UNA
ZONA DI FRONTIERA
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La tomba è peraltro descritta quale zona di frontiera, al
confine tra il mondo dei vivi e quello dei morti: nel registro iconografico
ostenta un'immagine di bellezza, illusione di un aspetto angelico e nasconde
un corpo decomposto. "Così riduce il fato / qual sembianza fra noi
parte più viva / immagin del ciel. Misterio eterno / dell'esser nostro.", come denuncia il
canto di Giacomo Leopardi, Sopra il ritratto di una bella donna scolpito
nel monumento sepolcrale della medesima.
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E su questo tema di immagine
espropriata ritorna, a distanza di oltre un secolo, anche Daria Menicanti,
nei versi di Non si sa: "Non somiglia la faccia del tuo morto /
a nessuna delle sue facce che / gli conoscevi amavi. Quelle / non te le sai
dimenticare mai / anche se questa, l'ultima, è una somma".
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Ma il cimitero si configura altresì come l'archivio
potenziale della propria biografia. Risale al 1922 la redazione dell'elegia
di Paul Valéry, Le Cimitière marin. Il cimitero marino evocato
nelle strofe è quello di Sète, la città natale del poeta. |
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Nei versi si rincorrono temi mitologici della tradizione
mediterranea che segnano l'impercettibile trapasso metaforico tra i simboli
del cimitero, della luce e del mare: il tremore delle onde marine è ripreso
dalle venature del marmo, e i fregi dorati delle tombe corrispondono al
riverbero dei raggi solari sulla superficie dell'acqua. Quell'acqua che
accoglie il mistero del perenne divenire, così come fa la terra, dove
"il dono della vita è riapparso nei fiori" (v.45), perché il
corpo non si distrugge, ma si trasforma soltanto.
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