TEORICI
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PLOTINO: il tempo I - II - III - IV - V - VI - VII - VIII - IX - X - XI - XII - XIII - XIV - XV
Giuseppe Bailone La
natura del tempo sembra a portata di mano: lì per lì
crediamo di conoscere il tempo e l’eternità, ma, “quando
tentiamo di procedere ad un loro esame e di avvicinarci di più
ad essi, siamo imbarazzati dalle nostre opinioni”.1
Le
pagine che Plotino dedica al tempo esercitano una profonda influenza
su Agostino e sui filosofi che si sono fermati sul tempo, fino a
Bergson. Esse si reggono sulla tesi fondamentale della metafisica
plotiniana: l’unità semplice non si trova al termine
della divisione di ciò che si presenta complesso, ma in fondo
nella direzione opposta. La
natura del tempo non la si capisce costruendo orologi sempre più
precisi nella divisione del tempo, per misurarlo sempre più
minutamente: con i cronometri ci si incammina in una strada che porta
all’infinita divisione del tempo, ci si disperde nel molteplice
e ci si allontana sempre di più dalla natura del tempo, dalla
sua unità. Come
l’unità delle cose complesse non la si capisce
cercandone gli atomi, ma risalendo all’Uno, così, per
capire il tempo non si devono cercare gli istanti che lo
costituirebbero, ma guardare all’eternità. Per
arrivare alla comprensione del tempo, Plotino parte, come per altre
questioni, dall’esame delle tesi dei filosofi antichi. “Bisogna
credere certamente che alcuni antichi e fortunati filosofi abbiano
scoperto la verità. Giova però esaminare chi mai
l’abbia veramente raggiunta e in che modo anche noi possiamo
conoscerla. Anzitutto bisogna esaminare che cosa sia l’eternità
e che cosa pensino coloro che l’affermano diversa dal tempo:
infatti, una volta conosciuta (l’eternità) immobile del
modello, forse diventerà più chiara anche l’idea
della sua immagine, che si dice essere il tempo. Ma, anche se si
immagina ciò che il tempo è prima ancora di avere
contemplato l’eternità, risalendo mediante la
reminiscenza dal sensibile all’intelligibile si potrebbe
rappresentare l’essere al quale il tempo assomiglia, ammesso
che questo abbia una rassomiglianza con l’eternità”.2 O
si parte dall’eternità o si risale, attraverso la
reminiscenza, ad essa, ma, in ogni caso, si procede in direzione
inversa a quella suggerita dall’atomismo. Plotino
respinge la tesi aristotelica del tempo come “numero del
movimento secondo il prima e il dopo”, e fa sua la tesi
platonica del tempo come “immagine mobile dell’eternità”. Il
tempo non è una successione di istanti e la sua unità
non è la somma dei suoi momenti. Certo, il tempo si articola
in passato, presente e futuro, ma solo la loro unità li
costituisce come momenti del tempo: prenderli nella loro separazione
significa perdere l’essere del tempo. “Se
alle cose generate si togliesse il futuro, esse cadrebbero
immediatamente nel non essere, perché così
acquisterebbero ad ogni istante qualcosa di nuovo; se alle cose non
generate si aggiungesse il futuro, accadrebbe loro di decadere dalla
dignità di esseri veri”.3 Il
futuro, in ciò che è temporale, non è fuori del
presente, non è puro non essere ancora, ma è il
presente di quel che non è ancora. Analogo il discorso sul
passato, altrimenti lo si riduce a ciò che non è più,
mentre permane come presente di ciò che non è più. Nel
mondo intelligibile, invece, tutto è presente.
L’autosufficienza degli enti di quel mondo non è
compatibile con il futuro e col passato, con l’articolazione
del tempo. La loro vita è piena, intera e indivisibile. Noi,
esseri sensibili, non siamo eterni, siamo nel tempo, ma, “anche
noi partecipiamo dell’eternità”,4
altrimenti non potremmo nemmeno intenderla né parlarne. Ma
come possiamo parteciparne, se siamo nel tempo? Per l’anima. “C’era
infatti nell’Anima una potenza inquieta che voleva sempre far
passare in altro ciò che aveva contemplato nel mondo
intelligibile, e non sopportava che l’essere intelligibile le
fosse presente tutto insieme. E come da un germe immobile esce la
ragione (spermatica) sviluppandosi a poco a poco, come si pensa,
verso il molteplice, manifestando nella divisione la sua molteplicità
e invece di conservare in sé la sua unità la diffonde
all’esterno e diventa, procedendo sempre più debole;
così l’Anima produce il mondo sensibile ad immagine di
quello intelligibile e (lo fa) mobile non del movimento
intelligibile, ma di uno che è simile a quello e che aspira ad
esserne immagine, e temporalizza anzitutto se stessa producendo il
tempo in luogo dell’eternità; poi pone il mondo da lei
generato alle dipendenze del tempo e lo pone tutt’intero nel
tempo racchiudendo in esso tutti i suoi movimenti. Infatti (il mondo)
muovendosi nell’Anima – e il luogo dell’universo
non è che l’Anima – si muove anche nel tempo che
all’Anima appartiene”.5 Il
tempo è la vita dell’Anima: in quanto rivolta verso
l’abisso, l’Anima apre, sviluppa, articola la semplicità
dell’Uno, ma, in quanto legata all’Uno, promuove il
ritorno all’Uno. “Non
dobbiamo prendere il tempo al di fuori dell’Anima, come non (si
deve prendere) l’eternità al fuori dell’essere;
esso non accompagna (l’Anima) né le è posteriore,
come non è tale l’eternità rispetto all’essere;
ma si manifesta in essa, come l’eternità nell’essere
intelligibile. Bisogna
perciò concepire la natura (del tempo) come una distensione
della vita (dell’Anima) che si svolge in mutamenti uniformi,
simili (tra loro) e procedenti in silenzio, e che possiede un atto
continuo”.6 Il
tempo non è in alternativa né in opposizione
all’eternità, non è reale di per sé ma in
quanto radicato, fondato nell’eternità. E’ il
distendersi
dell’anima nel molteplice, nel mondo, nelle cose e la tensione
del ritorno all’Uno. Il
tempo di Plotino non ha avuto inizio, come il tempo di Agostino che
inizia con la creazione divina. Non c’è creazione in
Plotino, come non c’è in Aristotele. Il mondo deriva
dall’Uno, ma non ha avuto inizio. Note 1
Enneadi, III,7,1. Anche Agostino nelle Confessioni
avvia in modo analogo la sua riflesione sul tempo: “Che cos’è
il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so; se dovessi spiegarlo a chi
me ne chiede, non lo so”. Cap. XIV del libro XI. 2
Enneadi, III,7,1. 3
Enneadi, III,7,4. 4
Enneadi, III,7,7. 5
Enneadi, III,7, 11. 6
Enneadi, III,7, 11-12. Fonte: ANNO ACCADEMICO 2009-10 - UNIVERSITA’ POPOLARE DI TORINO Torino 5 dicembre 2009 Giuseppe Bailone ha pubblicato
Il Facchiotami, CRT Pistoia 1999. Nel 2006 ha pubblicato
Viaggio nella filosofia europea, ed. Alpina, Torino. Nel 2009 ha pubblicato, nei Quaderni della Fondazione
Università Popolare di Torino,
Viaggio nella filosofia, La Filosofia greca.
Due dialoghi. I panni di Dio – Socrate e il filosofo della caverna
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