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MACCHINARIO E GRANDE INDUSTRIA (cap. XV)Quando Marx parla di "valore della forza-lavoro" è sempre costretto a usare dei termini generici, benché la scienza economica esiga il contrario. Questo sta appunto a significare che quando è in gioco l'essere umano qualsiasi determinazione quantitativa del suo valore rischia sempre di apparire approssimativa. Sotto questo aspetto sarebbe stato meglio dare una definizione qualitativa del valore dell'essere umano qua talis, anche a costo di finire nella tautologia. In effetti, dire che "il valore della forza lavorativa è determinato dal valore dei mezzi di sussistenza generalmente necessari all'operaio medio"(p. 679), è come dire che tale valore è, in sostanza, poco determinabile in maniera scientifica. Peraltro, se un operaio produce più del suo valore (cosa che determina il plusvalore, che è lavoro non pagato), non potrà mai esistere un salario matematicamente adeguato al valore della forza-lavoro. Quando si parla di mezzi di sussistenza "generalmente" necessari a un operaio non specifico ma "medio", si finisce col cadere nell'opinabile, nel soggettivo. Non si può pretendere che un'oggettività dipenda da un'astrazione, specie quando è in causa l'essere umano. O si parla, in maniera generica, del valore assoluto della persona umana; oppure si deve combattere la pretesa di trovare un riferimento scientificamente adeguato al valore della forza-lavoro. Se esiste un valore di tal genere, esso non potrà che oscillare fra un minimo e un massimo talmente diversi da rendere impossibile qualunque statistica attendibile. Un operaio che lottasse solo perché sia riconosciuto il valore esatto della sua forza-lavoro, sarebbe un folle, poiché il suo essere "lavoratore" non occupa che 1/3 della sua giornata lavorativa. In realtà l'operaio ha bisogno che il valore della sua forza-lavoro non dipenda strettamente dal valore dei mezzi di sussistenza, altrimenti non gli resterebbe altro tempo per fare alcunché. Lo stesso capitalista, che pur fa di tutto per limitare il salario al minimo indispensabile (alla riproduzione della forza-lavoro), sa benissimo che se l'operaio si limita a riprodursi non potrà mai diventare un acquirente delle merci ch'egli stesso produce. Il valore della forza-lavoro è quindi, in realtà, il frutto di un continuo compromesso o, se si vuole, di una continua trattativa sindacale tra operaio e imprenditore. Il riferimento ai mezzi di sussistenza entra in gioco solo quando l'operaio rischia di essere licenziato o quando la sua prole non trova alcuna vera occupazione. Il valore della forza-lavoro non è dato dal salario, che deve comunque permettere la riproduzione, poiché l'uomo non è solo ciò che mangia e il fine dell'esistenza umana non è quello di lavorare. L'uomo ha bisogno di lavorare per riprodursi, ma ha tanti altri bisogni che non possono essere soddisfatti col lavoro o, se vogliamo, il fatto di doversi riprodurre non può coincidere strettamente coi bisogni di tipo materiale. L'uomo deve potersi riprodurre come essere umano e non soltanto come lavoratore che produce dei beni. Il concetto di persona è antecedente a quello di lavoratore. Possiamo accorgerci di questo solo nell'ambito di una comunità in cui l'individuo venga valorizzato anzitutto per quello che è e non per quello che fa. Di una persona si devono stimare il carattere, i sentimenti, i pensieri, gli atteggiamenti, le virtù, le qualità morali... Se si pone il lavoro come primo fattore di valorizzazione si pongono in essere, immediatamente, dei fattori discriminanti: p.es. tra uomo e donna, tra adulto e minore, tra abile e disabile, tra forte e debole, tra residente e immigrato, tra intellettuale e manovale ecc. Se invece si accetta l'idea di valorizzare la persona per quello che è, occorre essere disponibili a veder emergere in questa persona le sue migliori caratteristiche. Questo, si badi, non significa rinunciare all'idea che per eliminare il lavoro salariato occorra una rivoluzione politica, poiché è difficile credere che i capitalisti possano rinunciare spontaneamente alla possibilità di vivere di rendita sfruttando il lavoro altrui. * * * In una società socialista esisterà il plusvalore, il lavoro non retribuito? Sì, se sarà determinato dalla spontaneità e non dalla coercizione. E potrà mai esistere l'idea di "profitto" se non ci sarà la possibilità di estorcere plusvalore dalla forza-lavoro? Senza coercizione economica o extraeconomica non ci può essere "profitto", intendendo con questo termine anche quella parte di lavoro non pagata. Ci può essere il guadagno o il ricavo, ma non un profitto di tipo capitalistico. Il plusvalore infatti rappresenta proprio la garanzia che il profitto si realizzerà in maniera automatica, semplicemente pagando degli operai al di sotto del valore che rendono. Il plusvalore infatti è la possibilità che il capitale si è dato di sfruttare l'operaio dietro l'apparenza dello scambio degli equivalenti, che in questo caso consiste nell'offrire denaro (il salario) contro merce (la forza-lavoro). A questa finzione il capitalismo è stato costretto proprio a causa del cristianesimo, che non avrebbe tollerato un ritorno allo schiavismo stricto sensu. Il lavoratore salariato è schiavo nell'apparenza della libertà. E tale apparenza è tanto meno sofisticata quanto meno presente è stato nei secoli il cristianesimo (come p.es. in molti paesi terzomondiali, dove il capitalismo s'è sempre comportato con molti meno scrupoli). Nel socialismo reale il plusvalore esisteva in quanto lo Stato si era sostituito a tutti i capitalisti privati, illudendo i lavoratori ch'esso fosse lo "Stato di tutto il popolo". In una società democratica, dove i mezzi produttivi sono socializzati e non statalizzati, il lavoro non direttamente retribuito può essere solo quella forma di lavoro la cui retribuzione viene devoluta in fondi particolari che riguardano i servizi sociali, per il bene comune. In una società del genere il lavoratore è effettivamente padrone di ciò che produce, ma appunto perché fa riferimento a una comunità di appartenenza (di lavoratori e di cittadini, della città e della campagna), in cui può liberamente decidere cosa e quanto produrre per le esigenze locali e come ripartire i beni prodotti. Occorrono unità relativamente piccole per organizzare al meglio la produzione e la distribuzione dei beni materiali. Anzi, forse per la distribuzione tali unità devono essere ancora più piccole di quelle della produzione. * * * A più riprese Marx ha sostenuto che i meccanismi del capitale sono coperti da una sorta di "velo mistico", che non esisterebbe se si producesse in maniera libera e pianificata. Marx ha indubbiamente "strappato" questo velo, ma non ha saputo spiegare il motivo culturale per cui esso sia stato posto. Oggi sappiamo che il capitalismo afferma in sede teorica ciò che nega in sede pratica, ma per sostenere un'incoerenza del genere esso ha avuto bisogno di grandi finzioni, in grado appunto di "mascherare" le sue insanabili, perché strutturali, contraddizioni. Non è stato facile scoprire queste "finzioni". Gli economisti borghesi, p. es. (Smith, Ricardo ecc.), non riuscirono a comprendere la natura oppressiva del plusvalore semplicemente perché non volevano ammettere la natura oppressiva del sistema capitalistico. Loro vedevano solo un progresso nella giustizia economica, in quanto, a differenza del latifondista, l'imprenditore industriale appariva come un uomo capace di rischiare il proprio capitale, investendolo in attività produttive. E' il capitalista che dà lavoro agli operai e non il contrario. In sostanza la domanda che ci si pone è la seguente: com'è nato questo processo, per il quale sono occorsi indubbiamente dei secoli? La storia dell'Europa, negli ultimi duemila anni, passa attraverso continue e violente rotture nei confronti degli ideali originari del cristianesimo (lo stesso cristianesimo si pone come rottura col messaggio originario del Cristo): solo da una loro progressiva stratificazione poteva nascere una così potente negazione di quegli ideali. L'accumulazione dei capitali è stata necessariamente preceduta da una grande accumulazione di successive e periodiche "rotture di valore" che si sono stratificate e sedimentate. Che però la storia dell'antagonismo sociale sia a una svolta epocale è documentata dalla nascita stessa del socialismo, la cui ideologia, per la prima volta da quando esiste la lotta di classe, riporta agli uomini la necessità di tornare al comunismo primitivo, seppure in forme e modi diversi. Il velo mistico è stato strappato, ma resta ancora appeso sul tabernacolo dell'ipocrisia, * * * Lo sviluppo industriale va ripensato a prescindere dalle conseguenze negative ch'esso ha generato sotto il capitalismo. Il primato dell'industria sull'agricoltura e sull'artigianato ha provocato conseguenze catastrofiche sull'ambiente e sulla vita sociale anche in quei paesi che hanno cercato di realizzare il socialismo (il fatto che questo il più delle volte sia stato "burocratico" e non "autogestito" non cambia le cose; anzi forse si può dire che un socialismo potrà essere veramente democratico solo quando sarà finito il primato dell'industria o comunque anche quando tale primato non esisterà più). Certo, la fine di questo primato non è di per sé sufficiente a garantire la democraticità del socialismo; meno che mai lo è quando tale fine viene proposta come obiettivo strategico a quelle nazioni che in questo momento sono soggette a rapporti di tipo neocoloniale. Una democrazia può essere garantita solo da se stessa, cioè solo dalla libertà umana. La fine del primato dell'industria può semplicemente servire a rendere più agevole il processo che condurrà alla democrazia, ma senza garanzie di sorta. Il destino dei paesi terzomondiali non è quello d'imboccare la strada di una industrializzazione forzata, copiando i modelli occidentali, e non è neppure quello di continuare a subire il diktat delle potenze più industrializzate del mondo. Essi hanno piuttosto il compito di reagire politicamente alla loro sottomissione economica, allo scopo di porre le basi, sul terreno sociale, di uno sviluppo della società più conforme alle leggi della natura e alle caratteristiche della specie umana. 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20 |