Sotto il
pontificato di Wojtyla, al capitolo Il rispetto della vita umana del Catechismo della Chiesa cattolica del 1992, nel riaffermare la condanna
della contraccezione e dell’aborto, si diffida anche lo Stato dall'intervenire
in materia “con mezzi contrari alla legge morale”, fra i quali rientrano sia le
campagne di pianificazione delle nascite sia più in generale quelle sull’uso del
preservativo, con cui si cerca, in alcuni paesi del Terzo mondo soprattutto, di
prevenire l’Aids e salvare vite umane. In
conclusione, l’unico antidoto contro l’Aids, ritenuto quasi un castigo divino e
certo un effetto di “comportamenti sessuali irresponsabili”, è lo stesso che si
proponeva alle donne contro le gravidanze pericolose: la castità. Ma il Vaticano
non si limita a proporre misure certo poco efficaci. Specie in Africa, si attiva
presso governi “cattolici” o “amici” per scoraggiare e impedire il ricorso a
“mezzi contrari alla legge morale”, come i preservativi, e quindi a campagne che
ne incentivino l’uso, in modo da limitare l’epidemia e ridurre i pericoli di
morte. Il che dimostra chi davvero operi contro la legge morale e contro la
vita. Per questo lo
studioso e giornalista inglese T. Eagleton scrisse, alla morte di Wojtyla, che
il papa, da tanti invocato “santo subito”, si presentava al giudizio divino “con
le mani sporche di sangue” (178). Naturalmente,
mentre si mostrava assai poco interessato a salvare le vite delle persone reali,
il papa approvava il 21 novembre 2002 una Nota dottrinale circa alcune
questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella
vita politica emanata dalla Congregazione per la dottrina della fede
presieduta da Ratzinger, nella quale si ordinava ai politici cattolici di
“rispettare e proteggere i diritti dell'embrione umano” (179). Per cercare di
occultare le proprie responsabilità la Chiesa enfatizza l'impegno dei cattolici
nel curare i malati di Aids e insiste poi sul fatto che il preservativo non
sarebbe…sicuro per cui l'unico modo certo per evitare il contagio è la castità.
Ma di fronte alle dimensioni del problema anche riviste cattoliche come
“Testimoni”, quindicinale di informazione, spiritualità e vita consacrata, hanno
richiesto alla Chiesa un atteggiamento diverso: “Venticinque
milioni e mezzo di persone infette dal virus; oltre dodici milioni di orfani per
Aids; quasi quattro i milioni di infettati e due milioni e mezzo di morti nel
2000”, ha scritto la rivista, che così continua: “Questi sono alcuni dei dati
del rapporto ONU sull'Aids in Africa che mostrano come ci si trovi di fronte a
uno dei maggiori disastri dell'umanità che si sviluppa, però, nel silenzio
dell'opinione pubblica mondiale”. Il vero problema per le chiese e per i
credenti, prosegue l’articolo, “lo si incontra nell'ambito della prevenzione
primaria: come fare in modo che le persone sane non contraggano il virus: ‘Ci
vorrebbe un contorsionista - si legge in un articolo apparso sulla rivista
'Nigrizia' del mese di gennaio - per uscire indenni dall'intrico di
contraddizioni con cui deve fare i conti la Chiesa di fronte al problema
dell'Aids e all'uso di quello che si è verificato il miglior mezzo di
prevenzione: il preservativo. La posizione di principio contraria all'uso del
condom, ribadita dai decreti romani, si scontra ogni giorno con la realtà di
disastri umani che mettono sul tavolo vita e morte delle persone’ (Laura
Mezzanotte, Chiesa, Aids e condom. Se ne discute in Sudafrica. Suore a voce
alta, in “Nigrizia”, 1/2002, pp. 25-27). “La
prevenzione primaria per le persone non ancora infette è urgente e deve iniziare
molto presto”, prosegue la rivista citando Padre Joinet che afferma: ‘Per noi la
prevenzione primaria è complicata dal conflitto sull'uso del preservativo.
Alcuni vescovi proibiscono l'uso anche alle persone sieropositive sposate. Altri insistono sul ‘non uccidere’ e
ne consigliano l'uso in alcuni casi particolari. Le conseguenze di tale conflitto sono
drammatiche. Conosco infermiere di dispensari cattolici che non informano i
malati della loro sieropositività perché, non potendo consigliare l'uso del
preservativo, non credono nella possibilità dell'astinenza quotidiana per
sempre. In alcuni paesi
le Chiese non hanno un programma di prevenzione capace di proposte fattibili per
tutti, soprattutto per i giovani. I gruppi di Jeunesse vivante, in Tanzania propongono
l'astinenza prima, durante e dopo il matrimonio e raggiungono migliaia di
giovani offrendo una formazione globale per la vita. É esemplare. Ma centinaia
di migliaia, milioni di altri giovani non vogliono fare parte di questi gruppi e
non ricevono alcuna formazione al controllo di sé. Perché - si chiede P. Joinet - tanta
opposizione, in questo campo, da parte della Chiesa e di molti missionari?”. “Alcuni
vescovi”, si conclude, “si basano sull'insegnamento dell'Humanae vitae
(1968) che proibisce l'impiego di metodi artificiali per la contraccezione. Paolo VI ha insistito sul
valore della vita e della sua trasmissione. Ma ha scritto nel 1968. Un fatto
nuovo, l'Aids, è sorto dal 1981 e dal 1983 si conosce l'esistenza del virus
dell'Hiv. Noi sappiamo che un incontro sessuale in questa situazione può
trasmettere la morte come la vita. L'uso del preservativo può impedire, nello stesso tempo, la
vita e la morte.... Anche uno studente agli inizi della teologia sa bene che, in
caso di doppio effetto, noi dobbiamo cercare il male minore. Trasmettere un virus
mortale sembra infinitamente più grave dell'impedire l'incontro tra uno
spermatozoo ed un ovulo, anche se protetto da un'enciclica. Il ‘non uccidere’ è
incontrovertibile” (180). Ma
l'atteggiamento della Chiesa non è cambiato. L’8 settembre 2004, Giovanni
Paolo II affermava: “Quanto al dramma dell’Aids, ho già avuto modo di
sottolineare in altre circostanze che esso si presenta anche come una ‘patologia
dello spirito’. Per combatterla in modo responsabile, occorre accrescerne la
prevenzione mediante l’educazione al rispetto del valore sacro della vita e la
formazione alla pratica corretta della sessualità. In effetti, se molte sono le
infezioni da contagio attraverso il sangue specialmente nel corso della
gestazione – infezioni che vanno combattute con ogni impegno – ben più numerose
sono quelle che avvengono per via sessuale, e che possono essere evitate
soprattutto mediante una condotta responsabile e l’osservanza della virtù della
castità. I Vescovi
partecipanti al menzionato Sinodo per l’Africa del 1994, riferendosi
all’incidenza che nella diffusione della malattia hanno comportamenti sessuali
irresponsabili, formularono una raccomandazione che qui vorrei riproporre:
‘L’affetto, la gioia, la felicità e la pace procurati dal matrimonio cristiano e
dalla fedeltà, così come la sicurezza data dalla castità, devono essere
continuamente presentati ai fedeli, soprattutto ai giovani’” (181). Castità è la
prima e l'ultima parola della Chiesa, oggi di fronte all'Aids come ieri di
fronte alle gravidanze che mettevano a rischio le vite delle donne. E Benedetto XVI,
dopo aver commissionato una ricerca sul preservativo che aveva aperto qualche
speranza, ha ribadito di voler condividere le linee e le responsabilità del suo
predecessore. 178) T.
Eagleton, Mani sporche di sangue, “il manifesto”, 5/4/2005
179) Nota
dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento
dei cattolici nella vita politica, 24/11/2002
www.vatican.va
180)
“Testimoni”, n. 2, 31 gennaio 2002
181)
Giovanni Paolo II, Messaggio per la XIII giornata mondiale del malato 2005,
www.vatican.va