LA RELIGIONE DELLA VITA
TEORIA E PRATICA DELL'OMICIDIO NELLA CHIESA CATTOLICA


LA "SVOLTA"

Appaiono quindi come una “svolta” rispetto a una posizione bimillenaria, suffragata dal Vecchio Testamento, l'odierno rifiuto della pena di morte da parte del Vaticano e il suo impegno nella lotta per la sua abolizione a livello mondiale. Ma con quali argomenti?

Ecco le posizioni del Catechismo della Chiesa cattolica, promulgato nel 1992 da Giovanni Paolo II e riproposto sostanzialmente negli stessi termini anche nelle edizioni successive, fino al Compendio del 2005:

"Nei tempi passati, da parte delle autorità legittime si è fatto comunemente ricorso a pratiche crudeli per salvaguardare la legge e l'ordine, spesso senza protesta dei pastori della Chiesa, i quali nei loro propri tribunali hanno essi stessi adottato le prescrizioni del diritto romano sulla tortura. Accanto a tali fatti deplorevoli, però, la Chiesa ha sempre insegnato il dovere della clemenza e della misericordia; ha vietato al clero di versare il sangue…. Nei tempi recenti è diventato evidente che tali pratiche crudeli non erano né necessarie per l'ordine pubblico, né conformi ai legittimi diritti della persona umana. Al contrario, esse portano alle peggiori degradazioni. Ci si deve adoperare per la loro abolizione. Bisogna pregare per le vittime e per i loro carnefici....

“La legittima difesa, oltre che un diritto, può essere anche un grave dovere, per chi è responsabile della vita di altri. La difesa del bene comune esige che si ponga l'ingiusto aggressore in stato di non nuocere. A questo titolo, i legittimi detentori dell'autorità hanno il diritto di usare anche le armi per respingere gli aggressori della comunità civile affidata alla loro responsabilità….. La legittima autorità pubblica ha il diritto ed il dovere di infliggere pene proporzionate alla gravità del delitto. La pena ha innanzi tutto lo scopo di riparare il disordine introdotto dalla colpa. Quando è volontariamente accettata dal colpevole, essa assume valore di espiazione. La pena poi, oltre che a difendere l'ordine pubblico e a tutelare la sicurezza delle persone, mira ad uno scopo medicinale: nella misura del possibile, essa deve contribuire alla correzione del colpevole.

“L'insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell'identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l'unica via praticabile per difendere efficacemente dall'aggressore ingiusto la vita di esseri umani. Se invece i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere dall'aggressore e per proteggere la sicurezza delle persone, l'autorità si limiterà a questi mezzi… Oggi… a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere efficacemente il crimine… i casi di assoluta necessità di soppressione del reo 'sono ormai molto rari, se non di fatto inesistenti' (Evangelium vitae)” (202).

E’ da notare intanto l’ipocrisia dei passaggi relativi alle “pratiche crudeli” che sarebbero state guardate dalla Chiesa “senza protesta” o mutuate dal diritto romano insegnando il dovere delle misericordia e vietando al clero di versare il sangue. Si tratta di menzogne in quanto l’atteggiamento della Chiesa è stato tutt’altro che di passiva accettazione o di clemenza: il divieto al clero di “versare il sangue” scomparve almeno da quando papi e vescovi guidarono gli eserciti in battaglia; Innocenzo IV e i suoi successori, come si è visto, hanno non solo introdotto ma “preteso” l’uso della tortura da parte delle autorità civili e Paolo IV ha incitato a servirsene, assolvendo i chierici che avessero mutilato o anche ucciso il torturato... Se poi pensiamo alle mutilazioni inflitte ai bestemmiatori, alla mazzolatura con squarto in vigore nello stato della chiesa e a tutto il resto elencato qui sopra si capisce che non ci fu certo nella Chiesa né clemenza né misericordia.

Altrettanto infondato è il tentativo di occultare le responsabilità della Chiesa, affermando che soltanto “nei tempi recenti” sarebbe divenuta evidente l’inutilità delle “pratiche crudeli” e che solo “oggi” lo stato avrebbe “mezzi incruenti... sufficienti per difendere” la società senza ricorrere alla pena di morte. Si è già detto come almeno da due secoli il pensiero laico avesse contestato la pena di morte e con ben altre ragioni.

Sono altri, non certo la mancanza di carceri sicure e mezzi repressivi efficaci (!), i motivi che hanno ostacolato in passato l’abolizione della pena di morte. Fra queste proprio l’idea, proposta dalla Chiesa sulla scorta della Bibbia e difesa ancora nel 1957 dai teologi, che “Chi sparge sangue umano, dall'uomo sarà sparso il suo sangue” (Numeri, 35, 16); o l’opinione del “lumen ecclesiae” Tommaso d’Aquino secondo cui la morte “giova al peccatore per l'espiazione” e serve al bene comune. Ma la Chiesa, non potendo/volendo ammettere di essersi sbagliata, seguita a difendere la pena di morte in via di principio (“la Chiesa non esclude...il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l'unica via”) limitandosi a ritenerla  “praticamente” non necessaria “oggi” data la possibilità dello Stato di “reprimere efficacemente il crimine” e, anziché autocriticarsi per gli argomenti usati in passato, ne introduce un altro ugualmente fasullo, che non fu ieri il motivo della pena capitale, né oggi quello della sua abolizione.


202) Catechismo della Chiesa cattolica. Compendio, Libr. ed. Vaticana, Città vaticano 2005


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Testi di Walter Peruzzi

Stampato a Siviglia (Spagna – Unione Europea) 2008
Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia
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