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Passioni razionali e passioni irrazionali
Necrofilia e biofilia
La biofilia, e la tendenza ad essa opposta, la necrofilia, raramente si
presentano nella loro forma estrema con forza tale da soffocare la tendenza
opposta nella struttura caratteriale dell’individuo. Esse sono più spesso
coesistenti in misura diversa in ogni individuo, la cui inclinazione affermatasi
come dominante ne determina in larga misura il comportamento.
L’orientamento necrofilo, caratterizzato dall’amore per la forza, la
devozione alla legge e all’ordine costituito, ed in definitiva da una
fondamentale paura ed avversione per la vita e tutto ciò che è vivente, può
talvolta coesistere nello stesso individuo con opposte tendenze biofile che lo
contrastano attenuandone l’espressione. Tuttavia Fromm considera la necrofilia
non come un semplice costrutto teorico, ma come un orientamento fondamentale, un
approccio alla vita nel quale la vita stessa è disprezzata ed in cui ci si
oppone ad essa.
Fromm indica una serie di tratti osservabili nella persona di preponderanti
tendenze necrofile, da quelli fisici, quali la tipica espressione del volto
‘come di chi stia costantemente annusando un cattivo odore’ (9), a quelli
psicologici e comportamentali, quali il loro approccio freddo e distante ad ogni
rapporto umano, il desiderio di riportare l’organico all’inorganico e quindi la
preferenza per ogni cosa sia morta, per il meccanico, per il passato, per il
controllo e il potere rispetto a quanto esprima vita e desiderio di vivere (10).
Considerando la differenziazione operata da Fromm e che ho esposto nel
paragrafo precedente tra potenzialità primarie e secondarie, la necrofilia
risulta essere, come afferma Fromm, il prezzo da pagare per una vita non
vissuta, per le proprie possibilità disattese e le proprie capacità frustrate.
Ciò che è vivo vuole vivere, e l’uomo è vivo: se egli non può, non riesce a
vivere, deve comunque riuscire a trascendere la vita in qualche modo, perché il
trascendere la vita è caratteristica specifica della natura umana. Un modo per
farlo è distruggere la vita stessa, vendicandosi su di essa della propria
inettitudine e della propria incapacità a vivere.
L’individuo travolto da passione necrofila cerca di ottenere il controllo
sulla vita, di cui ha paura, trasformandola in morte. Il timore del futuro e
dell’incerto, tipici del necrofilo, lo portano a perseguire la morte in ogni sua
forma come unica certezza possibile della (non) esistenza.
La biofilia, espressione dello sviluppo delle proprie qualità umane,
costituisce come la necrofilia un orientamento totale, coinvolgente la persona
nella sua interezza, le sue emozioni ed i suoi pensieri, gesti ed azioni.
Fromm osserva l’evidenza della biofilia già a livello biologico, nella
tendenza di ogni organismo vivente a crescere ed a fondersi con entità diverse
ed opposte. Essa si manifesta, secondo Fromm, tanto a livello biologico quanto
emotivo e razionale. Nell’orientamento biofilo la polarità fondamentale della
vita umana è quella maschio-femmina, costituente il nucleo del bisogno di
fusione da cui dipende la stessa sopravvivenza della specie.
Fromm ritiene che la passione biofila sviluppata si esprima
nell’orientamento produttivo del carattere, e che condizione fondamentale perché
ciò avvenga è la libertà, intesa come libertà sia da costrizioni esterne che da
ostacoli interiori presenti nella misura in cui le altre passioni irrazionali
sono presenti nell’individuo.
Il concetto di necrofilia presenta, come afferma lo stesso Fromm, notevoli
analogie con il ‘carattere anale’ descritto da Freud, pur differenziandosene in
parte ed a prescindere dalla diversa teorizzazione relativa alla sua genesi. In
particolare, Fromm considera la necrofilia come l’estremo di un continum al cui
opposto sta il carattere anale, che ne costituisce la forma benigna.
Nella moderna società industriale, l’insorgere di tendenze necrofile risulta
favorito da un approccio alla vita meccanico, astratto, burocratico,
impersonale, da un sistema socioeconomico che induce a considerare se stessi e
gli altri alla stregua di merci, che valuta le persone in funzione della loro
vendibilità, dove non sono le loro individualità, ma le parti vendibili di esse
ad entrare in relazione.
La subordinazione della felicità umana ai fini economici, l’ideologia del
lavoro coatto che nel delirio arrivistico induce all’attività frenetica
riducendo l’uomo ad automa, l’attività nevrotica e alienata come fine in sé,
prescindendo dalla sua utilità, hanno reso gli individui indifferenti alla vita,
estraniati rispetto a se stessi e alle loro stesse capacità, avvalorate in
funzione delle leggi della domanda e dell’offerta di un sistema socioeconomico
in cui ad avere maggiori possibilità di sopravvivenza ed a godere di maggior
riconoscimento non sono i migliori, i più virtuosi o i più saggi, ma coloro che
hanno qualcosa da vendere e che meglio sanno offrirsi sul ‘mercato delle
personalità’ (11).
(9) E. Fromm, “The Heart of Man. Its Genius for Good and Evil” , Harper and Row,
New York (1964); trad. italiana “Psicoanalisi dell’amore”, Newton Compton, Roma
(1992), 4a ed., pag.55.
(10) Un altro modo, come esporrò nei prossimi paragrafi, è il creare rapporti di
dipendenza simbiotica dagli oggetti, trasferendo su di essi il proprio
narcisismo e vivendo per loro tramite, oppure stabilendo con essi legami
sostitutivi del legame ancestrale alla natura ed alla madre che costituisce il
nucleo della fissazione incestuosa.
(11) E. Fromm, “Man for himself. An inquiry into the psychology of ethics”
(1947), trad. italiana “Dalla parte dell’uomo. Indagine sulla psicologia della
morale”, Astrolabio, Roma (1971).
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