PLOTINO: il tempo

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PLOTINO: il tempo

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Giuseppe Bailone

La natura del tempo sembra a portata di mano: lì per lì crediamo di conoscere il tempo e l’eternità, ma, “quando tentiamo di procedere ad un loro esame e di avvicinarci di più ad essi, siamo imbarazzati dalle nostre opinioni”.1

Le pagine che Plotino dedica al tempo esercitano una profonda influenza su Agostino e sui filosofi che si sono fermati sul tempo, fino a Bergson. Esse si reggono sulla tesi fondamentale della metafisica plotiniana: l’unità semplice non si trova al termine della divisione di ciò che si presenta complesso, ma in fondo nella direzione opposta.

La natura del tempo non la si capisce costruendo orologi sempre più precisi nella divisione del tempo, per misurarlo sempre più minutamente: con i cronometri ci si incammina in una strada che porta all’infinita divisione del tempo, ci si disperde nel molteplice e ci si allontana sempre di più dalla natura del tempo, dalla sua unità.

Come l’unità delle cose complesse non la si capisce cercandone gli atomi, ma risalendo all’Uno, così, per capire il tempo non si devono cercare gli istanti che lo costituirebbero, ma guardare all’eternità.

Per arrivare alla comprensione del tempo, Plotino parte, come per altre questioni, dall’esame delle tesi dei filosofi antichi.

“Bisogna credere certamente che alcuni antichi e fortunati filosofi abbiano scoperto la verità. Giova però esaminare chi mai l’abbia veramente raggiunta e in che modo anche noi possiamo conoscerla. Anzitutto bisogna esaminare che cosa sia l’eternità e che cosa pensino coloro che l’affermano diversa dal tempo: infatti, una volta conosciuta (l’eternità) immobile del modello, forse diventerà più chiara anche l’idea della sua immagine, che si dice essere il tempo. Ma, anche se si immagina ciò che il tempo è prima ancora di avere contemplato l’eternità, risalendo mediante la reminiscenza dal sensibile all’intelligibile si potrebbe rappresentare l’essere al quale il tempo assomiglia, ammesso che questo abbia una rassomiglianza con l’eternità”.2

O si parte dall’eternità o si risale, attraverso la reminiscenza, ad essa, ma, in ogni caso, si procede in direzione inversa a quella suggerita dall’atomismo.

Plotino respinge la tesi aristotelica del tempo come “numero del movimento secondo il prima e il dopo”, e fa sua la tesi platonica del tempo come “immagine mobile dell’eternità”.

Il tempo non è una successione di istanti e la sua unità non è la somma dei suoi momenti. Certo, il tempo si articola in passato, presente e futuro, ma solo la loro unità li costituisce come momenti del tempo: prenderli nella loro separazione significa perdere l’essere del tempo.

“Se alle cose generate si togliesse il futuro, esse cadrebbero immediatamente nel non essere, perché così acquisterebbero ad ogni istante qualcosa di nuovo; se alle cose non generate si aggiungesse il futuro, accadrebbe loro di decadere dalla dignità di esseri veri”.3

Il futuro, in ciò che è temporale, non è fuori del presente, non è puro non essere ancora, ma è il presente di quel che non è ancora. Analogo il discorso sul passato, altrimenti lo si riduce a ciò che non è più, mentre permane come presente di ciò che non è più.

Nel mondo intelligibile, invece, tutto è presente. L’autosufficienza degli enti di quel mondo non è compatibile con il futuro e col passato, con l’articolazione del tempo. La loro vita è piena, intera e indivisibile.

Noi, esseri sensibili, non siamo eterni, siamo nel tempo, ma, “anche noi partecipiamo dell’eternità”,4 altrimenti non potremmo nemmeno intenderla né parlarne.

Ma come possiamo parteciparne, se siamo nel tempo? Per l’anima.

“C’era infatti nell’Anima una potenza inquieta che voleva sempre far passare in altro ciò che aveva contemplato nel mondo intelligibile, e non sopportava che l’essere intelligibile le fosse presente tutto insieme. E come da un germe immobile esce la ragione (spermatica) sviluppandosi a poco a poco, come si pensa, verso il molteplice, manifestando nella divisione la sua molteplicità e invece di conservare in sé la sua unità la diffonde all’esterno e diventa, procedendo sempre più debole; così l’Anima produce il mondo sensibile ad immagine di quello intelligibile e (lo fa) mobile non del movimento intelligibile, ma di uno che è simile a quello e che aspira ad esserne immagine, e temporalizza anzitutto se stessa producendo il tempo in luogo dell’eternità; poi pone il mondo da lei generato alle dipendenze del tempo e lo pone tutt’intero nel tempo racchiudendo in esso tutti i suoi movimenti. Infatti (il mondo) muovendosi nell’Anima – e il luogo dell’universo non è che l’Anima – si muove anche nel tempo che all’Anima appartiene”.5

Il tempo è la vita dell’Anima: in quanto rivolta verso l’abisso, l’Anima apre, sviluppa, articola la semplicità dell’Uno, ma, in quanto legata all’Uno, promuove il ritorno all’Uno.

“Non dobbiamo prendere il tempo al di fuori dell’Anima, come non (si deve prendere) l’eternità al fuori dell’essere; esso non accompagna (l’Anima) né le è posteriore, come non è tale l’eternità rispetto all’essere; ma si manifesta in essa, come l’eternità nell’essere intelligibile.

Bisogna perciò concepire la natura (del tempo) come una distensione della vita (dell’Anima) che si svolge in mutamenti uniformi, simili (tra loro) e procedenti in silenzio, e che possiede un atto continuo”.6

Il tempo non è in alternativa né in opposizione all’eternità, non è reale di per sé ma in quanto radicato, fondato nell’eternità. E’ il distendersi dell’anima nel molteplice, nel mondo, nelle cose e la tensione del ritorno all’Uno.

Il tempo di Plotino non ha avuto inizio, come il tempo di Agostino che inizia con la creazione divina. Non c’è creazione in Plotino, come non c’è in Aristotele. Il mondo deriva dall’Uno, ma non ha avuto inizio.

Note

1 Enneadi, III,7,1. Anche Agostino nelle Confessioni avvia in modo analogo la sua riflesione sul tempo: “Che cos’è il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so; se dovessi spiegarlo a chi me ne chiede, non lo so”. Cap. XIV del libro XI.

2 Enneadi, III,7,1.

3 Enneadi, III,7,4.

4 Enneadi, III,7,7.

5 Enneadi, III,7, 11.

6 Enneadi, III,7, 11-12.


Fonte: ANNO ACCADEMICO 2009-10 - UNIVERSITA’ POPOLARE DI TORINO

Torino 5 dicembre 2009

Giuseppe Bailone ha pubblicato Il Facchiotami, CRT Pistoia 1999.

Nel 2006 ha pubblicato Viaggio nella filosofia europea, ed. Alpina, Torino.

Nel 2009 ha pubblicato, nei Quaderni della Fondazione Università Popolare di Torino, Viaggio nella filosofia, La Filosofia greca.

Due dialoghi. I panni di Dio – Socrate e il filosofo della caverna (pdf)

Plotino (pdf)

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teorici
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Aggiornamento: 26-04-2015