STORIA DELLA SPAGNA - La riconquista spagnola
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La vittoria riportata a Calatrava da Alfonso V, re di León, al principio dell'XI sec., aveva dato modo ai cristiani di occupare buona parte della Spagna. La conseguenza fu che il califfato di Cordoba prese a spezzettarsi, intorno al 1031, in piccoli emirati indipendenti, mentre le Asturie, il León e la Galizia formarono un unico regno di Galizia. I più importanti emirati arabi, spesso in lotta tra loro, divennero quelli di Siviglia, Malaga, Granada, Saragozza e Toledo. Si stava assistendo allo scontro di due realtà feudali, di cui quella arabo-berbera era in fase di declino, in quanto al decentramento dei poteri politici non aveva fatto seguito, a livello locale, una democratizzazione delle condizioni socioeconomiche dei lavoratori. I vari emirati volevano soltanto avere gli stessi poteri del califfato, senza dovergli dipendere. |
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Viceversa, da parte cristiana si assisteva a una progressiva centralizzazione dei poteri, propagandata come necessaria per poter sconfiggere il nemico islamico e, in cambio dell'impegno militare, si prometteva terra ai contadini e affari per commercianti e artigiani.
Sotto il re del León, Alfonso VI (1065-1109), la Castiglia si unì col León e la Galizia. Toledo, quando fu strappata al califfato (1085), divenne subito capitale della Castiglia.
La caduta di Toledo provocò l'intervento del sultano almoravide del Marocco, Yusuf (1086), che impose la sua superiorità militare, sorretta dal fanatismo religioso, su diversi "re" ispano-musulmani, da Siviglia a Valencia, eliminando l'aristocrazia arabo-andalusa, spegnendo quasi del tutto il rigoglio artistico-culturale e rendendo la vita difficile ai sudditi cristiani ed ebrei, molti dei quali si rifugiarono presso i principi cristiani (fatto di rilievo in sede culturale).
Gli Almoravidi erano un movimento fondamentalista islamico, sorto in Africa settentrionale, tra i nomadi e contadini berberi, che mal sopportavano l'oppressione dei feudatari arabi locali. Essi, dopo aver conquistato quasi tutto il Maghreb, portarono la capitale del nuovo Stato in Marocco, a Marrakesh.
Poiché gli emirati in Spagna non erano più in grado di fronteggiare l'avanzata cristiana, si decise di chiedere l'appoggio delle truppe almoravide, le quali, nella battaglia di Zalhaca, nel 1086, infersero una grave sconfitta alle milizie cristiane di Alfonso VI, che fu di nuovo battuto nel 1108 a Uclés.
Tuttavia, siccome i berberi han sempre visto gli arabi come conquistatori, appena ottenuta la vittoria sui cristiani, invece di tornarsene in Marocco, rivolsero le armi contro gli emiri di Spagna, conquistando i loro principati uno dopo l'altro.
La politica interna degli Almoravidi fu molto oppressiva, prevalentemente fiscale e militare, senza che si risparmiassero persecuzioni contro le culture cristiane, ebraiche e laiche.
Questa politica provocò forti risentimenti e ribellioni in Spagna, e anche in Africa si formò un nuovo movimento berbero (gli Almohadi), non meno reazionario dell'altro, che se da un lato riuscì a sconfiggere gli Almoravidi nel 1145, dall'altro non migliorò affatto la situazione in Spagna, anzi qui la riconquista trovò numerosi sostenitori tra i crociati europei, soprattutto francesi, tanto che nel 1212, nella battaglia di Las Navas de Tolosa, si riuscì a conseguire una vittoria molto importante, che fece progredire rapidamente la marcia verso sud. La coalizione spagnola era capeggiata da Alfonso VIII di Castiglia, la cui opera fu continuata dal figlio Ferdinando III e da Giacomo I d'Aragona.
Contro gli Almoravidi combatté il famoso hidalgo castigliano Rodrigo Diaz de Bivar, detto il Cid Campeador, idealizzato in seguito nell'epos popolare spagnolo (1). Le sue truppe riuscirono ad occupare Valencia (1094) e il territorio circostante, anche se dopo la sua morte, avvenuta cinque anni dopo, fu nuovamente rioccupata dai berberi.
Anche i contadini si ribellarono a più riprese (1110, 1117) contro gli Almoravidi, unendosi alla lotta delle truppe castigliane e aragonesi (quest'ultimi, con Alfonso I d'Aragona, presero Saragozza nel 1118, facendone la capitale del secondo regno peninsulare, reso poi più potente dall'unione con la mediterranea Catalogna).
Catalogna e Aragona si unirono nel 1137, suscitando preoccupazioni e rivalità da parte degli altri Stati cattolici, al punto che non si riuscì mai a realizzare una strategia d'intervento comune contro l'invasore musulmano. Infatti l'unione di León e Castiglia, sotto il re Ferdinando III (1217 - 1252), riuscì soltanto nel 1236 a prendere Cordova e Siviglia nel 1248.
Successivamente, nel corso del sec. XIII, il regno d'Aragona conquistò le isole Baleari, Valencia (1238) e Murcia (1266), che in seguito andò alla Castiglia.
Nel 1282, invece di concentrarsi sulla definitiva riunificazione della penisola iberica, gli aragonesi, che volevano sostituire gli arabi nel dominio del Mediterraneo occidentale, occuparono la Sicilia. Viceversa, i castigliani si spingevano fino all'estremo sud del paese, prendendo Jerez e Cadice.
Intanto nella parte occidentale della penisola si formò il regno indipendente del Portogallo (1143), sotto la protezione della chiesa di Roma.
Terminata con la conquista di Cadice (1262) la fase "aurea" della Reconquista, questa entrò in una lunga stasi, dovuta a un complesso di cause. Anzitutto non era affatto escluso il pericolo di un'ennesima invasione musulmana e la Castiglia, priva di una marina propria, dovette tenere sotto controllo lo stretto di Gibilterra, servendosi soprattutto della flotta genovese (né mancarono gli scontri armati, specie all'epoca di Alfonso XI, che respinse l'ultimo tentativo marocchino nella battaglia del Salado, 1340, e quattro anni dopo conquistò Algeciras con l'aiuto navale di Aragonesi e Genovesi).
In secondo luogo, le ambizioni "imperialistiche", nate dalle vittorie sui Mori, dovevano mettere la Castiglia in urto con gli altri due più importanti regni peninsulari: l'Aragona (forte e ricca per le conquiste e la politica di Giacomo I nel Mediterraneo e l'attività commerciale della marina catalana) e il Portogallo, tenacissimo nel rifiutare la supremazia castigliana e vincitore ad Aljubarrota (1385).
Ma più grave fu la crisi interna: distribuendo le fertili terre meridionali tolte ai Mori fra gli ordini militari (Calatrava, Alcantara, Santiago) e i cavalieri castigliani collaboratori della conquista, i re di Castiglia crearono potenti e indocili feudatari, incapaci d'altra parte di far produrre i loro latifondi, spesso in lotta con i contadini moreschi e facili debitori di denaro nei confronti dei banchieri ebrei (a cui, del resto, gli stessi re ricorrevano continuamente, mancando del tutto di idee in materia finanziaria).
Ne derivarono la decadenza dell'agricoltura andalusa delle comunità contadine e la conseguente potenza della Mesta (cartello dei feudatari produttori di lana, che arrivò a essere un vero Stato entro lo Stato), e infine carestie, sommosse e odio antiebreo. Di qui alle guerre civili non c'era che un passo e infatti, incominciate all'epoca di Alfonso X, continuarono a lungo con momenti ed episodi di vera tragedia, come al tempo di Pietro I il Crudele (1350-1369), assassinato dal fratello bastardo Enrico di Trastamara.
Si aggiungano infine le calamità naturali, come la terribile peste nera del 1348 (con successive ondate nel 1362, 1371, 1375), che devastarono il paese più ancora delle guerre civili. Enrico di Trastamara, il fratricida, e i suoi successori, sempre più deboli e incerti, regnarono per un secolo su un paese sconvolto dalla fame, dai pogrom antiebraici (feroce quello di Siviglia nel 1391), dalle rivolte dei contadini, dei borghesi, dei grandi signori, invano contrastate da qualche raro politico illuminato, come don Álvaro de Luna, finito sul patibolo nel 1453.
L'ultimo dei Trastamara, Enrico IV (1454-1474), tentò di difendere i conversos (ebrei convertiti al cattolicesimo) e di por fine all'insubordinazione della grande nobiltà, ma fu deposto da quest'ultima, che lo sostituì con la sorella di lui, Isabella, maritata nel 1469 al re d'Aragona, Ferdinando.
Tuttavia, nonostante il caos in cui era caduta la Castiglia, già nella seconda metà del XIII sec. quasi tutta la Spagna era in mano ai regni di Castiglia e di Aragona. Agli arabi non restava che un piccolo territorio attorno a Granada, nel regno di Andalusia, in una situazione di vassallaggio, fino al 1492, nei confronti dell'ormai dominante Castiglia.
(1) Cfr. La España del Cid, saggio storico-critico dello spagnolo Ramón Menéndez Pidal. Pubblicato in due volumi nel 1929 e frutto di un ventennio di studi sull'argomento (l'edizione in tre vol. del Cantar de mio Cid risale al 1908), è una monumentale sintesi storica della Spagna del sec. XI, condotta su documenti di prima mano. L'opera costituisce una premessa insostituibile alla comprensione di tutta la poesia epica spagnola. (torna su)
Scoperta e conquista dell'America
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- Stampa pagina Aggiornamento: 01/05/2015 |