Tony Smith ed Hegel 2

UNA NUOVA PROPOSTA DI LETTURA DELLA DIALETTICA HEGELIANA 1 - 2 - 3

Estratto dal saggio: The Logic of Marx's Capital
Replies to Hegelian Criticisms
;
d
i Tony Smith (State University of New York Press, 1990); CAPITOLO I

B. Logica dialettica e ontologia materialista

Hegel viene generalmente presentato come un "idealista", un pensatore il cui metodo è per l'appunto tanto permeato da pregiudizi idealistici da non poter essere utilizzato in un contesto materialistico senza subire profondi stravolgimenti. Ai suoi tempi lo stesso Marx inclinò verso questa visione. Nel prossimo capitolo discuteremo in che misura egli si sia ingannato nella valutazione dell'idealismo hegeliano, e in che misura inoltre Hegel si possa effettivamente considerare un idealista. Nel presente paragrafo invece ci occuperemo del senso in cui la posizione di Hegel non è incompatibile (come potrebbe sembrare a una prima osservazione) con una prospettiva di tipo materialista.

Ma cosa intendiamo con 'idealista'?

Adopereremo il termine "processo reale" a significare la serie totale degli eventi che sono accaduti in passato, che accadono ora e che accadranno in futuro nel mondo. Il metodo analizzato nel paragrafo precedente prende l'avvio da un'apprensione di tale processo reale e muove verso un'appropriazione delle categorie fondamentali in esso implicite, giungendo infine a dare ad esse un ordine [logico]. Un tale ordine lo si può chiamare il "processo di pensiero", o il "processo logico". La questione dell'idealismo sorge quando cerchiamo di porre in connessione tale processo reale con il processo di pensiero.

Nell'ottica di un tale problema, vi sono quattro possibili sfumature di significato in base alle quali Hegel si potrebbe considerare effettivamente un idealista. In primo luogo, egli potrebbe aver identificato tra loro i due processi: nel senso che ad ogni passaggio di carattere logico ne corrisponde uno di carattere materiale. In secondo luogo, potrebbe avere negato che vi siano, nel processo reale, elementi non riconducibili alle categorie logiche del pensiero. In terzo luogo, potrebbe aver affermato che il processo di pensiero non è in alcun modo funzione di quello reale. In quarto luogo, potrebbe aver sostenuto che una qualche sorta di Superiore soggetto ideale è il fondamento ultimo dello stesso processo storico reale.

Hegel è stato spesso considerato un idealista da ciascuno di questi punti di vista. Ma tali interpretazioni sono, a mio parere, errate.

1. L'indipendenza del processo reale

Secondo Hegel, la progressione sistematica delle categorie segue un ordine logico e immanente diverso da quello degli eventi dati nell'esperienza immediata. "Ciò che acquisiamo… è una serie di pensieri, assieme ad un'altra serie di figure dell'esperienza; a ciò devo aggiungere che l'ordine cronologico nel quale quest'ultima si configura non coincide con quello logico."

L'opposto, chiaramente, è altrettanto vero: la progressione storica del processo reale non si può, nel sistema di Hegel, ridurre a quella logica delle categorie. Ad esempio, se il processo storico reale fosse riducibile a una mera apparenza di quello logico, allora ne dovrebbe seguire che la comprensione di quest'ultimo permetterebbe di conseguenza di estrapolare - con logica necessità - il corso futuro degli eventi reali. Ma Hegel non si spinge a tanto! Al contrario, riconosce che il processo reale abbia un suo proprio disegno di sviluppo, non riconducibile a quello logico del puro pensiero.

2. Alterità del regno materiale

Secondo Hegel, l'indipendenza del dato fisico non è una mera funzione della sua appartenenza a un diverso ordine di sviluppo. Per lui rimane infatti qualcosa di 'altro', che separa la realtà fisica dal pensiero. Nel processo reale persiste un residuo ineliminabile di contingenza, un che di irrazionale non riconducibile ai criteri dell'intelligibilità del pensiero, un elemento che non si può imprigionare nelle categorie della logica. Egli ammette un residuo di materialità, impenetrabile attraverso il pensiero stesso, praticamente ad ogni fase del proprio sistema. Lo si può trovare, tanto per fare un esempio, nell'animo individuale, nel contenuto delle sensazioni, nelle operazioni dei mercati, nel contenuto delle leggi positive, nella storia, e così via. In frangenti come questi, il pensiero si scontra con 'qualcosa d'altro' rispetto a se stesso. E poichè Hegel ammette la presenza di una certa contingenza e accidentalità non riconducibile alle categorie, è chiaro che egli non riduce il mondo alla pura necessità logica. L'autonomia di quest'ultimo è perciò garantita.

Ma che ne è allora dell'affermazione hegeliana, sovente ripetuta, dell'unità tra Pensiero e Essere? Non implica essa una confusa mescolanza tra soggetti reali (Essere) e semplici predicati (Pensiero), negando inoltre l'autonomia dei primi? Si consideri la seguente affermazione: "Tale movimento spirituale (cioè il processo logico)… il quale… è lo sviluppo immanente del Concetto, questo movimento è il metodo assoluto della conoscenza e, al tempo stesso, l'anima immanente del suo stesso contenuto." Espressioni come "movimento spirituale", "lo sviluppo immanente dell'Idea", o "il metodo assoluto della conoscenza" ci riportano alla mente un Hegel conosciuto, oggetto di infinite polemiche, l'idealista intransigente che riduce il processo reale a quello del pensiero. Ma con l'ultima parola acquisiamo una diversa immagine. Il Pensiero infatti, la dialettica delle categorie, non è riconosciuta come identica all'intero contenuto [della conoscenza], bensì alla sola 'anima' [ovvero alla parte più significativa] di essa.

L'intento di Hegel non è di porre in atto una riduzione del reale (le cose e gli eventi) alle categorie. "Questa Identità di Essere e Pensiero non va tuttavia intesa in un senso concreto, come se si potesse dire che una pietra - in quanto è un essere - sia la medesima cosa rispetto al pensiero umano. Un oggetto concreto è sempre qualcosa di molto diverso rispetto all'astratta categoria di pensiero come tale." Nel parlare di identità tra essere e pensiero, Hegel vuole sottolineare che l'intelligibilità ultima di tali oggetti concreti, la si può cogliere soltanto attraverso le categorie del pensiero, attraverso una ricostruzione categoriale di ciò che è dato. Una tale idea dovrebbe essere plausibile per tutti coloro che accettano la validità del principio secondo cui le formulazioni di natura teoretica (Pensiero) possano in linea di principio catturare ciò che vi è di vero nel proprio oggetto (Essere). (E, come vedremo, anche il Marxismo implica in questo senso un'identità tra pensiero ed essere).

3. Dipendenza del processo di pensiero da quello reale

Come si è visto prima, nella discussione sul punto di partenza della filosofia, Hegel considera quest'ultima come "l'apprendimento del proprio tempo attraverso i concetti". E il processo reale, ovvero la storia materiale, afferma la sua autonomia dal processo di pensiero [anche] per il fatto di costituire l'orizzonte ultimo all'interno del quale si situa il processo logico di pensiero.

Potrebbe esservi qualche dubbio, ad esempio, sul fatto che un sistema "hegeliano" elaborato in età greca classica o medievale sarebbe stato radicalmente differente da quello che lo stesso Hegel costruì nel diciannovesimo secolo? Nell'antica Grecia, farebbe notare Hegel, mancava totalmente il principio della soggettività. E anche se l'Europa medievale possedeva un tale principio, non lo sapeva ricondurre a un'Essenza che non fosse concepita come 'al di là'. Qualsiasi ricostruzione categoriale della realtà fatta in tali periodi sarebbe quindi stata dasticamente diversa da quella hegeliana, all'interno della quale - insisterebbe quest'ultimo - questi atteggiamenti sono oramai superati.

Si è poi già osservato come, per Hegel, un sistema filosofico non possa svilupparsi in modo pieno e esaustivo se non abbia considerato prima il risultato storico dello sviluppo delle scienze.

Queste osservazioni dimostrano chiaramente come i sistemi filosofici della storia del pensiero non possano mai andare oltre il livello di sviluppo raggiunto da un particolare periodo storico. Al contrario, essi dipendono dai principi ottenuti in una tale epoca. Quindi il primo (il processo logico) non nega assolutamente l'autonomia del secondo (il processo reale).

4. Il Super-soggetto idealistico e il pensiero figurato

A un livello meta-teoretico, Hegel fa un buon numero di commenti che sembrano suggerire che il movimento delle categorie sia il portato di un Super-soggetto. Una tale entità metafisica viene da lui chiamata lo Spirito (Geist), l'Assoluto, l'Idea e a tratti addirittura Dio (in particolare quando i contenuti della Logica vengono presentati come i 'pensieri di Dio prima della creazione'). E, come se ciò non bastasse, lo Spirito viene definito anche come la sorgente del processo reale, includendo in esso sia la natura sia il mondo umano!

Da un punto di vista materialistico sembra esservi anche qui una confusione tra i soggetti reali e i predicati della logica. E sebbene i pensieri [le categorie] non siano altro in realtà che delle proprietà degli individui umani reali, pare qui che il Pensiero o lo Spirito venga ipostatizzato in un Superiore soggetto, e che gli individui contingenti ne divengano dei semplici predicati [si ricordi a tale riguardo la critica marxiana che sostiene che, alla base della dialettica hegeliana, vi sia il rovesciamento della realtà nell'Idea; n. d. t.]. Ovviamente una simile 'metafisica rovesciata' non può che essere incompatibile con un'ontologia materialista.

In Hegel non sono certo i passaggi che suggeriscono una simile interpretazione a mancare. Tuttavia dobbiamo interpretare questi ultimi in relazione al contesto sistematico in cui sono collocati. Centrale nel pensiero hegeliano è la distinzione fra Vorstellung e Denken. Il termine Vorstellung si potrebbe tradurre con "rappresentazione fantasmatica" o "pensiero figurato". In esso un concetto viene espresso con l'aiuto di un'immagine. Ciò rende più facile la sua apprensione, ma a costo di introdurvi anche elementi estranei che possono portare a dei fraintendimenti. Per afferrare in modo completo un concetto è necessario che questo venga considerato nell'ottica della pura determinazione di pensiero. Tutte le immagini a esso estrinseche debbono venire rimosse, proprio come per cogliere il cerchio bisogna comprenderne la definizione matematica, andando oltre qualsiasi immagine concreta di esso. Ecco perché, secondo Hegel, la religione, basandosi sul pensiero figurativo, deve essere collocata - nel sistema filosofico - su un più basso livello rispetto alla filosofia, nonostante entrambe condividano gli stessi contenuti.

Questa distinzione è abbastanza chiara, ma Hegel confonde notevolmente le cose riutilizzando continuamente un pensiero di tipo figurativo nell'esplicazione del proprio sistema filosofico. Quando scrive che lo Spirito Assoluto è [un'entità] auto-agente e creativa, che dà alla luce la natura stessa e lo stesso spirito umano [infatti, come si vedrà avanti, la dialettica dello Spirito comprende in sé due parti: l'una riguardante la natura, l'altra riguardante l'uomo e la sua storia, n. d. t.], egli sta in realtà indugiando nel pensiero figurativo, attraverso delle rappresentazioni che, nella sua concezione, appartengono a un livello di pensiero pre-filosofico. Senza dubbio egli pensava che un simile espediente retorico - l'identificare tale Assoluto con il Dio cristiano - avrebbe reso più facilmente apprensibile per il proprio uditorio (essenzialmente cristiano) il suo pensiero sistematico. Presumeva difatti che i suoi ascoltatori avrebbero saputo interpretare quelle immagini secondo il loro reale significato filosofico e concettuale.

Ma che tipo di nozione filosofica Hegel tenta di passarci parlando di un Assoluto che genera se stesso? Il contenuto della filosofia, cioè la serie di determinazioni attraverso le quali si sviluppa il processo del pensiero, contiene due dimensioni al proprio interno. La prima, come si diceva sopra, è quel contenuto che si acquisisce a partire dal processo reale e che dipoi si ricostruisce attraverso il pensiero, al fine di cogliere l'intelligibiltà che è insita nel processo reale stesso. In questo senso il contenuto della conoscenza filosofica non si può considerare come auto-prodotto, poiché dipende appunto dal processo reale.

Tuttavia, in seconda battuta, la serie delle determinazioni concettuali è caratterizzata da connessioni di natura logica che possono essere portate alla luce soltanto attraverso il processo di pensiero. I passaggi da una categoria all'altra sono giustificati a livello immanente nei termini del contenuto obiettivo di ogni categoria; e in questo senso, tali passaggi sono effettivamente auto-generati. Una volta eliminate tutte le immagini estrinseche, "l'attività auto-produttiva dello Spirito Assoluto" sta a indicare il fatto che, all'interno del processo di pensiero, "il contenuto (è) determinato obiettivamente e intrinsecamente, e quindi che si è auto-prodotto ed è creativo".

Si consideri il seguente passaggio della Filosofia del diritto: "Un tale sviluppo (cioè quello di ricostruzione categoriale) porta avanti una successione di figure; esse, è vero, debbono essere indicate a livello empirico, ma nel processo filosofico non possono rimanere tra loro in un rapporto esteriore di giustapposizione, debbono piuttosto divenire i momenti di una successione necessaria di concetti, e sono l'oggetto di interesse del filosofo solo in quanto esprimono una tale progressione di concetti." Nella misura in cui tale ordine di momenti "deve essere rintracciato empiricamente" il contenuto si riferisce a un processo reale, distinto ontologicamente dal processo logico. Ma in quella in cui il loro contenuto esprime "un ordine necessario di concetti determinati", riguarda qualcosa che non è dato nel processo reale. Il termine "Assoluto che si auto-determina" è perciò una stravagante espressione, utilizzata per portare alla luce questa componente di necessità.

Lo "Spirito assoluto" dunque, non è affatto un Superiore soggetto metafisico. Nella visione ontologica di Hegel, vi sono solo pensatori: uomini e donne in carne e ossa, ma non vi è alcuna entità "Pensiero" da essi separata. Questi soggetti però sono portatori di due dimensioni. Da una parte infatti il loro pensiero può deteminarsi attraverso associazioni psicologiche di natura soggettiva, o attraverso associazioni che si basano su processi reali e oggettivi, ma contingenti. Nella misura in cui pensano invece attraverso relazioni necessarie, operano ad un differente livello, che Hegel in modo stravagante definisce l'"Assoluto".

In altri termini, l'opposizione non è qui tra un Soggetto assoluto ipostatizzato e gli individui umani particolari. E' invece tra coloro che colgono il "contenuto obiettivo e intrinsecamente determinato" delle categorie, e coloro che si accontentano di qualsiasi associazione che considerino plausibile, o data attraverso l'esperienza contingente. Ed è per questo che quando infine giungiamo al termine del capitolo sull'Assoluto nella Logica di Hegel, non vi troviamo alcun Super-soggetto. Hegel espone invece un metodo che, in linea di principio, qualsiasi pensatore potrebbe seguire per istituire delle relazioni necessarie tra categorie.

Infine, vi è l'uso del termine "Dio", il quale sembra suggerire la propensione di Hegel verso un'entità di natura metafisica e ideale. Egli usa continuamente una tale espressione nei suoi scritti filosofici, pensando ovviamente di risultare ben accetto, per l'ortodossia del termine, al proprio uditorio cristiano. Ma se andiamo a leggere la Filosofia della religione, scopriamo che, nello stadio più alto della religiosità, il termine 'Dio' non si riferisce a una qualche figura paterna collocata 'al di là', né a una figura filiale morta tempo addietro. Nel momento più alto della filosofia della religione hegeliana, scorgiamo invece lo spirito che lega assieme la stessa società umana. Ragionando in termini metafisici, un tale spirito non sarebbe quindi un'entità a se stante, distinta dalla società umana. Esso è piuttosto un principio ultimo di unità, qualcosa d'immanente alla comunità stessa. Né quindi sarebbe qualcosa di più ideale intrinsecamente rispetto alla solidarietà che lega tra loro gli oppressi della terra!

In sintesi, Hegel spesso parla dello Spirito in termini che fanno pensare a una superiore entità soggettiva. E la visione metafisica che è implicita in un simile pensiero figurato è effettivamente incompatibile con un'ontologia di tipo materialista. Ma, nella cornice del suo stesso pensiero, tali espressioni non possono avere veramente un senso. Da un punto di vista strettamente razionale, esse rimandano all'asserzione secondo cui il contenuto della teoria ha una provenienza strettamente immanente. Come vedremo più avanti, anche Marx sosteneva una visione più o meno di questo tipo.

A conclusione di questo paragrafo possiamo dire che la metodologia dialettica di Hegel non sia davvero antitetica a considerazioni di natura materialista, come invece si è spesso pensato. Vedremo, nel prossimo capitolo, che vi sono delle ottime ragioni per contrastare l'idealismo di Hegel con il materialismo di Marx. Ma tra queste non è compreso il metodo col quale il primo ha costruito il proprio sistema dialettico.

E' stata in qualche modo un'operazione artificiale discutere il metodo hegeliano prescindendo dai contenuti concreti della sua filosofia. Dopo tutto, uno degli assunti più imprescindibili è per lui proprio quello secondo cui metodo e contenuto procedono in stretta connessione. Per questo dobbiamo cercare ora di ricomprendere nella nostra disamina anche il contenuto del suo sistema.


Commento e sintesi

Nel secondo paragrafo Smith avanza quella che è la sua tesi fondamentale sul pensiero hegeliano, tesi sintetizzata del resto già dal titolo del paragrafo: Logica dialettica e ontologia materialista.

La dialettica hegeliana è infatti - e ciò non solo secondo Smith - lo strumento conoscitivo attraverso cui l'uomo si appropria (al contempo superandola) della realtà sensibile, di ciò che è esterno e estrinseco al pensiero puro.

Ciò tuttavia, a giudizio dell'autore, non implica che un tale movimento dialettico crei concretamente ciò che è esterno al pensiero (ovvero il mondo fisico); e neanche si può dire che per Hegel una tale evoluzione delle categorie sia il portato di un'entità assoluta e trascendente, che precede le manifestazioni immanenti della stessa logica dialettica. Quest'ultima, dice Smith, non è altro che la somma delle categorie logiche, nel loro sviluppo immanente e necessario, e si identifica in sostanza con i soggetti contingenti (gli individui) che la pensano…. Insomma, essa non ha nulla di metafisico e di trascendente, non essendo altro, in ultima analisi, che l'uomo stesso!

In quest'ottica, non si può dire che, sottesa alla filosofia idealista di Hegel, vi sia una concezione ontologica anti-materialista. La dialettica, difatti, ha un valore ontologico solo in quanto ri-crea il mondo su un piano mentale e spirituale, superandolo come semplice materia e riappropriandosene attraverso il pensiero.

Senza dubbio difatti, secondo Smith, la realtà primaria nella visione hegeliana è quella fisica. Perciò, egli sostiene, alla logica dialettica non corrisponde nel sistema di Hegel un'ontologia idealista, ma un'ontologia materialista.

In questo modo Smith elimina molte implicazioni ontologiche tradizionalmente attribuite alla filosofia hegeliana: essenzialmente quelle legate a una visione platonizzante e emanatistica dell'Idea e dello Spirito. E ciò perché, secondo l'autore, Hegel non identifica quest'ultimo con un ente astratto e metafisico, ma più semplicemente con l'evoluzione immanente delle categorie nella mente degli uomini.


Veniamo ora ai punti attraverso cui il discorso si snoda.

Smith avanza due tipi di argomentazioni: le prime tre sono contro l'idea di una dipendenza del mondo fisico dalla dimensione ideale e logica (L'indipendenza del processo reale; Alterità del regno materiale; Dipendenza del processo di pensiero da quello reale); l'ultima invece (Il Super-soggetto idealistico e il pensiero figurato) è tesa a confutare la visione ipostatizzante dell'Idea, che si appoggia per altro su una cattiva interpretazione del testo della Logica hegeliana.

Contro la dipendenza (cioè l'origine genetica) del mondo dal pensiero, egli avanza le seguenti osservazioni: A) a detta dello stesso Hegel, tra il processo storico (cronologico) degli eventi e quello logico e dialettico proprio del pensiero, non vi è sempre corrispondenza; B) non tutto ciò che rientra nel dominio della materia e dello spazio/tempo concreti può esser ricondotto nell'alveo delle categorie filosofiche (infatti queste ultime colgono solamente l'"essenza intellegibile" del dato fisico, non il dato stesso nella sua interezza); C) infine, la concreta condizione di sviluppo di un'epoca storica condiziona il contenuto dei sistemi che in essa vengono partoriti.

Riguardo allo Spirito Assoluto, inteso come realtà trascendente e metafisica, Smith fa presente che Hegel spesso si esprime in termini figurati (come del resto fanno anche le diverse confessioni religiose). E' in questi termini che bisogna intendere espressioni come Dio, Assoluto, ecc., le quali infatti per se stesse non trovano logicamente posto nel suo sistema, che è un sistema dell'immanenza, nel quale Dio o lo Spirito non può che essere il compimento di un percorso spirituale immanente, che è essenzialmente umano, non metafisico!


Quando Hegel dice che lo Spirito - come Dio - 'crea' il mondo, intende sostenere piuttosto che il primo (cioè l'uomo) ri-crea logicamente il secondo a partire da se stesso, attraverso un percorso di natura dialettica, in tal modo giungendo anche a superarlo, a ricomprenderlo cioè all'interno di un più ampio orizzonte, non più fisico bensì spirituale.

Come, secondo Marx, l'evoluzione dialettica del genere umano ha portato quest'ultimo a trasformare a proprio favore l'originaria realtà fisica naturale, così per Hegel quello stesso cammino ha portato l'uomo a 'superare' la realtà fisica, ossia a trascenderla come tale alla luce di una dimensione più alta: quella dello Spirito.


Adriano Torricelli

Hegel


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teorici
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Aggiornamento: 26-04-2015