf Astoria di New York.

Come regola generale, più un’azienda è grande più è posseduta o è controllata dallo Stato, al punto che le aziende di Stato e le industrie urbane, di borgo e di villaggio di proprietà cosiddetta collettiva, ovvero dei governi locali, rappresentano la metà dell’attuale PIL cinese non agricolo.

Le joint ventures col governo cinese a investimento straniero, quasi tutte nelle ZES, rappresentano il 30% circa del PIL non agricolo. In ogni caso lo Stato possiede almeno la metà dell’economia industriale e controlla il resto. L’agricoltura nominalmente è privata, ma i contadini non possiedono niente, non le fattorie, non le case, e decine di milioni di loro si sono visti privare delle terre senza appello e senza indennizzo.

Gli imprenditori di successo non possono fare a meno di un “socio” statale, altrimenti il governo li espelle dal mercato attivando un concorrente oppure acquisisce l’impresa.

Quelli i cui nomi compaiono nella classifica di “Forbes” sulle persone più ricche del mondo, o nell’elenco degli Unicorni di Rupert Hoogewerf, rischiano in qualunque momento di essere arrestati o di sparire dalla circolazione, soprattutto da quando, nel 2013, ha preso il via la campagna anticorruzione di Xi Jinping. Nel solo 2015 almeno 34 alti dirigenti di aziende cinesi sono stati arrestati dalla polizia, compreso l’amministratore delegato della Fosun, che aveva acquistato il Club Méditerranée.

D’altra parte la corruzione è forte. Nel solo biennio 2015-16 i cinesi ricchi hanno imboscato oltre un trilione di dollari all’estero, soprattutto investendo in aziende private come la HNA, la Fosun, la Dalian Wanda, l’Anbang ecc., le quali acquistano alberghi (Hilton, Starwood ecc.), la catena di cinema AMC Entertainment e lo studio cinematografico Legendary Entertainment (entrambe americane), il Cirque canadese du Soleil, nonché squadre di calcio e proprietà immobiliari sparse nel mondo: questo per riciclare il malloppo e parcheggiarlo in Paesi dove la legge protegge la proprietà.

E qui Smith fa un elenco significativo di multimiliardari cinesi che han fatto una brutta fine. Dopodiché prosegue con la storia dell’economia cinese a partire da Deng Xiaoping.

 

Ieri in Svizzera sono stati respinti due importanti referendum (tra i tanti che si tengono ogni anno) su altrettante proposte di legge di iniziativa popolare. La prima introduceva la responsabilità delle multinazionali per le conseguenze sociali e ambientali delle loro attività economiche nel mondo; la seconda avrebbe vietato i finanziamenti ai produttori di armi.

Per far passare le iniziative serviva la doppia maggioranza dei votanti e dei 26 Cantoni, trattandosi di una modifica costituzionale. La maggioranza dei cittadini per il primo referendum è stata ottenuta ma non quella dei Cantoni tedeschi. Di qui la bocciatura. È successo solo dieci volte nella storia della Svizzera che le due maggioranze si trovassero su posizioni opposte.

L’iniziativa sul finanziamento all’industria delle armi è stata invece respinta con un margine di circa 11 punti.

Bassa l’affluenza: solo il 43%. Forse per timore del Covid-19.

La prima proposta chiedeva che le multinazionali rispondessero del danno che le imprese da esse controllate cagionano nell’esercizio delle loro incombenze d’affari, violando diritti umani riconosciuti a livello internazionale o norme ambientali internazionali, a meno che non dimostrino di aver fatto tutto il possibile per prevenire il danno. In caso di violazioni da parte delle loro controllate estere, le aziende svizzere avrebbero dovuto essere giudicate da tribunali svizzeri, secondo il diritto svizzero.

Come noto la Svizzera è tra i Paesi con la più alta densità al mondo di sedi di grandi multinazionali: si occupano di commercio di materie prime, di alimentazione e di industria chimica, principalmente.

Il rischio era quello che le multinazionali, se avessero vinto i sì, avrebbero potuto decidere di spostare altrove le loro sedi per non dover affrontare eventuali controversie legali.

Già si prevedevano vertenze legali a carico della Glencore, società mineraria che causa problemi in vari Paesi. In Colombia, per es., la multinazionale possiede una delle più grandi miniere di carbone a cielo aperto al mondo. L’attività di estrazione causa gravi danni ambientali e obbliga interi villaggi a evacuare. Altro es.: Syngenta, attiva nel settore dell’agro-industria a livello mondiale, vende in molti Paesi pesticidi considerati altamente cancerogeni, che in Svizzera sono vietati da tempo.

Quanto al divieto di finanziare i produttori di materiale bellico, si chiedeva di proibire alla Banca nazionale svizzera, alle Fondazioni e alle Casse previdenziali di concedere prestiti o di investire in imprese il cui fatturato annuo deriva per oltre il 5% dalla produzione di materiale bellico. Sarebbe stata vietata anche la detenzione di azioni e di prodotti finanziari legati ad aziende che producono materiale bellico.

La Svizzera fabbrica ed esporta materiale bellico come pistole, fucili d’assalto o carri armati e ha già una legge che vieta il finanziamento, la fabbricazione e la commercializzazione di armi atomiche, biologiche e chimiche, mine antiuomo o bombe a grappolo.

Tuttavia nel 2019 la Banca nazionale svizzera (BNS), la Credit Suisse, UBS e la società Fisch Asset Managment hanno investito circa 9 miliardi di dollari in aziende che producono materiale bellico proibito. La BNS finanzia la società statunitense Raytheon, di cui detiene anche una partecipazione. E Raytheon produce missili che sono usati contro i civili nella guerra in corso nello Yemen.

Da notare che il governo e il Parlamento avevano invitato a votare “no” per entrambi i referendum.

Peccato, si è persa una grande occasione di civiltà. Si è preferito, in questo momento di difficoltà economica causata dalla pandemia, di non rinunciare alle entrate sicure.

 

Interessante articolo di Francesco Palmas su “Avvenire” del 28 novembre riguardante la Russia in Africa.

Dice che la Russia, partita in sordina 15 anni fa, ha incrementato del 900% le sue esportazioni sul continente africano, eguagliando la Turchia e distanziando gli USA.

Ma cosa vende la Russia in Africa? Armi e centrali nucleari. In Maghreb non ha rivali. In Africa subsahariana patisce la concorrenza di Pechino.

Un esempio? Il parco blindato etiope, in azione queste settimane, trabocca di mezzi cinesi, fra lanciarazzi multipli, trasporti truppe e cingolati. La Cina ha approfittato del declino post-sovietico. Ma Mosca sta contrattaccando su tutti i fronti, anche in Etiopia. L’impresa Rosatom vi costruirà la prima megacentrale nucleare.

La Rosoboronexport tra il 2010 e il 2017 ha siglato 7 nuovi accordi di cooperazione militare con partner africani. Negli ultimi tre anni ne ha firmati più di 20, allarmando l’Occidente, sempre più sospettoso che gli accordi puntino a ghermire diritti minerari e partenariati energetici.

Mosca coopera sul piano militare con metà Africa. Inquadra truppe, con consiglieri militari, che siedono in consigli di difesa locali. Spessissimo si fa precedere da mercenari, attivissimi in Centrafrica, in Mozambico, in Sudan, in Mali e in Libia.

I Paesi africani che preferiscono trattare con Cina e Russia sono quelli che nel passato furono colonizzati dagli europei.

L’11 novembre i russi hanno strappato a Khartum, in Sudan, un preaccordo per la concessione della base navale di Port Sudan nel Mar Rosso: un enorme successo geopolitico, che proietterà la rinascente Eskadra mediterranea (braccio della flotta del Mar Nero) verso l’Oceano Indiano e il Golfo Persico, estromettendo definitivamente la Turchia da Suakin, porto del Sudan. Questa la vendetta di Putin per l’incursione del premier Erdogan nel Caucaso russo.

 

Qual era il vero finale di “Pinocchio”, il celebre racconto di Carlo Collodi?

Nei primi racconti, che Collodi scrisse nel 1881 per pagare i suoi debiti di gioco, il burattino non si è mai trasformato in un ragazzino in carne e ossa. La sua fine è quella d’essere impiccato alla Quercia Grande per mano del Gatto e della Volpe.

E le ultime parole furono queste: “Oh babbo mio! se tu fossi qui! E non ebbe fiato per dir altro. Chiuse gli occhi, aprì la bocca, stirò le gambe e, dato un grande scrollone, rimase lì come intirizzito”.

Finiva così la vita di un burattino che, come ogni ragazzino, non riflette sulle conseguenze delle proprie azioni, agisce sempre con avventatezza e irresponsabilità.

Il romanzo, intriso di un verismo verghiano, nasceva come racconto a più riprese dal titolo “Storia di un burattino”, suddiviso in otto puntate illustrate per il “Giornale per i bambini” di Ferdinando Martini.

Il finale tragico ai bambini dell’epoca non piacque per niente. Già erano rimasti scioccati dal fatto che Pinocchio, stanco di ricevere rimproveri, aveva ammazzato il grillo parlante con una martellata. E così, dopo l’ultima puntata, mandarono numerosissime lettere al giornale per richiedere il ritorno di Pinocchio. Sicché il 10 novembre 1881 nella “Posta dei Bambini” il direttore annunciò che Pinocchio sarebbe tornato con nuove avventure. L’autore non ebbe scelta e questa volta dovette garantire un lieto fine, conferendo al tutto una morale: avendo appreso il valore dell’istruzione e dell’educazione, Pinocchio riceve come premio la sua trasformazione in un bambino in carne e ossa.

Una conclusione straordinaria in quanto lo stesso Collodi, inizialmente, aveva definito il suo lavoro “una bambinata” e aveva detto al direttore del giornale: “Fanne quello che ti pare, ma, se la stampi, pagamela bene, per farmi venire voglia di proseguirla”.

Quando la pubblicazione di tutte le nuove puntate si concluse nel 1883, Le avventure di Pinocchio furono assemblate in un volume di 36 capitoli. Da allora, Pinocchio diventò un best seller, risultando uno dei libri più letti nell’intera letteratura mondiale, tradotto in 260 lingue. Lo stesso Benedetto Croce, che non era stato tenero neppure con la Commedia dantesca, arrivò a dire che il libro era una fra le grandi opere della letteratura italiana.

Oggi l’edizione originale del 1883 costa varie migliaia di euro. Quella di Bromer Booksellers, Inc. (Boston, MA, U.S.A.) arriva alla cifra astronomica di 33.142,32 euro più 43,46 euro di spese di spedizione.

 

[1 dicembre] Evasione fiscale. Alimenti inquinati. Hiv

 

Sfiora i 110 miliardi di euro il totale dell’evasione tributaria e contributiva in Italia. La fetta maggiore del denaro sottratto alle casse dello Stato è legata alle tasse, pari a oltre 96 miliardi di euro; mentre mancano all’appello poco più di 11 miliardi di contributi previdenziali. Ed è l’Irpef (prelievo sui redditi delle persone fisiche) con quasi 38 miliardi (tra i 5 miliardi legati al lavoro autonomo e i 33 miliardi ai dipendenti) la regina dei balzelli preferiti dagli evasori, seguita a ruota dall’Iva, con oltre 36 miliardi. In totale, le aziende riescono a nascondere quasi 14 miliardi, sommando gli 8,6 miliardi di Ires (imposta reddito societario) e i 5,2 miliardi di Irap (imposta regionale sulle attività produttive).

È quanto emerge da un’analisi del Centro studi di Unimpresa (che ha elaborato dati del ministero dell’Economia), secondo cui “il fisco non riesce a incassare, inoltre, 5 miliardi di Imu (imposta municipale sugli immobili) e 1,7 miliardi di accise sui prodotti energetici. In totale, ogni anno mancano alle casse dello Stato 107,3 miliardi di euro”. È questa la media dell’evasione per il periodo 2015-17.

In netto calo – sottolinea Unimpresa – l’evasione del canone Rai che, dal 2016, è stato inserito nella bolletta elettrica: l’evasione relativa alla tassa sul possesso degli apparecchi televisivi era a 942 milioni nel 2013, a oltre 1 miliardo nel 2015 ed è crollata a 225 milioni nel 2017.

Vien da chiedersi se siano gli italiani a non funzionare o lo Stato. Con un’evasione così alta, vien da pensare che gli italiani non abbiano il senso delle istituzioni, del bene comune. O forse detestano lo Stato centralizzato, quello che si è formato con l’unificazione nazionale. Purtroppo ereditiamo un condizionamento storico, che pesa come un macigno: l’unificazione è nata tardi e male, e la sinistra, equiparando federalismo ad anarchia, non ha fatto molto per migliorarla. Il bello è che oggi neppure la Lega crede al federalismo. Quella guidata da Salvini è una banda di cialtroni, che in Lombardia ha avuto quel che si merita sul piano sanitario. Gianfranco Miglio non lo ricorda più nessuno.

A questo punto converrebbe provare a decentrarlo, cioè a fare in modo che gli italiani versino gran parte delle loro tasse agli enti locali territoriali, come fanno in Svizzera coi Comuni e i Cantoni. Almeno così vedrebbero subito come i loro soldi pubblici vengono spesi. Si controllerebbero da soli. Forse avrebbero più fiducia nelle istituzioni che li rappresentano. E si scoprirebbero subito chi sono gli evasori.

Altrimenti l’alternativa è quella cinese: capitalismo nella società civile gestito da una dittatura politica. Che però con un popolo anarchico come il nostro mi sembra poco praticabile.

 

I peperoncini piccanti provenienti da Repubblica Dominicana e India sono il prodotto alimentare meno sicuro presente sulle tavole degli italiani, ma a preoccupare per gli elevati livelli di contaminazione sono le bacche di Goji provenienti dalla Cina, il riso dal Pakistan e le olive da tavole dell’Egitto.

È quanto emerge dalla “Black list dei cibi più contaminati” presentata dalla Coldiretti, sulla base degli ultimi rapporti dell’Agenzia europea per la sicurezza alimentare sui Residui dei Fitosanitari in Europa e dal Ministero della Salute sul “Controllo ufficiale sui residui dei prodotti fitosanitari degli alimenti”.

Nella classifica dei dieci prodotti più contaminati da insetticidi ci sono anche i melograni dalla Turchia, il tè dalla Cina, l’okra piccola zucchina importata dall’India, il dragon fruit proveniente dall’Indonesia, i fagioli secchi del Brasile e i peperoni dolci provenienti dall’Egitto, prodotti che godono peraltro di un regime agevolato a dazio zero da parte dell’UE.

In generale i prodotti di origine extracomunitaria hanno una percentuale di irregolarità 8 volte superiore ai prodotti Made in Italy.

Mi chiedo se il consumatore possa perdere ore e ore a leggere le etichette quando va a fare la spesa. Certi prodotti andrebbero vietati d’ufficio. Oppure lo Stato dovrebbe dire ai nostri agricoltori: “Producete questo e questo, perché quello che proviene dall’estero ci fa ammalare”.

E gli italiani dovrebbero dire a se stessi: “Piuttosto che mangiare le schifezze degli stranieri, sono disposto a pagare qualcosa in più”.

Di sicuro un consumatore non può aspettare che lo Stato o qualche privato faccia di tanti in tanto le analisi sanitarie su ciò che mangiamo. Ci vorrebbero dei centri ad hoc in ogni Regione che fanno analisi in maniera sistematica. Perché siano davvero efficaci le informazioni devono essere tempestive. Diamo da lavorare ai nostri chimici, altrimenti ci pensano le imprese private coi loro profitti.

 

Piove sul bagnato. Non bastava il Covid-19. Adesso ci si mette anche l’Hiv.

Nel solo anno 2020 (2 gennaio - 20 novembre) sono pervenute 6.664 telefonate al n. Verde Aids e IST (800861061) dell’Iss, dal Nord (40,8%), dal Centro (27,8%), dal Sud (19,3%) e dalle Isole (5,6%) per problemi legati all’Aids.

Gli utenti hanno un’età compresa tra i 20 e i 39 anni (63,1%), sono in grande maggioranza di sesso maschile (82,6%) e dichiarano di praticare principalmente rapporti eterosessuali (61,4%). La metà ha dichiarato di non aver mai effettuato il test per Hiv e uno su 10 ha chiesto informazioni su come si trasmette il nuovo coronavirus.

La situazione sta diventando di nuovo preoccupante a livello mondiale, ma presi come siamo dalla pandemia, non ce ne eravamo accorti.

Il suddetto telefono è attivo da oltre 33 anni dal lunedì al venerdì nella fascia oraria 13.00-18.00. Da oggi anticiperà l’orario di apertura alle 10. Dalle ore 14.00 alle ore 18.00 sarà presente anche il consulente in materia legale. Il Telefono Verde, anonimo e gratuito, metterà a disposizione ricercatori e consulenti, i quali risponderanno anche in lingua inglese. Dal 20 giugno 1987 al 20 novembre 2020 gli esperti del Telefono Verde Aids e IST hanno ricevuto in totale 811.212 telefonate provenienti dall’intero territorio nazionale, rispondendo a 2.248.994 quesiti.

In circa il 10% delle telefonate emerge una totale disinformazione riguardo al rischio infettivo di situazioni ordinarie (alimenti, puntura di insetti, bagni pubblici, estetista/parrucchiere). Relativamente alle telefonate pervenute nell’anno in corso spicca con evidenza che il 49% di queste è effettuata da persone-utenti che dichiarano di non avere mai eseguito un test per Hiv, che è un virus per il quale non ci sono vaccini di sorta.

Nel 2020 gli esperti hanno accolto esigenze informative degli utenti anche in merito all’emergenza sanitaria da Covid.

In genere si constata che anche in chi conosce i metodi di protezione dalle infezioni, questi non vengono utilizzati costantemente.

Perché abbiamo una così bassa percezione del rischio? La domanda dovrebbe essere rivolta a chi gestisce i mass-media.

Persino l’Unicef dice che lo scorso anno, ogni 100 secondi, un bambino o un giovane sotto i 20 anni è stato contagiato dall’Hiv, portando il numero totale di bambini e giovani che convivono con l’Hiv a 2,8 milioni. Nel 2019 sono morti per Aids circa 79.000 persone nella fascia di età tra 0-9 anni e 34.000 tra 10-19. In quell’anno poco più della metà dei bambini nel mondo ha avuto accesso a cure salvavita: una percentuale molto bassa rispetto alla copertura delle madri (85%) e di tutti gli adulti che convivono con l’Hiv (62%).

L’Unicef dice che il Covid ha fatto crollare le cure pediatriche contro l’Hiv e i test della carica virale per i bambini.

 

[2 dicembre] Papa Bergoglio. Yemen. József Szájer

 

Il papa sembra essere in occidente l’ultimo comunista di una certa rilevanza. Infatti ha detto, in una riflessione rivolta ai giudici di America Latina e Africa che si occupano di diritti sociali: “costruiamo la giustizia sociale sulla base del fatto che la tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto e intoccabile il diritto alla proprietà privata”. Cioè un diritto che prescinda dalla funzione sociale dei beni che si posseggono. “Il diritto alla proprietà è un diritto naturale secondario derivato dal diritto di cui tutti sono titolari, scaturito dai beni creati”. Insomma “non c’è giustizia sociale che possa essere fondata sulla disuguaglianza, che implichi la concentrazione della ricchezza”.

Ora, che la Chiesa romana non abbia mai affermato la “santità” della proprietà privata, è naturalmente falso, in quanto il comunismo non veniva combattuto solo per il suo ateismo, che, come diceva Marx, è “culpa levis” rispetto al tabù inviolabile della proprietà privata. Ma fa lo stesso. L’importante è ribadire (come già aveva fatto nell’enciclica “Fratelli tutti”) che la proprietà privata dei principali mezzi produttivi è incompatibile con la finalità sociale della loro gestione.

Era questo ciò che Bergoglio voleva dire? Se sì, risulta un po’ strana la precisazione che fare giustizia significa non “restituire le nostre cose, né quelle di terzi, ma noi restituiamo ciò che è loro. Abbiamo perso molte volte questa idea di restituire ciò che gli appartiene”.

Che significa? Noi dobbiamo restituire proprio ciò che ci appartiene in maniera abusiva, cioè quel che un giorno abbiamo sottratto a chi ne aveva il diritto. Se gli restituiamo ciò che a loro appartiene tenendoci il nostro, non riceveranno un bel niente.

 

Lo Yemen, uno dei più antichi centri di civilizzazione del mondo, è il Paese più povero del Medio Oriente. Condivide tutti i suoi confini con l’Arabia Saudita e con l’Oman: il che gli permette di trovarsi in una posizione strategica, in quanto è in grado di controllare mezzo stretto di Bab el-Mandeb, che congiunge il Mar Rosso col Golfo di Aden e quindi con l’Oceano Indiano, una via di commercio piuttosto importante, anche per il passaggio del petrolio.

Il Paese si rese indipendente dall’impero ottomano nel 1918. Dopo una fase monarchica, nel 1962, con un colpo di stato appoggiato dagli egiziani di Nasser, fu proclamata la Repubblica Araba dello Yemen. Questa Repubblica cacciò nel 1967 i colonialisti inglesi che avevano occupato il porto di Aden sin dal 1839.

Tuttavia nel 1970 la parte sud dello Yemen si staccò dalla parte nord, dando vita alla Repubblica Democratica Popolare, di orientamento socialista, governata da un regime monoparitico. La parte nord (Repubblica Araba dello Yemen) cominciò, nel 1978, a essere governata in maniera autoritaria da Ali Abdullah Saleh. Tale divisione territoriale è rimasta sino al 1990.

Essendo l’unico Paese musulmano espressamente socialista, lo Yemen del Sud è sempre stato visto come fumo negli occhi dai Paesi islamici limitrofi e dalla Lega Araba. Le monarchie assolute della regione si consideravano minacciate, poiché temevano che questo socialismo islamico potesse favorire potenziali movimenti rivoluzionari nei loro stessi Stati, anche perché esso aveva diffuso l’istruzione e il servizio sanitario gratuiti, l’uguaglianza di genere, la lotta contro il tribalismo, il superamento del divario tra città e campagna e un islam di tipo democratico ed egualitario.

Lo Yemen del Sud subì diversi interventi militari: dall’Arabia Saudita (1968-70); dallo Yemen del Nord (1972); e dagli inglesi (1972). Inoltre l’élite economica privata era fuggita all’estero.

Ciononostante i due Stati vollero riunificarsi nel 1990: il leader dello Yemen del Nord, Ali Abdullah Saleh, divenne presidente dello Yemen unificato, mentre il leader dello Yemen del Sud, Ali Salim al-Bayd, ne divenne vicepresidente.

La luna di miele però durò solo un triennio. Fu al-Bayd a divorziare, in quanto riteneva che l’accordo di unificazione nazionale avesse pesantemente penalizzato la popolazione meridionale. Sicché nel 1994 fece una secessione, dichiarando la Repubblica Democratica dello Yemen. L’impresa fallì e lui fuggì nel vicino Sultanato dell’Oman.

Dopo 15 anni di esilio al-Bayd è riapparso sulla scena politica nel 2009, affermando di voler riportare lo Yemen del Sud alla propria indipendenza col suo Movimento politico-militare (Al Hirak).

L’insurrezione dello Yemen meridionale avvenne tra il 2009 e il 2014, proprio mentre nello Yemen del Nord si ribellavano al premier Saleh le comunità Huthi, dando origine alla cosiddetta “Primavera araba”. Contro Saleh avevano condotto sei guerre, tra il 2004 e il 2010.

All’inizio del 2012 Saleh, dopo 33 anni di governo, lasciò (apparentemente) il potere, anche perché non vi erano solo gli Huthi a protestante ma anche il gruppo Islah (all’interno del quale c’erano i Fratelli Musulmani yemeniti). Al suo posto subentrò Abd Rabbih Mansur Hadi (sunnita), sostenuto da Stati Uniti, Unione Europea e dalla maggioranza dei Paesi del Medio oriente.

In realtà Saleh era rimasto a Sana’a (capitale dello Yemen del Nord e dello Yemen riunificato), nel suo palazzo presidenziale, continuando a fare il leader del suo partito e a controllare parte dei funzionari al governo e dei militari nelle posizioni chiave dell’esercito.

Il Consiglio di Cooperazione del Golfo (Arabia Saudita in primis, ma anche Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar) accettò questa forma di transizione politica nella speranza di evitare una guerra civile. Tuttavia questa scoppiò agli inizi del 2015, quando con un colpo di stato organizzato dagli Huthi fu deposto Hadi. Questo perché Hadi non era stato capace di formare un governo che includesse anche i gruppi che erano stati oppressi o discriminati da Saleh (gli Huthi e le forze separatiste del sud). Sicché la transizione era fallita, anche per le resistenze saudite a dare più poteri agli Huthi.

Quanto a Saleh, siccome aveva deciso di chiedere all’Arabia Saudita d’intervenire militarmente per fermare gli attacchi sia degli Huthi che dei separatisti del sud, fu ucciso alla fine del 2017 dagli stessi Huthi, perché lo considerarono un traditore, pur essendosi alleati con lui contro i separatisti del sud guidati da al-Bayd.

Gli Huthi non sono un movimento politico da poco (nato nel 1992), sia perché sono molto armati e finanziati dall’Iran, sia perché rappresentano la minoranza sciita dello Yemen col 35% della popolazione, sia perché hanno intenzione di occupare anche lo Yemen meridionale, in nome dell’etnia sciita degli Zayditi, cui loro si rifanno e che ritengono tra gli eredi della famiglia del profeta Maometto. Gli Zayditi hanno governato nel nord dello Yemen per secoli. Odiano mortalmente gli USA e Israele.

Una volta occupata la capitale Sana’a gli Huthi avanzano verso sud e conquistano Aden, che Hadi aveva appena promosso a capitale provvisoria dello Yemen. Il loro leader, Abdel Malek al-Huthi, giustifica l’offensiva dicendo di combattere contro gli estremisti sunniti di al Qaida e dell’ISIS.

Nel marzo 2015 una coalizione di nove Paesi, guidata dall’Arabia Saudita, lancia l’operazione aerea “la tempesta decisiva” per contrastare l’avanzata degli Huthi. Il presidente Hadi si rifugia a Riad.

I sauditi considerano la sicurezza il motivo principale del loro intervento in Yemen: soprattutto temono che gli sciiti yemeniti possano rafforzare la minoranza sciita che si trova in alcune zone orientali dell’Arabia, e che sfida periodicamente il potere della loro monarchia sunnita.

La situazione dello Yemen è complicata ancora di più dalla forte presenza di al Qaida nella Penisola Arabica (AQAP), che controlla alcuni territori nel sud dello Yemen sin dal 1998. AQAP (sunnita fondamentalista) è considerata oggi la divisione più potente di tutta al Qaida, autorizzata a compiere attacchi terroristici all’estero, anche in Occidente (ha rivendicato l’attentato contro la sede del settimanale satirico francese “Charlie Hebdo”). Dal 2013 il suo leader, Nasser al Wuhayshi, coordina le attività degli affiliati di al Qaida in Medio Oriente e Africa.

Loro si oppongono a tutti: al presidente Hadi, perché ha collaborato con gli Stati Uniti negli attacchi coi droni voluti da Barack Obama contro al Qaida in Yemen; ai ribelli Huthi, che sono sciiti e vogliono estendere il loro potere nel sud dello Yemen; e anche agli affiliati yemeniti dello Stato Islamico (ISIS), che sono jihadisti salafiti, tristemente noti per le loro efferatezze nelle guerre civili in Iraq, Siria e Libia.

In poche parole lo Yemen è considerato uno “Stato fallito”, conteso da due tra i Paesi islamici più potenti del Medio Oriente, Arabia Saudita e Iran. I quali sono in rotta soprattutto dal 2011, quando i sauditi invasero il Bahrein, durante le proteste della maggioranza sciita contro la monarchia saudita.

La situazione è esplosiva e rischia di trasformarsi in una guerra regionale che va ben oltre i confini dello Yemen.

Al momento calcolare i morti di una guerra civile iniziata nel 2015 è impossibile: potrebbero essere oltre 100.000, di cui 12.000 civili (i bambini sono almeno 1/4). Di sicuro si sa che più di 22 milioni di persone (80% della popolazione) si trovano in situazioni di estremo bisogno e dipendenti dagli aiuti umanitari. Non hanno accesso neppure all’acqua pulita e a servizi igienico-sanitari: il che ha provocato una grave epidemia di colera (che ha già colpito oltre un milione di persone nel 2019) e la diffusione incontrollata del contagio da COVID-19 e di altre epidemie come la dengue, la chikungunya ecc. I bambini soldato sarebbero circa 2.500. L’ONU ha detto che se la guerra continua fino al 2022 lo Yemen diventerà la nazione più povera del mondo. In questo momento occorrono, secondo l’ONU, 3,4 miliardi di dollari per affrontare l’emergenza sociosanitaria del Paese, ma al momento il totale dei finanziamenti ricevuti ammonta a 750 milioni di dollari, provenienti per oltre la metà da Germania, Regno Unito, Arabia Saudita e Unione Europea.

Nel luglio 2019 l’Italia ha sospeso per 18 mesi l’esportazione di bombe d’aereo e missili verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Gli Emirati sono già usciti dal conflitto, limitandosi ad appoggiare il Consiglio di transizione del sud, il cui leader oggi è Aidarouz al-Zubaidi. I sauditi hanno ridotto di molto il loro coinvolgimento, dopo gli attacchi missilistici del settembre del 2019 contro importanti impianti di produzione e raffinazione del petrolio in Arabia Saudita, per cui si limitano ad appoggiare esternamente il presidente Hadi.

 

Nel festino orgiastico omosessuale del 27 novembre, svoltosi in un locale sopra un bar del centro di Bruxelles, in cui la polizia è intervenuta perché violava le norme anti-Covid (non sapendo anche che vi circolava molta droga), vi era, tra le 25 persone identificate, József Szájer, europarlamentare e tra i fondatori del partito di estrema destra del premier ungherese Viktor Orban. Vi erano anche diplomatici, funzionari della UE e qualche ragazza.

Szájer, colto in fragrante mentre cercava di darsela a gambe e con addosso della droga, si sarebbe prontamente identificato. In seguito, avrebbe mostrato il passaporto diplomatico e si sarebbe subito avvalso della sua immunità parlamentare, coinvolgendo così anche il Ministero degli Affari Esteri.

Il caso ha voluto che proprio lui abbia fatto dell’omofobia il suo cavallo di battaglia. È un sovranista di quelli che amano le leggi liberticide in tema di libertà di stampa e giustificano il razzismo e la xenofobia dicendo che loro difendono le radici cristiane dell’Europa dall’invasione islamista e degli africani.

Una volta pubblicata la notizia, ha deciso di dimettersi e ha chiesto scusa al suo partito e alla sua famiglia.

 

[3 dicembre] Ferrero. Schiavismo. Lavoro minorile. Cina e Maghreb

 

Che le nocciole impiegate per produrre Nutella e altri prodotti Ferrero provengano dalla Turchia (in questo Paese vi sono oltre 400.000 frutteti di nocciole a conduzione familiare) è un fatto noto.

Già un report della BBC del 2019 aveva confermato che per raccogliere le nocciole in Turchia vengono impiegati bambini di 10 anni che lavorano fino a 10 ore al giorno per pochissimi soldi (95 lire locali ossia circa 15 euro).

E non è solo questione di nocciole.

Nel 2016 la BBC aveva già mandato in onda immagini di bambini che lavorano nelle fabbriche di cucito in Turchia per conto dei subappaltatori legati ai grandi marchi di moda europee (Asos, Zara o Marks and Spencer).

La Ferrero acquista 1/3 di tutte le nocciole turche e quindi è considerata la principale responsabile nel favorire questo tipo di sfruttamento.

Ora alcuni supermercati australiani (Coles, Woolworths e IGA) hanno fatto intendere di voler ritirare la Nutella e gli altri prodotti come Ferrero Rocher dai loro scaffali.

La Ferrero sta cercando di migliorare la tracciabilità della filiera delle nocciole e ha in programma un piano di rintracciabilità per il 100% delle nocciole entro il 2020 (fino ad ora ha però raggiunto solo il 39%).

In realtà l’unica cosa fatta dalla Ferrero è che dal 2012 ha lanciato in Turchia il programma di punta “Farming Values”, che offre formazione gratuita ai coltivatori di nocciole, insegnando tecniche di coltivazione più efficienti, per aumentare i loro redditi, evitando così il lavoro minorile.

Il programma ha finora raggiunto solo 42.000 agricoltori: circa 1/10 dei 400.000 presenti in Turchia.

Il suddetto report era stato confermato l’anno scorso da un’indagine del “New York Times”, il cui inviato, David Segal, aveva scoperto che i campi di nocciole che si trovano nelle zone settentrionali della Turchia (regione del Mar Nero) sfruttano una forza lavoro composta soprattutto da rifugiati siriani adulti ma anche da bambini del tutto sottopagati. I siriani vivono in tende ai margini dei campi di nocciole e sono i più vulnerabili alle richieste dei datori di lavoro. Il settore agricolo impiega 200.000 rifugiati siriani ogni anno come lavoratori stagionali. Pochi hanno un permesso di lavoro (che per il settore agricolo tra l’altro non è richiesto) e ciò aumenta ancora di più la loro precarietà, dato che non hanno alcun tipo di tutela legale.

Queste persone ricevono uno stipendio di 10 dollari al giorno (circa 8,90 euro), ai quali non possono rinunciare in quanto non hanno alternative per poter vivere. La paga viene ulteriormente ridotta dagli intermediari, che trovano il lavoro agli operai nei campi e spesso intascano più del 10% del loro salario. Di qui la necessità di usare anche i bambini.

In Turchia viene raccolto circa il 70% della produzione mondiale di nocciole, prima di essere trasformate dai giganti del settore alimentare: Ferrero, Nestlè, Yildiz e altre multinazionali. Da sola la Ferrero comprerebbe 1/3 della produzione totale di nocciole del Paese.

“Le nocciole che usiamo in Nutella provengono principalmente dall’area del Mediterraneo, soprattutto dalla regione del Mar Nero in Turchia e dall’Italia, in particolare da Piemonte, Lazio e Campania. Il raccolto, sia in Italia che in Turchia, avviene solitamente tra l’inizio di agosto e la fine di settembre. Acquistiamo esclusivamente nocciole intere crude e provenienti dall’ultimo raccolto disponibile”, si legge sul sito della Ferrero.

È altresì noto che il codice del lavoro in Turchia non si applica alle imprese agricole con meno di 50 dipendenti, quindi gran parte della sorveglianza dovrebbe ricadere sulle aziende dolciarie che utilizzano poi le nocciole.

 

I giorni scorsi la Corte Suprema americana ha ricevuto la richiesta delle società Nestlé e Cargill di archiviare le cause contro di loro per aver sfruttato lavoro minorile nelle piantagioni di cacao in Costa d’Avorio.

Le due multinazionali chiedono ai nove giudici di revocare la sentenza di un tribunale di grado inferiore che consentiva di procedere alla causa intentata nel 2005 per conto di sei ex bambini del Mali che erano stati trasferiti come schiavi in Costa d’Avorio, dove dovevano lavorare nelle fattorie o nelle cooperative agricole dalle quali la filiale americana del gruppo svizzero Nestlé e il gigante americano del commercio e della lavorazione di materie prime agricole, Cargill, acquistavano il cacao.

I querelanti hanno intentato una causa ai tribunali statunitensi ai sensi dello Statuto sulle torture aliene, chiedendo un risarcimento. La Alien Tort Statute è una legge del 1789 che consente ai cittadini non statunitensi il ricorso ai tribunali civili degli Stati Uniti in caso di violazione del diritto internazionale.

Tuttavia la Corte Suprema ha più volte limitato la sua portata e nel 2018 ha vietato azioni legali contro società straniere. Dovrà prendere una decisione entro la fine di giugno 2021, ma il risultato appare scontato.

Secondo uno studio commissionato dal Dipartimento del lavoro degli Stati Uniti, il 43% di tutti i minorenni di età compresa tra i 5 e i 17 anni nelle regioni di coltivazione del cacao del Ghana e della Costa d’Avorio (i maggiori produttori di cacao del mondo) vivono un lavoro forzato (anche notturno) che li obbliga a usare strumenti affilati e ad essere esposti a prodotti agrochimici.

In totale, circa 1,5 milioni di bambini lavorano nella produzione di cacao in tutto il mondo, la metà dei quali si trova proprio nelle due suddette nazioni dell’Africa occidentale.

 

Per quanto possa sembrare paradossale ieri avremmo dovuto ricordare, come ogni 2 dicembre, la Giornata internazionale per l’abolizione della schiavitù. Cioè avremmo dovuto ricordare il giorno del 1949 in cui l’Assemblea generale della Convenzione delle Nazioni Unite approvò misure per la repressione del traffico di persone e dello sfruttamento della prostituzione altrui.

Da allora la situazione è peggiorata, proprio perché non c’è di mezzo solo la prostituzione ma anche tante altre forme di moderna schiavitù.

Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO), sono più di 40 milioni le persone adulte nel mondo vittime di schiavismo. Sebbene la schiavitù moderna non sia definita dalla legge, è usata come termine generico quando si riferisce a situazioni di sfruttamento che una persona non può rifiutare o abbandonare a causa di minacce, violenza, coercizione, inganno o abuso di potere. Cioè a situazioni come il lavoro forzato, la schiavitù per debiti, il matrimonio forzato, la tratta di esseri umani, lo sfruttamento sessuale, certe forme di lavoro minorile, il reclutamento forzato di bambini da utilizzare nei conflitti armati.

Secondo le recenti stime dell’ILO, sono ancora 152 milioni i bambini — 68 milioni femmine e 88 milioni maschi — vittime di lavoro minorile. Metà di essi, 73 milioni, sono costretti in attività di lavoro pericolose che mettono a rischio salute, sicurezza e sviluppo morale. Un bambino su dieci in tutto il mondo. Eppure tutti i 187 Stati membri dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) hanno ratificato la Convenzione dell’OIL n. 182 del 1999 sulle peggiori forme di lavoro minorile.

 

Sulla base del progetto della Nuova Via della Seta la Cina ha attuato, a partire dal 2000, una moltitudine di trattati bilaterali di investimento con gli Stati del Maghreb.

Se fino a circa due decenni fa queste relazioni erano finalizzate a creare un’alleanza di natura ideologica per combattere l’Occidente e il suo imperialismo, l’attuale pragmatismo cinese ha preso il sopravvento e l’equilibrio si è invertito accelerando gli scambi commerciali.

Già nel 1996 fu firmato un trattato di investimento con l’Algeria sulla scia di quello firmato nel 1995 col Marocco. Allo stesso modo nel 2004, a seguito della creazione del Mofcom (Ministero del Commercio cinese), è stato firmato un trattato simile con la Tunisia.

Fino a ieri era l’Algeria il partner storico della Cina nel Maghreb: concentra infatti quasi la metà delle esportazioni della regione con 7,6 miliardi di dollari nel 2016, molto di più del Marocco coi suoi 3 miliardi. L’industria delle costruzioni è particolarmente sviluppata, con la realizzazione di progetti faraonici come l’autostrada est-ovest, la grande moschea di Algeri, ecc.

Tuttavia la Cina si sta gradualmente allontanando dall’Algeria a favore del Marocco. Quel che i cinesi temono è l’instabilità politica algerina, per cui tendono a preferire la sicurezza offerta dal re Mohammed VI, capace di limitare i movimenti radicali.

La Cina ha un approccio amichevole con questi Paesi, apparentemente centrato sul tema della reciproca emancipazione dall’Occidente e con l’attuazione di una partnership vincente. Non sorprende che 4 dei 5 Paesi del Maghreb abbiano manifestato interesse per il progetto Nuove Vie della Seta.

D’altra parte il Maghreb è un ottimo canale di distribuzione commerciale sia per Europa che per l’Africa subsahariana (sfruttando i porti di Tangeri e Cherchell), ha un mercato potenziale di 100 milioni di abitanti, una manodopera qualificata a buon mercato e soprattutto possiede materie prime (petrolio, gas naturale, ferro, fosfato).

Le merci cinesi dovrebbero arrivare dal Canale di Suez alla costa del Maghreb con due direttrici: la prima da Algeri a Lagos. La seconda seguirà le coste del Mediterraneo fino al porto di Tangeri e da lì utilizzerà il corridoio mauritano per raggiungere l’Africa subsahariana e la sua vicinanza geografica per rifornire l’Europa. Questa posizione geografica del Marocco, tra Africa ed Europa, la sua capacità di fornire una forza lavoro qualificata e poco costosa, le sue infrastrutture e logistica, la sua maggiore industrializzazione rispetto ai suoi vicini, una particolare abbondanza di fosfato, necessario per la produzione di fertilizzanti che alimentano l’agricoltura, infine la sua stabilità nella regione possono spiegare l’interesse della Cina a scapito dell’Algeria.

Il porto algerino di Cherchell, principale punto di collegamento per le esportazioni cinesi, sta per essere scavalcato da quello marocchino di Tangeri-Med.

Il porto di Tangeri è il terzo al mondo in termini di connettività dietro Shanghai e Panama. Il Marocco è la seconda piattaforma portuale africana (39ma al mondo), ben davanti all’Algeria che è al 91mo posto, ma dietro al Sudafrica.

Quando però osserviamo l’indice di connettività, definito dall’Unctad che mira a “situare il livello di integrazione di un Paese nella rete mondiale di trasporto marittimo esistente”, il Marocco si piazza al 12mo posto. Quando si aggiunge la connettività bilaterale, il Marocco, grazie al porto di Tangeri, si piazza al primo posto africano con indice raddoppiato rispetto al suo concorrente sudafricano (65 contro 37).

Insomma la nuova strategia cinese in Africa sta profondamente ridimensionando l’influenza europea in Marocco e in tutto il Maghreb.

La Cina si sta comportando in Africa come gli USA in Medio Oriente nel secondo dopoguerra. Presentandosi come un’alternativa al colonialismo europeo.

 

[4 dicembre] Oscurantismo religioso. Cannabis. Svizzera. Pirateria marittima

 

Per capire l’integralismo cattolico (simile a quello islamico) basta ascoltare ciò che ha detto mons. Massimo Camisasca contro Bruxelles, su quotidiano.net. Il fondatore della Fraternità sacerdotale dei missionari di San Carlo Borromeo, ramo clericale di Comunione e liberazione, ha detto, a proposito dell’intenzione di evitare la liturgia eucaristica natalizia, per scongiurare fatali assembramenti in piena pandemia: “La Commissione Europea non ha diritto di chiedere lo stop delle celebrazioni. Così si perde anche il senso della laicità”.

La stessa Commissione ha poi precisato, come se avesse un atteggiamento di riverenza verso il Vaticano, che “non intende proibire alcuna funzione religiosa”, né avrebbe “la competenza per farlo”, proprio perché “la libertà di culto è prevista dalla Carta dei diritti fondamentali”.

Si badi, nella testa veterofeudale del prelato non è in gioco la modalità con cui ogni parrocchia deve garantire la sicurezza sanitaria per tutti i fedeli, quanto piuttosto l’esigenza di affermare la politicità della fede.

Per lui Stato laico è quello che permette a una confessione cristiana di darsi una veste chiaramente pubblica. Se questo Stato si permette di dire che in nome della sicurezza sanitaria è bene sospendere la messa natalizia, che sicuramente comporterebbe un assembramento difficile da gestire, allora lo Stato compie un’ingerenza indebita nell’indipendenza politica e istituzionale della Chiesa.

Infatti ha aggiunto: “Quanto dichiarato inizialmente dalla Commissione mi ha molto stupito, in quanto l’Europa non ha alcuna competenza per raccomandare alle Chiese la sospensione della messa di Natale. Sarebbe un’incursione inaccettabile nella sfera religiosa. Non riesco più a capire in che direzione stia andando la laicità dello Stato. Da tempo è in atto un progetto culturale per marginalizzare la fede”.

La fede per i ciellini non è vera in sé ma solo nella misura in cui ha rilevanza pubblica o politica. Come si diceva soprattutto al tempo di Wojtyla, il papa che ambiva ritornare alla teocrazia medievale.

Ridurre la fede a qualcosa di privato, relativo alla libertà di coscienza di ognuno, significa ucciderla. Infatti, “la fede non si esaurisce nel solo rapporto fra il singolo e Dio. Essa ha in sé un valore sociale, aggregativo, creatore di carità e speranza. E questo è un bene che ogni autorità civile dovrebbe avere a cuore e proteggere”.

Cioè lo Stato è laico se è confessionale!

Ecco perché bisogna affermare, secondo questa forma assurda di fondamentalismo, la necessità di riconoscere le radici cristiane dell’Europa.

Di tale marginalizzazione è colpevole anche la Chiesa protestante, che ha reso l’esperienza della fede un qualcosa di meramente individualistico.

Se non ci fosse stato Lutero, a quest’ora gli Stati si concepirebbero ancora come longa manus, come braccio secolare del papato. Non a caso “La marginalizzazione della fede, a partire dalla fine del ’700, fu una reazione alle guerre di religione che avevano insanguinato l’Europa.” Quelle guerre volute dai protestanti.

“Oggi, più che una rivoluzione armata, ne è in corso una culturale che tende a ridurre la fede all’opinione di singoli un po’ fuori dal mondo. Dio è diventato irrilevante nella storia dell’Europa e questo non mi pare che abbia fatto bene alla nostra società.” Questo perché alla riforma protestante si è aggiunta la rivoluzione industriale del capitalismo, che per sua natura porta all’ateismo.

“Non dimentichiamo che la Commissione europea è l’erede del lavoro di De Gasperi, Adenauer e Schuman che hanno unificato il Vecchio Continente partendo dalla tradizione ebraico-cristiana per evitare nuovi conflitti fra i popoli”.

Loro tre erano riusciti a unire cattolicesimo e protestantesimo, che entrambi, in quanto cristiani, hanno legami con l’ebraismo. Quindi crearono non un’Europa laica nel senso di non confessionale, equidistante da tutte le religioni, ma un’Europa profondamente cristiana, avversa all’Islam e persino lontana da un’altra confessione cristiana, ancora più antica della cattolica, quella ortodossa, nei cui confronti il papato volle rompere nel 1054, senza mai più pentirsi.

Oggi “questa Europa non è più cristiana, ma resta il fatto che è ancora fortemente intrisa di cristianesimo”. E se non recupera queste tradizioni “è destinata a fallire”. Proprio perché senza la fede l’etica si disumanizza.

“Proprio per aver seguito le norme di sicurezza, le nostre celebrazioni sono luoghi sicuri. Come dico con una battuta ai fedeli: ’Se uno non vuol prendere il Covid-19, venga in chiesa’. Tra distanziamento sociale, ingressi contingentati e igiene, le chiese sono luoghi sicurissimi.”

Ma tu Camisasca pensi davvero che quando la Commissione Europea si preoccupa della salute degli europei anche nei luoghi di culto, lo faccia perché è intrisa di spirito anticlericale? Perché, invece di guardare la pagliuzza del laicismo, non guardi la trave che la Chiesa romana ha nei propri occhi? Un minimo di autocritica nei confronti dei pesantissimi scandali che negli ultimi 40 anni l’hanno caratterizzata non guasterebbe. È praticamente da quando Paolo VI lasciò morire Aldo Moro, con quella sua richiesta alle BR: “liberatelo senza condizioni”, che non ne fa una giusta.

 

Per l’ONU la canapa non è più uno stupefacente. Dopo mezzo secolo è stato deciso di togliere la cannabis dalla “tabella IV”, la più restrittiva, che include sostanze come eroina e cocaina.

È stato riconosciuto il valore terapeutico della cannabis. La votazione su questo punto si è conclusa con 27 voti favorevoli, 1 astensione e 25 voti contrari. L’Unione Europea, Italia compresa, ha votato a favore, con la sola eccezione dell’Ungheria.

La decisione dovrebbe agevolare la legalizzazione della cannabis terapeutica i cui benefici sono stati documentati per patologie come il morbo di Parkinson, la sclerosi, l’epilessia, il dolore cronico e il cancro.

La decisione di oggi toglie gli ostacoli del controllo internazionale, imposti dal 1961 dalla Convenzione unica sulle sostanze narcotiche, alla produzione della cannabis per fini medico-scientifici.

Nel Nord America la cannabis legale è diventata la norma. In Europa solo il Lussemburgo sta superando il tabù proibizionista. Il 19 novembre la Corte europea di giustizia della UE ha chiarito che il Cbd, uno dei principi attivi della cannabis, non è neppure da considerarsi stupefacente. Non avendo effetti psicoattivi non va trattato come il THC e può esser commerciato all’interno dell’Unione se uno Stato membro ne consente produzione e vendita.

L’Italia dal 2007 consente la prescrizione di cannabinoidi terapeutici nello Stabilimento farmaceutico militare di Firenze. Si è inoltre legalizzata la canapa industriale nel 2016. Il 29 ottobre scorso il ministero della Salute ha firmato il decreto che sospende l’efficacia di un suo precedente che inseriva il Cbd nella tabella degli stupefacenti. Anche i negozi di cannabis light hanno rischiato molto nel 2019, con l’intenzione dell’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini che avrebbe voluto chiuderli impedendo il divieto di vendita di prodotti derivanti dalla canapa. I giudici chiamati in causa dai titolari dei negozi sono stati però di parere diverso: la cannabis light non è droga e la legge ne consente la vendita.

Secondo il report Estimated World Requirements of Narcotic Drugs 2020 dell’International Narcotics Control Board, l’Italia ha un fabbisogno di 1.950 kg all’anno di cannabis medica. A fronte di tale domanda, sulla base di quanto pubblicato sul sito del Ministero della Salute, lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, nel 2019, ha distribuito alla Farmacie solo 157 kg di cannabis. Lo Stato italiano, per rispondere alla domanda interna, ha dovuto acquistare 252 kg di prodotti importati dall’Olanda.

Walter De Benedetto – paziente affetto da una malattia neurodegenerativa invalidante, che assume cannabis medica per contrastare questa patologia – è stato indagato per coltivazione di sostanza stupefacente in concorso, dato che non riusciva a procurarsi il medicinale nonostante la regolare prescrizione. Si è appellato al presidente della Repubblica Sergio Mattarella per chiedere che sia rispettato il diritto alla cura.

In Italia siamo sempre un po’ strani.

 

Mai in passato vi sono state così tante persone in Svizzera che hanno abbandonato la Chiesa cattolica come nel 2019. Le statistiche dello scorso anno hanno fatto segnare 31.772 abbandoni: un aumento di quasi il 25% rispetto al 2018, con 25.366 uscite.

Sempre dal Rapporto emerge che nel 2019 sono entrate nella Chiesa cattolica 885 persone. Un tasso troppo basso per rimediare alle uscite, visto che per 34 abbandoni si conta una sola nuova adesione.

È quanto emerge dall’ultima statistica dell’Istituto svizzero di sociologia pastorale di San Gallo.

I vescovi ritengono che la pandemia potrebbe accelerare ulteriormente questo sviluppo nei prossimi mesi. Ma la colpa non è del virus.

Infatti dal Rapporto emerge che sono state le denunce di abusi contro bambini, giovani, donne e uomini a scuotere la fiducia nella Chiesa cattolica. Ma anche la morale sessuale cattolica, l’accesso alla comunione dei divorziati risposati o la posizione delle donne all’interno della Chiesa cattolica hanno giocato un ruolo notevole.

Se la ripartizione per sesso non incide tra le uscite (in leggerissima prevalenza gli uomini), a preoccupare l’Istituto di sociologia pastorale è l’aumento degli abbandoni da parte delle persone più anziane, quelle cioè tra i 51 e i 60 anni, definendo il fenomeno “allarmante”.

L’Istituto inoltre certifica che anche nella Chiesa evangelica riformata 26.198 persone hanno abbandonato nel 2019 facendo segnare un aumento del 18% in più rispetto all’anno precedente.

Cioè in pratica si esce dalle confessioni cristiane per una naturale crescita del laicismo nell’ambito delle società industrializzate, ma soprattutto si esce dalla Chiesa cattolica per i tanti scandali e le tante assurdità che la affliggono.

 

Quali sono le aree marittime più a rischio per il fenomeno della pirateria?

Lo spiega su quotidiano.net l’ammiraglio Riccardo Marchiò, che ha lasciato in questi giorni il comando dell’operazione antipirateria tra l’Oceano indiano e il Golfo di Aden: “Delle quattro principali macro-aree interessate da questo fenomeno, due sono gli storici teatri di azioni piratesche: il Sud Est Asiatico – lo Stretto di Malacca e le acque dell’arcipelago tra Indonesia, Malesia, Singapore e Filippine – e il CentroSud America, principalmente nel Mar dei Caraibi e nel Golfo del Messico. La pirateria si sta pericolosamente espandendo alle due macro-aree del Golfo di Aden-Oceano Indiano (dove è attiva dal 2008 l’Operazione Atalanta della UE) e della costa dell’Africa Occidentale nel bacino del Golfo di Guinea, teatro di recenti attacchi”.

Nel 2020 è stato infatti il Golfo di Guinea a confermarsi come l’area col maggior numero di attacchi. Qui si sono concentrati il 95% dei rapimenti globali. Le bande sono ben organizzate da ormai tanto tempo, restando legate soprattutto al traffico del petrolio.

Da settembre 2018 non si registrano invece attacchi al largo della Somalia, una zona che fino al 2014 è stata caratterizzata, soprattutto nella zona del Golfo di Aden, da attacchi continui prima dell’intervento massiccio delle forze armate ONU a partire dal 2011. Solo ad agosto di quest’anno sono stati liberati gli ultimi tre ostaggi, tenuti prigionieri per anni dai pirati.

La zona che vede la diminuzione più consistente di attacchi è l’Indonesia: per la maggior parte si tratta di furti. La zona di Singapore è sicuramente pericolosa, ma la maggior parte dei crimini sono di basso livello rispetto al Goldo di Guinea, con arrembaggi armati di coltelli.

Viceversa, ai Caraibi, in America Centrale e Meridionale (Brasile, Colombia, Ecuador, Haiti, Messico, Perù) le navi tendono ad essere attaccate all’ancora, o nel corso di passaggi fluviali sotto pilotaggio.

In totale, in tutto il mondo, gli attacchi quest’anno sono stati 132, 13 in più rispetto ai primi nove mesi del 2019. 85 i marittimi rapiti, di cui 80 solo nel Golfo di Guinea. Tuttavia nell’ultimo quinquennio la media annuale è stata di 200 attacchi tra sequestri di navi, equipaggi in ostaggio e richieste di riscatto. Con punte di 405 attacchi nel 2010.

Ha poi aggiunto: “La moderna pirateria è dinamica e articolata, con criminali che possono agire sia autonomamente sia inquadrati in vere e proprie organizzazioni. In quest’ultimo caso la pirateria ha risorse economiche e competenze tecniche tipiche della criminalità organizzata e una capacità operativa di primo rilievo. C’è chi tira le fila dell’organizzazione, cioè i fornitori di mezzi e armi per attaccare i mercantili, e chi opera in prima linea. Esistono diversi livelli: le reti criminali più attrezzate pianificano gli attacchi, mentre i gruppi criminali di minori dimensioni agiscono con la tattica del ’mordi e fuggi’”.

Che cos’è l’Operazione Atalanta?

Nel 2008 la UE ha istituito la prima operazione militare, Eunavfor Somalia “Operazione Atalanta”, con l’obiettivo di contrastare il fenomeno della pirateria in Corno d’Africa e nel bacino somalo. Da allora il dispositivo militare europeo opera con funzioni di prevenzione e contrasto ai pirati e per la protezione delle navi del World Food Programme.

È l’enormità di ricchezze che viaggia in mare (il 95% di tutti i commerci) ad attirare crescenti rischi e minacce là dove ci sono condizioni di sicurezza degradate, dove le istituzioni non sono in grado di esercitare un credibile controllo degli spazi sovrani. Le navi commerciali diventano preda ideale per attacchi ad opera di piccole e veloci imbarcazioni, che partono dalla costa o col supporto di “navi madre”.

I pirati agiscono con azioni armate, rapide e mirate, con cui sottraggono oggetti di valore a bordo (navi passeggere), oppure sequestrano l’intera nave, o depredano parte del carico o prendono in ostaggio i membri dell’equipaggio per la richiesta di un riscatto.

Il sequestro di un natante presuppone la disponibilità di zone di ancoraggio controllabili sulla costa; se al mercantile si associa anche il sequestro dell’equipaggio per riscatto le capacità logistiche aumentano.

Naturalmente la sola minaccia latente di attacchi fa alzare il valore delle polizze assicurative. Si stima che il costo complessivo generato dagli effetti della pirateria a livello mondiale sia di 25 miliardi di dollari.

 

[5 dicembre] Grecia e Emirati Arabi Uniti. Nigeria. Revenge porn. Strage di Viareggio

 

L’accordo sulla cooperazione congiunta in politica estera e difesa tra la Grecia e gli Emirati Arabi Uniti (EAU) è stato firmato durante la visita ufficiale del primo ministro greco negli Emirati il 18 novembre 2020. L’accordo contiene una clausola secondo cui se uno dei due Paesi viene minacciato o attaccato, l’altro ha il dovere di difenderlo militarmente per garantirne l’indipendenza territoriale.

L’intesa prevede anche la presenza delle forze militari di un Paese nel territorio dell’altro e lo scambio di informazioni riservate di intelligence.

Che senso ha un accordo militare tra un Paese della NATO e un altro che appartiene al Consiglio di cooperazione del Golfo Persico, i cui sei Stati islamici non appartengono alla NATO? Semmai è l’Arabia Saudita che vorrebbe creare un’alleanza militare, una NATO araba, in grado di coinvolgere oltre 34 Stati mediorientali e nordafricani a maggioranza islamica.

È abbastanza evidente che tale accordo è stato concluso allo scopo di contrastare l’attuale tentativo egemonico, neo-ottomano, della Turchia di Erdoğan sia nel Golfo arabo che in Siria, in Libia e soprattutto nel Mediterraneo orientale. Ora, dopo la guerra tra azeri e armeni per il controllo del Nagorno Karabakh, vanno aggiunti anche i Balcani.

Non a caso numerose sono state le provocazioni turche ai danni della Grecia: (a) l’istituzione dell’esercito dell’Egeo negli anni ’70 a scopo offensivo, (b) l’invasione e l’occupazione di una parte di Cipro, (c) le ripetute violazioni da parte della Turchia delle acque territoriali e dello spazio aereo della Grecia, stimate intorno a 7.000 solo per il 2019, e (d) il casus belli proclamato dal Parlamento turco nel caso in cui la Grecia estenda le sue acque territoriali fino a 12 miglia nautiche.

Nell’agosto 2020 la nave sismica turca Oruc Reis (cui successivamente si sono aggiunte altre due navi: l’Ataman e la Cengiz Han) ha condotto indagini in aree marittime che in parte rientrano nella piattaforma continentale greca. In quel frangente gli Emirati Arabi Uniti hanno trasferito quattro F-16 sull’isola greca di Creta, dove sono rimasti di stanza per due settimane, partecipando a esercitazioni aeree congiunte con la Hellenic Air Force.

Gli Emirati partecipano già alla formula 3 + 1 composta da Egitto, Cipro e Grecia insieme alla Francia e discutono regolarmente delle crisi regionali che minacciano la pace e la stabilità.

Da notare che le forze armate degli Emirati sono una delle più moderne della regione, tecnologicamente dotate di sistemi d’arma all’avanguardia. L’aeronautica militare dispone di 68 jet da combattimento francesi Mirage 2000 e di 78 F-16 aerei da combattimento americani; la sua Marina ha 11 corvette e il governo di Abu Dhabi è il primo al mondo ad aver acquisito il sistema antiaereo Terminal High Altitude Area Defense della Lockheed Martin. Il sistema è progettato per abbattere qualunque missile balistico nemico. Dispongono di 100.000 militari pronti a intervenire immediatamente nell’esercito, nella marina e nell’aeronautica.

Gli EAU han smesso la guerra contro lo Yemen, ma non avrebbero alcuna difficoltà a iniziarne un’altra contro la Turchia.

 

Qualche giorno fa decine di agricoltori sono stati massacrati dai jihadisti nel nordest della Nigeria. L’attacco è stato rivendicato dal gruppo terrorista Boko haram, parzialmente affiliato al gruppo Stato islamico (IS). A quanto pare si è trattato di una rappresaglia dopo alcune proteste nei confronti dei jihadisti.

Le vittime finora confermate sono settanta, ma potrebbero essere un centinaio.

Ancora una volta risulta confermato che non siamo “noi” occidentali, ex colonizzatori, a essere i più colpiti dall’estremismo islamico.

Oggi i gruppi che si ispirano all’IS e Al Qaeda sono attivi soprattutto in Africa, e non solo nella regione dello Sahel, quella lunga fascia di territorio dell’Africa subsahariana. I jihadisti seminano il terrore anche se non controllano concretamente territori, come invece hanno fatto in Medio Oriente.

Lo fanno perché sanno sfruttare la debolezza delle strutture statali e la miseria e l’ignoranza delle popolazioni locali, a qualunque religione appartengano.

Questi gruppi violenti agiscono nelle zone a maggioranza musulmana dell’Africa occidentale, dove nel XIX sec. si combatterono “guerre sante” contro gli eserciti coloniali europei, fino a rivendicare l’indipendenza nazionale nel secondo dopoguerra del secolo scorso.

In Somalia, nel Corno d’Africa, ma anche in Uganda e Kenya, dove Al Shabaab, attiva dal 2006, terrorizza la popolazione civile da anni. È alleata di Al Qaeda.

Nell’est della Repubblica Democratica del Congo, ventre molle dell’Africa dove la guerra fa parte della quotidianità da molto tempo e dove il jihadismo si è sovrapposto a conflitti locali antecedenti.

Nel nord del Mozambico, sulla costa dell’oceano Indiano, dove l’islam è radicato da secoli e dove da tre anni imperversa un gruppo affiliato all’IS.

Questi gruppi agiscono come in “franchising”, senza una struttura gerarchica e senza un centro di comando, anche se probabilmente le organizzazioni imparano l’una dall’altra.

I terroristi sanno approfittare delle debolezze dei governi, che si tratti di Stati “falliti” come la Somalia o impotenti come la Nigeria.

In Mozambico i jihadisti agiscono in una zona che sta diventando una sorta di El Dorado del gas naturale, con un progetto pilota gestito dall’azienda francese Total. I contadini poveri, consapevoli che non riceveranno alcun beneficio dallo sfruttamento delle risorse energetiche, sono facili prede per i gruppi violenti.

Questo contesto evidenzia che la risposta al terrorismo non può essere esclusivamente basata sulla sicurezza, nemmeno nello Sahel, dove l’attività militare è più sviluppata, con la presenza dei soldati francesi e di quelli di altri Paesi europei. Decenni di problemi irrisolti facilitano la destabilizzazione e lo spargimento di sangue.

I morti in Nigeria e in Mozambico sono vittime del terrorismo tanto quanto lo sono i francesi e gli austriaci. Anche se i contesti sono diversi, l’ideologia dei fondamentalisti islamici è la stessa.

 

Il revenge porn è una forma di persecuzione in costante ascesa. Ma è anche in ascesa la volontà di immortalare scene di sesso esplicite, personalmente vissute, in foto e video. Da dove viene questa esigenza? Dal web, dove il porno è facilmente acquisibile e remunerabile, a tutti i livelli, in qualsiasi forma e modo, tra persone maggiorenni o minorenni, consenzienti o indotte o persino costrette. Quando c’è di mezzo il sesso, arte e poesia vengono disprezzate. I tabù si sono rovesciati: non essere espliciti è da persone intellettualmente limitate. Nessuno vuol passare per bacchettone, cioè moralista.

In questi giorni si sta parlando di una giovane maestra 22enne di Torino che aveva mandato le sue foto più intime all’ex fidanzato, il quale le aveva pubblicate su una chat del calcetto, dando il via a una “gogna pubblica” che alla fine ha causato il licenziamento dell’insegnante da parte della direttrice della scuola per la quale lavorava, ora a processo per il provvedimento illegittimo.

In aula, nel banco degli imputati, non c’è solo la direttrice, ma anche la madre di una bimba frequentante la stessa classe tenuta da quella maestra: pure lei aveva diffuso le foto intime della maestra tra le mamme di quella classe, innescando il “linciaggio” online.

L’ex fidanzato, invece, non si trova ora al processo in quanto ha già chiesto e ottenuto di poter essere messo alla prova con lavori socialmente utili, che il giudice ha stabilito per la durata di un anno.

La sindaca Chiara Appendino ha espresso solidarietà alla vittima del revenge porn.

L’incubo per la maestra era iniziato nella primavera del 2018, quando l’ex fidanzato aveva reso pubbliche in quella chat 28 foto e due video privatissimi.

Alla richiesta di lei di eliminarle immediatamente, lui aveva risposto che la loro era stata una storia di poco conto, “senza amore”, come se questa fosse la giustificazione al suo comportamento.

Una foto era stata vista dalla moglie di un compagno di calcetto del ragazzo, che l’aveva riconosciuta come la maestra della sua bimba.

Nel giro di poco tempo la notizia era arrivata anche alla direttrice della scuola materna, che avrebbe costretto la maestra a rassegnare le dimissioni dopo una riunione in cui davanti a tutte le altre insegnanti aveva evidenziato il timore che i genitori ritirassero dall’asilo privato i propri figli.

La ragazza aveva provato a spiegare di essere la vittima e di non aver dato alcuna autorizzazione a rendere pubbliche quelle foto, ma alla fine si era licenziata di fronte alla minaccia che altrimenti avrebbe avuto un “marchio per tutta la vita e non avrebbe trovato più un altro lavoro”, nel senso che tutti avrebbero saputo ancora di più.

Una si sente vittima di fronte alla legge. Di fronte alla coscienza si sente tradita, mortificata, imbarazzata.

Ma io mi chiedo: il tasso di moralità negli atteggiamenti che si hanno nei confronti della sessualità, dov’è? Da parte di entrambi, beninteso. Al giorno d’oggi possiamo capire che la sessualità venga usata esclusivamente come forma di piacere. Ma che senso ha aggiungervi anche forme di esibizionismo come proprie foto osée o addirittura pornografiche? In queste condizioni quale etica si può insegnare agli alunni?

E il suo ex moroso, che si meraviglia della richiesta di rimuoverle? E che le chiede di non denunciarlo, perché altrimenti avrebbe diffuso ancora più video? Che soggetto è uno così?

E la direttrice, che si preoccupa unicamente di perdere i clienti della sua scuola privata? E che spubblica la maestra davanti alle sue colleghe? E che la minaccia di ritorsione se denuncia uno dei genitori che aveva fatto circolare quelle foto? E che la costringe a firmare le dimissioni? Che autorevolezza può avere una persona del genere?

E quella mamma, che invece di solidarizzare con la maestra, o di parlarci privatamente, la mette alla berlina? E le chiede di non fare nessuna denuncia altrimenti avrebbe informato la direttrice...

Dov’è l’etica? Il reato di revenge porn sembra essere soltanto la conseguenza di un vuoto valoriale ed esistenziale ben più grave.

Dopo hai voglia a lamentarti con te stessa dicendo: “Questa vicenda ha stravolto la mia esistenza. Sono sempre stata una ragazza esteticamente molto curata. Oggi quasi non mi trucco più. Ho paura di indossare un abito corto, penso che la gente mi guardi con malizia. Prima lo facevo per piacere a me stessa, ora temo solo di essere giudicata. Non mi fido più delle persone, per non parlare degli uomini”.

La frittata l’hai fatta prima. A me piuttosto meraviglia che il suo ex moroso sia stato punito con una pena molto blanda.

 

In questi giorni il collegio della IV sezione penale della Cassazione deve emettere sentenza definitiva sulla strage ferroviaria di Viareggio: 16 imputati han fatto ricorso alla suprema Corte. L’associazione dei parenti delle vittime non è stata ammessa in aula per colpa della pandemia, ma seguirà l’udienza in collegamento sui social network. Si prevede che la sentenza slitterà a gennaio, dopo il periodo festivo.

Come noto, in questi 11 anni son già cadute in prescrizione le imputazioni di lesioni colpose gravi e gravissime e quelle di incendio. Adesso c’è il rischio che cada in prescrizione anche il reato di disastro ferroviario e che resti in piedi soltanto quello di omicidio colposo con l’aggravante dell’incidente sul lavoro.

Per seguire meglio la vicenda ne riportiamo i fatti salienti.

L’incidente ferroviario di Viareggio, nei pressi della stazione, avvenne il 29 giugno 2009 alle 23:48. Fu causato dal cedimento strutturale dell’asse del carrello della prima cisterna di un treno merci di 14 carri contenenti GPL, di cui il primo si era perforato nell’urto. Per cause fortuite si innescò quasi subito un incendio di vastissime proporzioni, con il successivo scoppio della cisterna stessa. La tragedia fu notevole, poiché i morti furono 32 (più altri due per infarto da choc), i feriti 25 (con ustioni molto gravi) e gli sfollati 136, in quanto crollarono alcuni edifici (solo adesso c’è un muro di sicurezza che separa la stazione dalle abitazioni limitrofe e solo adesso i treni sono costretti a viaggiare a velocità moderata in quel tratto).

Il treno, destinato all’Aversana Petroli, in provincia di Caserta, viaggiava a 90 km l’ora. Il primo carro, costruito nel 2004, era immatricolato presso una compagnia ferroviaria polacca ed era stato revisionato nel 2009 da una società di Bozzolo (MN), mentre gli altri 13 erano immatricolati presso le ferrovie tedesche Deutsche Bahn. Il treno era stato affidato in locazione a FS Logistica.

Nei processi che seguirono furono denunciate le Ferrovie statali e la società americana GATX (con basi operative in Austria, Polonia e Germania), proprietaria dei carri merci. La società era già stata coinvolta in altri incidenti ferroviari nel mondo.

Entrambe annunciarono la volontà di liquidare i danni dell’incidente, ma poi la società GATX negò il risarcimento richiesto da quaranta parti lese.

L’amministratore delegato delle Ferrovie era in quel momento Mauro Moretti, che nel 2013, con altri 32 indagati, fu rinviato a giudizio. Nel 2017 il tribunale di Lucca lo condannò in primo grado a 7 anni di carcere, insieme ad altri due amministratori delegati. Sentenza confermata in appello nel 2019 a Firenze. Moretti aveva rinunciato alla prescrizione scattata nel 2018 per i delitti di incendio colposo e lesioni personali colpose. Ma nel 2020 ricorre in Cassazione.

Fu lui che venne chiamato a risanare i conti delle Ferrovie: cosa che avvenne con ampi tagli ai servizi, soprattutto nel settore sicurezza del trasporto di merci pericolose, i cui 85,6 milioni nel 2006 passarono a 16 milioni nel 2009.

Tra gli indagati vi erano anche tre operai tedeschi dell’officina Jungenthal di Hannover (dove fu controllato l’assale che rompendosi causò il deragliamento) e un operaio mantovano della Cima riparazioni di Bozzolo (MN).

Nel 2013 un ferroviere fu licenziato perché aveva concesso una consulenza alle famiglie delle vittime ed era stato querelato da Moretti.

Lo Stato decise, col governo Letta, di non costituirsi come parte civile in cambio di una liquidazione monetaria di importo analogo al risarcimento offerto nella proposta di Ferrovie dello Stato, circa 15 milioni di euro complessivi.

Sarà comunque difficile condannare uno come Moretti, dirigente della CGIL, delle Ferrovie statali, di Finmeccanica, Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana e Cavaliere del lavoro. Lo Stato ha già rinunciato a presentare il conto dei danni agli imputati e, sopratutto, a contribuire tramite l’avvocatura di Stato all’accertamento delle vere responsabilità di sistema.

 

[6 dicembre] Bergoglio, proprietà privata. Golpe Borghese. Francia, islam. Eddi. Israele

 

Si chiede Riccardo Cristiano, vaticanista di “Reset”, rivista per il dialogo: “si è scritto e detto che il papa, nel suo nuovo libro Ritorniamo a sognare, si dice vicino ai popoli perseguitati a cui pensa riferendosi ai rohingya, agli yazidi e agli uiguri, ma non ai cristiani perseguitati. Ora però il libro è uscito e, visto che nella stessa frase il papa parla anche dei cristiani uccisi da attentati mentre pregano in Egitto e in Pakistan, viene da chiedersi come mai non si sia dato conto della realtà dei fatti, diversa dalle suddette illazioni.

Si è contemporaneamente detto che questo sarebbe un papa comunista, perché mette in discussione la proprietà privata...

Ma questa è una novità? Basta prendere il Catechismo della Chiesa cattolica per vedere che le cose non sono diverse: ’Il diritto alla proprietà privata, acquisita o ricevuta in giusto modo, non elimina l’originaria donazione della terra all’insieme dell’umanità. La destinazione universale dei beni rimane primaria, anche se la promozione del bene comune esige il rispetto della proprietà privata, del diritto ad essa e del suo esercizio...’.

Se questo è il Catechismo, come può accadere che questo papa venga presentato come un sovvertitore della dottrina?” – si chiede l’ingenuo vaticanista.

Il problema è che quando si parlava di destinazione universale del bene comune, la situazione non era così critica come oggi. Si faceva semplicemente del moralismo, nel senso che i ricchi dovevano essere più “buoni” coi poveri.

Oggi, dopo la crisi bancaria e borsistica del 2008, trascinatasi per un decennio, e con l’attuale pandemia, la situazione sta precipitando. Sarebbe molto sconveniente dire frasi astratte, retoriche. I poveri sono aumentati in maniera esponenziale in tutto il mondo e credono sempre meno nelle raccomandazioni pietistiche della Chiesa romana, già travolta da vari scandali finanziari e persino sessuali. Inoltre le devastazioni ambientali paiono irreversibili a livello planetario, senza soluzione di continuità.

Bergoglio, che viene da un continente disastrato, sa bene cosa vuol dire essere “poveri”, o almeno lo sa molto meglio degli ultimi due papi europei a lui precedenti, ideologicamente fanatici e politicamente conservatori quanto mai.

Semmai ci si dovrebbe chiedere se le soluzioni che lui propone (retribuzione universale di base, riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, per consentire a più persone di accedere al mercato del lavoro) possono davvero rispondere alle domande ch’egli si pone.

Anche queste proposte infatti non sembrano proprio uscire dalla soglia del paternalismo bonario. Infatti quando si parla di “proprietà privata” bisogna essere precisi: sono i fondamentali mezzi di produzione, che tengono in piedi intere collettività. Col crollo del cosiddetto socialismo reale abbiamo capito che non possono essere statalizzati. Di sicuro però non possono essere lasciati in mano ai privati. Ed è altrettanto certo che, una volta socializzati, non potranno essere utilizzati così come sono, in quanto le esigenze riproduttive della natura non possono essere subordinate alle nostre esigenze produttive.

 

Junio Valerio Borghese (1906-74), ex comandante della X Mas e leader dell’organizzazione neofascista Fronte Nazionale, la mattina dell’8 dicembre 1970 avrebbe voluto lanciare un proclama dalla Rai, annunciando all’Italia la sua presa del potere, con cui una dittatura militare avrebbe dovuto sostituire la democrazia repubblicana.

Ma Il presunto colpo di stato fu avviato e poi fermato nel giro di poche ore nella notte tra il 7 e l’8 dicembre 1970.

Presa dei ministeri dell’Interno e della Difesa; sequestro del presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat; assassinio del capo della polizia Angelo Vicari; occupazione degli studi radio-televisivi della Rai; arresto e deportazione di sindacalisti, dirigenti e dei parlamentari della sinistra in Sardegna: erano questi alcuni degli obiettivi immediati del “golpe Borghese”, progettato da diversi anni nei minimi particolari.

La notte del 7 dicembre vi fu il concentramento a Roma di diverse centinaia di congiurati, con azioni simili in diverse città italiane, tra cui Milano. Al ministero degli Interni vari militanti del gruppo di estrema destra, Avanguardia Nazionale, comandati da Stefano Delle Chiaie e con la complicità di alcuni funzionari, penetrarono nell’armeria e si impossessarono di armi e munizioni che vennero distribuite ai cospiratori.

I generali a riposo dell’Aeronautica Militare, Giuseppe Casero e Giuseppe Lo Vecchio, presero posizione al ministero della Difesa, mentre un gruppo armato di 187 uomini della Guardia Forestale, guidato dal maggiore Luciano Berti, si appostò vicino alle sedi televisive della Rai.

Il quartier generale dell’operazione fu allestito nella sede romana del Fronte Nazionale in via XXI Aprile, comandato dallo stesso Borghese col maggiore della polizia Salvatore Pecorella al suo fianco. Nel quartiere Montesacro ci fu un concentramento di un centinaio tra militari ed esponenti neofascisti pronti a dare l’assalto agli obiettivi sensibili individuati per il golpe. Gli stessi appartenenti alla Loggia P2 vedevano di buon occhio una soluzione autoritaria per il nostro Paese.

A Milano si organizzò l’occupazione di Sesto San Giovanni tramite un reparto al comando del colonnello dell’Esercito Amos Spiazzi. Il golpe era in fase di avanzata esecuzione quando, improvvisamente, Valerio Borghese ne ordinò l’immediato arresto. Le motivazioni non sono mai state chiarite.

Tra i golpisti in armi vi erano informatori o agenti segreti del SID. La segnalazione di quanto stava accadendo sarebbe giunta al generale Vito Miceli, capo del SID, da cui sarebbe arrivato l’ordine di fermare tutto.

Perché si tentò una cosa del genere? Perché vi erano state grandi riforme tra la fine degli anni ’60 e gli inizi degli anni ’70. Il Paese si era civilizzato: Statuto dei lavoratori, apertura degli asili nido, aperture alle lavoratrici madri, alla legge sul divorzio, leggi molto sostenute a sinistra e molto ostacolate a destra. Tutto ciò fece temere agli ambienti della destra italiana che potesse essere vicino un ribaltamento politico in favore della sinistra, intravedendosi persino la possibilità di un sorpasso elettorale del PC sulla DC, che gli USA non avrebbero mai tollerato.

Il 17 marzo 1971 il tentato colpo di stato di Borghese fu ufficialmente rivelato alla Camera dei deputati dal ministro degli Interni, Franco Restivo, dopo le indiscrezioni giornalistiche. Il giorno dopo il sostituto procuratore di Roma, Claudio Vitalone, emise gli ordini di cattura per il tentativo di insurrezione armata contro lo Stato nei confronti degli esponenti della destra extraparlamentare Mario Rosa e Sandro Saccucci, degli imprenditori Giovanni De Rosa e Remo Orlandini, Giuseppe Lo Vecchio e Junio Valerio Borghese (quest’ultimo riuscì a rendersi irreperibile e poi a fuggire in Spagna, dove morì nel 1974). La Procura della Repubblica di Roma dispose in seguito l’archiviazione dell’indagine per mancanza di prove.

La Procura della Capitale riaprì l’istruttoria il 15 settembre 1974 e spiccò nuovi arresti formulando ulteriori accuse. Il 5 novembre 1975 il giudice istruttore Filippo Fiore rinviò a giudizio 78 persone per il tentato golpe Borghese e per i tentativi eversivi successivi.

Il 14 luglio 1978 la Corte d’Assise di Roma, al termine del giudizio di primo grado, affermò l’insussistenza del reato di insurrezione armata per i fatti del 7-8 dicembre 1970. Degli iniziali 78 imputati, soltanto 46 vennero condannati. La sentenza della Corte d’Assise d’Appello del 27 novembre 1984, confermata poi in Cassazione, assolse tutti gli imputati, anche i rei confessi, “perché il fatto non sussiste”. Per i giudici romani “i ’clamorosi’ eventi della notte in argomento” non erano nient’altro che il “conciliabolo di quattro o cinque sessantenni”.

Eppure colpi di stato della destra sono sempre possibili. Anche oggi un gruppo di ufficiali militari spagnoli in pensione vorrebbe rovesciare militarmente il governo di Sanchez.

Nella loro lettera al re gli ufficiali in pensione insultano il premier e il secondo vice primo ministro Pablo Iglesias. Fanno elogi per il defunto dittatore Francisco Franco e parlano di farla finita con la democrazia, con la sinistra, con gli omosessuali, le femministe e i separatisti delle regioni catalane e basche.

 

Chems-Eddine Hafiz, avvocato franco-algerino, che nel 2006 condusse, perdendola, una battaglia legale contro il settimanale satirico “Charlie Hebdo” e le caricature di Maometto, è stato eletto nel gennaio scorso rettore della Grande Moschea di Parigi, la più antica d’Oltralpe, costruita quasi un secolo fa e oggi in parte finanziata dal governo algerino.

Hafiz (lo spiega su “Repubblica”) è scettico sulla proposta di Emmanuel Macron contenuta nella nuova legge contro il separatismo che sta per essere discussa in Parlamento. Essa prevede che entro il 2024 si ponga fine all’arrivo dall’estero degli imam. Anche il presidente del Consiglio UE, Charles Michel, vorrebbe creare un istituto europeo per la formazione dei responsabili delle moschee.

Hafiz è convinto che se vengono espulsi dalla Francia gli attuali 300 imam, se ne autoproclameranno altrettanti in poco tempo. La Francia ha firmato convenzioni con tre Paesi che mandano imam distaccati: 30 provengono dal Marocco, 120 dall’Algeria e 150 dalla Turchia. Tutti pagati dai rispettivi Paesi.

In effetti l’islam, per poter esistere, non ha bisogno di una gerarchia predefinita da rispettare, come avviene nelle confessioni cristiane. Chi vuole il rispetto e quindi il consenso, se lo deve guadagnare sul campo.

Hafiz oggi è più disposto a difendere la libertà di espressione, nel senso che se i francesi la pretendono con le loro vignette satiriche, allora devono anche accettare che l’islam in Francia abbia propri iman. L’importante è rispettare i princìpi della democrazia, della reciproca tolleranza. In ogni caso per lui il mondo occidentale non ha la capacità di formare degli imam, proprio perché dell’Islam sa molto poco: vede questa religione più che altro come un pericolo.

Peraltro in Occidente non esiste uno status per gli imam. Dovrebbe diventare una professione, ma in Francia, a causa della separazione tra Chiesa e Stato, non possono accedere ad alcuna protezione sociale. E senza risorse finanziarie, oggi, nessuna moschea francese può versare uno stipendio a un imam.

Al massimo, secondo Hafiz, si potrebbero escludere dai finanziamenti esteri tutti i Paesi che non hanno comunità in Francia, come l’Arabia Saudita e al Qatar, che pur finanziano le moschee occidentali.

 

Il 12 novembre 2020 si è tenuta l’udienza d’appello e la Corte del tribunale di Torino si è riservata 40 giorni per decidere se confermare o meno il regime di sorveglianza speciale a carico di Eddi (che viene già applicato, nonostante l’appello). Infatti l’istituto della “sorveglianza speciale” è un residuo del Codice Rocco, assolutamente incompatibile coi principi repubblicani perché non si basa sulla dimostrazione processuale di un reato compiuto, ma autorizza il giudice a “presumere”.

Le sono stati comminati due anni di sorveglianza speciale, cioè coprifuoco “ad personam” tra le 21 e le 7; divieto assoluto di allontanarsi dalla città di Torino, di incontrare più di cinque persone, di accedere agli spazi pubblici (compresi supermercati e bar) tra le 18 e le 21; sequestro di passaporto e patente; una carta d’identità non valida per l’espatrio e un piccolo quaderno rosso (la carta precettiva) dove qualunque agente può annotare ogni spostamento.

Il 13 novembre, un giorno dopo l’udienza, Facebook e Instagram hanno oscurato i profili di Eddi, prendendosi 24 ore di tempo per fare accertamenti; a tutt’oggi non si hanno spiegazioni sul come quei profili abbiano violato gli standard delle social communities.

Chi è Eddi? Maria Edgarda Marcucci, detta Eddi, 29 anni, militante del centro sociale Askatasuna, partita nel 2014 da Torino per andare a combattere l’ISIS in Siria, al fianco dei miliziani curdi del Rojava, è considerata “socialmente pericolosa” non tanto per aver sostenuto i Rojava quanto per essere stata addestrata militarmente nell’esercito curdo. È sotto sorveglianza speciale dal gennaio 2018.

Insieme alle Forze di Protezione Femminile partecipa nel Kurdistan alla costruzione di una società alternativa con pieno riconoscimento del ruolo delle donne. Dal 2012, infatti, in questa regione nel nord della Siria alcuni gruppi curdi (soprattutto il Partito dei Lavoratori del Kurdistan) portano avanti una rivoluzione socialista, un esperimento che comporta un forte investimento nell’istruzione, nella creazione e protezione di legami sociali, nella pratica di una democrazia diretta attraverso assemblee municipali e nella parità di genere, mettendo in atto il pensiero del filosofo e sociologo Murray Bookchin, ideatore dell’“Ecologia sociale”.

Eddi è considerata pericolosa dalla PM Manuela Pedrotta per aver manifestato contro lo scambio di tecnologie militari tra Italia e Turchia e aver partecipato a un presidio di fronte a un ristorante torinese in difesa di un lavoratore extracomunitario che non veniva pagato da mesi.

Non c’è solo lei di mezzo ma anche altri compagni.

Eddi, che è incensurata, si sarebbe espressa così: “Sono state sostenute cose a dir poco bislacche, sono stata dipinta come una combattente specializza e addestrata con argomentazioni che mi hanno lasciata basita”.

Eddi, vorrei dirti solo una cosa: “Grazie di esistere”.

 

Secondo un rapporto pubblicato ieri dal portale web Middle East Monitor, il gruppo Defense International for Children-Palestine ha rivelato che le forze israeliane arrestano frequentemente bambini palestinesi per ottenere confessioni per un crimine specifico o per raccogliere informazioni di intelligence durante gli interrogatori.

I minori palestinesi subiscono vari tipi di torture fisiche e verbali, minacce e isolamento per due o più giorni quando vengono effettuati gli interrogatori senza la presenza di un avvocato o di un familiare. Inutile dire che questa pratica può causare danni psicologici permanenti ai bambini.

L’indagine si basa su interviste a più di 108 minori palestinesi in un periodo di quattro anni, terminato a dicembre 2019.

Israele anche per questo andrebbe espulsa dall’ONU.

 

[7 dicembre] Debito mondiale. Marocco, Fronte Polisario. Medio Oriente, Qatar. Olanda. Regno Unito. Michael McCormick

 

Nei primi nove mesi del 2020 il debito globale, comprensivo di quello pubblico, privato e delle imprese, è aumentato di 50mila miliardi di dollari.

Secondo le proiezioni dell’Istituto della finanza internazionale entro la fine dell’anno l’indebitamento mondiale toccherà quota 277mila miliardi di dollari, pari al 365% del PIL mondiale.

Sono cifre astronomiche, di cui però le borse mondiali non si preoccupano affatto, in quanto gli indici continuano a salire. Forse perché nessuna economia è crollata.

Sembra che tutti siano convinti che uno Stato che possiede la sovranità monetaria non possa mai fallire. Questo perché lo Stato non si comporta come una famiglia che deve far quadrare i conti. Lo Stato semplicemente ha facoltà di stampare il denaro di cui ha bisogno e lo fa usare a tutti. Presume che l’intera società abbia piena fiducia nei suoi comportamenti finanziari.

Vien da chiedersi, a questo punto, perché non eliminare del tutto il debito pubblico. Perché mai lo Stato ha bisogno delle nostre tasse per investire nelle opere pubbliche, pagare gli stipendi degli impiegati statali o pagare gli interessi sulle obbligazioni, e quindi finanziare il debito?

I soldi in circolazione non hanno un corrispettivo in oro, ma si basano sulla fiducia dei cittadini nelle istituzioni. Sono solo un elemento puramente simbolico, il cui valore è in relazione al PIL. Nei Paesi ricchi stampare tanti soldi non comporta più un aumento dell’inflazione, come succede invece nei Paesi poveri.

Il debito sembra essersi sganciato dal rischio dell’insolvenza o della bancarotta. Si è magicamente trasformato in un bene da tenere in portafoglio.

Anzi, siccome il costo del denaro è praticamente a tasso zero, si è incentivati ad assumersi rischi sempre maggiori.

Praticamente viviamo in una bolla di sapone, pronta a esplodere da un momento all’altro. Infatti il PIL deve continuamente aumentare, anche a costo di lavorare come schiavi. Vedi la Cina.

 

È tornato in auge il conflitto tra il governo monarchico-costituzionale del Marocco (il re è Mohammed VI, sul trono dal 1999), e il Fronte Polisario dopo un periodo di apparente tranquillità durata circa 30 anni.

Il Fronte Polisario è un movimento politico-militare fondato nel 1973 con l’intento di ottenere l’indipendenza del Sahara Occidentale dall’occupazione militare della Spagna, del Marocco e della Mauritania. È il successore del Movimento di Liberazione del Sahara, fondato nel 1967 e represso militarmente dal regime franchista. Dal 9 luglio 2016 il segretario generale è Brahim Ghali.

Nel 1975 l’ONU riconobbe il Fronte, e la Corte internazionale di giustizia dell’Aja riconobbe il diritto all’autodeterminazione del popolo Sahrawi.

Il Polisario ha un governo in esilio a Tindouf, nell’Algeria occidentale, guidato dal primo ministro Mohamed Wali Akeik.

Nel 1976 il Polisario proclamò formalmente la Repubblica Democratica Araba dei Sahrawi, ma il territorio di 270mila kmq con 600mila ab., pur essendo stato riconosciuto dalla confinante Mauritania nel 1979, è stato in gran parte occupato dal Marocco. Da allora la guerra è andata avanti sino al 1991, dopodiché vi fu un periodo pacifico garantito dall’ONU.

Siccome l’appoggio al Polisario da parte di Unione Sovietica, Algeria e Libia è venuto meno, il Marocco sembra essere intenzionato ad approfittarne. Nel passato il Polisario beneficiò anche dell’appoggio di India, Sudafrica, Cuba e Nigeria. L’Unione Africana riconobbe la Repubblica Sahrawi come membro tra i 55 che la formano.

Per il Marocco è di vitale importanza che nelle relazioni mondiali gli venga riconosciuta la proprietà del deserto.

Il 21 ottobre scorso Stati Uniti e Francia, vicini al Marocco, hanno considerato la nascita di una repubblica indipendente dei Sahrawi come una proposta superata.

Il Marocco si è reso indipendente dalla Francia, e poi dalla Spagna, nel 1956, ma non vuole riconoscere lo stesso diritto al popolo Sahrawi, il cui ultimo colonizzatore è stata la Spagna franchista.

Il Marocco ha occupato l’80% delle città della regione e ha costruito un muro che separa il 20% del territorio restante al Fronte Polisario.

Avrebbe dovuto esservi nel 1992 un referendum per far decidere agli abitanti del deserto se fondersi col Marocco o dar vita a una repubblica come voleva il Fronte, che parlava a nome loro. Ma non è mai stato fatto.

Oggi il Marocco offre al Fronte Polisario la possibilità di essere una regione o una zona autonoma appartenente al Marocco, ma il Polisario non ne vuol sapere.

Il 13 novembre scorso il Fronte Polisario ha tentato di chiudere il valico di Karkarat, che collega il Marocco alla Mauritania: è la porta del Marocco verso il resto dell’Africa occidentale. Ostacolando il flusso di merci, il Fronte ha costretto l’esercito marocchino a intervenire.

Si sta per tornare alla lotta armata. Ed è noto che l’Algeria è in perenne conflitto col Marocco per riuscire ad avere un porto nell’Atlantico.

A noi occidentali queste tensioni interessano poco, ma negli ultimi 12 mesi ben 16 Stati han deciso di aprire consolati in varie città della zona di conflitto, anche quando non hanno cittadini da tutelare o servire.

 

Nel giugno 2017 scoppiò in Medio Oriente una crisi tra, da un lato, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti ed Egitto, tutti Paesi alleati degli Stati Uniti, in cui l’Islam sunnita è maggioritario, e dall’altro il Qatar, altro Paese a stragrande maggioranza sunnita. Poi ai primi tre si aggiunse il Bahrein, che, pur essendo un Paese a maggioranza sciita, è governato da una monarchia sunnita.

Questi Paesi accusavano il Qatar si sostenere il terrorismo e i gruppi islamisti della regione, ma il vero motivo era che appariva un alleato troppo stretto dell’Iran, Paese a stragrande maggioranza sciita, nemico n. 1 dell’Arabia Saudita.

Il Qatar fu sottoposto a un boicottaggio diplomatico e a un embargo commerciale e dei viaggi che portò alla chiusura delle principali vie di rifornimento del Paese.

Le accuse di terrorismo erano piuttosto ridicole, in quanto i Fratelli Musulmani e l’organizzazione palestinese di Hamas, sostenuti dal Qatar, non sono considerati terroristi dai governi occidentali. Semmai non dobbiamo dimenticare i legami dell’Arabia Saudita e degli EAU con gruppi estremisti dell’Afghanistan e dello Yemen.

In ogni caso nel 2019 il Qatar uscì dall’OPEC, il gruppo con sede a Vienna che riunisce 12 Paesi tra i maggiori produttori di petrolio al mondo e che si occupa di coordinare la produzione, i prezzi e i negoziati con le compagnie petrolifere.

Ora, siccome Joe Biden in passato era stato molto critico contro l’Arabia Saudita per le violazioni dei diritti umani e la repressione compiuta nei confronti di oppositori e dissidenti, i sauditi stanno cercando una mediazione, pur avendo sostenuto la candidatura di Trump. Mohammed bin Salman, principe ereditario saudita e di fatto leader del Paese, vuole migliorare la sua immagine agli occhi di Biden. Anche perché per i sauditi scatenare una guerra contro l’Iran senza il consenso degli USA è impossibile.

E di sicuro non possono farlo avendo tra i Paesi confinanti il Qatar, che non solo ha stretti rapporti con l’Iran ma anche, sul piano militare, con la Turchia.

 

Il primo ministro olandese Mark Rutte ha ammesso d’essere intervenuto personalmente per ostacolare, circa due anni fa, le indagini parlamentari sul suo governo, coinvolto nei finanziamenti per milioni di dollari a circa 12 organizzazioni terroristiche che in Siria volevano fare cadere il governo di Assad.

Il governo olandese aveva fornito ai terroristi attrezzature tecnologiche per le telecomunicazioni, attrezzature logistiche militari e centinaia di camion e veicoli diversi.

Da notare che quei terroristi erano definiti come tali dalla stessa Procura olandese.

 

Il ministro degli Esteri britannico Dominic Raab ha detto che il suo Paese darà ulteriori 14 milioni di sterline in aiuti allo Yemen devastato dalla guerra, dalla carestia e dal colera. La nuova tranche porta gli aiuti totali del Regno Unito a oltre 1 miliardo di sterline.

Tuttavia molti yemeniti muoiono di fame perché esiste un blocco alimentare sul porto di Aden imposto dall’Arabia Saudita e da altri Stati del Golfo col pieno supporto del Regno Unito, il quale ha attualmente proprie truppe al confine saudita-yemenita e non nasconde l’intenzione di riprendersi lo Yemen, essendo stato nel passato una propria colonia.

In ogni caso proprio durante la guerra che ha rovinato lo Yemen, il Paese più povero del Medio Oriente, gli inglesi hanno venduto all’Arabia Saudita, il Paese più ricco del Medio Oriente, un quantitativo di armi pari a circa 5 miliardi di sterline.

 

Secondo lo studioso Michael McCormick, docente di storia medievale all’Università di Harvard, l’anno peggiore dell’umanità negli ultimi 2000 anni è stato il 536.

Infatti una misteriosa “epidemia di nebbia” scese su Europa, Medio Oriente e alcune parti dell’Asia, oscurando mezzo mondo per 18 mesi.

Scrisse lo storico bizantino Procopio di Cesarea che per l’intero anno il sole fu luminoso quanto la luna. Le temperature scesero drasticamente, dando il via alla decade più fredda degli ultimi 2.300 anni.

Gli eventi del 536 trascinarono l’Europa in una crisi lunga un secolo, fino al 640. In quella fredda estate del 536 scese la “neve” anche in Cina, le coltivazioni avvizzirono e milioni morirono di fame.

Fu la malnutrizione a favorire l’epidemia di peste bubbonica del 541, che eliminò 1/3 o forse la metà della popolazione dell’Impero Romano d’Oriente.

Probabilmente si era trattato di due eruzioni vulcaniche, una dietro l’altra, che sparsero ceneri su tutto l’emisfero settentrionale.

Quindi quando l’ONU avverte che il 2021 sarà “un anno davvero pessimo”, con potenziali carestie di “proporzioni bibliche”, possiamo stare relativamente tranquilli, almeno finché non vediamo in giro, come a Pompei, cenere e lapilli.

 

[8 dicembre] ENI, Egitto. Unicredit. Cina, nucleare. NATO, Italia

 

La multinazionale italiana Eni ha firmato accordi con la Egyptian General Petroleum Corporation e la Egyptian Natural Gas Holding Company allo scopo di riavviare l’impianto di liquefazione di Damietta in Egitto entro il 2021.

L’Eni vuole limitare lo spazio di manovra dei turchi, che ambiscono a diventare una potenza energetica nel Mediterraneo.

La Turchia ha infatti scoperto 320 miliardi di metri cubi di gas naturale nel pozzo Tuna-1 nell’area di ricerca Sakarya nel Mar Nero. Ed è in procinto di scoprire altri giacimenti. Si stima che il gas scoperto nel Mar Nero sia di quantità tale da soddisfare le esigenze del Paese per 7-8 anni.

La Turchia vuole diventare indipendente sul piano energetico: per questo punta sul nucleare, sull’idroelettrico e sulle energie rinnovabili e ora può farlo anche col metano.

Ecco perché per l’Italia è importante stabilire buoni rapporti di natura economica con l’Egitto (che già abbiamo con Leonardo-Finmeccanica e Fincantieri), altrimenti sarà facile essere scavalcati dai turchi, per quanto l’Egitto veda come fumo negli occhi l’idea turca di ripristinare, in chiave moderna, il vecchio impero ottomano.

Di recente ciò che il governo egiziano non sopporta assolutamente è la presenza turca in Libia. Il governo di unità nazionale, guidato da Fayez al Serraj, sembrava sul punto di cadere nel suo confronto militare col generale Khalifa Haftar, appoggiato anche dall’Egitto. Ma poi Erdoğan ha deciso d’intervenire a fianco di al Serraj, con l’intenzione di giocare un ruolo di primo piano nel Mediterraneo in campo energetico.

Le relazioni tra Egitto e Turchia sono costantemente peggiorate dal 2013, quando al-Sisi guidò il rovesciamento militare di Mohamed Morsi, leader islamista che godeva del sostegno della Turchia.

C’è da dire che i nostri legami di natura economica non hanno alcun risvolto significativo a livello geopolitico, cioè non consentono al nostro Paese di esercitare un’influenza politica né sull’Egitto, come dimostra il caso Regeni, né ci consentono di esercitare un’influenza significativa sul Mediterraneo orientale, come invece la Turchia mostra di saper fare.

Bisogna solo approfittare economicamente del fatto che l’Egitto ha bisogno di ritagliarsi un ruolo importante a livello geopolitico nel Mediterraneo in funzione antiturca.

L’accordo dell’Eni con l’Egitto arriva in un momento importante, in cui, anche grazie alla rapida messa in produzione delle recenti scoperte di gas naturale di Eni, soprattutto nei campi di Zohr e Nooros, l’Egitto ha riacquistato la piena capacità di soddisfare la domanda interna di gas e può destinare la produzione eccedente all’esportazione attraverso gli impianti di GNL.

Insomma, l’Italia sta contribuendo grazie alle sue industrie a consolidare la potenza militare ed energetica dell’Egitto. Ecco perché per il nostro governo non ha alcun senso ritirare l’ambasciatore per il caso Regeni, cui oggi si è aggiunto quello di Zaki.

 

L’amministratore delegato del gruppo bancario Unicredit, Jean Pierre Mustier, ha deciso di lasciare il proprio incarico alla fine del mandato in corso, che scade ad aprile 2021. Era alla guida di quella banca dal 2016.

Negli ultimi anni ha dovuto fare i conti con gli strascichi della crisi del 2007 e ha cercato di rafforzare il patrimonio della banca facendo cassa il più possibile. Ha fatto sottoscrivere un aumento di capitale da 13 miliardi, ha venduto molti dei gioielli di famiglia – Fineco, Pioneer, Pekao, e l’8,6% di Mediobanca, ricavandone altri 14,5 miliardi –, si è sbarazzato di 50 miliardi di crediti tossici. Ha perso solo (1,58 miliardi di euro) svendendo la banca turca Yapi Kredi.

In cambio ha distribuito agli azionisti dividendi per 6 miliardi di euro e ha riacquistato azioni della stessa banca per 2 miliardi di euro (un modo ulteriore di distribuire ricchezza all’azionariato).

Tuttavia, sebbene i soldi incassati con l’aumento di capitale e la vendita delle partecipate ammontassero in totale a circa 27 miliardi di euro, la capitalizzazione di borsa di Unicredit era salita solo di 8,5 miliardi: perciò gran parte del valore di queste operazioni per gli azionisti è andato perduto. Era evidente che Unicredit fosse in grave sofferenza.

Non a caso è stata detronizzata dalla sua maggiore concorrente italiana, Intesa-SanPaolo, diventata quest’estate il più grande gruppo bancario italiano in termini di attivi con l’acquisizione di UBI Banca.

Intesa-SanPaolo ha puntato a crescere sul territorio nazionale attraverso una serie di acquisizioni, più di una dozzina dal 2016.

Unicredit aveva invece già annunciato un piano industriale per il triennio 2020-2023, che prevede l’esubero di 8.000 persone e la chiusura di 500 filiali, per la maggior parte in Italia, ma anche in Austria e in Germania. Unicredit ha circa 38mila dipendenti in Italia. La motivazione era che tanto oggi si può fare tutto online. C’era inoltre da risolvere un surplus derivante dalla sciagurata fusione, sollecitata dagli organi governativi, con Banca di Roma che nel 2007 non aveva altra strada se non quella del fallimento. In Italia le banche non possono fallire, anche a costo di farle pagare alle tasse dei cittadini, aumentando a dismisura il debito pubblico.

La decisione di dimettersi è avvenuta dopo che il CdA a ottobre aveva eletto tra i suoi membri Pier Carlo Padoan, ex ministro dell’Economia, indicandolo come prossimo presidente di Unicredit.

Mustier escludeva fusioni e acquisizioni di altre banche italiane, mentre il CdA stava pensando a tutt’altro. Pare infatti che Mustier avesse ricevuto pressioni dal ministero dell’Economia per acquistare Monte dei Paschi di Siena, la banca salvata nel 2017 dal governo italiano: allora il governo aveva comprato il 68% della banca con 5,4 miliardi di euro, ma entro la fine del 2021 dovrà lasciarne l’azionariato in base agli accordi presi con la Commissione europea. Per le regole del mercato comune europeo non si può distorcere la concorrenza dando aiuti pubblici alle banche, sicché, quando lo Stato si è comprato MPS per evitare che fallisse, ha garantito a BCE e Commissione che l’avrebbe rivenduto ai privati. Ora, questi privati potrebbero essere proprio Unicredit.

Mustier era contrario a un’operazione del genere, ritenuta troppo onerosa per Unicredit.

Padoan, che diresse il salvataggio del Monte dei Paschi quando era ministro, sarebbe stato ufficiosamente indicato dal CdA di Unicredit proprio con l’obiettivo di spianare la strada all’acquisizione del Monte dei Paschi, resa nel frattempo più appetibile dal governo con la promessa di versarvi altri 2 miliardi di euro, con una protezione da rischi legali fino a 10 miliardi di euro e con la possibilità di ottenere crediti d’imposta fino a 3 miliardi di euro per l’acquirente.

Quindi il CdA di Unicredit è fortemente influenzato dal governo italiano. La banca, il cui capitale è interamente quotato in borsa, non ha un azionista con una maggioranza tale da permetterne il controllo. Unicredit è una società la cui proprietà è divisa tra tanti azionisti, in cui il potere decisionale è quindi detenuto dai manager guidati dall’amministratore delegato. Di fatto è controllata per oltre i 2/3 da fondi internazionali.

Una fusione con Monte dei Paschi di Siena, realizzata con uno scambio azionario ai prezzi di borsa attuali, porterebbe lo Stato a diventare uno dei maggiori azionisti di Unicredit, aprendo lo scenario di una società di fatto controllata dal governo.

Intanto nei due giorni successivi alla notizia delle dimissioni di Mustier, molti azionisti han venduto il titolo Unicredit, portandolo a perdere oltre il 10% del suo valore.

Naturalmente sia Mustier che Padoan negano che la politica c’entri qualcosa. Ma non ci crede nessuno. Di sicuro stiamo andando incontro a una grande concentrazione del settore bancario. Avremmo sempre meno banche e sempre più grosse. L’Italia, come Stato, è messa molto male (a livello internazionale sembra non contare più nulla); da 20 anni la sua ricchezza produttiva si sta riducendo sempre più; ora la pandemia ci ha messo in ginocchio. Eppure, malgrado alcune sacche di povertà, gli italiani sono ancora molto ricchi. Il patrimonio personale delle famiglie ammonta a 4 mila miliardi di euro, di cui 1.700 depositati in banca. E le banche esistono proprio per convogliare i risparmi verso i settori dell’economia che hanno bisogno di ossigeno. Solo che questi settori sono sempre più finanziari e sempre meno produttivi.

 

In Cina, per la prima volta, un reattore a fusione nucleare (HL-2M Tokamak, il più grande e avanzato del Paese) viene alimentato da una sorte di “Sole artificiale”. Infatti utilizza un potente campo magnetico per fondere il plasma caldo e può raggiungere temperature di oltre 150 milioni di gradi Celsius, circa dieci volte più caldo del nucleo del Sole.

È stato completato lo scorso anno nella provincia sud-occidentale del Sichuan.

Ci hanno lavorato dal 2006. Ora hanno intenzione di esportare il progetto all’estero, lavorando anzitutto coi francesi.

Fusione è il contrario di Fissione. Vengono uniti i nuclei atomici per creare enormi quantità di energia. Invece nella fissione vengono divisi in frammenti, come nelle armi atomiche e nelle vecchie centrali nucleari.

A differenza della fissione, la fusione non emette gas serra e comporta un minor rischio di incidenti o di furto di materiale atomico. Solo che per realizzare la fusione occorrono competenze e materiali più complessi e quindi decisamente più costosi. Cosa che la Cina evidentemente può permettersi.

In caso di guerra buttare un missile su queste centrali verrebbe istintivo. Quindi per difenderle dovrà per forza aumentare la sicurezza.

 

Dieci milioni di morti. Ecco quante vittime potrebbe provocare “un attentato contro le basi militari di Aviano (Pordenone) o Ghedi (Brescia)”. Lo afferma il rapporto della ONG Greenpeace, di cui rende conto il “Fatto quotidiano”, ispirato a uno studio del Ministero della Difesa di qualche anno fa.

“Nel 2008, mentre gli americani assicuravano che le bombe in Europa erano sicure, l’aeronautica USA scopriva che molti depositi nucleari non soddisfacevano gli standard di sicurezza del Pentagono. Qualche anno dopo, il ministero della Difesa illustrava ai membri del Nuclear Operations Working Group lo studio sulle 10 milioni di vittime potenziali in caso di attentato terroristico con bombe direzionali ad alta penetrazione nelle basi di Ghedi o Aviano: gli ordigni nucleari nei caveau deflagrerebbero e gli hangar farebbero da camera di scoppio, diffondendo una nube tossica su tutto il Nord-Est”.

Secondo fonti non governative sarebbero 40 le bombe atomiche americane presenti in Italia fin dai tempi della Guerra Fredda, in funzione di deterrente anti-sovietico.

 

[9 dicembre] Sud-Est asiatico. Cina-India-Iran. Cina-India-Afghanistan. Fiumi Mekong e Brahmaputra. Turchia

 

Il sud-est asiatico è incredibilmente attivo sul piano economico. Lo dimostra il Partenariato Economico Globale Regionale, un accordo di libero scambio tra i 10 Stati dell’ASEAN (Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos, Malaysia, Myanmar, Filippine, Singapore, Thailandia e Vietnam) e 5 dei loro partner di libero scambio: Australia, Cina, Giappone, Nuova Zelanda e Corea del Sud. Serve per la riduzione delle tariffe doganali.

I 15 Paesi membri rappresentano circa il 30% della popolazione e del PIL mondiali. È il più grande blocco commerciale del mondo. È il primo accordo di libero scambio tra Cina, Giappone e Corea del Sud (tre delle quattro maggiori economie asiatiche) ed è il primo accordo multilaterale di libero scambio a includere la Cina. Anche la UE non vede l’ora di parteciparvi.

È stato firmato nel novembre 2020 e dovrebbe entrare in vigore entro due anni, dopo la ratifica dei Paesi membri.

Il maggior manovratore di quest’accordo è stato il Giappone, preoccupato di recuperare uno spazio dopo che Trump, intenzionato a mettere dazi e dogane su certe merci straniere, aveva deciso di uscire dal Partenariato Trans-Pacifico (gli USA restano il maggior partner commerciale del Giappone, ma se Biden mantiene le medesime restrizioni commerciali, smetteranno di esserlo).

L’India, siccome nel suddetto Partenariato è presente anche la Cina, con cui è ai ferri corti, non ne ha voluto sapere.

Soprattutto teme che una riduzione dei dazi doganali potrebbe provocare un’impennata delle importazioni, svantaggiando la propria economia nazionale, che con la Cina ha già un enorme deficit commerciale, e non vuole averlo anche con altri Stati firmatari dell’accordo.

La crescente presenza militare ed economica della Cina nel Mar Arabico e nell’Oceano Indiano, attraverso il “Filo di perle” e la “Via della Seta marittima”, è avvertita dall’India in maniera molto preoccupante.

La necessità di assicurarsi le isole del Mare del sud cinese sarebbe il punto fondamentale di tutto il progetto di espansione cinese. L’isola cinese di Hainan è infatti il punto di partenza di una via marittima che collegherebbe la Cina in Medioriente con il Pakistan e al Gibuti nel Corno d’Africa.

Le navi cinesi vogliono avere una passaggio facile e veloce attraverso tre degli stretti più ricchi e pericolosi del mondo, stretto di Bab al Mandeb (tra Yemen e Gibuti), stretto di Aden (tra Iran e Oman) e stretto di Malacca (tra Indonesia e Malesia).

L’India ha indubbiamente un grande mercato interno ma è ancora debole come Paese esportatore di manufatti.

Anche i suoi rapporti commerciali con l’Iran stanno smettendo di essere fondamentali (si pensi solo all’importanza del porto di Chabahar nella provincia del Baluchistan-Sistan in Iran). Teheran sta abbandonando Nuova Delhi per fare affari soprattutto con Pechino (si veda la decisione iraniana di escludere l’India dal progetto ferroviario che collegherà la città portuale iraniana di Chabahar a Zahedan, una città vicino al confine con l’Afghanistan).

La politica di massima pressione dell’amministrazione Trump contro l’Iran ha spinto il Paese tra le braccia della Cina e ha causato un significativo svantaggio strategico al suo alleato a lungo termine, l’India.

La Cina ha intenzione di investire 400 miliardi di dollari nei settori bancario, dei trasporti e dello sviluppo in Iran. In cambio si aspetta di ricevere una fornitura regolare e fortemente scontata di petrolio iraniano nei prossimi 25 anni.

Il progetto anticinese dell’India di creare una rotta commerciale alternativa per l’Afghanistan e l’Asia centrale che, passando per il porto iraniano di Chabahar, aggirasse il porto di Gwadar, gestito dai cinesi in Pakistan, sta per andare in fumo.

 

Negli ultimi 20 anni l’Iran ha sostenuto i piani dell’India di stabilire nuove rotte commerciali (anche in funzione anticinese) e ha firmato diversi accordi per portare avanti queste iniziative.

L’anno scorso, tuttavia, quando Nuova Delhi ha smesso di acquistare petrolio dall’Iran per compiacere Washington e ha ulteriormente rafforzato i suoi legami strategico-militari con Israele, l’atteggiamento di Teheran nei confronti del progetto di connettività regionale di Nuova Delhi (dall’Oceano Indiano alla Russia) ha iniziato a cambiare.

La notizia dell’interesse di Nuova Delhi a partecipare al “Trans-Arabian Corridor” guidato da Israele, che mira a collegare l’India all’Eurasia attraverso Israele e diversi Stati arabi ostili all’Iran, ha ulteriormente incoraggiato Teheran a cercare altre alleanze regionali.

Il nuovo accordo tra Pechino e Teheran include piani cinesi per sviluppare diversi porti in Iran, come il porto di Bandar-e-Jask che è strategicamente situato ad est dello Stretto di Hormuz. Ciò conferisce a Pechino il controllo su uno degli snodi chiave del commercio mondiale e quindi può minare il dominio navale degli Stati Uniti in Medio Oriente, poiché avere un punto d’appoggio a Bandar-e-Jask non solo consentirebbe alla Cina di monitorare la Quinta Flotta della Marina degli Stati Uniti con sede in Bahrain, ma, insieme a una presenza nei porti di Gwadar e Gibuti, aumenterebbe anche la presenza cinese nella regione dell’Oceano Indiano.

La Cina nostra d’essere molto più strategica non solo dell’India ma anche degli USA.

 

Dopo l’11 settembre l’influenza politica ed economica dell’India era cresciuta in Afghanistan sotto l’ombrello della sicurezza statunitense.

Tuttavia dall’accordo recente tra Stati Uniti e talebani a Doha l’India è stata esclusa. Essa non avrà alcun ruolo nel processo di pace intra–afghano. Dopo il ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan la sua influenza si ridurrà ulteriormente.

Ciò offrirà alla Cina un vantaggio per collegare potenzialmente l’Afghanistan post-statunitense nel quadro della Nuova via della seta, cui Pechino riuscirà a coinvolgere anche l’Iran, emarginando completamente l’India.

La Cina sarà anche in grado di aiutare il Pakistan a migliorare le sue relazioni con l’Iran, assistendo i due Paesi nel pacificare la rivolta armata etno-separatista in Baluchistan. Cosa che l’India, strenua rivale del Pakistan, non ha mai saputo o voluto fare.

L’espulsione dell’India dall’Iran farà si che il commercio di transito dall’Afghanistan e dall’Asia centrale continuerà attraverso i porti pakistani.

Bisogna ammettere che la Cina ha in politica estera un approccio molto più pragmatico di quello indiano.

 

Il fiume Mekong, lungo 4.350 km, è non solo il dodicesimo fiume del mondo ma è considerato la più grande riserva di pesca nell’entroterra del mondo, secondo solo all’Amazzonia.

Il Mekong costituisce una fonte di sostentamento per circa 60 milioni di persone che vivono lungo il suo corso, e cioè gli altipiani tibetani, il Laos, la Thailandia, la Birmania, la Cambogia e il Vietnam, prima di confluire nel Mar Cinese meridionale.

Ebbene, lo scopo della Cina è di costruirci sopra la Sambor Hydropower Dam per il 2030, una diga imponente progettata dalla China Southern Power Grid Company, impresa cinese che ha già costruito nel 2018 la Lower Sesan Hydropower Dam in Cambogia con un investimento di 816 milioni di dollari e con una capacità produttiva di 400 megawatt.

Già nel 2014 Pechino ha portato a compimento la costruzione dell’infrastruttura idrica di Nuozhadu, in grado di produrre 5.800 megwatt di energia. Si trova sempre sul fiume Mekong, nella provincia dello Yunnan (sud-ovest della Cina).

La Cina ha un grande bisogno di bacini idrici a causa della sua enorme crescita economica e demografica. Ma anche perché non può permettersi che i mutamenti rapidi del clima provochino scarsità di acqua dolce.

Inoltre la costruzione di infrastrutture idriche così imponenti le permette d’incrementare la sua proiezione di potenza in relazione al commercio fluviale, consentendole il passaggio di navi fino a 500 tonnellate. Senza considerare che nel contempo potrebbe controllare le risorse idriche di quei Paesi, come p.es. il Vietnam, che si affacciano sul Mar Cinese meridionale.

Proprio per questo la Cina ha cercato di costruire relazioni sempre più fitte con il Laos, la Cambogia e Myanmar, finendo per diventare il più importante investitore straniero per progetti infrastrutturali.

Nel Mar Cinese meridionale passano merci per un valore complessivo di 3 trilioni di dollari ogni anno e, non a caso, la cinese Export - Import Bank intende promuovere rilevanti investimenti infrastrutturali come installazioni portuali, ferrovie ad alta velocità in Laos, Singapore e Vietnam e un oleodotto che dal porto birmano di Kyaukpyu arrivi alla Cina.

Chi controlla il commercio marittimo controlla il mondo. Si pensi all’importanza della diga di Mosul sul fiume Tigri (la più grande diga dell’Iraq e la quarta di tutto il Medio Oriente) o di quella siriana di Tabqa sull’Eufrate. La stessa Guerra dei Sei Giorni, combattuta nel 1967 tra Israele da un lato ed Egitto, Siria e Giordania dall’altro, consentì a Israele di controllare le risorse d’acqua dolce del Golan, sul Mare di Galilea e sul fiume Giordano.

 

Una nuova controversia tra India e Cina riguarda il fiume Brahmaputra. Sulla parte tibetana del fiume Brahmaputra – che scorre dalla regione del Tibet verso l’Arunachal Pradesh, attraversa l’Assam e arriva fino al Bangladesh dove sfocia in mare – la Cina intende costruire una diga, da cui potrebbe ottenere un potenziale idroelettrico fra i più alti a livello mondiale: 70 milioni di kilowatt.

Senonché questa faraonica costruzione potrebbe determinare alluvioni o comunque carenze d’acqua sul territorio sia dell’India che del Bangladesh.

Proprio l’Arunachal Pradesh – che si estende per 83.000 kmq – è oggetto di forti contrasti tra cinesi e indiani, dal momento che la Cina considera questa regione come parte integrante del proprio territorio (non a caso la definisce il Tibet meridionale), mentre l’India, che gestisce l’area, sotto il profilo politico ed amministrativo, la riconosce come propria parte integrante fin dal 1986.

L’evidente espansionismo di Pechino in Asia meridionale e nel Mar Cinese Meridionale (anche attraverso la Nuova Via della Seta) sta minacciando la sicurezza dell’India e il multilateralismo della regione indo-pacifica.

Indubbiamente lo Stretto di Malacca dà a Nuova Delhi un vantaggio sulle linee di approvvigionamento energetico della Cina e sul commercio nell’Oceano Pacifico occidentale.

Inoltre le capacità di sorveglianza del Comando militare sulle isole Andamane e Nicobare preserva la sicurezza regionale collettiva nell’Indo-Pacifico relativamente al quadrilatero India-Australia-Giappone-USA.

Ma tutto ciò non basta a rassicurare l’India. Non basta il fatto ch’esse abbia legami storici col sud-est asiatico, per cui considera d’importanza centrale, sul piano politico-economico, l’ASEAN. Non basta che abbia stretti legami di tipo militare con gli USA (lo dimostra anche il recente accordo di difesa Maldive-USA) in funzione anticinese.

L’India non si sente più sicura come un tempo, e quando lo farà capire non dovremo meravigliarci.

 

La Turchia è la settima potenza agricola al mondo e la prima in Medio Oriente. È una leader nella produzione di nocciole, ciliegie, fichi, lenticchie, albicocche, ecc.

Ha una bilancia commerciale agricola con un surplus del 4,9%.

L’industria alimentare turca vuole diventare un partner rispettato sul mercato internazionale.

Il conglomerato Yıldız Holding ha già acquisito la cioccolateria belga Godiva nel 2007 e nel 2014 la società United Biscuits.

Tuttavia esiste un vertiginoso e prolungato aumento dei prezzi che sta erodendo il potere d’acquisto delle famiglie.

Dal 2007 il prezzo medio del pollame è aumentato del 238% e quello della carne bovina del 290%. In Turchia mangiare carne è diventato un lusso riservato a una piccola parte della popolazione.

Questa situazione è il risultato dell’apertura per diversi anni dell’agricoltura nazionale al mercato internazionale: grano e mais importati dalla Russia, riso dagli Stati Uniti, fagioli secchi e ceci dall’India, Messico o Canada, carne rossa dalla Francia, dalla Polonia o dalla Bosnia-Erzegovina, ecc.

Se si vuole entrare nei mercati internazionali, si deve essere disposti a rinunciare alla propria autonomia alimentare.

Il governo Erdoğan però non capisce questa cosa e preferisce far credere che l’aiuto alimentare offerto dal suo Paese costituisca un mezzo fondamentale per affermare la propria presenza all’interno del Medio Oriente e della Libia. Vuol indorare la pillola del proprio autoritarismo militare con gli aiuti umanitari. Ambisce a far credere d’essere il “Paese più generoso del mondo” con un budget di 7,6 miliardi di dollari stanziati per gli aiuti umanitari, molto più avanti degli Stati Uniti o dell’Europa.

Intanto però Erdoğan ha posto in essere un accordo per la cooperazione trilaterale in campo militare tra Libia, Turchia e Qatar, ottenendo in cambio la concessione da parte di Tripoli del porto di Misurata come base militare per le proprie navi militari operanti nel Mediterraneo Orientale. In ciò chi ci ha rimesso è stata l’Italia, che nel Mediterraneo conta sempre meno (a Misurata ha solo un ospedale da campo gestito dai paracadutisti).

Tripoli ha la necessità assoluta di guardarsi alle spalle dai numerosi e agguerriti nemici che mirano a spodestare il governo di Accordo Nazionale di al-Sarraj. E non può che rivolgersi alla Turchia, che l’ha salvata dalla sicura cacciata da parte dell’Esercito Nazionale Libico del generale Khalifa Haftar, ora ritiratosi nelle retrovie a organizzare la riscossa.

Anche il Qatar aiuta la Libia in funzione antisaudita. Riyad infatti appoggia il generale Haftar.

Gli scontri in Libia non sono finiti, perché Haftar (sostenuto anche dai russi) controlla la cosiddetta “Mezzaluna petrolifera”, da dove arrivano i 2/3 delle esportazioni petrolifere della Libia nel Golfo della Sirte.

Russi e turchi dovranno trovare un accordo, poiché la Turchia è sempre più aperta verso il mercato russo, con un aumento significativo delle esportazioni verso Mosca, mentre aumentano significativamente le vendite di armi russe alla Turchia.

 

[10 dicembre] Banco BPM. USA e Cina. Cina e Iran. Debito pubblico

 

I dirigenti del Banco BPM hanno anticipato ai sindacati la chiusura di 300 filiali di piccole dimensioni, che comporterà il licenziamento di circa 1.500 di dipendenti.

Il Banco BPM è il terzo gruppo bancario italiano ed è presente su tutto il territorio nazionale; effettua la gestione di oltre 1.200 servizi di Tesoreria e Cassa di Regioni, Aziende Ospedaliere, Università, numerosissimi Enti Locali, scuole e altre importanti realtà pubbliche Italiane ed internazionali.

L’obiettivo è quello di potenziare le filiali più grandi e di far crescere il digital banking, diminuendo gli accessi fisici in filiale, drasticamente calati a causa della pandemia.

All’inizio del 2017 il Banco BPM contava 2.387 sportelli. A giugno sono scesi a 1.808 (di questi, 1.752 sono di Banco BPM mentre gli altri appartengono a Banca Aletti e Banca Akros).

Con la chiusura di altre 300, le filiali scenderebbero intorno alle 1.500, quasi mille in meno rispetto al 2017.

I lavoratori dipendenti a inizio 2017 erano 24.353, al 30 settembre scorso erano 21.752. Presto scenderanno intorno a quota 20 mila.

È saltato l’accordo sindacale secondo cui per ogni due uscite almeno un nuovo impiegato avrebbe dovuto essere assunto.

Questa situazione tenderà a ripetersi per altre banche. Il destino è quello di trasformare la fisicità del rapporto bancario in una sua virtualità digitale. Il denaro come mezzo fisico di pagamento tende a scomparire, sostituito dai pagamenti elettronici. Le banche tenderanno a ridursi sempre più, a fondersi in poche grandi banche. I recenti tagli decisi da Unicredit e la fusione Intesa Sanpaolo-Ubi lo dimostrano. Siamo solo agli inizi di un processo irreversibile, che il Covid ha soltanto drasticamente accelerato.

 

Il conflitto tra Stati Uniti e Cina è relativo al Mar Cinese meridionale, che geograficamente parlando è una sorta di porzione dell’Oceano Pacifico che si allunga dallo stretto di Malacca fino allo stretto di Taiwan, abbracciando un’area di 648 miglia quadrate.

Il commercio petrolifero che passa attraverso lo stretto di Malacca è considerevolmente superiore sia al commercio petrolifero che attraversa il Canale di Suez sia soprattutto a quello che attraversa il canale di Panama.

Per quanto riguarda la Cina infatti il 90% delle importazioni petrolifere passano proprio per il Mar Cinese meridionale. A tale scopo la Cina ha posto in essere infrastrutture permanenti e isole artificiali su alcuni atolli negli arcipelaghi Spratly e Paracel allo scopo di sorvegliare la sua principale rotta petrolifera.

Il problema è che sia per il controllo del commercio marittimo che per le risorse di petrolio e gas, Pechino rivendica la sovranità su circa l’80% del Mar Cinese Meridionale, in costante conflitto con Vietnam, Taiwan, Filippine, Brunei e Malaysia.

Se scoppierà una guerra mondiale, le motivazioni non saranno più in Europa occidentale, come nelle due volte precedenti. L’Asia sta diventando infinitamente superiore non solo alla UE ma anche agli Stati Uniti. Il fatto stesso che nessun Paese europeo abbia pensato di contrastare la strategia cinese sul sistema portuale mediterraneo, lo dimostra.

Per contenere l’ascesa economica e militare della Cina nel Pacifico, gli USA hanno da tempo intensificato la cooperazione economica e militare con i loro alleati dell’Asia-Pacifico (sul piano militare in particolare con le Filippine, il Vietnam, l’Indonesia e la Malaysia). Ma l’hanno fatto attraverso l’ASEAN, storicamente legata alla Cina sul piano economico e nata allo scopo di eliminare le barriere tariffarie, quelle che Trump invece ha voluto mettere per salvare l’economia americana dalla concorrenza asiatica.

 

L’accordo commerciale e militare tra Cina e Iran parla di un investimento cinese da 400 miliardi di dollari in 25 anni: 280 miliardi nel settore petrolifero energetico e 120 in altri settori quali 5G, infrastrutture portuali, logistica terrestre ecc. In cambio l’Iran s’impegnerà a vendere petrolio, gas e prodotti derivati a prezzi scontati alla Cina.

L’Iran possiede riserve di energia fossile (petrolio e gas) pari se non superiori a tutti i Paesi medio orientali. Con la guerra commerciale USA-Iran, la repubblica medio orientale è sempre più spinta a cercare nuovi mercati per valorizzare le sue risorse fossili.

L’Iran possiede una delle più grandi flotte navali commerciali del mondo: circa 100 navi per il trasporto di petrolio e derivati. Tuttavia è una flotta decrepita. Anche i porti strategici di Kharg-Busher e Chabahar hanno infrastrutture vecchie. Chabahar, posto in prossimità del confine con il Pakistan, acquisterà un’importanza considerevole per i cinesi. È stato proprio questo porto a ridurre al minimo l’embargo voluto dagli USA.

I cinesi stanno già potenziando enormemente il porto di Gwdar in Pakistan e di Doraleh in Djibouti, dove a fianco delle unità commerciali civili sono presenti spesso unità militari navali cinesi (nel caso del porto del Djibouti si parla della più grande base extra-territoriale cinese). Tutti i porti gestiti dai cinesi, una volta collegati alla loro rete, diventano una perfetta area di “interdizione” per le navi non allineate.

Qui se non si guardano le cose in chiave geopolitica su scala globale, non si riesce a capire granché di come va il mondo.

 

Secondo il Centro studi di Unimpresa nei primi nove mesi del 2020 la voragine nei conti statali si è ampliata al ritmo di 20 miliardi al mese, contro una media mensile di 2,4 miliardi nel 2019.

Da gennaio a settembre di quest’anno il debito è cresciuto complessivamente di 173 miliardi, con un incremento del 7,2%. Nel 2019 era invece salito di 29 miliardi (+1,2%).

A settembre il debito pubblico italiano si è attestato a 2.582 miliardi, mentre a fine 2019 era pari a 2.409 miliardi, a fine 2018 a 2.380 miliardi, a fine 2017 a 2.329 miliardi e a fine 2016 a 2.285 miliardi.

L’esplosione del debito è legata esclusivamente alla pandemia.

È evidente che la politica del debito va ampiamente rivista, altrimenti nei prossimi anni gli italiani subiranno pesantissimi salassi alle loro finanze. E tutti sappiamo che con la nostra mostruosa evasione ed elusione fiscale, pagheranno i soliti noti.

In condizioni del genere gestire male le risorse europee sarebbe da criminali, e se la destra fascioleghista andasse al governo, lo faremmo sicuramente.

 

[11 dicembre] Francia, radicalismo islamico. Danimarca e Groenlandia. Marocco

 

La maxi-legge contro i separatismi e il radicalismo islamico è stata varata dal Consiglio dei ministri francese così come l’aveva tratteggiata Emmanuel Macron dopo i recenti attentati. Il disegno di legge inizierà a essere discusso a febbraio in Assemblea nazionale.

Il testo prevede:

– obbligo scolastico statale dai 3 anni fino a 16, salvo deroghe particolari, da autorizzarsi da parte del Ministero dell’Istruzione (questo per evitare la scolarizzazione a domicilio: il 50% dei bambini, circa 30.000, che frequentano le scuole coraniche risulta ufficialmente istruito in famiglia);

– revisione contabile degli enti di ispirazione islamica (previsti per i 2.600 centri islamici un rafforzamento del controllo sui finanziamenti esteri, provenienti soprattutto da Turchia, Tunisia, Marocco, Arabia Saudita e Qatar a favore dei luoghi di culto; le stesse donazioni superiori ai 10 mila euro dovranno essere sottoposte a una dichiarazione specifica);

– stop ai certificati di verginità rilasciati da parte dei medici (previsti un anno di detenzione e una multa di 15 mila euro);

– si vieta il rilascio di titoli di soggiorno a persone in stato di poligamia;

– previsto un nuovo reato, quello “di messa in pericolo della vita altrui attraverso la diffusione di informazioni relative alla vita privata, familiare e professionale di una persona che permettono di identificarla o di localizzarla”;

– norme per porre fine ai 200mila matrimoni forzati o combinati, dando all’anagrafe maggiori poteri (obbligo per i funzionari di stato civile di incontrare separatamente i futuri sposi: in caso di dubbi sulla natura libera del “Sì”, potranno informare la procura per un’eventuale opposizione al matrimonio);

– prevista un lotta contro i vincoli di genere nell’utilizzo delle piscine e delle mense scolastiche.

Il testo propone anche di perseguire gli autori di minacce, violenze e intimidazioni per motivi religiosi: la misura intende per es. tutelare il personale ospedaliero quando un marito richiede che la moglie venga visitata da una medica.

È evidente che un controllo così capillare può diventare il pretesto per realizzare analoghi controlli su situazioni che nulla hanno a che fare con la religione.

 

Nel 1951 una nave partì da Nuuk, la capitale della Groenlandia, diretta per la Danimarca: a bordo c’erano 22 bambini tra i sei e i dieci anni, separati dalle loro famiglie Inuit per essere educati in Europa, e poter facilitare da adulti una “modernizzazione” della società groenlandese, auspicata dal governo danese. Di quei 22 bambini ne tornarono in Groenlandia un anno dopo soltanto 16, ma siccome i loro genitori non li ripresero, perché li vedevano troppo cambiati, persino nella lingua che parlavano, si decise di metterli in un orfanotrofio, costruito dalla Croce Rossa, al fine di preservare quello che avevano imparato in Danimarca. Ai bambini non furono fornite spiegazioni e non recuperarono mai i rapporti coi genitori.

Oggi, a distanza di quasi 70 anni, sono ancora vivi e vivono a Nuuk soltanto sette di quei 22 bambini. Alcuni sono morti giovani, senzatetto e alcolizzati, e nessuno è stato il traino per la modernizzazione auspicata dalle autorità danesi. Anzi per lo più hanno vissuto ai margini della pur piccola società groenlandese, privati delle loro radici e della loro identità, della loro lingua e dei loro legami familiari.

Gli Inuit sono una popolazione che abita da secoli la Groenlandia, dove vive cacciando le foche. In quell’isola (che oggi ha 56.000 ab.), a partire dal Settecento, avevano cominciato a stabilirsi sporadici colonizzatori e missionari danesi.

Finalmente la prima ministra danese, Mette Frederiksen, si è assunta, come governo, la responsabilità di questa vergogna e si è scusata ufficialmente, proprio perché le famiglie Inuit coinvolte nella vicenda chiedevano dalla fine degli anni ’90 un riconoscimento ufficiale delle loro sofferenze e delle scuse. Ciò in quanto solo nel 1996, grazie alle ricerche d’archivio di una scrittrice danese, i bambini avevano scoperto di essere stati separati dalle loro famiglie per un esperimento sociale.

Le prime scuse arrivarono nel 1998 da parte della Croce Rossa, poi nel 2009 da Save the Children Danimarca, che partecipò al progetto di forzata inculturazione.

Gli europei han sempre fatto nefandezze del genere nelle colonie che occupavano. Ne parla anche l’autrice canadese del libro Anna dai capelli rossi.

La Danimarca non ha mai voluto riconoscere alla Groenlandia la propria indipendenza. Solo dopo il referendum del 2008 ha cominciato a riconoscerle ampia autonomia. Ma non si sa cosa potrà succedere quando il petrolio e le risorse minerarie diverranno accessibili a causa del riscaldamento globale.

 

Marocco e Israele hanno concordato di stabilire relazioni diplomatiche. È il quarto Paese islamico che lo fa dopo Emirati arabi uniti, Bahrein e Sudan.

Trump ha ottenuto questo accordo perché, da quell’irresponsabile che è, ha riconoscono la sovranità di Rabat sul Sahara Occidentale, ignorando volutamente che quel territorio è conteso tra il Marocco e il Fronte Polisario (Fronte di Liberazione Popolare di Saguia el Hamra e del Río de Oro), movimento politico che ne ha dichiarato l’indipendenza proclamando la Repubblica Democratica Araba dei Sahrawi.

Prima della fondazione di Israele nel 1948, il Marocco ospitava una numerosa popolazione ebraica, molti dei cui antenati migrarono in Nord Africa dalla Spagna e dal Portogallo durante l’Inquisizione spagnola. Oggi, centinaia di migliaia di ebrei israeliani fanno risalire la loro discendenza al Marocco, e una piccola comunità di ebrei, stimata in diverse migliaia di persone, continua a vivere in Marocco. 50.000 israeliani si recano in Marocco ogni anno per conoscere la comunità ebraica e ripercorrere le loro storie familiari.

 

[12 dicembre] USA, pena di morte. OMS, salute globale

 

Il detenuto nel braccio della morte, Brandon Bernard, un afroamericano di 40 anni, è stato giustiziato con un’iniezione letale nella prigione federale di Terre Haute, Indiana, negli USA.

Poche ore prima dell’esecuzione la Corte Suprema ha negato una richiesta di sospensione da parte degli avvocati Alan Dershowitz e Ken Starr, che si sono recentemente uniti al team di Bernard.

Brandon Bernard era stato condannato a morte nel 2000 per il rapimento, la rapina e l’omicidio di una coppia dell’Iowa che era in visita in Texas. A quel tempo Brandon Bernard aveva 18 anni. Lui e altri membri di una gang in Texas, il 20 giugno 1999 chiesero un passaggio a una giovane coppia, Todd e Stacie Bagley (26 e 28 anni). I due vennero chiusi nel cofano dell’auto, le loro carte di credito svuotate passando a diversi bancomat, e infine furono uccisi a colpi di pistola, e l’auto data alle fiamme. Secondo l’accusa, Christopher Vialva, 19 anni, aveva sparato alle vittime, e Brandon Bernard, su ordine di Vialva, aveva dato fuoco all’auto. I due vennero processati nel 2000 da una corte federale a Waco ed entrambi condannati a morte. Vialva venne condannato a morte tre volte, Bernard a morte una volta e due volte all’ergastolo senza condizionale. Altri imputati, che all’epoca erano minorenni, sono stati condannati a pene detentive. Vialva è stato giustiziato il 22 settembre 2020.

I legali di Bernard avevano chiesto l’ergastolo senza condizionale, perché Bernard era stato un detenuto modello.

Non è servito a niente che un numero crescente di persone abbia pubblicamente contestato il fatto che la pena di morte dovrebbe essere riservata al “peggiore tra i peggiori”, e non dovrebbe essere imposta a Bernard, che non ha sparato.

Dei 12 giurati del processo del 2000, 9 sono ancora in vita. Tra loro, cinque hanno rilasciato dichiarazioni giurate in cui sostengono di aver cambiato idea, e di non ritenere, oggi, che Bernard debba essere giustiziato. Undici membri di quella giuria erano bianchi; i cinque imputati erano neri.

Anche Angela Moore, la procuratrice federale che aveva rappresentato la pubblica accusa nei gradi di appello, aveva dichiarato di aver cambiato opinione.

L’8 dicembre il New Yorker ha riferito che il Clemency Attorney degli Stati Uniti (l’agenzia federale che esamina le richieste di clemenza dei detenuti federali, anche dei condannati a morte), aveva “fortemente raccomandato” la commutazione in ergastolo della condanna di Bernard, e aveva ripetuto la raccomandazione in un rapporto alla Casa Bianca.

Bernard diventa la 9a persona giustiziata quest’anno dal sistema federale, la 12a giustiziata dal governo federale da quando ha ripreso le esecuzioni nel 2001, la 16a persona giustiziata quest’anno negli Stati Uniti e la n° 1.528 da quando gli Stati Uniti hanno reintrodotto la pena di morte nel 1976 e ripreso le esecuzioni nel 1977.

Bernard è anche il più giovane imputato federale giustiziato in 70 anni, e dopo Orlando Hall è il 2° detenuto in 130 anni ad essere giustiziato durante il periodo di transizione tra due presidenti, quando, per consuetudine, il governo uscente gestisce solo l’ordinaria amministrazione o, all’opposto, particolari emergenze.

Prima della fine della presidenza Trump sono previste altre 4 esecuzioni. Con quelle la sua amministrazione avrebbe il record in oltre un secolo. Da luglio sarebbero 13.

Qui non è solo questione di Trump. È la giustizia degli USA a essere barbara. Non si rendono conto che se si commina la pena di morte, è praticamente impossibile, cioè diventa puramente casuale non eseguirla sulla base di un successivo pentimento da parte di qualcuno (imputato, giuria, giudici, mass-media). Usano questa pena come deterrente per le enormi contraddizioni sociali del Paese. Ma è evidente che di fronte a contraddizioni del genere non è la paura della pena di morte a impedire che si compiano dei crimini. Anzi in presenza della pena di morte e di una giustizia che in generale commina sentenze spropositate rispetto alla gravità del reato, chi compie anche solo una rapina tenderà a uccidere la vittima se lo fa a viso scoperto. Ogni anno, negli Stati Uniti, vengono commessi circa 15mila omicidi.

Inoltre in una società razzista come quella è assurdo far giudicare un nero da una giuria di bianchi.

Ma soprattutto: che senso ha giustiziare una persona quando, dopo 22 anni di carcere, si può avere di fronte a sé una persona del tutto diversa rispetto a quella che aveva compiuto il crimine? Una persona che nel frattempo può essere maturata e aver compreso la gravità dell’azione compiuta...

 

Le Stime Globali sulla Salute 2019 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità confermano il trend in crescita della longevità: nel 2019 le persone vivevano 6 anni in più rispetto al 2000, con una media mondiale di 73 anni nel 2019 rispetto a quasi 67 nel 2000. Ma aumenta la disabilità.

Le malattie cardiache restano la principale causa di morte a livello globale negli ultimi 20 anni. Rappresentano il 16% dei decessi totali per tutte le cause. A segnare un aumento sono i Paesi asiatici, mentre l’Europa ha registrato un calo dei decessi del 15%. Probabilmente questo dipende dallo stress o dalla sedentarietà, ma anche da fumo, alcol e droghe.

L’Alzheimer e altre forme di demenza entrano tra le prime 10 cause di morte e sono al terzo posto sia in America che in Europa nel 2019. Ecco un bel risultato per la nostra aspirazione a campare il più possibile. Ci metterei dentro anche il quotidiano bombardamento di onde elettromagnetiche, che sicuramente al cervello non fanno bene.

I decessi per diabete sono aumentati del 70% a livello globale tra il 2000 e il 2019, soprattutto tra i maschi. Probabilmente questo dipende non solo dalla sedentarietà ma anche e soprattutto dall’influenza della pubblicità, che stimola i peccati di gola.

C’è invece una diminuzione globale dei decessi per malattie trasmissibili, anche se restano molto alti nei Paesi a basso e medio reddito. P.es. l’Aids è scesa dall’ottava causa di morte nel 2000 alla 19a nel 2019 (si usano di più i profilattici?), e la tubercolosi è passata dal 7° posto nel 2000 al 13° nel 2019, con una riduzione del 30% dei decessi globali. A proposito di tbc: questa malattia è presente soprattutto nel Sud Est Asiatico (in particolare India e Cina), nel Pacifico Occidentale (62% dei nuovi casi) e in Africa (25% dei nuovi casi). In Italia ogni anno abbiamo circa 4.000 nuovi casi.

Nel 2019 le polmoniti sono state classificate come la quarta causa di morte, ma il numero globale di decessi è diminuito di quasi mezzo milione rispetto al 2000. Molto probabilmente queste ci vengono dall’inquinamento atmosferico.

Insomma dall’ictus ai tumori, dalla demenza al diabete, le malattie non trasmissibili rappresentano 7 delle 10 principali cause di morte al mondo, mentre escono dalla classifica Aids e tubercolosi.

 

[13 dicembre] Azeri e Armeni. Iran, Ruhollah Zam. UE e Turchia. Sistema bancario

 

Impressionante quanto dice Ani Vardanyan, docente di lingua italiana all’Università Brusov di Yerevan e all’Università Americana in Armenia, sul “Fatto Quotidiano” a proposito degli Armeni. Vi aggiungeremo altre informazioni.

In Azerbaijan, un Paese dove l’odio verso l’etnia armena è la base della propaganda del regime, quasi un dovere morale, la cancellazione di qualsiasi traccia della presenza armena nel territorio ha una lunga storia. Si tratta di un odio talmente forte che non ha voluto risparmiare neppure le migliaia di khachkar armeni (croci di pietra medievali riconosciute Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco), sistematicamente distrutte negli anni 1998-2005 presso la necropoli di Djulfa a Nakhichevan, visibile persino in Iran. Al posto del cimitero gli azeri han costruito un poligono di tiro militare.

Djulfa è stato l’ultimo importante sito armeno nel Nakhichevan ad essere distrutto. I funzionari azeri però affermano che tale distruzione è una fake news degli armeni, in quanto il sito non è mai esistito o non è mai stato armeno. Non può però essere stato, come vogliono gli azeri, un luogo degli “albanesi caucasici”, poiché la distribuzione geografica della loro nazione, da tempo estinta, non ha mai incluso il Nakhichevan. Anche oggi, quando parlano del Nakhichevan come fondamento di una “cultura turco-islamica antica e medievale”, senza fare riferimenti al suo passato cristiano, mentono sapendo di mentire.

Apriamo una parentesi storica. Subito dopo che i bolscevichi presero il potere nell’area, stabilirono che le due regioni contese – Nagorno-Karabakh e Nakhichevan – fossero considerate come realtà autonome all’interno dell’Azerbaijan sovietico. Tuttavia, mentre il Nagorno-Karabakh preservò la maggioranza della popolazione armena (cosa che sicuramente perderà dopo la guerra persa nei giorni scorsi grazie all’intervento turco a favore degli azeri), le comunità armene di lunga data di Nakhichevan si ridussero di parecchio nel corso del XX sec. Ecco perché gli azeri han potuto devastare tranquillamente la cultura armena. Il passato armeno di Nakhichevan è stato praticamente cancellato. Non dimentichiamo che quando i turchi ottomani fecero il genocidio armeno nel 1919, furono aiutati anche dagli azeri.

Naturalmente il governo azero ha sempre vietato agli osservatori internazionali di visitare Nakhichevan per verificare la distruzione della necropoli e di altre chiese armene. Alla fine degli anni ’80 vi erano in Nakhichevan 89 chiese armene, 5.840 khachkar decorati e 22.000 lapidi orizzontali. Vi erano anche sette mausolei islamici e 27 moschee. La conferma delle devastazioni è stata data, tra le altre prove, dalle rilevazioni satellitari del 2010.

Il perché di un tale odio verso il popolo armeno è di antica data e ha radici religiose.

Nel 1975 gli azeri demolirono l’antica chiesa della Santissima Trinità, posta proprio dove nel 705 d.C. vi fu il rogo di massa dei nobili armeni da parte degli invasori arabi.

Nell’Enciclopedia bilingue dei monumenti di Nakhchivan, in inglese e azero, mancano proprio le suddette 89 chiese medievali, i 5.840 khachkar e le 22.000 lapidi che lo storico e giornalista armeno Argam Ayvazyan aveva fotografato.

Oggi il ministro della cultura azera, Amar Karimov, che dovrebbe garantire la protezione dei monumenti armeni, è impegnato direttamente nella falsificazione della storia, che riguarda il patrimonio artistico-religioso armeno. Oltre ai recenti atti vandalici compiuti verso le chiese armene, come nel caso delle due chiese di Shushi (San Salvatore e San Giovanni Battista), si assiste ancora una volta a una inaccettabile falsificazione dei fatti storici.

Un esempio calzante può essere la chiesa armena a Nij, “restaurata” nel 2004 mentre vennero cancellate le iscrizioni in lingua armena che ne confermavano l’origine appunto armena.

Altro esempio è il caso di Dadivank, un monastero di inestimabile valore architettonico ed artistico, dove si trovano le reliquie di San Dadi, discepolo di San Giuda Taddeo. Secondo il ministro Karimov si tratterebbe di “uno dei migliori testimoni della civiltà dell’antica Albania Caucasica”.

Altro esempio. Un progetto di costruzione completato nel 2016 sulle rovine del castello in cima alla collina Ernjak è stato promosso come “la fortezza di Alinja restaurata - il Machu-Picchu dell’Azerbaijan”, senza alcun riferimento al suo passato armeno. Eppure proprio in quel castello il re armeno Smbat I, dopo essersi arreso, fu torturato, decapitato e crocifisso del 914 d.C., per mano dell’emiro Sajid Yusuf del califfato abbaside durante il suo assedio al castello.

L’Azerbaijan si sta appropriando dei monumenti armeni, negando la loro vera origine e attribuendoli all’Albania Caucasica. Cancella le prove, nega l’evidenza dei fatti, crea una storia fittizia e infine fa propaganda.

L’Azerbaijan è disposto a creare dal nulla storie inesistenti per centinaia di siti archeologici, chiese, complessi monastici, fortezze, monumenti, cimiteri attribuendo la loro appartenenza a qualsiasi civiltà, purché non sia quella armena.

Non a caso le immagini dei monumenti armeni pubblicate sui social network sono spesso accompagnate dall’hashtag #dontbelieveArmenia, che viene a confermare la loro volontà di sfidare la Storia.

Oggi l’unico sito cristiano sopravvissuto in Nakhichevan è quello che le autorità azere chiamano il “Tempio di Ordubad”, l’ex chiesa ortodossa russa di Alexander Nevsky, costruita nel 1862 dagli Araskhanians, un importante clan armeno di  Agulis. Nel 2016, dopo una ristrutturazione che ha alterato in modo significativo la struttura originale, le autorità azere hanno riaperto l’ex chiesa russa come “tempio-museo”, dimostrando che in Azerbaigian esiste  multiculturalismo e tolleranza. Ma ciò non impedisce alle autorità di ribadire che gli armeni non esistevano a Nakhichevan.

Nel 2013 il presidente azero Aliyev era furioso con un famoso scrittore dell’Azerbaigian – Akram Aylisli – per aver pubblicato nel 2012 un romanzo (Sogni di pietra) sulla sofferenza e l’antichità armena. Gli ha revocato la pensione e il titolo di “scrittore del popolo”. I suoi testi sono stati rimossi dalle biblioteche e dai programmi scolastici, anzi bruciati pubblicamente e i membri della sua famiglia sono stati licenziati dal loro lavoro. Il presidente del Consiglio del Caucaso islamico lo dichiarò “apostata”. Alcuni deputati proposero di fargli un’analisi del Dna per accertare se fosse “geneticamente” armeno. E il leader del partito nazionalista Muasir Musavat offrì 13 mila dollari a chiunque gli avesse mozzato un orecchio.

Un gruppo di intellettuali internazionali aveva proposto Aylisli, detto il “Sakharov del Caucaso”, per il Premio Nobel per la Pace nel 2014.

Ora ha 83 anni e vive a Baku, la capitale azera, come fosse in domicilio coatto. Non può espatriare. La Procura gli ha persino ritirato la carta di identità e senza quella una persona è privata di tutti i diritti civili. Dal 2005 al 2010 è stato deputato al Parlamento azero. Aveva deciso di pubblicare Sogni di pietra dopo che un ufficiale azero, Ramil Safarov, condannato all’ergastolo in Ungheria per aver decapitato a colpi d’accetta, durante un master NATO, un pari grado armeno che dormiva, era stato accolto in modo trionfale in Azerbaigian quando poté rientrarvi.

Oggi l’Azerbaigian è al 168º posto (su 180) nella classifica mondiale sulla libertà di stampa di Reporters sans frontières.

 

Il giornalista e dissidente Ruhollah Zam è stato impiccato a Teheran perché accusato di aver fomentato la violenza nelle manifestazioni di tre anni fa contro il governo: proteste scatenate da un aumento dei prezzi, la cui repressione comportò almeno 25 vittime, oltre a 5 mila persone arrestate.

La Corte ha ritenuto che i tredici capi di imputazione corrispondano all’accusa di “corruzione sulla Terra” e quindi ha comminato la pena di morte.

Zam sarebbe stato “uno strumento nelle mani di servizi di spionaggio stranieri” e avrebbe usato i social network per diffondere informazioni false sin dal 2009.

“Corruzione sulla Terra” è una possibile traduzione di Mofsed-e-filarz, un crimine creato dall’ayatollah Khomeini dopo l’avvento della rivoluzione islamica per eliminare sostanzialmente gli oppositori, accusandoli di un comportamento maligno previsto dal Corano.

Dopo la rivoluzione con questo tipo di condanna sono stati giustiziati almeno 8.000 fra oppositori, vecchi sostenitori e funzionari del regime dello Shah.

Zam viveva come rifugiato con la sua famiglia in Francia, tradizionale meta di tanti iraniani in esilio dai tempi della rivoluzione di Khomeini del 1979. Negli ultimi anni aveva ottenuto una scorta personale e viaggiava su un’auto blindata.

Lo strumento utilizzato dal giornalista era il canale di informazioni Amadnews, forte di 1,4 milioni di follower, la cui chiusura il regime iraniano aveva successivamente ottenuto dalla piattaforma Telegram. Per aggirare l’ostacolo, Zam, con un diverso nome, aveva creato, sempre sulla medesima piattaforma, un nuovo gruppo in cui promuoveva lo svolgimento di manifestazioni pacifiche.

Era stato arrestato in Iraq nel 2019 dai servizi segreti iraniani, mentre partecipava a un convegno. I “Guardiani della Rivoluzione” dichiararono che Zam faceva parte di una campagna di “guerra psicologica” ed era sotto gli ordini delle autorità francesi. Successivamente la tv iraniana aveva trasmesso un video in cui risultava un suo “pentimento” davanti alla bandiera del Paese.

Suo padre, un religioso sciita riformista, che ebbe pure un incarico governativo all’inizio degli anni ’80, scrisse una lettera, pubblicata dai media iraniani nel 2017, in cui prendeva le distanze dalle posizioni del figlio e dai suoi messaggi diffusi su AmadNews.

Amnesty International ha detto che l’Iran sta vivendo con estrema tensione la fase di passaggio dall’amministrazione Trump a quella di Biden. In queste settimane il sistema ha dovuto incassare il colpo dell’uccisione dello scienziato nucleare Mohsen Fakhrizadeh, un’operazione sicuramente organizzata dal Mossad con appoggi all’interno del Paese. Uno smacco per il sistema di sicurezza iraniano. Che si riscatta anche così, eseguendo la condanna a morte contro un oppositore politico.

 

I leader UE riuniti a Bruxelles hanno dato il via libera a nuove (blande) sanzioni contro la Turchia per “punirla” della escalation militare lanciata nel Mediterraneo, volta ad accaparrarsi una fetta di giacimenti di gas nelle acque di competenza economica di Cipro e della Grecia.

Ma non ci sarà alcun embargo alla vendita di armi, che pur la Grecia chiede da tempo. La richiesta è stata bloccata sul nascere da Germania, Italia e Spagna.

D’altronde la Germania è il principale partner commerciale di Ankara, e anche se rispetto a un decennio fa ha ridotto di molto i suoi rifornimenti di armi all’esercito turco, resta ancora un importante supporto per la costruzione di navi militari (le stesse al centro dell’escalation nel Mediterraneo).

L’Italia, dal canto suo, ha un interscambio di beni con la Turchia pari a circa 15 miliardi: esportiamo soprattutto prodotti chimici e meccanici (anche la plastica non riciclata), e importiamo autoveicoli, beni agroalimentari e tessili e prodotti metallurgici. Alla voce export un ruolo di rilievo lo continua a svolgere il mercato delle armi, nonostante l’impegno di sospenderne la vendita per i bombardamenti in Siria contro i curdi.

Stando all’ultimo report dell’istituto Sipri, il 20% delle armi vendute dall’Italia ai Paesi extra-UE sono andate alla Turchia, di gran lunga il primo acquirente.

La linea relativamente morbida della UE dipende dal fatto che la Turchia è un membro della NATO e un alleato chiave per le migrazioni.

Queste cose Erdoğan le sa, anche se non ha la minima intenzione di rinunciare alla propria proiezione di potenza neo-ottomana, in forza della quale sta trasformando il Mediterraneo orientale in zona di operazioni militari. Sa bene che con la UE può realizzare reciproci vantaggi  in vari campi, tra cui l’Unione Doganale e la liberalizzazione dei visti. A tale scopo chiede di evitare che la UE si schieri a fianco della Grecia e di Cipro, due Stati-membri oggi sostenuti apertamente da Macron, che non sopporta le mire espansioniste di Erdoğan, soprattutto in Libia.

Vicini alla posizione dei greci e dei ciprioti si trovano, oltre alla Francia, Austria, Lussemburgo, Slovenia, Slovacchia, Belgio, Irlanda e Danimarca. Sul fronte contrario alle sanzioni alla Turchia è schierata anzitutto la Germania, ma anche Italia, Spagna, Malta, Polonia e Ungheria (Spagna e Italia hanno un sistema bancario molto esposto con la Turchia, 20 miliardi per l’Italia e 62 per la Spagna). Quanto alla Polonia e all’Ungheria, sperano di ottenere in cambio dalla Germania un trattamento di favore sulla questione della “clausola dello Stato di Diritto” per l’erogazione dei fondi europei.

È abbastanza chiara la differenza tra etica e politica da una parte, ed economia e finanza dall’altra. Lo fa capire lo stesso Macron quando chiede sanzioni alla Turchia, ma poi dice che non condizionerà la vendita delle armi all’Egitto al rispetto dei diritti umani in quel Paese.

 

Dal 1° gennaio gli addebiti automatici in banca non saranno più consentiti se i clienti non avranno sufficienti disponibilità liquide sui loro depositi.

Ci sarà il rischio di un improvviso stop ai pagamenti di utenze, stipendi, contributi previdenziali, rate di finanziamenti. A dettare il nuovo corso per i correntisti è il nuovo regolamento messo sul campo dall’ABE, l’autorità bancaria europea. Basteranno solo tre mesi di mancati pagamenti per una cifra minima di soli 100 euro per far scattare l’allarme rosso che può portare al blocco dei Rid. Infatti l’istituto di credito dovrà segnalare il cliente alla centrale rischi e di classificare tutta la sua esposizione come “crediti malati”.

Non saranno più possibili nemmeno piccoli sconfinamenti e questo vuol dire, per molti artigiani, commercianti, piccoli imprenditori e anche per molte famiglie, non poter più usufruire di quelle piccole forme di flessibilità che, specie in questa fase così critica a causa degli effetti economici della pandemia Covid, sono fondamentali per far fronte ai pagamenti di utenze o altri adempimenti, come gli stipendi e i contributi previdenziali, le rate di finanziamenti e mutui.

Lo dice ilgiornale.it

 

[14 dicembre] Ricchezza e povertà nel mondo. Israele. Sinti e rom

 

Grazie agli sforzi di 150 ricercatori provenienti da tutti i continenti il World inequality database (una banca dati mondiale sulle disuguaglianze) ha da poco pubblicato un aggiornamento sulla distribuzione del reddito in 173 Paesi, che rappresentano il 97% della popolazione globale.

Sapevamo già che negli ultimi anni l’aumento delle disparità era causato dalla crescita dei patrimoni dell’1% più ricco del pianeta. Ora il World inequality database ci propone un paragone sistematico della situazione in cui si trovano le classi popolari nelle diverse parti del mondo. Si capisce così che la porzione di reddito del 50% più povero varia molto a seconda dei Paesi, oscillando tra il 5% e il 25% del totale.

Detto in altri termini, a parità di reddito nazionale, le condizioni di vita del 50% più povero della popolazione può variare di un fattore che va da 1 a 5. Questo dimostra quanto sia urgente superare concetti come il prodotto interno lordo e gli aggregati macroeconomici e sia meglio concentrarsi concretamente sullo studio dei gruppi sociali.

Dai dati emerge anche che le disuguaglianze sono grandi in tutti i Paesi. Il 10% più ricco di ogni Stato si aggiudica fra il 30 e il 70% del reddito totale. Il divario risulta ancora più forte se si osserva la distribuzione del patrimonio (quello che si possiede) invece del reddito (quello che si guadagna nel corso di un anno): il 50% più povero della popolazione non possiede praticamente nulla (generalmente meno del 5% del totale), anche nei Paesi più ugualitari (come la Svezia).

Per quanto riguarda la distribuzione dei redditi, ci sono forti variazioni: p.es. tra i Paesi dell’America Latina, Brasile, Messico e Cile sono storicamente più disuguali di Argentina, Equador e Uruguay. In Africa le disuguaglianze più estreme si trovano nel sud del continente dove, dalla fine dell’apartheid, non c’è stata nessuna ridistribuzione di terreni e ricchezze.

In generale la mappa delle disuguaglianze riflette gli effetti delle antiche discriminazioni razziali e coloniali e l’impatto del capitalismo contemporaneo.

Il Medio Oriente sembra essere la regione del pianeta con più disuguaglianze, e le cause sono due: un sistema di frontiere che concentra le risorse nei territori governati da monarchie fondate sul petrolio e un sistema bancario internazionale che permette di trasformare la rendita petrolifera in rendita finanziaria.

In India, dove il divario tra ricchi e poveri ha raggiunto livelli mai visti dai tempi delle colonie, i nazionalisti indù credono di poter placare le frustrazioni socioeconomiche alimentando le tensioni identitarie e religiose, e quello che ottengono è l’inasprimento delle discriminazioni contro la minoranza musulmana, minacciata dalla povertà.

A partire dagli anni ’90 le disuguaglianze sono cresciute anche in Europa orientale. Dopo la caduta del comunismo la Russia è diventata la capitale mondiale degli oligarchi, dei paradisi fiscali e dell’opacità finanziaria. Ma quasi 30 anni dopo l’Europa orientale sembra avvicinarsi gradualmente al livello di disuguaglianza osservabile in Russia.

A livello mondiale si osserva che la porzione di reddito mondiale del 50% più povero degli abitanti del pianeta è cresciuta, passando dal 5% nel 1980 a circa il 9% nel 2020, grazie alla crescita dei Paesi emergenti. Bisogna però ridimensionare questa crescita, visto che la quota di reddito del 10% più ricco del pianeta è rimasta stabile (intorno al 53%), e che quella dell’1% più ricco è passata dal 17 al 20%.

I perdenti sono le classi medie e popolari del nord del mondo, e questo alimenta il rifiuto della globalizzazione.

Insomma il pianeta è attraversato da fratture di ingiustizia, che la pandemia aggraverà.

Su “Internazionale” n. 1387.

 

Scrive Gideon Levy su “Internazionale” n. 1387: “A eccezione degli Stati Uniti, dell’Arabia Saudita e della Russia, pochi Stati uccidono i propri avversari o nemici, e certamente non raggiungono i numeri di Israele. Dal 2000 le forze israeliane hanno assassinato in operazioni pianificate e mirate (cioè voluti dallo Stato) circa 70 palestinesi, alcuni dei quali erano evidentemente degli attivisti e non dei miliziani.

Il 27 novembre il professore iraniano Mohsen Fakhrizadeh, uno scienziato nucleare, è stato ucciso alla periferia della capitale Teheran... l’Iran ha subito accusato Israele.

Non è stato il primo omicidio di uno scienziato iraniano. Negli anni ne sono stati uccisi una decina, e dietro la morte di alcuni di loro, se non di tutti, c’è Israele.

Il fatto stesso di chiedersi se queste uccisioni mirate sono o meno legittime è considerato un’eresia, un tradimento. Non è stato forse legittimo uccidere il dottor Thabet Thabet, dentista e capo del partito politico palestinese Al Fatah, a Tulkarem nel dicembre 2000? Non era forse lecito assassinare Khalil al Wazir (noto come Abu Jihad, tra i fondatori di Al Fatah) nel suo letto davanti alla moglie e ai figli a Tunisi nel 1988?

I palestinesi che hanno organizzato l’uccisione del ministro del turismo israeliano, Rehavam Zeevi, sono stati condannati all’ergastolo. Ma gli assassini di Abu Jihad sono diventati ministri ed eroi. Zeevi ha sparso più sangue innocente di quanto non avesse mai fatto Abu Jihad.

Il fatto che queste operazioni siano condotte come in un film di James Bond e che dietro di esse ci siano i servizi segreti, il glorioso Mossad e lo Shin bet, basta a chiudere ogni dibattito.

Eppure bisogna chiedersi: cosa sarebbe successo se degli agenti stranieri avessero fatto fuori i professori israeliani Israel Dostrovsky, Ernst David Bergmann, Shalhevet Freier o Shaul Horev, gli equivalenti israeliani dell’iraniano Fakhrizadeh? Cosa avrebbe detto Israele? E come avrebbe reagito lo Stato? Avrebbe interrotto il suo programma nucleare? Non avrebbe forse lanciato azioni di ritorsione in tutto il mondo?

La Bulgaria comunista assassinò delle persone con ombrelli avvelenati. Il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, nuovo interlocutore di Netanyahu, ha ordinato di uccidere il giornalista Jamal Khashoggi e di farlo a pezzi.

Il mondo le considera azioni spregevoli commesse da rappresentanti di uno Stato. A Israele invece sono concesse: può eliminare “il padre del programma nucleare iraniano”, può usare tipi di armi e munizioni vietati agli altri Stati”.

A quanto dice l’autore si può aggiungere che il concetto di “uccisioni mirate” ha subìto un’evoluzione in Israele. Infatti la cosiddetta “Operazione Thabet Thabet” del 2000 ha costituito uno spartiacque.

Prima di allora le operazioni di “assassinio” e “liquidazione” erano piuttosto furtive e ufficialmente venivano negate. Oggi invece siamo alla quasi istituzionalizzazione di questi “omicidi”, che vengono compiuti in nome di una lotta al terrorismo, essendo questa lotta universalmente accettata.

 

“Era proprio la scuola il covo del razzismo e del pregiudizio, creava forti shock psicologici in noi bambini sinti non solo perché ricevevamo un’educazione diversa dalla nostra famiglia, ma anche perché a scuola si diventava diversi. A scuola, purtroppo, non eri più un sinto ma diventavi uno zingaro dal quale era meglio stare alla larga”.

Queste parole (su “Internazionale” del 12 dicembre) fanno parte dell’intervista che la ricercatrice di origine sinti Eva Rizzin fece a sua madre, Susy Reinhardt, cresciuta negli anni ’70 in una classe speciale per “zingari e nomadi”.

La storia della scolarizzazione dei bambini rom e sinti in Italia ha una dolorosa continuità ed è legata alle classi speciali.

Qualche anno fa la prima superiore di un Istituto comprensivo di Pescara fu “riservata” solo ai rom; erano i figli delle famiglie rom abruzzesi presenti in quell’area da secoli. La dirigente scolastica, chiamata in causa per motivare la costruzione di una classe su base etnica, presentò quella scelta come l’inizio di un “processo didattico innovativo” (sic!).

A partire dagli anni ’60 la scuola italiana diventò il luogo per la “rieducazione zingara”. Questo perché erano giunte nelle periferie italiane le famiglie rom dai Balcani.

Vent’anni dopo alla scuola si affiancò il “campo nomadi” come spazio abitativo rieducativo. Lì furono concentrate famiglie composte da persone con “un’intelligenza ben distante dalla normalità”, “ritardati mentali”.

In Italia le classi differenziali furono abolite nel 1977 con una riforma epocale che fece della scuola italiana un’avanguardia nelle politiche dell’inclusione. Ma non tutte furono eliminate: per altri cinque anni – fino al 1982 – rimasero attive le cosiddette classi Lacio drom (Buon cammino, in lingua romanì).

Queste classi speciali erano state istituite nel 1965 per quelli che allora venivano genericamente definiti “zingari”, grazie a una convenzione tra il Ministero dell’istruzione, l’Opera nomadi e l’Istituto di pedagogia dell’università di Padova. La stessa convenzione fu aggiornata nel 1974 prevedendo l’inserimento nelle classi comuni, ma “senza abolire quelle speciali”, che avrebbero dovuto mantenere una funzione di recupero per quegli alunni “nomadi” con ritardo scolastico o per quelli con frequenza irregolare. Con questa funzione di recupero le classi Lacio drom sopravvissero anche agli anni ’80: la terza e ultima convenzione del 1982 stabilì che tutti i bambini “zingari e nomadi” fossero inseriti in classi ordinarie; ma bisognò aspettare il 1986 per il loro effettivo svuotamento.

Tuttavia le classi Lacio drom hanno influenzato le politiche di scolarizzazione di rom e sinti anche dopo la loro abolizione.

Su questa lunga vicenda non se ne sono praticamente mai occupati gli storici della scuola, pochissimo gli studiosi di storia sociale, e quello che abbiamo per comprendere questo fenomeno di lunga durata viene soprattutto dalla pedagogia e dall’antropologia.

La rivista Lacio Drom rappresentò per almeno un ventennio l’unica pubblicazione di carattere scientifico dedicata alla questione rom.

Le classi Lacio drom furono istituite soprattutto grazie all’interesse della pedagogista Mirella Karpati, una figura centrale in questa storia e anche lei poco studiata.

Fu lei nel 1965 a fondare il Centro studi zingari, che si sarebbe occupato della parte pedagogica dell’Opera nomadi, e nello stesso anno a lanciare la rivista Lacio Drom, che la Karpati diresse fino al 1999. Fu per almeno un ventennio l’unica pubblicazione di carattere scientifico dedicata esclusivamente alla questione rom, l’unico riferimento per ricercatori, associazioni, amministratori.

L’Opera nomadi fu fondata da don Bruno Nicolini nel 1963 a Bolzano. Nel giro di pochi anni diventò l’ente di riferimento per le politiche sui rom e i sinti in Italia, e a essere il soggetto principale per la loro rappresentanza e il rapporto con le istituzioni. Lo è in parte ancora oggi, nonostante siano nate e cresciute molte altre associazioni.

L’approccio dell’intera storia politica dei rom in Italia rispetto alla scolarizzazione di basava sul seguente assunto: “la cultura zingara è un deficit in sé, e il bambino dev’essere aiutato a crescere, recuperando il ritardo”.

In Germania l’approccio fu anche peggiore. Sono note le teorie di Hermann Arnold, ufficiale medico tedesco autore del libro Die Zigeuner, che fino agli anni ’70 continuò a riproporre le idee eugenetiche per il controllo delle nascite tra i rom, e che a sua volta ebbe come punto di riferimento culturale lo psichiatra infantile tedesco Robert Ritter, direttore dell’unità di igiene razziale di Berlino, e la sua assistente Eva Justin, ossia i principali teorici della segregazione dei rom durante il nazismo.

Secondo la ricerca Ultimo banco di Carlo Stasolla tra il 2009 e il 2015 a Roma un minore rom su cinque non si è mai presentato in classe; sui 1.800 iscritti a scuola, solo 198 hanno frequentato almeno 3/4 dell’orario scolastico; nove minori rom su dieci non frequentano con regolarità e, per legge, non potrebbero essere ammessi allo scrutinio di fine anno; un minore rom su due è in ritardo scolastico e frequenta quindi una classe non conforme alla sua età; i minori che frequentano le superiori si contano sulle dita di una mano. Solo il 4% delle ragazze e dei ragazzi che vivono nei campi riesce a raggiungere la terza media.

 

[15 dicembre] Marco Lupis. Cina. Corrado Augias

 

Marco Lupis, giornalista e fotoreporter per numerose testate giornalistiche italiane e per la Rai, ha scritto un libro importante sul modus operandi della Cina nei confronti delle cosiddette “terre rare”, quegli elementi chimici indispensabili per la tecnologia attuale sia nel settore civile che militare e in particolare per i semiconduttori. È stato stampato da Rubbettino, I cannibali di Mao (2020).

Vi si narra che nella città di Mashan, nel nord-est della Cina, si trova la maggiore industria di grafite della Cina e cioè la Jin Yang. Essa è fondamentale non solo per le batterie agli ioni di litio, ma per gran parte dei prodotti ad alta tecnologia.

Anche per quanto riguarda il vanadio – metallo fondamentale sia per le batterie al flusso, sia per i magneti superconduttori che per le leghe ad alta resistenza per motori a reazione e aerei supersonici – la Cina sta cercando di raggiungere il monopolio.

Infatti benché la Cina produca il 56% del vanadio, questa percentuale tuttavia non le è sufficiente: non a caso la International Resources Limited (con sede a Hong Kong) nel 2015 ha acquisito una grande miniera russa che era sull’orlo della bancarotta, mentre in Sudafrica un’altra società cinese, la holding Yellow Dragon Holdings Limited, ha fatto rilevanti investimenti per controllare la Bushveld Igneous Complex. Nel 2017 l’industria cinese Shenghe Resources Holding Co Ltd è riuscita a comprare l’industria americana californiana Molycorp Minerals LLC.

Consapevole della rilevanza strategica delle terre rare, la Cina non ha avuto alcuna difficoltà a individuare nel Cile, in Argentina e Australia risorse strategiche per l’industria ad alta tecnologia: non soltanto il litio, ma anche il cobalto e il platino. Proprio per questa ragione in Argentina la Cina controlla il 41% della produzione e il 37% delle riserve di terre rare, in Australia il 58% della produzione e il 19% delle riserve.

Anche in altri Paesi dell’America Latina l’approccio cinese segue lo stesso percorso: in Bolivia la Cina partecipa al 100% alla produzione di terre rare, in Cile al 67%.

Anche nella Repubblica popolare del Congo arriva al 52% della produzione di risorse strategiche come il cobalto.

Tutto ciò è stato anche possibile grazie all’esistenza di industrie chimiche statali quali la Tianqi Lithium e la Ganfeng Lithium, che sono diventate il terzo produttore mondiale di litio e il terzo produttore di composti chimici al litio.

È considerata strategica la battaglia per l’industria dei metalli non ferrosi, metalli fondamentali per la costruzione di industrie strategiche nel settore della difesa, della scienza e della tecnologia.

Questo fa capire perché gli USA stiamo ostacolando lo sviluppo di Huawei e del 5G.

 

Articoli interessanti di ilsussidiario.net (qui riassunti) sulla situazione economica, tecnologica e militare cinese.

L’iniziativa cinese “Belt and Road” è stata lanciata per la prima volta nel 2013 ed è stata estesa all’America Latina nel 2018.

La “Via della seta” riflette la visione mercantilistica contemporanea di costruire o ristrutturare le infrastrutture globali – inclusi trasporti, elettricità, telecomunicazioni e finanza – per facilitare flussi commerciali favorevoli e trasferimenti di ricchezza dalla periferia globale al centro, quello cinese.

L’impegno militare è una parte importante e ufficialmente riconosciuta delle crescenti interazioni tra la Cina e l’America Latina e i Caraibi.

Che significa questo? Significa che la Cina si sta espandendo militarmente là dove riesce a fare business. Non fa affari solo per arricchirsi ma per dominare il mondo, anche se sul piano militare agisce con prudenza.

In particolare si sta concentrando sul controllo delle industrie estrattive e di altri settori nell’economia globale, nonché sul controllo dei nodi di trasporto, delle rotte e delle infrastrutture di supporto.

I suoi obiettivi strategici sono di natura globale e vengono condotti senza quell’aggressività militare che nel passato caratterizzò le potenze occidentali. Si serve solo dei capitali.

Ha intenzione di isolare per poi riprendersi Taiwan e sta convincendo alcune istituzioni mondiali (Nazioni Unite e Banca interamericana di sviluppo) o regionali (Comunità degli Stati dell’America Latina e dei Caraibi e BRICS, cioè Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) a non assumere posizioni pregiudizievoli per il suo sviluppo mondiale.

Sul piano strettamente militare vuole evitare alleanze formali chiaramente ostili agli Stati Uniti, perché sa di non essere ancora pronta a un conflitto mondiale. Ecco perché non ha esplicitamente preso posizione a favore di un regime anti-USA come quello di Hugo Chavez e poi di Nicolas Maduro in Venezuela, ma è evidente che sta offrendo supporto militare.

Ha un approccio molto diverso da quello che l’URSS ebbe con l’America Latina al tempo della guerra fredda, segnato da una marcata ideologizzazione. Attualmente non esiste una chiara divisione in America Latina e Caraibi tra i Paesi che si impegnano militarmente con la Cina rispetto a coloro che s’impegnano con l’Occidente.

La Cina non ha, fino ad oggi, cercato di stabilire basi militari permanenti in America Latina, anche se potrebbero nascondersi sotto forma di infrastrutture portuali a società cinesi, come p.es. a Panama o nel porto di La Unión in El Salvador. Tale cautela nelle immediate vicinanze degli Stati Uniti è coerente con la riluttanza della Cina a riconoscere anche il carattere militare del suo unico attuale impianto portuale militare straniero, che si trova a Gibuti, in Africa.

 

Negli ultimi due decenni la Cina è salita alla ribalta nell’industria dei semiconduttori, anche se è ancora in ritardo nella progettazione e produzione di quei circuiti integrati dei semiconduttori (“chip”) che richiedono una notevole sofisticazione tecnologica per essere prodotti.

Cioè è ancora lontana dal suo obiettivo di autosufficienza e leadership globale nel settore dei semiconduttori. Il ritardo è di almeno due generazioni rispetto all’avanguardia mondiale.

Tuttavia il gap con gli USA sta per essere colmato grazie agli investimenti miliardari, ai programmi di attrazione di talenti stranieri, alle joint venture e al furto di proprietà intellettuale attraverso lo spionaggio. Non a caso le vendite del cellulare di Huawei sono certamente superiori a quelle dell’iPhone.

Gli obiettivi generali per il settore dei semiconduttori includono la produzione del 70% del fabbisogno interno in Cina entro il 2025 e il raggiungimento della parità con la tecnologia all’avanguardia internazionale in tutti i segmenti del settore entro il 2030.

La Cina vuole ridurre assolutamente la sua dipendenza dalla tecnologia straniera. Infatti nel 2019 ha prodotto internamente solo il 16% dei semiconduttori di cui aveva bisogno per uso domestico.

Nel 2014 il governo aveva previsto investimenti di circa 150 miliardi di dollari nell’industria dei semiconduttori: una cifra equivalente al doppio di quello che l’industria mondiale dei semiconduttori nel suo complesso spende ogni anno in ricerca e sviluppo. Di qui l’intenzione degli USA d’imporre pressioni sui fornitori globali per tagliare l’accesso della Cina ai semiconduttori avanzati.

Attualmente Taiwan, Corea del Sud, Stati Uniti e Giappone ospitano i principali impianti di produzione di semiconduttori al mondo e forniscono anche la stragrande maggioranza delle apparecchiature specializzate per la costruzione dei semiconduttori. Per es. la Taiwan Semiconductor Manufacturing Corporation è il produttore più grande e avanzato del mondo, grazie soprattutto ai due maggiori produttori di smartphone, Apple e Huawei.

Oggi la Cina non ha impianti di produzione di semiconduttori all’avanguardia. La fonderia più moderna della Cina ha iniziato la produzione per la creazione di chip solo alla fine del 2019, presso la Semiconductor Manufacturing International Corporation di Shanghai, che ha un ritardo di circa un decennio rispetto alle fonderie all’avanguardia gestite dalla TSMC di Taiwan, la Samsung della Corea del Sud e l’Intel degli Stati Uniti.

Tuttavia il gap sta per essere colmato. E la strada è quella di offrire stipendi allettanti per il personale specializzato, superiori di oltre due volte a quelli offerti alla Silicon Valley negli Stati Uniti e a Hsinchu a Taiwan.

Solo nell’ultimo anno più di 100 ingegneri e manager esperti di Taiwan si sono trasferiti in aziende cinesi. Nel complesso si stima che più di 3.000 ingegneri si siano trasferiti da Taiwan a società della Cina continentale, cioè quasi il 10% della forza lavoro di Taiwan per la ricerca e lo sviluppo di semiconduttori.

Un’altra sfida che la Cina deve affrontare è la sua dipendenza da input tecnologici stranieri critici per la fabbricazione di semiconduttori. Ad es. per lo scanner ultravioletto estremo (Euv) esiste un solo fornitore commerciale, la società olandese Asml, che alla fine del 2019 non ha rinnovato una licenza di esportazione da inviare al colosso cinese Smic a causa della guerra economica degli Stati Uniti.

Per la Cina l’uso della vecchia tecnologia dello scanner ultravioletto profondo (Duv) comporterà una produzione più costosa e con una resa inferiore, rispetto alle fonderie di Taiwan, Corea del Sud e gli Stati Uniti che utilizzano lo scanner olandese Euv.

La Asml olandese ha recentemente aperto il suo primo centro di formazione all’estero con macchine dimostrative dal vivo a Taiwan, che ha la più grande base installata dei suoi scanner Euv. Asml impiega misure straordinarie per proteggere la proprietà intellettuale dei suoi scanner. Proprio per questo uno dei traguardi più importanti per lo spionaggio tecnologico cinese sarebbe quello di appropriarsi di questa tecnologia per conseguire l’autosufficienza tecnologica nel contesto dei semiconduttori.

La Cina però deve risolvere il problema del boicottaggio da parte degli Stati Uniti, che hanno inserito Huawei nella lista nera delle società tecnologiche cinesi nel maggio 2019.

Ora l’azienda cinese deve trovare fornitori di chip alternativi per costruire i suoi smartphone e che siano superiori alla Smic di Shangai, che non è al livello della Tsmc di Taiwan. Sta contattando i fornitori di chip taiwanesi, giapponesi e olandesi per sostituire i suoi fornitori statunitensi. Ma l’estensione delle restrizioni degli Stati Uniti nel maggio-agosto 2020 ha comportato l’impossibilità di Huawei di produrre i propri progetti di chip a Taiwan.

 

Mentre al tempo della guerra fredda l’URSS, pur essendo una rilevante potenza militare oltre che ideologica, era tuttavia assolutamente marginale dal punto di vista economico rispetto agli USA, la Cina allo stato attuale ha un’economia quasi equipollente a quella statunitense ed è in grado di porre in essere una politica di proiezione di potenza in Asia, Africa e America Latina, sfruttando il fatto di non essere mai stata nel Terzo mondo una potenza colonizzatrice.

L’impresa cinese segue alcune regole precise, come ad es. quella di dissimulare la sua presenza attraverso società ombra, creare filiali la cui impenetrabilità è analoga a quelle delle infrastrutture militari, attuare una politica di potenza a livello di mercato che consiste nell’acquistare determinati prodotti a prezzi inferiori rispetto a quelli della concorrenza, copiare i brevetti senza alcuna remora né morale né legale, infiltrare nelle aziende della concorrenza occidentale propri agenti specializzati, corrompere i funzionari delle aziende concorrenti e infine reclutare gli ex dipendenti delle industrie concorrenti offrendo il doppio degli stipendi.

Il balzo in avanti a livello tecnologico avviene anche attraverso il saccheggio sistematico delle proprietà intellettuali, soprattutto in ambito elettronico, servendosi della pirateria informatica.

Il fatto che la Cina stia attuando un modello economico misto tra capitalismo e comunismo consente all’industria cinese di avere un rilevante sostegno da parte dello Stato (lo si vede bene con Baidu, Alibaba e Tencent). Questo ha certamente consentito alla Cina di fare investimenti superiori nella tecnologia del 5G, investimenti che hanno già superato quelli americani per 24 miliardi di dollari e che nel prossimo decennio dovrebbero addirittura arrivare a 500 miliardi di dollari. Ciò ha già consentito al Dragone, nel giro di breve tempo, di realizzare due supercomputer come Tianhe-1A e Sunway Taihu Light, equipollenti o addirittura superiori a quelli americani, e di depositare il doppio dei brevetti nel 2018 nel campo delle tecnologie quantistica, altro fondamentale fronte di guerra economica tra la Cina e gli Stati Uniti.

 

Corrado Augias ha restituito la propria Legion d’Onore francese (ricevuta nel 2007), in seguito all’assegnazione di questa in gran segreto da parte del governo francese al premier egiziano Abdel Fattah al-Sisi. Un gesto simbolico, di protesta, ma anche di coerenza coi valori democratici che ineriscono all’assegnazione della Legion d’onore stessa, il più alto riconoscimento “cavalleresco” da parte della Francia.

Augias ha intitolato il proprio gesto alla memoria di Giulio Regeni. Gli è risultata insopportabile la malafede delle Autorità egiziane, che non vogliono assolutamente collaborare e che depistano le indagini verso l’ipotesi di una banda di criminali di strada.

L’Eliseo ha già risposto che la massima onorificenza al presidente egiziano era prevista nel protocollo delle visite di Stato, ma alcuni osservatori politici hanno trovato precedenti in cui non è stata rispettata questa tradizione.

Purtroppo il governo italiano continua a restare molto passivo. Anche nei confronti dello studente Patrick Zaki, attualmente in carcere e la cui custodia è stata ulteriormente prolungata di altri 45 giorni.

Ci si attende soprattutto che venga ritirato il proprio ambasciatore dall’Egitto.

Augias ha spiegato a Macron come l’Italia si trovi di fronte a una “alternativa del diavolo”. Da un lato, mantenere relazioni diplomatiche e tradire la memoria di Regeni; dall’altro, interrompere le relazioni diplomatiche e venir rapidamente sostituita da un altro Paese europeo, quindi registrando solamente una netta perdita economica, senza che questa sia bilanciata da un cambiamento di regime da parte del Paese nordafricano.

Insomma, perché l’Italia si possa permettere di adottare una linea dura con l’Egitto, è necessario che sia sostenuta anche dal resto della comunità europea.

Il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury, che da anni è in prima linea per ottenere giustizia sul caso del ricercatore italiano torturato e ucciso in Egitto, commenta: “La lista delle personalità italiane insignite della Legione d’Onore è lunga. Auspico che da domani, nel rispetto del divieto di assembramento, si formi una lunga e ordinata coda fuori dall’ambasciata di Francia per imitare il nobile gesto di Augias”.

Negli anni hanno ottenuto il riconoscimento, tra gli altri, Platini, Eastwood, Lynch, Pennac, Calvino, Eco, Enrico e Gianni Letta, Prodi, Bonino, D’Alema...

Giovanna Melandri, ex ministra dei Beni culturali e attuale presidente del Maxxi, si è detta pronta a riconsegnare la Legion d’onore ottenuta nel 2000 dal presidente Chirac.

 

[17 dicembre] Italia, popolazione. Cina e Sudamerica. Pedopornografia

 

L’ISTAT dice che l’Italia è un Paese sempre più vecchio. Le persone dai 45 anni in su passano dal 48,2% del 2011 al 53,5% del 2019.

Il numero di anziani per bambino è passato da meno di 1 nel 1951 a 5 nel 2019 (era 3,8 nel 2011).

La Campania, con 42 anni, è la regione con la popolazione più giovane, seguita da Trentino Alto Adige (43 anni), Sicilia e Calabria (entrambe con 44 anni). La Liguria invece si conferma come regione con l’età media più elevata (49 anni).

Al 31 dicembre 2019 la popolazione censita in Italia ammonta a 59.641.488 residenti: circa 175 mila persone in meno rispetto al 31 dicembre dell’anno precedente.

Più del 50% dei residenti è concentrato in 5 Regioni: Lombardia (16,8%), Veneto (8,2%), Lazio (9,7%), Campania (9,6%) e Sicilia (8,2%).

Il lievissimo incremento di popolazione residente in Italia, rispetto a 10 anni fa, è da attribuire esclusivamente alla componente straniera. Nel periodo 2011-19 la popolazione di cittadinanza italiana è diminuita di circa 800 mila unità (-1,5%), mentre i cittadini stranieri sono aumentati di circa un milione (+25,1%), senza considerare che sono più di un milione le acquisizioni di cittadinanza nel periodo 2012-19 e che già al censimento del 2011 i cittadini italiani per acquisizione erano quasi 700 mila.

I cittadini stranieri risultano in crescita in tutte le Regioni della penisola, a eccezione della Val d’Aosta, mentre sono solo quattro le Regioni in cui aumenta anche la popolazione italiana: Lombardia, Lazio, Trentino-Alto Adige ed Emilia-Romagna.

Rebus sic stantibus, essere contrari all’immigrazione è assurdo. Con questo trend non solo rischiamo di avere 1/3 in meno della popolazione attuale, entro il 2050, ma avremo anche molti più pensionati che lavoratori.

 

Di tutti gli Stati sudamericani impegnati in una maniera o nell’altra sul piano militare con la Cina, il più importante è il Venezuela. Che, prima con Chavez, poi con Maduro, acquista mezzi militari di vario tipo, invia regolarmente il proprio personale in Cina per l’addestramento e l’istruzione militare professionale, partecipa a esercitazioni navali cinesi e permette alle forze cinesi di partecipare a parate militari in Venezuela.

Questo è un Paese che si sta avvicinando sempre più non solo ai cinesi ma anche ai russi e agli iraniani, in funzione anti-statunitense. L’Iran ha inviato diverse petroliere e pezzi di ricambio per cercare di riparare le sei raffinerie paralizzate dalle misure coercitive degli USA.

Questo andazzo della Cina viene accettato da quasi tutti i Paesi sudamericani. Prima si parte col debito finanziario, poi coi progetti economici veri e propri, infine col supporto militare.

L’Argentina in Patagonia ha persino permesso ai cinesi di installare una enorme antenna di 450 tonnellate, alta 48 metri e larga 35. Ufficialmente lo scopo è scientifico (astronomico), per un utilizzo garantito di mezzo secolo, ma non ci crede nessuno, anche se non è da escludere che la Cina voglia incrementare il proprio sistema di navigazione satellitare Compass in alternativa a quello americano, russo ed europeo.

L’unico a resistere è il Brasile di Bolsonaro, che preferisce affidarsi agli statunitensi. Soprattutto non vorrebbe affidare il 5G a Huawei.

Tuttavia la Cina ha intenzione d’investire in Sudamerica una montagna di capitali, che faranno gola a tutti. Durante un incontro a Pechino coi leader della Comunità degli Stati dell’America Latina e dei Caraibi, Xi Jinping ha stimato che lo scambio commerciale tra Cina e membri della Celac – la comunità degli Stati dell’America Latina – raggiungerà i 500 miliardi nel prossimo decennio.

È difficile pensare che gli USA staranno a guardare, anche perché è stato proprio il Sudamerica neocolonizzato a garantire gran parte del loro benessere.

 

C’erano anche affermati professionisti, professori universitari, ragazzi, operai, impiegati privati e pubblici, pensionati, persone di tutte le estrazioni sociali su Telegram e WhatsApp nella maxioperazione anti-pedopornografia che ha visto impegnati oltre 300 uomini della polizia postale, che hanno eseguito una sessantina di perquisizioni e arresti, in flagranza, in 53 province e 18 Regioni, arrivando così a smantellare 16 associazioni criminali e identificare oltre 150 gruppi pedopornografici. Sono 432 le persone coinvolte in tutto il mondo: 81 sono italiani, di cui il 35% si concentra tra Lombardia e Campania.

Centinaia di migliaia i file dell’orrore scambiati nelle chat. Gran parte del materiale è stato prodotto in Paesi africani, asiatici (come le Filippine) o in Sud America.

Una ventina di arresti sono stati eseguiti anche all’estero tra Sud America, Asia ed Europa (anche in Spagna c’è stato un blitz).

Quella della Postale di oggi è la più imponente operazione di Polizia degli ultimi anni contro la pedopornografia online. È stata coordinata dalla procura di Milano e condotta dalla Polizia Postale di Milano e del Centro Nazionale per il Contrasto della Pedopornografia Online del Servizio Polizia Postale di Roma, che si sono avvalsi di agenti sotto copertura infiltrati per due anni nelle chat dei pedofili.

Oltre allo scambio di video e immagini di violenze su bambini, in alcuni casi i pedofili individuati avrebbero offerto anche la possibilità di arrivare ad avere contatti diretti con minori vittime di abusi.

È stato detto che in questo periodo di emergenza sanitaria legata al Covid e in particolare durante i lockdown i bambini si ritrovano davanti ai pc e sono molto più indifesi e più facilmente vittime di adescamenti.

Non è stato detto però un’altra cosa. La rete è diventata pericolosa. Prima di accedervi bisognerebbe identificarsi. Occorrono ip statici, riconoscimenti facciali, impronte digitali, chiavi di accesso univoche e criptate... Soprattutto la responsabilità deve ricadere su chi gestisce server e provider. Altrimenti non se ne esce. Non c’è solo la pornografia ma anche il terrorismo.

 

[19 dicembre] Azeri e Armeni. India, matrimoni

 

L’Armenia ha mantenuto un rapporto molto privilegiato con la Russia. Appartenente all’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (voluta dalla Russia nel 1992), l’Armenia (ufficialmente 3 milioni di abitanti) nel 2015 ha firmato con Mosca un accordo che istituisce un sistema di difesa congiunto. Il Paese, che mantiene anche strettissime relazioni economiche con la Russia, ospita persino truppe delle guardie di frontiera russe (4.500 uomini schierati ai confini turco-armeno e armeno-iraniano) e un’importante base a Gumri (in conformità con un accordo in scadenza nel 2044).

L’Azerbaijan (86.600 kmq, poco più di 10 milioni di abitanti nel 2015) si è invece allontanato ulteriormente dalla Russia: non è membro della CSTO e si è chiaramente avvicinato alla Turchia che, in tutti i settori, è diventata il suo principale partner strategico.

Sono Paesi del Caucaso, di cui l’area settentrionale è posta sotto la sovranità della Federazione Russa, che difende la propria integrità territoriale contro le minacce secessioniste e/o terroristiche islamiche, mentre la parte meridionale è composta da tre Stati indipendenti riconosciuti (Armenia, Azerbaijan e Georgia) e altri tre non riconosciuti ma che sono comunque Stati de facto: Abkhazia e Ossezia del Sud (ex entità autonome della Georgia) e Nagorno-Karabakh (11.430 kmq, 149.000 abitanti nel 2015, ex entità autonoma dell’Azerbaigian, popolata soprattutto da armeni).

La recente guerra tra azeri e armeni per il controllo del Nagorno-Karabakh è stata vinta dagli azeri, ben appoggiati dalla Turchia, mentre Putin non ha appoggiato, come avrebbe dovuto, gli armeni, i quali ora temono fortemente un nuovo genocidio perpetrato dai “turchi” (siano essi dell’Azerbaigian o dell’Anatolia), dopo quello del 1915 e i pogrom anti-armeni commessi in Azerbaigian nel 1988. E su questo punto, le ultime dichiarazioni dei Presidenti Erdoğan e soprattutto Aliev — che ha appena annunciato di voler conquistare gran parte del territorio dell’Armenia — alimentano la paura.

Ora siamo in attesa dei negoziati. È comunque evidente che la Russia vede il conflitto del Nagorno-Karabakh in un continuum geostrategico che si estende dal Caucaso settentrionale al Medio Oriente, compresi il Mar Nero e il Mediterraneo orientale.

Da questo punto di vista ciò che conta per Putin è il mantenimento di un favorevole equilibrio di potere con Ankara, che si sta sviluppando contemporaneamente in più aree: Caucaso, Siria e Libia.

In questa vasta area del Caucaso-Vicino Oriente-Mediterraneo orientale, la Russia è posizionata come la forza trainante dei “partenariati” tra le potenze regionali — Russia, Turchia e Iran, in cui viene escluso, per quanto possibile, il blocco occidentale e il suo stretto alleato Israele.

Putin vorrebbe vedere una Turchia libera dalla NATO e dal blocco occidentale, con cui la Russia potrebbe sinceramente “trattare” come meglio crede. I conflitti nella grande regione Caucaso-Mar Nero-Medio Oriente sono sullo sfondo della “nuova guerra fredda” tra Russia e blocco occidentale, in pieno svolgimento dal 2008.

Ma anche l’Iran è un attore centrale nel conflitto del Nagorno-Karabakh, sia per il fatto che l’Azerbaigian rimane un paese sciita, sia perché ha ribadito il suo attaccamento al principio di integrità territoriale e, in tal senso, l’Iran teme soprattutto l’Azerbaigian, anche perché 1) la guerra per il Nagorno-Karabakh ha spostato le linee in termini di confini (ora vaste aree del confine con l’Iran sono tornate sotto il controllo azero); 2) esiste una forte minoranza azera in Iran (tra i 15 e i 18 milioni, ovvero quasi il 20% della popolazione iraniana); 3) l’Azerbaigian è diventato uno stretto alleato di Israele, che fornisce a Baku armi avanzate per fare pressione sull’Iran.

 

A fine novembre in Uttar Pradesh (la regione più popolosa e importante dell’India) è stata votata una legge che vieta la conversione all’Islam, ai fini del matrimonio, se ciò avviene tramite pesante insistenza, coercizione, uso della forza o mezzi fraudolenti. La minoranza musulmana sembra che ricorra a queste tecniche per raggiungere l’obiettivo della “sostituzione demografica”.

Varie persone sono già state arrestate e diversi matrimoni interreligiosi sono stati interrotti.

Sulla base di questa teoria, promossa negli ultimi anni dagli esponenti del Bharatiya Janata Party (BJP, il partito al governo dal 2014, guidato dal primo ministro nazionalista hindu e conservatore Narendra Modi), altri quattro stati, tutti governati dal BJP, hanno proposto di limitare i matrimoni interreligiosi.

L’Uttar Pradesh è guidato, sul piano religioso, dal monaco induista e ultranazionalista hindu Yogi Aditiyanath, considerato molto vicino a Modi.

La legge stabilisce che chiunque si voglia sposare fuori dalla propria comunità religiosa lo debba comunicare al governo locale due mesi prima, per permettere ai funzionari di verificare che la relazione sia sincera. Se viene stabilito il contrario, l’uomo rischia fino a cinque anni di carcere. Nel caso poi che la donna provenga da un gruppo di casta bassa (dove le donne sono incapaci di decidere per sé) il massimo della pena aumenta fino a 10 anni di carcere.

Viene spontaneo chiedersi: davvero è possibile verificare con gli strumenti della legge quando un sentimento è sincero o una decisione a favore del matrimonio è onesta, fatta col cuore, presa in libertà?

Se accadesse il contrario, cioè se un uomo hindu sposasse una donna musulmana, perché nessuno dovrebbe parlare di coercizione?

Qui non si sta parlando di donne rapite e costrette al matrimonio con la forza. Qui si sta parlando del fatto che, prima di questa legge, nello stato del Kerala, nel sud del Paese, si cominciarono a organizzare delle ronde negli spazi pubblici per scoprire e punire le coppie interreligiose in cerca di intimità. Da allora non si è più smesso, finché è stata emanata la legge.

L’India è un Paese culturalmente vecchio, fortemente patriarcale, con una religione politeistica, incapace di laicità, e una democrazia continuamente lacerata dal problema delle caste e da una forte discriminazione nei confronti delle donne. La comunità musulmana rappresenta il 15% circa della popolazione, mentre la comunità hindu è l’80%. I matrimoni interreligiosi sono poco più del 2%: hanno sempre rappresentato un’eccezione nel Paese, per varie difficoltà (peraltro non tutti i matrimoni interreligiosi implicano la conversione, in quanto ci si può sposare civilmente e anche senza il consenso dei genitori). Eppure oggi ci si serve di argomenti così risibili per conservare un’identità superata dalla storia.

Dovrebbero piuttosto affrontare il problema di come evitare che entro il 2030 in India ci siano 6,8 milioni di nascite in meno (di cui 2 milioni nel solo stato dell’Uttar Pradesh) a causa della pratica molto diffusa degli aborti selettivi in base al sesso: gli aborti – consentiti fino alla ventesima settimana di gravidanza – riguardano infatti i feti femmina, mentre i maschi sono preferiti per motivi culturali ed economici. Si sta ripetendo qui lo stesso problema che hanno avuto i cinesi dal 1979 al 2013.

Già oggi a livello mondiale gli uomini sono l’1,7% in più, superando le donne di 64 milioni.

 

[20 dicembre] Spese militari globali

 

Il rapporto annuale pubblicato dallo svedese Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI) ha mostrato che la spesa militare globale totale nel 2019 è aumentata a 1.917 trilioni di dollari USA, con un aumento del 3,6% su base annua. Il tasso di crescita è stato il più veloce dal 2010.

Nel 2019 i primi cinque Paesi che han speso di più negli armamenti sono stati USA, Cina, India, Russia e Arabia Saudita. Per la prima volta due potenze est-asiatiche sono entrate tra le prime tre.

L’India ha speso 71,1 miliardi di dollari, con un aumento del 6,8% su base annua. È diventata la più grande importatrice di armi al mondo. Ha anche istituito una forza di montagna di 100mila soldati posti sul confine conteso con la Cina e prevede di costruire 6 nuovi sottomarini. Motivo di tutto ciò? I rapporti piuttosto tesi tra India, Pakistan e Cina.

La spesa militare dei suddetti cinque Paesi ha rappresentato il 62% della spesa militare mondiale totale, che corrisponde al 2,2% del PIL globale, cioè a 249 dollari pro-capite: questo è il livello più alto dalla crisi finanziaria globale del 2008.

La spesa militare globale nel 2019 è aumentata del 7,2% rispetto al 2010.

Per farsi un’idea di queste cifre, basti sapere che l’Italia ha speso nel 2019 circa 22 miliardi di euro. Quest’anno arriveremo a 26 miliardi di euro.

Quasi il doppio di noi spendono il Giappone (47,6 miliardi di dollari) e la Corea del Sud (43,9 miliardi di dollari). Questi sono Paesi, insieme alle Filippine, che vogliono modernizzare parecchio il loro apparato militare.

Molto preoccupante il fatto che quest’anno i bilanci militari di Cina, Vietnam e molti altri Paesi asiatici hanno superato il tasso di crescita economica.

L’Asia è il continente che si sta armando di più. Il Giappone sta sostituendo la sua flotta originale con sottomarini più moderni. Nel 2019 ha inviato 10 fregate nelle acque al largo delle Filippine. Nel giugno di quest’anno ha schierato nei mari vicini al Vietnam altre 6 fregate (il numero di fregate in Vietnam è raddoppiato negli ultimi cinque anni, arrivando a 68). La principale flotta del Giappone è aumentata da 41 navi a 389. Si sta di nuovo militarizzando. Teme l’imprevedibilità minacciosa della Corea del Nord, ma anche il ruolo sempre più strategico della Cina nel Mar Cinese Meridionale.

Negli ultimi due anni ha spesso inviato fregate per difendere la sua rivendicazione sulle isole Senkaku (Diaoyu in cinese). Il governo si avvale di una difesa congiunta con gli USA, la Corea del Sud e ora anche l’India.

 

[21 dicembre] Giappone. Israele

 

Molto interessante un art. apparso su www.ildenaro.it scritto da Giancarlo Elia Valori. Riportiamo solo alcune affermazioni sul Giappone.

“L’imperialismo giapponese si formò e si sviluppò dopo la Restaurazione Meiji del 1868 e la sua origine ideologica è l’antico spirito bushido del Giappone medievale. Ma il Bushido, sotto il controllo del militarismo, divenne uno strumento per avvelenare e controllare internamente il pensiero nazionale giapponese.

Esternamente si espanse in modo selvaggio e intraprese la strada dell’aggressione contro i Paesi asiatici. Allo stesso tempo portò anche la nazione giapponese al disastro della II Guerra Mondiale.

Il bushido non è solo la vita e la visione del mondo dei samurai giapponesi, ma anche i doveri e le responsabilità dei samurai medesimi, inclusa la fedeltà al Tennō, la difesa delle arti marziali e dell’obbedienza assoluta e altri codici etici e di condotta feudali.

Il bushido tuttora ha un’influenza estremamente profonda su tutti gli aspetti della politica e della vita sociale giapponese, lasciando costante una tradizione ideologica e culturale militarista.

Il 15 agosto 2020 è stato il 75° anniversario della sconfitta giapponese. Nel suo discorso il primo ministro nipponico Shinzo Abe (oggi dimessosi per motivi di salute) ha continuato a rifiutarsi di ammettere i crimini di guerra giapponesi...

L’invasione, l’aggressione e l’occupazione giapponese di molte parti della Cina, ha comportato innumerevoli crimini di guerra (sperimentazione umana, uso di armi chimiche, omicidi di massa, lavoro forzato, politica sulla schiavitù sessuale, arresti arbitrari, torture indiscriminate, uccisione di persone innocenti, cannibalismo, ecc.). Ovunque andassero i soldati giapponesi, le case e le fabbriche erano distrutte, le risorse e le ricchezze saccheggiate, le donne violentate e le vite delle persone massacrate. La maggior parte delle prove della suddetta brutalità fu distrutta e nascosta dal governo giapponese prima che Tokyo firmasse formalmente la resa il 2 settembre 1945.

Dopo la guerra il Giappone ha ripetutamente negato la propria responsabilità per crimini di guerra, e ha continuato a calpestare i diritti umani dei Paesi vittimizzati e a spargere sale sulle ferite. Il Giappone non ha ancora risolto formalmente questo problema, quindi la sua credibilità nel sostenere i diritti umani è altamente discutibile...”.

Singolare questo atteggiamento del Giappone, bisogna ammetterlo. Un Paese che meriterebbe scuse ufficiali da parte degli USA per l’utilizzo assurdo delle due atomiche... Perché così restio a pentirsi di ciò che ha compiuto nei confronti della Cina e di altri Paesi asiatici?

Secondo lo storico Chalmers Johnson i giapponesi sterminarono fino a 30 milioni fra coreani, filippini, malesi, vietnamiti, cambogiani, indonesiani e birmani e almeno 23 milioni di loro erano di etnia cinese. Secondo la stima di Rudolph J. Rummel i cinesi ammazzati dai nipponici, nella sola Cina, sarebbero stati da 6 milioni a 10 milioni tra il 1937 (Il Massacro di Nanchino) e il 1945.

 

Dopo i cosiddetti “Accordi di Abramo”, sponsorizzati da Trump, cioè il riconoscimento dello Stato di Israele da parte degli Emirati Arabi Uniti, cui poi si sono aggiunti Egitto, Giordania, Bahrein, Sudan e Marocco, la regione mediorientale sembra essere giunta a una svolta.

Probabilmente cederà anche l’Arabia Saudita, dati i rapporti non ufficiali già esistenti e convalidati dal recente incontro di Benjamin Netanyahu con Mohamed bin Salman, erede al trono e uomo forte del regime saudita.

Questo lascia pensare che ai palestinesi non verranno più restituite le loro terre, e neppure ai siriani (Golan). Invece di coalizzarsi contro Israele, il mondo arabo si è piegato: 70 anni passati invano!

Ci sono rimasti solo l’Iran sciita e la Turchia sunnita a difendere i diritti dei palestinesi. Sia Teheran che Ankara non sopportano neppure le pretese di leadership del mondo musulmano da parte dei sauditi.

Biden (ma anche la sua vice Harris) è sempre stato nettamente a favore dello Stato palestinese previsto dalla strategia dei “due Stati”. Che farà ora? Avrà il coraggio di chiedere la riduzione degli insediamenti dei coloni israeliani nei territori palestinesi (soprattutto in Cisgiordania)? Continuerà ad accettare le posizioni divisive, ideologiche di Netanyahu (che porta il Paese a continue elezioni e rifiuta di farsi processare sulla base delle accuse di corruzione)? Permetterà a Israele di assumere un atteggiamento ancora più aggressivo nei confronti della Striscia di Gaza gestita da Hamas? Continuerà a considerare Hamas un’organizzazione terroristica? Manterrà il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele, negando quindi il diritto dei palestinesi ad avere come propria capitale Gerusalemme est? Terrà in piedi l’ambasciata USA a Gerusalemme?

Non è singolare che il governo di Netanyahu si regga in piedi soprattutto grazie al sostegno degli ultraortodossi e che continui a discriminare, sia politicamente che civilmente, gli stessi cittadini israeliani di etnia araba (circa il 20% della popolazione)? Ai quali di recente ha persino negato di considerare l’arabo come seconda lingua ufficiale di Israele? Non è assurdo consentire alle comunità di villaggio di costituirsi su base etnica o religiosa, impedendo ad altri d’inserirvisi?

Che razza di Stato è quello ebraico? Gli ultraortodossi mettono persino in dubbio l’autenticità ebraica di tutti coloro che non rispondono ai loro criteri, soprattutto quelli provenienti da Russia ed Etiopia. Come fanno i cittadini ad accettare un fanatismo religioso del genere? Possibile che l’odio nei confronti degli arabi e l’attaccamento a uno Stato confessionale li porti a soprassedere nei confronti del rispetto dei diritti umani?

 

[22 dicembre] Banca Asiatica d’Investimento per le Infrastrutture. Donne islamiche

 

La Banca Asiatica d’Investimento per le Infrastrutture (AIIB), fondata a Pechino nell’ottobre 2014, è un’istituzione finanziaria internazionale proposta dalla Cina. Si contrappone al Fondo Monetario Internazionale, alla Banca Mondiale e, in parte, anche all’Asian Development Bank (Banca Asiatica di Sviluppo), i cui programmi di assistenza hanno sempre dato priorità alle politiche di liberalizzazione commerciale e finanziaria, di privatizzazione e di de-regolamentazione dei mercati, a tutto vantaggio delle economie occidentali.

Dei tre suddetti Istituti il più importante è senza dubbio il FMI, perché con l’esplosione della crisi debitoria nei primi anni ’80 è diventato l’organizzazione deputata alla gestione degli shock finanziari a livello globale. Il FMI è sempre stato disastroso per le economie più deboli, nonostante che gli unici Paesi-membri dell’ONU che non ne facciano parte siano Cuba, Liechtenstein, Monaco e Corea del Nord.

La Banca Mondiale è stata creata nel 1945 per aiutare Europa e Giappone nella loro ricostruzione dopo la II guerra mondiale, ma col movimento della decolonizzazione degli anni ’60 ha cominciato a occuparsi anche dello sviluppo economico dei Paesi d’Africa, Asia e America Latina. A partire dagli anni ’90 si occupa anche dei Paesi post-comunisti. Gli aiuti offerti non hanno mai fatto gli interessi del Terzo mondo, semplicemente perché gli Istituti finanziari mondiali si trovano sotto il controllo del capitale e delle scelte strategiche dei Paesi più avanzati del mondo, anzitutto Stati Uniti e Giappone, che infatti non hanno aderito alla AIIB (il Giappone anche per l’accesa rivalità storica con Pechino, alimentata negli ultimi anni dalla contesa sulle isole Senkaku, chiamate così da Tokyo.

I 57 Paesi fondatori dell’AIIB oggi sono 97. La UE non è presente come tale ma come singoli Stati. Gli USA naturalmente han fatto di tutto perché non vi aderissero. Ma tanti suoi alleati di ferro han fatto come volevano: Gran Bretagna, Germania, Italia, Israele e Arabia Saudita, oltre che pezzi grossi come l’India.

Davvero l’AIIB sarà un’alternativa agli Istituti finanziari occidentali? L’intenzione è questa. D’altra parte le occasioni per sviluppare il continente asiatico non mancano: circa 1,5 miliardi di persone non hanno accesso a impianti sanitari, 400 milioni vivono senza corrente elettrica e 300 milioni non hanno a disposizione acqua pulita.

L’Asia comunque continua a essere il principale motore dell’economia mondiale, contribuendo per oltre il 60% alla sua crescita. E anche se tale economia è rallentata (prima con la crisi finanziaria del 2008, poi col Covid-19), l’area asiatica è cresciuta di oltre il 5% nel 2019-20.

Nel 2017 le agenzie di rating Moody’s, Fitch e Standard and Poor’s hanno assegnato all’AIIB la classe più alta e nel 2018-19 ne hanno confermato l’affidabilità creditizia. La Banca ha un capitale sociale sottoscritto di 100 miliardi di dollari, di cui 20 miliardi effettivamente versati.

Una quota limitata degli investimenti (massimo il 15%) può essere destinata dalla Banca anche a regioni al di fuori dell’Asia, a condizione che i progetti sviluppino questo continente, come per es. la protezione dell’ambiente, la green economy, la tolleranza zero per la corruzione, la connettività mondiale con la regione asiatica (infrastrutture per la Nuova via della seta).

L’Italia è stata tra i primi Paesi europei ad aderire e figura tra i primi 10 azionisti della AIIB. Possiede una quota pari 2,57% del capitale e un potere di voto pari al 2,51%. Tuttavia, essendo la meno nota delle banche multilaterali di sviluppo, le sue possibilità risultano ancora molto poco conosciute e sfruttate dalle nostre imprese. Basti pensare che ad oggi le società italiane che hanno partecipato ai bandi della Banca si contano sulle dita di una sola mano. Oltre il 50% dei progetti finanziati dalla AIIB sono co-finanziati con Banca

Mondiale e Banca Asiatica di Sviluppo (ADB, voluta dal Giappone all’inizio degli anni ’60). Questo perché la AIIB è ancora giovane e ha bisogno di acquisire competenze e professionalità. Si pensi che può contare solo su 250 dipendenti (di cui due soli italiani) contro gli oltre 4.000 della ADB e gli oltre 14.000 del Gruppo Banca Mondiale.

 

Il regime iraniano detiene il record mondiale di esecuzioni di donne: al momento ne sarebbero state conteggiate 110 negli ultimi dieci anni. Lo dice il Comitato delle donne del Consiglio Nazionale della Resistenza dell’Iran.

Secondo il sito CNRI-Femmes le cifre reali sarebbero ben più alte, poiché la maggior parte delle esecuzioni avvengono in segreto, senza che nessuno ne sia a conoscenza, tranne coloro che le eseguono. Un quadro più volte denunciato anche da Amnesty.

Una grande percentuale di loro ha ucciso il marito – sul posto o premeditatamente – dopo anni di umiliazioni, insulti, percosse e persino torture, e perché erano state private del loro diritto al divorzio. Quindi hanno agito per autodifesa.

Oppure vengono incarcerate per difendere i diritti umani, come p.es. la scrittrice Golrokh Ebrahimi Iraee, che si batte contro la pratica della lapidazione, o la nota avvocata iraniana e attivista per i diritti umani, Nasrin Sotoudeh, insignita del premio Sacharov dal Parlamento Europeo nel 2012, arrestata nel 2018 e destinata a scontare una condanna a 12 anni di carcere per aver difeso la battaglia contro l’imposizione del velo.

Il regime iraniano usa la pena di morte come forma di punizione.[4] In molti casi e in modo discriminatorio non solo contro le donne, ma anche contro le minoranze religiose ed etniche, e gli oppositori politici. Solo nel 2019 il regime dei mullah avrebbe impiccato 16 donne in diverse prigioni iraniane.

D’altra parte anche in Arabia Saudita alcune attiviste sono diventate simbolo della difesa dei diritti delle donne. Il caso più noto è quello di Loujain Al-Hathloul, tra le più impegnate per la fine del divieto femminile alla guida dell’auto. L’obiettivo è stato raggiunto nel 2018. Ma è nota anche Samar Badawi, condannata a 20 anni di carcere per essersi opposta al “sistema del guardiano”, la figura maschile, appartenente alla famiglia che controlla la vita delle donne.

 

[23 dicembre] Nepal. Carne artificiale

 

La presidente del Nepal, Bidya Devi Bhandari, ha sciolto la Camera bassa del Parlamento accogliendo una richiesta del primo ministro nepalese, K. P. Sharma Oli.

Che succede in Nepal, storicamente più vicino all’India, ma dipendente da qualche anno dai grandi investimenti economici cinesi ottenuti anche grazie al premier Oli?

La prossima primavera ci saranno le elezioni parlamentari, che si sarebbero dovute tenere nel novembre del 2022.

Oli è stato eletto per un secondo mandato nel 2017 (era già stato primo ministro dal 2015 al 2016) ed è capo del Partito comunista nepalese, nato nel 2018 dall’unione dei due partiti comunisti che avevano vinto in coalizione le elezioni del 2017.

Oltre a Oli, che veniva dal partito comunista marxista-leninista, era stato concordato che il nuovo partito avesse un altro leader, Pushpa Kamal Dahal, capo dei comunisti maoisti, determinante nella formazione della coalizione del 2017.

Anche Dahal è già stato premier, dal 2008 al 2009 e dal 2016 al 2017.

Negli ultimi tempi è cresciuto il malcontento verso il lavoro di Oli, che aveva iniziato il suo governo con la promessa di reprimere la corruzione, senza riuscirci.

Messo sostanzialmente in minoranza nel suo stesso partito, Oli ha consigliato alla presidente di sciogliere la Camera per evitare un voto di sfiducia nei suoi confronti che probabilmente avrebbe portato Dahal a diventare premier. Ma non appena l’ha fatto, 7 dei 25 ministri del governo (tutti vicini a Dahal) si sono dimessi per protesta, dato che la Costituzione nepalese, in vigore dal 2015, non permette a un premier della maggioranza di consigliare uno scioglimento della Camera, tanto più se governa con 2/3 della maggioranza.

Un’eventuale fine del governo di Oli, per mano del suo partito o attraverso elezioni, scontenterebbe la Cina e farebbe contenta l’India.

Quando Oli è stato eletto, tra i suoi obiettivi dichiarati c’era quello di rinforzare i legami economici con la Cina, per diversificare i suoi accordi commerciali e non dipendere solo dall’India. Da parte sua, la Cina ha effettivamente investito molto negli ultimi anni nell’economia del Nepal, soprattutto da quando al governo c’è la nuova coalizione comunista: la Cina vorrebbe portare il Nepal sotto la propria influenza, sia per ragioni di egemonia sulla zona rispetto all’India, sia perché lo considera un territorio d’importanza strategica sotto molti punti di vista, di difesa e di transito. Ad es. la Cina vorrebbe far passare dal Nepal una nuova ferrovia transfrontaliera nell’ambito del progetto “Belt and Road Initiative”[5] (“Nuova via della seta”), che vorrebbe collegare la Cina al subcontinente indiano.

Ultimamente i rapporti del Nepal con l’India non sono più buoni come un tempo, nonostante i due Paesi siano sempre stati legati dalla religione (entrambi sono a maggioranza induista) e dall’economia (sia per gli investimenti, sia perché molti nepalesi lavorano in India).

Nel 2015, dopo una sanguinosa insurrezione maoista e decenni di monarchia, il Nepal approvò una nuova Costituzione democratica, e l’India, che forse voleva essere maggiormente coinvolta nella stesura, impose per mesi un blocco di fatto lungo il confine.

Il blocco arrivò dopo il disastroso terremoto in Nepal di quell’anno, che causò la morte di circa 9mila persone, e portò quindi a una grave crisi umanitaria, dato che il Paese non poteva ottenere forniture fondamentali per la ricostruzione, ma nemmeno cibo, medicine e carburante. A settembre dello scorso anno molte persone in Nepal incolparono l’India per aver costruito argini che avevano peggiorato alcune inondazioni sul lato nepalese del confine.

Così, mentre si deterioravano i rapporti del governo di Oli con l’India, si rafforzavano quelli con la Cina.

L’instabilità politica del Nepal si inserisce in un più grande quadro di tensioni fra le due grandi potenze asiatiche, culminato a giugno di quest’anno nello scontro al confine tra i due Paesi che ha portato alla morte di 20 soldati indiani e di un numero sconosciuto di soldati cinesi.

Tra le questioni che dividono India e Cina c’è il Kashmir, un territorio del subcontinente indiano su cui India e Pakistan vogliono imporre la propria sovranità, e del quale anche la Cina rivendica una parte, quella che è già attualmente sotto il suo controllo. In generale sono diverse le zone di confine contese tra Cina e India.

Un’altra questione riguarda proprio il Pakistan: l’India vorrebbe che la Cina si unisse alle accuse di sostegno al terrorismo rivolte contro il Pakistan, mentre la Cina sta continuando a finanziare il governo pakistano, facendolo diventare dipendente dal suo sostegno.

Il dialogo tra Cina e India è diventato sempre più difficile, visto che i rapporti di forza negli ultimi anni sono molto cambiati: l’economia cinese è cinque volte quella indiana e l’India importa dalla Cina molto più di quanto non avvenga il contrario. Mentre la Cina è diventata leader mondiale dell’industria manifatturiera, l’India è rimasta per larga parte legata all’agricoltura.

 

È noto che la carne e la produzione casearia da sole causano quasi il 15% delle emissioni di gas serra. Adesso le cose stanno cambiando.

Il 3 novembre, vicino a Tel Aviv, è stato inaugurato un ristorante di hamburger chiamato The Chicken. Lì vi sono persone in camice di laboratorio che si muovono tra grandi cisterne d’acciaio inossidabile, chiamate bioreattori. Producono un pollo “coltivato”: cellule vive di vero pollo allevate in una soluzione che contiene tutti i necessari nutrienti e che raddoppia di volume ogni giorno. Niente contaminazione batterica da scarti animali, niente ormoni e antibiotici per accelerare la crescita e rallentare la diffusione di malattie, niente terreni usati per coltivare mangimi: niente 130 milioni di polli macellati ogni giorno.

SuperMeat è l’azienda che collabora col ristorante. I suoi petti di pollo coltivati sono dotati della consistenza e del sapore dei polli reali. Per il momento l’azienda li sta regalando (solo alle persone che ricevono un invito) e non vendendo, perché l’autorità di regolamentazione israeliana non ne ha ancora approvato la vendita. L’azienda sostiene che la carne “coltivata” costerà come la carne macellata nel giro di 6-7 anni.

Intanto l’azienda statunitense Eat Just ha ottenuto l’autorizzazione da parte delle autorità per vendere i suoi petti di pollo coltivati, prodotti in un bioreattore da 1.200 litri, a Singapore. E sempre in Israele, a novembre la Aleph Farms ha svelato le sue prime bistecche di manzo prodotte in laboratorio con vere cellule bovine. Faranno un lancio di prova del prodotto alla fine del 2022.

Passeremo dall’allevare, nutrire e macellare bovini, suini e ovini alla creazione di una versione “coltivata” della stessa carne. Ci vorranno 10-15 anni.

Dicono che così si salverà l’Amazzonia, dove le foreste sono abbattute per coltivare la soia con cui nutrire il bestiame del mondo. E sarà così che si renderà obsoleta metà della produzione agricola del mondo, cioè circa un miliardo di famiglie di coltivatori e allevatori resteranno disoccupati. Vengono qui in mente le disposizioni degli imperatori romani, quando dicevano di non perfezionare troppo la tecnica, altrimenti lo Stato avrebbe dovuto assistere molti più proletari.

E le conseguenze sulla salute fisica? Davvero tutta questa chimica sarà innocua? Siamo destinati a mangiare come gli astronauti?

 

[24 dicembre] Inquinamento

 

Ha detto il geologo olandese Frank Wesselingh, che fa parte di un gruppo di scienziati tedeschi e olandesi, sotto il patrocinio dell’Università di Utrecht: “Se il Mare del Nord scendesse di due o tre metri, l’accesso a porti come Rotterdam, Amburgo e Londra sarebbe impossibile. I pescherecci e i giganti dei container avrebbero diverse difficoltà e tutti i Paesi del Mare del Nord avrebbero un enorme problema”.

Poi ha aggiunto: “Per il Mar Caspio stiamo parlando di una diminuzione di non meno di 9 metri, nel migliore dei casi”. Infatti 18 metri è la peggiore: 1/3 della sua superficie di 371.000 kmq potrebbe scomparire. La vita di almeno un milione di persone che vivono lungo le coste verrebbe stravolta.

Ogni anno, dagli anni ’90 in poi, il lago più grande del mondo (lungo 1.200 km, con una larghezza media di 310 km), situato fra Russia, Kazakistan, Turkmenistan, Azerbaigian e il nord dell’Iran, a 28 metri sotto il livello del mare, affronta il problema inverso all’attuale innalzamento dei mari.

La paura è che faccia la fine del Lago d’Aral, le cui acque sono evaporate per colpa di scriteriate azioni umane e per il riscaldamento del pianeta, tanto da farlo quasi del tutto scomparire dalla faccia della Terra. Tutt’intorno è un deserto, salato e bianco, con un fondo cosparso di conchiglie, privo di comunicazioni e di esseri viventi nel raggio di decine di chilometri.

Il livello del Mar Caspio nel 2019 è diminuito di circa 13 cm rispetto al 2018, raggiungendo uno dei valori più bassi degli ultimi 30 anni. Nonostante sia alimentato da tre grandi fiumi, Volga (con le sue acque inquinate), Ural e Kura, l’aumento dell’evaporazione e la perdita di ghiaccio marino in inverno accelera il calo dei livelli di acqua.

Il pianeta sembra essere destinato a due scenari concomitanti: terre che scompaiono perché inghiottite dal mare che si alza per lo scioglimento dei ghiacci polari, e terre desertificate per un clima troppo caldo causato da uno sfruttamento assurdo delle risorse naturali.

Il Consiglio europeo è consapevole di questi pericoli. Si è posto come obiettivo per il prossimo decennio di tagliare le emissioni del 55%, per arrivare a zero emissioni entro il 2050.

Il problema tuttavia oggi è mondiale, non soltanto continentale. Il 2020 è destinato a essere ricordato come uno dei tre anni più caldi mai registrati. Nonostante il blocco causa Covid-19, le concentrazioni atmosferiche di gas a effetto serra hanno continuato a salire. Lo dice l’Organizzazione mondiale della meteorologia (Omm).

 

[25 dicembre] Svezia, NATO. Turchia, mass-media

 

In Svezia l’attuale esecutivo di minoranza, composto da Socialdemocratici e Verdi con l’appoggio esterno del Partito della Sinistra, rimane fermamente contrario all’adesione alla NATO. La sinistra ha sempre invocato il valore della neutralità militare che tiene il Paese fuori dalle dispute internazionali, almeno ufficialmente, da oltre 200 anni. Il Paese scandinavo non si è schierato formalmente in nessuna guerra sin dai tempi di Napoleone, quando stava avanzando in tutta Europa. Negli ultimi anni Stoccolma ha anche cercato di ritagliarsi un ruolo diplomatico come arbitro internazionale imparziale.

Tuttavia la scorsa settimana il Parlamento di Stoccolma ha voltato le spalle a questa tradizione con un voto di adesione alla NATO con 204 parlamentari favorevoli e 145 contrari.

Infatti il governo è stato battuto dall’inedita maggioranza che mette assieme i quattro partiti di centrodestra tradizionalmente alleati tra loro – il Partito moderato, i Liberali, il Partito di Centro e i Democratici Cristiani – assieme ai Democratici svedesi, formazione di estrema destra e precedentemente contraria all’adesione.

Il testo adottato, almeno per il momento, è solo una “opzione” all’adesione futura e non rappresenta alcun impegno vincolante. Una scelta dello stesso tipo era stata presa dalla Finlandia nel 1995, ma a oggi Helsinki non ha ancora aderito al Patto atlantico, come invece han già fatto Danimarca, Germania, Polonia e Stati baltici, tutti convinti che il più pericoloso nemico della UE sia la Russia, come ai tempi della guerra fredda.

 

Erdoğan ha messo in galera oltre 180 giornalisti. Alcuni sono stati condannati all’ergastolo o a 30 anni. La detenzione preventiva per lunghi periodi di tempo è ormai la norma.

Quanto ai giornali scomodi, c’è sempre qualche amico imprenditore del premier che li può acquistare. Un anno fa la holding del magnate turco Aydin Dogan ha concluso un accordo per la vendita di alcuni tra i principali media di opposizione in Turchia, tra cui Hurriyet e la Cnn turca, a un gruppo di imprenditori vicini ad Erdogan per 1,25 miliardi di dollari. Tra i media oggetto della cessione, i quotidiani laici Hurriyet e Posta, tra i più venduti nel Paese, quello sportivo Fanatik, anch’esso molto diffuso, nonché le tv Cnn turca e Kanal D. A guidare la cordata di acquirenti è la holding che fa capo a Yildirim Demirören, attuale presidente della Federazione calcistica turca, che nel 2011 aveva già assunto il controllo dei quotidiani di opposizione Milliyet e Vatan, che hanno da allora cambiato la propria linea editoriale.

Attualmente quindi il 71% circa dei media del Paese appartengono a 4 società vicine al governo: Turkuvaz/Kalyon, Doğuş, Ciner e Demirören. Questi ultimi, assieme ai gruppi Albayrak e İhlas, sono proprietari delle 40 testate più diffuse in Turchia e hanno investimenti in diversi altri settori, dall’edilizia all’estrazione mineraria e petrolifera, dalla finanza al turismo e alle telecomunicazioni.

La Fox TV turca, appartenente alla Walt Disney Company, è l’unica tra le 10 reti televisive principali a restare fuori da questo sistema. Pare che sia la rete più seguita per i programmi d’informazione, oltre a essere ritenuta la più affidabile.

A tutt’oggi la popolazione del Paese s’informa per oltre il 70% dalla televisione.

Nelle grandi città oltre l’80% usa il web.

La Turchia è la più grande prigione mondiale per i giornalisti: 1/3 dei giornalisti, operatori dei media e conduttori televisivi imprigionati nel mondo si trova nelle prigioni turche.

Ricordiamo che complessivamente sono state arrestate oltre 50mila persone dopo il fallito golpe del 2016. E la successiva campagna epurativa ha visto anche il licenziamento di oltre 150mila dipendenti pubblici.

La tv turca di Stato Trt ha messo al bando persino 208 canzoni, di cui 142 in turco e 66 in curdo, per i contenuti politici. Vietati i pezzi di Karapete, Xaco, Mihemed Sexo, curdi, ma anche di pop star come Sila, Demet Akalin, Bengu e Koray Avci.

Ora, con la scusa di combattere la disinformazione sulla pandemia, vengono presi di mira i giornalisti solo per aver scritto articoli o postato tweet sulla crisi sanitaria.

A partire dal luglio 2016 sono stati chiusi almeno 180 organi d’informazione e circa 2.500 giornalisti e altri operatori dell’informazione hanno perso il lavoro. Nell’ultimo mese almeno 27 tra portali e blog sono stati bloccati.

A marzo 6 giornalisti sono stati arrestati per aver scritto a proposito di un fatto già ampiamente noto: la morte di due presunti agenti dei servizi di sicurezza turchi in Libia. Alla fine di aprile gli avvocati hanno appreso da un articolo di stampa, e non da fonti giudiziarie, che i 6 giornalisti sono stati formalmente incriminati e rischiano fino a 19 anni di carcere.

Ma sono stati arrestati anche Ahmet Altan, noto scrittore e già direttore di quotidiani, l’ex direttore di Halk Tv, Hakan Aygün, il presentatore di Fox Tv Fatih Portakal, İsmet Çiğit, direttore dell’edizione online del quotidiano SES Kocaeli, la giornalista e difensora dei diritti umani Nurcan Baysal... Sempre sulla base di illazioni, reati presunti, indizi male interpretati.

L’organizzazione Reporters sans frontieres pone la Turchia al 157esimo posto su 180, nell’indice di libertà di stampa.

Il 13 aprile il Parlamento turco ha approvato una legge che prevede il rilascio anticipato e con la condizionale di circa 90.000 detenuti. Ma il provvedimento non ha riguardato i prigionieri condannati sulla base delle leggi antiterrorismo per reati contro lo Stato, tra i quali numerosissimi giornalisti che continueranno a languire in carceri sovraffollate e prive di igiene.

La Turchia ha 385 prigioni, i detenuti sono 286 mila e il sovraffollamento è di oltre il 150%.

Insomma, è evidente che è solo il ricatto sui migranti l’arma che permette l’impunità a un Paese privo dei più elementari diritti umani, che peraltro non molto tempo fa sosteneva i terroristi jihadisti in Siria, bombardava le postazioni kurde in questo Paese, e che ora fomenta la guerra in Libia.

Erdogan rifiuta anche di eseguire l’ordine della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo di rilasciare il leader curdo Selahattin Dermitas, in prigione dal 2016 per motivi politici, cioè per impedirgli di partecipare a importanti scadenze elettorali.

 

[26 dicembre] Cina, Tcp-Ip. Emirati Arabi Uniti

 

La Cina sta proponendo un nuovo protocollo di Internet, un New Ip, alternativo all’attuale modello Tcp-Ip, con l’obiettivo di spezzare la rete globale in tante reti sotto il controllo dei singoli governi.

L’Unione internazionale delle telecomunicazioni, l’agenzia delle Nazioni unite che fissa gli standard per le reti di telefonia e comunicazioni, ha rifiutato.

Tuttavia Pechino ha incassato il sostegno di governi intenzionati a stringere il controllo di ciò che viaggia online, come Russia, alcuni paesi africani e Arabia Saudita. Sul fronte opposto Stati Uniti, Europa e Canada.

Ciò che ostacola tale proposta sono anche gli enormi costi di riconversione che comporterebbe tale operazione, per non parlare dello spreco dei precedenti investimenti.

Perché la Cina spinge per un nuovo protocollo? Il pretesto è la crescente complessità dell’architettura telematica.

In realtà dietro c’è una strategia politica. Già adesso la Cina è il Paese col maggior numero di utenti Internet al mondo (904 milioni), e si sente titolata a imporre la sua visione del web.

Non a caso la rete di Pechino non ha compagnie telefoniche straniere sul suo territorio e tiene il traffico dati segregato dal resto del mondo. In tal senso la rete assomiglia più a una Intranet. I pacchetti di informazioni viaggiano dentro gli steccati nazionali, tanto che la Cina potrebbe staccarsi dalla rete internazionale senza risentirne troppo.

 

Dicono che gli Emirati Arabi Uniti siano un Paese che una volta era ricco e redditizio, mentre oggi è solo un parco giochi nel deserto per ex dittatori di tutto il mondo, politici vagabondi e la famiglia reale.

Col crollo del prezzo del petrolio e la pandemia, Dubai si è rivelata un luogo in disfacimento. La sua incapacità di concedere la cittadinanza perfino a chi lavora da decenni nel Paese è una delle ragioni per cui migliaia di stranieri hanno scelto di andarsene dopo la pandemia.

Da fine novembre gli Emirati non rilasciano il visto turistico ai cittadini di 11 Paesi. In questo momento i giovani pachistani che si trovano a Dubai o che stanno per partire devono affrontare enormi difficoltà. Non hanno soldi né un modo per tornare a casa.

La pandemia ha messo in luce la crudeltà delle agenzie di lavoro interinali che reclutano giovani da usare come schiavi salariati per costruire i pacchiani grattacieli e soddisfare gli insaziabili eccessi di Dubai. Passaporto e documenti restano nelle mani di queste agenzie finché il contratto non è concluso.

Per entrare a lavorare bisogna pagare la domanda, ma se non si può entrare per colpa del Covid-19, la domanda va ripagata e con essa i biglietti aerei. Molti si erano dimessi dai luoghi di lavoro nei Paesi d’origine.

Molti lamentano la totale assenza di servizi sociali per la consistente fascia di popolazione senza cittadinanza. Insomma quando guardiamo i loro incredibili grattacieli, i più alti del mondo, ricordiamoci che sono stati costruiti in un sistema sociale assolutamente vergognoso.

 

[27 dicembre] Turchia, libertà di pensiero. Giappone, elettricità. Mare del Nord. Brexit

 

Can Dündar, ex direttore del quotidiano turco di opposizione Cumhuriyet, è stato condannato dal tribunale di Istanbul a più di 27 anni di carcere con l’accusa di “rivelazione di informazioni riservate a scopo di spionaggio” e di “sostegno a un'organizzazione terroristica”, nella fattispecie quella che secondo Ankara sarebbe guidata dall’imam e imprenditore Fethullah Gulen, ex mentore di Erdoğan e poi divenuto suo acerrimo nemico, accusato d’essere l’ideatore del fallito colpo di stato del luglio 2016. Inoltre Dündar avrebbe fabbricato notizie false attraverso informazioni ricevute dall’organizzazione di Gülen, allo scopo di screditare la Turchia.

La vera colpa però è quella d’aver pubblicato una documentata inchiesta che dimostrava il sostegno militare e logistico del regime di Erdoğan ai jihadisti dello Stato islamico attraverso la cosiddetta “autostrada della jihad”, che dalle retrovie turche portava migliaia di fondamentalisti islamici in Siria.

Can Dündar riuscì a pubblicare le immagini di alcuni camion gestiti dai servizi segreti turchi – il Mit – che passavano la frontiera con la Siria carichi di armi, anche pesanti, destinate ai combattenti dell’Isis, utilizzati dal “sultano” di Ankara per tentare di rovesciare il governo di Bashar al Assad e per massacrare le milizie curde che proteggevano a caro prezzo i territori del Rojava. Quella e altre inchieste rivelarono non solo che l’intelligence turca riforniva i tagliagole islamisti di armi, ma che all’interno della Turchia erano attivi numerosi campi di addestramento, veri e propri uffici di reclutamento e luoghi dove i jihadisti potevano rifugiarsi indisturbati. Le milizie dei tagliagola islamisti furono poi mandate a fare crimini di guerra in Libia e nel Nagorno-Kharabah.

La preziosa testimonianza fece il giro del mondo, resa possibile dal sequestro dei camion carichi di armi da parte di alcuni agenti della polizia di frontiera (che poi furono addirittura messi sotto accusa ed espulsi).

Dopo la pubblicazione dello scoop, il presidente Erdoğan aveva pubblicamente minacciato Dündar di ritorsioni, affermando che avrebbe “pagato il suo gesto a caro prezzo”. E ora ha mantenuto la promessa.

Fortuna che Can Dündar nel 2016 riuscì a rifugiarsi in Germania. Lo scorso ottobre comunque gli sono stati confiscati tutti i beni e i conti bancari. L’avvocato difensore non ha assistito alla lettura della sentenza perché non ha “voluto concedere legittimità a una sentenza politica decisa a tavolino”.

La sentenza segue di poco quella emessa il 21 dicembre dal tribunale di Diyarbakir contro l’ex deputata del partito di sinistra Hdp Leyla Guven. L’attivista curda dovrà scontare 22 anni di carcere perché ritenuta colpevole di “appartenenza a organizzazione terroristica” (ovviamente al Partito dei Lavoratori del Kurdistan, PKK) e “propaganda terroristica”. A giugno Leyla Guven era stata sospesa dal suo incarico parlamentare e privata della sua immunità e poi arrestata. Già in passato la 56enne dirigente politica della sinistra curda aveva subito arresti e lunghi periodi di carcerazione e poi, nel 2019, aveva condotto un lunghissimo sciopero della fame.

 

Il primo produttore di automobili al mondo – la Toyota, che si gioca con Volkswagen il primato di oltre 10 milioni di unità all’anno – ha definito troppo inquinante l’auto elettrica e anche troppo cara.

E pensare che proprio la Toyota aveva avuto l’ardire pionieristico di scommettere sull’elettrificazione, rendendo via via ibridi tutti i suoi modelli.

Perché una dichiarazione del genere? Perché più auto elettriche si costruiscono, più anidride carbonica si produce, in quanto l’energia elettrica in Giappone viene prodotta da centrali a carbone e a gas, le quali, come in tutto il mondo, hanno costi economici piuttosto convenienti.

I manager sono arrivati persino a dire che se l’intero parco macchine circolante nel Paese fosse elettrico, il Sol Levante resterebbe al buio. E per adeguare la rete elettrica in ottica green servirebbero investimenti superiori ai 135 miliardi di dollari.

In Italia è uguale: nel 2019 la produzione nazionale lorda di energia elettrica è stata coperta per oltre il 60% da produzione termoelettrica non rinnovabile. Situazione migliore nella UE ma di poco: le fonti non rinnovabili hanno pesato per quasi il 43% per ottenere elettricità, di cui 1/4 proviene dall’energia nucleare.

L’energia verde in Europa si ferma al 13,3% dell’eolico, al 4,4% del solare e a un 12,3% di idroelettrico, che però non è interamente rinnovabile.

Quindi non ha senso parlare di energia elettrica come alternativa agli idrocarburi.

Per non parlare del fatto che smaltire le batterie dell’auto elettrica è piuttosto complesso, essendo altamente inquinanti. Oggi costa meno estrarre i metalli nobili necessari per le batterie (litio, cobalto, nickel, grafite...), piuttosto che recuperarli, ma tra pochi anni non sarà più così, perché i giacimenti non sono infiniti, soprattutto di metalli così rari.

 

L’accordo sulla Brexit entrerà in vigore dal 1° gennaio. Sarà in regime provvisorio fino al completamento dei necessari processi di ratifica.

Conseguenze?

Il Regno Unito abbandona il programma Erasmus, perché gli costava troppo: 243 milioni di sterline all’anno. Attualmente gli studenti europei in quel Paese sono 150mila e, probabilmente, con l’entrata in vigore delle nuove regole, saranno costretti a iscriversi alle costose università britanniche per poter fare la stessa esperienza che permetteva il programma europeo.

Sarà evitata in modo quasi completo l’applicazione di dazi alle frontiere sulle merci e i prodotti esportati dal Regno Unito ed Europa e non ci sarà un limite alla quantità di prodotti commerciabili tra i due Paesi.

L’Europa rinuncia a 1/4 della quota di pesce catturato nelle acque del Regno Unito: molto meno dell’80% inizialmente richiesto dagli inglesi. Il sistema sarà in vigore per 5 anni e mezzo, dopodiché il Regno Unito potrà tornare ad avere il pieno controllo delle sue acque, e l’accesso alle imbarcazioni UE sarà regolato da nuovi negoziati. La pesca incide sul PIL britannico per circa lo 0,1%.

Se per turismo basterà il passaporto per recarsi nel Regno Unito, per poter invece lavorarvi bisognerà essere in possesso di un visto, ottenibile solo nel caso in cui si abbia già un impiego, retribuito almeno con 26.500 sterline (circa 29mila euro) e a patto di avere un livello di conoscenza di inglese B1.

È prevista una corsia preferenziale per ottenere il visto per i lavoratori del settore sanitario.

La questione dei visti non coinvolge gli oltre 4 milioni di europei che già vivono e lavorano in quel Paese.

Sono garantite sicurezze sociali per inglesi nella UE e per cittadini UE in England.

Trovato un accordo per un livello minimo di standard ambientale, sociale e sui diritti dei lavoratori al di sotto del quale nessuno potrà scendere: questo per evitare che il Regno Unito faccia concorrenza sleale alle aziende europee.

Il governo inglese ha anche accettato di attenersi alle regole comuni sugli aiuti di stato, che saranno valutati da un’agenzia indipendente.

Il governo schiererà anche 1.100 funzionari in più alle dogane e all’immigrazione. Ci saranno nuovi controlli di frontiera e molte nuove regole da seguire che potrebbero comportare costi aggiuntivi per le aziende britanniche. Già si teme che a causa dei controlli migliaia di camion resteranno bloccati sulle autostrade inglesi che conducono ai porti.

L’Italia non dovrebbe avere conseguenze su un export di circa 25 miliardi, di cui 3,4 solo di alimentare. L’Inghilterra rappresenta per il nostro export alimentare il quarto mercato di sbocco.

Si sono quindi evitati dazi medi del 3%, che per alcuni prodotti alimentari potevano raggiungere anche il 30%.

Restano fuori dall’accordo la politica estera, la sicurezza esterna e la cooperazione in materia di difesa.

Il settore dei servizi non è stato coinvolto nell’accordo. Le società finanziarie britanniche potrebbero dover aspettare mesi prima che la UE decida unilateralmente che tipo di accesso potranno avere i servizi inglesi nel mercato unico: aumenterà di sicuro l’instabilità per le banche e gli operatori finanziari.

Per quanto riguarda la risoluzione delle controversie, ci sarà un arbitrato indipendente e si è stabilita la possibilità di attivare un meccanismo che potrebbe portare all’imposizione di dazi su alcuni beni.

L’Irlanda del Nord rimarrà soggetto alle norme del mercato unico dell’UE e dell’unione doganale.

Il Regno Unito non sarà più soggetto alle leggi europee, e anche se dovrà continuare a gestire la sua economia con regole simili a quelle dell’Unione Europea, in futuro avrà la libertà di introdurre nuove misure.

 

 

Conclusione

 

In un libro del genere non ci può essere alcuna conclusione, poiché si spera di poterne fare un altro.

L’unica cosa che si può dire è che in Facebook le persone più consapevoli si creano una sorta di telegiornale quotidiano. Spesso si danno informazioni del tutto false o infondate, ma ciò è un male comune di tutta la comunicazione gestita dai grandi potentati economici e/o politici. È comunque buona regola, prima di postare un messaggio che appare esagerato, verificarlo il più possibile in vari siti. Alcuni si sono addirittura specializzati nel riportare le cosiddette “fake news”.

Consiglio di usare toni moderati, mai offensivi, e di non ripetere all’infinito medesimi concetti. Il limite maggiore di Facebook non sta tanto nel numero massimo di 5.000 amicizie, quanto nel fatto che ci si trova a distanza ed è molto difficile che uno cambi idea leggendo i post altrui. Quindi è inutile sbraitare o inveire.

 

 

Bibliografia su Amazon

 

 

Attualità:

La Shoah palestinese (novembre 2023-febbraio 2024)

La catastrofe (luglio-ottobre 2023)

La resa (marzo-giugno 2023)

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La guerra totale (maggio-giugno 2022)

Il signore del gas (aprile-maggio 2022)

La truffa ucraina (gennaio-marzo 2022)

Diario di Facebook (2017-2020)

Diario di Facebook (gen-mar 2021)

Diario di Facebook (apr-dic 2021)

Memorie:

Sopravvissuto. Memorie di un ex

Grido ad Manghinot. Politica e Turismo a Riccione (1859-1967)

Storia:

L’impero romano. I. Dalla monarchia alla repubblica

L’impero romano: II. Dalla repubblica al principato

Homo primitivus. Le ultime tracce di socialismo

Cristianesimo medievale

Dal feudalesimo all’umanesimo. Quadro storico-culturale di una transizione

Protagonisti dell’Umanesimo e del Rinascimento

Storia dell’Inghilterra. Dai Normanni alla rivoluzione inglese

Scoperta e conquista dell’America

Storia della Spagna

Il potere dei senzadio. Rivoluzione francese e questione religiosa

Cenni di storiografia

Herbis non verbis. Introduzione alla fitoterapia

Arte:

Arte da amare

La svolta di Giotto. La nascita borghese dell’arte moderna

Letteratura-Linguaggi:

Letterati italiani

Letterati stranieri

Pagine di letteratura

Pazìnzia e distèin in Walter Galli

Dante laico e cattolico

Grammatica e Scrittura. Dalle astrazioni dei manuali scolastici alla scrittura creativa

Contro Ulisse

Poesie:

Nato vecchio; La fine; Prof e Stud; Natura; Poesie in strada; Esistenza in vita; Un amore sognato; Poiesis (opere complete)

Filosofia:

La filosofia ingenua

Laicismo medievale

Ideologia della chiesa latina

l’impossibile Nietzsche

Da Cartesio a Rousseau

Rousseau e l’arcantropia

Il Trattato di Wittgenstein

Preve disincantato

Critica laica

Le ragioni della laicità

Che cos’è la coscienza? Pagine di diario

Che cos’è la verità? Pagine di diario

Scienza e Natura. Per un’apologia della materia

Spazio e Tempo: nei filosofi e nella vita quotidiana

La scienza nel Seicento

Linguaggio e comunicazione

Interviste e Dialoghi

Antropologia:

La scienza del colonialismo. Critica dell’antropologia culturale

Ribaltare i miti: miti e fiabe destrutturati

Economia:

Esegeti di Marx

Maledetto capitale

Marx economista

Il meglio di Marx

Etica ed economia. Per una teoria dell’umanesimo laico

Le teorie economiche di Giuseppe Mazzini

Politica:

Lenin e la guerra imperialista

L’idealista Gorbaciov. Le forme del socialismo democratico

Il grande Lenin

Cinico Engels. Oltre l’Anti-Dühring

L’aquila Rosa. Critica della Luxemburg

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La dittatura della democrazia. Come uscire dal sistema

Dialogo a distanza sui massimi sistemi

Diritto:

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Diritto laico

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La colpa originaria. Analisi della caduta

In principio era il due

Sesso e amore

Didattica:

Per una riforma della scuola

Zetesis. Dalle conoscenze e abilità alle competenze nella didattica della storia

Ateismo:

Cristo in Facebook

Diario su Cristo

Studi laici sull’Antico Testamento

L’Apocalisse di Giovanni

Johannes. Il discepolo anonimo, prediletto e tradito

Pescatori di uomini. Le mistificazioni nel vangelo di Marco

Contro Luca. Moralismo e opportunismo nel terzo vangelo

Metodologia dell’esegesi laica. Per una quarta ricerca

Protagonisti dell’esegesi laica. Per una quarta ricerca

Ombra delle cose future. Esegesi laica delle lettere paoline

Umano e Politico. Biografia demistificata del Cristo

Le diatribe del Cristo. Veri e falsi problemi nei vangeli

Ateo e sovversivo. I lati oscuri della mistificazione cristologica

Risorto o Scomparso? Dal giudizio di fatto a quello di valore

Cristianesimo primitivo. Dalle origini alla svolta costantiniana

Guarigioni e Parabole: fatti improbabili e parole ambigue

Gli apostoli traditori. Sviluppi del Cristo impolitico

 

 

Indice

 

Premessa....................................................................................... 5

2017.................................................................................................. 7

[28 gennaio] Nativi americani......................................................... 7

[1 marzo] Bayer e Monsanto......................................................... 10

[11 marzo] Corte multilaterale sugli investimenti........................... 10

[1 aprile] Arabia Saudita............................................................... 11

[10 aprile] Cognome materno........................................................ 11

[17 giugno] Industria militare........................................................ 12

[1 luglio] Inquinamento................................................................ 13

[16 ottobre – 1 novembre] Indipendenza della Catalogna................ 14

[4 novembre] Ucraina................................................................... 21

[6 novembre] George Soros.......................................................... 21

[9 novembre] Corea del Nord........................................................ 22

[10 novembre] Brexit................................................................... 23

[11 novembre] Israele e NATO..................................................... 23

[13 novembre] Hawaii, lingua madre............................................. 23

[15 novembre] USA, armi. Italia, anziani....................................... 23

[16 novembre] Bergoglio, accanimento terapeutico. Federalismo. Indonesia. USA, socialismo           23

[17 novembre] Ergastolo. Cannabis. Ludopatia. Povertà nazionale.. 24

[18 novembre] Totò Riina. USA, povertà e debito privato. Migrazioni dall’Africa      25

[19 novembre] Elefanti. Bud Spencer. Social. Aborto. Lazio........... 26

[20 novembre] Vaticano, pedofilia. Charles Manson. San Marino. Arabia Saudita      26

[22 novembre] Dipendenti pubblici. Scalfari. USA, armi nucleari. Vaccinazione. Carlo Verdone. Mladic. Lega Nord................................................................................................... 27

[23 novembre] Facebook. Perdonare. James O’Connor. ONU......... 28

[24 novembre] Austerity. USA. Oscurantismo religioso. Profugo climatico. Amazon 28

[25 novembre] Egitto.................................................................... 29

[26 novembre] Arabia Saudita e Israele......................................... 29

[27 novembre] Oscurantismo religioso. Cesena. Webtax. Brexit...... 30

[28 novembre] IKEA. Berlusconi. Api. Italia, nascite. Brexit.......... 31

[29 novembre] Fecondazione artificiale. Cina. Leila Khaled............ 32

[1 dicembre] Caso Orlandi. NATO. USA, ONU. M5Stelle. Israele. Germania. Operai stranieri           33

[2 dicembre] Privacy. San Marino. Robot Sofia. Berlusconi............ 35

[3 dicembre] Facebook. Malaysia, ateismo. Oscurantismo religioso. 36

[4 dicembre] Ludopatia. Giappone. Canada, cannabis. Messico. Svezia 36

[5 dicembre] Lobbismo. Pensioni. Capitalismo italiano. Giovani capitalisti. Catalogna. Vaccini. Reati. Privacy................................................................................................... 38

[6 dicembre] Italia, economia. USA, Gerusalemme. De Bortoli e Boschi. Facebook   40

[7 dicembre] Israele. Amazon. USA, giovani. Oscurantismo religioso. Trump. Fisco. IBM     42

[8 dicembre] Dell’Utri. Mamma infanticida. Falsi patentati. Pagamenti digitali. Borsa nazionale. Grecia. USA, debito. Genetica........................................................................... 44

[9 dicembre] Capitalismo digitale. Oscurantismo religioso. Fisco.... 46

[10 dicembre] Immigrati. Forlì, FIOM........................................... 48

[11 dicembre] Commercio globale. Deutsche Bank. Steinhoff International. Francesco Bellomo         49

[12 dicembre] Biotestamento. Lavoro e disoccupazione. Deutsche Bank. Ludopatia. USA      51

[13 dicembre] Automobili e incidenti stradali. Bitcoin e Litecoin.... 54

[14 dicembre] Socialismo statale. Testamento biologico................. 55

[15 dicembre] Scuola e lavoro. Centri per stranieri. Magda Scalisi.. 56

[16 dicembre] Reddito di cittadinanza. Ludopatia. Gestione dei rifiuti. Ciclismo        58

[17 dicembre] Caso Moro............................................................. 59

[18 dicembre] Casa Savoia. Fondi strutturali. Insetti. Profilattici. Legge Gadda          60

[19 dicembre] Microplastiche. Sudtirolo. Esperimenti cosmici. Tumori.         61

[20 dicembre] Catalogna. Brexit. Guerra nucleare. Cotton fioc. Ustica 63

[21 dicembre] Trump, WTO. Vaticano, pedofilia. Guerra nucleare.. 66

[22 dicembre] Catalogna. Gerusalemme. Arturo. Ludopatia............ 67

[23 dicembre] Ponte sullo stretto................................................... 68

[25 dicembre] Catalogna. Minigonna. Rodolfo Fiesoli.................... 68

[26 dicembre] Gilberto Caldarozzi................................................. 69

[28 dicembre] Egitto, ateismo. Massimo Cacciari. DNA, fede religiosa. Vincenzo Pillai. Sacchetti biodegradabili................................................................................................... 69

[29 dicembre] Ciclismo. Computer, libri. Lufthansa, Alitalia........... 70

[30 dicembre] Euro, lire. Asia Argento. Vendita di armi................. 71

2018................................................................................................ 73

[1 gennaio] Iran............................................................................ 73

[2 gennaio] Vaticano. Amazon. USA, droghe. Italia, economia....... 73

[3 gennaio] Italia, banche. Fisco. Ius soli. Criminalità..................... 75

[4 gennaio] Vescovi cattolici. Finlandia. Sardegna, carceri. Roberto Bolle. Alcol       77

[5 gennaio] Tasse. Spose bambine. Migranti. Canone Rai. Francia, banche italiane. Marchionne. Procreare. Pakistan................................................................................................... 78

[6 gennaio] Miliardari. Turchia..................................................... 81

[7 gennaio] Migranti. Privacy. Tasse............................................. 82

[8 gennaio] Tasse universitarie. Cina. Mezzogiorno. Debito mondiale. Psicologia. Fitzgerald 83

[9 gennaio] Oro. Lavoro femminile. Italia, economia. Rosatellum. Niamh Baldwin. FemAnonFatal. Italia, natalità................................................................................................... 85

[10 gennaio] Cina......................................................................... 88

[11 gennaio] Davos. Web nazionale. Ludopatia. Cina. 41bis........... 88

[12 gennaio] Sardex. Deficit/PIL. Ricerca universitaria. Omosessualità. Brexit          89

[13 gennaio] Bitcoin. Golden visa. Italia e Iran. Debito pubblico. Germania. Redditi parlamentari. Vaticano. Scuola................................................................................................... 91

[14 gennaio] Erboristeria. Tunisia.................................................. 93

[15 gennaio] Crisi economica mondiale. Fascioleghismo. Carillion. Berlusconi. Fondo Monetario Europeo    94

[16 gennaio] Politica incoerente. Razzismo.................................... 96

[18 gennaio] Missioni di pace. Africa, età media. Gene Gnocchi..... 99

[19 gennaio] Soros. Catalogna. Peste. Italia, natalità. Brexit. CNEL 100

[20 gennaio] Beni culturali. Formazione a distanza....................... 101

[21 gennaio] Venezia. NATO. Commercio militare...................... 102

[22 gennaio] Cosmesi. Italia, sanità............................................. 103

[23 gennaio] Facebook. Bitcoin. Italia, invecchiamento................ 104

[24 gennaio] Disoccupazione mondiale. UE. Trump. Ostia. Italia, economia. Davos   105

[25 gennaio] Italia, giovani. Orientamento sessuale. Destra italiana. Sovranisti. Fusaro. Liberi e Uguali. INPS. Davos................................................................................................. 107

[26 gennaio] Siria. Giganti tecnologici. Astensionismo elettorale. Grecia. Ferrero e Nestlé. Fake news. Badanti. Ricchezza privata....................................................................... 110

[27 gennaio] Contraffazioni merceologiche. Migrazioni................ 115

[28 gennaio] Attori neri. Mauro Biglino. Potere al popolo. Sardegna. Giovani inglesi. PIL      116

[29 gennaio] Italia...................................................................... 117

[30 gennaio] Berlusconi. Potere al Popolo, scuola........................ 118

[31 gennaio] Di Pietro................................................................ 118

[1 febbraio] Politica, scuola. Sinistra radicale. Federalismo........... 119

[2 febbraio] Disoccupazione. Risparmiometro. Debito pubblico. Evasione fiscale. Italia, spesa militare          120

[3 febbraio] Università................................................................ 122

[4 febbraio] Fascioleghismo. Linguaggi offensivi. Turchia............ 123

[5 febbraio] Socialismo. Politica italiana. Turchia. Scuola............. 124

[6 febbraio] Debito pubblico....................................................... 126

[7 febbraio] Paolo VI. Berlusconi. Casapound. Riforma della giustizia. 126

[8 febbraio] Fisco. Unione Europea. Gastone Sozzi...................... 128

[9 febbraio] Sinistra radicale. Canada, islam. Casapound.............. 129

[10 febbraio] Fascioleghismo. Liberi e Uguali. Patrice Lescaudron 131

[11 febbraio] Fascismo............................................................... 133

[12 febbraio] Gamberi. Politica italiana. Pensioni......................... 134

[13 febbraio] USA, ricchezza e povertà........................................ 136

[14 febbraio] Grecia e Italia........................................................ 136

[15 febbraio] USA, debito pubblico, armi. Capitalismo italiano..... 137

[16 febbraio] Vincolo di mandato. Italia, povertà. Venezuela. M5Stelle         138

[17 febbraio] Destra. Linee ferroviarie. Amazon........................... 140

[18 febbraio] Politica. Velo. Carmelo Musumeci. Destra............... 141

[19 febbraio] Berlusconi. Israele................................................. 142

[21 febbraio] FCA. Capitalismo italiano...................................... 143

[22 febbraio] USA, democrazia. Federalismo. Italia, economia. Linguaggio di odio    144

[23 febbraio] Sudafrica. Criminalità organizzata. Brexit. Oneri di sistema      145

[24 febbraio] Elezioni. Segrate.................................................... 147

[25 febbraio] Inquinamento. Carmelo Musumeci. Velo................. 147

[26 febbraio] Vincolo di mandato. Reddito d’inclusione. Diritto di famiglia   149

[27 febbraio] Debito pubblico..................................................... 150

[28 febbraio] Paolo Diop. INPS................................................... 151

[1 marzo] Russia, difesa. Palestina.............................................. 151

[2 marzo] Tagliando anti-frode.................................................... 152

[3 marzo] Ergastolo ostativo. Israele. Università........................... 153

[5-10 marzo] Elezioni 4 marzo 2018............................................ 155

[8 marzo] Pensioni. Assicurazioni............................................... 157

[11 marzo] Laureati e non nei partiti. M5Stelle e Lega.................. 158

[12 marzo] Italia, povertà. Nuovo Parlamento.............................. 159

[13 marzo] Nuovo governo......................................................... 160

[14 marzo] Ergastolo. Compravendita di senatori. Merkel............. 161

[15 marzo] Italia, commercio di armi. Debito pubblico. Reddito di cittadinanza. Oro  162

[16 marzo] Capitalismo mondiale. Caso Moro............................. 165

[17 marzo] Italia, migrazioni. Formazione scolastica. Ex BR. Canada 165

[26 marzo] Italia, povertà. Disoccupazione giovanile.................... 167

[31 marzo] Italia, Nord e Sud. Giappone...................................... 168

[1 aprile] Palestina. Fisco. Analfabetismo. Inquinamento. Debito pubblico     169

[2 aprile] Siria. Popolazione mondiale. Italia, povertà e ricchezza.. 171

[4 aprile] Fisco. UE, ricchezza.................................................... 172

[5 aprile] Facebook.................................................................... 173

[6 aprile] Italia, ricchezza........................................................... 173

[7 aprile] Francia. Top manager. Commercio mondiale di armi..... 173

[10 aprile] Italia, export.............................................................. 175

[12 aprile] Italia, pensionati all’estero.......................................... 175

[13 aprile] Vaticano, fisco........................................................... 176

[14 aprile] Siria. Oro.................................................................. 176

[15 aprile] USA, violenza della polizia........................................ 177

[17 aprile] Lecce, genitori e figli................................................. 177

[20 aprile] Lucca, bullismo scolatico........................................... 177

[21 aprile] Berlusconi. Siria........................................................ 178

[13 maggio] Berlusconiani.......................................................... 178

[1 giugno] Rajoy........................................................................ 179

[4 giugno] Bayer-Monsanto........................................................ 179

[6 giugno] Brexit........................................................................ 179

[15 giugno] Acqua del rubinetto.................................................. 179

[26 luglio] Democrazia diretta..................................................... 180

[26 settembre] Brexit. Italexit...................................................... 180

[11 ottobre] Corruzione italiana................................................... 180

[19 ottobre] Povertà mondiale..................................................... 181

[3 novembre] Francia, banche..................................................... 181

[19 novembre] Italia, giovani...................................................... 181

2019.............................................................................................. 182

[18 febbraio] Costituzione, art. 1................................................. 182

[5 marzo] Lega........................................................................... 182

[9 marzo] Cina, metalli pregiati................................................... 182

[23 marzo] Finlandia, pellicce..................................................... 183

[31 marzo] Italia, banche............................................................ 183

[13 aprile] Italia, Sistema Siracusa. Italia, delocalizzazioni........... 184

[5 maggio] Inquinamento mondiale. Packaging............................ 185

[13 maggio] Report, corruzione italiana....................................... 185

[19 maggio] Italia, formazione. Frode alimentare......................... 186

[6 giugno] Ruolo del Sindaco. Federalismo.................................. 187

[8 giugno] Fusaro. Lega.............................................................. 188

[3 agosto] Questioni militari mondiali.......................................... 188

[14 agosto] NATO..................................................................... 190

[30 agosto] Euro........................................................................ 190

[22 ottobre] NATO..................................................................... 191

[1 dicembre] Inquinamento. Servizi digitali................................. 192

[12 dicembre] NATO................................................................. 192

[14 dicembre] Pesca illegale....................................................... 193

2020.............................................................................................. 194

[1 gennaio] Calendari................................................................. 194

[28 gennaio] Comuni sciolti........................................................ 194

[11 febbraio] NATO................................................................... 194

[15 febbraio] NATO................................................................... 196

[18 febbraio] USA, militarismo................................................... 196

[22 febbraio] Universo. Numero dei parlamentari......................... 197

[28 febbraio – 27 giugno] Covid-19............................................. 198

[2 maggio] Decessi in Italia........................................................ 202

[5 maggio] Spese militari............................................................ 203

[6 maggio] Criminalità organizzata............................................. 204

[1 giugno] Scuole private............................................................ 205

[2 giugno] USA, polizia.............................................................. 205

[6 giugno] Alessandro Barbero. Formazione a distanza................. 206

[21 giugno] Cina, cani e gatti. Italia, demanio pubblico................. 207

[25 giugno] Luca Palamara......................................................... 208

[27 giugno] NATO. Italia, Comuni sciolti.................................... 208

[29 giugno] USA, Oregon. Cina, miele........................................ 210

[30 giugno] Marco Pantani. Scuole private. USA, pena di morte... 211

[1 luglio] Neolitico. Cina, virus................................................... 215

[2 luglio] Italia e India................................................................ 216

[4 luglio] Turchia, diritti umani. Mutazioni genetiche. Regno Unito, inquinamento    216

[5 luglio] Noor Inayat Khan. San Marino..................................... 218

[8 luglio] Lourdes...................................................................... 219

[15 luglio] USA, assicurazioni.................................................... 219

[16 luglio] Italia, pensionati. Italia, demografia............................ 220

[19 luglio] Iran........................................................................... 221

[20 luglio] UE, Paesi frugali....................................................... 222

[23 luglio] Yanis Varoufakis....................................................... 223

[24 luglio] Germania, islam. Inquinamento. Italia, infermieri. Sigarette 223

[25 luglio] Grande distribuzione, frutta. Inquinamento. Italia, militarismo. Italia, conflitto d’interessi  225

[26 luglio] Ghana. Rimozione simboli. Inquinamento................... 229

[27 luglio] USA, multinazionali. Eutanasia. Cina. Italia, Ilva. Convenzione di Istanbul           231

[28 luglio] USA, Siria. Svizzera, criminalità organizzata. Turchia, Santa Sofia           233

[30 luglio] NATO...................................................................... 234

[3 agosto] UE, vantaggi. Strage di Bologna. Parigi, inquinamento. 235

[5 agosto] Svizzera. Turchia, femminicidi.................................... 237

[6 agosto] Convenzione di Istanbul. Italia, laicità......................... 238

[7 agosto] NATO. Italia, inquinamento........................................ 239

[8 agosto] Lombardia, sanità. Fusione Fca-Peugeot. Covid-19, matematica. Turchia, economia. dom Pedro Casaldáliga................................................................................ 239

[9 agosto] Bonus INPS............................................................... 243

[11 agosto] Scuole private. Andreotti, diari.................................. 243

[30 agosto] Destra italiana.......................................................... 244

[2 settembre] Stipendio di un notaio. Charlie Hebdo. Luca Cavazza 245

[3 settembre] TG2...................................................................... 246

[7 settembre] Linkiesta............................................................... 246

[8 settembre] Willy Monteiro Duarte........................................... 246

[10 settembre] Lega, Salvini....................................................... 247

[11 settembre] Alessandro Maiorano........................................... 247

[13 settembre] Campania, ecologia.............................................. 247

[15 settembre] Berlusconi........................................................... 247

[7 agosto-21 settembre] Referendum taglio parlamentari............... 247

[19 settembre] Luca Palamara. Minigonne................................... 330

[20 settembre] UE, sovranismo................................................... 331

[21 settembre] Italia, suolo consumato......................................... 331

[22 settembre] Palamara............................................................. 332

[23 settembre] Vincolo di mandato o Mandato imperativo. M5Stelle 332

[24 settembre] Lega. USA, nativi. Beppe Grillo e David Sassoli. Sergio Mattarella    339

[25 settembre] Danielle Frederique Madam. Formazione scolastica 343

[26 settembre] Charlie Hebdo. Vaticano, caso Becciu. Italia, NASA 344

[27 settembre] Svizzera, stranieri. Ornella Muti. Profughi. Immigrati. USA, Corte Suprema. INPS, caso Tridico................................................................................................. 346

[28 settembre] Regolamento di Dublino. Eleggibilità. Brexit. Trump. Codacons, caso Ferragni           349

[29 settembre] Povertà mondiale. Lega. Destra europea. UE, paradisi fiscali. Cina, adultera. PIL. Zoo 352

[30 settembre] Lega. Svizzera, militarismo. Vaticano. Retribuzioni parlamentari e Cottarelli. Polizia francese 354

[1 ottobre] USA. Finanze vaticane. UE, fondi strutturali. Mediterraneo orientale. Regno Unito. Russia, vaccino. Trump-Biden............................................................................. 357

[2 ottobre] Piero Longo. Nunzia de Girolamo. Matteo Salvini. Brexit. Veronica Lario. Nino Spirlì. Legge elettorale. Pier Ferdinando Casini............................................................... 362

[3 ottobre] Geovisti. Jeans. Bicameralismo perfetto. Statuto della Camera. Mass-media. Riccardo Bossi. Antonio De Marco. Pensioni......................................................................... 366

[4 ottobre] Recovery Fund. Svizzera, eutanasia e salario minimo. Vincenzo Paglia. Coldiretti. Viktor Orbán. USA................................................................................................. 369

[5 ottobre] Italia, carceri. Vaticano, caso Becciu. Melanzane. Irlanda 372

[6 ottobre] “Insieme”. Nagorno Karabakh. USA, ultra-destra e tasse. Giulia Bongiorno. Buchi neri. Negazionista Covid. Minigonne...................................................................... 375

[7 ottobre] Wernher von Braun. “Fratelli tutti”. Evasione fiscale. Camillo Ruini. George Michael. Acqua. Luca Zaia. Inquinamento............................................................................. 382

[8 ottobre] Caffè. Luca Palamara. Papa Bergoglio. Brexit. Ricchezza mondiale. Marcello Veneziani. Vitalizi. Kirghizistan. ONG..................................................................... 387

[9 ottobre] Debito pubblico globale. Italia. Trump. Bergoglio. Fabrizio Masia. Renato Mannheimer. Paesi Bassi, immigrazione............................................................................. 391

[10 ottobre] Cattolici tedeschi. Trump. Travis Clark. Reddito di cittadinanza  394

[11 ottobre] Forza Italia. Covid-19. Portogallo, razzismo. Marco Solimano. Banca mondiale  396

[12 ottobre] Covid-19................................................................. 398

[13 ottobre] Vaticano. Norvegia. Democrazia parlamentare. Fratelli d’Italia   399

[14 ottobre] Luca Palamara. Vaticano, caso Becciu...................... 401

[15 ottobre] Lega. Irene Pivetti. Grecia, Alba Dorata. Italia e Francia, Covid-19         402

[16 ottobre] Covid-19................................................................. 405

[17 ottobre] Alessandro Di Battista. Computer quantistici. Fukushima. Charlie Hebdo 405

[18 ottobre] Nicolas Sarkozy. Covid-19....................................... 409

[19 ottobre] Alessandro Di Battista. Olanda, eutanasia. Argentina, nuovi confini        410

[20 ottobre] Rapporto Coop 2020. Italia, riciclaggio. Alessandro Di Battista. Charlie Hebdo   412

[21 ottobre] Alessandro Di Battista. Germania, islam. Francia, islam. Censura preventiva. Tecnoscienza. Italia, economia................................................................................... 417

[22 ottobre] Francia, islam. USA e Cina. Vittorio Sbarbi. Gemelle Kessler. Bergoglio, omosessualità. Russia, Covid................................................................................................. 421

[23 ottobre] Medjugore. Amelia Leonardo Pimpinelli. Polonia, sessualità e aborto. Alessandro Di Battista. Ecologia. Brexit........................................................................................ 426

[24 ottobre] Lombardia, tangentopoli. Lega. Alessandro Di Battista. Australia, razzismo        430

[25 ottobre] Turchia. Paradisi fiscali. Francia, laicità. Nucleare militare. Nigeria. Deforestazione. Treno Italo 433

[26 ottobre] Francia, laicità. Nucleare militare. Italia, laicità. Legge elettorale. Dubai 438

[27 ottobre] Cile, Costituzione. Germania, vescovi. Joe Biden....... 441

[28 ottobre] USA, UE. Amazzonia. USA, Italia............................ 444

[29 ottobre] Whirlpool. India. Pandemie...................................... 446

[30 ottobre] Francia, islam. Verifica online. NATO...................... 451

[31 ottobre] Charlie Hebdo. Covid-19. Whirlpool. Cina................ 453

[1 novembre] Laicità. Oscurantismo religioso. Debito pubblico. Francia, laicità         456

[2 novembre] Diritti femminili. Tanzania. Francia, laicità. Toti, Covid-19      462

[3 novembre] Campania. Disturbi alimentari. Israele. Norvegia, banca dei semi. Svizzera, Covid-19   465

[4 novembre] Suicidio. Messico. Debito pubblico. Sean Connery. Oscurantismo religioso      469

[5 novembre] Omotransfobia. Sistema elettorale USA. Bergoglio, unioni civili. Droga. Nucleare        473

[6 novembre] USA. McDonald. Africa, Covid-19. Etiopia. Arabia Saudita. Discriminazioni sessuali  477

[7 novembre] Israele, palestinesi. Vaticano. USA. Meloni. Etiopia 480

[8 novembre] Vaticano. Portagallo, droga. Trump. Francia, laicità. 484

[9 novembre] Debito pubblico. Danimarca. Animale selvatico. Berlusconi. Violenza sessuale. Biden  488

[10 novembre] Biden. Debito pubblico. Cina. Myanmar............... 491

[11 novembre] Vaticano. Inquinamento. Amazon. Retribuzioni parlamentari. Fondi strutturali. Astronomia    496

[12 novembre] Covid-19. Nagorno Karabakh............................... 498

[13 novembre] Pfizer. Berlusconi. Cina. Laicità........................... 500

[14 novembre] BTP. Droga. Brexit. Medicina femminile. Femminicidio. Iraq 502

[15 novembre] Covid-19. Pfizer. Zambia..................................... 507

[16 novembre] Radio Maria. Covid-19. Cile. Coerenza politica. Doppio mandato      508

[17 novembre] Ungheria, Polonia. Simone Cantaridi. Turchia. Pasolini 513

[18 novembre] Macedonia del Nord. Brexit. Contraccettivi. Calcio 516

[19 novembre] Bielorussia. Covid-19. Neanderthal. Cervello-Universo 519

[20 novembre] Afghanistan. Australia. Arabia Saudita. Milano. Negazionisti 523

[21 novembre] Hong Kong. Debito pubblico. Turchia. Francia. Peste. Revenge porn  528

[22 novembre] Svizzera. Giappone. Italia. Nuova Zelanda. Turchia. Senso di colpa    532

[23 novembre] Ricchezza. Banche............................................... 537

[24 novembre] Avanzo primario e debito pubblico. Povertà e ricchezza. Turchia. Islam         539

[25 novembre] Debito pubblico................................................... 543

[26 novembre] Covid-19. Giappone. Turchia. Regno Unito. Maradona 546

[27 novembre] Afghanistan, Pakistan e India. Inquinamento......... 551

[28 novembre] Israele. Medio Oriente. Turchia............................ 553

[29 novembre] Padre nostro. Regioni. Glifosato........................... 559

[30 novembre] Cina. Svizzera. Russia. Pinocchio......................... 562

[1 dicembre] Evasione fiscale. Alimenti inquinati. Hiv................. 570

[2 dicembre] Papa Bergoglio. Yemen. József Szájer..................... 573

[3 dicembre] Ferrero. Schiavismo. Lavoro minorile. Cina e Maghreb 577

[4 dicembre] Oscurantismo religioso. Cannabis. Svizzera. Pirateria marittima 582

[5 dicembre] Grecia e Emirati Arabi Uniti. Nigeria. Revenge porn. Strage di Viareggio         587

[6 dicembre] Bergoglio, proprietà privata. Golpe Borghese. Francia, islam. Eddi. Israele        593

[7 dicembre] Debito mondiale. Marocco, Fronte Polisario. Medio Oriente, Qatar. Olanda. Regno Unito. Michael McCormick............................................................................... 598

[8 dicembre] ENI, Egitto. Unicredit. Cina, nucleare. NATO, Italia 602

[9 dicembre] Sud-Est asiatico. Cina-India-Iran. Cina-India-Afghanistan. Fiumi Mekong e Brahmaputra. Turchia................................................................................................. 606

[10 dicembre] Banco BPM. USA e Cina. Cina e Iran. Debito pubblico 612

[11 dicembre] Francia, radicalismo islamico. Danimarca e Groenlandia. Marocco      614

[12 dicembre] USA, pena di morte. OMS, salute globale.............. 617

[13 dicembre] Azeri e Armeni. Iran, Ruhollah Zam. UE e Turchia. Sistema bancario 619

[14 dicembre] Ricchezza e povertà nel mondo. Israele. Sinti e rom 625

[15 dicembre] Marco Lupis. Cina. Corrado Augias....................... 630

[17 dicembre] Italia, popolazione. Cina e Sudamerica. Pedopornografia         635

[19 dicembre] Azeri e Armeni. India, matrimoni.......................... 638

[20 dicembre] Spese militari globali............................................ 640

[21 dicembre] Giappone. Israele.................................................. 641

[22 dicembre] Banca Asiatica d’Investimento per le Infrastrutture. Donne islamiche  644

[23 dicembre] Nepal. Carne artificiale......................................... 646

[24 dicembre] Inquinamento....................................................... 649

[25 dicembre] Svezia, NATO. Turchia, mass-media..................... 650

[26 dicembre] Cina, Tcp-Ip. Emirati Arabi Uniti.......................... 652

[27 dicembre] Turchia, libertà di pensiero. Giappone, elettricità. Mare del Nord. Brexit         654

Conclusione............................................................................... 658

Bibliografia su Amazon.............................................................. 659

 

 



[1] Sofia è uno dei robot più avanzati del mondo, sviluppato dalla Hanson Robotics.

[2] Con questo appellativo s’intende sempre Silvio Berlusconi.

[3] Questo post scatenò molti commenti, ma rimandiamo al 6 di ottobre per le risposte.

[4] Da notare che quando si parla di pena di morte, non esiste una religione migliore di un’altra. Nella Città del Vaticano, p.es., pur non essendo praticata sin dal 1870 (l’ultimo giustiziato fu Agatino Bellomo, condannato per omicidio e ghigliottinato due mesi prima della conquista di Roma da parte delle truppe sabaude), è stata rimossa completamente dalla Legge fondamentale soltanto il 12 febbraio 2001, su decisione personale di Giovanni Paolo II.

[5] “Belt” sono le infrastrutture terrestri, “Road” sono le vie marittime.

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