TEORICI
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GIANNI GRANA John Dewey e la metodologia americana Alcune parole di chiarimento e giustificazione. Il presente lavoro non ha evidentemente alcuna pretesa scientifica: ciò soprattutto per i limiti strettamente didattici della collana nella quale il volume si colloca. Intendiamo dire che non ci siamo affatto preoccupati di svolgere un’indagine originale, che rinviamo – per la filosofia di Dewey – ad una prossima occasione, ma di offrire un quadro espositivo e informativo il più possibile esauriente sul pensiero pedagogico deweyiano e sull’educazione "progressiva" americana. Ci siamo tuttavia palesemente discostati dai modesti modelli correnti, da quegli opuscoli troppo sommari e sbrigativi di metodologia educativa - ad alcuni dei quali si devono però riconoscere dei pregi – validi solo per un uso puramente contingente e immediato – il concorso magistrale – ma che poi nessun maestro oserà più minimamente degnare d’attenzione, se non se ne vorrà disfare addirittura. Non siamo dell’avviso che un libro diretto a maestri debba necessariamente avere limiti angusti e un tono piatto e sillabante, quasi che i maestri – tutti i maestri – avessero un livello intellettuale e culturale inferiore, come generalmente si ritiene per una strana confusione mentale in base alla quale si attribuiscono loro le qualità psico-intellettive dei fanciulli che sono affidati alle loro cure. Noi perciò abbiamo voluto consegnare al giovane docente un volume che, senza aver i caratteri contenutistici e "ponderali" dell’opera scientifica, pure possa costituire, anche in futuro, per il maestro un manuale di non inutile consultazione. Non solo abbiamo raccolto – anche se in genere da altre pubblicazioni specializzate, per scarsezza di fonti dirette – il maggior numero di dati possibile sul mirabile sviluppo della scuola americana contemporanea, nelle sue premesse filosofiche e nelle sue molte congiunzioni e implicazioni tecnico–scientifiche, delineandone un certo largo profilo storico-sociale; ma abbiamo anche esaminato il pensiero deweyiano più di quanto ci fosse concesso. E ciò intenzionalmente. Riteniamo Dewey non solamente il filosofo dell’attivismo pedagogico, la più alta mente speculativa del rinnovamento in atto nell’educazione contemporanea, colui che d’un complesso di intuizioni e formulazioni pedagogiche antecedenti ha realizzato un massiccio sistema etico–logico, saldo e duraturo, nonostante asserzioni contrarie, per quanto può esserlo una dottrina speculativa; ma anche, e proprio per questo, il filosofo e profeta dell’America contemporanea, il prodotto più autentico e più cospicuo della saliente civiltà americana, colui che nel campo del pensiero, più d’ogni altro ha espresso il potente respiro d’un popolo giovane, ma carico d’atavica esperienza – ciò non bisogna dimenticare - che è volto con illimitata fede al suo avvenire e che, mentre guarda alla vita pratica insistentemente nei suoi avvincenti aspetti di concretezza, stretto nel ritmo a volte insensato di un turbinoso dinamismo, pure non sa sottrarsi alla romantica suggestione delle idee e di nobili cause, o di quelle che tali ritiene, sino a compiere ingenui irrimediabili errori. La conoscenza del pensiero deweyiano è dunque a nostro avviso indispensabile per comprendere nelle sue componenti metafisiche ed etiche la spiritualità americana, e per intenderla perciò in quella che costituisce una delle sue manifestazioni più rilevanti e significative, l’educazione. La nostra esposizione è certamente arida, anche perché riproduce per lo più fedelmente le parole del filosofo, ma ciò pure non è senza intenzione: abbiamo voluto fornire al maestro, per una quasi diretta conoscenza, una sorta di compendio dell’opera pedagogica fondamentale del Dewey, Democracy and Education, e una sintesi più o meno fedele delle altre di maggiore rilievo, School and Society e Education Today: delle altre si è riferito qua e là variamente. E’ bene che il maestro, prima di raccogliere la sollecitazione ad una lettura diretta delle opere, ne abbia già un’anticipazione stimolatrice, come qui, in un breve giro di pagine. Naturalmente, egli non dovrà subito smarrirsi dinanzi alle prime difficoltà formali e concettuali, ma dovrà procedere oltre, poiché troverà via via facilitata la lettura da ulteriori precisazioni, chiarimenti e ribadimenti ciclici del Dewey stesso, che gli renderanno chiaramente comprensibile ciò che di primo acchito poteva essergli apparso oscuro. Noi ci siamo per lo più serviti delle traduzioni italiane, ma talvolta abbiamo ritenuto di "ripulire" il testo con una libera traduzione, prima perché notoriamente il Dewey come scrittore lascia a desiderare, secondo perché non di rado talune traduzioni italiane risultano alquanto affrettate né esplicitano sempre compiutamente il pensiero deweyiano. Conclusivamente, noi per primi riconosciamo che, per la natura stessa del presente lavoro, si potranno rivolgere all’autore non poche osservazioni e riscontrarvi non poche manchevolezze. Potremmo enumerarne noi stessi; e queste nostre precisazioni vogliono appunto prevenire taluni legittimi rilievi. Saremo grati in ogni caso a chi, nonostante la modestia del nostro assunto, vorrà onorarci d’una critica serena ed intelligente.
Biografia - Le avanguardie letterarie - John Dewey e la metodologia americana - Diomorto (Autoreferenza critica) - La rivoluzione fascista - L'iper (dis) funzione critica - Malaparte scrittore d'Europa - Luigi Pietrobono e l'allegorismo - Realismo e Avanguardia dall'800 al 900 - Frane e spirali del sapere - Diomorto e Uomovivo/Uomosolo - I vicerè e la patologia del reale - Babele e il silenzio: genio "orfico" di Emilio Villa |