STORIA ROMANA


I RITI DEL CIBO NELL'ANTICA ROMA
Fonti latine

La parca mensa del contadino (Virgilio, 1 Egloga vv. 80-82)

"...sunt nobis midia poma castaneae molles et pressi copia lacti".

La misura nel mangiare e nel bere (Celso)

"...cibus e salsamentis oleribus, similibusque rebus melius incipit, tum caro assumendo est quae assa optima, aut elixa est. Condita omnia duabus de causis inutilia sunt: quoniam et plus propter dulcedinem assumitur et tamen aegrius conquitur; seconda mensa bono stomacho hihil nocet, in imbecillo coacescit. Post multas potiones, quae aliquantum sitim excesserunt, nihil edendum est. Ubi expletus esy aliquis facilius concoquit si quid assunsit, potione aquae frigidae includit, tum panlisper invigilat, deunde bene dormit. Si quis interdim se impluvit, post cibum neque frigori, neque aestui, neque labori se debet committere".

 

Un detto proverbiale
(da una satira di Orazio)

"Ab ovo usque ad mala".

 Doveri della contadina
(M. Porcio Catone, De agricoltura)

"Vilicae quae sunto officia, curato faciat. Ne nimium luxuriosa sit. Ad cenam neque eat neve ambulatrix sit. Munda sit, focum purum circudersum cotidie, priusquam cubitum eat, habeat. Kalendis, Idibus, Nonis, festus dies cum erit, coronam in focum iudat, per eosdem dies Lari familiari procopia supplicet. Cibum familiae curet uti coctum habeat, gallinas nmltas et ova uti habeat. Píra arida, sorba, ficos, uvas passas, sorba in sopra et pira et uva in doliis et mala strutea, uvas in venaciis et in urceis in terra obrutas et nuces prenestinas recentes in urceo in terra obrutas habeat. Mala Scantiana in doliis et alia quae condi solent et silvatica, haec omnia quotannis diligenter uti condita habeat. Farinam bonam et far sustile sciat facere ".

 

 Le triglie costano care

(Giovenale, Satira XI)

"Etiam quum piscis emetur, tibi gobio tantum ne mullum, cum sit in loculis".

Il banchetto alla reggia di Didone (Virgilio, Eneide, dal libro 1°, versi scelti)

"Dant manibus formuli, lymphas Cererenique canistris expediunt tonsisque ferunt mantelia villis. Quìnquaginta intus famulae, quibus ordine longam cura penum struere et flaminis adolere penatis; Centum aliae totidemque pares aetate ministri, qui dapibus mensas onerent et pocula ponant...
Postquam prima quies opulis mensaeque remotae crateras magnos statunvit et vina coronant. It strepitus tectis vocemque per ampli volutant atria, dependent lychini laquearibas aureis incensi et noctem flammis funalia cincunt. Hic regina...implevit mero pateram... tum facta silentia tectis... Juppiter... lume laetum Tyriis diem...Troiaque profectis esse velis nostrasque huius memínisse minores Adsit laetitiae Bacchus dator et bona June; et vos coetum, Tyrii, celebrate faventes".

 

 

"...odio i lussi persiani..."
(Orazio, Ode I, n. 38)

"Persicos odi, puer, adparatus, displicent nexae philyra coronae... Simplici myrto nihil adlabores sedulus curo, neque te ministrum dedect myrtus neque me sub arta vite bibentem".

"Quando si ha fame si mangia anche il piatto"
(Virgilio, Eneide, libro VII)

"Aenas primique duces et pulcher Julus corpora sub ramis deponunt arboris altae, institueruntque dapes ed adorea liba per herbam subiciunt epulis (sic Juppiter ipse monebat) et Cereale solum pomis agrestibus augent. Consumptis hic forte aliis, ut vertere morsus exiguam in Cererem penuria adegit edendi, et violare manu malisque andacibus orbem fatalis crusti patulis nec parcere quadiis:
- Heus, etiam mensas consumimus - inquit Julius, nec plura, adludens ".

( ) non leggere le parole tra parentesi, in quanto si riferiscono ad episodi precedenti o posteriori al brano.

 

"...abbiamo mele mature, castagne dolci ed abbondanza di cacio".

 

"Il pranzo comincia meglio dalle salse, dai legumi e simili cibarie, poi si deve mangiare la carne che è ottima arrostita o lessata. Tutti gli aromi sono inutili per due ragioni: perché si mangia di più a causa della saporosità e perché più a fatica si digerisce. La seconda portata per nulla nuoce ad uno stomaco buono, produce acidità nel debole. Dopo molte bevande che hanno alquanto tolto la sete non si deve mangiar nulla. Quando uno è sazio più facilmente digerisce se ha preso qualche pozione, se chiude con una bevanda di acqua fresca, allora per un po' sta sveglio, poi dorme bene. Se uno durante il giorno si è abbuffato, dopo il cibo non devesi esporre né al caldo né al freddo né alla fatica".

 

"Dall'uovo alle mele"(cioè da principio del pranzo alla frutta, ossia dal principio alla fine).

 

"Fa in modo che la contadina adempia ai suoi doveri. Non sia troppo spendacciona. Non vada a cena fuori, e non sia gironzolona. Sia pulita, lasci ogni giorno il focolare pulito e accuratamente spazzato prima di andare a letto. Alle calende, alle idi e alle none, quando sarà festa, metta una corona sul focolare e in quei giorni sacrifichi al Lare familiare secondo le possibilità. Si preoccupi di tener pronto il cibo per tutta la famiglia. Abbia molte galline e molte uova. Tenga in serbo pere, sorbe, fichi, uva passa, sorbe nel mosto cotto, pere e uva nei vasi, e mele cotogne, uva in vinacce conservata in orci sotterrati e noci prenestine dell'annata conservate in un orcio sotterrato. Quanto alle mele scanziane (di una zona della Campania) alle selvatiche ed alle altre che si devono conservare nei vasi, abbia cura ogni anno di metterle in conserva con diligenza. E sappia fare la farina buona e il farro sottile".

 

 

"Anche quando compri il pesce non bramar la triglia se nel borsellino hai soltanto un ghiozzo".

  

 

"I servi danno l'acqua alle mani, porgendo tovaglioli finissimi, e tolgono dai cesti il pane. Nell'interno lavorano cinquanta ancelle, cui spetta preparare con ordine la lunga serie dei cibi e onorare i Penati bruciando primizie. Altre cento fanciulle e cento valletti di pari età assicurano il servizio alle mense, portando i cibi in tavola, disponendo le coppe e versando da bere.
Appena finito il banchetto, i valletti levarono i cibi dalle mense e vi posero quindi vasi colmi di vino sino all'orlo. Il palazzo rimbomba di gioioso strepito e i convitati fan risuonare le voci per le stanze spaziose; lampade accese pendono dai soffitti dorati, le fiamme delle torce vincono la notte. Allora la regina chiede di riempire di vino la coppa e si fa dovunque silenzio: Giove (dice) consenti che questo giorno sia lieto per i Tiri e per gli esuli troiani, che i nostri discendenti ne serbino memoria. Ci assistano Bacco, creatore di gioia, e Giunone e voi cartaginesi con animo lieto celebrate il convito!"

 

 

"Odio i lussi persiani, mi urtano le corone intessute con fili di tiglio. Non m'importa che tu t'affatichi solerte ad aggiungere qualche cosa al semplice mirto, né a te che mesci sconviene il mirto né a me che bevo sotto un alto pergolato".

 

"Enea, i capi supremi e il bello Julo distendono i corpi sotto i rami di un alto albero e preparano i cibi e mettono sull'erba focacce di grano come fossero tavole (così Giove stesso consigliava) e i deschi fatti di cereali colmano di frutta. Consumati qui (per caso) quei cibi, allorché la penuria del mangiare li spinse a volgere i morsi sui sottili piatti disseccati, fatti con acqua e farina e a spezzare con la mano (e con audaci malizie) l'orlo del pane (fatale) e a non risparmiare i grossi pezzi:
-"Ahimè, noi mangiamo anche le mense - disse Julo, scherzando e poi tacque".

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Fonti latine - Un regista chiamato cuoco - Come si cucina il cinghiale - Salatura dei cosci
 Fabia Zanasi

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia
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Aggiornamento: 11/09/2014