Ancora più ambigua la posizione della Chiesa sulla tortura che ovviamente condanna nelle forme tradizionali, da essa praticate in passato, ma al tempo stesso ripropone, fedele alla concezione della vita come “valle di lacrime” e sofferenza da offrire a Dio, sotto forma dell’obbligo di restare in vita, anche quando la vita sia diventata insopportabile e indegna d’essere vissuta. E’ quanto dice Giovanni Paolo II nel 1995: “Oggi, in seguito ai progressi della medicina e in un contesto culturale spesso chiuso alla trascendenza... si fa sempre più forte la tentazione dell'eutanasia, cioè di impadronirsi della morte, procurandola in anticipo e ponendo così fine ‘dolcemente’ alla vita propria o altrui. In realtà, ciò che potrebbe sembrare logico e umano, visto in profondità si presenta assurdo e disumano. ... in conformità con il Magistero dei miei Predecessori e in comunione con i Vescovi della Chiesa cattolica, confermo che l'eutanasia è una grave violazione della Legge di Dio, in quanto uccisione deliberata moralmente inaccettabile di una persona umana” (203).
Al fondo vi è l'idea che spetta solo a Dio decidere quando mettere fine alla vita, anche per chi non crede in lui, così come la morale cattolica è il meglio per tutti, anche per chi cattolico non è né intende diventare.
Le stesse posizioni ha ribadito, con la stessa arroganza, il papa in carica, il 24 ottobre 2007 (204), sempre con la solita incapacità di immaginarsi un mondo non confessionale, in cui non tutti credono (anzi pochi, ormai, per verità) quello cui crede il papa. Si aggiunga che i papi, per andare sul sicuro, intendono con eutanasia non solo la scelta attiva di porre fine alla vita ma anche quella di interrompere le cure, secondo un diritto costituzionale. La Chiesa è d'accordo solo nel rifiutare l'accanimento terapeutico, salvo non riconoscere mai che il caso sussista e facendolo sempre passare per “eutanasia”.
In questo modo si sottopongono i malati terminali alla tortura di una vita impossibile, come si è cominciato a capire in Italia nel 2006 con il drammatico caso di Piergiorgio Welby, da molti anni affetto da una malattia incurabile arrivata alla fase terminale col rischio di una lunga agonia per soffocamento. Egli chiese (e alla fine ottenne non grazie allo stato ma al coraggio di un medico) di mettere dignitosamente fine alla sua vita. La risposta fu il rifiuto del funerale religioso chiesto da lui e dalla moglie e concesso con grandi onori, quasi negli stessi giorni, al pluriomicida e torturatore Pinochet (poco dopo al famoso cantante divorziato e risposato Pavarotti).
Proprio Welby, morendo, ci ricordò come quella che la Chiesa ancora oggi pratica non sia che una moderna forma di tortura. “Addio”, ha scritto Welby ai suoi cattolicissimi torturatori, “Signori che fate della tortura infinita il mezzo, lo strumento obbligato di realizzazione o di difesa dei vostri valori” (205).
E' questa in effetti, quella da cui Welby supplicava di essere liberato, la sola “vita” che la Chiesa tutela, anzi impone a chi la rifiuta, mentre distrugge tutte le altre nei modi che abbiamo visto, da secoli.
203)
Giovanni Paolo II, Evangelium vitae, 1995,
www.vatican.va
204)
Benedetto XVI, Discorso alla pontificia accademia per la vita,
www.vatican.va
205) P.
Welby, Lettera al Tg3, Tg 10/12/2006