SPINOZA

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BARUCH SPINOZA: LIBERTA' E NECESSITA'

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BARUCH SPINOZA

Spinoza non aveva tutti i torti quando affermava che libertà e necessità devono coincidere per essere vere, ma non ha mai chiarito a sufficienza che tale identificazione, per essere vera, può esserlo solo dal punto di vista della libertà e non della necessità, altrimenti l'essere umano non è più grande dell'essere animale.

Cioè a dire, mentre il concetto di libertà, per essere vero, deve includere quello di necessità, viceversa, quest'ultimo, se viene affermato prima della libertà o dando per scontato che la libertà vi sia automaticamente inclusa, porta inevitabilmente alla dittatura, allo schiavismo delle masse.

La necessità dev'essere acquisita liberamente, altrimenti diventa una forma d'arbitrio. E non solo liberamente, ma anche progressivamente, al punto che nessuno potrà mai sanzionare, una volta per tutte, che la libertà è stata necessariamente acquisita o che la necessità s'è finalmente realizzata in modo adeguato.

Per Spinoza l'uomo deve adeguarsi stoicamente, cioè passivamente, alla necessità, vincendo le proprie passioni. Si badi, non è che qui si vuole sostenere che le passioni sono una forma di attività superiore alla passività dello stoico; è che il processo dell'adeguamento rischia di essere, in Spinoza, del tutto conformistico.

Rivoluzionario invece è il suo panteismo naturalistico (o panenteismo, come alcuni lo chiamano). Qui Spinoza fa dei progressi notevoli rispetto a Cartesio. Facendo coincidere dio con la natura, Spinoza in pratica afferma una sorta di ateismo naturalistico (che per quel tempo era il massimo).

In altre parole, egli afferma che la necessità cui adeguarsi, secondo ragione, è quella della natura delle cose.

In tal senso si può dire che Spinoza mitiga il proprio determinismo volontaristico, valorizzando la conoscenza razionale. Conformarsi sì, ma facendosene una ragione - questo, in sintesi, il suo modo di vedere le cose. Che è poi, in sostanza, quello hegeliano.

Ciò che invece gli difetta enormemente è il senso storico della libertà. Per Spinoza - come per Cartesio e per tanti altri filosofi di quel periodo - la libertà è un'acquisizione individuale e intellettuale, parzialmente vincolata alla religiosità. In ogni caso Spinoza resta più significativo sul piano giuspolitico che etico e filosofico.

QUEL TERRIBILE SPINOZA

Nella sua Etica dimostrata con metodo geometrico Baruch Spinoza (1632-77) non fa che parlare di Dio, eppure già a 24 anni lo si sospettava di ateismo, immoralismo e materialismo.

La sua famiglia benestante, di origine iberica, era fuggita dal Portogallo rifugiandosi in Olanda in seguito alle persecuzioni che l'Inquisizione aveva inflitto ai conversos o marrani (gli ebrei costretti a convertirsi al cattolicesimo). Ad Amsterdam egli apparteneva alla comunità ebraica sefardita "Talmud Tora" (studio della legge), decisa a eliminare tutte le tendenze eterodosse serpeggianti nell'ambiente degli ex-marrani, tra i quali vi erano quelle di Uriel da Costa (di idee materialiste e razionaliste, in quanto non credeva nell'immortalità dell'anima e nel carattere divino della Legge), e successivamente quelle di Juan de Prado.

Mentre studiava l'ebraico e le Sacre Scritture presso questa comunità probabilmente assistette alla flagellazione pubblica del da Costa (che poi però si suicidò), quale condizione della sua riammissione in comunità. Questo fatto dovette scioccarlo non poco (aveva otto anni), inducendolo a parteggiare per qualunque cosa venisse considerata eretica non solo dagli ebrei, ma anche dai cattolici e dai protestanti.

Da giovane infatti frequentò alcune sette cristiane minoritarie dissidenti, particolarmente attive in Olanda, come i mennoniti, i quaccheri, i sociniani e i collegianti. Si accostò anche al libertinismo francese e al deismo: infatti aveva studiato anche presso un ex-gesuita libero pensatore (libertino), Franciscus van den Ende. Presso la scuola di quest'ultimo il sociniano Felbinger gli aveva insegnato il latino, rendendolo edotto del cartesianismo (che si stava affermando proprio in Olanda) e della tradizione aristotelico-scolastica.

Spinoza venne espulso dalla sinagoga nel 1656, proprio perché contestava le idee di provvidenza, il carattere ispirato delle Sacre Scritture, l'immortalità dell'anima, i miracoli, i concetti di libero arbitrio e quindi di retribuzione di premi e punizioni ultraterrene, e applicava la propria visione deterministica anche a Dio (identificato con l'universo), negando il creazionismo e la libertà di azione del Creatore (lo stesso Dio-persona non aveva per lui alcun senso). L'accusa formale parla di "orribili eresie ch'egli sosteneva e insegnava e azioni mostruose che commetteva". I suoi scritti vennero tutti vietati, così come qualunque rapporto con lui, anche da parte dei suoi parenti.

Siccome subì un attentato da parte di un fanatico, che una sera, all'uscita da teatro, gli lanciò un coltello, per fortuna senza colpirlo, preferì trasferirsi a Rijnsburg, un piccolo villaggio presso Leida, ove rimase fino al 1663, svolgendo il mestiere di molitore o tornitore di lenti per occhiali, telescopi e microscopi.

Dopo la morte del padre le sorelle cercarono di estrometterlo dall'eredità. Spinoza volle che i suoi diritti fossero rispettati e fece causa alle sorelle. Sebbene avesse vinto, rinunciò a tutte le sue pretese e volle per sé semplicemente un letto col baldacchino. Soggiornò per tutta la vita in camere d'affitto e gli si attribuisce una passione amorosa, non corrisposta, per la figlia di van den Ende (è l'unico aneddoto sentimentale di tutta la sua vita).

L'unica sua fortuna è che, a quel tempo, a capo delle Province Unite o Repubbliche olandesi, nate nel 1648 dalla separazione dai Paesi Bassi spagnoli (all'incirca all'attuale Belgio), vi era il Gran Pensionario d'Olanda, Jan de Witt, espressione del partito dei Reggenti, il cui avversario principale era Guglielmo d'Orange, del partito monarchico e assolutistico degli Orangisti. Il premier de Witt, che tenne la carica dal 1653 al 1672, era sostenuto dalla borghesia ricca e colta, portatrice di un'ideologia liberale, tollerante in materia di religione, anche perché fortemente influenzata dalle idee umanistiche di Erasmo da Rotterdam. Tutte le religioni, tranne quella cattolica, potevano esercitare in pubblico il loro culto. Ovviamente la chiesa ufficiale, dal 1583, era quella riformata.

Ebbene fu proprio grazie all'appoggio di de Witt e della sua cerchia di liberali e repubblicani che nel 1670 Spinoza poté beneficiare di una pensione annua di 200 fiorini e pubblicare il Trattato teologico-politico, che anticipa la moderna esegesi biblica di matrice laica e che rappresenta un imponente testo militante in difesa della libertà di pensiero. Scelse però l'anonimato per timore di gravi conseguenze: mentì persino sul nome dell'editore e sul luogo di edizione. Infatti faceva circolare le sue opere inedite solo presso il circolo di amici che si era creato per conto proprio. Tra questi vi erano i collegianti, una setta cristiana: uno di loro, Simone de Vries, morendo gli aveva lasciato una cospicua eredità, di cui però Spinoza accettò solo una piccola parte. L'unico libro che pubblicò a suo nome furono i Pensieri metafisici (il Breve trattato su Dio, l'uomo e la sua felicità, scritto a 29 anni, fu pubblicato soltanto due secoli dopo la sua morte!).

Poiché era difficile non riconoscere in lui l'autore del Tractatus, le Corti d'Olanda, dopo aver condannato il libro (insieme al Leviatano di Hobbes), lo indussero a trasferirsi all'Aja. Lo detestavano non solo gli ebrei e i protestanti ma naturalmente anche i cattolici, che inserirono le sue opere tra i libri proibiti nel 1679, confermando la condanna nel 1690. Voltaire invece usò a piene mani il Tractatus per demolire il concetto di "miracolo".

Purtroppo nel 1672, quando le truppe francesi del re Luigi XIV avevano occupato quasi tutta l'Olanda, minacciando Amsterdam, era scoppiata un'insurrezione contro il partito repubblicano dei Reggenti, sobillata dagli Orangisti, nel corso della quale furono assassinati i fratelli de Witt, giudicati responsabili di arrendevolezza nei confronti dei francesi. Quando andarono al potere i calvinisti di Guglielmo d'Orange, il fanatismo religioso era così forte, nonché le diffamazioni dei cartesiani, che Spinoza si vide costretto a non pubblicare l'altro suo grande capolavoro, Ethica more geometrico demonstrata, che lo tenne impegnato circa 14 anni.

Prima di completare l'Etica, Spinoza aveva rifiutato nel 1673 la cattedra di filosofia all'Università di Heidelberg, offertagli dall'Elettore Palatino, in quanto non riusciva a capire entro quali limiti la libertà di filosofare avrebbe dovuto essere compatibile con la religione pubblicamente stabilita.

Quando Pierre Bayle, nel suo Dizionario storico-critico, parlò di Spinoza, dedicandogli un centinaio di pagine (più che a chiunque altro), disse che l'Etica rappresentava un'idea "mostruosa" di Dio, in quanto veniva identificato con la materia e gli si negava la libertà di scelta. Bayle era convinto che Spinoza fosse stato il primo filosofo a fare dell'ateismo una dottrina sistematica, e non riteneva il suo ateismo attaccabile in maniera razionale. Su questo anche Jacobi era d'accordo e accusava Spinoza d'essere freddo come il ghiaccio. Anche per Hegel la "sostanza" spinoziana appariva senza alcuna vitalità, eppure dall'impianto generale della sua filosofia Hegel si sentì molto attratto. Leibniz, che lo andò a trovare nel 1676, lo accusava d'essere l'uomo più pericoloso e più empio del secolo. Gli illuministi Diderot e La Mettrie consideravano il loro materialismo figlio legittimo dello spinozismo. Plechanov addirittura riuscì a vedervi un'anticipazione del materialismo marxista.

Morì di tubercolosi a soli 44 anni, anche a causa della polvere di vetro inalata a lungo nell'intaglio delle lenti. La sua eredità era così misera che la sorella Rebecca ritenne meno costoso respingerla. Schelling dirà nelle Lezioni monachesi che "nessuno può sperare di pervenire al vero e al perfetto in filosofia, se non si è sprofondato almeno una volta in vita sua nello spinozismo".

IL SUO PENSIERO, IN NUCE

Dal dualismo cartesiano al monismo assoluto

  1. Spinoza accetta di Cartesio l'idea che la matematica è la forma corretta della filosofia, ma della matematica accetta solo il metodo logico-razionale, per cui non produce nulla di matematico.
  2. Accetta quindi l'idea che il reale è razionale e che la deduzione matematica (espressa in chiave filosofica) esprime la razionalità. Tuttavia estende il principio della necessità matematica a tutto l'universo, facendo coincidere pensiero ed essere.
  3. Rifiuta il dualismo di sostanza infinita (prima) - che in Cartesio viene fatta coincidere con dio - e sostanza finita (seconda) - che in Cartesio viene suddivisa in res cogitans e res extensa.
  4. Rifiuta anche il dualismo tra res cogitans (pensiero) e res extensa (materia), perché l'essere è uno ed è la natura, fatta coincidere con dio. L'uomo è un ente di natura e, come tale, è mente e corpo insieme.

Deus sive Natura

  1. La sostanza è principio primo e permanente, indipendente da tutto, identificabile con dio, infinita ed eterna, causa di se stessa, la cui essenza implica l'esistenza (esiste in sé ed è concepita per sé), composta di infiniti attributi.
  2. Gli infiniti attributi producono le cose spirituali e materiali, che sono modi di essere di un'unica sostanza o modificazioni di attributi. Quindi i modi sono determinazioni o limitazioni della sostanza e non possiedono alcuna autonomia.
  3. Spinoza afferma un monismo assoluto (una sola realtà), un perfetto immanentismo (la sostanza è nel mondo come principio interiore, l'universo è assorbito nella realtà da cui deriva), un panteismo assoluto (l'universo è dio), un panenteismo totale (tutto l'universo è contenuto in dio).

Natura naturata e natura naturante

  1. La sostanza è causa efficiente e immanente di tutta la realtà, per cui la realtà è manifestazione della sostanza.
  2. La sostanza è natura naturante, e la realtà (il mondo) è natura naturata.
  3. Nella sostanza libertà e necessità coincidono, nel senso che non può esserci una forma di libertà che neghi la necessità, poiché questa è necessità di essere liberi (determinismo assoluto).
  4. Non esiste nella sostanza né il libero arbitrio, né un'intelligenza o una volontà simili a quelle umane, troppo condizionate dalla realtà, né delle cause finali, in quanto agire secondo fini significa essere privi di ciò che si desidera. La sostanza ha soltanto cause immanenti, poiché dio e mondo coincidono (dio non è "prima" del mondo, ma "insieme" col mondo: il mondo esiste simultaneamente a dio. Non esiste il concetto di "creazione". La sostanza è sovrapersonale, al di là d'intelligenza e volontà).

Pensiero ed estensione

  1. L'uomo sulla Terra percepisce solo due degli infiniti attributi della sostanza: pensiero ed estensione, che non sono sostanze finite, come voleva Cartesio.
  2. Pensiero ed estensione sono due distinti attributi, dotati di relativa autonomia, poiché ognuno di essi deve trovare in sé le ragioni del proprio esistere.
  3. Tuttavia ad ogni idea corrisponde una realtà corporea e viceversa, proprio perché la sostanza è una sola, che si esprime in forme diverse, distinte ma non discordanti: esiste un parallelismo convergente. Spinoza rifiuta l'idea di ghiandola pineale, con cui Cartesio unisce anima e corpo.

Conoscenza

  1. Quando la conoscenza è opinione o immaginazione è lacunosa, confusa, derivata da idee inadeguate, da una memoria labile, o perché fondata solo sui sensi, capaci di vedere le cose soltanto separatamente, non come modi della sostanza. In tal caso il corpo è schiavo delle passioni.
  2. Quando invece è ragione la conoscenza è chiara e distinta, vera, adeguata, perfetta, perché vede le cose come necessarie, eterne, infinite. Le passioni sono sotto controllo (morale stoica).
  3. Quando si è raggiunta la ragione l'ultimo stadio della conoscenza è quello intuitivo, che è l'appagamento interiore della verità dei propri concetti. L'uomo contempla l'universo sub specie aeternitatis, come essenza necessaria e immutabile della sostanza, e raggiunge una serena beatitudine.

Schiavitù e libertà

  1. L'autoconservazione è la principale legge di natura. Ciò che la favorisce genera piacere, ciò che la sfavorisce genera dolore. Dal piacere sorge l'amore, dal dolore l'odio.
  2. Per ottenere piacere l'uomo cerca l'utile. Bene e male non esistono in sé, ma solo in rapporto all'utile.
  3. La schiavitù è l'incapacità di controllare le passioni. La libertà è il dominio delle passioni attraverso la ragione, la volontà e l'intuizione.

Religione

  1. Spinoza rifiuta l'autorità divina della Bibbia, i miracoli, la provvidenza, il dio personale e triadico, e tutto ciò che non è riconducibile a ragione.
  2. Rifiuta il motore immobile di Aristotele, perché trascendente e indifferente al mondo. Rifiuta il dio cristiano, perché personale, libero, triadico, creatore dell'universo e quindi separato dal mondo. Rifiuta il dio di Plotino perché questi lo ritiene ineffabile, incomprensibile all'uomo e trascendente al mondo. Rifiuta il dio di Cartesio, perché separato dalla natura.
  3. Spinoza è più vicino al dio di Cusano e di Bruno, che è produttore-creatore e insieme prodotto-creato.
  4. Ragione e religione sono nettamente separate, oppure si può dire che la religione è tutta assorbita dentro la filosofia. Accetta l'idea che si debba obbedire alle leggi universali e necessarie e l'idea di amare il prossimo come se stessi, in quanto siamo tutti manifestazione di un'unica sostanza.

Politica

  1. Secondo la teoria di Hobbes accetta che lo Stato sia fondato su un patto tra i cittadini per impedire i conflitti che avvengono nello stato di natura, all'interno del quale nulla è proibito, vigendo la legge del più forte.
  2. Tuttavia per lui (contro Hobbes) lo Stato non ha un diritto illimitato sui cittadini. Lo Stato riceve fiducia da parte dei cittadini, ma deve assicurare libertà di pensiero e di azione, oltre che protezione e sicurezza.

Fonti

www.fogliospinoziano.it

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Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teorici
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Aggiornamento: 26-04-2015